Temi e Dibattiti

Il ripristino dell’efficacia triennale delle graduatorie concorsuali negli Enti Locali: profili giuridici e analisi del convertito decreto-legge n. 25/2025.
Di Pasquale Iorio
Il ripristino dell’efficacia triennale delle graduatorie concorsuali negli Enti Locali: profili giuridici e analisi del convertito decreto-legge n. 25/2025
Di Pasquale Iorio *
Abstract
Il contributo si propone di approfondire i principali profili d’interesse connessi al ripristino dell’efficacia triennale delle graduatorie concorsuali negli Enti Locali ad opera del decreto-legge n. 25/2025. Le annotazioni giuridiche sono state sviluppate attraverso un approccio sistematico e interdisciplinare, finalizzato a coniugare l’esame delle disposizioni normative di recente introduzione, intrecciandole con gli orientamenti giurisprudenziali più recenti per offrire una disamina organica e dettagliata.
The purpose of this contribution is to explore the main profiles of interest connected to the restoration of the three-year effectiveness of competition rankings in local authorities by decreto-legge n. 25/2025. The legal annotations have been developed through a systematic and interdisciplinary approach, aimed at combining an examination of the recently introduced regulatory provisions, interweaving them with the most recent jurisprudential orientations in order to offer an organic and detailed examination.
Sommario: 1. Premessa. – 2. Nota metodologica – 3. La disciplina normativa e il principio di specialità – 4. Il procedimento di approvazione dell’elenco definitivo e il dies a quo della sua efficacia. – 5. Decorrenza dei termini dall’ultima modifica, anche successiva a un contenzioso: profili normativi e interpretativi. 6. Le novità introdotte dal decreto-legge n. 25/2025 in tema di scorrimento. – 7. Conclusioni.
- Premessa
Il sistema normativo italiano, caratterizzato da un’elevata complessità strutturale, si fonda sui principi costituzionali di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione, disciplinando le procedure di accesso al pubblico impiego in modo da garantire trasparenza, equità e meritocrazia.
In tale prospettiva, le graduatorie concorsuali si configurano come uno strumento centrale per l’attuazione del principio del merito e per una gestione efficace della copertura dei posti vacanti nella pubblica amministrazione. Esse rappresentano l’esito di un procedimento selettivo volto a individuare i candidati maggiormente qualificati per l’assunzione e, una volta approvate, costituiscono la base per legittime aspettative sia per i vincitori sia per i candidati idonei.
Ciononostante, la disciplina che regola la validità temporale e l’utilizzabilità delle graduatorie si presenta connotata da significativi elementi di complessità, riconducibili, non solo alla molteplicità e all’eterogeneità delle fonti normative coinvolte, ma anche alle interpretazioni giurisprudenziali, spesso disomogenee, che ne influenzano l’applicazione pratica.
Il principio generale della validità biennale, sancito dall’art. 35, comma 5-ter, del D.Lgs. n. 165/2001, ha animato, nel corso del tempo, un articolato dibattito dottrinale. Non solo. Le recenti evoluzioni giurisprudenziali, se da un lato hanno contribuito a chiarire alcuni aspetti controversi, dall’altro hanno evidenziato la necessità di un intervento normativo più incisivo e sistematico, volto a garantire certezza del diritto e omogeneità applicativa, soprattutto in relazione ai profili di criticità interpretativa connessi agli Enti Locali, regolati dalle norme speciali del D.Lgs. n. 267/2000.
Proprio in questo contesto il contributo di propone di illustrare i principali profili di interesse di alcune norme contenute nel recente decreto-legge n. 25/2025, recante «Disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle Pubbliche Amministrazioni», convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 69/2025. Una indispensabile analisi organica per comprendere le implicazioni giuridiche e operative di uno strumento essenziale per la realizzazione dei principi costituzionali nel contesto dell’amministrazione pubblica.
- Nota metodologica
L’analisi sviluppata nel presente contributo si fonda su un approccio sistematico e interdisciplinare, finalizzato a coniugare l’esame delle disposizioni normative con la più recente giurisprudenza in materia di validità e utilizzabilità delle graduatorie degli Enti Locali.
La ricerca ha inteso privilegiare un metodo analitico-comparativo, prendendo in esame non solo il quadro normativo nazionale, ma anche alcuni orientamenti espressi.
In modo specifico, si è proceduto a una ricognizione delle fonti normative rilevanti, prestando attenzione al D.Lgs. n. 165/2001 e alle disposizioni specifiche in materia Enti Locali. Contestualmente, sono stati analizzati i principali arresti giurisprudenziali amministrativi e contabili, ponendo in evidenza i mutamenti interpretativi che si sono succeduti nel corso degli anni.
Tale pluralità di fonti ha consentito di costruire un quadro interpretativo solido e coerente, evidenziando tanto le criticità applicative quanto le soluzioni prospettabili.
Attraverso una prospettiva critica, l’analisi ha evidenziato incongruenze normative e lacune sistemiche, promuovendo una riflessione orientata a bilanciare flessibilità amministrativa e salvaguardia delle legittime aspettative degli idonei.
- La disciplina normativa e il principio di specialità
L’art. 35, comma 5-ter, del D.Lgs. n. 165/2001, nella sua attuale formulazione[1], stabilisce che «le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche rimangono vigenti per un termine di due anni dalla data di approvazione. Sono fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali e quelli stabiliti per gli enti locali dall’articolo 91 del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267».
Stando al tenore di quest’ultima disposizione «per gli enti locali le graduatorie concorsuali rimangono efficaci per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione per l’eventuale copertura dei posti che si venissero a rendere successivamente vacanti e disponibili […][2]».
Viene ristabilita, pertanto, l’efficacia triennale degli esiti delle procedure concorsuali il reclutamento del personale presso le amministrazioni locali.
La precedente formulazione della norma del TUPI[3] aveva animato, per diverso tempo, un vivace dibattito sull’antinomia normativa con le norme del TUEL[4].
In ritenuta applicazione dell’art 35, comma 5-ter, del D.Lgs. n. 165/2001 - così come modificato dall’art. 1, comma 149, della Legge n. 160/2019 - le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni rimanevano vigenti per un termine di due anni dalla data di approvazione - fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali - anche per comuni, province, città metropolitane, comunità montane, comunità isolane e unioni di comuni.
Gli orientamenti interpretativi avevano portato ad ipotizzare una sorta di vigenza a doppio binario: triennale per gli enti locali e biennale per tutte le altre amministrazioni pubbliche.
Secondo un primo approdo dei giudici della sezione del controllo per la Sardegna della Corte dei Conti[5] il termine di validità biennale non riguardava gli Enti locali in ragione della modifica, ad opera della legge di bilancio per l’anno 2020, di una norma di carattere generale indirizzata a tutte le Amministrazioni, vale a dire l’art. 35, comma 5-ter, del D.Lgs. n. 165/2001. In conseguenza, la novella - proprio in quanto tale - non intaccava la disciplina posta dall’art. 91 del D.Lgs. n. 267/2000, norma di carattere speciale, in aderenza al principio lex posterior generalis non derogat priori speciali.
Detto in altre parole, divenendo il criterio cronologico recessivo rispetto a quello di specialità, la modifica di una norma di carattere generale non producevano alcun effetto rispetto alla norma di carattere speciale, con la conseguenza della introduzione nell’ordinamento di un regime doppio relativo ai termini di scadenza delle graduatorie concorsuali decorrenti dalla data di pubblicazione della graduatoria: due anni per le Amministrazioni statali di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001[6] e tre anni per le Amministrazioni di cui all’art. 2, comma 1, D.Lgs. n. 267/2000[7].
