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Anno XVI - n. 03 - Marzo 2024

  Giurisprudenza Amministrativa



L’illegittimità del “contraddittorio cartolare coatto” di cui all’art. 84, comma 5, D.L. n. 18/2020.

Di Claudia Simonetti.
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NOTA A CONSIGLIO DI STATO - SEZIONE SESTA,

ORDINANZA 21 aprile 2020, N. 2539

 

L’illegittimità del “contraddittorio cartolare coatto” di cui all’art. 84, comma 5, D.L. n. 18/2020

Di CLAUDIA SIMONETTI

 

“L’art. 84, comma 5, del decreto legge n. 18 del 2020, va interpretato nel senso che ciascuna delle parti ha facoltà di chiedere il differimento dell’udienza a data successiva al termine della fase emergenziale allo scopo di poter discutere oralmente la controversia, quando il Collegio ritenga che dal differimento richiesto da una parte non sia compromesso il diritto della controparte ad una ragionevole durata del processo e quando la causa non sia di tale semplicità da non richiedere alcuna discussione potendosi pur sempre, nel rito cartolare, con la necessaria prudenza, far valere esigenze manifeste di economia processuale (ciò in particolare nella fase cautelare, mentre la pretermissione della discussione nel giudizio di merito va valutata alla luce di potenziali effetti irreversibili sul diritto di difesa che andrebbero per quanto possibile evitati stante la necessaria temporaneità e proporzionalità delle misure processuali semplificate legate alla situazione pandemica “acuta”).

 

Abstract.

Il Consiglio di Stato si è espresso in merito alla portata della normativa emergenziale in punto di processo amministrativo, ed in particolare modo sull’interpretazione conferme a Costituzione da attribuire alla norma contenuta nell’art. 84, comma 5, del D.L. 18/2020, recante la disciplina processuale d’emergenza per il periodo tra il 15 aprile 2020 e il 30 giugno 2020, in forza del quale tutte le cause fissate per la trattazione passano in decisione senza discussione orale, sulla base degli atti.

Ad avviso della Sesta Sezione del Consiglio di Stato il “contraddittorio cartolare coatto” imposto dal significato letterale di tale norma è contrario ai canoni costituzionali del diritto di difesa e del giusto processo, oltre che ai corollari in materia dettati dalla Carta Europea dei diritti dell’uomo.

Difatti, l’imposizione della rinuncia ad un contraddittorio orale costituirebbe una deviazione dei principi del giusto processo e del diritto di difesa ai sensi dell’art. 11, comma 2, e art. 24 della Costituzione, nonché dell’art. 6, paragrafo 1, della CEDU.

Per tale ragione, l’unica interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente legittima da attribuire alla norma è quella in virtù della quale, su apposita istanza di parte, può essere accordato il rinvio d’udienza per trattazione orale, nei limiti di un arco temporale ragionevole in base alle circostanze concrete, e sempre previa valutazione della complessità della causa, nonché dell’esigenza di ragionevole durata del processo.

 

1)       Il quadro normativo di riferimento.

La normativa emergenziale adottata per contenere la diffusione del virus Covid-19 ha previsto sin dal principio anche misure in materia di giustizia civile, penale, amministrativa e contabile, tutte volte a garantire la sicurezza degli operatori del settore nel delicato momento pandemico dell’ultimo periodo.

Al riguardo, basta scorrere l’articolato complessivo dei provvedimenti via via adottati in materia, per rendersi conto che alla giustizia amministrativa sia stato riservato un trattamento sostanzialmente differenziato rispetto alle altre giurisdizioni, ed anzi con i più recenti provvedimenti tale differenziazione si è accentuata in modo sempre più significativo.

La ratio di tale opzione non è di agevole comprensione, soprattutto se si pensa alle similitudini esistenti con il processo civile, ancor prima che con la giurisdizione contabile, ed infatti è stata oggetto di aspre critiche e perplessità da parte della dottrina che ha fin da subito evidenziato l’incerta dimensione applicativa dei precetti dettati in materia.

È indiscutibile, infatti, che le esigenze di contenimento del virus, così come in tutti gli altri settori, non potevano far altro che creare un processo amministrativo “condizionato” da una così straordinaria emergenza, ma è altrettanto fuori di dubbio che la disciplina emergenziale (applicabile nel periodo tra l’8 marzo e il 30 giugno 2020) non ha solo derogato, ma ha completamente stravolto i canoni processuali ordinari, con particolare riferimento al regime delle udienze pubbliche e camerali, nonché all’iter procedurale della fase cautelare.

