Temi e Dibattiti

Successione mortis causa nelle locazioni dei beni patrimoniali disponibili della P.A..
Di Beatrice Dell’Isola
SUCCESSIONE MORTIS CAUSA NELLE LOCAZIONI DEI BENI PATRIMONIALI DISPONIBILI DELLA P.A.
Di Beatrice Dell’Isola*
Abstract
Ai contratti di locazione di immobili adibiti ad uso abitativo, anche se stipulati dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali in qualità di locatori, è applicabile la disciplina dettata dall’art 6 della legge n. 392 del 1978, in quanto in base a tale norma, in caso di morte dell’originario conduttore, la protrazione del rapporto con i soggetti eredi o aventi causa di quest’ultimo non costituisce l'effetto di una tacita manifestazione di volontà ma deriva direttamente dalla legge.
The provisions of Article 6 of Law No. 392 of 1978 are applicable to rental contracts for residential properties, even if stipulated by the State or other territorial public bodies as lessors, since, according to this provision, in the event of the death of the original tenant, the continuation of the relationship with the heirs or assignees of the latter does not constitute the effect of a tacit manifestation of will but derives directly from the law.
Premessa 1. La disciplina della successione nel contratto di locazione di immobili ad uso abitativo. 2. La successione mortis causa, in particolare. 3. Applicabilità dell’art 6 delle legge n. 392/78 alle locazioni dei beni pubblici. 4. Conclusioni
Premessa.
Le Amministrazioni Pubbliche (es. Comuni, Province, Regioni, Stato e gli Enti vigilati o partecipati dagli stessi) possono locare i beni di loro proprietà nella misura in cui l’immobile appartenga alla categoria dei beni patrimoniali disponibili, nella consapevolezza che “l’attribuzione a privati dell’utilizzazione di beni del demanio o del patrimonio indisponibile è sempre riconducibile alla figura della concessione - contratto, atteso che il godimento dei beni pubblici, stante la loro destinazione alla diretta realizzazione d’interessi pubblici, può essere legittimamente attribuito ad un soggetto diverso dall’ente titolare del bene (entro certi limiti e per alcune utilità) solo mediante concessione amministrativa e, quindi, i negozi relativi all’utilizzazione di detti beni non possono dar luogo se non ad atti di concessione in godimento temporaneo, come tali per loro natura revocabili e perciò incompatibili con la disciplina propria delle locazioni degli immobili urbani” [1].
Ipotesi ricorrente è quella della successione, in caso di morte del conduttore originario nel corso del rapporto locativo, di soggetti eredi o aventi causa di quest’ultimo, nella detenzione dell’unità immobiliare.
Il presente contributo si propone di valutare l’applicabilità, a tali fattispecie, delle norme disciplinanti la successione nei negozi di locazione stipulati tra privati e il conseguente carattere legittimo o meno delle relative detenzioni.
1.La disciplina della successione nel contratto di locazione di immobili ad uso abitativo.
L’art 6 della legge 392 del 1978 – nota come “legge sull’equo canone” – disciplina la successione nel contratto di locazione ad uso abitativo stabilendo che “In caso di morte del conduttore, gli succedono nel contratto il coniuge, gli eredi ed i parenti ed affini con lui abitualmente conviventi, succedono nel contratto il coniuge, gli eredi ed i parenti ed affini con lui abitualmente conviventi.
In caso di separazione giudiziale, di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso, nel contratto di locazione succede al conduttore l'altro coniuge, se il diritto di abitare nella casa familiare sia stato attribuito dal giudice a quest'ultimo. In caso di separazione consensuale o di nullità matrimoniale al conduttore succede l'altro coniuge se tra i due si sia così convenuto”.
La norma - non abrogata e, pertanto, pienamente efficace anche dopo l’entrata in vigore dell’attuale normativa del 1998 - indica vari soggetti quali aventi diritto a succedere nel rapporto locatizio, sia nell’ipotesi di decesso del conduttore, sia in altre ipotesi per lo più legate alla famiglia (in relazione alla separazione, al divorzio e alla convivenza), ma anche riguardanti, in generale, la successione tra vivi.