Sul punto appariva dirimente anche la lettura dell’art. 91, comma 4, del D.Lgs. n. 267/2000 in combinato disposto con l’art. 88 del medesimo Testo Unico. Quest’ultima norma, rubricata “Disciplina applicabile agli uffici ed al personale degli enti locali”, prevede espressamente che «all’ordinamento degli uffici e del personale degli enti locali […] si applicano le disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, e le altre disposizioni di legge in materia di organizzazione e lavoro nelle pubbliche amministrazioni nonché quelle contenute nel presente testo unico». Tenuto conto che il D.Lgs. n. 29/1993 è stato abrogato con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 165/2001, appare di tutta evidenza come il mentovato art. 88 del TUEL contenga l’espresso rinvio all’art 35, comma 5-ter, del Testo Unico del Pubblico Impiego che fissa in due anni il termine di validità delle graduatorie concorsuali approvate a decorrere dall’anno 2020. Emerge, quindi, una diretta operatività delle regole del D.Lgs. n. 165/2001 nell’ordinamento locale[8].
Del resto la disposizione dell’art. 88 venne introdotta all’interno del D.Lgs. n. 267/2000 proprio al fine di non duplicare, nell’ambito del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, norme in tema di pubblico impiego valide per tutti i comparti della P.A. La riproduzione di quelle disposizioni avrebbe potuto, potenzialmente, dar vita ad un fenomeno di gemmazione novativa delle norme di origine, zampillo di smisurate problematiche nei casi in cui le stesse avessero registrato delle variazioni non seguite da una corrispondente modifica del TUEL. Il legislatore, in pratica, ha voluto «inserire una norma generale di rinvio mobile alla disciplina madre, capace di recepire per relationem le modifiche introdotte nel tempo anche attraverso lo strumento del testo unico»[9]. Venne previsto, in tal modo, «[…] un espresso rinvio alla disciplina generale sul pubblico impiego anche per i dipendenti degli Enti locali, che possono trovare ulteriore specificazione in singole disposizioni del TUEL in relazione alle peculiari caratteristiche delle Amministrazioni locali. Tali disposizioni speciali, in ogni caso, non possono che essere conformi ai principi generali che sovrintendono la disciplina della materia, in primo luogo ai fondamentali canoni di buon andamento e d’imparzialità della Pubblica Amministrazione sanciti dall’art.97 della Costituzione […]»[10].
Sempre in relazione alla validità biennale, senza una chiara deroga per gli Enti Locali, è poi intervenuta la novella al d.P.R. n. 487/1994[11], in vigore dal 14 luglio 2023, laddove si precisa - all’art. 15, comma 7 - che «le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale disciplinate dal presente regolamento rimangono vigenti per un termine di due anni dalla data di approvazione. Sono fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali». Sul punto appare ultroneo sottolineare che la base giuridica della norma inerisca le amministrazioni pubbliche contemplate all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001[12].
Dallo scorso 15 marzo 2025, però, l’assetto normativo di riferimento ha fatto registrare un quid novi. La novella al comma 5-ter dell’art. 35 del TUPI, ad opera dell’art. 3, comma 1, lettera d), punto 3, dettaglio 3.1), del decreto-legge 25/2025[13], chiarisce che la durata della validità delle graduatorie dei concorsi per il reclutamento di personale negli Enti Locali è pari a tre anni, in ossequio al termine già previsto dal relativo D.Lgs. 267/2000, rispetto alle durate inferiori stabilite per le altre pubbliche amministrazioni.
Non trattandosi, però, di norma di interpretazione autentica la sua efficacia retroattiva non può essere presunta. Solo tali disposizioni, attesa la loro specifica ratio finalizzata alla esplicazione del contenuto originario della norma interpretata, producono effetti anche per il tempo trascorso.
Le norme non interpretative, come quella del caso di specie, introducono disposizioni nuove e autonome rispetto alla disciplina precedente, senza limitarsi a chiarire disposizioni oscure già esistenti. Pertanto, in funzione del loro carattere innovativo, l’applicazione è generalmente proiettata nel futuro, rispettando il principio tutela la certezza del diritto e garanzia della coerenza del sistema normativo.
Non avendo, la norma in commento, nulla detto in relazione ad una eventuale irretroattività, appare in piena aderenza a quanto sancito dal brocardo ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit: dove la legge volle, parlò; dove non volle, tacque. Essenziale principio che consente di desumere che ciò che non è scritto in una legge, si presume non sia stato voluto dal legislatore. Con la conseguenza che le graduatorie vigenti al 15 marzo 2025 conserveranno una validità biennale, mentre quelle approvate a far data da questo giorno avranno una durata di tre anni.
La dottrina ha sottolineato che «la ragione della prevalenza della lex posterior è, con ogni evidenza, squisitamente politica: se infatti, con riferimento ad una certa situazione di vita, il legislatore decide di regolamentare in modo diverso da quanto stabilito da una norma anteriore l’assetto degli interessi coinvolti, è perché ritiene la nuova valutazione, a suo insindacabile giudizio politico, più adeguata della precedente a soddisfare gli interessi generali della società, in una parola: più “giusta”. Il che, sempre dal punto di vista della logica connessa a quella scelta politica, dovrebbe inevitabilmente portare ad applicare la nuova disciplina a tutte indistintamente le situazioni di fatto riconducibili sotto la nuova norma a prescindere dal momento della loro verificazione, quindi anche a quelle pregresse; attribuendo così all’ultima norma un ambito temporale di efficacia “indefinito” (e quindi “illimitato”). Di fronte all’esigenza politica di privilegiare sempre e comunque l’ultima regolamentazione, si pone tuttavia un’altra esigenza, anch’essa non meno forte politicamente, di assicurare quel bene sommo di qualunque sistema giuridico costituito dalla stessa “stabilità” dell’ordinamento, stabilità per il cui mantenimento uno dei principali “strumenti” è costituito dalla “certezza” dei (e nei) rapporti giuridici; certezza che, nella dinamica della successione di norme, è – com’è noto – garantita dalla regola generale della “irretroattività”. In funzione della sicurezza giuridica, il cittadino deve cioè essere messo in grado di sapere quale sarà la valutazione che l’ordinamento – attraverso gli organi deputati all’applicazione del diritto – farà con riferimento ai comportamenti che egli porrà in essere; in una parola, deve essere garantito il suo “affidamento” nel sistema»[14].
In tale contesto l’art. 11 delle preleggi al Codice Civile[15], a mente del quale «la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo […]», evidenzia proprio la scelta consapevole del legislatore volta a tutelare i principi di certezza del diritto e di legittimo affidamento dei consociati, nonché di contenimento dell’operatività temporale della lex posterior, evitando così che essa dispieghi una potenziale efficacia indefinita.
In tale prospettiva emerge, quale regola generale, il criterio di efficacia temporale della norma imperniato sul principio della sua applicazione esclusivamente ai fatti giuridici verificatisi successivamente alla sua entrata in vigore, salvo espressa disposizione contraria.
Lo jus superveniens non è, pertanto, in grado di condizionare le norme vigenti al momento del varo della graduatoria definitiva dei vincitori e degli idonei. Considerazione che induce a ribadire il principio della logica tempus regit actum, secondo il quale l’approvazione dell’atto finale di un concorso pubblico viene ad essere governato dalle norme vigenti nel momento in cui viene posto in essere e pubblicato, data dalla quale decorre anche il termine per le eventuali impugnative.
Del resto, come più volte ribadito anche dalla giurisprudenza, l’irretroattività garantisce la stabilità dei rapporti giuridici, evitando che nuove disposizioni possano modificare situazioni ormai consolidate. Solo in casi eccezionali, previsti espressamente dalla legge o giustificati da ragioni di rilevante interesse generale, il legislatore può derogare al principio di irretroattività.
