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Anno XVII - n. 05 - Maggio 2025

  Temi e Dibattiti



L’incentivo per funzioni tecniche negli affidamenti diretti in house providing.

Di Danilo Menna, Andrea Ruggieri e Fabio Zuccarini
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L’INCENTIVO PER FUNZIONI TECNICHE NEGLI AFFIDAMENTI DIRETTI IN HOUSE PROVIDING

 

Di Danilo Menna, Andrea Ruggieri e Fabio Zuccarini *

 

Abstract

Lo scritto tratta del riconoscimento degli incentivi tecnici ai dipendenti pubblici che hanno svolto attività nell’ambito di una procedura di affidamento in house providing di un contratto pubblico nel contesto del nuovo quadro normativo di cui all’art. 45 del D.Lgs 36/2023.

 

The paper is about the recognition of tecnical incentives to public employees supervising in house providing procedure for a public contract referred to the new regulation art. 45 from D.Lgs 36/2023

 

Sommario: 1. Introduzione; 2. L’in house quale affidamento diretto parificato a quello privato e l’obbligo di nomina del RUP; 3. Sul controllo analogo e sulla natura contrattuale del rapporto nella gestione in house; 4. Attività che precedono l’affidamento e consequenzialità delle fasi della relativa procedura; 5. Inquadramento normativo degli incentivi tecnici e pareri ANAC. 6. Il parere positivo della Corte dei Conti; 7. Conclusioni

 

  1. Introduzione

 

Il precedente Codice dei contratti pubblici, il D.Lgs 50/2016, prevedeva il riconoscimento degli incentivi tecnici esclusivamente nell’ambito di “procedure di gara”.

Il nuovo Codice dei contratti pubblici, il D.Lgs 36/2023, in particolare l’art. 45, ha innovato la previgente normativa collegando l’incentivo tecnico all’espletamento di “procedure di affidamento”.

A riguardo, l’ANAC ha confermato che l’incentivo tecnico opera anche nel contesto degli affidamenti diretti[1].

Tuttavia, la medesima Autorità, in continuità con la previgente normativa, solleva perplessità sul riconoscimento degli incentivi tecnici nell’ambito di una particolare procedura di affidamento diretto, ovverosia quella in house providing (di seguito, in house)[2]. La posizione sorprende tenuto conto l’in house rappresenta l’affidamento diretto per eccellenza.

Inoltre, a ben guardare, si è in presenza di un’interpretazione che sconfina nell’integrazione normativa non effettuando la nuova disposizione alcuna differenzazione tipologica.

La contestazione attiene al fatto che la società pubblica in house agisce come longa manus dell’amministrazione pubblica proprietaria. Più precisamente, il controllo analogo esercitato sulla società pubblica farebbe venir meno sul piano sostanziale l’alterità soggettiva (cioè, la terzietà) tra i due soggetti, cosicché l’incentivo tecnico non sarebbe giustificato trattandosi di un affidamento sostanzialmente simulato, da considerarsi alla stregua di un’attività svolta in modo totalmente internalizzato.

In effetti, il controllo analogo incide sull’alterità soggettiva dei due enti ma ciò è del tutto irrilevante perché esso attiene esclusivamente alla governance societaria.

D’altronde, riguardo al controllo analogo è stato evidenziato che “se tale potere fosse del tutto sovrapponibile a quello gerarchicamente esercitato dall’ente pubblico su una sua articolazione interna, verrebbe meno la esistenza, anche codicistica, della società in house, che deve invece permanere […] il controllo analogo non è un controllo assoluto come su un pubblico ufficio” ma questo è limitato e deve “incidere sulla complessiva governance dell’attività della società in house”[3].

Quello che invece rileva ai fini del riconoscimento degli incentivi è che l’affidamento in house è un’esternalizzazione a tutti gli effetti, al pari di un affidamento fatto in favore di un operatore privato[4].

Quindi, la legittimità del riconoscimento degli incentivi tecnici è da collegarsi unicamente all’attività lavorativa dei dipendenti pubblici, che è sostanzialmente la stessa indipendentemente dal modello di gestione scelto, al netto di una particolarità: nella gara l’operatore privato è individuato, appunto, mediante gara; nell’in house l’affidamento è effettuato sulla base di una motivazione rafforzata ai sensi di legge. Le altre fasi (programmazione, progettazione ed esecuzione) non subiscono variazioni.

Si evidenzia, poi, che di recente il Giudice contabile si è espresso positivamente sull’applicabilità dell’art. 45 del Codice ai dipendenti delle società in house[5]. Come si dirà meglio in seguito, il parere in questione è particolarmente rilevante anche per il riconoscimento degli incentivi tecnici ai dipendenti pubblici tenuto conto che il ragionamento giuridico alla sua base è perfettamente calzante anche a quest’ultima ipotesi. E si anticipa che le argomentazioni di tale parere si pongono in antitesi rispetto a quelle espresse dall’ANAC.

I paragrafi di commento ai pareri espressi dalla citata Autorità e dal Giudice contabile sono posti alla fine del presente scritto perché è importante che si arrivi alla loro lettura dopo la corretta ricostruzione del quadro normativo di riferimento.

Nell’analisi che segue verranno affrontati diversi argomenti che supportano le tesi del riconoscimento degli incentivi tecnici ai dipendenti pubblici, tra questi:

  • la parificazione tra affidamento diretto privato e quello pubblico;
  • la natura contrattuale del rapporto che si instaura tra ente pubblico e società in house;
  • la consequenzialità delle fasi della procedura di affidamento.

In generale, c’è poi da sottolineare che la questione degli incentivi tecnici non incide soltanto sulle legittime aspettative del personale interno dell’ente pubblico ma anche e soprattutto sulla qualità dei servizi erogati al cittadino.

L’incentivo è per sua natura un mezzo per raggiungere un fine più alto, ovverosia il valore pubblico. Tale fine passa necessariamente attraverso una gestione oculata delle diverse fasi di una procedura di affidamento di una commessa pubblica.

Il mancato riconoscimento dell’incentivo tecnico al personale interno nell’ambito di un affidamento in house, oltre a concretizzarsi in una disparità di trattamento tra i dipendenti di un medesimo ente, avrebbe quale conseguenza una minore qualità di tutte le fasi della procedura, quindi un impatto negativo sui servizi erogati e una tendenza del personale interno a preferire la gara anche laddove il miglior modello di gestione risultasse essere la gestione pubblica in house.