Essa è, evidentemente, posta a tutela delle descritte categorie soggettive di successibili allo scopo di evitare loro un pregiudizio quando hanno trovato nell’immobile in cui dimorava il conduttore un punto di riferimento stabile e un’abitazione, appunto, abituale.
L’art. 6 distingue la fattispecie del subentro in caso di decesso del conduttore – in cui il diritto al subentro è riservato al coniuge, agli eredi e ai parenti e affini, abitualmente conviventi con il conduttore – dall’ipotesi di separazione giudiziale o divorzio in cui nel contratto locativo succede l’altro coniuge non intestatario del contratto, se il diritto ad abitare nella casa coniugale è attribuito giudizialmente a quest’ultimo. In caso di separazione consensuale ovvero di nullità del matrimonio, succede l’altro coniuge, se tra i due sia così convenuto [2].
Per completezza espositiva, si rileva che la Corte Costituzionale[3] ha esteso il diritto al convivente “more uxorio” e al separato di fatto (in quest’ultimo caso, ove vi sia accordo in tal senso tra i coniugi) ampliando, in modo rilevante, la portata della norma.
2.Morte del conduttore e successione nelle locazioni ad uso abitativo.
In ordine, in particolare, alla successione mortis causa nel contratto locatizio, la norma in rassegna, come suesposto, legittima una “sopravvivenza” del negozio giuridico alla morte del conduttore, pur essendo la locazione generalmente inclusa tra i contratti intuitu personae.
Invero, tra le diverse vicende particolari che possono interessare la locazione di tali beni, di assoluta importanza è quella attinente alla sorte del contratto nel caso in cui muoia il conduttore originario.
La successione mortis causa nel contratto di locazione in caso di morte del conduttore viene ricondotta dalla dottrina all’interno del novero delle cd. successioni anomale legali, così definite in quanto derogano al principio di unità della successione [4].
Si tratta del principio generale, che governa l’intera materia successoria, in forza del quale l’intero patrimonio del de cuius (comprese le posizioni contrattuali), laddove non abbia disposto legati, deve essere destinato a tutti i chiamati all’eredità per testamento o per legge. L’anomalia è soggettiva e consiste nell’attribuzione del diritto successorio a soggetti diversi dagli ordinari successibili ex art. 565 c.c. In sostanza, a subentrare nella posizione contrattuale della parte defunta non sono tutti gli eredi (testamentari o legali) – in virtù del principio generale di prosecuzione del rapporto contrattuale con gli eredi del contraente deceduto, operante per tutte le vicende negoziali che non siano basate su una rilevante identità personale ai fini dell’adempimento (cd. intuitu personae) – ma solo determinati soggetti espressamente individuati agli artt. 6 e 37 della L. n. 392 del 1978, a prescindere dal fatto che essi siano o meno suoi eredi [5].
Così, mentre di norma, nei contratti non conclusi “intuitu personae” la morte di un contraente non fa venire meno l’accordo, succedendo gli eredi in tutti i diritti e gli obblighi rispettivamente posti a favore e a carico del loro dante causa, nonché nei rapporti contrattuali da questi conclusi, la giurisprudenza della Suprema Corte ha costantemente precisato (con diverse decisioni omogenee sul punto) che l’erede non convivente del conduttore di un immobile adibito ad uso abitativo non gli succede nella detenzione qualificata (concetto riaffermato, anche di recente dalla Suprema Corte, con ordinanza n. 26670 del 10 novembre 2017, nella quale si è riaffermato che l’erede non convivente del conduttore di un’abitazione non gli succede nella detenzione dell’alloggio, poiché il contratto in tal caso si estingue con la morte del titolare e legittima la richiesta di rilascio del bene occupato da parte del proprietario) [6].
Tale consolidato orientamento giurisprudenziale trova fondamento nel fatto che, in tale ipotesi, il titolo si estingue con il decesso del titolare del rapporto (come nel caso di decesso del titolare dei diritti di usufrutto, uso e abitazione), di guisa che, l’avente causa non convivente deve essere qualificato mero detentore precario dell’immobile locato al de cuius.
Ne consegue che, in questo caso, nei riguardi del successore il locatore potrà esperire le azioni di rilascio non già sulla base del contratto d’affitto, ma soltanto quelle di rilascio per occupazione senza titolo e di responsabilità aquiliana [7].
