Temi e Dibattiti

Ancora sulle comunità montane piemontesi
Una Riforma infinita e relativo seguito: le comunità montane. A cura di Luigi Spadone
Tempo fa scrivemmo un articolo relativo alla situazione delle Comunità Montane piemontesi (Cfr. Le comunità montane: una Riforma infinita, a cura di LUIGI SPADONE – www.ildirittoamministrativo.it – Sez. Studi del 19 maggio 2015).
Il loro superamento voluto dalla Regione Piemonte ad opera della Legge regionale 28 settembre 2012, n. 11 “Disposizioni organiche in materia di enti locali”, infatti, contrastava con lo Statuto regionale, fonte gerarchicamente superiore, che invece continuava a indicarle.
Ciò aveva condotto alla instaurazione di un giudizio incidentale dinanzi alla Consulta che, ritenevamo, potesse essere risolto solo nel seguente modo “Per prevenire un simile corto circuito giuridico, la Regione potrebbe, nelle more della decisione della Corte, modificare il proprio Statuto regionale togliendovi ogni riferimento alle Comunità Montane”.
La Regione Piemonte, con legge regionale statutaria 3 maggio 2016, n. 7, recante “Modifiche agli articoli 3, 4, 8 e 97 della legge regionale statutaria 4 marzo 2005, n. 1 (Statuto della Regione Piemonte)” ha seguito la nostra linea di pensiero e, nel corso del giudizio, modificato i parametri interposti evocati dal TAR rimettente. In particolare, al comma 2 dell’articolo 3 della L. R.Stat. n. 1/2005 (Statuto della Regione Piemonte) ha sostituito le parole “e le Comunità montane” con le seguenti: “le Unioni montane, le forme associative comunali”, analogamente facendo anche negli articoli successivi.
Conseguentemente, con Ordinanza n. 61 del 7 febbraio – 24 marzo 2017 (GU 1a Serie Speciale - Corte Costituzionale n.13 del 29.03.2017), la Consulta, alla luce dello ius superveniens che ha modificato il quadro normativo, ha ordinato la restituzione degli atti al Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte e ciò non potrà che determinare la chiusura del procedimento instauratosi.
Riteniamo quindi si sia scritta finalmente la parole fine a una riforma che non aveva tenuto adeguatamente conto – come troppo spesso di recente accade – della gerarchia delle fonti.
LE COMUNITÀ MONTANE: UNA RIFORMA INFINITA
È questo il caso della Regione Piemonte, laddove pur enti formalmente commissariati e la cui chiusura era data per certa in tempi brevi, non solo sono ancora in vita, ma potrebbero tornare ad operare cancellando le Unioni Montane di Comuni nel frattempo sorte – ma mai concretamente operative se non in rarissimi casi – e destinate a sostituirle.
Tutto dipenderà dalla Consulta, investita della questione di legittimità costituzionale dall’ordinanza del TAR Piemonte n. 588 del 25 febbraio 2015 (deposito 16 aprile) a seguito di ricorso proposto da una Comunità Montana che ha ritenuto non legittimo il percorso di superamento delle Comunità Montane piemontesi operato dalla Legge regionale 28 settembre 2012, n. 11 “Disposizioni organiche in materia di enti locali”.
La citata Legge, secondo la sintesi operata dal TAR, prevedeva che:
- l’Assemblea dei Sindaci di ciascuna delle Comunità montane, entro il termine perentorio di novanta giorni dall’entrata in vigore della legge, potesse chiedere alla Regione che l’ambito territoriale della Comunità Montana fosse individuato come ambito ottimale di gestione associata per la costituzione di una o più Unioni Montane di Comuni, cui trasferire le funzioni ed i servizi da gestire in forma associata (nella quasi totalità dei casi i Comuni hanno scelto di dare vita a più Unioni anziché individuare come ambito ottimale il territorio della Comunità Montana);
- la Giunta regionale preso atto dell’assenso unanime o maggioritario dei Comuni sancisse l’istituzione dell’Unione montana;
- il Presidente della Giunta regionale, decorso l’anzidetto termine perentorio, nominasse con proprio decreto un commissario per ciascuna Comunità Montana e contestualmente dichiarasse la decadenza degli organi;
- al termine della procedura di liquidazione, il Presidente della Giunta regionale dichiarasse estinta la Comunità montana.
