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Anno XVI - n. 09 - Settembre 2024

  Studi



I rapporti tra giurisdizione contabile e amministrativa nei giudizi sui piani di riequilibrio finanziari pluriennali.

Di Andrea Romano
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CORTE DEI CONTI - SEZIONI RIUNITE IN SEDE GIURISDIZIONALE

SENTENZA 12 novembre 2020, n. 32

 

I rapporti tra giurisdizione contabile e amministrativa nei giudizi sui piani di riequilibrio finanziari pluriennali.

Di ANDREA ROMANO

 

Abstract:

Sussiste la giurisdizione delle sezioni riunite in speciale composizione in materia di piani di riequilibrio degli enti territoriali laddove vengano impugnate pronunce emesse dalla sezione regionale di controllo, indipendentemente dall’accertamento avanti il giudice amministrativo della legittimità della deliberazione consiliare che ha deliberato il ricorso al piano; quest’ultima infatti è totalmente ininfluente, processualmente, ai fini del giudizio contabile, spettando al giudice amministrativo verificare se le doglianze prospettate nel ricorso concernono la materia della contabilità pubblica, rientrante nella giurisdizione esclusiva della Corte dei conti, o attengono a vizi propri e autonomi del provvedimento impugnato, che in questa eventualità andrà riemesso depurato dalle eventuali illegittimità procedurali (4.)

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Sussiste la legittimazione ad agire nei giudizi avverso le pronunce delle sezioni regionali di controllo di tutti i soggetti che deducono di essere titolari di posizioni giuridiche proprie che assumono essere lese dalle pronunce della sezione regionale (3.)

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Perché possa ravvisarsi l’interesse ad agire innanzi alle sezioni riunite in speciale composizione da parte di soggetti che non hanno partecipato al procedimento di controllo, occorre che si lamenti una lesione alla propria situazione giuridica soggettiva che deriva dalla esecutività ex lege degli accertamenti della sezione di controllo, il cui contenuto può diventare definitivo”. (3.1.)

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Sommario: 1. Premessa. 2. Il dissesto degli enti locali: predissesto, dissesto guidato e autoconclamato. 3. Legittimazione ad agire nei giudizi avanti le sezioni riunite in speciale composizione della Corte dei conti. 3.1. segue: interesse ad agire. 4. Giurisdizione delle sezioni riunite in speciale composizione. 5. Conseguenze della violazione del termine di predisposizione del piano di riequilibrio. 6. Rapporti tra procedura di riequilibrio finanziario e procedura di dissesto guidato. 6.1. segue: rapporti tra procedura di riequilibrio finanziario e procedura di deficitarietà strutturale.

 

  1. Premessa.

Interessante pronuncia delle sezioni riunite in speciale composizione della Corte dei conti ex art. 11 co. 6 D. Lgs. 174/2026 (codice di giustizia contabile - c.g.c.) con cui viene riaffermata, se ancora ce ne fosse bisogno, la giurisdizione della Corte in speciale composizione in materia di piani di riequilibrio di cui all’art. 243-bis segg. D. Lgs. 267/2000 (testo unico enti locali - Tuel); in particolare la decisione si sofferma sulla questione, di non lieve momento, relativa ai rapporti tra giurisdizione contabile e giurisdizione amministrativa, laddove quest’ultima venga investita dell’impugnazione delle delibere con cui l’ente locale fa ricorso alla procedura di riequilibrio. Quid iuris nel caso in cui la delibera di piano venga annullata dal giudice amministrativo e nel frattempo la Corte dei conti abbia approvato il piano ex art. 243-quater co. 3 Tuel ovvero abbia dichiarato il dissesto dell’ente per diniego di approvazione del piano o - come nella fattispecie - per mancata presentazione dello stesso nel termine di novanta giorni dalla esecutività della delibera?

Oltre a tali questioni le sezioni riunite in speciale composizione risolvono rilevanti questioni in merito alla legittimazione e interesse ad agire in tale sede, nonché ai rapporti tra procedura di riequilibrio finanziario e procedure di dissesto guidato (art. 6 co. 2 D.lgs. 149/2011) e di deficitarietà strutturale (art. 242 Tuel).

E’ dunque necessaria una breve premessa di inquadramento della normativa in merito al dissesto degli enti locali e più in generale dello stato di crisi dei medesimi, con particolare riferimento alle conseguenze giuridiche di tali squilibri economico-finanziari.

 

  1. Il dissesto degli enti locali: predissesto, dissesto guidato e autoconclamato. La procedura di riequilibrio finanziario (c.d. “predissesto”, art. 243-bis e ss. Tuel), così come la procedura di dissesto (art. 246 e ss.), viene intrapresa dagli enti che presentano uno squilibrio che non può essere rimediato con i mezzi, i tempi e le procedure previste dagli artt. 193[1], 194[2] e 188[3] Tuel, ossia, in presenza di uno “stato” di dissesto (art. 244 Tuel).

