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Anno XVI - n. 04 - Aprile 2024

  Giurisprudenza Amministrativa



Rito appalti: onere dell’interessato di proporre motivi aggiunti, pena l’inammissibilità.

Di Sara Turzo
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NOTA A TAR LAZIO, ROMA – SEZIONE SECONDA

SENTENZA 15 gennaio 2021, n. 610

Rito appalti: onere dell’interessato di proporre motivi aggiunti, pena l’inammissibilità

Di SARA TURZO

 

Premessa

La Sezione Seconda del Tar Lazio, con la sentenza n. 610 pubblicata il 15 gennaio 2021, ha dichiarato inammissibile, ai sensi e per gli effetti dell’art. 35, comma 1, lett. b) c.p.a., l’impugnazione, promossa con autonomo e separato ricorso, di “nuovi” atti o provvedimenti di una procedura di gara, già interessata da un contenzioso medio tempore instaurato, poiché l’art. 120, comma 7 c.p.a. configura come doveroso l’utilizzo dello strumento dei motivi aggiunti.

Il fatto.

La Società ricorrente, premesso di aver partecipato alla procedura di gara indetta dalla stazione appaltante per l’affidamento dei servizi alla gestione integrata della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro per le pubbliche amministrazioni, impugnava, domandone l’annullamento, previa la concessione di idonee misure cautelari, il provvedimento di aggiudicazione del Lotto n. 4.

Tuttavia – ed è questo il punto cruciale – la società istante con ricorso, ancora pendente, incardinato dinanzi al TAR Lazio, aveva (già) impugnato sia il provvedimento di esclusione dai lotti nn. 1, 2, 3, 4, 6, 7, 9, che quello di escussione delle relative cauzioni provvisorie.

Le considerazioni del TAR Lazio.

Il Collegio romano, che già in sede di camera di consiglio, ravvisava, ai sensi e per gli effetti dell’art. 73, comma 3, c.p.a., la possibile definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso proposto, alla luce della chiara formulazione della disposizione recata dall’art. 120, comma 7, c.p.a., secondo cui “i nuovi atti attinenti la medesima procedura di gara devono essere impugnati con ricorso per motivi aggiunti”.

Il Tar Lazio, richiamata la regola generale sulla facoltà della proposizione dei motivi aggiunti disciplinata dall’art. 43 c.p.a, ha evidenziato come, di contro, nel rito c.d. appalti, tale possibilità sia stata espressamente esclusa dal legislatore per lasciare posto al dovere, che va inteso quale onere a carico dell’interessato, di proporre motivi aggiunti. Allo stesso modo, per evidenti ragioni di garanzia del contraddittorio, il giudicante ha evidenziato come debba ritenersi preclusa la possibilità per il giudice, qualora “i nuovi atti” fossero stati impugnati con ricorso autonomo e separato, di provvedere alla riunione dei ricorsi ai sensi dell’articolo 70 c.p.a.

Peraltro, ha precisato il Collegio, l’aver individuato quale unico mezzo di tutela idonea per gravare gli atti della procedura di gara adottati nel corso di un giudizio già instaurato costituisce una scelta del legislatore, assunta nell’esercizio dell’ampia discrezionalità di cui gode nel conformare i mezzi di tutela delle posizioni sostanziali della parte (art. 24,103 e 113 Cost.) che appare improntata nel rispetto dei canoni di ragionevolezza ed adeguatezza (Corte Costituzionale 25 giugno 2019, n. 160).

In mancanza di una specifica sanzione regolatrice la violazione dell’art. 120, comma 7 c.p.a., il Tar Lazio è giunto ad affermare l’inammissibilità ai sensi e per gli effetti dell’art. 35, comma 1 lett. b) c.p.a. del ricorso “autonomo e separato” nell’ambito delle controversie sugli “atti delle procedure di affidamento … relativi a pubblici lavori, servizi o forniture”, all’esito di un’attività ermeneutica svolta alla luce degli ordinari criteri di interpretazione letterale, logica e sistematica,

Sotto il profilo letterale, il giudicante ha evidenziato come l’art. 120, comma 7 c.p.a. preveda chiaramente e in forma cogente che tutti i nuovi atti che riguardano la medesima procedura di gara “devono” essere impugnati con “ricorso per motivi aggiunti”.

