Temi e Dibattiti
Mercato, regolazione e controllo: la fattispecie degli atti approvativi di contratti esecutivi di contratti-quadro.
Di Giuseppe Maria Marsico
Mercato, regolazione e controllo: la fattispecie degli atti approvativi di contratti esecutivi di contratti-quadro.
Di Giuseppe Maria Marsico
Abstract
Il saggio analizza, in particolare, la funzione di controllo quale contraltare rispetto alla tutela del mercato. Particolare attenzione è dedicata al mercato efficiente, che si autoregola e che ha influenzato per molti anni la regolazione pubblica. La Costituzione, scolpendo il ruolo della Corte dei conti come giudice e, nell’esercizio delle funzioni di controllo, nei termini di Istituzione che svolge un controllo esterno, colloca la figura tendenzialmente al di fuori del perimetro dei soggetti interessati dalla sua azione. Da qui la caratteristica secondo cui il controllo persegue un interesse obiettivo ed “esterno” rispetto a quello specifico curato dal soggetto controllato (e che potrebbe, invece, essere considerato dal sistema dei controlli “interni”); ancorché il confine sia di difficile individuazione, dalla medesima collocazione originano la preoccupazione di rispettare la riserva di amministrazione e, sotto il distinto profilo della giurisdizione, l’esigenza che il giudice contabile non si spinga a sindacare il merito delle scelte discrezionali. Si analizzeranno, dunque, in chiave sistematica, le peculiarità del controllo preventivo della Corte dei conti sugli atti delle Amministrazioni dello Stato. Particolare attenzione sarà riservata all’annoso dibattito sull’astratta assoggettabilità degli atti approvativi di contratti esecutivi di contratti-quadro alla predetta species di controllo, ricostruendo il dibattito in punto di bilanciamento di interessi: da un lato, assumono rilievo il buon andamento, l’efficacia, l’economicità e l’efficienza dell’azione amministrativa; dall’altro occorre avere riguardo al vincolo di bilancio, nonché agli equilibri di finanza pubblica, in un’ottica di ottimale allocazione delle risorse.
The essay analyses, in particular, the control function as a counterpart to the protection of the market. Particular attention is paid to the efficient market, which self-regulates and which has influenced public regulation for many years. The Constitution, providing the role of the Court as a judge and, in the exercise of control functions, in terms of Institution that carries out external control, places the figure basically outside the perimeter of the subjects affected by his action. Hence the characteristic according to which the control pursues an objective and "external" interest with respect to the specific one managed by the controlled entity (and which could, instead, be considered by the "internal" control system); even if the border is difficult to identify, the concern to respect the reserve of administration and, under the distinct profile of the jurisdiction, the need that the accounting judge does not go so far as to review the "merit of discretionary choices" originate from the same location. Therefore, the peculiarities of the preventive control of the Court of Auditors on the acts of the State Administrations will be analyzed in a systematic key. Particular attention will be paid to the age-old debate on the abstract subjectability of the approval deeds of executive contracts of framework contracts to the aforementioned type of control, reconstructing the debate in terms of balancing interests, on the one hand, those of the good performance, of the effectiveness , economy, efficiency of the administrative action; on the other hand, the budget constraint assumes importance, as well as public finance balances, with a view to optimal allocation of public resources
Sommario: 1. La Corte dei conti nel prisma costituzionale: tra tutela degli equilibri di finanza pubblica, mercato e verifica di conformità al paradigma legislativo - 2. Il controllo preventivo di legittimità sugli atti delle Amministrazioni dello Stato: tra mercato e finanza - 3. Gli atti sottoposti a controllo preventivo di legittimità: brevi cenni sul parametro del controllo e sulla verifica della conformità dell’atto al paradigma legislativo. - 4. Gli accordi quadro per l'innovazione delle strategie di gara e lo strumento della regolazione: disciplina, ratio e caratteri identificativi. - 5. Sulla querelle dell’assoggettamento a controllo preventivo di atti approvativi di contratti esecutivi di accordi quadro: brevi riflessioni conclusive in una prospettiva di regolazione del mercato
- La Corte dei conti nel prisma costituzionale: tra tutela degli equilibri di finanza pubblica, mercato e verifica di conformità al paradigma legislativo.
La Corte dei conti, nell’attuale sistema costituzionale, è un organo di rilievo costituzionale, autonomo ed indipendente da altri poteri dello Stato; la Costituzione affida alla Corte rilevanti funzioni di controllo (art. 100 Cost.) e giurisdizionali (art. 103 Cost.). Viene definita dalla Costituzione “organo ausiliario”, in quanto coadiuva gli organi titolari di funzioni legislative, di controllo ed indirizzo politico, esecutive e di amministrazione attiva”.
Le funzioni svolte dalla Corte dei conti si pongono “al servizio” di altre funzioni, ma ciò non incide su natura e prerogative dell’Organo, considerato neutrale, indipendente ed autonomo rispetto al Parlamento ed al Governo.
Le sue “proteiformi” funzioni sono svolte nell’interesse degli organi “ausiliati”, della pubblica amministrazione, e, soprattutto, dello Stato collettività, a tutela degli equilibri di finanza pubblica.
Per ciò che concerne il rapporto con il Governo, non vi è alcuna interferenza fra i reciproci ambiti dei due organi, ognuno di essi risulta indipendente e sovrano nella rispettiva sfera di attribuzione[1]. Nello specifico tale rapporto si manifesta nell’ambito delle funzioni di controllo preventivo sulla legittimità degli atti.
Riguardo invece il rapporto con il Parlamento, esso si è progressivamente consolidato, rendendo le camere elettive le principali e naturali destinatarie dei risultati dei controlli della Corte dei conti, per l’esercizio delle funzioni legislative e di indirizzo e il controllo politico sull’esecutivo.
La funzione “ausiliaria” dell’Istituto nei confronti di Camera e Senato è stata ulteriormente accentuata in relazione alla progressiva espansione delle funzioni di controllo a fine di referto agli organi elettivi, svolte dalla Corte dei conti in un’ottica di accountability[2].
La Corte dei conti ha, infatti, il compito di garantire gli interessi pubblicistici della collettività, poiché soltanto un uso corretto delle risorse pubbliche assicura la qualità, l’efficienza e la quantità delle prestazioni e dei servizi necessari per soddisfare i diritti sociali, primo fra tutti quello alla salute. L’obiettivo è, dunque, quello di assicurare una ottimale allocazione delle risorse pubbliche, secondo un modello Paretiano (c.d. ottimo Paretiano), mediante la verifica dell’idoneità dei sistemi di monitoraggio ai fini degli equilibri di finanza pubblica (art. 81 Cost.).
La via della legalità finanziaria [3] conduce, infatti, alla promozione dell’uguaglianza sostanziale e all’effettiva tutela dei diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione. Essa è funzionale al perseguimento degli obiettivi di matrice euro-unitaria di cui al Patto di stabilità e al Fiscal Compact.
Indubbiamente, il problema pratico-applicativo principale della riforma era ed è, in parte, anche attualmente, l’individuazione di un “nuovo e moderno modello” di controllo preventivo di legittimità da ricondurre all’ambito delineato dal legislatore costituente (“atti del governo”); parimenti, si imponeva anche una diversa esigenza nel condurre l’attività di verifica e controllo”. L’esigenza medesima, anche se avvertita da molti in relazione alle nuove influenze della metodologia del controllo adottata a livello sovranazionale, è caratterizzata da una attenzione verso la “sana gestione”, piuttosto che la mera legittimità in senso stretto. Essa è intesa quale verifica della compatibilità del provvedimento amministrativo con il paradigma legislativo.