 

  1. L’in house quale affidamento diretto parificato a quello privato e l’obbligo di nomina del RUP.

 

L’in house è notoriamente una procedura di affidamento diretto, cioè senza gara.

Quanto appena affermato è sancito anche per legge dall’art. 7 del D.Lgs 36/2023 (Codice dei contratti pubblici) che al comma 2 dispone letteralmente che “le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono affidare direttamente a società in house lavori, servizi e forniture, nel rispetto dei principi di cui agli articoli 1, 2 e 3 […]”.

Non solo.

Tale affidamento è parificato a tutti gli effetti agli affidamenti diretti che si effettuano in favore di operatori economici privati.

Infatti, nella Relazione di accompagnamento al Codice dei contratti pubblici viene chiarito che “Il comma 2 - dell’art. 7 - disciplina la motivazione per il ricorso all’in house, chiarendo, al primo periodo, che il ricorso a tale modello gestionale è accomunato all’affidamento mediante il ricorso al mercato dall’applicazione dei medesimi principi indicati agli artt. 1, 2 e 3 (principio del risultato, principio della fiducia, principio dell’accesso al mercato).

La parificazione tra l’affidamento diretto pubblico (in house) e quello privato è confermata anche dall’art. 23, comma 5, del Codice che, per la prima volta, dispone l’acquisizione del Codice identificativo gara (CIG) anche per gli affidamenti in house (Cfr. Parere MIT del 29 ottobre, n. 2863)[6].

Quindi, a differenza di quanto sostenuto dall’orientamento che nega gli incentivi tecnici negli affidamenti in house, si evidenzia che non solo l’ordinamento non fa distinzioni tipologiche tra i vari affidamenti diretti ai fini del riconoscimento degli incentivi di cui all’art. 45 del Codice ma, al contrario, per interpretazione autentica del legislatore l’affidamento diretto in house va considerato al pari di quello operato in favore di soggetti privati.

Ne consegue che trova certamente applicazione anche per gli affidamenti in house quanto disposto dall’art. 15 del D.Lgs 36/2023, ovverosia che il RUP “è indicato nel bando o nell'avviso di indizione della gara, o, in mancanza, nell'invito a presentare un'offerta o nel provvedimento di affidamento diretto”

E dall’individuazione del RUP effettuata ai sensi dell’art. 15 del Codice prendono avvio anche le attività ivi previste da cui maturano gli incentivi tecnici regolamentati dall’art. 45 del medesimo Codice.

Del resto, è lo stesso legislatore che riconosce esplicitamente gli incentivi tecnici negli affidamenti in house. Infatti, l’art. 1, comma 4, del Codice, richiamato dall’articolo 7 in commento, stabilisce che il criterio del risultato costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto, nonché per “[…] b) attribuire gli incentivi secondo le modalità previste dalla contrattazione collettiva”.  Sul punto, si ricorda che gli incentivi tecnici rientrano nella contrattazione collettiva integrativa.

 

  1. Sul controllo analogo e sulla natura contrattuale del rapporto nella gestione in house.

 

Il controllo analogo, sulla cui base si sostiene la questione dell’alterità soggettiva che farebbe venire meno il diritto all’incentivo tecnico, è in concreto un requisito che consente, unitamente ad altri requisiti, di non applicare la materia della concorrenza, quindi procedere con un affidamento diretto anziché mediante gara.

Quanto appena esposto è sancito dalla normativa della normativa europea sulle procedure per l'affidamento dei contratti pubblici[7], che dispone: “Un appalto pubblico aggiudicato da un’amministrazione aggiudicatrice a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato non rientra nell’ambito di applicazione della presente direttiva quando siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni: […]” controllo analogo, attività prevalente e partecipazione pubblica.

Nell’ambito del controllo analogo, i controlli devono interessare sia organi, quindi strutturali, sia gli atti, ovvero le azione e i comportamenti: gli organi nel senso che l'ente proprietario deve avere il potere di nomina e revoca quantomeno della maggioranza dei componenti degli organi di gestione, di amministrazione e di controllo; la gestione, nel senso che l'ente affidante, oltre al potere di direttiva e di indirizzo, deve avere anche quello di autorizzare o di annullare quantomeno gli atti più significativi della società.[8]

Infatti “deve trattarsi di una possibilità di influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti di detta società (v. sentenza 13 ottobre 2005, causa C-458/03, Parking Brixen, Racc. pag. I-8585, punto 65)”[9].

In tal senso, l’articolo 2 del D.Lgs 175/2016 (TUSP) definisce il controllo analogo come “un'influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società controllata”.

Sulla base di tale caratteristica si afferma – correttamente – l’assenza di terzietà sostanziale tra l’ente pubblico proprietario e la società in house.

Elementi indicativi della presenza del controllo analogo sono rinvenibili nelle Linee guida n. 7, di attuazione del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 recanti “Linee Guida per l’iscrizione nell’Elenco delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house previsto dall’art. 192 del d.lgs. 50/2016”([10]), predisposta dall'ANAC ai fini dell'iscrizione delle società in house nell'apposito elenco ai sensi dell'art. 192 del Codice dei contratti pubblici.

Al punto 6.3.1 delle Linee guida si evidenzia che possono essere individuati tre diverse modalità temporali di controllo da considerarsi cumulative:

  1. a) un «controllo ex ante», esercitabile, ad esempio, attraverso:  la previsione, nel documento di programmazione dell’amministrazione aggiudicatrice, degli obiettivi da perseguire con l’in house providing, anche mediante l’utilizzo di indicatori qualitativi e quantitativi;  la preventiva approvazione, da parte dell’amministrazione aggiudicatrice o dell’ente aggiudicatore, dei documenti di programmazione, delle deliberazioni societarie di amministrazione straordinaria, degli atti fondamentali della gestione quali, la relazione programmatica, il piano degli investimenti, il piano di sviluppo, il piano industriale, il piano economico-finanziario, il piano occupazionale, gli acquisti, le alienazioni patrimoniali, e gli impegni di spesa di importi superiori ad un determinato limite, ecc.
  2. b) un «controllo contestuale», esercitabile, ad esempio, attraverso:  la richiesta di relazioni periodiche sull’andamento della gestione;  la verifica dello stato di attuazione degli obiettivi, con individuazioni delle azioni correttive in caso di scostamento o squilibrio finanziario;  la previsione della possibilità di fornire indirizzi vincolanti sulle modalità di gestione economica e finanziaria dell’organismo in house;
  3. c) un «controllo ex post», esercitabile, ad esempio, in fase di approvazione del rendiconto, dando atto dei risultati raggiunti dall’organismo in house e del conseguimento degli obiettivi prefissati e fornendo indicazioni di indirizzo sugli obiettivi per la programmazione successiva.