Sotto il profilo logico, il Collegio ha affermato come la prescrizione normativa mira a concentrare nell’ambito del medesimo processo in cui è all’esame una procedura di gara tutti i gravami impugnatori, comunque e da chiunque proposti, che riguardano la medesima procedura. Il Tar Lazio ha infatti sottolineato come la disposizione sia strumentale al conseguimento del più ampio obiettivo perseguito dal legislatore con la disciplina del rito sugli appalti ossia garantire l’accelerazione della definizione dei giudizi che riguardano il settore delle commesse pubbliche che rappresenta un fondamentale volano per l’intera economia nazionale. inoltre, mira ad assicura la tempestiva ed utile cognizione del Collegio, nell’ambito di un unico giudizio, sull’intera controversia concernente la procedura di gara. Difatti, chiarisce il Tar Lazio, la concentrazione dei mezzi di ricorso in un solo giudizio evita la frammentazione dei gravami che sovente accompagnano l’indizione di gare contraddistinte da un significativo numero di lotti, consentendo così al giudice di adottare tempestivamente ogni decisione utile, anche in sede cautelare, a tutela dell’interesse delle parti e, soprattutto, dell’interesse pubblico generale sotteso alla conclusione della procedura.

Sotto il profilo sistematico, il Collegio ha da ultimo rilavato come la regola generale dell’obbligo di proporre motivi aggiunti è in linea con una serie di altre regole processuali che gli artt. 119 e 120 c.p.a. (recentemente modificato dall’art. 4 del D.L. 76/2020) dettano in deroga a quelle generali sul processo e che hanno come destinatari sia gli operatori del diritto che il giudice.

Alla luce di quanto sopra, il Collegio ha configurato l’impiego da parte del ricorrente di un mezzo processuale diverso rispetto a quello stabilito dall’ordinamento come una delle cause di inammissibilità ai sensi dell’art. 35, comma 1 lett. b) c.p.a., secondo cui “il giudice dichiara, anche d'ufficio, il ricorso: […] b) inammissibile quando è carente l'interesse o sussistono altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito”.

Tale previsione, ha chiarito il giudicante, costituisce clausola generale, aperta, di natura processuale, nell’ambito della quale il giudice può individuare in base all’ordinamento ragioni d’inammissibilità (“altre ragioni”) che, benché non codificate dal legislatore, siano accomunate dall’effetto di escludere (“ostative”) comunque la possibilità di pervenire ad una “pronuncia sul merito”.

Brevi riflessioni a margine della pronuncia 

Con la pronuncia in commento, il Tar Lazio, nel ribadire che il legislatore, con l’articolo 120, comma 7 c.p.a., (che riprende quanto in precedenza stabiliva l’art. 245, comma 2 – septies del d.lgs. 163/2006, inserito dall’art. 8 del d.lgs. n. 53 del 2010), ha inteso stabilire in via generale e in forma espressa che tutti i “nuovi” atti o provvedimenti che riguardano la “medesima” procedura di gara, già interessata da un contenzioso medio tempore instaurato, “devono” essere impugnati esclusivamente con “ricorso per motivi aggiunti”, ha colto l’occasione per consacrare il c.d. rito appalti quale rito ordinario nelle procedure di affidamento relative a pubblici lavori, servizi o forniture. Il Collegio romano, infatti, ha espressamente evidenziato come la regola generale dell’obbligo di proporre motivi aggiunti sia in linea con una serie di regole processuali e di natura sostanziale che caratterizzano in modo sistematico e non episodico il c.d. rito appalti.