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Anno XVI - n. 10 - Ottobre 2024

  Giurisprudenza Amministrativa



L’esclusione del concorrente per inadempienze relative ad un precedente contratto.

Di Emanuela Porcelli
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Nota a sentenza Consiglio di Stato n. 6908 dell’1 agosto 2024- sezione quinta

L’esclusione del concorrente per inadempienze relative ad un precedente contratto

 

Di Emanuela Porcelli

 

Abstract

I presupposti su cui la pubblica amministrazione deve fondare la propria decisione di escludere un operatore economico ai sensi dell’articolo 80 comma 5 lettera c ter, dlgs 50/16, sono il tempo trascorso dall’inadempimento e la gravità del medesimo inadempimento. Il pregresso errore professionale e le connesse circostanze di fatto devono essere valutate in termini di pertinenza e rilevanza rispetto all’oggetto e all’entità della gara in corso.

 

The legal requirements that the public administration must be decided to rule out the operator- economic to article 80 comma 5 lett c ter dlgs 50/16, are the time tah has passed since the non compliance and  the seriousness of this. The past professional error and the circumstances must be valuted with relevance and respect to the object and extent of the progress tender. 

 

Sommario: 1. L’esclusione del concorrente; 2. la questione sottoposta al Consiglio di Stato.

 

  1. L’esclusione del concorrente.

 

Le procedure di gara sono basate sui principi di economicità, efficacia, libera concorrenza, correttezza, trasparenza, non discriminazione, proporzionalità e pubblicità. Possono essere aperte, ristrette o negoziate. Il Legislatore si è occupato di stabilire in modo specifico e chiaro i requisiti necessari di partecipazione alle gare. Nel codice del 2006 vi erano norme sparse, ma oggi è tutto incorporato in unico testo ossia nel cd. “Codice degli Appalti”.  In particolare, l’articolo 80 Codice Appalti enuncia i requisiti soggettivi richiesti ai fini partecipativi, mentre l’articolo 83 (codice degli appalti) va ad individuare i presupposti necessari per partecipare alla gara che sono: idoneità professionale, capacità economico- finanziaria e capacità tecnica- professionale.

L’articolo 80 Codice degli Appalti possiamo affermare che fissa, dunque, la disciplina generale mediante individuazione della fattispecie di partecipazione (quid iuris), prevedendo la dichiarazione del partecipante di possedere tutti i requisiti richiesti. A tal proposito, la dottrina si è interrogata sulle conseguenze delle dichiarazioni mendaci del partecipante. Parte di essa ritiene che la dichiarazione non corrispondente al vero sia grave e pertanto ne comporti l’esclusione dello stesso; altra dottrina ritiene, invece, che vi sia l’esclusione solo del soggetto che abbia avuto un vantaggio diretto o indiretto.

Anche all’interno dell’Unione Europea sorge un particolare interesse circa i requisiti necessari di partecipazione. La prima direttiva è la n. 2044/18 che all’articolo 45 si occupa dei cd. “settori classici” ed enuncia le situazioni personali e le condizioni ostative alla partecipazione di gara.

Nel nostro ordinamento, con la L. 163/06 il Legislatore ha introdotto delle cause obbligatorie di esclusione (fra le tante: violazione obblighi sicurezza sul posto di lavoro) chiarendo quale siano i reati ostativi e varcando in tre direzioni: catalogo ostativi secondo la direttiva già citata; ulteriori ipotesi delittuose e prevedendo infine una clausola di chiusura di esclusione per reati gravi nei confronti dello stato e l’Unione Europea incidenti sulla situazione soggettiva, lasciando potere di verifica alle stazioni appaltanti.