Onde comprendere al meglio la portata del principio affermato dal Consiglio di Stato nella pronuncia in commento, è dunque fondamentale ricostruire le fila del quadro normativo di riferimento in cui si innesta la norma contenuta dall’art. 84, comma 5, D.L. 18/2020.

Al riguardo, l’art. 84 citato soccorre a correggere il tiro rispetto al previgente art. 3, D.L. 08.03.2020, n. 11, che aveva disposto la sospensione dei termini processuali fino al 22.03.2020 (richiamando la sospensione feriale prevista dall’art. 54, comma 2 e 3, c.p.a.), il rinvio d’ufficio a data successiva a tale data di tutte le udienze pubbliche e camerali, fatta eccezione per i procedimenti cautelari per i quali però era stata generalizzata la trattazione monocratica ex art. 56 c.p.c., nonché il passaggio in decisione di tutte le cause fissate per la trattazione, senza discussione orale e in base agli atti depositati, salva apposita istanza di parte.

L’art. 84, D.L. 18/2020 ha abrogato espressamente il previgente art. 3, D.L. 11/2020, e ha introdotto nuove misure sul processo ammnistrativo, applicabili dall’8 marzo al 15 aprile 2020 inclusi, e ulteriormente fino al 30 giugno 2020.

Tale disciplina è suddivisa essenzialmente in tre fasi[1].

In particolare, la norma stabilisce:

  1. Per il periodo dall’08.03.2020 al 15.04.2020:
  2. a) la sospensione di tutti i termini processuali per il periodo dall’8 marzo 2020 al 15 aprile 2020 inclusi (ai sensi dell’art. 54, comma 2 e 3, c.p.a.);
  3. b) il rinvio d’ufficio di tutte le udienze pubbliche e camerali fissate in tale periodo a data successiva;
  4. c) la generalizzazione del rito “monocratico” di cui all’art. 56, c.p.a. per tutti i procedimenti cautelari, promossi o pendenti nel medesimo lasso di tempo, seppure nel rispetto dei requisiti di cui all’art. 55, comma 5, c.p.c. e con trattazione collegiale da fissarsi a data successiva al 15 aprile 2020;
  5. Per il periodo dal 06.04.2020 al 15.04.2020:
  6. a) il passaggio in decisione, su istanza di parte e previo deposito di brevi note entro il termine di due giorni prima, senza discussione orale ma sulla base degli atti depositati, di tutte le cause fissate per la trattazione
  7. b) la trattazione collegiale dei procedimenti per cui sia stato adottato decreto cautelare monocratico nel periodo precedente, salvo istanza di rinvio di una delle parti;
  8. Per il periodo dal 15.04.2020 al 30.06.2020: il passaggio in decisione di tutte le controversie fissate per la trattazione, sia in udienza camerale sia in udienza pubblica, senza discussione orale, sulla base degli atti depositati, ferma la possibilità di definizione del giudizio in forma semplificata ex art. 60, c.p.a. omesso ogni avviso, e ferma la facoltà delle parti di presentare brevi note sino a due giorni prima della data fissata per la trattazione.

Insomma, la norma (o meglio, come si vedrà infra, il solo dato letterale della norma) prevede per l’ultimo periodo quello che il Consiglio di Stato ha qualificato come “contraddittorio cartolare coatto”.

Infine, è intervenuto il D.L., 08.04.2020, n. 23 che – a dispetto della proroga complessiva prevista per il giudizio civile – in punto di giustizia amministrativa ha prorogato la sospensione dei soli termini per la notificazione del ricorso dal 16 aprile al 03.05.2020, ad eccezione di quelli relativi ai procedimenti cautelari (art. 36, comma 3)[2].

Al di là delle importanti differenze che caratterizzano il regime emergenziale previsto per il processo amministrativo rispetto a quello pensato per le altre giurisdizioni, la disciplina dettata in deroga alle disposizioni del c.p.a. hanno sollevato diverse perplessità e scaturito non poche difficoltà applicative.

