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Anno XVI - n. 07 - Luglio 2024

  Giurisprudenza Amministrativa



Sanatoria edilizia pecuniaria: non rimovibilità dei vizi delle procedure amministrative e fiscalizzazione dell’abuso edilizio di cui all’art. 38 del T.U. Edilizia nella pronuncia dell’Adunanza Plenaria.

Di Giuseppe Vinciguerra.
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NOTA A CONSIGLIO DI STATO - ADUNANZA PLENARIA

SENTENZA 7 settembre 2020, n. 17

 

 

Sanatoria edilizia pecuniaria: non rimovibilità dei vizi delle procedure amministrative e fiscalizzazione dell’abuso edilizio di cui all’art. 38 del T.U. Edilizia nella pronuncia dell’Adunanza Plenaria

 

Di GIUSEPPE VINCIGUERRA

 

 

Massima: I vizi delle procedure amministrative cui fa riferimento l’art. 38 TU Edilizia sono esclusivamente quelli che riguardano forma e procedura che, alla luce di una valutazione in concreto operata dall’amministrazione, risultino di impossibile rimozione

 

Introduzione: la questione rimessa all’Adunanza Plenaria

Con la recente deliberazione n. 17 del 7 settembre 2020, l’Adunanza Plenaria in sede giurisdizionale del Consiglio di Stato affronta la questione rimessale dalla IV Sezione del Consiglio di Stato con ordinanza n. 1735/2020 in ordine alla esatta delimitazione dei vizi che consentono, in luogo della demolizione, l’applicazione del regime di “fiscalizzazione” dell’abuso edilizio previsto dall’art. 38 del T.U. edilizia, 6 giugno 2001 n. 380.

La Sezione rimettente, riscontrata la sussistenza di almeno tre indirizzi giurisprudenziali in ordine al dubbio esegetico concernente quanto appena sopra sinteticamente evocato, ovvero se dinanzi all’annullamento in sede giurisdizionale del permesso di costruire, in ragione della sussistenza di un vizio sostanziale non emendabile (come sarebbe quello ricorrente nel caso dalla stessa assunto in decisione), l’art. 38 del Testo Unico Edilizia consenta, o meno, all’ente territoriale di imporre unicamente la sanzione pecuniaria ivi prevista (con effetti analoghi al conseguimento del permesso di costruire in sanatoria di cui all’art. 36 del medesimo testo unico), ha così avvertito la necessità della relativa composizione nomofilattica.

 

 

I tre filoni giurisprudenziali in materia

A fronte del più risalente orientamento di cui si dà conto nella pronuncia in esame (formatosi sotto il vigore dell’art. 11 della legge n. 47/85, recante nondimeno identico testo normativo), di carattere più restrittivo, escludente - nella sostanza - la cd. logica del condono, secondo il quale la fiscalizzazione dell’abuso edilizio sarebbe possibile soltanto nel caso di vizi formali o procedurali emendabili, mentre in ogni altro caso l’amministrazione dovrebbe indubbiamente procedere a ordinare la rimessione in pristino[1], si registra invero un orientamento giurisprudenziale estensivo (sostenuto, in particolare, dalla VI Sezione del Consiglio di Stato) il quale si colloca, al contrario, nel solco ermeneutico che, considerando l’istituto de quo come “un caso particolare di condono di una costruzione nella sostanza abusiva”, ammette la cd. fiscalizzazione dell’abuso edilizio per ogni tipologia di abuso, a prescindere dal tipo, formale ovvero sostanziale, dei vizi che hanno portato all’annullamento del titolo abilitativo a monte[2].

A un livello intermedio rispetto ai due enunciati indirizzi si pone infine il terzo orientamento, il quale, pur rinnegando nella sostanza la logica della sanatoria di un abuso edilizio (richiedendosi – con riguardo alla fattispecie in esame - che lo stesso sia in concreto eliminato con gli opportuni interventi modificativi del correlato progetto), ritiene nondimeno possibile la cd. fiscalizzazione, oltre che nei casi di vizio formale, anche nei casi di vizio sostanziale, purché però emendabile[3].

