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Anno XVI - n. 03 - Marzo 2024

  Giurisprudenza Amministrativa



L'elasticità dell'autonomo procedimento disciplinare di Stato.

Di Remo Giovanelli
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NOTA A TAR LAZIO - LATINA, SEZIONE PRIMA,

SENTENZA 31 dicembre 2019, n. 757

L'elasticità dell'autonomo procedimento disciplinare di Stato

Di REMO GIOVANELLI

 

 

SOMMARIO: 1. Introduzione – 2. Fatto – 3. I motivi di ricorso dedotti. - 4. L'apparato motivazionale del Tar di Latina. - 4.1. L'abbandono della pregiudiziale penale in relazione al caso concreto. - 4.1.1. Dalla logica giustiziale alla logica probabilistica. - 4.2. Gli ulteriori motivi di ricorso e la loro trattazione. -  5. Conclusioni.

 

  1. Introduzione

Il D.Lgs. 91 del 2016 ha sancito l'abbandono della pregiudiziale penale in materia disciplinare militare, mediante la riformulazione dell'art. 1393 D.Lgs. 66/2010, che da facoltà all'Amministrazione di sospendere il procedimento disciplinare solo nei casi di “particolare complessità”.

In altre parole, prima della novella del 2016, il militare che restava conivolto in un procedimento penale non poteva essere sanzionato disciplinarmente fino all'esito del giudizio penale.

Detto diversamente, l'azione disciplinare non poteva essere esercitata fino a che non fosse sopravvenuto il giudicato penale, regolato dall'art. 653 c.p.p[1].

Ciò posto, il caso che si andrà a commentare fornisce l'occasione per mostrare l'evoluzione del procedimento disciplinare di stato, ora che è stata affermata la sua autonomia dal procedimento penale.  

  1. Fatto

Il sig. Tizio impugnava la determinazione con cui il proprio Comandante Interregionale gli comminava “la sanzione disciplinare di stato della perdita del grado per rimozione, ai sensi dell’art. 1357, comma 1, lett. d), d.lgs. 15 marzo 2010 n. 66, in relazione a fatti oggetto anche di procedimento penale per concorso nei reati continuati puniti dagli artt. 319[2], 321[3] e 326, comma 3[4], cod. pen., non ancora definito nel merito[5].

Il ricorrente, fino all'emanazione di tale provvedimento prestava servizio come Sottufficiale della Guardia di Finanza.

Peraltro, secondo la ricostruzione dell'Autorità Giudiziaria procedente lo stesso “in concorso con altri militari, avrebbe ricevuto da un imprenditore locale, che agiva per conto di altri soggetti, somme di denaro periodiche e regalie (orologi, generi alimentari, confezioni di vino) per “asservire stabilmente la propria attività funzionale agli interessi personali dei suddetti privati”, rivelando notizie riservate d’ufficio sull’andamento di verifiche fiscali, nonché sull’esistenza di indagini e procedimenti penali[6].

A seguito di tali contestazioni inoltre, veniva emessa dal G.I.P competente un'ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico dello stesso.

Tale misura afflittiva veniva poi mitigata mediante la sostituzione con gli arresti domiciliari.

Data la situazione, il Comandante Provinciale di Tizio adottava a suo carico  “il provvedimento della sospensione cautelare obbligatoria dal servizio, ai sensi dell’art. 915, comma 1, lett. b), d.lgs. 15 marzo 2010 n. 66. Il Comandante interregionale ..., quindi, ... ha confermato la sospensione cautelare dal servizio del ricorrente, nell’esercizio del potere discrezionale previsto dall’art. 916, d.lgs. n. 66 del 2010[7]”.

Inoltre, ill G.I.P disponeva “il giudizio immediato ex artt. 453-458 cod. proc. pen., stante l’evidenza della prova esistente contra reum[8]”.

Quindi, su disposizione del Comandante Regionale del prevenuto veniva attivata un'inchiesta formale, con contestuale nomina di un Ufficiale Inquirente responsabile dell'istruttoria, poiché i comportamenti sopra narrati sono stati considerati come “una gravissima violazione dei doveri di correttezza e lealtà assunti col giuramento prestato, connessi alle funzioni rivestite per il grado posseduto[9]”.

Ciò posto, l'Ufficiale Inquirente effettuava la contestazione degli addebiti a carico di Tizio per le stesse vicende oggetto di valutazione penale, e lo esortava a nominare un militare difensore affinchè lo assistesse nell'ambito del suddetto procedimento disciplinare.

Poi, il ricorrente presentava le proprie memorie e, richiedeva la sospensione del procedimento disciplinare sino all'esito del processo penale ex art. 1393 D.Lgs. 66/2010 (d'ora in avanti COM).

Di conseguenza, l'Inquirente trasmetteva all'Autorità che ha disposto l'inchiesta la propria relazione finale, che raccoglieva le risultanze della suddetta istruttoria.

Tuttavia, il Comandante Regionale rigettava le richieste poste in essere da Tizio, designava e convocava la Commissione di Disciplina, al fine di verificare se Tizio fosse meritevole di conservare il grado rivestito.

Durante la seduta di tale Commissione, a cui “ha attivamente partecipato anche il militare incolpato, che ha argomentato la propria versione dei fatti sia oralmente sia mediante deposito di memorie e documenti, ha concluso i propri lavori esprimendo parere negativo rispetto alla conservazione del grado da parte dell’inquisito[10].

Pertanto, considerato il parere reso dalla Commissione di Disciplina, il suddetto Comandante Interregionale comminava a Tizio “la sanzione disciplinare di stato della perdita del grado per rimozione ... con susseguente iscrizione d’ufficio nel ruolo dei militari di truppa dell’Esercito italiano senza alcun grado[11]”.