Un’importante precisazione si impone.
Le categorie di successibili descritte dal primo comma dell’art. 6 della legge n. 392 del 1978, subentrano nel contratto “iure proprio” e non anche iure hereditatis: la norma, infatti, prevede una successione ex lege di tali soggetti in presenza delle condizioni soggettive e oggettive dalla stessa richieste.
Con la conseguenza che il rapporto locatizio viene separato dal complesso dei rapporti facenti capo al defunto e trasmessi agli eredi, per essere trasferito automaticamente a determinati soggetti che la legge ha inteso tutelare direttamente [8].
La circostanza ha un significativo rilievo pratico, in quanto chi succede nella locazione ex art. 6 legge n. 392 cit., ma non subentra nel rapporto anche quale erede, non dovrà rispondere nei confronti del locatore per canoni pregressi e per altre obbligazioni passate attinenti al contratto, né potrà vantare diritti per la fase pregressa (poiché solo l’erede sarà titolare dei relativi diritti e obblighi, sia dal lato passivo, che da quello attivo).
La condizione oggettiva richiesta dall’art 6 al fine del subentro nel contratto locativo è rappresentata dalla “convivenza abituale” con il (deceduto) conduttore.
Sul concetto di convivenza si è reiteratamente pronunciata la giurisprudenza di legittimità chiarendo, innanzitutto, che l’art. 6, primo comma cit., nel caso di decesso del conduttore, si applica non solo se la morte riguardi il conduttore originario, ma anche quando riguardi un soggetto precedentemente subentrato ai sensi della medesima disposizione legislativa, nella posizione di conduttore[9] (cfr. Cass. 13 febbraio 2013 n. 3548); che il coniuge del conduttore, subentrato nel contratto in base alla norma analizzata, non può vantare nei confronti del proprietario dell’immobile una situazione soggettiva più forte della detenzione qualificata spettante al conduttore stesso.
La convivenza con il conduttore defunto, cui, ai sensi dell'art. 6 della legge n. 392 del 1978, è subordinata la successione nel contratto di locazione di immobile adibito ad uso di abitazione, costituisce una situazione complessa caratterizzata da una convivenza “stabile ed abituale”, da una “comunanza di vita”, preesistente al decesso, non riscontrabile qualora il pretendente successore si sia trasferito nell'abitazione locata soltanto per ragioni transitorie [10].
Con la conseguenza che, “ai fini dell’usucapione dell’immobile, il conduttore anzidetto deve tenere una condotta concretantesi in un’interversione della detenzione in possesso, ai sensi dell’art. 1141 c.c.[11]” (Cass. Civ. 21 novembre 2011 n. 24456).
3.Applicabilità dell’art. 6 alle locazioni di beni pubblici.
Quanto precede trova applicazione non soltanto ai contratti locativi stipulati tra soggetti privati ma anche alle locazioni ad uso abitativo delle quali sia parte contraente una Pubblica Amministrazione nell’esercizio della propria attività iure privatorum purchè i subentranti siano ascrivibili alle categorie soggettive dei successibili ai sensi dell’art. 6 delle legge n. 392/1978.
Invero, lo strumento giuridico attraverso il quale concedere a terzi il diritto di (mera) utilizzazione del bene pubblico disponibile è rappresentato dallo schema negoziale privatistico della locazione, come chiarito dalla giurisprudenza che evidenzia come “questa corretta impostazione, incentrata sulla diversa natura oggettiva dei beni, pur soggettivamente riferibili al titolare pubblico, determina anche conseguenze in ordine alla individuazione degli strumenti giuridici utilizzabili per attribuire a soggetti terzi il diritto di utilizzazione. Tali mezzi non sono affatto fungibili per tutti i beni soggettivamente appartenenti all'amministrazione, ma devono risultare congruenti alle regole proprie di ciascuna categoria di beni. In tale prospettiva, il modulo pubblicistico della concessione appare l'unico pienamente compatibile con il regime dei beni pubblici in senso stretto (patrimonio indisponibile e demanio). Non sembra avere spazio, invece, lo schema normativo della locazione di diritto comune, se non nei limitati margini in cui la relativa disciplina sia puntualmente recepita nelle convenzioni accessive al provvedimento, oppure esprima alcuni principi di carattere generalissimo, idonei a colmare eventuali lacune di disciplina del rapporto” [12](Consiglio di Stato, sez. V, 6 dicembre 2007, n. 6265) e che “in difetto di tali condizioni e della conseguente ascrivibilità del bene al patrimonio indisponibile, la cessione in godimento del bene medesimo in favore di privati non può essere ricondotta ad un rapporto di concessione amministrativa (demaniale), ma, inerendo ad un bene facente parte del patrimonio disponibile, al di là del nomen iuris che le parti contraenti abbiano inteso dare al rapporto, essa viene ad inquadrarsi nello schema privatistico della locazione” [13](Consiglio di Stato, sez. V, 8 luglio 2019, n. 4784).