Va rilevato che già alla fine degli anni settanta, in un nuovo tempo di sensibilizzazione sulla materia dei controlli, sia dei giuristi che dell’opinione pubblica, il tema dei controlli aveva, comunque, assunto rilievo centrale nel “Rapporto Giannini”: in esso si rilevava come le disfunzioni dipendessero da una varietà di cause, compendiabili, da un lato, nella necessità di un radicale superamento del parametro relativo alla compatibilità dell’atto alla legge formale in favore di parametri quali l’efficacia, l’efficienza e l’economicità, e dall’altro, nel nuovo assetto e configurazione dei rapporti tra potere centrale e Regioni e degli enti locali. Pertanto, ai parametri che sono fondamento della stretta relazione che esiste tra obiettivi posti, risorse utilizzate e risultati conseguiti fa da contraltare la riforma del federalismo fiscale, nonché la riforma del titolo V della Costituzione.
Si perviene, pertanto, ad una rimodulata strutturazione dei diversi tipi di controllo affidati alla Corte dei conti. Essa, dunque, svolge un controllo esterno e neutrale in posizione di assoluta imparzialità[4] rispetto agli interessi, di volta in volta, perseguiti dal Governo o dall’Amministrazione. Rappresenta un Organismo “equidistante” dalle predette situazioni giuridiche. Accanto a tali funzioni, individuate in modo diretto dall’art. 100 della Costituzione, è possibile individuarne ulteriori, di matrice proteiforme, introdotte da leggi ordinarie, aventi il loro fondamento costituzionale nell’art. 97 della Costituzione (c.d. principio del buon andamento[5] degli uffici pubblici), nell’art. 81 (rispetto degli equilibri di bilancio) e nell’art. 119 (funzionale al coordinamento della finanza pubblica). In particolare, la legge 14 gennaio 1994 n. 20 – norma angolare e sistematica dell’intera disciplina - ha attuato una riforma completa delle funzioni di controllo della Corte dei conti. Essa si caratterizza, in un’ottica di semplificazione, per la riduzione del numero degli atti sottoposti al controllo preventivo di legittimità; parimenti, la medesima ha dato origine ad una “nuova” forma di controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche, nonché sulle gestione fuori bilancio e sui fondi di provenienza euro-unitaria, improntata ai parametri di economicità, efficienza ed efficacia che permeano l’azione amministrativa.
- Il controllo preventivo di legittimità sugli atti delle Amministrazioni dello Stato: tra mercato e finanza.
La disciplina normativa del controllo preventivo, oltre che dal Testo Unico n. 1214 del 1934, è attualmente, declinata da una serie di leggi che si sono, progressivamente, susseguite e stratificate, sino ad una completa rivisitazione; essa è avvenuta con la legge 14 gennaio 1994, n. 20; la medesima identifica la base funzionale su cui si innestano le differenti modificazioni e integrazioni recate dalla politica legislativa nella complessa geometria del controllo. Il controllo preventivo di legittimità ha come ratio quella di verificare la conformità a legge dei provvedimenti sottoposti all’esame della Corte dei conti. L’attività di verifica[6] interviene in una fase antecedente alla produzione degli effetti dell’atto (c.d fase integrativa dell’efficacia) e il cui esito determina, in caso positivo, la registrazione con apposizione del visto e, in caso negativo, la ricusazione del visto. Dal momento dell’apposizione del visto e della conseguente registrazione (anche con riserva). l’atto acquista efficacia, cioè produce effetti giuridici.
Detta attività di controllo è esercitata dagli Uffici della Sezione centrale del controllo di legittimità sugli atti della Presidenza del Consiglio dei ministri e su quelli dei Ministeri e, per gli atti adottati dalle articolazioni delle Amministrazioni dello Stato aventi sede nel territorio, dalle Sezioni regionali di controllo.
La riforma della legge n. 20/1994, interamente fondata sul disposto di cui all’art. 100, comma secondo, della Costituzione, ha il pregio di individuare gli atti delle amministrazioni dello Stato sottoposti a controllo preventivo di legittimità; essa ha privilegiato le species di provvedimenti che plasmano ed integrano l’ordinamento, posti a fondamento della gestione delle risorse pubbliche[7] e che si situano in posizione antecedente alla gestione stessa; atti per i quali – secondo l’impostazione accolta dalla giurisprudenza e dalla dottrina maggioritaria – va esaltato il profilo della legalità e della piena conformità ad ineliminabili presupposti normativi”. Alla luce di quanto evidenziato, la dottrina ritiene che il controllo preventivo di legittimità, come disciplinato dall’art. 3 della legge n. 20/1994, può e deve svolgere un ruolo peculiare, se orientato, prevalentemente, verso taluni esiti di cruciale importanza: a) innanzitutto, la valutazione della conformità([8]) all’ordinamento dei regolamenti governativi, di altri essenziali atti normativi a rilevanza esterna, degli atti di indirizzo e programmazione, dei provvedimenti dei comitati interministeriali, i quali situandosi “a monte” della gestione devono, previamente, assicurare, da un lato, il rispetto dei principi costituzionali, dall’altro lato, il rispetto integrale dei principi e delle regole in tema di sistema di gerarchia delle fonti; in altre parole, devono essere puntualmente verificate la coerenza ed armonia di atti – aventi speciale rilevanza – con l’ordinamento giuridico, inteso quale primario paradigma della legalità (formale e sostanziale); b) il rispetto della disciplina euro-unitaria e interna della concorrenza e del mercato da parte degli atti normativi e di programmazione del Governo e dell’attività contrattuale delle amministrazioni statali, con riguardo prioritario ai servizi di interesse economico generale (SIEG) ed ai lavori pubblici; a tal uopo, in particolare, di peculiare rilevanza, si rivela il controllo in termini di rispetto delle regole di matrice pubblicistica di derivazione euro-unitaria per la tutela della concorrenza e del mercato; c) la verifica([9]) - di rilevanza centrale nell’ambito della tutela del Pubblico Erario e della finanza pubblica - della corretta quantificazione degli oneri e della congruità delle coperture della legislazione di entrata e di spesa (per mezzo dell’esame generalizzato dei decreti di variazione di bilancio).
Giova rilevare come, la migliore dottrina, abbia evidenziato la necessità di una introduzione di una disciplina più attuale e “moderna” della predeterminazione degli atti assoggettabili a controllo, in ragione della natura proteiforme ed eclettica della moderna azione amministrativa. In altri termini, occorrerebbe una disposizione di chiusura, funzionale ad evitare la c.d. “frode delle etichette”, in modo da valutare – in concreto - il contenuto sostanziale del provvedimento e non già il mero nomen formale attribuito dal plesso amministrativo.
- Gli atti sottoposti a controllo preventivo di legittimità: brevi cenni sul parametro del controllo e sulla verifica della conformità dell’atto al paradigma legislativo.
La Corte dei conti, come sancito dalla Costituzione, accerta che gli atti dell’esecutivo siano conformi a norme di legge, in particolare a quelle del bilancio (art. 81 Cost.).