  1. I motivi di ricorso dedotti.

L'odierno ricorrente presentava ricorso avverso tale grave sanzione disciplinare, articolato nei seguenti undici motivi di ricorso:

  1. a) violazione dell'art. 1392 c. 2 COM;
  2. b) violazione dell'art. 1392 c. 3 COM;
  3. c) questione di legittimità costituzionale dell’art. 1392 COM in relazione all’art. 3 c. 1 Cost.;
  4. d) violazione dell'art. 1393 COM;
  5. e) violazione del principio di imparzialità dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost. ed eccesso di potere per violazione della guida tecnica ministeriale sulle procedure disciplinari n. M_D G MIL REG 2016 0701231 del 2 dicembre 2016 e della circolare n. 1/2006 del Comando generale della Guardia di finanza;
  6. f) eccesso di potere per violazione della suddetta guida tecnica ministeriale e della circolare n. 1/2006;
  7. g) violazione dell’art. 2149, comma 2, lett. b) COM;
  8. h) violazione dell’art. 1370, comma 5 COM ed eccesso di potere per violazione della suddetta guida tecnica;
  9. i) eccesso di potere per difetto d’istruttoria;
  10. j) eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione;
  11. k) eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità.
  12. L'apparato motivazionale del Tar di Latina.

Le prospettazioni della Difesa del ricorrente, venivano così affrontate dal Giudice di prime cure di Latina, che rigetterà il ricorso presentato, in quanto  tutti i motivi di ricorso sopra elencati verranno considerati privi di fondamento.

La norma richiamata nel motivo di cui alla precedente lettera a), prevede quanto segue: “a seguito di infrazione disciplinare deve essere instaurato con la contestazione degli addebiti all’incolpato, entro 60 giorni dalla conclusione degli accertamenti preliminari, espletati dall’autorità competente, nei termini previsti dagli articoli 1040, comma 1, lettera d), numero 19 e 1041, comma 1, lettera s), numero 6 del regolamento”.

Poi, in virtù del suddetto rinvio agli articoli 1040 e 1041 del DPR 90/2010 (d'ora in avanti TUROM), l'Amministrazione Militare deve instaurare il suddetto procedimento di stato “entro 180 giorni dalla conoscenza del fatto[12]”.

Ciò posto, nel caso che qui ci occupa, secondo la “ricostruzione proposta dal ricorrente per cui il 13 febbraio ... l’Amministrazione ha raggiunto la piena conoscenza del fatto, il predetto termine di 180 giorni scadeva il 12 agosto ..., mentre il Comandante interregionale … con nota … del 27 luglio … indirizzata al Comandante regionale …  ha espresso l’avviso di concordare con la proposta di avvio di un procedimento disciplinare di stato nei confronti del ricorrente, sì che a tale data possono ritenersi conclusi gli accertamenti preliminari, cioè 164 giorni dopo l’acquisizione della conoscenza del fatto avente rilievo disciplinare.

Assumendo, quindi, il 27 luglio ... come base di calcolo per il successivo termine di 60 giorni[13]”, e tenuto conto che la contestazione degli addebiti è stata emessa il 12 settembre e notificata il 24 settembre, sono trascorsi 59 giorni dagli accertamenti prodromici. Inoltre, secondo il Collegio, “al fine del computo del termine in parola occorre avere riguardo al momento di adozione degli atti del procedimento sanzionatorio e non a quello della notifica, dato che questa attiene al momento dell’efficacia e non a quello del perfezionamento del provvedimento amministrativo[14]”.

Quindi, tale prospettazione non ha convinto il Collegio.     

Nel secondo motivo di ricorso invece, è stata dedotta per analogia l'inosservanza dell'art 1392 c. 3 COM, secondo il quale “Il procedimento disciplinare di stato, instaurato a seguito di giudizio penale, deve concludersi entro 270 giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale, divenuti irrevocabili, ovvero del provvedimento di archiviazione”.

Tale interpretazione è stata considerata priva di fondamento per le ragioni che seguono.

In primo luogo, tale disposizione è insuscettibile di interpretazione analogica ai procedimenti di stato avviati a seguito di trasgressioni disciplinari, “perché è formulata con letterale e precipuo riguardo agli atti conclusivi del procedimento o del processo penale, con esclusione delle ordinanze applicative di misure cautelari[15]”.

Inoltre, viene evidenziato che la cognizione piena dei suddetti provvedimenti giudiziari si ha esclusivamente mediante l' “acquisizione di una loro copia conforme[16]”.

Tuttavia, la suddetta disposizione normativa non indica un termine massimo entro cui effettuare tale  attività istruttoria, anche in considerazione del fatto che l'Amministrazione in tale frangente è vincolata ai tempi di riscontro delle istanze da parte delle cancellerie degli Uffici Giudiziari[17]  Infatti, seguendo l'interpretazione di parte ricorrente “non constando in atti che il procedimento penale cui egli è stato sottoposto sia stato definito, il termine per la conclusione della sua vicenda disciplinare sarebbe a tutt’oggi ancora pendente, non avendo mai iniziato a decorrere il predetto termine di 270 giorni[18].

Nell'ambito del motivo di cui alla lettera c) invece, è stata ipotizzata l'illegittimità costituzionale dell'art. 1392 COM per contrasto dell'art. 3 c. 1 Cost., <<nella parte in cui non prevede un termine tassativo massimo entro cui va concluso il procedimento disciplinare di stato avviato a seguito di infrazione disciplinare>>[19].

Infatti, secondo l'interpretazione di parte ricorrente, il provvedimento impugnato aprirebbe la strada  ad una disciplina maggiormente onerosa rispetto ai più gravi casi dei “procedimenti punitivi avviati a seguito di procedimento penale, per i quali è invece prescritto un termine massimo di durata del procedimento di 270 giorni”[20].

Pertanto, saremmo di fronte ad un'ingiustificata disparità di trattamento, poiché secondo “l’art. 1392, comma 4, d.lgs. n. 66 cit., per cui “In ogni caso, il procedimento disciplinare si estingue se sono decorsi novanta giorni dall’ultimo atto di procedura senza che nessuna ulteriore attività è stata compiuta”[21].

Tale argomentazione è stata ritenuta priva di fondamento.

In primo luogo, viene sottolineato che l'art. 1382 c. 4 COM ricalca letteralmente l'art. 120 c. 1 DPR 3/1957 (c.d. Testo Unico degli impiegati civili dello Stato), secondo cui “Il procedimento disciplinare si estingue quando siano decorsi novanta giorni dall'ultimo atto senza che, nessun ulteriore atto sia stato compiuto”.