Successivamente, con l’articolo 80 Codice degli appalti vengono ampliate le cause di esclusione. Vi sono fattispecie delittuose analitiche, con la previsione di reati ostativi europei e nazionali. Analizzando la novella dell’articolo 80 comma 1 Codice degli Appalti emerge subito la rassegna dei reati ostativi, nel comma 2 le cause antimafia ostative cioè di tutte quelle condotte anti- doverose in cui prevale l’antimafia, nel comma 3 si sancisce la verifica della sussistenza delle ragioni ostative, nel comma 4 le violazioni definitive accertate per tasse e contributi, nel comma 5 vi abbiamo un contenuto residuale con cause di esclusione amministrative, nel comma 6 il regime temporale del possesso dei requisiti che vanno posseduti sia prima che durante l’esecuzione, nei commi 7,8 e 9 abbiamo i presupposti delle misure self-cleaning cioè misure di recesso attivo e di allontanamento per il soggetto che ha avuto condotte anti- doverose, commi 10,11, 12, 13 e 14 enunciano le norme relative ai sequestri, al casellario Anac (per cui si prevede che in caso di dichiarazioni mendaci non solo esclusione, ma anche segnalazione nel casellario ANAC) e al subappalto.

Il Decreto Semplificazioni ha introdotto qualche novità. Il comma 5 del suddetto articolo 80 Codice Appalti individua le condotte anti- doverose prive di rilevanza penale a cui segue però l’esclusione del concorrente e cioè: gravi illeciti professionali, concorrente che influenza indebitamente l’impresa, concordato preventivo, operatore economico che nel precedente contratto ha carenza, gravi inadempimenti nei confronti dei subappaltatori, conflitto di interesse ex art. 43, distorsione concorrenza, misure interdittive, dichiarazioni non veritiere, documentazione falsa, iscrizione nel registro Anac, violazione intestazione fiduciaria, certificazione art. 17 L. 67/19 (assunzioni per le categorie protette), operatore economico vittima di reato se non denuncia.

Se la falsità delle dichiarazioni è palese, allora l’esclusione è automatica. Qualora si tratti di dichiarazioni effettuate mediante omissioni su determinati requisiti allora vi sono delle criticità. Il Consiglio di Stato, a tal proposito, è intervenuto differenziando gli obblighi strumentali e non strumentali. Si tratta di stabilire se da un lato l’articolo 80 comma 5 (esclusione anche per negligenza circa informazioni non veritiere) e la lettera f bis del medesimo articolo che sancisce l’esclusione per chi presenta documentazione o fa dichiarazioni non veritiere.  Gli obblighi succitati hanno carattere strumentale rispetto alla competenza che invece deve essere verificata dalla PA. Dunque, la falsità dell’operatore economico è riconducibile alla lettera c; mentre la lettera f bis comma 5 ha carattere residuale (v. Ad. Plen. 16/20).

In ogni caso, l’articolo 80 del Codice degli Appalti disciplina i motivi di esclusione per ragioni morali, attraverso l’elencazione di una serie di reati che determinano l’incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione. I reati devono essere accertati con sentenza definitiva o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile o con sentenza di applicazione della pena su richiesta. Ed infatti, lo scopo della dichiarazione che ogni concorrente deve obbligatoriamente effettuare circa l’esistenza di elementi negativi a suo carico è quello di consentire all’Amministrazione l’espletamento delle verifiche necessarie all’adozione del provvedimento ex art. 80 c. 5 lett. c del D.lgs.  50/16. Sussiste un vero e proprio obbligo di legge nel comunicare qualunque elemento idoneo anche astrattamente a determinare l’esclusione di un candidato, a nulla rilevando l’eventuale lacuna sul punto del bando di gara o l’ambigua formulazione del modello di dichiarazione ad esso allegato, in virtù del principio di eterointegrazione della lex specialis (sent. n. 575/18 Tar Emilia Romagna). E’ bene sottolineare che l’esclusione è solo in alcuni casi automatica, nelle altre ipotesi spetta alla stazione appaltante valutare la portata dell’infrazione, della violazione o della situazione in generale ai sensi dell’articolo 80. E’ certo che la comprovata sussistenza di un motivo di esclusione determina di per sé l’esclusione dell’impresa concorrente in qualunque fase della gara. In ogni caso, l’esclusione può essere disposta solo in applicazione di una causa specifica individuata già ex lege.

Fra le diverse questioni controverse circa l’applicazione delle cause di esclusione di notevole interesse vi è la possibilità di estromettere dalla procedura di gara l’impresa avverso cui sia stata disposta la risoluzione per inadempimento di un precedente rapporto contrattuale. Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla gara l’operatore economico che si sia reso colpevole di illeciti professionali tale da rendere dubbia la sua integrità e affidabilità. Tra questi, ovviamente, rientrano le carenze d’esecuzione di un precedente contratto che ne abbiano comportato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio (v. art. 80 comma 5, lett. c). Questa carenze sono accertabili dalla stazione appaltante senza che siano legati necessariamente alla negligenza o malafede, come avveniva in passato.