Tra queste, fin da subito, ha spiccato la disposizione di cui all’art. 84, comma 5, D.L. 18/2020 di cui si occupa l’Ordinanza in commento e di cui pertanto si descrive il contenuto nel paragrafo che segue.

 2)      Il “contraddittorio cartolare coatto” di cui all’art. 84, comma 5, D.L.  18/2020.

Come anticipato, l’art. 84, comma 5, D.L. 18/2020 prevede che “successivamente al 15 aprile 2020 e fino al 30 giugno  2020,  in deroga alle previsioni del codice del processo amministrativo,  tutte le controversie fissate per la trattazione, sia in  udienza  camerale sia in udienza pubblica,  passano  in  decisione,  senza  discussione orale,  sulla  base  degli  atti  depositati,   ferma   restando   la possibilità di definizione del giudizio ai  sensi  dell'articolo  60 del codice del processo amministrativo, omesso ogni avviso. Le parti hanno facoltà di presentare brevi note sino a due giorni liberi prima della data fissata per la trattazione. Il giudice, su istanza proposta entro lo stesso termine dalla parte che non si sia avvalsa della facoltà di presentare le note, dispone la rimessione in termini in relazione a quelli che, per effetto del secondo periodo del comma 1, non sia stato possibile osservare e adotta ogni conseguente provvedimento per   l'ulteriore e più sollecito svolgimento del processo. In tal caso, i termini di cui all'articolo 73, comma 1, del codice del processo amministrativo sono abbreviati della metà, limitatamente al rito ordinario.

Stando al tenore letterale della norma, dunque, tutte le udienze fissate per la trattazione tra il 15.05.2020 ed il 30.06.2020 passano de plano in decisione sulla base degli atti depositati, senza discussione orale, ma solo previo eventuale deposito di brevi note scritte almeno due giorni prima della data fissata per la trattazione, con l’unica eccezionale remissione in termini laddove la sospensione abbia impedito il rispetto dei termini di cui all’art. 73, c.p.a.

In altri termini, sembra che sia possibile disporre il rinvio della trattazione della causa solo per consentire il compiuto esercizio del contraddittorio scritto di cui all’art. 73 c.p.a., impedito dalla sospensione dei termini nel periodo tra l’8 marzo e il 15 aprile 2020, senza invece accordare alla parte alcuna facoltà di chiedere un differimento al solo fine di poter discutere oralmente la causa.

Il che sarebbe diametralmente opposto – e quindi, in tal senso confermato a contrario – a quanto previsto dal previgente art. 3, comma 4, D.L. 11/2020 ormai abrogato, che stabiliva espressamente la facoltà di ciascuna parte di chiedere la discussione con apposita istanza da notificare a tutte le parti e da depositare almeno due giorni liberi prima della data fissata per la trattazione.

Non solo.

Tale interpretazione letterale del comma 5, dell’art. 84, si discosterebbe anche da quanto previsto dallo stesso articolo al comma 2, che con riferimento al periodo 06.04.2020 – 15.04.2020, prevede al contrario il passaggio in decisione solo su richiesta congiunta delle parti[3].

In tal senso, pertanto, la “nuova” disciplina imporrebbe alle parti un “contraddittorio cartolare coatto”, escludendo del tutto la possibilità di una discussione orale, sostituita dal passaggio in decisione delle cause esclusivamente sulla base degli atti, con l’unica eccezione della rimessione in termini per il deposito di memorie e repliche.

Opzione ermeneutica che sarebbe senz’altro conforme alla lettera della norma, ma che evidentemente comprimerebbe in larghissima misura le garanzie costituzionali ed euro-unitarie al diritto di difesa e al giusto processo.

Viene da sé il dubbio sulla legittimità e la razionalità di simili restrizioni, in un contesto senza dubbio emergenziale e straordinario ma fonte di un regime processuale estremamente derogatorio rispetto ai canoni ordinari.

3)       L’interpretazione del Consiglio di Stato nell’ordinanza in commento.

L’Ordinanza collegiale in commento è stata pronunciata dalla Sesta Sezione del Consiglio di Stato all’esito della prima camera di consiglio celebrata in data 16.04.2020, svoltasi in videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto dalla circolare n. 6305 del 13.03.2020 del segretario Generale della Giustizia Amministrativa.