Poi, il Collegio illustra la ratio della predetta norma, che e quella di “sanzionare con l’estinzione la completa inattività dell’Amministrazione a tutela dell’interessato, per evitare che questi resti sottoposto ad un procedimento disciplinare pendente per un tempo indeterminato”[22], puntualizzando inoltre che “il termine di perenzione de quo è interrotto ogniqualvolta, prima della sua scadenza, sia adottato un atto, anche se di carattere interno, dal quale possa inequivocabilmente desumersi la volontà dell'Amministrazione di portare a conclusione il procedimento”[23].

Inoltre, le esigenze istuttorie sono differenti a seconda che l'accertamento disciplinare “prodromico” riguardi un giudicato penale, piuttosto che tale attività valutativa sia originata da un'infrazione disciplinare. Infatti, nel primo caso “il quadro fattuale conseguente all’acquisizione di copia della sentenza e del decreto penale o di archiviazione è esaustivo e, giusta l’art. 653 cod. proc. pen., vincolato per l’Amministrazione che su quella base avvii una contestazione disciplinare”, nella seconda ipotesi invece, è necessaria “una specifica istruttoria volta a definire i contorni della vicenda e la posizione dell’incolpato”[24].

Dunque, secondo il Giudice di Latina, tali differenti esigenze istruttorie giustificano un diverso termine procedimentale, “rigido” nella prima ipotesi “(i.e. 270 giorni dall’acquisizione del provvedimento giurisdizionale penale irrevocabile)” e “flessibile” nella seconda evenienza “(90 giorni dal compimento dell’ultimo atto)”[25].

Così, alla luce di quanto sopra esposto, tali differenze giustificano due differenti termini procedimentali e quindi non è stato ritenuto violato l'art. 3 c. 1 della Costituzione[26].

Con il motivo di cui alla lettera d) invece, il ricorrente ha dedotto la violazione dell'art. 1393 COM, poiché l'Amministrazione non ha sospeso le valutazioni disciplinari in attesa dell'esito del giudizio penale, nonostante entrambi i giudizi attengano ai medesimi.

Tale motivo di ricorso è stato considerato palesemente infondato.

Infatti, il predetto art. 1393 è stato novellato dall'art. 4 c. 1 lett t) D.Lgs. 91/2016, con cui è stato sancito l'abbandono della c.d. “pregiudiziale penale”, come si evince dalla nuova formulazione della norma: 

“Il procedimento disciplinare, che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l’autorità giudiziaria, è avviato, proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale. Per le infrazioni disciplinari di maggiore gravità, punibili con la consegna di rigore di cui all’articolo 1362 o con le sanzioni disciplinari di stato di cui all’articolo 1357, l’autorità competente, solo nei casi di particolare complessità dell’accertamento del fatto addebitato al militare ovvero qualora, all’esito di accertamenti preliminari, non disponga di elementi conoscitivi sufficienti ai fini della valutazione disciplinare, promuove il procedimento disciplinare al termine di quello penale.

Quindi, premesse le suddette coordinate ermeneutiche, la sospensione del procedimento disciplinare in attesa delle statuizioni del Giudice Penale non è più la “norma”, ma viene disposta solo in determinati casi.

Perciò, tenuto conto che nella controversia in commento “il ricorrente è stato tratto in arresto per essere sottoposto a custodia cautelare in carcere e che, soprattutto, è stato fatto oggetto di decreto di giudizio immediato per l’evidenza della prova a carico, la scelta dell’Amministrazione di coltivare in autonomia il procedimento disciplinare appare pienamente legittima”[27].

 

4.1. L'abbandono della pregiudiziale penale in relazione al caso concreto.

 

Tale novella legislativa, in ossequio alla L. 124/2015 (cd. Riforma Madia) uniforma il codice militare alla disciplina del restante pubblico impiego in materia di autonomia delle valutazioni disciplinari.

Per quel che rileva in questa sede, è doveroso osservare che l'incolpato – come abbiano visto supra -   è stato tratto in arresto per essere sottoposto a custodia cautelare in carcere e che, soprattutto, è stato fatto oggetto di decreto di giudizio immediato per l’evidenza della prova a carico.

Dunque, secondo il parere di chi scrive, l'accoglimento della richiesta di giudizio immediato, di fatto ha permesso all'Amministrazione di non sopendere il procedimento disciplinare nonostante la complessità delle ipotesi di reato contestate, in quanto lo  “status di persona soggetta a custodia cautelare, ... è un dato oggettivo, che non lascia spazio ad apprezzamenti discrezionali. L'unica discrezionalità possibile riguarda l'accertamento dell'accennata condizione ostativa all'instaurazione del rito (la sussistenza di grave pregiudizio per le indagini)”[28], e “la custodia cautelare a carico di un indagato [deve aver] assunto un determinato  grado di stabilità, dovuto alla conferma del tribunale della libertà, o alla mancata proposizione della richiesta di riesame”[29].    

 

4.1.1. Dalla logica giustiziale alla logica probabilistica.

 

Premesso quanto sopra, le summenzionate particolarità del caso concreto permettono di descrivere le principali conseguenze pratiche dell'abbandono della pregiudiziale.

In altre parole, l'attesa del giudicato penale sanciva inequivocabilmente l'accertamento del fatto in virtù di quanto previsto dall'art. 653 c.p.p. Ovvero, partendo dall'intangibilità dell'accertamento della sussistenza del fatto storico, l'amministrazione valutava l'eventuale responsabilità disciplinare.

In tal modo, era preservata la contiguità teleologica tra illecito penale ed illecito disciplinare, di cui l'art. 260 c.p.m.p., rappresenta la massima espressione[30].

Seguendo tale scia, in dottrina è stato affermato che l'azione disciplinare era da intendersi come azione giustiziale e non come azione di comando[31].

Ora invece, secondo il sommesso parere di chi scrive, pare che vi sia una sorta di “osmosi” tra la disciplina militare ed il c.d. “diritto amministrativo della prevenzione”.

Infatti, analogamente al caso in trattazione, nel diritto amministrativo della prevenzione si utilizza correntemente il criterio del “più probabile che non”. Ovvero, “un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipica dell’accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, e quindi fondato su prove, ma implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì da far ritenere “più probabile che non”, appunto, il pericolo ...”.[32]

Perciò, pare delinearsi una nuova forma di illecito disciplinare di stato.