Come sopra si è accennato l’estinzione degli enti de quo non è ad oggi ancora stata dichiarata.
In seguito, la compiuta disciplina delle funzioni delle costituende Unioni Montane di Comuni e del loro finanziamento è stata dettata dalla Legge regionale 14 marzo 2014, n. 3.
Secondo i giudici amministrativi piemontesi dalla procedura di cui sopra emergerebbe il mancato rispetto di quanto disposto dallo Statuto regionale, in forza del quale le Comunità Montane sarebbero “enti necessari”, tali quindi da non poter essere soppressi tramite una Legge regionale ordinaria.
Lo Statuto piemontese disciplina infatti le Comunità Montane in 3 articoli; più precisamente:
- nell’art. 3, secondo comma, ai cui sensi “la Regione, ispirandosi al principio di sussidiarietà, pone a fondamento della propria attività legislativa, amministrativa e di programmazione la collaborazione con le Province, i Comuni e le Comunità Montane nonché con le autonomie funzionali e con le rappresentanze delle imprese e dell’associazionismo per realizzare un coordinato sistema delle autonomie”;
- nell’art. 4, secondo comma, ai cui sensi “la Regione, nel realizzare le proprie finalità, assume il metodo della programmazione e della collaborazione istituzionale, perseguendo il raccordo tra gli strumenti di programmazione della Regione, delle Province, dei Comuni, delle Comunità Montane, delle unioni di Comuni collinari”;
- nell’art. 8, secondo comma, ai cui sensi “la Regione riconosce la specificità dei territori montani e collinari e prevede politiche di intervento a loro favore, al fine di assicurarne le opportunità di sviluppo e la conservazione del particolare ecosistema. Individua nelle Comunità Montane e nelle Unioni di Comuni collinari, l’organizzazione dei Comuni atta a rendere effettive le misure di sostegno ai territori montani e collinari”.
Proprio in forza delle richiamate disposizioni statutarie il TAR Piemonte definisce la Comunità Montana come ente locale necessario che: a) partecipa, insieme ai Comuni e alle Province, alla attribuzione delle funzioni amministrative nelle materie di competenza regionale, quale livello sussidiario di governo locale; b) rappresenta uno degli strumenti organizzativi per la programmazione regionale di sostegno ai territori montani; c) è destinatario di funzioni amministrative proprie, in relazione alla specificità dei territori montani.
Ad avviso del TAR piemontese sarebbe per questo necessario che la soppressione delle Comunità montane avvenga attraverso il procedimento legislativo rafforzato prescritto dall’art. 123 della Costituzione (Legge approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, con due deliberazioni successive adottate ad intervallo non minore di due mesi) per le modifiche statutarie, anziché mediante legge regionale ordinaria come invece avvenuto nella fattispecie controversa. Si tratterebbe infatti di una materia coperta da riserva di Statuto e quindi sottratta alla ordinaria legislazione regionale.
Si tratta, a ben vedere, di fattispecie analoga a quella che sta caratterizzando la soppressione delle Province. Anch’esse, come noto, non possono essere espunte dall’ordinamento fino a quando non sia modificato il testo della Carta costituzionale, come peraltro espressamente previsto dalla stessa Legge statale n. 56/2014 (cfr. art. 1 comma 51: in attesa della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione e delle relative norme di attuazione, le Province sono disciplinate dalla presente Legge).
Il futuro delle Comunità Montane piemontesi è quindi nelle mani della Consulta. In caso di dichiarazione di incostituzionalità dei dettami della Legge regionale n. 11/2012 si aprirà una serie di problematiche, prima fra tutte la sorte delle Unioni Montane nel frattempo costituitesi e riconosciute dalla stessa Regione: come noto, infatti, ai sensi del D.Lgs 267/00 le Comunità Montane sono Unioni di Comuni (art. 27 comma 1) e ogni Comune può far parte di una sola Unione di Comuni (art. 32 comma 2).
Inoltre, trattandosi di Unioni costituitesi in conseguenza di una norma di Legge che ha imposto la estinzione di un altro Ente, la reviviscenza di quest’ultimo per effetto della incostituzionalità della Legge potrebbe comportare l’estinzione degli Enti per l’effetto sorti.
Per prevenire un simile corto circuito giuridico, la Regione potrebbe, nelle more della decisione della Corte, modificare il proprio Statuto regionale togliendovi ogni riferimento alle Comunità Montane.