Ciò posto, la giurisprudenza è divisa. Da un lato, vi è chi ritiene che sia illegittima l’esclusione da una gara di appalto disposta ai sensi dell’art 80 comma 5, lett. c del dlgs n. 50/16 motivata con esclusivo riferimento ad asserite carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che ne hanno causato la risoluzione anticipata contestata in giudizio; invero, la predetta situazione di risoluzione anticipata in quanto contestata in giudizio senza che ne sia intervenuta conferma all’esito del giudizio, non può ritenersi idonea a giustificare l’esclusione (v. sentenza Tar Lazio, Latina, sentenza n. 122/18). Dall’altro, vi è una giurisprudenza di diverso avviso che stabiliscono che anche in presenza di una risoluzione per inadempimento che si trovi sub iudice alla stazione appaltante non è precluso applicare ugualmente la causa di esclusione ex art. 80 comma 5 lett. c., valorizzando la clausola di chiusura della norma sulla possibilità di dimostrare con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali tali da rendere indubbia la sua integrità o affidabilità. Tuttavia, occorre che la stazione appaltante dimostri con elementi probatori e motivi adeguatamente l’effettività, gravità e inescusabilità degli inadempimenti dell’impresa. (v. sentenza n. 252/18 Cons. gius. Amm. Sic). Successivamente, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea il 19 giugno 2019 nella causa C-41/18 ha stabilito che l’articolo 57 paragrafo 4 lettera c e g della direttiva 2014/24/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale in forza della quale la contestazione in giudizio della decisione di risolvere un contratto di appalto pubblico, assunta da un’amministrazione aggiudicatrice per via di significate carenze verificatesi nella sua esecuzione, impedisce all’amministrazione aggiudicatrice che indice una nuova gara d’appalto di effettuare una qualsiasi valutazione nella fase della selezione degli offerenti sull’affidabilità dell’operatore cui la suddetta risoluzione si riferisce.

Il provvedimento di risoluzione per inadempimento di obbligazioni derivanti da precedente contratto di appalto, anche se non definitivo, perché impugnato o perché siano pendenti ancora i termini per l’impugnazione dinanzi all’Autorità Giudiziaria, consente di giudicare inaffidabile e quindi escludere l’operatore economico per aver commesso gravi illeciti professionali; qualora tali comportamenti integrino violazioni delle norme a tutela della sicurezza dei lavoratori e dell’ambiente. Quanto al sindacato del Giudice Amministrativo, a questi spetta verificare unicamente se le gravi infrazioni siano debitamente accertate negli atti addotti dalla stazione appaltante come mezzi di prova adeguati ovvero se sia riscontrabile in essi la plausibile affermazione di responsabilità a carico dell’impresa per fatti specificamente individuati. Si tratta per gli atti delle procedure evidenziali contenenti una valutazione discrezionale dell’amministrazione procedente di un sindacato di tipo estrinseco e fondato sulla verifica dell’apparato motivazionale che sorregge la decisione giudiziale. Si deve necessariamente preservare non solo il merito della decisione ma anche la competenza dell’autorità giudiziaria innanzi alla quale gli stessi siano impugnati.