Ovvero, se in precedenza si poteva discorrere di “illecito di danno” (alla reputazione dell'Amministrazione), poiché vi era stato coinvolgimento in un procedimento penale, che non era terminato con un'assoluzione piena nel merito, il nuovo illecito che si delinea è “di pericolo” (per l' immagine del Corpo di appartenenza), poiché la responsabilità disciplinare non si basa su un accertamento intangibile del fatto storico di riferimento.

Tuttavia, in caso di assoluzione in sede penale, è possibile proporre istanza di riesame della punizione comminata[33].

In altre parole, si ritiene che con il sistema della “pregiudiziale penale” venga presidiata prevalentemente l'autorevolezza dell'Amministrazione Militare, mentre con lo strumento dell' “autonomia disciplinare” sia stata accordata preminente tutela alla popolarità dell'Istituzione Militare[34] (la questione sarà indirettamente affrontata nelle conclusioni in relazione al fenomeno dei cc.dd. “furbetti del cartellino”[35]).

Ciò premesso, tale procedura disciplinare è coerente dal punto di vista della tecnica sanzionatoria, ma implica delle restrizioni ad alcuni diritti costituzionalmente protetti, quali il diritto al lavoro[36], il diritto alla retribuzione[37], la finalità rieducativa della pena[38].

Peraltro, tali diritti potranno “riespandersi” mediante la ricostruzione della carriera (avente efficacia ex tunc) qualora il militare punito venga prosciolto in sede penale con formula ampiamente assolutoria (cfr. con la precedente nota 34).

  

4.2. Gli ulteriori motivi di ricorso e la loro trattazione.

   

Con il motivo di cui alla lettera e) invece, è stata ravvisata la violazione del principio di imparzialità ex art. 97 Cost. e della normativa interna di settore, in quanto “stanti i termini utilizzati per descrivere i fatti, avrebbe palesato già dall’atto di avvio dell’inchiesta formale, come pure nella successiva convocazione della commissione di disciplina, il proprio personale convincimento circa la colpevolezza del ricorrente, sì da influenzare, grazie alla propria supremazia gerarchica, le opinioni degli altri organi monocratici o collegiali coinvolti nel procedimento disciplinare, anche in violazione delle direttive impartite nella prefata guida tecnica”[39].

Preliminarmente, il Collegio osserva che tale motivo è inammissibile ex art. 40 c. 1 lett. b) c.p.a. in quanto riguarda atti non impugnati in maniera specifica. Peraltro, il Giudice di Latina ritiene che tale prospettazione sia comunque infondata poichè dall'esame degli atti del procedimento disciplinare “non traspare, in primo luogo, alcun tentativo di condizionamento dell’organo monocratico inquirente e di quello collegiale consultivo, non essendo rivolto a tali organi alcun ordine o invito esulante da quello che è l’ambito della rispettive competenze. Inoltre, nello specifico si rileva che l’ordine di inchiesta disciplinare formale de quo è sostanzialmente corrispondente, anche quanto al tenore verbale non dubitativo, all’all. 1 della suddetta circolare interna al Corpo della guardia di finanza, ... Anche l’ordine di costituzione e convocazione della commissione di disciplina non appare discostarsi dall’allegato 3.R della suddetta guida tecnica ministeriale, ...”[40].

Inoltre, viene altresì evidenziato che la contestazione degli addebiti è coerente rispetto alle risultanze derivanti dalla valutazione degli “atti del procedimento penale e a quelli interni precedentemente adottati”[41].

Oltre tutto, viene sottolineato che l'apertura di un procedimento disciplinare porta con sé la presenza del fumus di un comportamento contrastante con la disciplina militare[42].

Con l'ordine di censure di cui alla lettera f), è stata ipotizzata la “violazione della suddetta guida tecnica ministeriale e della circolare n. 1/2006”, in quanto l'Ufficiale Inquirente avrebbe “a) notificato al ricorrente la propria relazione conclusiva dell’inchiesta formale demandatagli; b) espresso il proprio opinabile parere in ordine alla definizione della posizione disciplinare dell’inquisito, giudicando “le responsabilità emerse nei confronti dell’inquisito come incompatibili con il suo stato giuridico”; c) trasmesso la propria relazione istruttoria oltre il termine massimo previsto ivi previsto.”.

Anche tali doglianze non hanno colto nel segno per le ragioni che seguono.

Innanzitutto, nonostante la suddetta guida ministeriale preveda che “la relazione finale “non deve essere data in visione all’inquisito, né elencata nell’indice dei documenti”, la sua notificazione al ricorrente ha addirittura ampliato le garanzie difensive dello stesso[43].

In secondo luogo, le risultanze dell'Inquirente non sono vincolanti per l'Autorità che ha ordinato l'inchiesta, “dato che rientra nelle esclusive prerogative dell’Autorità disciplinare stabilire, secondo il proprio convincimento, l’entità della sanzione da infliggere (TAR Puglia, Bari, sez. I, 6 novembre 2006 n. 3901)”[44].

Inoltre, la trasmissione della relazione finale dopo 71 giorni dalla contestazione degli addebiti, anziché dopo 65 -come prescritto dall'Autorità disciplinare-, non inficia la legittimità del provvedimento disciplinare in disamina, poiché è stato comunque rispettato il termine di 90 giorni previsto dall'art. 1393 c. 4 COM, la cui decorrenza comporta “l'estinzione del procedimento disciplinare di stato”[45].

Poi, con il motivo di cui alla lettera g, è stata contestata la violazione dell'art. 2149, comma 2, lett. b) COM, a tenore del quale “La potesta sanzionatoria di stato … compete al Comandante generale” ad eccezione degli “ufficiali generali e colonnelli”, mentre nel caso in trattazione sono intervenuti il capo sezione personale, il capo ufficio personale ed il capo di stato maggiore del Comando interregionale[46].

Tuttavia, secondo il Collegio tale ricostruzione è infondata poiché la suddetta sanzione disciplinare è stata comminata dal Comandante interregionale, e la potestà disciplinare in questione è stata esercitata a seguito di “delega di funzioni” posta in essere con “determinazione del Comandante generale del Corpo prot. ...[47].