Fino al decreto-legge 15 marzo 1993 n. 143, convertito con modificazioni dalla legge n. 19 del 14 gennaio 1994, erano soggetti al controllo preventivo di legittimità: i decreti del Presidente della Repubblica (eccettuati gli atti di indirizzo politico); alcuni decreti ministeriali; La legge 23 agosto 1988 n. 400 aveva già escluso dal controllo preventivo di legittimità i decreti-legge ed i decreti legislativi delegati (esclusione considerata legittima dalla Corte costituzionale con sentenza n. 406/1989). La L. 14 gennaio 1994, come modificata dal d.l. 23 ottobre 1996 n. 543, convertito dalla legge 20 dicembre 1996 n. 639, ha, tuttavia, ridotto il numero di atti dell’esecutivo e di gestione del bilancio, sottoposti al controllo preventivo di legittimità.
Tanto premesso in via generale, occorre analizzare lo scopo e la ratio del controllo preventivo di legittimità; esso, in particolare, è espressione della tradizionale funzione di garanzia e di verifica (postuma, dal punto di vista cronologico, ma non sul piano degli effetti) dell’attività di riscontro su atti (“contro ruolo”, o contre-ròle).
Il controllo di legittimità può dirsi, in maniera assai semplificata, costituito da due elementi peculiari ed identificativi: il giudizio e la misura (inteso quale paradigma o lato sensu tertium comparationis, secondo la denominazione francese. Esso può avvenire in via preventiva o successiva, rispetto al momento di acquisizione dell’efficacia giuridica dell’atto amministrativo. Tale forma di controllo aveva avuto il suo esordio nell’ordinamento contabile unificato per effetto delle previsioni dell’art. 17 del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214[10].
Se il giudizio è favorevole, ossia se l’Organo controllore accerta la legittimità dell’atto, la misura è positiva; essa si concretizza nella concessione del visto e nell’annessa e conseguente registrazione; se il giudizio, invece, è sfavorevole, ossia se il controllore accerta l’illegittimità dell’atto, la misura è negativa (c.d. rifiuto del visto). Una volta intervenuto positivamente, il visto retroagisce – sul piano dell’efficacia - alla data di emanazione del provvedimento: ciò spiega anche perché l’atto sottoposto a controllo deve essere esaminato sulla base della normativa esistente al momento della sua emanazione (secondo il principio tempus regit actum). Tali disposizioni sono il corollario del principio di certezza del diritto e del buon andamento dell’azione amministrativa. Diversamente opinando, si mortificherebbe l’attività amministrativa e le posizioni giuridiche soggettive sottese e connesse al provvedimento sub iudice, in caso di esito positivo dell’attività di controllo.
Il procedimento ha inizio con l’invio dell’atto sottoposto a controllo al competente Ufficio della Corte dei conti. Nel caso in cui l’atto sia ritenuto legittimo, in altri termini, la Corte lo ammette al visto e alla registrazione. Da quel momento l’atto acquista efficacia, cioè produce effetti giuridici. Nell’eventualità in cui la Corte dubiti della legittimità dell’atto inizia una fase endo-procedimentale disciplinata, da ultimo, dalla legge 24 novembre 2000 n. 340 che, per evitare ritardi nel compimento dell’azione amministrativa, deve essere ultimata entro termini perentori (sessanta giorni, salvo eccezionali ipotesi di sospensione).
Ai fini della risoluzione di questioni di massima di particolare importanza, per le quali il Presidente della Corte dei conti riconosca la sussistenza dei presupposti, di cui all'art. 3, comma 3, del Regolamento per l'organizzazione delle funzioni di controllo (approvato dalle Sezioni Riunite con deliberazione n. 14 del 16 giugno 2000), la pronuncia della Sezione Centrale è adottata in Adunanza Generale. In tal senso, la Sezione opera nella composizione integrata da tutti i Consiglieri delegati delle Sezioni regionali.
Occorre evidenziare che le tipologie degli atti da sottoporre a controllo preventivo sono tassativamente indicate nel disposto di cui all’art. 3 della l. n. 20/1994.
Rientra, invero, nell’alveo discrezionalità del legislatore ampliare o restringere l'ambito del controllo preventivo di legittimità della Corte a categorie di atti, sulla base, precipuamente, delle finalità e al rilievo finanziario[11] che determinati atti possono rivestire in un determinato periodo storico.
In più occasioni, norme speciali hanno esteso o ridotto l’ambito di applicazione - o rectius – il perimetro applicativo del controllo[12] per specifiche e predeterminate tipologie di atti. Sulla scorta di quanto sopra rilevato, si pone la querelle sull’assoggettabilità a controllo di taluni atti che – seppur non rientranti, astrattamente, nelle ipotesi predette, in concreto, sarebbero, per il contenuto sostanziale, sussumibili nelle ipotesi di cui alla predetta disciplina.
L'analisi sin qui condotta consente di delineare -seppur in via succinta - il rapporto tra Consiglio di Stato e Corte dei conti e altri poteri dello Stato, in particolare, esecutivo e pubblica amministrazione.
In dottrina, nello specifico, è presente un annoso dibattito sulla necessità del rispetto del principio di separazione dei poteri da parte degli organi ausiliari. Secondo la nota teoria di Montesquieu, in via di estrema sintesi, la concentrazione dei poteri è una negazione tout court della libertà, poiché chiunque abbia potere è portato ad abusarne. Per questo, le funzioni fondamentali dello Stato devono essere affidate a organi diversi, in posizioni di reciproca indipendenza tra loro, in un’ottica di divisione del munus pubblico e dei poteri d’imperio - al fine di evitare che possa esserne minacciata la libertà. «Pour qu'on ne puisse abuser du pouvoir, il faut que, par la disposition des choses, le pouvoir arrête le pouvoir»: non vi è libertà se il potere giudiziario non è separato dal potere legislativo e da quello esecutivo.
Con il XIX secolo e l'affermarsi del regime parlamentare, e, successivamente, con l'avvento dello Stato democratico e l'emergere sulla scena di nuovi organi, come la Corte costituzionale e le autorità amministrative indipendenti, la teorica del principio di separazione dei poteri è stata, però, profondamente ripensata e messa in discussione come formula vetusta se non addirittura arbitraria, sino a far dubitare alcuni dell'effettiva vigenza di questo principio non scritto nello Stato contemporaneo.
La tesi di Montesquieu non va ripudiata in toto, ma interpretata alla luce dei cambiamenti che hanno interessato gli ordinamenti contemporanei. Il principio della separazione dei poteri non può più essere inteso in senso rigido come divisione dei poteri, ma va letto piuttosto, in forma attenuata, come équilibre des pouvoirs. Caratteristiche di questo equilibrio sono il carattere dinamico e non statico dei rapporti tra poteri, in relazione alle evoluzioni registrate dall'ordinamento, anche in chiave storica, e la presenza di una compartecipazione di più organi con funzioni diverse, al medesimo disegno di attuazione della volontà dell'ordinamento stesso. Attraverso l’allocazione del potere pubblico in capo a più organi, si crea un volto democratico all’azione amministrativa.
Traendo le fila dell’evoluzione della disciplina accennata, in altra occasione, il legislatore ha inteso ampliare ed estendere il perimetro applicativo del controllo[13] preventivo della Corte dei conti sulla legittimità e sulla regolarità dei contratti secretati.