 

Le considerazioni alla base del revirement dell’Adunanza Plenaria

Considerazioni d’ordine testuale e sistematico afferenti la portata giuridica della fattispecie di cui all’art. 38 del T.U. edilizia spingono tuttavia la Adunanza Plenaria a tracciare un vero revirement rispetto all’ormai nutrito surrichiamato filone giurisprudenziale secondo cui la fiscalizzazione dell’abuso edilizio prescinderebbe dalla tipologia del vizio (procedurale o sostanziale).

Osserva invero l’Adunanza come con riguardo all’istituto de quo vengano in rilievo principalmente due contrapposti interessi: da una parte, la tutela del legittimo affidamento del privato, e, dall’altra, la tutela del corretto assetto urbanistico ed edilizio, la cui composizione è realizzata dal legislatore per il tramite di una “compensazione” monetaria di valore pari “al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite” (cd. fiscalizzazione dell’abuso).

Proprio la tutela del legittimo affidamento del privato (ingenerato dal rilascio del titolo abilitativo originario, ritenuto legittimo in ossequio alla generale presunzione di legittimità degli atti amministrativi), viene identificata dalla Adunanza Plenaria quale ragione giustificativa dell’eccezionale temperamento al principio generale secondo cui la costruzione abusiva deve essere sempre demolita, nonché della equiparazione - stante il disposto normativo di cui al comma 2 dell’art. 38 T.U. edilizia - all’istituto del permesso di costruire in sanatoria di cui al successivo art. 36, ma solo quoad effectum, discendendo invece in quest’ultima fattispecie l’effetto sanante dalla sostanziale conformità urbanistica (passata e presente) della costruzione abusiva.

 

  • Le condizioni che debbono presidiare la sanatoria ex art. 38 TU Edilizia

Delle due eterogenee condizioni (la prima - impossibilità della rimozione dei vizi delle procedure amministrative - attinente alla sfera dell’amministrazione, presuppone che l’attività di convalida del permesso di costruire, mediante rimozione del vizio della relativa procedura, non sia oggettivamente possibile; la seconda - impossibilità di restituzione in pristino - attinente alla sfera del privato, concerne la concreta possibilità di procedere alla restituzione dei luoghi in pristino stato) che - come osservato dall’Adunanza - debbono presidiare la fattispecie in commento, costituente eccezionale deroga al principio della necessaria repressione a mezzo demolizione degli abusi edilizi, censuratane la comune generica declinazione da parte del legislatore[4], l’Adunanza si concentra sulla prima[5], vertendo i quesiti posti dall’ordinanza di rimessione proprio su tale questione.

Tra le considerazioni d’ordine testuale che inducono la Adunanza Plenaria a discostarsi dall’orientamento giurisprudenziale “estensivo” sopra richiamato viene invocato il tenore letterale del comma 1 della disposizione in esame, ove viene fatto specifico riferimento unicamente ai vizi “delle procedure”, e non anche - si osserva - “ad altri vizi del provvedimento che, non attenendo al procedimento, involvono profili di compatibilità della costruzione rispetto al quadro programmatorio e regolamentare che disciplina l’an e il quomodo dell’attività edificatoria”, ritenendo così enucleate le cause di invalidità in grado di giustificare l’operatività del temperamento evidenziato.

Osserva peraltro l’Adunanza che, sia pur per implicito, il tenore della norma impone all’amministrazione interessata l’obbligo di porre preliminarmente rimedio al vizio, rimuovendolo attraverso un’attività di secondo grado pacificamente sussumibile nell’esercizio del potere di convalida (contemplato in via generale dall’art. 21-nonies, comma 2 della legge generale sul procedimento amministrativo), il quale implica necessariamente un’illegittimità di natura “procedurale” astrattamente rimuovibile[6].