Come emerge sovrapponendo l’art. 243-bis co. 1 Tuel e l’art. 244 Tuel, il presupposto condiviso (la c.d. “causa”) di entrambe le procedure consiste nell’impossibilità di ripianare “validamente” lo squilibrio evidenziatosi con le modalità di cui agli articoli 193 e 194 Tuel ed entro il fisiologico arco temporale del bilancio di previsione (art. 162 Tuel), con una manovra correttiva (“piano di rientro”) di durata triennale ed in ogni caso non oltre la durata della consiliatura (art. 188 co. 1 Tuel).

Si tratta del c.d. dissesto “per ragioni finanziarie” al quale si contrappone, il c.d. dissesto “per ragioni funzionali” che si ha quando lo squilibrio è strutturale al punto da non consentire più l’erogazione dei servizi o lo svolgimento delle funzioni essenziali, per il quale l’ente non può che intraprendere la procedura di dissesto, che è l’unica a garantire la continuità dell’amministrazione e l’erogazione dei servizi essenziali[4].

In buona sostanza, le due procedure si basano su una comunanza di presupposti (lo “stato di dissesto”); tuttavia l’alternatività non è piena, ma limitata alla ricorrenza del solo dissesto per ragioni finanziarie.

Per tale ragione, in entrambi i casi, vi è la necessità di conclamare previamente lo “stato” di crisi strutturale; nel caso del dissesto, ciò avviene attraverso un’attività dichiarativa obbligatoria (un atto amministrativo di certazione), che può essere il frutto di una iniziativa autonoma dell’ente (dichiarazione di dissesto ex art. 246 Tuel, c.d. dissesto autoconclamato) ovvero può essere compulsata dalla Magistratura contabile (c.d. dissesto guidato ex art. 6 co. 2 D.lgs. 149/2011, al termine del quale l’ente è obbligato ad emettere la dichiarazione di dissesto a mezzo di un commissario ad acta).

Nel caso del piano di riequilibrio finanziario pluriennale (PRFP) tale dichiarazione di crisi strutturale è contenuta nella deliberazione consiliare di “adesione” al piano di riequilibrio ex art. 243-bis Tuel co. 1 prima parte e co. 2, alla quale segue, entro 90 giorni, la deliberazione che ne approva i contenuti (art. 243-bis co. 5 Tuel).

In altre parole, l’ente non ha alcuna discrezionalità nel riconoscimento dello “stato” di dissesto, può solo scegliere se fare ricorso alla “procedura di riequilibrio” (art. 243-bis co. 2), o alla dichiarazione di dissesto (art. 246).

Da tali dichiarazioni dipendono effetti non disponibili per l’ente locale: la dichiarazione di dissesto è infatti irrevocabile (art. 246 Tuel co. 1 secondo inciso); parallelamente, la violazione di termini che scansionano i tempi della procedura di riequilibrio pluriennale, è fonte di un effetto legale di immissione diretta nella diversa procedura di dissesto (art. 243-quater co. 7 Tuel); si tratta infatti di termini proceduralmente perentori e pertanto l’adesione al piano non è revocabile oltre detto termine[5].

Nel riferito sistema la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale assume una sua peculiarità per il fatto che, pur presupponendo una situazione di evidente deficitarietà strutturale prossima al dissesto, ipoteticamente idonea a dar luogo al procedimento del c.d. “dissesto guidato”, tende a valorizzare la responsabilità degli organi ordinari dell’ente nell’assunzione delle iniziative per il risanamento, ai quali attribuisce la piena disponibilità dell’iniziativa[6].

Sul piano procedurale, il PRFP è “preferito” al dissesto solo nel senso che è consentito in situazioni di grave crisi finanziaria nella misura in cui permette di non rompere l’unità del bilancio e favorisce l’accountability dell’amministrazione rispetto alla comunità amministrata[7]; il dissesto rimane la misura proporzionata, tant’è che è prevista l’immissione automatica nella stessa nei casi di “fallimento” della procedura di riequilibrio, ai sensi dell’art. 243-quater co. 7 Tuel; il dissesto, quindi rimane il parametro procedurale a garanzia della serietà del percorso di rientro e riequilibrio, e non una sanzione.

Come è stato evidenziato dalla Corte costituzionale, «di fronte all’impossibilità di risanare strutturalmente l’ente in disavanzo, la procedura del predissesto non può essere procrastinata in modo irragionevole, dovendosi necessariamente porre una cesura con il passato così da consentire ai nuovi amministratori di svolgere il loro mandato senza gravose “eredità”»[8] e ripristinare, con la separazione del bilancio in bonis (c.d. gestione ordinaria) da quello dissestato, le condizioni per erogare le prestazioni essenziali, rassicurando i fornitori e gli utenti sulla solvibilità e continuità funzionale dell’ente.