Sul modello, già collaudato, previsto dal cosiddetto decreto legge “sisma”, l’art. 9 del cosiddetto decreto semplificazioni (decreto legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla legge 11 settembre 2020, n. 120) prevede, al comma 3-bis, l’assoggettamento al controllo preventivo della Corte dei conti dei provvedimenti di natura regolatoria. A fini di completezza, giova rilevare che sono esclusi quelli di natura gestionale, adottati dai Commissari previsti dal cosiddetto decreto “sblocca cantieri” (decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito dalla legge 14 giugno 2019, n. 55). Ciò avviene per assicurare e non paralizzare la realizzazione di interventi infrastrutturali ritenuti prioritari. Diversamente opinando, si consentirebbe un aumento ingiustificato dei costi, con conseguente pregiudizio per la finanza pubblica.
Nel decreto semplificazioni viene, altresì, prevista la competenza della Sezione Centrale di controllo (con rinvio all'articolo 3, comma 1-bis, della legge 14 gennaio 1994, n. 20).
Parimenti, con una ratio di implementazione della speditezza dell’azione amministrativa e di riduzione dei costi legati alle sopravvenienze, si prevede il dimezzamento dei termini di controllo (ex art 27, comma 1, della l. n. 340/2000).
Si statuisce, inoltre, stabilito che durante lo svolgimento della fase del controllo, l'organo emanante può, con motivazione espressa, dichiararli provvisoriamente efficaci; è possibile, in altri termini, far sì che gli stessi producano effetti giuridici, o, ancora, esecutori, ovvero in grado di imporsi unilateralmente nella sfera giuridica dei terzi, anche con l’eventuale impiego di mezzi coattivi ed esecutivi, e esecutivi (ovvero capaci di porre in essere le attività materiali che danno esecuzione al provvedimento), a norma degli articoli 21-bis, 21-ter e 21-quater, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.
Il perimetro degli atti assoggettabili a controllo([14]) preventivo di legittimità può anche dipendere da particolari esigenze rimesse alla mera sensibilità del Presidente del Consiglio dei ministri, funzionale alla tutela delle finanze pubbliche.
L’art. 3, comma 1, lett. l) della legge n. 20 del 1994 stabilisce che il Presidente del Consiglio dei ministri possa richiedere o che la stessa Corte dei conti deliberi di assoggettare temporaneamente a controllo preventivo determinati atti in relazione a situazioni di diffusa e ripetute irregolarità rilevate in sede di controllo successivo.
Anche tale forma di controllo, come è possibile comprendere con facilità, non è il frutto di un controllo politico sull’organo di rilevanza costituzionale; esso è, al contrario, il corollario dell’autonomia e dell’imparzialità della Corte dei conti alla quale si attribuisce l’attività di controllo su atti che – secondo l’id quod plerumque accidit – hanno comportato un innalzamento del rischio di lesione agli interessi pubblicistici degli equilibri di bilancio e di tutela del Pubblico Erario.
L’attività di controllo preventivo rileva – in maniera inscindibile - anche sul piano della responsabilità amministrativo contabile. Non è possibile analizzare, compiutamente, l’attività del controllo preventivo di legittimità, se non come contraltare dell’attività della Procura della Corte dei conti.
L’art. 17, comma 30-quater, del D.L. n. 78/2009 ha attuato una innovazione rispetto al sistema previgente nell’accertamento della gravità della colpa. In particolare, ha stabilito che è esclusa la gravità della colpa quando il fatto dannoso tragga origine dall'emanazione di un atto vistato e registrato in sede di controllo preventivo di legittimità, limitatamente ai profili presi in considerazione nell'esercizio del controllo. In tale prospettiva, viene tutelato – entro certi limiti - l’affidamento del soggetto agente che abbia posto in essere una condotta sulla scorta dell’assunta legittimità dell’atto “a monte” vistato dall’Organo di Controllo.
Parimenti, l’art. 4, comma 12-ter, del cosiddetto decreto “sblocca cantieri” ha integrato l’art. 1, comma 1, della legge n. 20 del 1994.
Tale disposizione statuisce che la gravità della colpa e ogni conseguente responsabilità sono in ogni caso escluse per ogni profilo se il fatto dannoso trae origine da decreti che determinano la cessazione anticipata, per qualsivoglia ragione, di rapporti di concessione autostradale, allorché detti decreti siano stati vistati e registrati dalla Corte dei conti in sede di controllo[15] preventivo di legittimità svolto su istanza dell'amministrazione procedente.
Sul piano strettamente procedimentale, l’art. 3, comma 11, della legge n. 20/1994 e l’art. 2, comma 7-quater del Regolamento per l'organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, hanno disciplinato la regola della cosiddetta doppia conforme, prevedendo che l'ammissione al visto degli atti è di competenza del Consigliere delegato “su conforme richiesta del Magistrato istruttore”. In caso di dissenso ovvero di concorde richiesta di ricusazione del visto, la questione è devoluta al giudizio della Sezione centrale di controllo preventivo.
L'art. 27 della l. n. 340/2000 ha ultimato la procedimentalizzazione dell’attività di controllo preventivo, statuendo che il termine per la registrazione o per l'eventuale ricusazione del visto di legittimità è pari a 60 giorni; tale termine può essere sospeso una sola volta da un rilievo istruttorio. L'esito del procedimento avanti alla Sezione del controllo – quale corollario di una finalità collaborativa e del principio cui all’art. 97 Cost. - deve essere comunicato all’ Amministrazione entro le successive 24 ore.
L’art. 27 rappresenta, poi, il corollario del principio di buon andamento, efficacia, economicità ed efficienza dell’azione amministrativa: la risposta delle amministrazioni o del Governo, che non può complessivamente essere superiore a trenta giorni.
Il procedimento di controllo si caratterizza, dunque, per un periodo massimo di durata, non derogabile per volontà della Corte dei conti o dell’Amministrazione; può essere sospeso in caso di richieste istruttorie per un periodo non superiore a trenta giorni. Al decorso del termine, i provvedimenti diventano ex lege esecutivi. Secondo un orientamento dottrinale, si tratterebbe di una species di silenzio significativo, implicitamente attestante la conformità del provvedimento al paradigma legislativo della legalità.
La natura perentoria di detto termine ha un'evidente finalità acceleratoria. Tale assunto si ricava da una interpretazione teleologica delle disposizioni in tema di controllo preventivo. Anche sulla scorta di una interpretazione letterale e restrittiva, lo stesso viene espressamente qualificato dal legislatore come tempo massimo di sospensione del procedimento di controllo.
La formulazione di rilievi istruttori è idonea a sospendere il termine; essa perimetra l’ambito delle osservazioni. Se il dialogo con l'Amministrazione non consente di superare le criticità evidenziate nel foglio di rilievo, la questione viene deferita – ai fini del superamento del predetto contrasto e con ratio nomofilattica -alla Sezione centrale di controllo di legittimità([16]) .
A livello di normazione secondaria, fondamentale è la deliberazione n. 14 del 16 giugno 2000 delle Sezioni Riunite, nota come "Regolamento per l'organizzazione delle funzioni di controllo".
Al fine di consentire la più ampia diffusione delle attività di controllo l’art. 3 Regolamento per l'organizzazione delle funzioni di controllo prevede, al comma 9, che il Presidente della sezione cura che degli atti di maggior rilievo (o a maggiore rilevanza “esterna”) pervenuti alle Segreterie degli Uffici di controllo, affinchè ne sia data tempestiva notizia al Presidente della Corte.