In estrema sintesi, trattasi di un giudizio di appello concernente una sentenza del TAR Lazio, nell’ambito del quale, per quel che interessa in questa sede, l’appellante con istanza del 11.04.2020 aveva richiesto il rinvio dell’udienza (fissata appunto al 16.04.2020) al fine della discussione orale della causa, evidenziandone la particolare complessità e delicatezza. Si era tuttavia opposta parte appellata, sottolineando invece che la possibilità di discussione orale sarebbe stata esclusa dalla normativa emergenziale per il periodo successivo al 15.04.2020, con la conseguenza che la controversia dovesse passare in decisione esclusivamente sulla base degli atti.

Il ragionamento seguito dal Collegio parte dal tenore letterale dell’art. 84, comma 5, D.L. 18/2020 più volte richiamato, rilevando che in effetti, stando alla lettera, la norma “sembrerebbe autorizzare il giudice a disporre il rinvio della trattazione della causa solo per consentire il compiuto esercizio del contraddittorio scritto di cui all’art. 73 c.p.a. (impedito dalla sospensione dei termini predisposta dal 8 marzo 2020 e fino al 15 aprile 2020), senza accordare alla parte alcuna facoltà di chiedere un differimento al solo fine di potere discutere oralmente la causa”, anche in considerazione della “differente formulazione della primigenia configurazione del rito emergenziale, come tratteggiato dall’articolo 3, comma 4, del decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11, poi abrogato, il quale nello stabilire che «tutte le controversie fissate per la trattazione, sia in udienza camerale sia in udienza pubblica, passano in decisione sulla base degli atti», faceva comunque salva la possibilità per ognuna delle parti di chiedere «la discussione in udienza camerale o in udienza pubblica con apposita istanza da notificare alle altre parti costituite e da depositare almeno due giorni liberi prima della data fissata per la trattazione»”.

Tale interpretazione inoltre potrebbe essere in qualche modo supportata dal rilevo – di cui da atto il Collegio stesso – per cui è noto che il processo amministrativo, differentemente da quello penale, non è improntato al principio di oralità e del contraddittorio in senso forte, essendo quindi ammessa la possibilità che il giudice decida sulla base di un contraddittorio meramente scritto tra le parti, le quali possono anche decidere di non comparire nemmeno in udienza.

Se quanto appena sopra è vero, però, risulta altrettanto indiscutibile che il confronto meramente cartolare potrebbe comprimere in maniera eccessiva il diritto di difesa delle parti, laddove non sia frutto di una libera scelta difensiva bensì il risultato di una imposizione contro la volontà delle parti stesse.

Ad avviso del Collegio, infatti, “il contraddittorio cartolare «coatto» ‒ cioè non frutto di una libera opzione difensiva, bensì imposto anche contro la volontà delle parti che invece preferiscano differire la causa a data successiva al termine della fase emergenziale, pur di potersi confrontare direttamente con il proprio giudice ‒ non appare una soluzione ermeneutica compatibile con i canoni della interpretazione conforme a Costituzione, che il giudice comune ha sempre l’onere di esperire con riguardo alla disposizione di cui deve fare applicazione”.

In particolare, l’ordinanza in commento evidenzia che l’anzidetta interpretazione della norma contrasterebbe con i principi del giusto processo e dell’inviolabilità del diritto di difesa, di cui agli artt. 111 e 24 della Costituzione, nonché dell’art. 6, paragrafo 1, della CEDU.

Difatti, “il contraddittorio cartolare «coatto» costituirebbe una deviazione irragionevole rispetto allo “statuto” di rango costituzionale che si esprime nei principi del «giusto processo»” imposto dall’art. 11, comma 2, Cost., il cui rimando alla condizione di parità delle parti nel contraddittorio in giudizio non si risolve nella necessaria presenza nel procedimento di tutti i soggetti potenzialmente incisi dalla decisione, ma impone molto di più, ossia che deve essere garantita alle parti “la possibilità concreta di esporre puntualmente (e, ove lo ritengano, anche oralmente) le loro ragioni, rispondendo e contestando le quelle degli altri”.

Del pari, la possibilità di contraddittorio orale è garanzia imposta anche dal diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost., che “comprendendo oltre al diritto di accesso al giudizio, anche il diritto di ottenere dal giudice una tutela adeguata ed effettiva della situazione sostanziale azionata - non può che contenere anche la garanzia procedurale dell’interlocuzione diretta con il giudice”.