Nondimeno, tale scelta deve essere chiaramente motivata e non può derivare da un’interpretazione estensiva o analogica. Condizione, questa, non emersa nel corso del procedimento di conversione che si è concluso il 9 maggio 2025, tant’è che la norma in esame non ha fatto registrare evoluzioni in virtù delle dinamiche parlamentari[16] che caratterizzano il percorso del decreto-legge, benché l’iter in questione abbia rappresenta un momento di profonda dialettica normativa, nel quale era ventilata la possibilità che le disposizioni originariamente adottate originariamente dal Governo potessero subire modificazioni anche sostanziali.
È ragionevole ritenere che, anche in considerazione delle deroghe[17] al cosiddetto meccanismo taglia-idonei[18], il legislatore abbia deliberatamente scelto di non prorogare ulteriormente, per un ulteriore anno, il termine di validità delle graduatorie di non vincitori dei concorsi banditi dagli Enti Locali e vigenti alla data del 15 marzo 2025. Tale scelta appare connessa, probabilmente, alla consapevolezza che il reclutamento di candidati idonei da elenchi risalenti nel tempo, in un contesto professionale dove l’obsolescenza delle competenze è molto rapida, risulterebbe in contrasto con l’esigenza di garantire una Pubblica Amministrazione qualificata, dinamica e adeguata alle nuove sfide.
In alternativa, detta scelta potrebbe essere motivata da un preciso orientamento politico volto a contenere, attraverso l’introduzione del limite massimo del 20% delle assunzioni di idonei al ruolo, il numero dei soggetti formalmente inseriti nelle graduatorie e potenzialmente reclutabili durante il periodo di validità delle stesse. Si tratta di una caratteristica peculiare del sistema italiano, che trova talvolta riscontri analoghi in altri ordinamenti giuridici, sebbene con configurazioni normative e applicative differenti. Tale impostazione legislativa mira a favorire l’accesso alla Pubblica Amministrazione delle professionalità più meritevoli e qualificate, nel rispetto del principio meritocratico e delle esigenze di efficienza amministrativa.
Non può, tuttavia, sottacersi la distinzione giuridica tra la categoria degli idonei e quella dei candidati esclusi dal concorso. I primi, infatti, hanno conseguito, a differenza dei secondi, i punteggi minimi richiesti dal bando di concorso e sono stati inseriti nella graduatoria finale secondo la valutazione espressa dalla commissione esaminatrice. Gli idonei si distinguono dai vincitori esclusivamente per la loro posizione in graduatoria, risultando dunque subordinata alla discrezionalità dell’amministrazione che ha indetto il concorso l’eventuale decisione di procedere al loro reclutamento, sempre nel rispetto della normativa vigente.
- Il procedimento di approvazione dell’elenco definitivo e il dies a quo della sua efficacia
Al termine dello svolgimento delle prove d’esame, stando alle previsioni dell’art. 35, comma 5-quater[19], del D.Lgs. n. 165/2001 «[…] le commissioni di concorso […] elaborano una graduatoria di merito sulla base dei soli risultati delle predette prove. Su tale graduatoria sono applicati i punteggi relativi ai titoli previsti dal bando e, successivamente, sono applicate le precedenze e le preferenze. Su tale ultima elaborazione le commissioni applicano il limite di cui al comma 5-ter[20]. Sulla graduatoria risultante si applicano, entro il limite del 20 per cento degli idonei, le riserve di posti previste dal bando. Al fine di assicurare la trasparenza della procedura concorsuale, la graduatoria di merito, quella risultante dall’applicazione dei titoli sulla graduatoria di merito e quella finale sulla quale si applicano le riserve previste dal bando, sono pubblicate contestualmente sul Portale unico del reclutamento[21] […] e sul sito dell’amministrazione procedente in un’area ad accesso riservato ai partecipanti, utilizzando le specifiche funzionalità previste dal predetto Portale. Resta ferma la minimizzazione dei dati personali».
Come si legge nel Dossier del Servizio Studi di Camera e Senato n. 448/1 del 18 aprile 2025 «la novella […] prevede, in primo luogo, che le graduatorie dei concorsi pubblici per il reclutamento di personale siano esposte in termini articolati, con riferimento distinto agli esiti delle prove d’esame, alla somma dei punteggi relativi a queste ultime e di quelli relativi ai titoli e alla graduatoria finale con l’applicazione delle riserve, precedenze e preferenze […]. La pubblicazione in oggetto è effettuata […] sia sul Portale unico del reclutamento sia sul sito internet istituzionale dell’amministrazione procedente (anche tramite apposito collegamento ipertestuale […], in un’area ad accesso riservato ai partecipanti e in base alle funzionalità del suddetto Portale; è esplicitamente richiamato […] il principio di minimizzazione dei dati personali».
Nella medesima direzione si colloca anche l’art. 15 del d.P.R. 487/1994 secondo cui la graduatoria di merito dei concorrenti viene formalizzata «[…] secondo l’ordine dei punti della votazione complessiva riportata da ciascun candidato, con l’osservanza, a parità di punti, delle preferenze previste […]» e vengono, successivamente, «dichiarati vincitori, nei limiti dei posti […] messi a concorso, i candidati utilmente collocati nelle graduatorie di merito […]».
La composizione della graduatoria rappresenta la fase conclusiva del procedimento concorsuale, la quale è soggetta, in ultima istanza, all’approvazione formale da parte del dirigente responsabile dell’ufficio che ha indetto il concorso. Si tratta di un procedimento di amministrazione attiva, di natura costitutiva, mediante il quale la P.A. «fa proprio l’operato della commissione giudicatrice. Tale funzione di controllo globale sulle operazioni concorsuali comporta che il dirigente, cui spetta l’approvazione della graduatoria, debba essere persona diversa da chi ha eventualmente presieduto la commissione esaminatrice, per l’evidente incompatibilità soggettiva derivante dalla posizione di chi riveste contemporaneamente la posizione di controllore e di controllato»[22].
Il comma 6 del richiamato art. 15 stabilisce, ribadisce, che «le graduatorie dei concorsi […], ivi incluse quelle dei concorsi delle regioni e degli enti locali, sono pubblicate contestualmente sul Portale[23] di cui all’articolo 35-ter del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e sul sito dell’amministrazione interessata. Dalla data di tale pubblicazione decorrono i termini per l’impugnativa».
Negli Enti Locali il varo definitivo di tale ultimo atto concorsuale è prerogativa del responsabile dell’ufficio che ha bandito il concorso. Quest’ultimo, con propria determinazione, approverà i verbali trasmessi dalla commissione esaminatrice (evidenziando che gli stessi - debitamente sottoscritti dai commissari e dal segretario - sono acquisiti agli atti d’ufficio) e, per l’effetto, confermerà la graduatoria di merito del concorso. L’atto è immediatamente efficace dalla data della sua adozione, cui seguirà la contestuale pubblicazione sul portale unico del reclutamento www.InPA.gov.it e all’albo pretorio on line del sito dell’amministrazione procedente.