Similare statuizione con finalità informative è quella in materia di obbligo di comunicazione alla Sezione delle autonomie degli "atti sottoposti al controllo che possono investire la competenza di una sezione regionale di controllo".
Le esigenze di piena circolazione e efficiente coordinamento delle informazioni all'interno della Sezione del controllo di legittimità sono estese dal Regolamento anche ad altre strutture della Corte che – in fasi temporali differenti - potrebbero essere chiamate ad esaminare i singoli atti.
Nell’ambito del procedimento di controllo, i provvedimenti adottati da più amministrazioni vengono inviati dall’Ufficio procedente per l’acquisizione del parere agli altri Uffici coinvolti nella verifica di legittimità.
Di notevole impatto sistematico – al fine di delineare il perimetro e la species del controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti - è stato il disposto d dell’art. 33, comma 4, del D.L. n. 91/2014, convertito dalla legge n. 116/2014. La trasmissione dei provvedimenti da parte delle Amministrazioni dello Stato avviene direttamente alla Corte e non più per il tramite degli Uffici della Ragioneria Generale dello Stato. La ratio di è a rinvenirsi nell’intento di distinguere più esattamente le due forme di controllo preventivo, assegnando agli Uffici di bilancio il controllo di mera regolarità contabile e alla Corte dei conti quello di legittimità (ossia di verifica della conformità dell’atto al paradigma legislativo).
Tanto premesso, pare utile sottolineare come il controllo preventivo di legittimità sia preordinato a tutela del diritto oggettivo[17], a differenza dei controlli c.d. amministrativi, esercitati all’interno della pubblica Amministrazione nell’interesse dello stesso ente conferente, e di altri tipi di controllo.
A tal uopo, lo svolgimento di tale funzione di controllo, pur mantenendo la valenza paralizzante dell’efficacia dell’atto, ha acquisito una valenza eminentemente conformativa ai fini della susseguente attività dell’amministrazione. Si ha riguardo alla fase integrativa dell’efficacia.
Il procedimento del controllo preventivo si pone – quotidianamente - per la pubblica amministrazione come l’occasione per correggere le anomalie riscontrate, mediante ritiro (in autotutela – quale atto di secondo grado) o riforma dell'atto del quale sono stati contestati profili di illegittimità.
Il controllo preventivo viene così a stimolare l’ente o l’amministrazione controllata, processi di autocorrezione – in via collaborativa; talvolta, esso è funzionale ad indurre, misure di autotutela (quali l’annullamento d’ufficio), volte a rimuovere le irregolarità e a ripristinare una situazione di legalità violata, in tempi esigui, grazie all’attività istruttoria.
Al ritiro in autotutela (quale atto di secondo grado) può, poi, astrattamente, seguire la riproposizione degli atti e dei relativi allegati, emendati dei vizi riscontrati.
Non mancano casi in cui la richiesta di ritiro avviene in conseguenza del deferimento dell'atto all'esame collegiale.
Il ricorso allo strumentario assicurato dalle cosiddette “note avviso” o ai “rilievi a vuoto” rappresentano il mezzo per eccellenza per consentire alla Corte di indirizzare – in ottica collaborativa e di buon andamento dell’azione amministrativa - l’attività delle amministrazioni controllate, nella futura attività o nei susseguenti comportamenti amministrativi a contenuto provvedimentale. La finalità è quella di incoraggiare e incentivare buone prassi amministrative, al fine di velocizzare l’attività istruttoria sugli atti assoggettati al controllo, costituendo delle linee guida virtuose di legittimità dell’agere amministrativo. L’obiettivo è quello di indurre lo spontaneo adeguamento alle indicazioni; in un’ottica di maggiore ostensibilità e trasparenza; ciò consente, peraltro, di rendere accessibili le ragioni di ammissione a visto, nella considerazione che l’avvenuta registrazione dei provvedimenti presuppone il verificarsi di determinate future ed eventuali condizioni, affidate all’effettiva verifica da parte dei responsabili dell’amministrazione[18].
In più occasioni, gli Uffici di controllo hanno, poi, sottolineato che il non avvenuto o non tempestivo invio agli Uffici di controllo preventivo([19]) degli atti o la mancata ammissione a visto espongono le amministrazioni interessate, in relazione agli effetti giuridici prodotti dagli atti stessi, ad operare sotto la loro esclusiva responsabilità([20]). Il rischio dell’illegittimità o non conformità dei provvedimenti non assoggettati in concreto all’attività di verifica predetta ricadono sull’Amministrazione, nonché sui soggetti inadempienti tenuti all’invio dei provvedimenti.
Il principio di responsabilità della pubblica amministrazione è un dato ormai pacifico sia in dottrina che in giurisprudenza, tanto comunitaria quanto sovranazionale; tuttavia, non altrettanta chiarezza è possibile rinvenire sul ruolo della responsabilità amministrativa, in quanto molteplici e differenziati sono i modelli elaborati nello spazio giuridico europeo.
Tale assetto è il corollario dell’approdo di nuove forme di responsabilità. esso comporta due principali conseguenze. Dal punto di vista degli effetti deriva che nel tracciare i confini della responsabilità della pubblica amministrazione non occorre svolgere necessariamente una simmetrica equiparazione con la responsabilità civilistica. Si può, quindi, affermare che da un lato la responsabilità amministrativa condivide gli elementi dell’illecito aquilano, ma dall’altro se ne differenzia e presenta profili di specificità e originalità in base al settore e alla funzione svolta.
Dal punto di vista della funzione, scaturisce l’apertura verso nuovi ruoli e scopi della responsabilità, che inevitabilmente incidono sull’agire amministrativo
Sotto altro profilo, gli Uffici di controllo hanno più volte chiarito che le fattispecie possono – come già accennato - essere qualificate indipendentemente dal nomen iuris attribuito – in concreto - dall'Amministrazione ai propri atti, individuando la normativa applicabile al caso di specie.
A tal riguardo, la dottrina ha accennato al prototipo di un controllo preventivo “sostanziale” e non meramente formale. Si vuole evitare che con una particolare nomenclatura formale dell’atto, la P.A. riesca ad evitare, in via surrettizia, l’attività di verifica al paradigma della legalità, con conseguente lesione degli interessi pubblicistici di tutela della finanza pubblica.
L’unica possibilità, di cui l’amministrazione dispone per ovviare – entro certi limiti e in casi tassativi (non suscettibili di applicazione analogica) - alle conseguenze di un diniego di visto, consiste nella richiesta di registrazione con riserva, ai sensi e per gli effetti dell’art. 24 del T.U. n. 1214/1934. In caso di diniego, il Consiglio dei Ministri può decidere egualmente che l'atto deve aver corso e, in tale peculiare ipotesi, la Corte dei conti è chiamata a deliberare a Sezioni Riunite.
In questi casi, si fa luogo alla cosiddetta registrazione con riserva, dandone notizia al Parlamento, che può, poi, sindacare politicamente il comportamento del Governo. In tale prospettiva, l’aumentato perimetro del “controllo politico” viene contrabbilanciato dal sindacato postumo del Parlamento sull’operato del Governo.
Tale forma di sindacato “procedimentalizzato” è espressione di una attività di verifica democratica, quale propaggine della rappresentanza della volontà popolare che recupera, in parte, il vulnus della sostituzione o rectius dell’intervento del governo sull’attività di controllo.