La disciplina delle cause di esclusione dalle gare pubbliche contenuta nel nuovo Codice (d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36), pur ponendosi in sostanziale continuità con la normativa vigente (d.lgs. n. 50/2016), presenta alcuni elementi di novità. L’art. 94 del nuovo Codice, rubricato “cause di esclusione automatica”, disciplina le cause di esclusione tali da comportare l’esclusione diretta del concorrente dalla gara, mentre le cause di esclusione non automatica (elencate al successivo art. 95) sono soggette a valutazione da parte della stazione appaltante e a contraddittorio con l’operatore economico. L’art. 94 corrisponde, nei contenuti, all’art. 80, comma 1 del vecchio Codice, ma riprende la definizione di causa di esclusione “automatica” invalsa nella giurisprudenza della CGUE, adottata in riferimento a tutti quei casi in cui il divieto di partecipazione e/o l’esclusione dalla procedura di gara operano ex lege, ossia derivano direttamente da una fonte normativa. Come riportato nella Relazione allo schema di decreto legislativo del nuovo Codice, in presenza di una delle cause di esclusione in oggetto non v’è spazio per alcun margine valutativo della stazione appaltante e i soggetti che ne sono coinvolti sono soggetti destinatari di provvedimenti preclusivi idonei a determinare, per contagio, l’esclusione dell’operatore economico. L’art. 96 del nuovo Codice, fungendo da cornice all’istituto dei requisiti di ordine generale, contiene la disciplina procedimentale generale comune a tutte le fattispecie che conducono alla esclusione dell’operatore economico nonché quella relativa all’istituto del self-cleaning.  L’art. 96  del nuovo Codice prevede una versione “allargata” (alla fase di gara) dell’istituto, consentendo all’operatore economico ove le cause di esclusione si siano verificate prima della scadenza del termine di presentazione delle offerte, di comprovare di avere adottato le misure di self-cleaning ovvero comprovare l’impossibilità di adottare dette misure prima della presentazione dell’offerta e successivamente ottemperare; ove le cause di esclusione si siano verificate successivamente alla presentazione dell’offerta, di adottare e comunicare alla stazione appaltante le suddette misure. L’elemento di novità è, inoltre, da ravvisarsi nella individuazione ex lege del momento da cui decorre il termine triennale per le fattispecie costituenti ipotesi di illecito professionale, fissandolo alla data del provvedimento. Il nuovo Codice, dunque, facendo proprio l’orientamento del Consiglio di Stato più recente e, ancor prima, quello del giudice europeo, rigetta una volta per tutte la tesi la tesi della inapplicabilità delle misure di self-cleaning alle gare in corso, di origine pretoria, in quanto non prevista né nella direttiva appalti, e neppure nel vecchio codice dei contratti, tesi che precluderebbe alle stazioni appaltanti di valutare il contenuto e l’idoneità delle misure di ravvedimento operoso assunte dagli operatori partecipanti ad una gara, al fine di eliminare qualsiasi dubbio sulla propria affidabilità, ingenerato da vicende penali pregresse, verificatesi tra la data di presentazione dell’offerta e quella di aggiudicazione. Per quanto riguarda l’esclusione, sebbene i fatti posti a base dei provvedimenti impugnati potessero astrattamente rilevare ai fini dell’applicazione dell’ipotesi escludente prevista dall’art. 80, comma 5, lett. c del d.lgs. n. 50/2016, l’esclusione di un operatore economico dalla gara può essere disposta solo all’esito del procedimento in contradditorio con l’operatore economico interessato previsto dall’art. 57, paragrafo 6, della dir. 2014/24/UE; e tanto in conseguenza di un’interpretazione dell’art. 80, comma 5, lett. c alla luce della disciplina contemplata dalla citata normativa comunitaria, come peraltro testualmente stabilito nelle Linee Guida ANAC n. 6; detto procedimento connota il giudizio discrezionale della stazione appaltante sull’affidabilità dell’operatore economico concorrente, svincolandolo dall’automatismo espulsivo in presenza di un illecito professionale più o meno qualificato; l’Amministrazione è chiamata ad esprimersi sui fatti che hanno dato luogo all’illecito valorizzato e a valutare in modo espresso, fra l’altro: la sua gravità in astratto e in concreto, anche in relazione al tempo trascorso dai relativi fatti; la sua idoneità ad incrinare l’affidabilità e l’integrità del concorrente; ove quest’ultimo alleghi l’avvenuta adozione di misure di self- cleaning, la loro idoneità ad evitare il provvedimento espulsivo; la motivazione della determinazione finale adottata deve recare congrua traccia dell’iter valutativo compiuto dall’Amministrazione sui predetti aspetti. La competenza è del RUP nell’adozione dei provvedimenti di esclusione e trova piena corrispondenza nel particolare ruolo attribuito a tale figura, nel contesto della gara, e alle funzioni di garanzia e controllo che allo stesso sono intestate, anche in ragione dei tempi e delle modalità della sua preposizione, che è sempre anteposta all’avvio della procedura di affidamento, così da collocarlo in una posizione di originaria terzietà e separazione nel corso dell’intero ciclo dell’appalto.