Come sopra già osservato, i soggetti di cui all’art 6 subentrano nel contratto “iure proprio” e non anche per diritto di successione ereditaria, con la conseguenza che il rapporto locatizio viene trasferito in modo automatico a determinati soggetti che la legge ha inteso tutelare direttamente.
La ratio della descritta normativa non può essere certo disattesa in ragione della natura pubblica dei beni locati, nella ferma consapevolezza che i suddetti non si sottraggono alla disciplina di cui alla legge n. 392 del 1978.
A corroborare la suesposta tesi concorre ancora la giurisprudenza di legittimità la quale ha affermato che “Gli alloggi costruiti dall'Inps e concessi in locazione ai dipendenti o ai terzi per uso abitativo debbono ritenersi di regola, soggetti alle disposizioni del capo primo della l. 27 luglio 1978 n. 392…” (Cassazione civile sez. III, 13/02/1993, n.1832) e, più di recente, seppure con riferimento alle locazioni ad uso non abitativo, ha altresì, ritenuto che “Ai contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, anche se stipulati dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali in qualità di locatori, è applicabile la disciplina dettata dagli artt. 28 e 29 della l. n. 392 del 1978, in quanto in base a tali norme, a differenza dell'ipotesi regolata dall'art. 1597 c.c., la protrazione del rapporto, anche alle scadenze successive alla prima, non costituisce l'effetto di una tacita manifestazione di volontà - successiva alla stipulazione del contratto e presunta in virtù di un comportamento concludente - ma deriva direttamente dalla legge; ne consegue che il contratto dovrà intendersi automaticamente rinnovato in mancanza di tempestiva disdetta, la quale inoltre, alla prima scadenza, potrà ritenersi idonea a impedire la rinnovazione solo se esercitata per uno dei motivi di cui all'art. 29 con le modalità e i termini ivi previsti” (Cassazione civile sez. III, 05/12/2023, n.34010).
Consegue che, anche in caso di decesso del conduttore di un immobile appartenente al patrimonio disponibile di un Ente pubblico – ipotesi ricorrente -– coloro i quali erano con lui conviventi abituali, continuano nella detenzione qualificata dell’immobile nella misura in cui appartengano alle categorie soggettive descritte dall’art 6 della legge n. 392, id.est. siano coniuge, eredi e parenti e affini al de cuius.
Di contro, “in tema di dismissione del patrimonio locato della P.A. e quindi di obbligazioni, l'assenza della pregressa abituale convivenza dell'erede osta alla successione mortis causa nella detenzione qualificata ed all'esercizio del diritto di opzione di compravendita del bene: così, il rapporto negoziale si estingue con il decesso del soggetto, ergo unico titolare, del contratto. E', quindi, legittima, e va pertanto confermata la sentenza di merito con cui, accertati il trasferimento della residenza anagrafica dopo il decesso della madre conduttrice, la mancata prova della convivenza da parte della figlia e le contestazioni ad hoc da parte del Comune proprietario dell'immobile, vengano negati l'acquisizione, da parte della figlia, della posizione di conduttrice ed il relativo subentro nel contratto e, quindi, venga ordinato l'immediato rilascio dell'appartamento” (Cassazione civile sez. III, 23/06/2015 n.12916).
4.Conclusioni
Con la legge n. 392 del 1978 il legislatore ha inteso regolamentare con norme speciali – rispetto alla disciplina contenuta nel Codice Civile per tutti i contratti e per la locazione in generale - le locazioni di immobili urbani.