Da quanto sopra si evince che il controllo analogo attiene al rapporto che si instaura tra l’ente pubblico e la società in house ma con esclusivo riferimento alla governance societaria.

Il controllo analogo viene esercitato, infatti, in via principale sugli atti strategici della società di programmazione e rendicontazione (piano industriale; piano economico finanziario, bilancio d’esercizio etc.) e sulle operazioni straordinarie.

Quando si afferma che il controllo è analogo a quello effettuato sui propri servizi bisogna tenere in considerazione che tale analogia “è una mera prossimità ontologica, che non può essere confusa con l’assoluta identità”, altrimenti verrebbe meno l’esistenza, anche codicistica, della società in house. Tra i due enti non sussiste un controllo gerarchico e la società in house resta un soggetto distinto rispetto all’ente pubblico proprietario, che ha un potere di controllo analogo sulla prima limitato alla governance[11].

La distinta personalità giuridica e la presenza del controllo analogo limitato alla governance portano a concludere che la gestione in house non è assolutamente paragonabile ad una gestione interna svolta in via diretta dai dipendenti pubblici, sebbene la gestione in house sia da ricondurre al principio di autorganizzazione[12].

Ne consegue che l’affidamento in house assume la forma di una vera e propria esternalizzazione[13].

Ciò è confermato anche dalla statuizione della giurisprudenza, secondo cui “la società di capitali a partecipazione pubblica non muta la sua natura di soggetto di diritto privato solo perché gli enti pubblici (comune, provincia e simili) ne posseggono, in tutto o in parte, le partecipazioni, in quanto non assume rilievo alcuno, per le vicende della società medesima, la persona dell'azionista” dato che la stessa “quale persona giuridica privata, opera comunque nell'esercizio della propria autonomia negoziale. Le controversie di contenuto meramente patrimoniale, afferenti alla fase dell’esecuzione di un contratto, rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario[14].

E, notoriamente, l’esternalizzazione è regolata contrattualmente, indipendentemente dalla natura pubblica o privata dell’operatore economico chiamato a svolgere le prestazioni.

D’altronde è lo stesso legislatore ad individuare la natura contrattuale del servizio esternalizzato, anche in house.

Infatti, con riguardo ai servizi pubblici locali di rilevanza economica, l’art. 24 del D.Lgs 201/2022 stabilisce che “i rapporti tra gli enti affidanti e i soggetti affidatari del servizio pubblico […] sono regolati da un contratto di servizio”. L’art. 17, che tratta specificamente degli affidamenti in house al comma 3, dispone, appunto, che “il contratto di servizio è stipulato […]”.

In coerenza con la natura contrattuale del rapporto, il pagamento del corrispettivo alla società in house avviene dietro presentazione di una fattura. 

 

  1. Attività che precedono l’affidamento e consequenzialità delle fasi della relativa procedura

 

A titolo indicativo e non esaustivo, le principali disposizioni del D.Lgs 36/2023 che si occupano dei ruoli e delle attività che precedono l’affidamento, incluso quello in house, sono:

  • l’art. 17 prevede: “Prima dell'avvio delle procedure di affidamento dei contratti pubblici le stazioni appaltanti e gli enti concedenti, con apposito atto, adottano la decisione di contrarre individuando gli elementi essenziali del contratto e i criteri di selezione degli operatori economici e delle offerte”;
  • l’art. 37 che tratta della programmazione dei lavori e degli acquisti di beni e servizi: le stazioni appaltanti “adottano il programma triennale dei lavori pubblici e il programma triennale degli acquisti di beni e servizi. I programmi sono approvati nel rispetto dei documenti programmatori e in coerenza con il bilancio e, per gli enti locali, secondo le norme della programmazione economico-finanziaria e i principi contabili […] Il programma triennale di acquisti di beni e servizi e i relativi aggiornamenti annuali indicano gli acquisti di importo stimato pari o superiore alla soglia di cui all'articolo 50, comma 1, lettera b)”;
  • l’art. 41 sulla progettazione: La progettazione in materia di lavori pubblici, si articola in due livelli di successivi approfondimenti tecnici: il progetto di fattibilità tecnico-economica e il progetto esecutivo […] La progettazione di servizi e forniture è articolata in un unico livello ed è predisposta dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti mediante propri dipendenti in servizio. L'allegato I.7 definisce i contenuti minimi del progetto”.
  • l’art. 15 specifica che il Responsabile unico di procedimento (RUP) è nominato nel primo atto di avvio dell’intervento pubblico da realizzare tra i dipendenti della stazione appaltante o dell’ente concedente, preferibilmente in servizio presso l’unità organizzativa titolare del potere di spesa, in possesso di specifici requisiti professionali. Il nominativo del RUP “è indicato nel bando o nell'avviso di indizione della gara, o, in mancanza, nell'invito a presentare un'offerta o nel provvedimento di affidamento diretto”. Il RUP assicura il completamento dell’intervento pubblico nei termini previsti e nel rispetto degli obiettivi connessi al suo incarico, svolgendo tutte le attività indicate nell’Allegato I.2, o che siano comunque necessarie, ove non di competenza di altri organi. Rispetto all’eventuale nomina di responsabili di fase viene specificato che “Le relative responsabilità sono ripartite in base ai compiti svolti in ciascuna fase, ferme restando le funzioni di supervisione, indirizzo e coordinamento del RUP”.
  • l’art. 114 dispone che “l'esecuzione dei contratti aventi ad oggetto lavori, servizi o forniture è diretta dal RUP, che controlla i livelli di qualità delle prestazioni. Il RUP, nella fase dell'esecuzione, si avvale del direttore dell'esecuzione del contratto o del direttore dei lavori, del coordinatore in materia di salute e di sicurezza durante l'esecuzione previsto dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nonché del collaudatore oppure della commissione di collaudo o del verificatore della conformità e accerta il corretto ed effettivo svolgimento delle funzioni ad ognuno affidate […] Per i contratti aventi ad oggetto servizi e forniture le funzioni e i compiti del direttore dell'esecuzione sono svolti, di norma, dal RUP […]L'allegato II.14 individua i contratti di servizi e forniture di particolare importanza, per qualità o importo delle prestazioni, per cui il direttore dell'esecuzione deve essere diverso dal RUP”. L’art. 32 dell’Allegato II.14 del D.Lgs 36/2023 che individua i servizi di particolare importanza.