Il nuovo Codice degli Appalti prevede che le stazioni appaltanti possono risolvere un contratto pubblico durante il periodo di sua efficacia, se una o più delle seguenti condizioni sono soddisfatte: il contratto ha subito una modifica sostanziale che avrebbe richiesto una nuova procedura di appalto ai sensi dell’articolo 106; con riferimento alle modificazioni di cui all’articolo 106, comma 1, lettere b) e c) sono state superate le soglie di cui al comma 7 del predetto articolo; con riferimento alle modificazioni di cui all’articolo 106, comma 1, lettera e) del predetto articolo, sono state superate eventuali soglie stabilite dalle amministrazioni aggiudicatrici o dagli enti aggiudicatori; con riferimento alle modificazioni di cui all’articolo 106, comma 2, sono state superate le soglie di cui al medesimo comma 2, lettere a) e b); l’aggiudicatario si è trovato, al momento dell’aggiudicazione dell’appalto in una delle situazioni di cui all’articolo 80, comma 1, sia per quanto riguarda i settori ordinari sia per quanto riguarda le concessioni e avrebbe dovuto pertanto essere escluso dalla procedura di appalto o di aggiudicazione della concessione, ovvero ancora per quanto riguarda i settori speciali avrebbe dovuto essere escluso a norma dell’articolo 136, comma 1; l’appalto non avrebbe dovuto essere aggiudicato in considerazione di una grave violazione degli obblighi derivanti dai trattati, come riconosciuto dalla Corte di giustizia dell’Unione europea in un procedimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE.  

Le stazioni appaltanti devono risolvere un contratto pubblico durante il periodo di efficacia dello stesso qualora nei confronti dell’appaltatore sia intervenuta la decadenza dell’attestazione di qualificazione per aver prodotto falsa documentazione o dichiarazioni mendaci; nei confronti dell’appaltatore sia intervenuto un provvedimento definitivo che dispone l’applicazione di una o più misure di prevenzione di cui al codice delle leggi antimafia e delle relative misure di prevenzione, ovvero sia intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato per i reati di cui all’articolo 80.

Il direttore dei lavori o il responsabile dell’esecuzione del contratto, se nominato, quando accerta un grave inadempimento alle obbligazioni contrattuali da parte dell’appaltatore, tale da comprometterne la buona riuscita delle prestazioni, invia al responsabile del procedimento una relazione particolareggiata, corredata dei documenti necessari, indicando la stima dei lavori eseguiti regolarmente, il cui importo può essere riconosciuto all’appaltatore. Egli formula, altresì, la contestazione degli addebiti all’appaltatore, assegnando un termine non inferiore a quindici giorni per la presentazione delle proprie controdeduzioni al responsabile del procedimento. Acquisite e valutate negativamente le predette controdeduzioni, ovvero scaduto il termine senza che l’appaltatore abbia risposto, la stazione appaltante su proposta del responsabile del procedimento dichiara risolto il contratto. Qualora, al di fuori di quanto previsto al comma 3, l’esecuzione delle prestazioni ritardi per negligenza dell’appaltatore rispetto alle previsioni del contratto, il direttore dei lavori o il responsabile unico dell’esecuzione del contratto, se nominato gli assegna un termine, che, salvo i casi d’urgenza, non può essere inferiore a dieci giorni, entro i quali l’appaltatore deve eseguire le prestazioni. Scaduto il termine assegnato, e redatto processo verbale in contraddittorio con l’appaltatore, qualora l’inadempimento permanga, la stazione appaltante risolve il contratto, fermo restando il pagamento delle penali. Pertanto, nel caso di risoluzione del contratto l’appaltatore ha diritto soltanto al pagamento delle prestazioni relative ai lavori, servizi o forniture regolarmente eseguiti, decurtato degli oneri aggiuntivi derivanti dallo scioglimento del contratto.

 

  1. La questione sottoposta al Consiglio di Stato

 

Di recente, il Consiglio di Stato è intervenuto poiché sollecitato da parte di un privato che proponeva appello avverso la sentenza del Tar della Liguria, contro il Comune di Genova e il Ministero della Cultura e nei confronti di una ulteriore società partecipante.