Ed è proprio il riferimento ad un vizio procedurale astrattamente convalidabile - a dir dell’Adunanza - a delimitare dal punto di vista operativo il campo semantico della successiva e connessa proposizione normativa del medesimo comma 1 dell’art. 38 riferita all’impossibilità di rimozione, ritenendo che per questa debba intendersi l’“impossibilità che attiene pur sempre ad un vizio che, sul piano astratto sarebbe suscettibile di convalida, e che per le motivate valutazioni espressamente fatte dall’amministrazione, non risulta esserlo in concreto”.

La Plenaria coglie peraltro l’occasione per precisare i confini entro cui dovrebbe dispiegarsi il sindacato del giudice amministrativo, affermando che quest’ultimo deve avere ad oggetto proprio la natura del vizio, afferendo invece la “motivata valutazione” da rendersi da parte dell’amministrazione al preliminare vaglio della stessa circa la rimovibilità o meno in concreto del vizio, ritenuta rilevante, “non già rispetto al binomio fiscalizzazione/demolizione, quanto piuttosto in relazione al diverso binomio convalida/applicazione dell’art. 38, costituente soglia di accesso per applicazione dell’intero impianto dell’art. 38 (e non solo dell’opzione della fiscalizzazione)[7].

 

Estensione della tutela dell’affidamento del privato e bilanciamento degli interessi contrapposti

Sul fronte delle considerazioni di carattere sistematico deponenti in tal senso la Adunanza Plenaria richiama opportunamente la possibile estensione della tutela dell’affidamento del privato attraverso l’eccezionale potere di sanatoria contemplato dall’art. 38, la quale - osserva - “non può giungere sino a consentire una sorta di condono amministrativo affidato alla valutazione dell’amministrazione, in deroga a qualsivoglia previsione urbanistica, ambientale o paesaggistica, pena l’inammissibile elusione del principio di programmazione e l’irreversibile compromissione del territorio, ma è piuttosto ragionevolmente limitata a vizi che attengono esclusivamente al procedimento autorizzativo, i quali non possono ridondare in danno del privato che legittimamente ha confidato sulla presunzione di legittimità di quanto assentito[8].

Rileva altresì condivisibilmente la Adunanza che con riguardo ai casi in cui l’annullamento del titolo sia intervenuto in sede giurisdizionale su istanza di terzi (controinteressati) nella ricerca di un punto di equilibrio nel delicato bilanciamento fra tutela dell’affidamento, tutela del territorio e tutela del terzo, consentire la tutela dell’affidamento del costruttore attraverso la cd. fiscalizzazione dell’abuso anche in relazione a vizi sostanziali di fatto vanificherebbe la tutela del terzo ricorrente[9].

Sotto diverso profilo, la Plenaria non ritiene che il succitato punto di equilibrio tra gli interessi contrapposti sia depotenziato dalla giurisprudenza della Corte EDU sul carattere fondamentale del diritto di abitazione e sul necessario rispetto del principio di proporzionalità nell’inflizione della sanzione demolitoria[10]. Pone così in evidenza come - caduto il dogma dell’irrisarcibilità degli interessi legittimi a seguito della nota sentenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione n. 500/99[11] – sia ben possibile che dinanzi all’annullamento in sede amministrativa o giurisdizionale del permesso di costruire il costruttore (a prescindere dalla qualificazione giuridica della relativa posizione giuridica in termini di diritto soggettivo o di interesse legittimo[12]) reclami il ristoro dei danni conseguenti al legittimo affidamento dal medesimo riposto circa la legittimità dell’edificazione realizzata e che l’illecito commesso dall’amministrazione comporti il sorgere di un’obbligazione all’integrale risarcimento, per equivalente, del danno provocato.

 

Il principio di diritto enunciato dalla Adunanza Plenaria

Sulla base delle considerazioni sopra esposte, al quesito posto dall’ordinanza di rimessione la Plenaria risponde pertanto enunciando il seguente principio di diritto:i vizi cui fa riferimento l’art. 38 sono esclusivamente quelli che riguardano forma e procedura che, alla luce di una valutazione in concreto operata dall’amministrazione, risultino di impossibile rimozione”.