Il PRFP, pertanto, è solo una procedura “succedanea” a quella di dissesto e a questa solo in parte alternativa. Solo in questo senso l’ordinamento “preferisce” la procedura di “predissesto”, ai sensi dell’art. 243-bis Tuel e ss., al dissesto ai sensi degli art. 244 e ss. Tuel, in quanto la procedura pluriennale consente il riequilibrio “consolidato” delle finanze dell’ente, senza il rischio di occultamento di scompensi in gestioni separate di bilancio, garantendo l’autonomia sul piano della spesa e dei pagamenti e una maggiore flessibilità delle leve finanziarie e di spesa (ad esempio, non è previsto l’automatismo per talune restrizioni nella gestione del personale[9]), a fronte del “carico” finanziario assunto dall’ente.

In definitiva, il rapporto tra procedura di PRFP e procedura dissesto è organizzato da legislatore in modo tale per cui: (a) lo stato di dissesto è comune ed è “dichiarato”, nel caso del PRFP, con la deliberazione dell’ente locale di “ricorso al piano di riequilibrio” ex art. 243-bis co. 2 Tuel; (b) sussiste un obbligo costante, per l’ente, comunque, di porre in essere una attività ricognitiva e dichiarativa, dalla quale prende le mosse la procedura speciale e “naturale” volta a garantire rientro e continuità dei servizi e funzioni, mediante obiettivi intermedi il cui raggiungimento comprova la capacità di non cadere in situazioni di dissesto funzionale; (c) la “regola” ragionevole e adeguata, sullo sfondo, rimane quella della procedura di dissesto ex art. 243-quater co. 7 Tuel, con la correlata procedura sostituiva ex art. 120 Cost. (nomina dell’OSL) e separazione dei bilanci.

 

  1. Legittimazione ad agire nei giudizi avanti le sezioni riunite in speciale composizione della Corte dei conti. Ciò premesso occorre verificare il ragionamento adottato dalle sezioni riunite in speciale composizione in merito, prima, alla legittimazione ad agire di fronte ad esse, poi, all’interesse a tale azione.

Come noto per agire in giudizio occorre dapprima dimostrare di essere legittimati a proporre una domanda e poi di avervi interesse concreto ed attuale.

Secondo il Pubblico Ministero, nei giudizi avverso le pronunce delle sezioni regionali di controllo, legittimato dovrebbe essere soltanto l’ente controllato, essendo l’unica parte del procedimento di controllo.

Ritiene invece il Collegio che la legittimazione ad agire di soggetti diversi dall’ente controllato, che si assumono titolari di situazioni giuridiche soggettive lese dalla pronuncia della sezione di controllo, non può essere in alcun modo esclusa, sul presupposto che, in ossequio al diritto alla tutela giurisdizionale sancito dall’art. 24 Cost., deve essere riconosciuta la tutela ai titolari di diritti ed interessi non rappresentati nel giudizio di controllo (dove parte necessaria è solo il soggetto controllato) e che si afferma essere stati lesi da detta pronunzia. Né una limitazione alla legittimazione si rinviene nelle norme che disciplinano l’azione innanzi a queste Sezioni riunite in speciale composizione[10].

Infatti la condizione per ottenere una pronuncia giudiziale è semplicemente l’idoneità astratta della situazione soggettiva attiva ad essere tutelata nel giudizio. L’idoneità astratta della situazione soggettiva attiva ad essere tutelata nel giudizio comporta che una concreta ed autonoma questione intorno alla legittimazione si può delineare soltanto quando l'attore faccia valere un diritto altrui (e sempre che ciò non sia consentito dalla legge, come nell’ipotesi dell’azione popolare prevista dall’art. 9 Tuel)[11]. Poiché tutti i ricorrenti deducono di essere titolari di posizioni giuridiche proprie che assumono essere lese dalle pronunce della sezioni regionale di controllo, non vi è alcun motivo per escluderne la loro legittimazione ad agire.

 

3.1. segue: interesse ad agire. Quanto all’interesse ad agire, osserva la Corte, esso può essere ravvisabile in presenza di una lamentata lesione alla propria situazione giuridica soggettiva che deriva dalla esecutività ex lege (produzione di effetti) degli accertamenti della Sezione di controllo[12].

Tale asserita lesione può ravvisarsi soltanto quando l’accertamento contenuto nella pronuncia della sezione regionale ha effetti, seppure indiretti, di ricaduta certa sulla posizione giuridica di chi agisce. In questo caso, peraltro, il provvedimento può essere impugnato davanti al giudice amministrativo solo per autonomi vizi propri e non per quelli dell’atto presupposto.