In questo contesto, si inseriscono le norme sull’affidamento in house innanzitutto contenute all’art. 7, commi 2 e 3, del Codice dei contratti pubblici, ovverosia:

  • comma 2: “Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono affidare direttamente a società in house lavori, servizi o forniture, nel rispetto dei principi di cui agli articoli 1, 2 e 3. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottano per ciascun affidamento un provvedimento motivato in cui danno conto dei vantaggi per la collettività, delle connesse esternalità e della congruità economica della prestazione, anche in relazione al perseguimento di obiettivi di universalità, socialità, efficienza, economicità, qualità della prestazione, celerità del procedimento e razionale impiego di risorse pubbliche. In caso di prestazioni strumentali, il provvedimento si intende sufficientemente motivato qualora dia conto dei vantaggi in termini di economicità, di celerità o di perseguimento di interessi strategici. I vantaggi di economicità possono emergere anche mediante la comparazione con gli standard di riferimento della società Consip S.p.a. e delle altre centrali di committenza, con i parametri ufficiali elaborati da altri enti regionali nazionali o esteri oppure, in mancanza, con gli standard di mercato”;
  • Comma 3: “L'affidamento in house di servizi di interesse economico generale di livello locale è disciplinato dal decreto legislativo 23 dicembre 2022, n. 201”.

Riguardo al comma 3, cioè ai SIEG, l’art. 14 del D.Lgs 201/2022 dispone che l’ente locale può gestire tali servizi mediante i seguenti modelli di gestione:

  1. affidamento a terzi mediante procedura a evidenza pubblica, secondo le modalità previste dal dall'articolo 15, nel rispetto del diritto dell'Unione europea;
  2. affidamento a società mista, secondo le modalità previste dall'articolo 16, nel rispetto del diritto dell'Unione europea;
  3. affidamento a società in house, nei limiti fissati dal diritto dell'Unione europea, secondo le modalità previste dall'articolo 17;
  4. limitatamente ai servizi diversi da quelli a rete, gestione in economia o mediante aziende speciali di cui all'articolo 114 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000.

Il comma 2 del citato articolo 14 dispone che ai fini della scelta del modello di gestione l’ente locale e gli altri enti competenti tengono conto delle caratteristiche tecniche ed economiche del servizio da prestare, inclusi i profili relativi alla qualità del servizio e agli investimenti infrastrutturali, della situazione delle finanze pubbliche, dei costi per l'ente locale e per gli utenti, dei risultati prevedibilmente attesi in relazione alle diverse alternative, anche con riferimento a esperienze paragonabili, nonché dei risultati della eventuale gestione precedente del medesimo servizio sotto il profilo degli effetti sulla finanza pubblica, della qualità del servizio offerto, dei costi per l'ente locale e per gli utenti e degli investimenti effettuati […]”.

Il comma successivo precisa che “Degli esiti della valutazione di cui al comma 2 si dà conto, prima dell'avvio della procedura di affidamento del servizio, in un'apposita relazione nella quale sono evidenziate altresì le ragioni e la sussistenza dei requisiti previsti dal diritto dell'Unione europea per la forma di affidamento prescelta, nonché illustrati gli obblighi di servizio pubblico e le eventuali compensazioni economiche, inclusi i relativi criteri di calcolo, anche al fine di evitare sovra compensazioni”.

L’art. 17 del D.Lgs 201/2022 tratta poi specificamente dell’affidamento in house, quindi del caso in cui dalla relazione di cui all’art. 14 tale modello di gestione sia risultato quello migliore, disponendo: gli enti locali e gli altri enti competenti adottano la deliberazione di affidamento del servizio sulla base di una qualificata motivazione che dia espressamente conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato ai fini di un'efficiente gestione del servizio, illustrando, anche sulla base degli atti e degli indicatori di cui agli articoli 7, 8 e 9, i benefici per la collettività della forma di gestione prescelta con riguardo agli investimenti, alla qualità del servizio, ai costi dei servizi per gli utenti, all'impatto sulla finanza pubblica, nonché agli obiettivi di universalità, socialità, tutela dell'ambiente e accessibilità dei servizi, anche in relazione ai risultati conseguiti in eventuali pregresse gestioni in house, tenendo conto dei dati e delle informazioni risultanti dalle verifiche periodiche di cui all'articolo 30. Il contratto di servizio è stipulato decorsi sessanta giorni dall'avvenuta pubblicazione, ai sensi dell'articolo 31, comma 2, della deliberazione di affidamento alla società in house sul sito dell'ANAC”.

Spesso si ritiene erroneamente che l’affidamento in house sia un affidamento completamente scollegato dalla programmazione e dalla progettazione di opere, servizi e forniture, cosicché questo viene qualificato al pari di una sorta di accordo tra amministrazioni con una giustificazione che recita sostanzialmente così: “è una nostra società, la controlliamo…”.

Affidamenti così effettuati possono anche stabilizzarsi sotto il profilo amministrativo per il decorso dei termini di impugnazione ma non sono rispettosi della normativa.

L’affidamento in house, al pari degli altri affidamenti, deve essere programmato, progettato, affidato, eseguito e monitorato. D’altronde, come chiarito nel paragrafo precedente, il rapporto tra ente affidante e società in house è di tipo contrattuale.

L’unica vera differenza che si ha rispetto alla gara attiene alla procedura di selezione dell’operatore economico che avviene mediante una motivazione aggravata. Infatti, peri i servizi pubblici locali di rilevanza economica, schematicamente:

 

 

 

Fasi

Normativa di riferimento

 

Gara pubblica

In house providing

Programmazione

D.Lgs 36/2023

D.Lgs 36/2023

Progettazione (Relazione di contesto, capitolato prestazionale, quadro economico, piano economico finanziario) e schema di contratto

D.Lgs 36/2023

Art. 24 D.Lgs 201/2022

D.Lgs 36/2023

Art. 24 D.Lgs 201/2022

Approvazione del progetto

D.Lgs 36/2023

D.Lgs 36/2023

Individuazione del modello di gestione

Art. 7 comma 3 D.Lgs 36/2023

Art. 14 D.Lgs 201/2022

Art. 7 comma 3 D.Lgs 36/2023

Art. 14 D.Lgs 201/2022

Individuazione aggiudicatario

D.Lgs 36/2023

Art. 17 D.Lgs 201/2022

 

Riepilogando, si può affermare che tutte le norme procedurali richiamate nel presente paragrafo trovano applicazione anche nel caso dell’in house. Da qui, anche l’obbligo di riconoscere gli incentivi tecnici per le relative attività.

