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Anno XVI - n. 04 - Aprile 2024

  Giurisprudenza Amministrativa



L’obbligo di diligenza incombente sull’operatore professionale nella formulazione in via telematica della domanda di partecipazione alla gara. Principio del risultato e della fiducia.

Di Valeria Palmisano
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Nota a Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 27 febbraio 2024, n. 1924

L’obbligo di diligenza incombente sull’operatore professionale nella formulazione in via telematica della domanda di partecipazione alla gara. Principio del risultato e della fiducia.

Di Valeria Palmisano*

 

 

Abstract:

La decisione in esame affronta il tema dell’ubi consistam e della latitudine applicativa dell’onere di diligenza richiesto all’operatore economico nel formulare la domanda di partecipazione alla gara sull’apposita piattaforma e delle modalità cui veicolare le richieste di chiarimento alla stazione appaltante, in conformità con il medesimo principio. Inoltre, il Giudice dell’appello chiarisce e ribadisce l’applicabilità, anche alle gare soggette ratione temporis alla disciplina del D.lgs. 50/2016, dei principi generali, enunciati agli artt. 1 e 2 del D.l.g. 36/2023, del risultato e della fiducia di cui, peraltro, ne enuncia, rispetto al caso specifico, gli effetti concreti.

 

The decision in question addresses the issue of ubi consistam and the application latitude of the burden of diligence required of the economic operator in formulating the request for participation in the tender on the appropriate platform and the methods for conveying requests for clarification to the contracting authority, in accordance with the same principle. Furthermore, the Appeal Judge clarifies and reiterates the applicability, even to tenders subject ratione temporis to the provisions of the Legislative Decree. 50/2016, of the general principles, set out in the articles. 1 and 2 of the Legislative Decree 36/2023, of the result and of the trust of which, moreover, it sets out, with respect to the specific case, the concrete effects.

 

  1. Descrizione del fatto

La Città Metropolitana di OMISSIS ha indetto una gara per l’affidamento del servizio biennale di deposito, custodia e gestione dei propri archivi documentali, secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Alla procedura hanno partecipato due operatori economici, la società Alfa S.p.a e Beta S.p.a..

All’esito dell’apertura dei plichi digitali, contenenti la documentazione relativa alle domande di partecipazione, la stazione appaltante, rilevato che entrambi gli operatori avevano inserito in un campo presente nel sistema guidato un valore numerico, la cui connotazione non risultava chiara, ha chiesto chiarimenti alle offerenti per determinare il significato dalle stesse ad esso attribuito.

Entrambe le società hanno fornito i richiesti chiarimenti.

L’appellante, segnatamente, ha risposto che per consentire la generazione del file di sistema, aveva inserito un valore numerico privo di significato e solo strumentale al superamento del vincolo tecnico imposto dal sistema.

All’esito, quindi, la stazione appaltante ha escluso dalla gara la società Alfa ed ha aggiudicato la stessa alla società Beta.

La società Alfa è quindi insorta avverso il provvedimento amministrativo di esclusione e di aggiudicazione a Beta deducendo l’imputabilità alla stazione appaltante del fatto foriero dell’estromissione, atteso che, di fatto, la stessa aveva obbligato i concorrenti a inserire, nella proposta tecnica, un valore numerico in mancanza del quale non avrebbero potuto procedere oltre nella gara telematica. Ne consegue, a dire della società ricorrente, che l’amministrazione, in luogo della richiesta di chiarimenti, avrebbe dovuto annullare interamente la gara. Inoltre, a parere della società Alfa, era riscontrabile un’ulteriore profilo di illegittimità della decisione nella parte in cui l’amministrazione aveva ritenuto di ammettere l'unico altro concorrente, nonostante quest'ultimo avesse reso chiarimenti del tutto coincidenti con quelli da lei forniti, sebbene esclusa.

 

  1. La pronuncia di primo grado.

Il Tar competente ha respinto il ricorso confermando, quindi, la legittimità dell’operato della stazione appaltante.

Secondo il primo giudice, infatti, la condotta della ricorrente non poteva essere ritenuta conforme al canone di diligenza, per le modalità concrete con cui la stessa era stata posta in essere. Segnatamente il tribunale amministrativo ha rilevato che, anche ammettendo che la schermata del sistema potesse indurre nell'errore commesso dalla ricorrente, l'onere di diligenza – testualmente qualificata come “aggravata” - incombente sull'operatore professionale avrebbe dovuto suggerire la formulazione di un quesito specifico all'Amministrazione, sia in relazione al suo contenuto, sia alle modalità concretamente adottate per trasmetterlo all’amministrazione.

Quanto a tale aspetto, il quesito avrebbe dovuto essere veicolato esclusivamente mediante il sistema di messaggistica predisposto sulla piattaforma e non già a mezzo pec.