Pertanto, tale punizione “non appare in alcun modo imputabile alle autorità militari a lui subordinate … è stata sottoscritta dal solo Comandante interregionale …  ma, ciò che più conta, non è in alcun modo provato da parte del ricorrente – ed appare del tutto inverosimile in un ordinamento qual è quello militare, che fa della gerarchia e della subordinazione …  oltre che della disciplina …i propri pilastri fondanti – che l’opinione di un ufficiale generale in comando possa essere stata influenzata dai suoi subalterni[48].

Con l'ottava doglianza, il ricorrente ha dedotto la violazione dell'art. 1370 c. 5 COM[49] nonché eccesso di potere per violazione della summenzionata guida tecnica, poichè non è stata accolta “la richiesta di rinvio della seduta della commissione di disciplina formulata dal ricorrente per un temporaneo impedimento di ordine sanitario[50]”.

Anche tali considerazioni non hanno colto nel segno.

Infatti, il Collegio ricorda che ai fini della sussistenza del suddetto impedimento, “non è sufficiente una qualsivoglia infermità ma è necessario che essa comporti un’impossibilità oggettiva di intervenire attivamente nel procedimento e all’audizione innanzi alla commissione di disciplina (Cons. Stato, sez. IV, 9 marzo 2011 n. 1520; sez. IV, 27 novembre 2010 n. 8289). Infatti, l’inquisito deve produrre una certificazione medica che precisi in modo chiaro ed espresso, qualora ciò non risulti evidente secondo comuni regole di esperienza, che la patologia stessa comporta l’impossibilità di partecipare alla seduta (TAR Lazio, Roma, sez. II, 1° settembre 2015 n. 10981; sez. II, 2 luglio 2013 n. 6535)[51].

Nel caso in disamina, è emerso che il ricorrente ha parteipato attivamente alla seduta della Commissione di Disciplina “non solo producendo una corposa memoria ma articolando oralmente in prima persona le proprie difese … L’ufficiale difensore poi, sempre presente durante la seduta, ha completato le difese dell’incolpato[52].

Inoltre, con il motivo di cui alla lettera i) è stata ipotizzata l'illegittimità del provvedimento impugnato per eccesso di potere, nella figura sintomatica del difetto di istruttoria.

Al riguardo, secondo la ricostruzione di parte ricorrente, “nessun particolare accertamento sarebbe stato compiuto nell’ambito del procedimento disciplinare instaurato …  non valutandosi le osservazioni da egli fatte pervenire a sostegno della propria estraneità ai fatti contestati e atte a dimostrare il travisamento delle fonti di prova addotte già in sede penale a proprio carico[53].

Anche tale rilievo non ha convinto il Giudice di Latina.

Infatti, viene evidenziato che “ la figura dell’eccesso di potere per difetto di istruttoria si colloca sempre nell’ambito di un sindacato esterno della sfera di discrezionalità esercitata dall’Amministrazione con esclusione, quindi, di uno scrutinio nel merito amministrativo (Cons. Stato, sez. VI, 10 ottobre 2006 n. 6010)[54].

Ciò premesso, “nei limiti che sono propri del sindacato giurisdizionale sul vizio di eccesso di potere, si ritiene che il riferimento agli esiti degli accertamenti condotti in sede penale, ... abbia fornito all’inchiesta disciplinare un adeguato supporto istruttorio, completato dagli elementi forniti a discarico dall’interessato, sia di fronte all’ufficiale inquirente che innanzi alla commissione di disciplina[55].

Per di più, il Giudice ricorda altresì che “nei procedimenti disciplinari avviati nei confronti di pubblici dipendenti, incluso quindi il personale militare, non è necessario che il provvedimento conclusivo confuti analiticamente tutte le giustificazioni fornite dell’incolpato, essendo sufficiente che dallo stesso risulti che tali osservazioni sono state esaminate in modo serio e che di esse è stato tenuto conto ai fini dell’accertamento dei fatti e della graduazione della rilevanza disciplinare del comportamento (Cons. Stato, sez. IV, 19 ottobre 2007 n. 5472; sez. VI, 9 febbraio 2006 n. 509; sez. IV, 10 marzo 2004 n. 1123; sez. IV, 5 aprile 2003 n. 1780; TAR Sicilia, Catania, sez. III, 25 marzo 2015 n. 839; sez. I, 13 marzo 2015 n. 95; TAR Lazio, Roma, sez. III, 11 settembre 2008 n. 8257)[56].

Orbene, nella fattispecie in trattazione non è stato riscontrata la presenza dell'asserito difetto d'istruttoria.

Con il motivo di cui alla lettera j) infine, è stato ravvisato eccesso di potere nelle figure sintomatiche del difetto di istruttoria nonché difetto di motivazione, in quanto al termine dell'esercizio dell'azione disciplinare “non sarebbe stata dimostrata l’offesa concretamente inferta al prestigio del Corpo per effetto delle condotte a lui ascritte, non essendo stata svolta alcuna particolare verifica al riguardo ed essendosi limitate le autorità militari procedenti a qualificare i fatti a lui addebitati come contrari ai vincoli di fedeltà assunti con il giuramento[57].

Il Giudice di prime cure ha ritenuto palesemente privo di fondamento tale motivo di gravame, in considerazione dei “fatti addebitati … nessun particolare accertamento fosse necessario per avere conferma di quella che, ad ogni evidenza, è una gravissima lesione al prestigio del Corpo di appartenenza, venendo in questione attività penalmente illecite e di per sé screditanti e lesive per l’immagine della Guardia di finanza; ciò specialmente in considerazione dell’affidamento riposto dalla collettività (chiamata a rispettare i propri obblighi tributari) sulla morigeratezza delle persone preposte alle delicate funzioni di polizia economico-finanziaria[58].

Come sopra illustrato al precedente paragrafo 4.1., in presenza dell'applicazione di una misura cautelare personale e di una richiesta di giudizio immediato da parte dell'Autorità Giudiziaria procedente, l'Amministrazione disponeva di un compendio probatorio che nell'ambito della logica probabilistica mutuata dal diritto amministrativo della prevenzione (e dal diritto civile) è sufficiente, al momento, ad affermare la responsabilità disciplinare del ricorrente.