Da ultimo, il contraddittorio cartolare coatto sarebbe contrario anche all’art. 6, paragrafo 1, CEDU.

Un’interpretazione convenzionalmente orientata – imposta dal rango interposto delle norme della CEDU -   non può non tenere conto del principio della pubblicità dell’udienza sancito dal citato art. 6, che può essere derogato solo ove imposto da particolari circostanze sella causa (quali ad esempio il carattere altamente tecnico del contenzioso), o comunque di particolari ragioni giustificative, purché “obiettive e razionali”.  Al riguardo, però, precisa il Consiglio di Stato che “l’imposizione dell’assenza forzata, non solo del pubblico, ma anche dei difensori, finirebbe per connotare il rito emergenziale in termini di giustizia “segreta”, refrattaria ad ogni forma di controllo pubblico”, il che evidentemente sarebbe contrario ai principi costituzionali e euro-unitari sopra richiamati, di cui si deve in ogni caso fare applicazione.

Per tali ragioni, il Collegio ha affermato che “l’art. 84, comma 5, del decreto legge n. 18 del 2020, va interpretato nel senso che: ciascuna delle parti ha facoltà di chiedere il differimento dell’udienza a data successiva al termine della fase emergenziale allo scopo di potere discutere oralmente la controversia, quando il Collegio ritenga che dal differimento richiesto da una parte non sia compromesso il diritto della controparte ad una ragionevole durata del processo e quando la causa non sia di tale semplicità da non richiedere alcuna discussione potendosi pur sempre, nel rito cartolare, con la necessaria prudenza, far prevalere esigenze manifeste di economia processuale (e ciò in particolare nella fase cautelare, mentre la pretermissione della discussione nel giudizio di merito va valutata anche alla luce di potenziali effetti irreversibili sul diritto di difesa che andrebbero per quanto possibile evitati, stante la necessaria temporaneità e proporzionalità delle misure processuali semplificate legate alla situazione pandemica “acuta”)”.

È evidente dunque che, soprattutto in un contesto emergenziale come quello attuale, occorre contemperare le diverse (e spesso, opposte) esigenze in gioco, ma un’interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata della norma in esame impone che sia garantita alle parti la possibilità di chiedere un rinvio per la discussione orale della causa, previa valutazione caso per caso da parte del Collegio della possibilità di concedere il rinvio alla luce del principio della ragionevole durata del processo, anche in base alle circostanze concrete e alla difficoltà della controversia.

Per quel che concerne il caso di specie, il Collegio ha ritenuto adeguato un rinvio non superiore all’anno in corso, tenuto conto della durata del rito cartolare fino a fine giugno, della sospensione feriale dei termini e del carico delle udienze già aggravato dall’emergenza pandemica da COVID-19.

 

NOTE:

[1] Al riguardo, i chiarimenti prot. 1454 del 19.03.2020 resi da parte del Presidente del Consiglio di Stato, F. Patroni Griffi, in giustizia-ammnistrativa.it

[2] In particolare, l’art. 36, comma 3, D.L. 08.04.2020, n. 23, stabilisce che “nei giudizi disciplinati dal codice del processo amministrativo sono ulteriormente sospesi, dal 16 aprile al 3 maggio 2020 inclusi, esclusivamente i termini per la notificazione dei ricorsi, fermo restando quanto previsto dall'articolo 54, comma 3, dello stesso codice”.

[3] Sul punto, P. D’Angiolillo, Prime osservazioni sulle misure derogatorie definite dall’art. 84 del decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18 (c.d. “Cura Italia”) in tema di processo amministrativo “condizionato” dall’emergenza “Covid-19”, in diritto.it, 2020, che sottolinea il diverso significato delle “brevi note” ascritte alla facoltà delle parti a seconda che si verta nel “periodo dal 6 al 15 aprile 2020, nel quale tali scritti difensivi possono essere proposti soltanto nell’ipotesi in cui le stesse parti intendano chiedere concordemente che la causa già fissata sia spedita in decisione” ovvero nel successivo “periodo intercorrente tra il 15 aprile ed il 30 giugno 2020, nel quale i medesimi atti defensionali possono essere depositati per tutti i giudizi da celebrarsi in tale arco di tempo, i quali dovranno essere definiti a prescindere da qualsivoglia impulso delle parti, salva la facoltà delle medesime di chiedere la rimessione in termini”.