 

  1. Giurisdizione delle sezioni riunite in speciale composizione.

La questione più rilevante affrontata nella sentenza, riguarda, come accennato, l’ambito di estensione della giurisdizione della Corte dei conti e i suoi rapporti con la giurisdizione amministrativa; in particolare le doglianze dei ricorrenti non attengono in assoluto alla sussistenza della giurisdizione contabile - il che sarebbe palesemente infondato stante la pacifica attribuzione legislativa e prima ancora costituzionale della materia della contabilità pubblica alla giurisdizione della Corte dei conti - quanto piuttosto al rapporto tra il giudizio amministrativo che ha ad oggetto l’impugnazione della delibera consiliare che ha dichiarato il dissesto e il giudizio contabile in merito al dissesto che da tale delibera ha preso avvio. Se la pronuncia della sezione di controllo dovesse divenire definitiva a seguito del procedimento avanti per sezioni riunite in speciale composizione (Corte cost. sent. n. 18/2019), sarebbe vincolante per il comune, obbligato a dichiarare il dissesto; ma in tal caso si porrebbe in contrasto con la pronunzia del giudice amministrativo, che annullerebbe la delibera consiliare che a tale dissesto ha dato la stura: si avrebbe così un insanabile conflitto di giudicati.

Secondo la giurisprudenza costituzionale la Corte dei conti è, in senso più ampio, il giudice naturale delle controversie nelle “materie” di contabilità pubblica, per le quali l’afferenza al suo ambito di cognizione si determina sulla base di due elementi: quello della natura pubblica dell'ente (Stato, Regioni, altri enti locali e amministrazione pubblica in genere, oggi individuabili in modo economico-funzionale, tramite i criteri forniti dal SEC 2010[13]) e nell'elemento oggettivo che riguarda la qualificazione pubblica del denaro e del bene oggetto della gestione[14].

Tale giurisdizione si fonda direttamente sul combinato disposto degli artt. 100 co. 2 e 103 co. 2 Cost., mentre la legge individua solo le speciali competenze dell’organo istituito con l’art. 3 co. 1 lettera r) del D.L. 174/2012[15].

In più il carattere esclusivo della giurisdizione contabile è stato riaffermato dal codice di giustizia contabile, segnatamente per la materia de qua dall’art 11 co. 6.

Per quanto attiene all’aspetto oggettivo, l’esclusività della funzione e del sindacato sul bilancio della Corte dei conti è stata affermata dalla Corte costituzionale[16], che ha chiarito che la funzione di controllo, intesa nello stretto senso del sindacato neutrale di legittimità sul bilancio, non può essere attribuita ad autorità diverse della Corte dei conti, in quanto organo dello Stato-ordinamento. Questa riserva di cognizione vale tanto nei confronti delle pubbliche amministrazioni, che non possono surrogare l’attività di controllo della Corte, quanto verso le altre giurisdizioni, che non possono alterare il riparto di giurisdizione previsto dalla Costituzione (art. 102 Cost.; art. VI disp. trans.; nonché artt. 113 e 103 Cost.), surrogando il controllo che spetta alla Corte dei conti e sindacandone in sede giurisdizionale l’esito. Significativo, in proposito, è che la Costituzione esonera le decisioni della Corte dei conti dal ricorso per Cassazione per violazione di legge (art. 111 ultimo co. Cost.).

Inoltre, l’integrazione delle due funzioni risponde all’esigenza di rendere effettivo il diritto costituzionale e quello euro-unitario del bilancio, costituendo diretta applicazione delle norme costituzionali e di quelle comunitarie, senza la quali viene messa in crisi l’effettività dell’ordinamento, il quale, nel diritto interno prevede, proprio per la specialità della materia, un “giudice-perito” preposto alla conoscenza della specificità tecnica del bilancio.

Su tali basi le sezioni riunite concludono che il riparto di giurisdizione con le altre magistrature opera sulla decisiva individuazione dell’ambito normativo perimetrato, identificabile come “materia” di contabilità pubblica[17] e quindi che la giurisdizione della Corte dei conti sussiste anche sugli atti conseguenti del Consiglio comunale e del Prefetto, qualora ad essere contestati non siano vizi propri dell’atto, ma il presupposto tecnico giuridico del dissesto in relazione all’accertamento dei requisiti richiesti per la sua dichiarazione, previsti dall’art. 243-quater co. 7 e 244 Tuel, anche con riguardo agli effetti esecutivi e necessitati dei propri accertamenti sulla situazione di bilancio[18].

Si è osservato che il giudice contabile dell’”unico grado”, con tale pronuncia, ha interpretato in modo evolutivo il concetto di contabilità pubblica di cui all’art. 103, secondo comma della Costituzione a cavallo tra passato, presente e futuro[19].