In merito, le Sezioni Riunite hanno chiarito che l’implicazione della Corte risponde alla finalità preminente di sottoporre ad un particolare ed immediato esame gli atti di spesa che non abbiano superato il vaglio dell’ufficio di controllo di ragioneria, ma ai quali nel frattempo l’amministrazione abbia deciso di darne ugualmente seguito.
Diversamente, sarebbe vanificata la generale funzione intestata alla Corte di garante del corretto uso delle risorse pubbliche ovverosia della corretta gestione del bilancio dello Stato.
Le Sezioni Riunite, dunque, hanno ritenuto che l’esame della Corte, organo di controllo esterno ed imparziale, debba risolversi in una valutazione puntuale della correttezza da parte del dirigente nell’esercizio della facoltà di dare corso, comunque, ai provvedimenti de quibus.
In tal senso, quindi, le verifiche della Corte effettuate anche su tali provvedimenti vengono ricondotte nell’ambito del controllo di legittimità, seppur successivo a causa dell’intervenuta efficacia dei provvedimenti medesimi.
- Gli accordi quadro per l'innovazione delle strategie di gara e lo strumento della regolazione: disciplina, ratio e caratteri identificativi.
Prima di analizzare l’annosa querelle sull’assoggettabilità a controllo preventivo di legittimità sugli atti approvativi di contratti esecutivi di contratti-quadro, occorre analizzare, seppur brevemente, le peculiarità dei contratti-quadro, quali species di contratti normativi. Le recenti direttive europee sui contratti pubblici confermano la possibilità per le Amministrazioni aggiudicatrici di concludere accordi quadro[21].
Il termine accordo quadro si riferisce ad una vasta tassonomia di differenti modelli contrattuali[22], giungendo a ricomprendere un'ampia categoria di accordi commerciali. Gli accordi quadro sono da tempo diffusi negli ordinamenti anglosassoni e definiti negli Stati Uniti, fin dagli anni '50, come “contratti ombrello”.
Essi hanno avuto una significativa diffusione anche in Europa. In Francia, in passato, sono stati introdotti intorno al 1930 come “contratti d'acquisto”; essi trovano una disciplina nella forma dei marchés à commande or marchés de clientele intorno al 1950, nei paesi nordici, intorno al 1970 e nel Regno Unito, nel settore edilizio, negli anni novanta.
Gli accordi quadro sono progressivamente diventati sempre più comuni e una pratica contrattuale regolata in tutto il mondo, inclusi i Paesi dell'Africa e dell'America Latina, trovando applicazione anche nell'economia cinese[23].
Le differenti varianti dello strumento contrattuale avevano determinato criticità, soprattutto nel settore della difesa, per l'ampia durata, l'estensione dell'oggetto, con i correlati rischi di chiusura del mercato a liste di fornitori privilegiati.
Il problema di carattere sistematico che si intendeva regolare era quello legato alla disciplina e alla gestione delle sopravvenienze. In tal modo, si favorivano comportamenti collusivi e distorsivi della concorrenza[24].
Tale grave vulnus è stato, parzialmente, superato dalla disciplina di matrice euro-unitaria.
Essa introduce limiti alla durata e individuandone le tipologie ammesse.
Nell'ordinamento euro-unitario gli accordi quadro sono definiti come “accordi tra una o più amministrazioni aggiudicatrici e uno o più operatori economici con l'obiettivo di stabilire i termini dei contratti da aggiudicare in un dato periodo, con particolare riguardo al prezzo e, laddove applicabile, la quantità prevista” affidati ricorrendo alle procedure di scelta del contraente disciplinate nelle direttive”.
Tale definizione attribuisce a tale strumento contrattuale – secondo le categorie proprie del diritto privato - la natura giuridica di contratto normativo[25] caratterizzato da una struttura bifasica[26], la prima, consiste nell'aggiudicazione dell'accordo quadro con la correlata definizione del “perimetro generale delle obbligazioni contrattuali” ; la seconda attiene alla conclusione - eventuale e futura - degli appalti “specifici”, “derivati” o “consequenziali” — attraverso l'emissione di “ordini di acquisto”[27] — e per il cui affidamento è prevista una peculiare disciplina.
Contratti specifici che, conformemente ai principi di concorrenza e parità di trattamento, non possono determinare sostanziali modificazioni dei termini previsti negli stessi accordi quadro.
Il contratto normativo è l’accordo con cui le parti determinano preventivamente il contenuto di uno o più contratti che eventualmente stipuleranno in futuro, senza impegnarsi alla conclusione dei medesimi. È una figura atipica e, per quanto concerne la natura giuridica, la dottrina è divisa.
Una parte della dottrina definisce il contratto normativo come un accordo, un’altra come un contratto.
Un primo orientamento considera il contratto normativo come un atto “contrattuale” perché modifica una situazione preesistente, vincolando le parti a tenere una determinata condotta nell’ipotesi che esse successivamente pongano in essere altri atti; Un distinto indirizzo, invece, esclude che si tratti di contratto, ritenendo che il contenuto di un contratto non possa essere il porre norme per rapporti futuri, giacché ai sensi dell’articolo 1321 c.c. il contratto incide direttamente su rapporti attuali. Il contratto normativo può avere diversa struttura: interno, in cui le parti coincidono con quelle dei futuri contratti da essi regolati, esterno, che definisce invece le clausole di futuri contratti che saranno conclusi tra una delle parti e un terzo.
Il contratto normativo interno crea l’obbligo di contrarre a determinati contenuti e non l’obbligo di contrarre.
Non si configura, quindi, responsabilità contrattuale da inadempimento qualora una delle parti rifiuti di concludere il negozio finale, ma solo ove una parte intenda stipulare il contratto finale a condizioni diverse da quelle previste con il contratto normativo, rifiutando l’inserimento di clausole con quest’ultimo pattuite
Peculiare ratio è rinvenibile nella previsione della durata massima di quattro anni dell'accordo quadro per gli appalti nei settori ordinari, il superamento della quale richiede adeguata motivazione e, più in generale, nel tradizionale divieto di ricorso a tale strumento con finalità elusive della disciplina sugli appalti pubblici o che risultino limitative o distorsive del corretto confronto concorrenziale[28].
L'aggregazione delle fasi relative allo svolgimento della gara ha il pregio di concentrare gli adempimenti per un “gruppo di acquisti” anche in favore di più amministrazioni aggiudicatrici.
Essa assicura tempi più brevi di acquisto[29] e, soprattutto in futuro, gli operatori economici dei mercati di riferimento potranno giovare di una maggiore trasparenza che ne favorirà la partecipazione alle gare aggregate e coordinate dalle centrali di committenza, concentrando gli uffici delle amministrazioni di riferimento nel monitoraggio dell'esecuzione.
I differenti modelli di accordo quadro si distinguono in ragione del numero di operatori economici cui lo stesso è aggiudicato ovvero del grado di definizione delle relative condizioni contrattuali.
Tra questi, l'accordo quadro con uno o più operatori, quello aggiudicato stabilendo tutti i termini degli appalti specifici da aggiudicare nella fase di esecuzione (accordo quadro “chiuso”) o, viceversa, l'accordo quadro in cui non sono definite tutte le condizioni contrattuali (accordo quadro “aperto”).