C’è da considerare, poi, anche l’aspetto dell’inderogabile consequenzialità delle diverse fasi della procedura di affidamento tenuto conto che la scelta dell’in house avviene soltanto a valle della procedura, cioè dopo la programmazione, la progettazione e la nomina del RUP.

Infatti, l’iter è sommariamente il seguente:

  • programmazione del lavoro, del servizio o della fornitura nel relativo atto di programmazione;
  • individuazione del RUP e del DEC quando previsto;
  • progettazione del lavoro o del servizio;
  • sulla base del progetto, scelta comparativa tra ricorso al mercato e in house;
  • affidamento del contratto a soggetto privato o in house.

 

Con un esempio si possono fornire ulteriori elementi.

Si immagini di dover affidare un contratto relativo al servizio di igiene urbana, che rientra nell’ambito dei SIEG.

Si ricorda che i servizi pubblici locali di rilevanza economica sono quelli maggiormente interessati dagli affidamenti in house, tra questi:

  • servizio di igiene urbana;
  • servizio idrico integrato;
  • trasporto pubblico locale;
  • illuminazione votiva;
  • servizi cimiteriali;
  • gestione dei parcheggi comunali;
  • gestione degli impianti sportivi;

Al fine di dare attuazione alle norme in parola, si dovrà procedere preliminarmente alla programmazione dell’investimento nel programma triennale dei servizi, alla nomina del RUP e alla determinazione degli elementi essenziali del contratto.

Infatti, prima dell’avvio della procedura di affidamento, ex art. 17 del Codice dei contratti, va fatta la determinazione a contrarre con l’indicazione degli elementi essenziali del contratto.

In merito agli elementi essenziali del contratto, va aggiunto che l’art. 24 del D.Lgs 201/2022 elenca il contenuto minimo del contratto di servizio.

In buona sostanza, prima dell’avvio della procedura di affidamento è necessario predisporre quantomeno il capitolato prestazionale e lo schema di contratto di servizio. E si evidenzia anche il fatto che la spesa per l’incentivo tecnico viene prevista in tale fase all’interno del quadro economico.

D’altronde, ciò è coerente con la previsione di cui all’art. 14 del D.Lgs 201/2022 secondo cui, sempre prima dell’avvio della procedura di affidamento, va redatta la relazione con cui si individua il miglior modello di gestione.

Infatti, la logica è che si predispone il progetto, che comprende il capitolato prestazionale e lo schema di contratto, e sulla base di questo si individua comparativamente il modello di gestione tra il ricorso al mercato (gara pubblica; gara a doppio oggetto) e l’affidamento diretto in house.

Dunque, si procede con l’affidamento: con la gara predisponendo il relativo disciplinare; con l’affidamento in house predisponendo la deliberazione di cui all’art. 17 D.lgs 201/2022 contenente la motivazione rafforzata idonea a dimostrare che l’in house è la migliore opzione.

Da quanto esposto si evince che anche a livello procedurale l’attività che si pone in essere per l’affidamento di un contratto pubblico è sostanzialmente il medesimo indipendentemente dal modello di gestione scelto, al netto dell’ultimo passaggio di cui al periodo precedente.

Si evidenzia, inoltre, che non è possibile immaginare procedure alternative per l’in house tenuto conto che la scelta del modello di gestione può avvenire solo comparativamente, cioè sulla base un progetto già definito. Diversamente, si andrebbero ad effettuare valutazioni viziate da eccesso di potere sotto diversi profili (carenza istruttoria, vizi della motivazione). A riguardo, si vadano a vedere le statuizioni della giurisprudenza relative alla relazione di cui all’art. 34 comma 20 del D.L. 179/2012 e all’art. 192 del D.Lgs 50/2016, oggi sostituito dagli artt. 14 e ss. del D.LGs 201/2022[15]. Infatti, ai fini di non ledere il principio di concorrenza, l’adempimento che si richiede al privato deve essere sostanzialmente lo stesso che poi andrà a svolgere la società pubblica, in maniera più efficiente. In altri termini, la scelta del modello di gestione non può effettuarsi sulla base di due progetti diversi.

D’altronde, tornando all’esempio, l’ente pubblico prima definisce le proprie esigenze di igiene urbana (ad esempio: x passaggi settimanali per la raccolta differenziata; x pulizie settimanali con la spazzatrice; elencazione delle strade e delle piazze con attività specifiche; etc.) e – solo - dopo è nelle condizioni di verificare se la propria società pubblica può soddisfare tali esigenze e con quale qualità rispetto ad un soggetto privato.

 

  1. Inquadramento normativo degli incentivi tecnici e pareri ANAC

 

L’art. 45 del D.Lgs 36/2023 dispone che “gli oneri relativi alle attività tecniche […] sono a carico stanziamenti previsti per le singole procedure di affidamento, servizi e forniture negli stati di previsione della spesa o nei bilanci delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti […] Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti destinano risorse finanziarie per le funzioni tecniche svolte dai dipendenti specificate nell’allegato I.10 e per le finalità indicate al comma 5, a valere sugli stanziamenti di cui al comma 1, in misura non superiore al 2 per cento dell’importo dei lavori, dei servizi e delle forniture, posto a base delle procedure di affidamento. Il presente comma si applica anche agli appalti relativi a servizi o forniture nel caso in cui è nominato il direttore dell’esecuzione”.

A differenza della previgente normativa che si riferiva alle “procedure di gara”, l’art. 45 in parola collega l’incentivo tecnico alle “procedure di affidamento”, tra cui rientrano certamente gli affidamenti diretti.