E’ dunque palese che la decisione del TAR Abruzzo che ha ritenuto insussistenti i presupposti per la dichiarazione di dissesto è viziata per eccesso di competenza giurisdizionale avendo invaso una materia (contabilità pubblica) costituzionalmente riservata ad altro giudice (la Corte dei conti)[20]. Ancora, secondo T.A.R. , Catania , sez. III , 10/07/2013 , n. 1980, le delibere delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti in materia di piani di riequilibrio finanziario e di dissesto degli enti locali previsti dalle nuove disposizioni aggiunte all'art. 243, d.lgs. 267/2000, non sono qualificabili come atti emanati da una pubblica amministrazione nell'esercizio di un potere amministrativo, a conclusione di un procedimento amministrativo, trattandosi, invece, di atti emanati dalla Corte dei conti nella veste di organo estraneo all'apparato della pubblica amministrazione, nell'esercizio di un potere neutrale di controllo attribuito in via esclusiva alla Magistratura contabile e al sindacato giurisdizionale della Corte dei conti, ai sensi dell'articolo 103, secondo comma, della Costituzione. Come tali le stesse vanno impugnate presso le Sezioni riunite della Corte dei Conti in speciale composizione[21].

Peraltro la decisione del TAR Abruzzo sarebbe viziata anche nel merito, avendo ricavato l’assenza dei presupposti del dissesto dalla circostanza che l’Ente non risulti strutturalmente deficitario ex art. 242 Tuel. Come è stato sottolineato dalla Procura regionale, il Tar confonde, in sostanza, i presupposti del dissesto con la condizione di deficitarietà strutturale, mentre è ben possibile che sussista una situazione di dissesto anche in completa assenza di valori deficitari, valori che, peraltro, come è noto, sono calcolati sulla base di dati riferiti al rendiconto dell’esercizio precedente[22].

 

  1. Conseguenze della violazione del termine di predisposizione del piano di riequilibrio. Dalla deliberazione consiliare di adesione al piano di riequilibrio ex art. 243-bis TUEL dipendono effetti non disponibili per l’ente locale tra i quali, quello per cui la violazione del termine che scandisce i tempi della procedura di riequilibrio pluriennale risulta fonte di un effetto legale di immissione diretta nella diversa procedura di dissesto[23].

Invero vi è la necessità per l’ente locale di conclamare previamente lo “stato” di crisi strutturale che, nel caso del dissesto, avviene attraverso un’attività dichiarativa obbligatoria[24].

Nel caso del piano di riequilibrio finanziario, invece, la dichiarazione di crisi strutturale è contenuta nella deliberazione consiliare di “adesione” al piano di riequilibrio ex art. 243-bis Tuel co. 1 prima parte e co. 2, alla quale segue, entro 90 giorni, la deliberazione che ne approva i contenuti (art. 243-bis co. 5 Tuel).

Conseguentemente l’ente non ha alcuna discrezionalità nel riconoscimento dello “stato” di dissesto, può solo scegliere se fare ricorso alla “procedura di riequilibrio” (art. 243-bis co. 2) o alla dichiarazione di dissesto (art. 246)[25].

 

  1. Rapporti tra procedura di riequilibrio finanziario e procedura di dissesto guidato.

Nella procedura di riequilibrio finanziario pluriennale la competente sezione della Corte dei conti non deve effettuare il triplice accertamento previsto dal “dissesto guidato” ex art. 6 co. 2 D.lgs. 149/2011, con la fissazione delle misure correttive, la verifica degli adempimenti e il perdurare dell’inadempimento[26]. Ne consegue che la necessità del “dissesto guidato”, nel caso di previa adesione al PRFP, sorge in conseguenza della sola constatazione dello sforamento del termine, ossia 90 giorni dal ricorso al piano di riequilibrio. La ragione di tale automatismo, che aggira le lungaggini della versione integrale della procedura dell’art. 6 co. 2 D.lgs. 149/2011, è data dal fatto che il ricorso al PRFP è già, in sé, un riconoscimento di uno “stato di dissesto”.

 

6.1. segue: rapporti tra procedura di riequilibrio finanziario e procedura di deficitarietà strutturale. Per gli enti in stato di dissesto finanziario il mancato superamento degli indici di deficitarietà strutturale ex art. 242 co. 2 Tuel[27] non è significativo, atteso che la crisi finanziaria può intervenire ex abrupto e senza segnali di allerta, senza passare da fasi intermedie, a fronte di due diligence del bilancio o di eventi esterni che possono mettere in profonda crisi la contabilità dell’ente, rendendo impossibile allo stesso raggiungere il pareggio/equilibrio nell’ambito delle ordinarie procedure di cui agli artt. 188, 193 e 194 Tuel[28].

