ISSN 2039 - 6937  Registrata presso il Tribunale di Catania
Anno XVII - n. 05 - Maggio 2025

  Temi e Dibattiti



Spunti per la valorizzazione della “territorialità” nel settore degli appalti pubblici.

Di Vincenzo Pugliese
   Consulta il PDF   PDF-1   

Spunti per la valorizzazione della “territorialità”

nel settore degli appalti pubblici

Di VINCENZO PUGLIESE

 

La Corte costituzionale, con la sentenza in nota[1], si pronuncia sulla legittimità delle c.d. clausole di territorialità negli appalti pubblici. In particolare, il sindacato ha ad oggetto una legge della Regione Toscana che prevedeva una riserva di partecipazione negli appalti pubblici per le PMI locali. In questo senso, il Giudice delle Leggi, dopo aver svolto un excursus sulla giurisprudenza in materia, dichiara la norma costituzionalmente illegittima per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. Come si evince, “in base alla giurisprudenza di questa Corte, «le disposizioni del codice dei contratti pubblici […] regolanti le procedure di gara sono riconducibili alla materia della tutela della concorrenza, e […] le Regioni, anche ad autonomia speciale, non possono dettare una disciplina da esse difforme”. Pertanto è pacifico dedurre, in sintesi, che il complesso percorso argomentativo della Corte costituzionale si focalizzi su due macro tematiche: la “tutela della concorrenza” e, in maniera subordinata, la “competenza statale”, in quanto trattasi di una materia di legislazione esclusiva.

Il disfavore verso le clausole di territorialità emerge anche dalle pronunce del Giudice amministrativo. Tuttavia, la questione in esame, nella prospettiva amministrativistica, assume rilevanza in quanto si tratta di clausole di un bando di gara preclusive della partecipazione di operatori economici o, comunque, tali da impedire con certezza la formulazione dell’offerta. In altri termini, le c.d. clausole di territorialità introdurrebbero, ove previste, una causa di esclusione non prevista dalla legge.

Alla luce del sindacato del giudice costituzionale ed amministrativo, è doveroso comprendere l’impatto prodotto sulle politiche pubbliche in materia, oltre che le relative conseguenze pratiche sull’attività quotidiana delle stazioni appaltanti.

Come è noto, il controllo di legittimità costituzionale su una legge ovvero il sindacato giurisdizionale sui provvedimenti amministrativi, non implica la valutazione delle scelte politiche compiute dal legislatore o da un amministratore pubblico. Il Giudice costituzionale, in particolare, è competente a verificare il c.d. eccesso di potere legislativo. Tuttavia, qualora venga riscontrato il vizio, il confine tra il giudizio sulla legittimità e quello sul merito diviene, di fatto, molto labile. Lo sconfinamento politico della Corte è escluso espressamente, in linea di principio, dall’art. 28, L. 11 marzo 1953, n. 87. Però, pur rispettando il parametro di costituzionalità, il Legislatore viene fortemente condizionato dalle pronunce costituzionali. 

Nei confronti del tema delle c.d. clausole di territorialità negli appalti pubblici non si registra una buona disposizione parlamentare. Ciò nonostante le stazioni appaltanti periodicamente “traducono” in bandi e disciplinari le esigenze di valorizzazione dell’economia di un dato perimetro territoriale ovvero richiedono beni e servizi a KM zero. Un esempio molto significativo è rappresentato dalla suddivisione della gara in micro lotti che se “pur formalmente riferita all’agevolazione della partecipazione delle piccole e medie imprese “locali”, non si traduce in una specifica clausola di territorialità né in altra forma di preferenza accordata agli operatori regionali” (TAR Bolzano, sent. N. 00270/2021).  Infatti la ratio dell’art. 51 del d.lgs. 50/2016 è esattamente quella di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese nel mercato interno. Dunque le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali di cui all’articolo 3, comma 1, lettera qq) del codice ovvero in lotti prestazionali di cui all’articolo 3, comma 1, lettera ggggg) ed il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle PMI. Al contrario, le stazioni appaltanti sono obbligate a motivare la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito e nella relazione unica ex artt. 99 e 139. Ma l’aspetto che più interessa è il divieto imposto alle stazioni appaltanti di strumentalizzare la lottizzazione degli appalti al solo fine di eludere l’applicazione delle disposizioni del codice, quindi di affidare contratti pubblici, ad esempio, alle micro, piccole e medie imprese del territorio. Soprattutto nel settore ambientale, tali iniziative si moltiplicano. È significativo citare il servizio di gestione dei rifiuti urbani, assegnato agli enti locali. Non è necessario essere esperti di diritto ambientale per comprendere che la prossimità degli impianti di smaltimento risulta strumentale alla riduzione dell’impatto ambientale derivante dalla movimentazione dei rifiuti. Mentre è necessario essere esperti amministrativisti per ricordare in sede di legislativa o politica che il principio di prossimità in questo settore è espressamente stabilito dal codice dell’ambiente (art. 181, co. 5 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152). Anche il Consiglio di Stato declina in termini di legittimità i bandi di gara che prevedono l’impegno per l’operatore economico a dotarsi di un impianto di smaltimento entro pochi km dalla sede della stazione appaltante (sent. Cons. Stato, sez. V, 12 maggio 2017, n. 2238) oppure laddove l’ambito territoriale interessato dalla clausola, considerando l’oggetto specifico dell’appalto, includa il territorio di due o più regioni. In breve, la distonia tra ciò che viene teorizzato e quello che viene praticato legittimamente, rimane un grande tema tutto italiano e sempre attuale.