In argomento, come autorevolmente rilevato dal Consiglio di Stato, appare utile evidenziare che «[…] pur se le determinazioni dirigenziali rientrano nella nozione più vasta di deliberazione come riportata dall’art. 124 del T.u.e.l., non si può affermare lo stesso circa l’estensione a queste circa i limiti all’esecutività previsti dal seguente art. 134; ora, se la necessaria pubblicità dell’azione degli enti locali richiede di applicare ai provvedimenti monocratici le stesse fondamentali regole di pubblicità degli atti degli organi collegiali, ciò non vuol dire che per gli stessi valgano anche le disposizioni che riguardano il conseguimento dell’efficacia dei provvedimenti. […] Sotto tale profilo, va rimarcato che – per il principio di legalità – solo agli atti emanati dagli organi individuati dall’art. 134 del T.u.e.l. si applicano le sue relative disposizioni, e non anche agli atti disciplinati dal precedente art. 124. L’art. 42 del T.u.e.l. definisce il consiglio comunale quale organo di controllo politico-amministrativo e conseguentemente rimette alle sue competenze una serie di atti programmatori, organizzatori ed in senso lato normativi ed una limitatissima serie di provvedimenti di gestione di notevole rilevanza, mentre la giunta è chiamata ad attuare gli indirizzi generali del consiglio ed a collaborare con il Sindaco – art. 48. I dirigenti invece hanno le competenze di carattere generale per l’adozione degli atti e dei provvedimenti amministrativi che impegnano l’amministrazione verso l’esterno e che non siano ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico amministrativo degli organi di governo dell’ente. Dunque, è comprensibile che l’esecutività degli atti degli organi di governo sia subordinata ai tempi della loro pubblicazione, dato il carattere interesse collettivo da questi rivestito; le determinazioni dirigenziali costituiscono in genere la figura del provvedimento, ossia di quell’atto tipico denominato chiamato a realizzare gli interessi specifici affidati alle cure dell’amministrazione e consistenti in decisioni destinate a generare, modificare distinguere situazioni giuridiche specifiche o quanto meno a negarne la nascita, la modificazione o l’estinzione. Quindi se gli atti generali rimessi alla competenza degli organi di governo sono regolati nella loro efficacia e vigenza dall’art. 134, si comprende allora che le determinazioni dirigenziali comunali vadano anch’esse pubblicate per soddisfare le esigenze di trasparenza dell’attività amministrativa, ma non vi è alcuna regola legislativa che ne comporti l’inefficacia in pendenza di pubblicazione»[24].
- Decorrenza dei termini dall’ultima modifica, anche successiva a un contenzioso: profili normativi e interpretativi
Sovente accade, nell’ambito delle procedure concorsuali pubbliche, che le graduatorie siano oggetto di più pubblicazioni: in ragione di errori commessi nel calcolo dei punteggi attribuiti ai candidati o, più verosimilmente, all’esito di contenziosi di natura amministrativa.
I provvedimenti di approvazione, come prevedibile, possono mutare anche radicalmente la graduatoria varata ab origine, soprattutto in considerazione del fatto che le rettifiche producono una pluralità di modifiche nel posizionamento dei candidati.
In ragione di quanto appena affermato deve ritenersi che non si possa più parlare di una sola graduatoria, vale a dire quella rettificata dopo la prima approvazione, ma di ordini di successione diversi, essendo questi differenti dalla prima.
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale «[…] per questa ragione non è possibile far decorrere il termine di validità della seconda graduatoria (di definitiva collocazione dei candidati) dal momento di pubblicazione di precedente graduatoria ormai non più in essere in quanto errata e sostituita da altra successiva […]. E deve dunque convenirsi […] che il termine biennale di validità ha iniziato a decorrere dal giorno […] di pubblicazione della seconda graduatoria […]»[25].
Nel caso in cui «[…] l’amministrazione abbia provveduto a modificare una graduatoria in quanto errata, anche se l’errore sia stato accertato giudizialmente […][26]», non è ugualmente ritenuto corretto individuare come data di decorrenza dell’ultima graduatoria approvata quella della pubblicazione iniziale varata all’esito delle prove concorsuali, proprio perché la stessa è da considerarsi un nuovo atto.
Del resto, come più volte ribadito anche dal Consiglio di Stato con riferimento all’impugnazione degli atti concorsuali, è da considerarsi principio generale quello secondo cui «[…] il termine di impugnazione decorre dalla data di conoscenza del relativo esito, che coincide di regola con la pubblicazione del provvedimento di approvazione della graduatoria - in quanto tale atto consente ai candidati di percepire la lesione attuale della loro posizione […]»[27].
Sempre in argomento val la pena riportare anche la novella introdotta all’art. 35 del D.Lgs. n. 165/2001 - dall’art. 3, comma 1, lettera d), punto 4, del decreto-legge 25/2025[28] – che ha previsto l’inserimento, tra gli altri, del comma 5-sexies secondo cui «la graduatoria si intende utilmente scorsa quando, entro il limite temporale di validità, l’amministrazione titolare individua, o cede ad amministrazioni terze, candidati idonei individuati numericamente o nominativamente, in ordine di graduatoria, per la successiva convocazione da parte dell’amministrazione procedente, a nulla rilevando il momento della stipula del contratto di assunzione».
L’innovazione normativa, come si legge nel Dossier del Servizio Studi di Camera e Senato n. 448/1 del 18 aprile 2025, «individua gli atti amministrativi che, al fine del legittimo utilizzo della graduatoria, devono essere adottati entro il termine di validità della medesima. A seconda della fattispecie sottostante, l’atto in questione è costituito dall’individuazione, da parte dell’amministrazione titolare della procedura concorsuale, o dalla cessione da parte di quest’ultima ad amministrazioni terze, di candidati idonei, designati nominativamente o numericamente […], in ordine di graduatoria, per la successiva convocazione (da parte dell’amministrazione procedente all’assunzione); la novella specifica che la stipulazione del contratto di assunzione può intervenire successivamente alla scadenza del suddetto termine di validità».
La problematica in esame non si esaurisce in una mera questione teorica, ma assume rilevanti implicazioni pratiche. Persiste, infatti, l'interrogativo riguardante le modalità concrete attraverso cui procedere all’individuazione di un candidato ritenuto idoneo o alla cessione della relativa graduatoria in favore di altre amministrazioni. Tali procedimenti richiedono, imprescindibilmente, una formalizzazione mediante l’adozione di un atto amministrativo dotato di data certa, pena l’impossibilità di verificare il rispetto dei termini di validità della graduatoria stessa.
Nell’ambito della decisione dell’amministrazione titolare di avvalersi dello scorrimento della graduatoria, è necessario che il Dirigente dell’area risorse umane, adotti un atto formale con il quale manifesti espressamente la volontà di coprire il posto vacante mediante il ricorso alla specifica graduatoria. Tale provvedimento deve identificare in maniera chiara e univoca la graduatoria oggetto di utilizzo, richiamando il relativo atto originario di approvazione e attestandone la perdurante efficacia alla data di adozione del nuovo provvedimento. L’atto così formato deve essere tempestivamente notificato al candidato idoneo, specificando le modalità e i termini per l’accettazione dell’incarico e per la successiva sottoscrizione del contratto di lavoro.
Analogamente, nel caso di cessione della graduatoria ad altre amministrazioni, il provvedimento determinante non è tanto l’accordo intercorso tra gli enti interessati per la condivisione della graduatoria, quanto il provvedimento unilaterale adottato dall’ente utilizzatore, in conformità con le modalità concordate, con il quale viene deliberato l’utilizzo della graduatoria stessa e il relativo scorrimento. Anche in tale ipotesi permane l’obbligo di notificare il provvedimento al candidato idoneo, affinché possano essere avviate le attività consequenziali.
La recente innovazione normativa, introdotta dal convertito decreto-legge n. 25/2025, appare orientata a semplificare la gestione delle graduatorie concorsuali, conferendo maggiore flessibilità nel loro utilizzo da parte delle amministrazioni. Tuttavia, la reale complessità si rinviene nei dettagli applicativi. Sebbene la decisione di procedere allo scorrimento rappresenti un atto unilaterale, l’instaurazione del rapporto di lavoro con il candidato idoneo si perfeziona soltanto con il consenso reciproco espresso attraverso la sottoscrizione del contratto.