Fermo restando che qualora l'Amministrazione Militare ritenga che il caso sia “complesso” o che non disponga di elementi sufficienti per esercitare l'(autonoma) azione disciplinare, può tranquillamente sospendere il procedimento disciplinare in attesa delle determinazioni del Giud          ice Penale.

  1. Conclusioni.

In conclusione, si considera la sentenza in commento di notevole importanza per comprendere l'autonomo procedimento disciplinare di stato, in quanto “il superamento della pregiudiziale penale come regola e la sopensione procedimentale come eccezione … si è posta in sintonia con quanto previsto nell'impiego pubblico privatizzato dalla riforma Brunetta … e con quanto previsto nell'impiego privato, … è nata dalla critiche mosse ad un sistema che paralizzava, per anni, l'azione disciplinare per la eccessiva durata del procedimento penale nei suoi tre gradi, situazione inaccettabile soprattutto a favore di fatti certi e conclamati, come tali non meritevoli di una ulteriore conferma giudiziaria. Evidente appare anche la concorrente esigenza di tutela dell'immagine esterna delle Forze Armate con una azione punitiva interna rapida[59]

Inoltre, tale pronunciamento offre degli importanti spunti di riflessione di rilevanza “extra-castrense”, specie per il pubblico impiego privatizzato, nei casi previsti dall'art. 55 quater D.Lgs. 165/2001.

Infatti, nel“caso del procedimento disciplinare accelerato, che ha la sua evidenza probatoria nella falsa attestazione della presenza in servizio, accertata in flagranza ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi, si potrebbe … ridurre al minimo gli adempimenti formali, ... esempi di procedimenti disciplinari, che privilegiano l'oralità senza sacrificare il contraddittorio e il diritto di difesa, sono già presenti nelle regolamentazioni delle Forze armate e delle Forze di polizia ad ordinamento civile e possono costituire anch'essi un modello di riferimento”. [60]  

Del resto, come ricordano i giudici di Palazzo Spada, la “materia del licenziamento disciplinare nel pubblico impiego … è stata oggetto di particolare attenzione anche da parte dell'opinione pubblica, e di pressanti rilievi[61].

Dunque, pare che in materia di disciplina stia emergendo un rapporto dialettico tra “authoritativeness” e “popularity”.

La prassi dimostrerà quale delle due esigenze avrà preso il sopravvento.

 

 

NOTE:

[1]             Art. 653. Efficacia della sentenza penale nel giudizio disciplinare:1. La sentenza penale irrevocabile di assoluzione ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale ovvero che l'imputato non lo ha commesso.

                1-bis. La sentenza penale irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso.”.

[2]             Corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio.

[3]             Pene per il corruttore.

[4]             Rivelazione ed utilizzazione di segreti d'ufficio.

[5]             Sentenza in annotazione, Fatto 1.

[6]             Sentenza cit., Fatto 1.

[7]             Sentenza in commento, punto 1.

[8]             Sentenza cit., punto 1.

[9]             Sentenza cit., punto 2.

[10]           Sentenza cit., punto 2.

[11]           Sentenza cit., punto 2.

[12]           Sentenza cit., punto 3.

[13]           Sentenza cit., Diritto 1.

[14]           Sentenza cit., Diritto 1.

[15]           Sentenza cit., Diritto 2.

[16]           Sentenza cit., Diritto 2.

[17]           Sentenza cit., Diritto 2. A tal proposito, il Giudice richiama Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 4349/2018, in cui viene evidenziato che per “conoscenza integrale” si ha a seguito dell' “acquisizione [da parte dell'Amministrazione] di copia conforme della sentenza completa dell'attestazione di irrevocabilità” (FATTO E DIRITTO 6.4 e 6.5).  Inoltre, è interessante notare quanto afferma la IV Sezione a proposito della sostanziale differenza tra “sentenza di non luogo a procedere e provvedimento di archiviazione”. Infatti, partendo dall'analisi testuale dell'art. 428 c.p.p., viene ricordato che “la sentenza di non luogo a procedere ... è impugnabile ed è, pertanto, soggetta a passare in giudicato, a differenza del provvedimento di archiviazione: la revoca di cui all’art. 434 c.p.p. costituisce un istituto diverso riservato al solo P.M. ... che non elide, quindi, l’ordinaria facoltà di impugnazione ed osta, pertanto, all’assimilazione al provvedimento di archiviazione (del resto superabile per la mera rappresentazione, da parte del P.M., della “esigenza di nuove investigazioni” – art. 414 c.p.p.).” (FATTO E DIRITTO 6.10).

                 

[18]           Sentenza cit., Diritto 2.

[19]           Sentenza cit., Diritto 3.

[20]           Sentenza cit., Diritto 3.

[21]           Sentenza cit., Diritto 3.

[22]           Sentenza cit., Diritto 3. Nella circostanza, viene richiamata varia giurisprudenza in materia:  Cons. Stato, sez. V, 27 marzo 2017 n. 1368; sez. III, 22 luglio 2013 n. 3946; TAR Sicilia, Palermo, sez. I, 19 aprile 2019 n. 1123; sez. I, 15 febbraio 2018 n. 410; TAR Lazio, Roma, sez. II, 8 gennaio 2015 n. 146.

[23]           A tal fine, si fa nuovamente rinvio in buona sostanza alla giurisprudenza indicata nella precedente nota 25.

[24]           Sentenza cit., Diritto 3.

[25]           Sentenza cit., Diritto 3.

[26]           Sentenza cit., Diritto 3.

[27]           Sentenza cit., Diritto 4.

[28]              G. CONSO – V. GREVI – M. BARGIS, Compendio di Procedura Penale, settima edizione, CEDAM, Lavis (Tn),  2014, p. 766.

[29]             P. TONINI, Manuale Breve – Diritto Processuale Penale, Giuffrè Francis Lefebvre, Milano, 2019, p. 651.

[30]           Infatti, la suddetta norma del codice penale militare di pace, rubricata “richiesta di procedimento”, prevede quanto segue: “I reati preveduti dagli articoli 94, 103, 104, 105, 106, 107, 108, 109, 110, 111 e 112 sono puniti a richiesta del Ministro da cui dipende il militare colpevole; o, se più sono i colpevoli e appartengono a forze armate diverse, a richiesta del Ministro da cui dipende il più elevato in grado o, a parità di grado, il più anziano.