Detta esegesi, a dir della stessa Adunanza, risulta invero trovar conferma nella giurisprudenza della Corte costituzionale, la quale - giudicando della legittimità di una norma di interpretazione autentica di una disposizione provinciale di tenore identico a quella nazionale di cui si discute (interpretazione autentica tesa ad estendere la fiscalizzazione ai vizi sostanziali) - nella sentenza 209/2010 ha avuto modo di chiarire che “l'espressione «vizi delle procedure amministrative» non si presta ad una molteplicità di significati, tale da abbracciare i «vizi sostanziali», che esprimono invece un concetto ben distinto da quello di vizi procedurali e non in quest'ultimo potenzialmente contenuto”.

Degna di nota appare infine l’indicazione metodologica coerentemente formulata dalla Adunanza Plenaria (in aderenza alla precisata delineazione dell’oggetto del sindacato del giudice amministrativo con riguardo alla fattispecie in argomento) nei confronti della Sezione Quarta in ordine alla definizione dell’appello nel caso de quo, cui si richiede di scrutinare la natura dei vizi del titolo edilizio a suo tempo rilasciato che ne hanno provocato l’annullamento in sede giurisdizionale, con l’esplicito ammonimento ad escludere l’applicabilità del regime di fiscalizzazione dell’abuso di cui all’art. 38 ove dovesse ritenere che gli stessi siano relativi all’insanabile contrasto del provvedimento autorizzativo con le norme di programmazione e regolamentazione urbanistica, in ragione della relativa non rimovibilità. 

 

Considerazioni conclusive

La composizione nomofilattica dei contrapposti orientamenti giurisprudenziali esistenti in materia operata dalla Plenaria con il pronunciamento di cui si è detto, oltre ad apparire - a sommesso parere di chi scrive - suscettibile di integrare l’auspicato equo contemperamento tra tutti i diversi interessi che risultano venire in gioco con riguardo alla fattispecie di cd. sanatoria pecuniaria di cui trattasi, la cui percorribilità (sotto il profilo oggetto di esame) è invero rimessa alla discrezionale - ma pur sempre presidiata - valutazione dell’amministrazione in ordine alla rimovibilità o meno in concreto del/i vizio/i rilevato/i, quale pre-condizione di accesso all’impianto sanante dell’art. 38 TU Edilizia, si rivela peraltro in piena linea con una imprescindibile lettura costituzionalmente orientata della disposizioni de qua, sulla base della quale l’eccezionale temperamento al generale principio secondo cui la costruzione abusiva deve essere sempre demolita (qui operante in ragione della presenza di un permesso di costruire ab origine ritenuto legittimo dal privato), non può giungere - come già si è avuto modo di rilevare - sino a consentire una sorta di condono amministrativo incondizionato (affidato per l’appunto alla valutazione dell’ente territoriale interessato) in deroga a qualsivoglia previsione urbanistica, ambientale o paesaggistica, ovvero - in altri termini – in elusione ai principi costituzionali concernenti la materia del “governo del territorio”, così scongiurandosi il venir in rilievo di possibili profili di incostituzionalità della norma[13].

 

 

 NOTE:

 

[1] In tal senso, ex multis, C.d.S. sez. V 12 ottobre 2001 n. 5407; sez. V 22 maggio 2006, n. 2960; sez. IV 16 marzo 2010 n.1535, nonché la Corte costituzionale nella sentenza 11 giugno 2010 n. 209.

[2] Così, fra le molte, C.d.S. sez. VI 28 novembre 2018 n. 6753; C.d.S. sez. VI 19 luglio 2019 n. 5089; da ultimo, sez. VI n. 2419/2020.