A tale riguardo l’ANAC, con il Parere n. 54 del 25 ottobre 2023, ha correttamente ed esaustivamente affermato quanto segue:

  • “Con l’art. 45 del Codice, quindi, al fine di superare le incertezze interpretative che hanno caratterizzato il previgente assetto normativo di settore, in ordine al riconoscimento dell’incentivo per funzioni tecniche (anche) nel caso di affidamento diretto di un contratto pubblico, il legislatore ha voluto chiarire che ora l’istituto trova applicazione per tutte le procedure di affidamento, incluso quindi l’affidamento diretto”;
  • “Possibilità questa che, nel previgente assetto normativo di settore recato dal d.lgs. 50/2016, era stata esclusa sulla base del tenore letterale dell’art. 113 del Codice, riferito – come sopra evidenziato - all’importo dei lavori, servizi e forniture, “posti a base di gara”;
  • peraltro, nonostante il dato letterale della norma “del previgente d.lgs. 50/2016 […] si è ritenuto ammissibile procedere al riconoscimento degli stessi nei «casi in cui “per la complessità della fattispecie contrattuale l’amministrazione, nonostante la forma semplificata dell’affidamento diretto, proceda allo svolgimento di una procedura sostanzialmente comparativa, la quale dovrà comunque emergere nella motivazione della determinazione a contrarre, in conformità al principio di prevalenza della sostanza sulla forma, di matrice comunitaria” (Sez. reg. Veneto, n. 121/2020/PAR)» (Corte dei conti, sez. Toscana, del. 234/2022/Par; in termini sez.reg. Sardegna n. 96/2022/Par)”;

 

Con tale pronuncia l’ANAC ha confermato il dato letterale della norma e, conseguentemente, ha riconosciuto l’applicabilità dell’art. 45 del Codice dei contratti anche agli affidamenti diretti, tra cui quello in house tenuto conto che la norma di legge non prevede alcuna differenziazione tipologica.

Tuttavia, sempre l’ANAC, con il Parere n. 36 del 03 luglio 2024, ha sostenuto l’impossibilità di riconoscere gli incentivi tecnici ai dipendenti degli enti pubblici nel caso di affidamenti in house: la società in house “presenta connotazioni tali da giustificare la sua equiparazione ad un "ufficio interno" dell’ente pubblico che l’ha costituita, una sorta di longa manus dello stesso; non sussiste quindi tra l’ente e la società un rapporto di alterità sostanziale, ma solo formale […] per effetto della descritta peculiarità degli affidamenti in house, non sia possibile riconoscere gli incentivi de quibus, stante il rapporto di immedesimazione organica rispetto all’ente dante causa e la conseguente assenza di terzietà della società in house”.

Quanto affermato in quest’ultimo parere è infondato per tutte le ragioni indicate nel presente scritto, a cui si rinvia.

 

  1. Il parere positivo della Corte dei conti

 

Con Deliberazione n. 72/2024/PAR la Corte dei Conti, Sezione di controllo per la Regione Sardegna, ha chiarito quanto segue: “la ratio sottostante alla misura degli incentivi tecnici è da individuarsi nella specifica finalità di valorizzazione delle professionalità interne all’amministrazione, incaricate di svolgere prestazioni altamente qualificate che, ove fossero affidate invece a soggetti esterni, sarebbero da considerare prestazioni libero-professionali, con conseguente incremento dei costi in termini di incarichi e consulenze a valere sul bilancio dell’ente pubblico (cfr. Sezione delle Autonomie, delibera n. 6/2018/QMIG, SRC Lazio, deliberazione n. 60/2020/PAR; Sezione delle Autonomie, deliberazione n. 10/2021/QMIG). Tale finalità è stata confermata dall’evoluzione normativa dell’istituto, che ha spostato l’ambito applicativo dell’incentivo dalla progettazione alla programmazione e realizzazione degli investimenti, ed ha integrato l’obiettivo premiale nel percorso di razionalizzazione della spesa, da realizzare innanzitutto evitando l’aggravio di oneri dovuto al mancato rispetto di tempi e costi secondo quanto programmato e/o all’esecuzione non conforme agli standard qualitativi concordati”.

Va innanzitutto evidenziato che quanto affermato dal Giudice contabile è ciò che si verifica nella realtà, ovverosia, poiché si pone in dubbio il riconoscimento degli incentivi tecnici ai dipendenti pubblici in materia di affidamenti in house, gli enti locali, sempre più spesso, si rivolgono a professionalità esterne per le relative procedure – ogni giorno più complesse - con aggravio dei costi per gli enti.

La Corte sottolinea poi che la disciplina in materia di funzioni tecniche è applicabile alle società in house in quanto esse stesse sono considerate pubbliche amministrazioni.

Alla stregua di siffatta premessa non ha pregio il dubbio dell’amministrazione richiedente il parere secondo cui l’art. 13 comma 2 del d. Lgs. n. 36/2023 prevede che le disposizioni del codice non si applicano ai contratti esclusi, ai contratti attivi e ai contratti a titolo gratuito, anche qualora essi offrano opportunità di guadagno economico, anche indiretto.

Non sembra infatti che i contratti realizzati dalle società in house sfuggano integralmente dal complesso della disciplina del nuovo codice dei contratti alla stregua della normativa di matrice europea richiamata; in ogni caso risponde a criterio di ragionevolezza che gli incentivi tecnici possano essere attribuiti anche a personale delle società in house. Infatti, in questo senso deve essere inteso il comma 2 dello stesso art. 45, laddove specifica che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti destinano risorse finanziarie per le funzioni tecniche svolte dai propri dipendenti: disposizione che deve essere letta alla luce di detta interpretazione estensiva”.

Con la deliberazione in esame la Corte si è espressa sulla possibilità di riconoscere gli incentivi tecnici ai dipendenti delle società in house ma quanto ivi affermato è illuminante anche per il riconoscimento degli incentivi tecnici in favore dei dipendenti pubblici che svolgono attività incentivabile nell’ambito di un affidamento in house.

Il Giudice, prima di tutto, indica il presupposto fondamentale per il riconoscimento degli incentivi: deve trattarsi di pubblica amministrazione.

Poi aggiunge un altro tassello fondamentale per la questione in esame quando afferma che gli incentivi tecnici regolati dall’art. 45 del Codice trovano applicazione anche per i contratti esclusi, tra cui gli affidamenti in house, precisando che la disposizione del comma 2 dell’articolo in parola, laddove prevede la destinazione di risorse per le funzioni tecniche svolte dai propri dipendenti, “deve essere letta alla luce di detta interpretazione estensiva”.