Sorge, dunque, la questione interpretativa circa l’eventualità in cui l’amministrazione deliberi lo scorrimento della graduatoria a pochi giorni dalla scadenza della sua validità e il candidato individuato non formalizzi l’adesione alla stipulazione del contratto successivamente alla decadenza della graduatoria stessa. In tale scenario, si pone il dubbio se il provvedimento originario di scorrimento sia sufficiente a legittimare ulteriori utilizzi di una graduatoria ormai non più efficace.
Sebbene le esigenze di funzionalità amministrativa e i principi tecnico-giuridici sembrerebbero deporre per una soluzione negativa, non è esclusa un’interpretazione normativa estensiva che consenta un’applicazione più elastica della disciplina vigente. In tal senso, si registra l’assenza di un intervento chiarificatore nel corso del procedimento di conversione del decreto-legge n. 25/2025, sebbene sollecitato dalle istanze provenienti specificamente dagli Enti Locali, in risposta a esigenze contingenti e non prevedibili che potrebbero trovare difficoltosa applicazione nell’attuale quadro normativo.
- Le novità introdotte dal decreto-legge n. 25/2025 in tema di scorrimento
Il decreto-legge in esame ha introdotto significative innovazioni normative in materia di utilizzo, ai fini dello scorrimento, delle graduatorie dell’ente e di altre amministrazioni pubbliche, apportando modifiche sostanziali al quadro normativo previgente.
In primo luogo rileva la modifica apportata all’art. 35, comma 5-ter, quinto periodo, del D.Lgs. n. 165/2001[29], in base alla quale lo scorrimento delle graduatorie non è più limitato ai soli casi di rinuncia all’assunzione, mancato superamento del periodo di prova o dimissioni del dipendente intervenute entro sei mesi dall’assunzione. La nuova disciplina[30] esplicita che lo scorrimento delle graduatorie, al fine dell’assunzione di idonei non vincitori, è ammesso entro il termine di validità delle graduatorie medesime e nei limiti delle facoltà assunzionali autorizzate a legislazione vigente. Si estende, quindi, l’ambito di applicazione dell’istituto anche all’istituzione di nuovi posti e alla trasformazione di posizioni già esistenti, in linea con prassi già consolidate in numerose amministrazioni.
In altri termini la innovazione legislativa, stando a quanto riportato nel dossier parlamentare[31] «sopprime la norma che riconosceva la possibilità di reclutamento degli idonei nei soli casi in cui, in numero corrispondente, uno o più vincitori rinunciassero all’assunzione o non superassero il periodo di prova o si dimettessero entro sei mesi dall’assunzione; si ricorda che tale condizione era operante con riferimento esclusivo all’ambito di applicazione del suddetto limite del venti per cento. La medesima novella […] esplicita che lo scorrimento delle graduatorie, al fine dell’assunzione di idonei non vincitori, è ammesso entro il termine di validità delle graduatorie medesime e nei limiti delle facoltà assunzionali autorizzate a legislazione vigente».
Tale norma esclude - in netto contrasto con l’orientamento giurisprudenziale prevalente - la necessità di una motivazione da parte delle pubbliche amministrazioni in ordine alla scelta di indire un nuovo concorso, anziché procedere allo scorrimento di graduatorie vigenti relative a concorsi omologhi. Si configura, per l’effetto, un ampliamento della facoltà per gli enti pubblici di bandire nuove procedure concorsuali, anche in presenza di graduatorie ancora valide e riferibili alla medesima amministrazione.
Un’ulteriore modifica di rilievo interviene sul medesimo articolo 35, comma 5-ter, del D.Lgs. n. 165/2001 - questa volta con l’aggiunta di alcuni nuovi periodi in coda al testo[32] ad opera dell’art. 3, comma 1, numero 3, punto 3.3 – disponendo che le amministrazioni dello Stato, siano tenute a verificare prioritariamente l’avvenuta immissione in servizio, nella stessa amministrazione, di tutti i vincitori collocati nelle proprie graduatorie vigenti di concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato di qualsiasi qualifica, salvo comprovate non temporanee necessità organizzative adeguatamente motivate. In conseguenza di tale verifica, le amministrazioni, per esigenze organizzative e in presenza di profili professionali analoghi a quelli già individuati nei propri atti di programmazione, possono procedere al reclutamento del personale, a tempo determinato o indeterminato, mediante l’utilizzo di graduatorie proprie vigenti o, previa intesa, di graduatorie di altra amministrazione, redatte tramite il sistema Ripam.
Tale disposizione, come chiarito dal mentovato dossier parlamentare, «specifica che (fermo restando il rispetto del limite percentuale […] e della durata di validità della graduatoria) anche altre pubbliche amministrazioni possono avvalersi della quota di graduatoria relativa agli idonei non vincitori, previo accordo con l’amministrazione titolare della procedura concorsuale. La novella specifica altresì - con riferimento sia all’amministrazione titolare sia alle altre - che l’utilizzo della suddetta quota di graduatoria: è ammesso anche per il reclutamento a tempo determinato; è in ogni caso subordinato, oltre che alla sussistenza di ragioni organizzative, alla condizione che i profili professionali della graduatoria siano sovrapponibili a quelli individuati negli atti di programmazione dell’amministrazione, nonché, per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, gli enti pubblici non economici nazionali e gli enti di ricerca, alla condizione della verifica[33] della previa immissione in servizio di tutti i vincitori collocati nelle proprie graduatorie vigenti, relative a concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato per qualsiasi qualifica (“salve comprovate non temporanee necessità organizzative adeguatamente motivate”)».
Tra le innovazioni di maggior rilievo introdotte dal decreto-legge n. 25/2025[34] in materia di scorrimento delle graduatorie concorsuali, merita particolare attenzione la previsione che sancisce la disapplicazione del cosiddetto meccanismo taglia-idonei con riferimento alle graduatorie approvate negli anni 2024 e 2025. Tale disposizione si estende, altresì, alle graduatorie relative a concorsi banditi nel corso del 2025, con l’intento di assicurare una maggiore certezza agli enti locali in fase di programmazione del fabbisogno di personale. In particolare, la norma in esame prevede che la disapplicazione del suddetto meccanismo trovi applicazione anche nei casi in cui le variabili fisiologiche connesse alle procedure concorsuali - quali, a titolo esemplificativo, la necessità di svolgere prove suppletive ovvero il contenzioso amministrativo derivante da eventuali impugnazioni - comportino uno slittamento nell’approvazione della graduatoria al 2026. Tale estensione normativa appare funzionale alla tutela del principio di continuità amministrativa e alla garanzia di un’efficace pianificazione da parte degli enti locali, riducendo le incertezze legate a tempistiche procedurali non sempre prevedibili.
In conclusione appare utile procedere ad una breve disamina dell’asse portante dell’impianto normativo relativo al cd. tetto agli idonei.
L’art. 35 del D.Lgs. n. 165/2001, così come novellato[35] negli anni scorsi, che aveva fatto registrare la sostituzione di ben due periodi del comma 5-ter[36]. Nel corso dei lavori di conversione del decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75[37] era stata, infatti, varata la seguente modifica al quarto[38] e quinto periodo[39]: «[…] nei concorsi pubblici, a esclusione di quelli banditi per il reclutamento del personale sanitario e socio-sanitario, educativo e scolastico, compreso quello impiegato nei servizi educativo-scolastici gestiti direttamente dai comuni e dalle unioni di comuni, e dei ricercatori, nonché del personale di cui all’articolo 3[40], sono considerati idonei i candidati collocati nella graduatoria finale dopo l’ultimo candidato vincitore, in numero non superiore al 20 per cento dei posti messi a concorso. Entro il termine di validità delle graduatorie e nei limiti delle facoltà assunzionali già autorizzate, le amministrazioni possono procedere allo scorrimento delle graduatorie nei limiti di cui al quarto periodo. La disposizione […] non si applica alle procedure concorsuali bandite dalle regioni, dalle province, dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, dagli enti locali o da enti o agenzie da questi controllati o partecipati che prevedano un numero di posti messi a concorso non superiore a venti unità e per i comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti e per l’effettuazione di assunzioni a tempo determinato. Con decreto del Ministro della pubblica amministrazione, adottato previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, possono essere stabilite ulteriori modalità applicative delle disposizioni del presente comma […]».