[3] In ciò si sostanzierebbe invero il principale tratto distintivo della sanatoria de qua rispetto all’istituto dell’accertamento di conformità di cui all’art. 36 dello stesso T.U. 380/2001, non risultando richiesto nel caso dell’art. 38 il requisito della cd. “doppia conformità” (in tal senso, cfr. C.d.S. sez. VI 8 maggio 2014 n. 2355; sez. VI 10 settembre 2015 n. 4221).

[4] Declinazione asseritamente ritenuta tale da non chiarire cosa debba intendersi per “vizi delle procedure amministrative” e per “impossibilità di riduzione in pristino”.

[5] La prima condizione, come già enunciato in apertura, concerne l’esatta delimitazione dei vizi che consentono, in luogo della demolizione, l’applicazione del regime di “fiscalizzazione” dell’abuso edilizio in argomento.

[6] Nella vasta letteratura sul potere di convalida e l’autotutela amministrativa, senza alcuna pretesa di esaustività, cfr. F. Benvenuti, Autotutela (Dir. amm.), in Enc. dir., Milano, 1959; G. Coraggio, Autotutela (Dir. Amm.), in Enc. Giur., Ist. Enc. Treccani, Roma, 1988; M. A. Sandulli, Autotutela, in Treccani, Libro dell’anno del diritto, Roma, 2016; M. Lipari, La SCIA e l'autotutela nella legge n. 124/2015: primi dubbi interpretativi, in Federalismi 20/15, 3; M. Protto, L’autotutela dopo la riforma Madia; in Giur. It., 2015, n. 12, p. 2748; M. Sinisi, La nuova azione amministrativa: il “tempo” dell’annullamento d’ufficio e l’esercizio dei poteri inibitori in caso di s.c.i.a. Certezza del diritto, tutela dei terzi e falsi miti. Riflessioni a margine della legge 7 agosto 2015, n. 124, in Federalismi, n. 24/15.

[7] Sul tema dei limiti del sindacato del g.a. rispetto al merito, v., inter alia, M. Protto-P. Patrito, Limiti del sindacato esteso anche al merito, in Urb. e app., n. 5/2015, pagg. 475 e segg..

[8] Sulla natura giuridica della responsabilità della PA per il danno prodotto al privato quale conseguenza della violazione dell’affidamento dal medesimo riposto nella correttezza dell’azione amministrativa e sui riflessi sotto il profilo della connessa giurisdizione, v. recente pronuncia Cassazione, SS.UU., Ord. n. 8236 del 28 aprile 2020, con commento di C. Scognamiglio, Sulla natura della responsabilità della pubblica amministrazione da lesione dell’affidamento del privato sorto a seguito di un comportamento della medesima, in Il Corriere giuridico, 8-9/2020,  pagg. 1025 e segg.. Sul tema cfr. inoltre Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 7246/2019, in giustamm.it, n. 11/2019, con nota di G. Serra, Illegittimità di provvedimento amministrativo favorevole: profili di tutela dell’affidamento del destinatario;  sul fronte dottrinale cfr., tra gli altri, F. Trimarchi Banfi, Affidamento legittimo e affidamento incolpevole nei rapporti con l'amministrazione, in Diritto Processuale Amministrativo, 3/2018, pagg. 823 e segg.; F. Patroni Griffi, A 20 anni dalla sentenza n. 500-1999: attività amministrativa e risarcimento del danno, Presentazione del convegno svoltosi a palazzo Spada il 16 dicembre 2019, in www.giustizia-amministrativa.it; P. Carnevale, La tutela del legittimo affidamento... cerca casa, in Giur. Cost., 2011, 21; F. Merusi, Il punto sulla tutela dell’affidamento nel diritto amministrativo, in Giur. It., 2012, 1195 e segg.; A. Travi, La tutela dell’affidamento del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione, in Dir. Pubbl., 2018, 124; V. Neri, Ripensare la sentenza n. 500/1999 a venti anni dalla sua pubblicazione, in Urb. e app., n. 5/2019, pagg. 610 e segg..  