Sotto il profilo sostanziale, invece, la domanda rivolta all’amministrazione avrebbe dovuto inerire alle asserite difficoltà di caricamento dell'offerta economica e non già allo specifico profilo che ne ha poi determinato l'esclusione.

Ne consegue, quindi, a giudizio del primo giudice, l’inescusabilità dell’errore.

 

  1. La decisione del Consiglio di Stato e i principi enunciati.

La decisione di prime cure è stata appellata dalla società Alfa sulla base di plurimi motivi di ricorso, tra cui:

- la riconducibilità alla stazione appaltante dell’errore in cui era stata indotta la società Alfa, posto che il modulo preimpostato ha di fatto imposto ai concorrenti di tenere una condotta partecipativa confliggente con il principio di separazione tra offerta tecnica ed economica e con la stessa legge di gara;

- l’illegittimità del contegno dell’amministrazione che, anziché prendere atto del proprio errore, ha traslato sui concorrenti le conseguenze della sua condotta chiedendo loro chiarimenti;

- la mancanza dei presupposti affinché la società Alfa potesse formulare una specifica richiesta di chiarimenti nel senso inteso dal giudice di primo grado atteso che, nel caso di specie, la società Alfa non ha avuto dubbi in ordine all'obbligo di indicare il valore economico della propria offerta nel campo "Valore offerto", dal momento che la rubrica di tale campo non poteva che indurre l'appellante ad inserire proprio il citato valore economico della propria offerta;

- la violazione dell’art. 47 della Carta di Nizza, ripreso dalla direttiva 2006/66 (c.d. "direttiva ricorsi"), confermato dall'art. 1 c.p.a., nella parte in cui il Collegio ha escluso la legittimazione della ricorrente a contestare la mancata espulsione del controinteressato, ovvero l'aggiudicazione della procedura nei suoi confronti;

- l’obbligo, rigettata la doglianza relativa all'esclusione dell'appellante, di prendere in esame nel merito la censura relativa al mantenimento in gara della controinteressata tenuto conto, peraltro, che i due concorrenti avevano comunque commesso la medesima irregolarità, inserendo un valore numerico nella stringa.

I Giudici di Palazzo Spada, quindi, hanno confermato la statuizione di primo grado sulla base di tre principi, suscettibili di applicazione generalizzata.

In primo luogo, i giudici di appello hanno evidenziato che la procedura di gara ha previsto la presentazione delle offerte mediante una procedura routinaria, sostanzialmente guidata (e qualificata dal Consiglio di Stato come “semplicissima”), caratterizzata da schermate che agevolano la compilazione dei campi.

Il Collegio ha peraltro chiarito che il completamento della procedura richiede, da parte dell’operatore, non già una diligenza “aggravata”, come erroneamente qualificata dal giudice di prime cure, bensì quella minima comune a qualunque operatore economico, consistente nel limitarsi a seguire le indicazioni ivi previste e a risolvere eventuali dubbi con i mezzi messi a sua disposizione.

Il giudice di ultima istanza ha quindi rilevato che, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, la stazione appaltante non ha manomesso in alcun modo la procedura standardizzata e che non sussiste alcun equivoco foriero di giustificare la concorrente che, invece, avrebbe dovuto limitarsi a portare a termine correttamente la procedura guidata.

Ne consegue quindi che la società Alfa, più che dolersi della gara, si duole in realtà del funzionamento della piattaforma che, tuttavia, non è riconducibile all’amministrazione ma al suo stesso scorretto operato.

Il Consiglio di Stato ha quindi enunciato il principio in forza del quale “nell'ambito delle gare pubbliche, è necessario adempiere, con scrupolo e diligenza, a quanto previsto dal bando e dalle norme tecniche. La disciplina di gara è posta a garanzia di tutti i partecipanti e il suo erroneo utilizzo rimane a rischio del partecipante nell'ambito della propria autoresponsabilità. La gestione telematica della gara offre il vantaggio di una maggiore sicurezza nella conservazione dell'integrità delle offerte in quanto permette automaticamente l'apertura delle buste in esito alla conclusione della fase precedente e garantisce l'immodificabilità delle stesse, nonché la tracciabilità di ogni operazione compiuta. Questo non significa che i partecipanti possano violare la procedura e addurre a giustificazione cause che non coinvolgono in alcun modo la stazione appaltante”.

In altri termini, a giudizio del giudice dell’appello, non assume rilievo, perché comportamento contrario a diligenza, quel contegno dell’operatore che, collocandosi al di fuori del solco tracciato dalle procedure automatizzate di inserimento della domanda, lungi dal risolversi in un errore scusabile, consiste in una vera e propria violazione delle stesse posta in spregio, tanto al principio di doverosa diligenza, tanto a quello di auto-responsabilità.