La lettera c) del comma 1 e il successivo comma 2 dell’articolo 28-ter del menzionato decreto-legge - articolo inserito in sede referente - hanno modificato la disciplina sul limite numerico di candidati idonei nelle graduatorie dei concorsi e sullo scorrimento delle stesse.
Appare ultroneo evidenziare che l’idoneità resta, comunque, implicitamente subordinata alla essenziale condizione del conseguimento del punteggio minimo enucleato dal bando.
Le nuove disposizioni recano un chiarimento sulla determinazione della base di calcolo del limite numerico, specificano la decorrenza dell’applicazione dei due limiti[41] e pongono alcune esclusioni dall’ambito dei medesimi.
La norma è in vigore dal 17 agosto 2023, giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Legge 112/2023[42], di conversione - con modificazioni - del decreto-legge n. 75/2023, così come disposto dall’art. 1, comma 3, della medesima.
La disposizione, che pone un tetto al numero degli idonei all’esito delle operazioni d’esame, riguarda solo i bandi pubblicati a decorrere dalla citata data, atteso che l’art. 28-ter della Legge di conversione, al comma 2, è molto chiaro al riguardo: «Le disposizioni dell’articolo 35, comma 5-ter, quarto e quinto periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si applicano ai concorsi […] banditi successivamente alla data di entrata in vigore della legge […]».
A mero titolo di esempio, in applicazione del citato comma 5-ter, quarto periodo, dell’art. 35 del T.U.P.I., in un concorso per 25[43] posti, il numero degli idonei non vincitori andrà calcolato nella misura del venti per cento: id est 5. Vale a dire che saranno in posizione scorribile i candidati posizionati dal numero 26 al 30.
In caso di necessità l’amministrazione potrà procedere allo scorrimento della graduatoria degli idonei non vincitori entro il limite di cui al quarto periodo. Detto confine, però, non si applica alle procedure di reclutamento che prevedano un numero di posti messi a concorso inferiore a venti unità promosse da Comuni, Province, dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, Città Metropolitane e Regioni. Così come non è applicabile agli Enti Locali con popolazione inferiore a tremila abitanti e alle selezioni per personale sanitario, socio-sanitario, educativo, scolastico (compreso quello impiegato nei servizi educativo-scolastici gestiti direttamente dai comuni e dalle unioni di comuni), dei ricercatori, nonché del personale in regime di diritto pubblico. Nel novero delle esclusioni vengono ricomprese anche le procedure finalizzate al reclutamento, sempre non superiore a venti risorse umane, di personale del profilo tecnologo, tecnico e amministrativo negli enti di ricerca; amministrativo, tecnico e professionale nelle aziende sanitarie locali, amministrativo nelle università e, infine, di quelli in organico ad enti, aziende, agenzie, strumentali e vigilati dalle regioni, dalle province e dagli enti locali, nonché del personale negli enti parco. Restano esclusi dal campo d’applicazione della norma anche i comuni con popolazione inferiore a tremila abitanti e le procedure per l’effettuazione di assunzioni a tempo determinato. Non sono ricomprese neppure alle selezioni per personale sanitario, socio-sanitario, educativo, scolastico e dei ricercatori, nonché del personale in regime di diritto pubblico.
Lo ha chiarito, recentemente, il Decreto del Ministro per la Pubblica Amministrazione del 13 settembre 2024[44]. Con tale fonte secondaria vengono estese le deroghe di cui all’art. 35, comma 5-ter, quarto periodo, del D.Lgs. n. 165/2001.
Tale facoltà era prevista dal settimo periodo del medesimo comma: «[…] con decreto del Ministro della pubblica amministrazione, adottato previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, possono essere stabilite ulteriori modalità applicative delle disposizioni del presente comma».
Detto decreto è stato registrato alla Corte dei conti in data 27 novembre 2024 ed è entrato in vigore il 27 dicembre 2024, quindicesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, serie generale, n. 291 del 12 dicembre 2024.
Orbene, per quanto detto, nella ipotesi di un concorso per il reclutamento di 25 posti, bandito da un Ente Locale, potranno essere dichiarati idonei tutti coloro che, oltre i vincitori, avranno superato tutte le prove previste dalla lex specialis.
- Conclusioni
L’esame della disciplina normativa e giurisprudenziale sulla validità temporale delle graduatorie concorsuali negli enti locali evidenzia una complessità strutturale che rispecchia le dinamiche evolutive del sistema di reclutamento pubblico.
Il quadro normativo, seppur apparentemente chiaro nel delineare il principio triennale di validità delle graduatorie, presenta significative zone d’ombra che emergono in fase applicativa, soprattutto in contesti caratterizzati da contenziosi amministrativi o modifiche successive alla formazione dell’elenco.
Il principio cardine che regola la durata delle graduatorie concorsuali è sancito dall’art. 35, comma 5-ter, del d.Lgs. n. 165/2001, così come novellato dal decreto-legge n. 25/2025[45], il quale prevede l’estensione ad una validità triennale per gli enti locali, in perfetta aderenza all’art. 91, comma 4, D.Lgs. n. 267/2000.
In tale prospettiva emerge, quale regola generale, il criterio di efficacia temporale della norma imperniato sul principio della sua applicazione esclusivamente ai fatti giuridici verificatisi successivamente alla sua entrata in vigore, il 15 marzo 2025. Lo jus superveniens non è, pertanto, in grado di condizionare le norme vigenti al momento del varo della graduatoria definitiva dei vincitori e degli idonei, in piena aderenza al principio della logica tempus regit actum, secondo il quale l’approvazione dell’atto finale di un concorso pubblico viene ad essere governato dalle norme vigenti nel momento in cui viene posto in essere e pubblicato, data dalla quale decorre anche il termine per le eventuali impugnative.
Proprio l’effettiva individuazione del dies a quo ha animato un vivace dibattito interpretativo tanto in dottrina, quanto in giurisprudenza. La questione non è di mero dettaglio, poiché dalla corretta individuazione del termine iniziale dipendono importanti conseguenze in ordine alla possibilità di utilizzo delle graduatorie per future assunzioni, nonché alla tutela delle posizioni giuridiche degli idonei.
In primo luogo, la giurisprudenza maggioritaria ha chiarito che il termine triennale decorre dall’approvazione dell’elenco definitivo, e non dalla mera adozione dell’atto preliminare o dalla pubblicazione della graduatoria provvisoria. Tale orientamento trova fondamento nell’esigenza di garantire certezza del diritto e trasparenza nei procedimenti amministrativi, evitando che eventuali modifiche successive possano retroagire al punto da pregiudicare la posizione dei soggetti utilmente collocati.
Tuttavia, uno degli aspetti più problematici riguarda l’incidenza delle modifiche intervenute successivamente all’approvazione della graduatoria, soprattutto in caso di contenzioso amministrativo. In tali circostanze, la giurisprudenza ha affermato che il termine triennale deve essere ricalcolato dalla data dell’ultima modifica intervenuta, anche se successiva a un procedimento giudiziario. Tale soluzione, benché pragmatica, solleva significativi interrogativi in ordine alla stabilità delle graduatorie e alla certezza delle procedure concorsuali, dal momento che le controversie possono protrarsi per un lungo periodo, ritardando l’effettiva utilizzabilità dell’elenco per finalità assunzionali.