Ciò è coerente con la ratio sottesa alla normativa sugli incentivi tecniche che, si ricorda, è “da individuarsi nella specifica finalità di valorizzazione delle professionalità interne all’amministrazione”.

Se quanto sopra vale per i dipendenti delle società in house a maggior ragione trova applicazione per i dipendenti pubblici. Infatti, se l’incentivo tecnico è riconosciuto al personale di una società in house, che ha un contratto di lavoro privatistico, tale diritto lo si deve necessariamente riconoscere anche al personale degli enti pubblici che sono i primi destinatari delle previsioni dell’art. 45 del Codice. Altrimenti ci troveremmo di fronte ad un paradosso giuridico, tenuto conto che la finalità dell’incentivo è quella di valorizzare le professionalità interne dell’amministrazione.

L’orientamento della Corte si pone, quindi, in netto contrasto con il Parere ANAC n. 36/2024 che nega gli incentivi tecnici sulla base dell’argomento “dell’alterità soggettiva”, che, come visto, nulla c’entra con i presupposti legittimanti il loro riconoscimento.

Il Giudice contabile si è – giustamente - espresso nei limiti del quesito che gli è stato posto, quindi soltanto sugli incentivi da riconoscere al personale delle società in house sebbene la base normativa riguardi trasversalmente anche i dipendenti pubblici, cosicché, a questo punto, si rende necessario fare alcune precisazioni per completare il ragionamento giuridico.

Da quanto detto possiamo affermare che gli incentivi tecnici sono riconoscibili nel caso dell’in house sia per l’affidamento fatto dall’ente pubblico alla società, sia per l’affidamento fatto dalla società pubblica verso l’esterno. I presupposti legittimanti, infatti, sono i medesimi: natura di amministrazione pubblica dell’ente affidante; efficacia dell’art. 45 del D.Lgs 36/2023 anche ai contratti esclusi, tra cui l’in house; aver svolto attività incentivabile.

Esiste però un limite, ovverosia non è possibile erogare due volte gli incentivi tecnici per la stessa attività. Tale ipotesi si potrebbe verificare nel caso in cui questi venissero riconosciuti sia a monte, dall’ente pubblico, sia poi a valle dalla società nel caso quest’ultima esternalizzasse a cascata le prestazioni contrattuali.

È probabile che questo sia il vero motivo alla base del Parere ANAC n. 36/2024. Dunque, un motivo di prudenza che però non ha ragione di essere se si identifica correttamente il rapporto che si instaura tra l’ente pubblico e la sua società in house.

L’ente pubblico, infatti, può regolare i rapporti con la propria società in house in due modi, attraverso un accordo tra pubbliche amministrazioni[16] oppure attraverso un contratto.

Tuttavia, tale discrezionalità non è sempre ammessa, infatti in alcuni casi la normativa individua specificamente il tipo di rapporto che deve essere instaurato. È il caso, ad esempio, dei servizi pubblici locali di rilevanza economica - che peraltro sono quelli dove il ricorso all’in house è maggiore - dove la legge prescrive un rapporto basato su un contratto di servizio con specifiche caratteristiche, si vedano a riguardo gli artt. 17 e 24 D.Lgs 201/2022. C’è da aggiungere che il ricorso all’accordo tra PA va inteso in termini residuali tenuto conto che la società in house nasce per essere un ente operativo e non una duplicazione dell’amministrazione pubblica. Si ricorda sul punto quanto previsto dall’art. 16 del D.Lgs 175/2016: “Le società in house ricevono affidamenti diretti di contratti pubblici […]”.

Ciò detto, nel caso dell’accordo, si riconosce alla società la sua natura di pubblica amministrazione, con la conseguenza che il rapporto che si istaura soggiace al rispetto della disciplina di cui all’art. 15 L. 241/1990. In questa ipotesi, non vi può essere il riconoscimento degli incentivi tecnici ai dipendenti pubblici perché il rapporto si concretizza, nei fatti, in attività condivise e rimborsi di risorse. Manca, dunque, un affidamento nei termini indicati dal Codice dei contratti pubblici. Potrebbe però accadere che la società, in ottemperanza dell’accordo, faccia un affidamento all’esterno con maturazione del diritto all’incentivo tecnico da parte dei dipendenti della società in house. E questo sarebbe tutto pianamente legittimo.

Nel caso dell’affidamento in house, invece, la questione è completamente diversa perché l’aggiudicatario assume le vesti di un vero e proprio operatore economico, al pari di un qualsiasi soggetto privato. Ecco perché l’alterità soggettiva ed il controllo analogo - che si ricorda attiene alla governance societaria - nulla c’entrano con la questione degli incentivi tecnici. Sul punto si rinvia a quanto già esposto nei precedenti paragrafi. In questa ipotesi, la fase programmatoria, progettuale, dell’affidamento e del controllo sul corretto adempimento contrattuale è svolta dai dipendenti pubblici, che quindi hanno diritto all’incentivo tecnico. Questo è quello che accade a monte, a valle invece la società non ha nulla da affidare all’esterno perché è soltanto tenuta ad eseguire il contratto. Ed anche qualora la società decidesse di esternalizzare (/subappaltare) una parte delle prestazioni, poiché queste devono comunque essere conformi al progetto-capitolato-contratto principale, non ci sarebbe la maturazione degli incentivi in capo ai dipendenti della società pubblica.

Resta fermo che anche in assenza degli incentivi, il subappaltatore andrebbe individuato con le procedure del Codice del Codice dei contratti per espressa previsione normativa. Stessa cosa per gli acquisti strumentali necessari per eseguire le prestazioni contrattuali. Questo perché, a differenza di un operatore privato, la società in house è un’amministrazione pubblica e l’individuazione degli operatori economici non può essere arbitraria ma deve essere imparziale e trasparente.

L’esempio del servizio di igiene urbana è sempre utile a concretizzare il ragionamento. Immaginiamo che tutte le fasi della procedura di affidamento vengano eseguite dai dipendenti pubblici. In questo caso la società aggiudicataria in house avrebbe la sola responsabilità di eseguire il contratto così come stabilito dalla stazione appaltante. Dunque, la maturazione degli incentivi tecnici avverrebbe a monte e non a valle.