Dunque, è possibile escludere la configurazione immediata (per effetto dell'aggiudicazione) di obblighi contrattuali nei confronti della controparte contrattuale[30], salvo il rispetto dei principi di correttezza, solidarietà sociale e buona fede (art. 1735 c.c. e 2 Cost.), lasciando alle Amministrazioni aggiudicatrici interessate la scelta di procedere all'adesione e alla stipula dei successivi contratti in base alle disponibilità finanziarie ed alle concrete esigenze[31], mediante un ordine di acquisto diretto, per ciò stesso escludendo una (autonoma) procedura di gara, salvo l'ulteriore confronto competitivo comunque limitato ai soli aggiudicatari dell'accordo quadro (master contract), con riduzione dei costi in capo agli operatori economici.
Le differenti modalità di stipula dei contratti specifici evidenziano una “distinzione giuridica” da cui discende una precisa distinzione cronologica che individua la “validità temporale” rispettivamente dell'accordo quadro e degli appalti specifici, “da aggiudicare in un dato periodo” con locuzione che, per ciò stesso, conferisce autonomo rilievo alla durata dei contratti esecutivi, distinguendola dalla durata de relativo dell'accordo quadro, quale contratto a contenuto eminentemente normativo.[32]
L'aggiudicazione di un accordo quadro (chiuso) ad un solo operatore economico assicura prezzi competitivi, riduzione dei costi transattivi, facilità di utilizzo del modello e certezza giuridica.
Tuttavia — specie in un sistema che prefiguri obblighi di adesione — potrebbe evidenziare una scarsa rispondenza ai bisogni concreti ed attuali delle singole Amministrazioni aggiudicatrici; ancora, potrebbe ricorrere una limitazione della partecipazione delle piccole medie imprese allorché non si provveda ad una adeguata strutturazione in lotti.
Ove tale accordo quadro sia aggiudicato a più operatori, pur in assenza di previsioni normative relative alle modalità di affidamento dei contratti specifici, la disciplina europea richiede la definizione di criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori per l'individuazione della migliore offerta, al fine di evitare violazioni o elusioni dei principi posti a presidio del corretto espletamento delle gare pubbliche nella fase di esecuzione dell'accordo quadro.
Scorrettezze che, in particolare, possono derivare dalla mancanza di trasparenza nell'“aggiudicazione diretta” del contratto specifico. Tali principi hanno trovato attuazione nella definizione, da parte della Commissione europea, di taluni metodi di scelta delle controparti contrattuali. Tra questi, il “metodo cascata” [33] con cui si definisce una correlazione tra l'affidamento del singolo appalto specifico e la graduatoria definita in sede di aggiudicazione dell'accordo quadro, individuando come contraente l'operatore economico che abbia presentato la migliore offerta in sede di gara, procedendo ad uno scorrimento in graduatoria solo in caso di impossibilità o mancanza di volontà allo svolgimento della prestazione contrattuale, ovvero, di esaurimento della sua quota per valore.
Tale metodo sembrerebbe maggiormente indicato nelle ipotesi di aggiudicazione al minor prezzo, perciò all'esito di gare incentrate sugli aspetti quantitativi dell'offerta ove l'acquisto a prezzi più elevati è consentito solo nel caso in cui l'operatore economico che abbia formulato l'offerta più bassa non sia più intenzionato o capace di fornire.
Diversamente, potrebbero evidenziarsi rischi correlati alla mancata conclusione di contratti specifici da parte di taluni aggiudicatari dell'accordo quadro, ovvero a possibili scelte opportunistiche da parte dell'operatore economico che abbia presentato la migliore offerta rivolte alla conclusione dei soli contratti particolarmente favorevoli con indisponibilità per altri.
Nel nostro ordinamento l'aggiudicazione dei contratti specifici avviene talora sulla base del principio di rotazione[34] (quale corollario del favor partecipationis), come fondamento della determinazione dell'ordine di priorità nella scelta della controparte contrattuale, assicurando in tal modo a tutti gli operatori economici parte di un accordo quadro la conclusione di almeno un appalto specifico alle condizioni definite nell'accordo quadro.
L'intrinseco automatismo di tale metodo potrebbe talora determinare distorsioni, mancanza di trasparenza, potendo condurre talune amministrazioni, in ragione della casualità nell'affidamento, alla conclusione di appalti specifici a condizioni non vantaggiose, con evidente pregiudizio dei principi di economicità e qualità della contrattazione pubblica.
Pregiudizio che pare legittimare scelte differenti nell'esercizio dell'autonomia, dunque motivate in ragione di specifici bisogni.
In alternativa, in taluni casi, è statuita la definizione di un rapporto percentuale sul valore o il volume combinato con il metodo a cascata, in modo tale da bilanciare e limitare la possibilità di ricorrere a una piccola frazione degli operatori parte dell'accordo quadro.
Si procede alla definizione di una percentuale oltre la quale l'amministrazione aggiudicatrice ricorre all'operatore successivo dell'accordo quadro, con eventuale previsione della scelta delle amministrazioni fino alla concorrenza della quota massima della prestazione più adatta fra quelle selezionate.
L'affidamento di appalti specifici con la riapertura di un confronto competitivo (mini-competition) tra i soli aggiudicatari dell'accordo quadro si svolge in conformità alle previsioni della direttiva e alle procedure ivi previste per le gare aperte, comprese le regole disciplinanti il contenuto degli inviti, dei termini di sospensione e degli avvisi di aggiudicazione, consultando per iscritto gli operatori economici “capaci di eseguire il contratto”, definendo tempi di presentazione delle offerte in base all'oggetto del contratto e assicurandone la segretezza per evitare compromissioni del confronto concorrenziale.
La riapertura della gara, come ricordato, deve trovare fondamento sugli “stessi termini che regolamentano l'aggiudicazione dell'accordo quadro e, laddove necessario, su termini più precisamente formulati, e ove appropriato, su termini diversi menzionati nei documenti di appalto per l'accordo quadro”[35].
Laddove esplicitamente previsto nei documenti di gara, un ulteriore modello innovativo di accordo quadro disciplinato dalle nuove direttive (cosiddetto modello misto o ibrido) apre agli enti pubblici la possibilità di scegliere di acquistare direttamente attraverso l'accordo quadro (come nel modello “chiuso”) o di riaprire la gara tra gli operatori economici parte dell'accordo quadro, in conformità ai termini e alle condizioni predefiniti[36].
Tale modello assicura maggiori potenzialità nelle strategie di gara lasciando aperte le due opzioni, che non sacrificano, ma, al contrario, favoriscono le scelte di autonomia e di adattamento al contesto specifico, adeguando il contratto a specifiche esigenze e capacità.
Ciò in particolare qualora risulti conveniente sviluppare un appalto specifico magari anche per gruppi di amministrazioni con esigenze simili, ancorché diverse da quelle generali previste nel “master contract o agreement”, purché individuate nell'avviso di indizione della gara[37].
Si tratta, sul piano soggettivo, della possibile adesione ad un accordo quadro da parte di ulteriori amministrazioni aggiudicatrici e, sul piano oggettivo, della previsione (o meno) del valore economico dell'eventuale estensione, conformemente ai principi delle gare pubbliche.
Le clausole di estensione contrattuale assicurano l'utilizzazione ripetuta e reiterata di un accordo quadro in ragione della definizione ex ante di condizioni destinate a disciplinare tutti i successivi rapporti di un'amministrazione aggiudicatrice con uno o più operatori economici.