La ratio di tale orientamento risiede nella necessità di garantire il rispetto del principio di effettività della tutela giurisdizionale, evitando che eventuali vizi originari precludano la successiva utilizzabilità della graduatoria corretta. Ciò nonostante, la mancanza di un intervento legislativo chiaro in tal senso rischia di esporre gli enti locali a situazioni di incertezza operativa, soprattutto quando si tratta di programmare il fabbisogno di personale in tempi ragionevoli e nel rispetto dei vincoli di bilancio.
Inoltre, la recente innovazione normativa, sebbene sembri mirare a semplificare la gestione delle graduatorie - conferendo maggiore flessibilità nel loro utilizzo - reca, inevitabilmente, una complessità nei dettagli applicativi. Perché, sebbene la decisione di procedere allo scorrimento della graduatoria sia un atto unilaterale, l’effettiva instaurazione del rapporto di lavoro richiede l’incontro delle volontà attraverso la sottoscrizione del contratto. E in questa direzione si pone il problema di comprendere se, qualora l’amministrazione deliberi lo scorrimento pochi giorni prima della scadenza della graduatoria e il candidato individuato non aderisca alla stipula dopo il sopravvenuto termine di efficacia della stessa, il provvedimento originario sia sufficiente a legittimare ulteriori scorrimenti in un contesto in cui la graduatoria risulti ormai decaduta.
Altra problematica rilevante è rappresentata, poi, dall’eventualità di utilizzo delle graduatorie di altre amministrazioni attraverso la convenzione. Tale strumento, pur finalizzato a ottimizzare le risorse e a garantire una maggiore flessibilità gestionale, incontra spesso ostacoli interpretativi relativi alla compatibilità dei profili professionali e alla coerenza con le previsioni della programmazione del fabbisogno. In quest’ottica, l’interpretazione giurisprudenziale sembra favorire un’ampia applicabilità dell’istituto, purché sia garantita l’omogeneità tra i profili professionali richiesti e quelli risultanti dalla graduatoria utilizzata.
In ultima analisi, emerge con chiarezza la necessità, di un intervento sistematico e coordinato che garantisca certezza applicativa e un equilibrio tra esigenze di flessibilità amministrativa e tutela dei diritti dei candidati. Solo una normativa chiara e armonica potrà prevenire il proliferare di contenziosi, assicurando al contempo il rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza e buon andamento della pubblica amministrazione.
* Funzionario Amministrativo dell’Università degli Studi di Salerno - abilitato all’esercizio della professione di Avvocato.
Le considerazioni espresse nel presente lavoro sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non impegnano, in alcun modo, l’Amministrazione di appartenenza.
[1] Come novellato dall’art. 3, comma 1, lettera d), punto 3, dettaglio 3.1), del decreto-legge 25/2025, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 69/2025.
[2] Art. 91, comma 4, del D.Lgs. n. 267/2000.
[3] Testo Unico del Pubblico Impiego, D.Lgs. n. 165/2001 recante “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”.
[4] D.Lgs. n. 267/2000 recante “Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali”.
[5] Cfr. Corte dei Conti, sezione del controllo per la regione Sardegna, 04 agosto 2020, deliberazione n. 85/2020/PAR.
[6] «Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Fino alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al CONI».
[7] «Ai fini del presente testo unico si intendono per enti locali i comuni, le province, le città metropolitane, le comunità montane, le comunità isolane e le unioni di comuni».
[8] Per un approfondimento sul diritto degli Enti Locali si rimanda a VANDELLI L., Il Sistema delle Autonomie Locali, Il Mulino, Bologna, 2021
[9] CARPINO R., Testo Unico degli Enti Locali commentato, Maggioli Editore, Sant’Arcangelo di Romagna (Rn), 2018.
[10] Cfr. Corte dei Conti, sezione del controllo per la regione Lombardia, 17 marzo 2010, deliberazione n. 280/2010/PAR.
[11] Come modificato dal d.P.R. n. 82/2023, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 150 del 29 giugno 2023.
[12] Vale a dire le amministrazioni dello Stato, (ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative), le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane (e loro consorzi e associazioni), le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (e loro associazioni), tutti gli enti pubblici non economici (nazionali, regionali e locali), le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (Aran) e le Agenzie di cui al D.Lgs. n. 300/1999. Fino alla revisione organica della disciplina di settore, dette disposizioni continuano ad applicarsi anche al Coni.
[13] Convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 69/2025.
[14] TRAPANI M., Abrogatio. Lineamenti della validità temporale della norma giuridica, Giappichelli Editore, Torino, 2019
[15] Approvato con Regio Decreto n. 262/1942.
[16] In argomento si riporta, ex multis, l’Ordine del Giorno n. 9/02308-A/061, presentato alla Camera dei Deputati dall’On. Marco Lacarra, testo di mercoledì 23 aprile 2025, seduta n. 470, a mente del quale la Camera impegnava il Governo «a provvedere all'adozione di una norma di interpretazione autentica che chiarisca la portata della disposizione di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), n. 3.1), nel senso di applicare l’estensione triennale della durata della validità delle graduatorie dei concorsi pubblici per il reclutamento di personale relativi agli enti locali alle graduatorie vigenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 25 del 2025».
[17] In particolare, ai sensi del citato articolo 35, comma 5-ter, del D.Lgs. n. 165 del 2001, sono esclusi: i concorsi pubblici «banditi per il reclutamento del personale sanitario e sociosanitario, educativo e scolastico, compreso quello impiegato nei servizi educativo-scolastici gestiti direttamente dai comuni e dalle unioni di comuni, e dei ricercatori»; i concorsi inerenti al personale cosiddetto di diritto pubblico, di cui all’articolo 3 dello stesso D.Lgs. n. 165, e successive modificazioni; i concorsi banditi «dalle regioni, dalle province, dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, dagli enti locali o da enti o agenzie da questi controllati o partecipati che prevedano un numero di posti messi a concorso non superiore a venti unità e per i comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti e per l'effettuazione di assunzioni a tempo determinato»; le eventuali ulteriori fattispecie, individuate con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, adottato previa intesa in sede di Conferenza unificata Stato-regioni-province autonome-città ed autonomie locali. Sulla base di quest’ultima previsione, è stato emanato il D.M. 13 settembre 2024; quest’ultimo estende l’esclusione ai «concorsi banditi per un numero di posti non superiore a venti unità per il reclutamento: a) di personale del profilo tecnologo e tecnico e di quello amministrativo negli enti di ricerca; b) di personale amministrativo, tecnico e professionale, nelle aziende sanitarie locali; c) di personale amministrativo nelle università; d) di personale negli enti, aziende, agenzie, strumentali e vigilati dalle regioni, dalle province e dagli enti locali; e) di personale negli enti parco».
[18] Si richiama, sul punto, l’art. 4, comma 9, del decreto-legge n. 25/2025, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 69/2025, secondo cui «alle graduatorie dei concorsi per il reclutamento di personale nelle amministrazioni pubbliche, approvate nell'anno 2024 e nell'anno 2025, nonché a quelle relative ai concorsi banditi nell'anno 2025, non si applica il limite di cui all'articolo 35, comma 5-ter, quarto periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165».
[19] Introdotto dal decreto-legge 25/2025, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 69/2025.