 

 

[1] Entro il 31 luglio di ogni anno, almeno, gli enti locali deliberano tramite l’organo consiliare il perdurare degli equilibri di bilancio e, in caso negativo, adottano le misure necessarie a ripristinare il pareggio durante la gestione.

[2] Con delibera consiliare gli enti locali riconoscono i debiti fuori bilancio pagandoli mediante un piano di rateizzazione della durata di tre anni convenuto con i creditori e finanziabili anche con mutui.

[3] L’eventuale disavanzo di amministrazione può anche essere ripianato negli esercizi successivi considerati nel bilancio di previsione, in ogni caso non oltre la durata della consiliatura.

[4] Cfr. Sezione Autonomie n. 2/AUT/2012/QMIG e SS.RR. sent. n. 34/2014/EL e da ultimo sent. n. 2/2020/DELC

[5] Sezioni riunte, sentenza n. 23/2014

[6] Cfr. Corte dei conti - Sezione delle Autonomie, 8/1/2013 n. 1.

[7] cfr. C. cost. sent. n. 184/2016, n. 228/2017 e n. 49/2018. Il favor per la procedura di riequilibrio (Sez. riun. n. 26/2014/EL; id. n. 34/2014/EL) si rinviene nella circostanza che essa non impone vincoli di destinazione alle entrate dell’ente, salva l’incongruità dell’obiettivo o l’incongruenza dei mezzi, con una valutazione da effettuarsi non in termini di certezza (Sez. riun. n. 34/2014 cit.) e in un’ottica dinamica (Sez. riun. 26/2014 cit.; n. 3/2014; n. 21/2017), cfr. S.A. DORIGO, Le situazioni di crisi finanziaria degli enti locali: i piani di riequilibrio finanziario pluriennale e la procedura di dissesto guidato, in AA.VV., La Corte dei conti. Responsabilità, contabilità, controllo, a cura di CANALE - CENTRONE - FRENI - SMIROLDO, Milano, 2019, pp.1114-1118).

[8] Corte costituzionale sent. n. 18/2019, § 6 in diritto

[9] cfr. art. 90, co. 1 e art. 259, co. 6 Tuel

[10] Al contrario dalla loro lettura emerge in maniera chiara la possibilità che possano agire soggetti diversi dall’ente controllato. In particolare, l’art. 243-quater co. 5 Tuel prevede che possa essere impugnata “la delibera di approvazione o di diniego del piano” e che “Le medesime Sezioni riunite si pronunciano in unico grado, nell’esercizio della medesima giurisdizione esclusiva, sui ricorsi avverso i provvedimenti di ammissione al Fondo di rotazione di cui all’art 243-ter “.

A sua volta l’art. 11, comma 6, c.g.c. dispone che le Sezioni riunite decidono “in materia di piani di riequilibrio degli enti territoriali e ammissione al fondo di rotazione” (lett. a)) e “nelle materie di contabilità pubblica nel caso di impugnazioni conseguenti alle deliberazioni delle sezioni regionali di controllo” (lett. e)). Infine, l’art 124, comma 1, lett. c) prevede che il ricorso sia notificato “in ogni caso agli eventuali ulteriori contro interessati”.

[11] In tal senso è la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass. sentenza 10 maggio 2010, n. 11284; sentenza 27 giugno 2011, n. 14177; Cass. sez. un., sentenza 16 febbraio 2016, n. 2951).

[12] C. cost. sent. n. 18/2019, punto 3 cons. in diritto, ma cfr. altresì SS.RR. sent n. 7/2018 e n. 64/2015

[13] Annualmente l’ISTAT effettua la ricognizione, ai sensi dell’art. 1 co. 3 L. 196/2009 dell’elenco delle pubbliche amministrazioni secondo i criteri di cui al c.d. “SEC 2010”. Con tale espressione ci si riferisce, sinteticamente, al sistema europeo dei conti istituito dal Regolamento Ue del 21 maggio 2013, n. 549. L’allegato A del regolamento contiene le definizioni, le classificazioni, nonché le regole contabili comuni che devono essere utilizzate per l'elaborazione di conti e dei risultati su basi comparabili per le esigenze dell’Unione. Per altro verso, l'elenco ISTAT, redatto ai fini statistici del SEC 2010, non svolge, a livello interno, solo tale funzione, ma anche quello di dettare una disciplina omogenea di riferimento “ai fini della applicazione delle disposizioni in materia di finanza pubblica” (art.1 co. 1 e 2 L. 196/2009), emanate per il coordinamento della finanza pubblica (art. 117 co. 3 Cost.) (Corte dei conti, sezioni riunite in  sede giurisdizionale, sentenza n. 17/2020/RIS). Ragion per cui l’inclusione nel perimetro delle pubbliche amministrazioni origina un considerevole contenzioso - proprio al fine di sottrarsi alle stringenti restrizioni finanziarie previste per le pp.aa. - la cui cognizione spetta oggi in via legislativa alle sezioni riunite in speciale composizione ex art. 11 co. 6 lett. b) c.g.c.