Tale disciplina si applica sia alle locazioni aventi ad oggetto beni privati che a quelle relative ai beni pubblici, ad uso abitativo.
L’art 6 della legge – norma non abrogata dalla vigente legge n. 431 del 1998 – contempla una successione ex lege degli appartenenti alla categoria dei soggetti successibili dalla medesima descritti, la cui ratio è esclusivamente quella di evitare un pregiudizio a coloro i quali avevano trovato nell’immobile in cui dimorava il conduttore un punto di riferimento stabile e un’abitazione, appunto, abituale.
La natura pubblica dell’immobile locato non cambia il fatto che il rapporto giuridico tra le parti resti regolato dallo strumento privatistico del contratto di locazione e che la natura del rapporto medesimo, così instaurato con il locatore, non venga perciò solo alterata, quand’anche l’Ente pubblico avesse indetto facoltativamente una gara finalizzata alla scelta del contraente[14].
Per l’effetto, ove nel corso del rapporto locativo di un bene patrimoniale disponibile a uso abitativo, alla morte dell’originario conduttore, fossero succeduti nella medesima locazione i soggetti di cui all’art. 6 che erano abitualmente conviventi con il de cuius, non vi è ragione alcuna per ritenere gli stessi privi di titoli legittimanti l’occupazione delle unità immobiliari.
Ove, di contro, l'erede non fosse convivente del conduttore non potrebbe succedergli nella detenzione qualificata, e “poiché il titolo si estingue con la morte del titolare del rapporto (analogamente al caso di morte del titolare dei diritti di usufrutto, uso o abitazione), quegli è un detentore precario della res locata al de cuius, sicchè nei suoi confronti ben sono esperibili le azioni di rilascio per occupazione senza titolo e di responsabilità extracontrattuale” [15].
* Avvocato della Regione Campania.
[1] Corte appello Firenze sez. II, 08/11/2004
[2] R.Redivo, “La successione nel contratto di locazione”, in Foroeuropeo Editore - i quaderni giuridici
[3] Corte Costituzionale n. 404/1988 e molte altre conformi.
[4] F.Cosenza, “Successione nel contratto di locazione”, 28/07/2024, disponibile qui: http://www.notaiofabiocosenza.it/2024/07/28/successione- nel-contratto-di-locazione/
[5] F.Cosenza, “Successione nel contratto di locazione”, 28/07/2024, disponibile qui: http://www.notaiofabiocosenza.it/2024/07/28/successione- nel-contratto-di-locazione/
[6] R.Redivo, “La successione nel contratto di locazione”, in Foroeuropeo Editore - i quaderni giuridici
[7] R.Redivo, “La successione nel contratto di locazione”, in Foroeuropeo Editore - i quaderni giuridici
[8] R.Redivo, “La successione nel contratto di locazione”, in Foroeuropeo Editore - i quaderni giuridici
[9] Cass. Civ.13 febbraio 2013 n. 3548
[10] Cassazione civile sez. III, 11/02/2008, n. 3251 in Giust. civ. Mass. 2008, 2, 205 (Nella specie, in applicazione dl tale principio, la S.C. ha escluso che potesse riscontrarsi una pregressa, abituale convivenza tra l'anziana nonna e il nipote trasferitosi nell'abitazione da questa condotta in locazione per assisterla)
[11] L’art 1141 c.c. così dispone “Si presume il possesso in colui che esercita il potere di fatto, quando non si prova che ha cominciato a esercitarlo semplicemente come detenzione. Se alcuno ha cominciato ad avere la detenzione, non puo' acquistare il possesso finche' il titolo non venga a essere mutato per causa proveniente da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro il possessore. Cio' vale anche per i successori a titolo universale”.
[12] Per una consultazione del testo integrale delle sentenze si rinvia al sito istituzionale www.giustizia-amministrativa.it
[13] Per una consultazione del testo integrale delle sentenze si rinvia al sito istituzionale www.giustizia-amministrativa.it
[14] In tale senso Cassazione, Sezioni unite, 8 luglio 2015, n. 14185.
[15] Cassazione civile sez. VI, 10/11/2017, n.26670, Giustizia Civile Massimario 2018. In senso conforme: Cass. Civ., sez. 03, del 22/05/2001, n. 6965.