[9] Si fa invero rilevare che, all’esito di un costoso e defatigante giudizio, il terzo ricorrente si troverebbe difatti privato di qualsivoglia utilità, risultando la eventuale sanzione pecuniaria incamerata dall’erario.

[10] Il riferimento è, da ultimo, a Corte EDU, 21/4/2016 Ivanova vs. Bulgaria.

[11] Tra i numerosi commenti alla nota sentenza delle SS.UU. n. 500/1999, si vedano L. Torchia, La risarcibilità degli interessi legittimi: dalla foresta pietrificata al bosco di Birnam, in Giorn. dir. amm., 1999, 9, 832; V. Carbone, La Cassazione riconosce la risarcibilità degli interessi legittimi, in Danno e resp., 1999, 10, 974 ss.; A. di Majo, Il risarcimento degli interessi “non più solo legittimi”, in Corr. giur., 1999, 11, 1376; C. Sabino, Verso la piena giurisdizione del giudice amministrativo: il nuovo corso della giustizia amministrativa italiana, in Giorn. dir. amm., 1999, 12, 1221; S. Cacace, La responsabilità della P.A. per lesione degli interessi legittimi negli anni ’90: dieci tappe di una evoluzione, in Danno e resp., 2001, 121; F. Cortese, L’Adunanza plenaria e il risarcimento degli interessi legittimi, in Giornale di diritto amministrativo, 2011, 9, 962; F.G. Scoca, Risarcimento del danno e comportamento del danneggiato da provvedimento amministrativo, in Il Corriere Giuridico, 2011, 7, 979; Più in generale, sul tema cfr.: C. Castronovo, La nuova responsabilità civile, Giuffrè, 2006, pagg. 211-213; M. Clarich, Manuale di diritto amministrativo, Il Mulino, pagg. 129 e segg..

[11] F.G. Scoca, L’interesse legittimo, storia e teoria, Giappichelli, 2017, p. 313. C. Commandatore, La piena tutela dell’interesse legittimo pretensivo, dopo l’azione di annullamento, l’azione di adempimento, in Urbanistica e Appalti, 2017, 5, 655;

[12] Al riguardo, si segnala che le Sezioni unite sono ferme nel ritenere che trattasi di diritto soggettivo: SS.UU., 24 settembre 2018, n. 22435; 22 giugno 2017, n. 15640; 4 settembre 2015, n. 17586.

[13] L’assenza della necessità di modifiche al progetto costituisce peraltro la condizione/presupposto per l’operatività del procedimento semplificato di riadozione degli atti annullati emessi nel corso del procedimento di autorizzazione o di valutazione di impatto ambientale di cui al disposto normativo del nuovo art. 21-decies (Riemissione di provvedimenti annullati dal giudice per vizi inerenti ad atti endoprocedimentali) introdotto dall’art. 12 del cd. decreto Semplificazioni così come modificato in sede di conversione dalla legge n. 120/2020, ove, ad abilitare alla riemissione dei provvedimenti annullati dal giudice è la presenza di vizi inerenti ad uno o più atti endoprocedimentali, potendosi ritenere che - anche con riguardo a tale ultima fattispecie – a venir in rilievo (in linea con l’indirizzo interpretativo ora sposato dall’Adunanza Plenaria) non possano che essere vizi procedurali (alias procedimentali), e non anche vizi sostanziali, pena, per l’appunto, l’irreversibile compromissione del territorio. Per una riflessione sulle argomentazioni in favore di una lettura costituzionalmente orientata delle norme in materia edilizia, sia consentito rinviare a Giuseppe Vinciguerra, La cd. “edilizia precaria” in Sicilia dopo il recepimento del Testo unico in materia edilizia operatosi con la L.R. n. 16/2016: il cd. “criterio strutturale” di cui al sopravvissuto art. 20 della L. R. n. 4/2003 nella relativa lettura costituzionalmente orientata, in Il Governo Locale, 2017, n. 12, pagg. 13 e segg..