                I reati, per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione militare non superiore nel massimo a sei mesi, e quello preveduto dal numero 2 dell'articolo 171 sono puniti a richiesta del comandante del corpo o di altro ente superiore, da cui dipende il militare colpevole, o, se più sono i colpevoli e appartengono a corpi diversi o a forze armate diverse, dal comandante del corpo dal quale dipende il militare più elevato in grado, o, a parità di grado, il superiore in comando o il più anziano.

                Agli effetti della legge penale militare, per i militari non appartenenti all'esercito, al comandante del corpo è sostituito il comandante corrispondente delle altre forze armate dello Stato. [...]”.

[31]           Cfr. con E. BOURSIER NIUTTA, ESPOSITO, Elementi di diritto disciplinare militare – disciplina di corpo, terza edizione, Laurus Robuffo, Roma, 2004, pp. 112-113, ove si sottolinea che l'azione disciplinare tende a ripristinare l' “ordine turbato dall'illecito”, mentre l'azione di comando è finalizzata al raggiungimento di determinati obiettivi.

[32]           Cfr. con Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza n. 758/2019. Id., sentenza n. 1085/2019: “Anche all’ammonimento, infatti, deve applicarsi quella logica dimostrativa a base indiziaria e di tipo probabilistico che, come la Sezione ha ribadito di recente (Cons. St., sez. III, 30 gennaio 2019, n. 758), informa l’intero diritto amministrativo della prevenzione”.

[33]           Cfr. con sentenza in annotazione, Diritto 12: “Resta comunque fermo che, … se il procedimento penale cui è attualmente sottoposto …  sarà definito con una sentenza irrevocabile di assoluzione, la quale riconosca che il fatto addebitato non sussiste o non costituisce reato o che il militare non lo ha commesso, l’Autorità competente, ad istanza di parte da proporsi entro il termine di decadenza di sei mesi dall’irrevocabilità della pronuncia penale, riaprirà il procedimento disciplinare per modificarne l’atto conclusivo in relazione all’esito del giudizio penale”.

[34]           In questa sede, sono stati utilizzati i termini “autorevolezza” e “popolarità”, nel senso fatto proprio dal “digital marketing”. Cfr. con https://www.glossariomarketing.it/significato/brand-reputation/, voce Brand reputation: “Se l’immagine può risultare soggetta a repentini cambiamenti ed essere priva di ogni rapporto realistico con l’identità profonda dell’organizzazione, al contrario, la reputazione è relativamente stabile nel tempo (la si può perdere, ma non migliorare rapidamente) e costituisce il riflesso esterno dell’identità organizzativa, ovvero della cultura, dei valori, della personalità più profonda dell’organizzazione (Fombrun, 2000).”; R. Voiglio, Immagine e reputazione: autorevolezza vs popolarità, in http://www.robertavoiglio.it/immagine-e-reputazione-autorevolezza-vs-popolarita/; A. Minini, L'autorevolezza non è la popolarità, in http://www.andreaminini.com/seo/popolarita-e-autorevolezza.

[35]           Vedi infra, note 59, 60, 61.

[36]           Ai sensi dell'art. 1357 COM, le sanzioni di stato previste sono: la sospensione disciplinare dall'impiego (da uno a dodici mesi); la sospensione disciplinare dalle funzioni del grado (da uno a dodici mesi); la cessazione dalla ferma o dalla rafferma per grave mancanza disciplinare o grave inadempienza ai doveri del militare; la perdita del grado per rimozione.

[37]           La sospensione dal servizio prevede una riduzione dell'assegno mensile di spettanza. Cfr. con l'art. 920 c. 1 COM: “Al militare durante la sospensione dall'impiego compete la meta' degli assegni a carattere fisso e continuativo. Agli effetti della pensione, il tempo trascorso in sospensione dal servizio e' computato per meta'”.

[38]           Viene prevista una sanzione “al di qua” di ogni ragionevole dubbio.

[39]           Sentenza cit., Diritto 5.

[40]           Sentenza cit., Diritto 5.

[41]           Sentenza cit., Diritto 5.

[42]           Cfr. con Sentenza cit., Diritto 5: “Del resto, è inevitabile che la volontà di perseguire in tale sede un dipendente postuli l’esistenza di un convincimento, in capo all’organo che dispone l’apertura del procedimento, della sussistenza di elementi di responsabilità in capo all’inquisito con esplicitazione dei relativi profili di antigiuridicità rispetto all’ordinamento settoriale, come appare avvenuto nel caso di specie. Resta fermo che i suddetti elementi e profili sono poi da acquisire, in contraddittorio con l’incolpato, ... Diversamente opinando, ove cioè il suddetto comandante territoriale avesse ritenuto insussistenti le ragioni per procedere a carico del ricorrente, è da ritenere che non avrebbe impartito l’ordine di avviare un’inchiesta formale nei suoi confronti”.

[43]           Sentenza cit., Diritto 6.1. Per tale ragione, il mancato scrupoloso rispetto della predetta guida tecnica non determina una patologia idonea ad annullare il provvedimento impugnato. Inoltre, il Collegio ricorda che “la mancata esibizione di detto documento (non quindi la sua ostensione) vizi, in realtà, il procedimento disciplinare instaurato nei suoi confronti e, quindi, la determinazione conclusiva (Cons. Sic., sez. giur., 14 luglio 2014 n. 422; Cons. Stato, sez. IV, 23 settembre 2008 n. 4630). Ciò avvalora le considerazioni sopra esposte in ordine alla natura non invalidante della circostanza di fatto appena illustrata.”.

[44]           Sentenza cit., Diritto 6.2.

[45]           Sentenza cit., Diritto 6.3: “Tuttavia, la violazione di tale termine endoprocedimentale, che non è previsto dalla legge a pena di perenzione del procedimento o di decadenza dall’azione disciplinare, non comporta alcuna conseguenza sulla legittimità del provvedimento conclusivo, dal momento che neppure supera i 90 giorni indicati dall’art. 1393, comma 4, d.lgs. n. 66 cit., ai fini dell’estinzione del procedimento disciplinare di stato”.

[46]           Sentenza cit., Diritto 7.

[47]           Sentenza cit., Diritto 7.