Il ricorrente impugnava la sentenza di primo grado poiché aveva respinto il suo ricorso avverso la esclusione della società odierna appellante, attiva nel settore del recupero architettonico di edifici per l’ammodernamento e la riduzione dei consumi energetici. Nella gara l’appellante risultava prima graduata ma è stata poi esclusa dal Comune, il quale ha ritenuto insussistente in relazione allo specifico appalto il necessario rapporto fiduciario con la ditta. Il Comune esprimeva il timore che quest’ultima, in caso di aggiudicazione, non avrebbe rispettato la tempistica correlata alla fruizione dei finanziamenti del PNRR in virtù di quanto accaduto in precedente appalto analogo.

L’esclusione veniva disposta ai sensi dell’articolo 80 comma 5 lettera c ter del dlgs 50/16 che sancisce l’esclusione per l’operatore economico, facendo riferimento anche al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa, che abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno.

La vicenda muove dalla risoluzione ex articolo 108 comma 3 dlgs 50/16 disposta dal Comune in danno della odierna appellante del contratto di appalto concernente la progettazione esecutiva e i lavori di un immobile sito in Genova, vicenda che è oggetto di contenzioso pendente dinanzi al Tribunale civile di Genova. In particolare, la risoluzione era stata disposta per gravi inadempimenti e per il ritardo accumulato nella realizzazione dell’opera da parte del RTI affidatario da parte del Comune di Genova.

La società appellante chiedeva la riforma della sentenza di primo grado poiché precedentemente avrebbe rispettato tempi e adempimenti contrattuali per cui si era impegnata, piuttosto era stata l’Amministrazione Comunale ad avere svolto con notevole ritardo quanto pattiziamente convenuto; non vi sarebbe stato instaurato da parte dell’Amministrazione Comunale alcun contraddittorio procedimentale in vista della disposta esclusione dalla gara; per cui la sentenza di primo grado risultava illogica e contraddittoria e vi si riproponeva pertanto la riproposizione della domanda risarcitoria non scrutinata nel giudizio di primo grado. Si costituivano in giudizio il Comune e il Ministero della Cultura chiedendo il rigetto del gravame.

Parte appellante chiedeva la sospensione del processo ai sensi dell’articolo 295 c.p.c., stante la pendenza del giudizio civile sulla risoluzione per inadempimento già contestata.

La società esclusa evidenziava l’ingiustizia e illegittimità della risoluzione a monte che sarebbe imputabile a condotte dello stesso Comune ed in particolare per la mancata richiesta di talune autorizzazioni ai Vigili del Fuoco e per carenze progettuali della stessa progettazione esecutiva redatta dal Comune.

La difesa rammenta che dopo l’entrata in vigore del decreto legge n. 135/18 ai fini della esclusione dalla gara di un operatore economico non è più richiesto che la risoluzione contrattuale per inadempimento, eventualmente disposta in occasione di pregresse commesse, abbia raggiunto il carattere della definitività. Anche la Corte di Giustizia UE, ha escluso che un siffatto potere discrezionale di esclusione possa essere paralizzato dalla mera proposizione di un ricorso da parte di un concorrente avverso la risoluzione contrattuale da quest’ultimo subita in relazione ad un precedente contratto pubblico. (vedi sentenza causa C-41/18 del 19/06/2019).

Infatti, i presupposti su cui la PA deve adesso fondare ila propria decisione di escludere un concorrente ai sensi dell’articolo 80 comma 5 lettera c ter sono il “tempo trascorso” dall’inadempimento e la “gravità” del medesimo inadempimento. Dunque, il pregresso errore professionale e le connesse circostanze di fatto debbono essere valutate in termini di pertinenza e di rilevanza rispetto all’oggetto e all’entità della gara in corso da cui si dovrebbe disporre l’esclusione dell’operatore attinto da risoluzione contrattuale. (cfr. Cons. Stato sentenza n. 7730/20). Tale potere discrezionale è suscettivo di sindacato giurisdizionale sotto il profilo della manifesta illogicità e della palese erroneità. Il giudizio della stazione appaltante deve in ogni caso basarsi sulla documentata presenza di pregressi omissioni, mancanze o scorrettezze nell’adempimento dei doveri nascenti dagli impegni professionali assunti, le quali possono portare a qualificare l’operatore economico come non affidabile per onorare ulteriori contratti pubblici. Il giudice amministrativo deve accertare non già la sussistenza dell’illecito contrattuale, ma la ragionevolezza, la proporzionalità e non pretestuosità dell’esclusione della gara disposta dall’Amministrazione con finalità precauzionale. Pertanto, trattandosi anche di appalto PNRR che prevede procedure stringenti e tempestive si tratta di un giudizio di complessiva inaffidabilità.