[20] «[…] Nei concorsi pubblici, a esclusione di quelli banditi per il reclutamento del personale sanitario e socio-sanitario, educativo e scolastico, compreso quello impiegato nei servizi educativo-scolastici gestiti direttamente dai comuni e dalle unioni di comuni, e dei ricercatori, nonché del personale di cui all’articolo 3, sono considerati idonei i candidati collocati nella graduatoria finale dopo l’ultimo candidato vincitore, in numero non superiore al 20 per cento dei posti messi a concorso. Entro il termine di validità delle graduatorie e nei limiti delle facoltà assunzionali già autorizzate, le amministrazioni possono procedere allo scorrimento delle graduatorie nei limiti di cui al quarto periodo. La disposizione […] non si applica alle procedure concorsuali bandite dalle regioni, dalle province, dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, dagli enti locali o da enti o agenzie da questi controllati o partecipati che prevedano un numero di posti messi a concorso non superiore a venti unità e per i comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti e per l’effettuazione di assunzioni a tempo determinato. Con decreto del Ministro della pubblica amministrazione, adottato previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, possono essere stabilite ulteriori modalità applicative delle disposizioni del presente comma. Espletata la verifica di cui all'articolo 4, comma 3, lettera a), del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, le amministrazioni, per ragioni di carattere organizzativo, purché in presenza di profili professionali sovrapponibili a quelli individuati nei propri atti di programmazione, possono reclutare il proprio personale, a tempo determinato o tempo indeterminato, mediante utilizzo di proprie graduatorie vigenti ovvero, previo accordo, di quelle di altra amministrazione, ai sensi dell'articolo 1, comma 4, lettera b)-bis, del decreto-legge 22 aprile 2023, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2023, n. 74».
[21] Ai sensi dell’art. 35-ter del D.Lgs. n. 165/2001, disponibile all’indirizzo www.InPA.gov.it, sviluppato dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, che ne cura la gestione.
[22] TENORE V. (a cura di), Il manuale del pubblico impiego privatizzato, EPC Editore, Roma, 2024.
[23] Cfr. nota n. 19.
[24] Cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 3 febbraio 2015, sentenza n. 515.
[25] Cfr. TAR Lombardia, sez. III, 4 aprile 2012, sentenza n. 968.
[26] Cfr. TAR Calabria, sez. II, 13 gennaio 2022, sentenza n. 13.
[27] Cfr. Consiglio di Stato, sez. II, 9 aprile 2021, sentenza n. 2909 e sez. V, 6 giugno 2019, sentenza n. 3829.
[28] Convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 69/2025.
[29] Come modificato dall’art. 3, comma 1, lettera d), punto 3, dettaglio 3.2), del decreto-legge 25/2025.
[30] «Entro il termine di validità delle graduatorie e nei limiti delle facoltà assunzionali già autorizzate, le amministrazioni possono procedere allo scorrimento delle graduatorie nei limiti di cui al quarto periodo».
[31] Dossier del Servizio Studi di Camera e Senato n. 448/1 del 18 aprile 2025.
[32] «Espletata la verifica di cui all’articolo 4, comma 3, lettera a), del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, le amministrazioni, per ragioni di carattere organizzativo, purché in presenza di profili professionali sovrapponibili a quelli individuati nei propri atti di programmazione, possono reclutare il proprio personale, a tempo determinato o tempo indeterminato, mediante utilizzo di proprie graduatorie vigenti ovvero, previo accordo, di quelle di altra amministrazione, ai sensi dell’articolo 1, comma 4, lettera b-bis, del decreto-legge 22 aprile 2023, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2023, n. 74».
[33] Riguardo a tale verifica, cfr. il richiamato articolo 4, comma 3, lettera a), del decreto-legge n. 101/2013, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 125/2013.
[34] Il riferimento è all’art. 4, comma 9, del convertito decreto-legge n. 25/2025 secondo cui «alle graduatorie dei concorsi per il reclutamento di personale nelle amministrazioni pubbliche, approvate nell’anno 2024 e nell’anno 2025, nonché a quelle relative ai concorsi banditi nell’anno 2025, non si applica il limite di cui all’articolo 35, comma 5-ter, quarto periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165».
[35] Il riferimento è alla Legge n. 112/2023 di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 75/2023, recante disposizioni urgenti in materia di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, di agricoltura, di sport, di lavoro e per l’organizzazione del Giubileo della Chiesa cattolica per l’anno 2025.
[36] Il testo del comma 5-ter, vigente fino alla data del 16.08.2023, risultava essere il seguente: «Le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche rimangono vigenti per un termine di due anni dalla data di approvazione. Sono fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali. Il principio della parità di condizioni per l’accesso ai pubblici uffici è garantito, mediante specifiche disposizioni del bando, con riferimento al luogo di residenza dei concorrenti, quando tale requisito sia strumentale all’assolvimento di servizi altrimenti non attuabili o almeno non attuabili con identico risultato. Nei concorsi pubblici sono considerati idonei i candidati collocati nella graduatoria finale entro il 20 per cento dei posti successivi all’ultimo di quelli banditi. In caso di rinuncia all'assunzione o di dimissioni del dipendente intervenute entro sei mesi dall’assunzione, l’amministrazione può procedere allo scorrimento della graduatoria nei limiti di cui al quarto periodo».
[37] Testo pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 144 del 22 giugno 2023.
[38] Non interessato dalle modifiche introdotte dall’art. 3, comma 1, lettera d), punto 3, dettaglio 3.2), del convertito decreto-legge 25/2025.
[39] Come modificato dall’art. 3, comma 1, lettera d), punto 3, dettaglio 3.2), del convertito decreto-legge 25/2025.
[40] Il richiamato articolo riguarda il personale in regime di diritto pubblico: «In deroga all’articolo 2, commi 2 e 3, rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti: i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e delle Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia nonché i dipendenti degli enti che svolgono la loro attività nelle materie contemplate dall’articolo 1 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n.691, e dalle leggi 4 giugno 1985, n.281, e successive modificazioni ed integrazioni, e 10 ottobre 1990, n.287. 1-bis. In deroga all’articolo 2, commi 2 e 3, il rapporto di impiego del personale, anche di livello dirigenziale, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, esclusi il personale volontario previsto dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 2 novembre 2000, n. 362, e il personale volontario di leva, è disciplinato in regime di diritto pubblico secondo autonome disposizioni ordinamentali. 1-ter. In deroga all’articolo 2, commi 2 e 3, il personale della carriera dirigenziale penitenziaria è disciplinato dal rispettivo ordinamento. 2. Il rapporto di impiego dei professori e dei ricercatori universitari, a tempo indeterminato o determinato, resta disciplinato dalle disposizioni rispettivamente vigenti, in attesa della specifica disciplina che la regoli in modo organico ed in conformità ai principi della autonomia universitaria di cui all’articolo 33 della Costituzione ed agli articoli 6 e seguenti della legge 9 maggio 1989, n.168, e successive modificazioni ed integrazioni, tenuto conto dei principi di cui all’articolo 2, comma 1, della legge 23 ottobre 1992. n. 421».
[41] Limiti introdotti, a far data dal 22 giugno 2023, dalla Legge n. 74/2023, di conversione - con modificazioni - del decreto-legge n. 44/2023. Testo pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 143 del 21 giugno 2023
[42] Testo pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 190 del 16 agosto 2023.
[43] La norma è applicabile solo alle procedure concorsuali che prevedano un numero di posti superiore alle venti unità.
[44] L’art. 1, rubricato “Ulteriori modalità applicative delle disposizioni in materia di idoneità nelle graduatorie dei concorsi pubblici”, stabilisce che «Il limite di cui all’articolo 35, comma 5-ter, quarto periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 non si applica, altresì, nei concorsi banditi per un numero di posti non superiore a venti unità per il reclutamento: a) di personale del profilo tecnologo e tecnico e di quello amministrativo negli enti di ricerca; b) di personale amministrativo, tecnico e professionale, nelle Aziende sanitarie locali; c) di personale amministrativo nelle Università; d) di personale negli enti, aziende, o agenzie, strumentali e vigilati dalle regioni, dalle province e dagli enti locali; e) di personale negli enti parco».
[45] Il riferimento è all’art. 3, comma 1, lettera d), punto 3, dettaglio 3.1), del decreto-legge 25/2025, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 69/2025.