[48]           Sentenza cit., Diritto 7. E' interessante notare come in tale punto della sentenza, i giudici di Latina affermano che il capo sezione personale, il capo ufficio personale ed il capo di stato maggiore, abbiano affiancato il Comandante interregionale “in linea con le competenze loro attribuite ai sensi della circolare del Comando generale n. ... che prevede le funzioni e i compiti delle “articolazioni di staff” dei vari livelli gerarchici del Corpo”.

[49]           Secondo tale disposizione, “Il militare inquisito può chiedere il differimento dello svolgimento del procedimento disciplinare solo se sussiste un effettivo legittimo impedimento. Se la richiesta di differimento è dovuta a ragioni di salute: a) l’impedimento addotto deve consistere, sulla scorta di specifica certificazione sanitaria, in una infermità tale da rendere impossibile la partecipazione al procedimento disciplinare; b) l’autorità disciplinare può recarsi presso l’inquisito per svolgere il procedimento disciplinare, se tale evenienza non è espressamente esclusa dalla commissione medica ospedaliera incaricata di tale accertamento”.

[50]           Sentenza cit., Diritto 8.

[51]           Sentenza cit., Diritto 8.

[52]           Sentenza cit., Diritto 8. Ciò premesso, a parere del giudice di Latina, la decisione dell'Amministrazione è legittima, in quanto l'incolpato “pur scontando difficoltà di ordine psicologico, non versava certo in uno stato tale da renderne impossibile l’intervento e da ostacolarne l’esercizio del diritto di difesa (Cons. Stato, sez. IV, 6 novembre 2009 n. 6938)”.

[53]           Sentenza cit., Diritto 9.

[54]           Sentenza cit., Diritto 9.

[55]           Sentenza cit., Diritto 9.

[56]           Sentenza cit., Diritto 9. Di particolare interesse per la presente trattazione è il richiamo a Cons. Stato, sez. IV, 5 aprile 2003 n. 1780, per l'evidente affinità con il caso in disamina. In quel pronunciamento, la IV Sezione di Palazzo Spada si occupò del caso di un militare a cui “venne comminata la sanzione disciplinare [di stato] della perdita del grado”. In tale circostanza, il giudice d'appello affermò che “in presenza di una sentenza penale patteggiata ai sensi dell’art. 444, c.p.p., la pubblica amministrazione ha svolto propri specifici accertamenti quanto alle risultanze emergenti dal procedimento disciplinare avviato a carico … . Ne è così scaturito un convincimento autonomo ed indipendente rispetto alle conclusioni raggiunte in sede penale”. Inoltre, merita particolare attenzione il rinvio a Tar Lazio, Roma, sez. III, 11 settembre 2008 n. 8257, poiché in tale decisum il Tar Centrale accoglieva il ricorso presentato, affermando che nonostante l'Amministrazione non sia tenuta alla confutazione analitica delle giustificazioni presentate dal “soggetto sottoposto a procedimento disciplinare, è pur vero che rimane sempre la necessità che il complesso della motivazione renda chiare le ragioni della determinazione amministrativa (Consiglio di Stato, sez. VI, 09 febbraio 2006, n. 509);  e che, se il provvedimento disciplinare ben può essere motivato con richiamo ad un precedente parere, quest’ultimo deve tuttavia fornire un'adeguata motivazione  (Consiglio di  Stato, sez. VI, 28 marzo 2003, n. 1641); mentre non è possibile che le ragioni del provvedimento risultino da un’inammissibile integrazione postuma della motivazione in giudizio (non sussistendo i presupposti di cui all’art. 21 - octies della L. n. 241/90)”.

[57]           Sentenza cit., Diritto 10.

[58]           Sentenza cit., Diritto 10.

[59]           V. Tenore, Il procedimento penale e il procedimento disciplinare per il personale delle Forze armate, in La riforma della Pubblica Amministrazione, Monografie Il Sole 24 Ore, Seggiano di Pioltello (MI), 2017, p. 302. In senso sostanzialmente conforme, a proposito dell'“eccesso di garanzie procedimentali in relazione [a casi] eclatanti”, nell'ambito dell'azione disciplinare nel pubbligo impiego privatizzato, cfr. Consiglio di Stato, Commissione Speciale, 18 aprile 2017, n. 891, Considerato 1. Cfr. supra, nt. 34.

[60]           Cons. Stato, parere n. 864/2016, punto 4.3., reso in occasione della Riforma Madia che, mediante il D.Lgs. 116/2016, ha modificato l'art. 55 quater D.Lgs. 165/2001, intervenendo in materia di licenziamento disciplinare nella Pubblica Amministrazione, per arginare il particolare fenomeno dei c.d. “furbetti del cartellino”. Cfr con G. Giliberti, Furbetti del cartellino: no alla particolare tenuità se la falsa timbratura è un'abitudine – nota a Cassazione penale, sez. II, sentenza 27/08/2018 n° 38997, in www.altalex.com: “Con l'espressione “furbetti del cartellino” si è soliti alludere alla prassi dell'assenteismo sul lavoro, diffusa specialmente nell'ambito del pubblico impiego, che si realizza mediante la falsa timbratura del cartellino segnatempo; in pratica il dipendente timbra il cartellino o lo fa timbrare da un collega compiacente, figurando così in servizio, per poi assentarsi invece dal lavoro”. Cfr. con P. Matteini, Il licenziamento disciplinare per assenteismo, in  La riforma della Pubblica Amministrazione, Monografie Il Sole 24 Ore, Seggiano di Pioltello (MI), 2017, p. 339 nt. 2, il quale al fine di puntualizzare la differenza “ontologica” fra valutazioni penali e valutazioni disciplinari ricorda come “anche nel caso di assenteismo. … nel caso di truffa per utilizzo fraudolento del badge, una eventuale “tenuità” del valore economico relativo all'utilizzo scorretto del cartellino marcatempo, oltre a valere come attenuante ex art. 62 n. 4 c.p potrebbe anche per affermare l'insussistenza del reato, mentre nel campo disciplinare potrebbero prevalere altre considerazioni”.   

[61]           Consiglio di Stato, Commissione Speciale, 18 aprile 2017, n. 891, Considerato 1. Cfr. supra, nt. 34.