Gli atti adottati dalla stazione appaltante si rivelano dunque congrui in relazione alla giurisprudenza secondo cui è da ritenere sufficiente, in tali ipotesi, “la documentata presenza di pregresse omissioni, mancanze o scorrettezze” (crf. Cons.Stato Sent. n. 2922/21). La decisione di esclusione si rivela ragionevole e proporzionale dal momento che la commessa in questione è del tutto analoga a quella oggetto di risoluzione per inadempimento contrattuale, i problemi maggiormente evidenziati nella predetta risoluzione (cioè mancata tempestiva cantierizzazione) comporterebbero conseguenze ancor più gravi nella commessa in questione ove la tempistica trattandosi di appalto PNRR assume un ruolo decisivo, il tempo trascorso tra la precedente risoluzione (febbraio 2022) e la presente esclusione (dicembre 2022) è piuttosto breve tale da far presumere la persistenza di simili problematiche organizzative in seno alla appellante società.

L’Amministrazione Comunale non avrebbe potuto adottare una determinazione di segno diverso, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 21 octies comma 2 legge 241/90 e pertanto non vi è alcuna violazione del contraddittorio procedimentale anche in virtù della pregressa risoluzione che aveva già formato oggetto di specifico gravame dinanzi al giudice ordinario.

Il provvedimento impugnato, nel fare ampio riferimento ad un atto di risoluzione adottato non molto tempo addietro, evidenziava in estrema sintesi che la commessa in questione è del tutto analoga a quella oggetto di risoluzione per inadempimento contrattuale, i problemi maggiormente evidenziati nella predetta risoluzione comporterebbero conseguenze ancora più gravi nella commessa in questione ove la tempistica, trattandosi di appalto PNRR, assume un ruolo pressochè decisivo.

Il Collegio, osserva come la circostanza che la stazione appaltante dovesse essere a conoscenza di tale pregressa risoluzione sin dall’avvio della procedura di gara non costituisce ragione valida per continuare a trascurare una simile circostanza.  L’atto con cui si prende nota di una simile risoluzione per poi decidere di escludere l’odierna appellante risale soltanto al dicembre 2022. Neppure l’accordo quadro triennale per interventi di restauro e manutenzione di beni culturali ed ambientali di civica proprietà può trovare ingresso, poiché il contratto stipulato non era finanziato con fondi PNRR.

Anche la riproposizione della domanda risarcitoria non scrutinata nel giudizio di primo grado è inammissibile stante l’infondatezza nel merito dell’istanza annullatoria e dunque l’impossibilità di dimostrare il diritto all’anelato bene della vita.

Alla luce di tutto quanto detto sopra, l’appello veniva rigettato.

Nel caso che ci occupa, il Consiglio di Stato ribadisce che ai fini dell’esclusione della gara di un operatore economico non è più richiesto che la risoluzione contrattuale per inadempimento eventualmente disposta a suo carico in occasione di pregresse commesse abbia raggiunto il carattere della definitività; ritenendo superata la questione dell’eventuale impugnazione del provvedimento di risoluzione contrattuale quale ragione ostativa dell’esclusione. Infatti, la stazione appaltante esercita un potere ampiamente discrezionale che è suscettivo di sindacato sotto il profilo della illogicità e palese erroneità e che si basa sul “tempo trascorso” dall’inadempimento nonché sulla “gravità” dello stesso considerando che il pregresso errore professionale e le connesse circostanze di fatto devono essere valutate in termini di pertinenza e rilevanza rispetto all’oggetto e all’entità della gara in corso.