Perimetrato quindi l’ubi consistam dell’obbligo di diligenza imposto all’operatore che partecipa alla gara, poi, il Consiglio di Stato, nel rigettare integralmente l’appello, ha chiarito che, nonostante la procedura sia stata indetta nella vigenza del d.lgs. 50/2016, la condotta della amministrazione appellata è in linea con i principi generali (super principi) del risultato e della fiducia enunciati, rispettivamente, agli artt. 1 e 2 del d.lgs. 36/2023.

Riportando le parole dei Giudici di appello, “L'art. 1 è collocato in testa alla disciplina del nuovo codice dei contratti pubblici ed è principio ispiratore della stessa, sovraordinato agli altri. Si tratta di un principio considerato quale valore dominante del pubblico interesse da perseguire attraverso il contratto e che esclude che l'azione amministrativa sia vanificata ove non si possano ravvisare effettive ragioni che ostino al raggiungimento dell'obiettivo finale che è: a) nella fase di affidamento giungere nel modo più rapido e corretto alla stipulazione del contratto; b) nella fase di esecuzione (quella del rapporto) il risultato economico di realizzare l'intervento pubblico nei tempi programmati e in modo tecnicamente perfetto”.

In altri termini, il principio del risultato, attraversa in senso diacronico tutta la procedura di gara, a partire dalla fase più strettamente pubblicistica sino a valle, nell’ambito del rapporto paritario e privatistico.

Il Consiglio di Stato quindi, ha invocato il suddetto principio per ribadire che la stazione appaltante, oltre ad agire secondo il principio di legalità, deve perseguire il fine stesso della procedura, ossia quello di individuare, all’esito di un procedimento che impiega il tempo e le risorse pubbliche, l’operatore cui affidare la gara in conformità alla normativa unionale, nazionale e alla lex specialis. Ne consegue, quindi la legittimità della condotta dell’amministrazione che, escluso l’operatore, affidi la gara all’altro partecipante che abbia legittimamente operato.

Giova poi rilevare che il giudice d’appello è pervenuto alla medesima conclusione fornendo una lettura combinata del principio prima citato con quello della fiducia reciproca tra operatore e amministrazione. Si tratta, in buona sostanza, di un presunzione di legittimità di trasparenza e di correttezza del comportamento dell'amministrazione e degli operatori economici che – ribaltando la prospettiva previgente – intende debellare il clima di "sospetto” che da sempre ha caratterizzato il delicato settore delle procedura di affidamento.

I Giudici di Palazzo Spada affermano testualmente “Il principio della fiducia di cui all'art. 2 del nuovo codice dei contratti pubblici amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile. Il principio del risultato e quello della fiducia sono avvinti inestricabilmente: la gara è funzionale a portare a compimento l'intervento pubblico nel modo più rispondente agli interessi della collettività nel pieno rispetto delle regole che governano il ciclo di vita dell'intervento medesimo”.

In altri termini, se il principio del risultato è idoneo a orientare l’amministrazione in una logica finalistico-teleologica, quello della fiducia le assegna gli strumenti e i poteri correttivi che, nel rispetto della legalità, le permettono di intervenire per portare a compimento l’attività per la quale l’esercizio del potere le è stato conferito.

 

  1. Conclusioni

La pronuncia annotata assume particolare rilevanza nella parte in cui pone l’accento sull’obbligo di un corretto utilizzo, da parte degli operatori economici, degli strumenti telematici messi a disposizione della stazione appaltante e sul dovere di agire in maniera puntuale e scrupolosa nell’eseguire procedure all’uopo predisposte. Tanto non solo in un’ottica di speditezza e di semplificazione ma, anche, in una logica di trasparenza, legalità e riduzione della discrezionalità dell’amministrazione nell’eseguire le operazioni materiali di apertura delle offerte e di valutazione della regolarità della presentazione delle stesse.

Va poi ulteriormente rilevato come il giudice di appello, nella pronuncia in esame, ha riconosciuto la vis espansiva, anche sotto il profilo temporale, dei super-principi di cui agli artt. 2 e 3 del nuovo Codice dei Contratti, riconoscendo, sebbene implicitamente, la loro immanenza nel sistema, come tali applicabili anche ai giudizi assoggettati, al livello sostanziale, alla disciplina previgente.

Tanto peraltro è confermato dalla stessa lettera della disposizione ove, al comma 3, chiarisce che il principio del risultato costituisce attuazione, nel settore dei contratti pubblici, del principio generale di buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia e di economicità (di cui all’art. 1 comma 1 della L. 241/90 nonché all’art. 97 Cost) ed è perseguito nell’interesse della generalità dei consociati e nel perseguimento degli obiettivi imposti dall’Unione Europea.

 

* Giudice Ordinario presso il Tribunale di Trani.