[14] Corte Costituzionale sentt. n. 17/85; n. 189/84; n. 241/84; n. 102/77

[15] SS.RR. sent. n. 2/2013 ; Corte cost. sent. n. 198/2012, che aderisce ai principi già espressi nella sent. n. 179/2007 richiamandola espressamente.

[16] Con la sentenza n. 60/2013.

[17] Non si svolge invece sul crinale della natura della situazione giuridica sottostante, in base alla “dicotomia diritti soggettivi-interessi legittimi”, (C. cost. sentenza n. 204/2004), collegata ad una manifestazione illegittima del potere amministrativo (C. cost. sentenza. n. 191/2006), né in base all’autorità o potere che ha emesso l’atto impugnato (autorità amministrativa o sezione regionale di controllo).

[18] Cass. Sezioni unite, ordinanza 5805/2014; per la giurisprudenza amministrativa, v. - in senso conforme - T.A.R. , Catania , sez. III , 10/07/2013 , n. 1980.

[19] v. R. BOCCI, La giurisdizione sull'equilibrio di bilancio in caso di dissesto, in Diritto & Conti, 13/11/2020, secondo cui l’attribuzione giurisdizionale riguarda il bilancio come sistema di informazioni fondamentali, fatte di saldi e perimetro (oggettivo ovvero poste e soggettivo ovvero enti che ricadono nell’area del consolidamento delle poste medesime) al servizio dell’interesse finanziario adespota alla “sincerità”, nell’ottica di una effettiva accountability democratica. L’attribuzione alla Corte dei conti di questo “bene della vita” è oggetto di un’attribuzione speciale, non soggetta ad intermediazione legislativa, ma che trova il proprio fondamento direttamente in Costituzione. La norma evocata, in combinato disposto con l’art. 103 Cost, è l’art. 100 comma 2, che attribuisce alla Corte il controllo successivo sul bilancio (prima dello Stato, oggi per effetto della L. cost. 3/2001 e della L. cost. 1/2012, di tutte le pubbliche amministrazioni).

[20] La stessa giurisprudenza amministrativa (T.A.R. , Napoli , sez. I , 13/09/2016 , n. 4257) ritiene che esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo il sindacato sugli eventuali vizi sostanziali e processuali della pronuncia di accertamento emessa da Autorità (la Corte dei Conti) appartenente ad altro plesso giurisdizionale circa il dissesto finanziario del Comune. Il thema decidendum su cui il TAR può essere chiamato a pronunciarsi deve, cioè, rimanere rigorosamente circoscritto dallo scrutinio sulla legittimità del procedimento amministrativo disciplinato dall'art. 6 comma 2, d.lgs. 149/2011, che prevede l'intervento propulsivo — sostitutivo dell'autorità statale prefettizia a fronte dell'inerzia dell'ente locale nel dichiarare il proprio stato di dissesto finanziario, così come acclarato dalla Corte dei Conti, senza possibilità di debordare nella sfera delle prerogative processuali e nel merito delle valutazioni a quest'ultima devolute nell'esercizio della relativa giurisdizione esclusiva di controllo contabile ex art. 243 quater, comma 5, d.lg. n. 267 del 2000 (in Foro Amministrativo (Il) 2016, 9 , 2260).

[21] In Foro Amministrativo - T.A.R. (Il) 2013, 7-8 , 2636 (s.m)

[22] v. E. SCATOLA, L’incipiente conflitto di giurisdizione tra Corte dei conti e Giudice amministrativo. Alla ricerca di un centro di gravità permanente, in Diritto & Conti, 16/7/2020.

[23] Osserva la Corte che lo stato di dissesto finanziario ex art. 244 Tuel dell’ente locale può avere duplice natura: funzionale (qualora l'ente non sia più in grado di garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili) e finanziario (esistono nei confronti dell'ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte con le modalità di cui all'articolo 193, nonché con le modalità di cui all'articolo 194 per le fattispecie ivi previste); solo però il dissesto di natura finanziaria può condurre, oltre alla dichiarazione di dissesto, all’adozione del PRFP; mentre il dissesto per ragioni funzionali può unicamente sfociare nella dichiarazione di dissesto (cfr. Sezione Autonomie n. 2/AUT/2012/QMIG e SS.RR. sent. n. 34/2014/EL e da ultimo sent. n. 2/2020/DELC).