Infatti, al netto di quote di subappalto, la società in house non avrebbe titolo ad affidare all’esterno lo stesso servizio, con conseguente maturazione del diritto all’incentivo tecnico da parte dei dipendenti della società. Altrimenti, l’in house si concretizzerebbe in una duplicazione dell’amministrazione pubblica e questo non è ammissibile per pacifica giurisprudenza. Si ricorda, sul punto, che l’in house nasce quale “braccio operativo” dell’amministrazione pubblica.

In conclusione, il riconoscimento dell’incentivo tecnico deve ritenersi ammesso nel caso dell’in house, sia con riguardo ai dipendenti pubblici sia con riguardo ai dipendenti delle società in house. L’importante è che questo venga riconosciuto o a monte, ai dipendenti pubblici, o valle dipendenti della società. In altre parole, va riconosciuto una volta sola e soltanto a coloro che abbiano ricoperto incarichi e svolto materialmente l’attività incentivabile.

 

  1. Conclusioni

 

La questione del riconoscimento degli incentivi tecnici non incide soltanto sulle legittime aspettative del personale interno dell’ente pubblico ma anche e soprattutto sulla qualità dei servizi erogati al cittadino.

Le argomentazioni che dimostrano l’obbligo di riconoscere gli incentivi tecnici al personale interno della PA anche nell’ambito degli affidamenti diretti in house providing sono diverse, riepilogando:

  • la normativa attualmente vigente prevede tale obbligo per ogni “procedura di affidamento”, questa è innovativa rispetto a quella abrogata che si riferiva alle “procedure di gara”;
  • la nomina del RUP è prevista anche per gli affidamenti diretti, tra cui quelli in house;
  • l’in house è un affidamento diretto parificato a quello privato;
  • per gli affidamenti in house trova applicazione anche il principio del risultato, che tratta specificamente dell’attribuzione degli incentivi;
  • la mancanza di alterità soggettiva che deriva dal controllo analogo riguarda soltanto la governance societaria, con la conseguenza che l’in house non è paragonabile ad una gestione interna come quella svolta dai dipendenti pubblici;
  • l’affidamento in house è una esternalizzazione vera e propria dove il rapporto tra l’ente affidante e la società in house è regolato mediante contratto di servizio;
  • il diritto all’incentivo tecnico matura per il lavoratore con lo svolgimento in concreto dell’attività lavorativa;
  • la programmazione, la progettazione e l’individuazione dei tecnici (RUP, DEC, etc.), cioè quanto inizia l’attività incentivabile, sono fasi antecedenti rispetto alla scelta del modello di gestione;

A quanto sopra vanno aggiunti i chiarimenti della Corte dei conti: l’art. 45 del Codice che tratta degli incentivi tecnici trova applicazione anche per i contratti esclusi, tra cui gli affidamenti in house; i presupposti per la loro erogazione sono: la natura di amministrazione pubblica dell’ente affidante; lo svolgimento in concreto di attività incentivabile.

 

(*) D.Menna è segretario comunale; A. Ruggieri è dirigente comunale; F. Zuccarini è dirigente comunale, attualmente direttore generale comunale. 

[1] Parere n. 54 del 25 ottobre 2023.

[2] Parere n. 36 del 03 luglio 2024;

[3] Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza del 28 giugno 2022.

[4] Cfr. Cassazione, Civile, Sez. Unite, sentenza n. 26283/2013.

[5] Corte dei Conti, Sezione di Controllo per la Sardegna, PAR72/2024/PAR. 

[6] In vigenza della previgente normativa l’acquisizione del CIG non era richiesta (Cf. Consiglio di Stato, Parere del 1luglio 2022, n. 1142).

[7] Articolo 12 della Direttiva 24/2014/UE.

[8] Cfr. F. Caringella, Corso di diritto amministrativo, Tomo I, VI edizione, Giuffrè editore, 2011, pag. 887.

[9] Corte di Giustizia Europea, Causa C-340/04, Carbotermo, sentenza dell’11 maggio 2006.

[10] Linee guida approvate dal Consiglio dell’Autorità con delibera n. 235 del 15 febbraio 2017 e aggiornate al D.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 con deliberazione del Consiglio n. 951 del 20 settembre 2017.

[11] Cfr. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza del 28 giugno 2022.

[12] D. Menna, “La gestione in house providing dei servizi pubblici locali di rilevanza economica tra concorrenza, autonomia organizzativa e i diversi livelli di motivazione aggravata”, in Annali 22/2021, Università degli Studi del Molise, Edizioni Scientifiche Italiane, ottobre 2021, Napoli;

[13] Cassazione, Civile, Sez. U., sentenza n. 26283/2013: “E' perciò certamente consentito che, in conformità ai principi generali del diritto comunitario, gli enti pubblici scelgano se espletare tali servizi direttamente o tramite terzi e che, in quest'ultimo caso, individuino diverse possibili forme di esternalizzazione, ivi compreso il l'affidamento a società partecipate dall'ente pubblico medesimo. In tale ambito, peraltro, si possono dare ipotesi ben distinte: l'affidamento a società totalmente estranee alla pubblica amministrazione, l'affidamento a società con azionariato misto, in parte pubblico ed in parte privato, ed infine l'affidamento a società c.d. in house”.

[14] Cassazione, Civile, Sez. I, sentenza 22 febbraio n. 5346; Corte di Cassazione, Sez. V, sentenza del 03 aprile 2023 n. 9199.

[15] Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 3562 del 06 maggio 2022: “è però mancante un effettivo confronto tra i dati dell’offerta della partecipata e i dati degli operatori economici privati operanti nel medesimo territorio, in particolare quelli che avrebbe potuto fornire il gestore uscente. Tra i profili che quest’ultimo ha indicato come particolarmente carenti, rilevano, a parere del collegio, i seguenti: a) non sono stati valutati i costi di gestione dei servizi; b) non sono state indicate le singole voci del servizio nonché specificati i costi attuali sostenuti dal Comune e quelli che l'Ente sosterrà per l'affidamento in house; c) non sono stati comparati i costi praticati dall'affidataria in house con quelli medi rilevati attraverso l'osservatorio provinciale, constatandosene l'allineamento; d) non è stata data evidenza ai servizi e attività aggiuntive, valutati dal Comune in termini qualitativamente migliorativi rispetto alle pregresse gestioni.

 

[16] L’art. 15 della L. 241/1990 consente la conclusione di accordi tra pubbliche amministrazioni. Le società in house sono da considerarsi pubbliche amministrazioni, come correttamente ricordato dal Giudice contabile con la pronuncia in commento.