È pleonastico analizzare il mercato extra europeo e, tra gli altri, quello statunitense, nel quale si operano i set-aside[2] oppure il giapponese che li ha parzialmente esclusi (dal quale consegue un aumento del costo delle commesse)[3], perché l’Europa è letteralmente composta da piccole, medie e micro imprese. Le PMI, infatti, costituiscono il 99% delle imprese dell'UE, forniscono due terzi dei posti di lavoro nel settore privato e contribuiscono a più della metà del valore aggiunto totale creato dalle imprese dell'Unione[4]. In quest’ottica è giusto anche riconoscere la modernizzazione della politica europea in materia di appalti pubblici per le PMI in termini di riduzione degli oneri amministrativi, nonché di semplificazione degli obblighi di rendicontazione finanziaria. Tuttavia la clausola di territorialità non è stata ancora “sdoganata” 

Quello che la cronaca parlamentare, e maggiormente quella dei consessi regionali e degli enti locali, consegna di questa tematica è indubbiamente la mole di iniziative tese a riservare appalti pubblici alle PMI del territorio. D’altronde, può esser fatto rientrare in questa categoria anche l’art. 10, co. 4, L.R. Toscana 16 aprile 2019, n. 18 («Disposizioni per la qualità del lavoro e per la valorizzazione della buona impresa negli appalti di lavori, forniture e servizi. Disposizioni organizzative in materia di procedure di affidamento di lavori. Modifiche alla l.r. 38/2007»). All’iniziativa del legislatore regionale segue un tentativo, che tale resta, poiché si scontra con il totem della concorrenza.

Alla luce delle osservazioni sin qui svolte, dalla pronuncia in esame, ex malo bonum, si possono trarre due conclusioni riportate qui in appresso: è legittimo premiare le PMI locali nei bandi di gara per appalti di beni e servizi in specifici settori (quali l’ambiente, l’agricoltura, il turismo); non risulta incompatibile con le norme del codice appalti e la Costituzione riservare la partecipazione alle PMI nelle gare d’appalto.

Per questi motivi, trattandosi dunque di un tema di particolare attualità ed interesse economico, è auspicabile un intervento del Legislatore teso ad attuare la ratio sottesa alla valorizzazione delle PMI contenuta nelle tre direttive europee del 2014 e, soprattutto, rafforzare l’autonomia delle Regioni nel settore dei contratti pubblici. Il percorso è già tracciato: qualificazione delle stazioni appaltanti attraverso la realizzazione di un modello organizzativo decentrato, macro-territoriale e retto da professionisti, che dà respiro alle PMI.

 

 

[1] Corte costituzionale, sentenza 27 maggio 2020, n. 98 – Pres. Cartabia, Red. de Pretis

[2] Appalti riservati ad un determinato target di imprese in possesso di specifici requisiti.

[3] Cfr. Gustavo Piga, “L’interregno, Una terza via per l’Italia e l’Europa”, cap. 34.

 

[4] https://www.europarl.europa.eu/factsheets/it/sheet/63/piccole-e-medie-imprese