[24] Un atto amministrativo di certazione, che può essere il frutto di una iniziativa autonoma dell’ente (dichiarazione di dissesto ex art. 246 Tuel) ovvero può essere compulsata dalla magistratura contabile (c.d. dissesto guidato ex art. 6 co. 2 D.lgs. 149/2011), al termine del quale l’ente è obbligato ad emettere la dichiarazione di dissesto a mezzo di un commissario ad acta.

[25] Sul piano procedurale, il PRFP è “preferito” al dissesto solo nella misura in cui permette di non rompere l’unità del bilancio e favorisce l’accountability dell’amministrazione rispetto alla comunità amministrata (cfr. C. cost. sent. n. 184/2016, n. 228/2017 e n. 49/2018), consentendo il riequilibrio “consolidato” delle finanze dell’ente, senza il rischio di occultamento di scompensi in gestioni separate di bilancio, garantendo l’autonomia sul piano della spesa e dei pagamenti e una maggiore flessibilità delle leve finanziarie e di spesa. Il dissesto rimane la misura ragionevole e adeguata, tant’è che è prevista l’immissione automatica nella stessa nei casi di “fallimento” della procedura di riequilibrio, ai sensi dell’art. 243-quater co. 7 Tuel; il dissesto, quindi rimane il parametro procedurale a garanzia della serietà del percorso di rientro e riequilibrio, e non una sanzione.

[26] La procedura ex art 6 co. 2 D.Lgs. 149/2011 prevede un procedimento strutturato in due distinti momenti: con una prima deliberazione, la Sezione regionale assegna un termine per <<le necessarie misure correttive previste dall'articolo 1, comma 168, della legge 23 dicembre 2005, n. 266>> e, con una seconda deliberazione, emanata al decorso di tale termine, verifica l'adozione delle misure correttive. Questa seconda pronuncia può concludersi con: a) la presa d'atto dell'adozione delle misure correttive e conseguente riconduzione della situazione finanziaria dell'ente alla normalità; b) l’accertamento dell'inadempimento delle misure correttive dettate con la prima deliberazione e la conseguente trasmissione degli atti al Prefetto (e alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica).

Pertanto, il controllo-monitoraggio eseguito a norma del’art. 6 co. 2 d.lgs. 149/2011, è strutturato in due deliberazioni necessarie, la seconda delle quali, in caso di inadempimento delle misure correttive, apre la fase eventuale del procedimento. Infatti, scaduto l'ulteriore termine decorrente dalla trasmissione degli atti al Prefetto (termine fissato dalla legge in trenta giorni), la Sezione accerta, con una terza deliberazione, il perdurare dell'inadempimento e la sussistenza delle condizioni di cui all'art. 244, d.lgs. n. 267/2000, ovvero prende atto dell'adozione, in extremis, delle misure correttive o, comunque, del venir meno delle condizioni di dissesto, ipotesi residuale ma sempre possibile (Corte dei conti - Sezione delle Autonomie, Deliberazione n. 2/AUT/2012/QMIG; cfr. anche Corte dei conti - Sezione delle Autonomie, 8/1/2013 n. 1); cfr. S.A. DORIGO, Le situazioni di crisi finanziaria degli enti locali: i piani di riequilibrio finanziario pluriennale e la procedura di dissesto guidato, in AA.VV., La Corte dei conti. Responsabilità, contabilità, controllo, cit., pp.1127-1129.

[27] il TUEL, per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali, prevede il monitoraggio annuale dei bilanci, un meccanismo di valutazione del rischio di squilibri fondato su parametri, l’imposizione, in caso di accertati pericoli, di azioni correttive da porre in essere mediante la copertura minima del costo di alcuni servizi e l’attivazione di meccanismi sanzionatori per l’omessa adozione di tali correttivi.

L’art. 242 definisce il meccanismo di valutazione del rischio di squilibrio, precisando:
- che sono da considerarsi in condizioni strutturalmente deficitarie gli enti locali che presentano gravi ed incontrovertibili condizioni di squilibrio, rilevabili dalla tabella da allegare al rendiconto della gestione, contenente parametri obiettivi dei quali almeno la metà presentino valori deficitari;
- che il rendiconto della gestione è quello relativo al penultimo esercizio precedente quello di riferimento;
- che i parametri obiettivi, nonché le modalità per la compilazione della citata tabella, sono fissati con decreto del Ministro dell'interno di natura non regolamentare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e che fino alla fissazione di nuovi parametri si applicano quelli vigenti nell'anno precedente;
- che la suddetta disciplina si applica a comuni, province e comunità montane.

L’art. 243 definisce invece le azioni correttive ed i meccanismi sanzionatori, precisando che gli enti locali strutturalmente deficitari, individuati secondo la procedura sopra descritta, sono soggetti al controllo centrale sulle dotazioni organiche e sulle assunzioni di personale da parte della COSFEL ed ai controlli centrali in materia di copertura del costo di alcuni servizi.

[28] Non constano precedenti in termini.