Perciò, similmente al contratto estensibile ad amministrazioni diverse da quella che lo abbia originariamente stipulato, si persegue l'obiettivo di evitare il reiterato ricorso a plurimi confronti concorrenziali per l'aggiudicazione di contratti aventi analogo contenuto e, sotto differente profilo, si individua una struttura che apre all'adesione nei limiti indicati ad amministrazioni diverse da quella firmataria.
La gara con adesione si qualifica perciò come “forma di contrattazione ad aggregazione successiva”, che presenta analogie rispetto al modello organizzativo della centrale di committenza, realizzando un accordo quadro tra più soggetti che preveda “un'opzione di incremento delle prestazioni in un determinato intervallo temporale, a prezzi unitari invariati”, nel rispetto di specifici limiti sul piano dei contenuti e riconducibili alla necessità di dimostrare la sussistenza di un interesse pubblico attuale all'adesione ad contratto già stipulato rispetto alla scelta di attivare una nuova gara.
Sicché l'adesione consente di superare proroghe (illegittime) di precedenti rapporti contrattuali in attesa di esperire una nuova gara, ferma restando la necessità di verificare condizioni contrattuali più favorevoli rispetto a quelle che verosimilmente si potrebbero ottenere sul mercato, desumibili da gare recenti con lo stesso oggetto nel medesimo settore.
È evidente che le imprese titolari di precedenti contratti tenderanno a contestare e impugnare la scelta di aderire agli accordi quadro[38].
La Corte di giustizia ha recentemente riconosciuto la possibilità[39] per le amministrazioni aggiudicatrici di mettere a disposizione le proprie gare, (anche) di amministrazioni che non si siano vincolate in precedenza, dovendosi interpretare, già nella precedente direttiva, il richiamo alle “parti” come unicamente riferito agli operatori economici.
Presupposto necessario dell'adesione è, dunque, sul piano soggettivo, la palese identificazione di tali amministrazioni nei documenti di gara quali potenziali beneficiarie dell'accordo.
Ciò notizia tale possibilità alle amministrazioni stesse, oltre che agli operatori economici nel rispetto dei principi di pubblicità, trasparenza e certezza del diritto.
La sentenza chiarisce le modalità per assicurare che i beneficiari di un accordo quadro siano “chiaramente identificati”, ai fini di ostensibilità e trasparenza.
Per l'estensione dell'accordo quadro il Giudice europeo richiede che si evidenzino le quantità (anche solo massime e potenziali), sottolineando che il riferimento all'ordinario fabbisogno, ove non espressamente quantificato, potrebbe non essere facilmente conoscibile dalle imprese di altri paesi.
La diffusa prassi anglosassone di accordi quadro senza ancora alcun vincolo di acquisto si basava infatti su un implicito riferimento ai potenziali fabbisogni ordinari delle amministrazioni interessate a fruire degli accordi quadro.
Tuttavia, la pronuncia de qua sottolinea l'utilità, per favorire un'effettiva e concreta partecipazione anche di imprese di altri Stati membri, di esplicitare il valore potenziale massimo.
La prospettiva, in ragione dei caratteri dell'accordo quadro e, in particolare, del confronto competitivo in sede di aggiudicazione e della durata limitata, non sembrerebbe escludere l'articolazione in specifiche gare di lotti aperti e destinati a tutte le amministrazioni (nel territorio nazionale, europeo o di alcuni Stati Membri) di un determinato settore e interessate ad aderire alla gara fino all'esaurimento del quantitativo ivi previsto, perciò a prescindere dalla preventiva determinazione dei fabbisogni([40]), che, soprattutto per gare su prestazioni innovative, potrebbero essere difficilmente stimabili.
Ciò permetterebbe – in attuazione di un sistema pro concorrenziale - anche a piccoli operatori economici di poter accedere a mercati di altri paesi, mediante un accordo quadro italiano, utilmente messo a disposizione, nei documenti di gara, di amministrazioni di altri Stati Membri potenzialmente interessati a tale prestazione, senza dover partecipare ad alcuna procedura di evidenza pubblica in altro Stato membro, ma unicamente rispettando i termini e le condizioni di esecuzione del paese di destinazione [41].
A livello sistematico, giova sottolineare che gli accordi quadro possono risultare di utilità anche per assicurare un pronto intervento in casi di calamità naturali, poiché permettono di avere a disposizione strumenti operativi e trasparenti in casi di urgenza oggettiva.
- Sulla querelle dell’assoggettamento a controllo preventivo di atti approvativi di contratti esecutivi di accordi quadro: brevi riflessioni conclusive in una prospettiva di regolazione del mercato.
Nell’ambito di un paradigma di Pubblica Amministrazione moderna, orientata a perseguire obiettivi di efficacia, efficienza ed economicità e a garantire un’azione trasparente ed imparziale, l’attività contrattuale rappresenta, senza dubbio, un ambito di importanza strategica e, contemporaneamente, uno dei settori di maggiore criticità.
L’adozione di una disciplina complessa ed articolata, quale quella dettata dal vigente Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture nonché dalla novellata disciplina regolamentare attuativa della stessa fonte primaria, se, da un lato, costituisce il prodotto di uno sforzo di sistematizzazione normativa di indubbia valenza giuridica, dall’altro, ha comportato, in uno con il recepimento delle direttive comunitarie in materia, l’insorgenza di una pluralità di problematiche applicative, cui le pubbliche amministrazioni sono chiamate ad assicurare pronta risposta.
Pertanto, la possibilità di interagire con un ingente numero di stazioni appaltanti, variamente collocate nell’ambito del complessivo territorio nazionale, rappresenta un’opportunità irripetibile per conoscere, analizzare e, conseguentemente, approfondire e portare a soluzione le criticità emergenti con maggior frequenza nell’applicazione di tale specifica normativa di settore, attraverso scelte ermeneutiche omogenee ed in linea con il vigente ordinamento giuridico.
Promuovere la leale cooperazione tra amministrazioni nell’ottica di portare a soluzione, con la necessaria pragmaticità, questioni operative e di dettaglio, significa incrementare l’efficienza della pubblica amministrazione attraverso l’implementazione di tutte quelle attività grazie alle quali è possibile la realizzazione, in concreto, di infrastrutture, servizi, opere sempre più necessarie allo sviluppo del Paese.
Allo stesso modo, la ricerca di uniformità e coerenza giuridica nei comportamenti suggeriti, in una realtà così complessa e mutevole come quella interessante gli appalti pubblici, ha lo scopo di incoraggiare e promuovere la leale concorrenza tra operatori economici nell’ambito delle gare per l’affidamento di contratti pubblici.
Premessi, dunque, brevi cenni sui contratti quadro o master agreements (quali contratti normativi), occorre, a questo punto, analizzare l’annosa e dibattuta quaestio dell’assoggettamento a controllo preventivo di atti approvativi di contratti esecutivi di accordi quadro.
Si sono poste due questioni di massima di particolare rilevanza: la prima è legata all’astratta sottoponibilità al controllo preventivo di legittimità dei decreti approvativi dei contratti stipulati in adesione a contratti quadro, di importo inferiore alla soglia indicata all’art. 3, c. 1, lett. g), l. 14 gennaio 1994, n. 20; la seconda –connessa alla prima – ha come fulcro l’individuazione dell’importo da prendere in esame – sub specie di importo contrattuale o quello a base di gara - ai fini dell’assoggettamento del decreto di approvazione dei contratti al controllo della Corte, ai sensi sempre del richiamato art. 3, c. 1, lett. g), l. 14 gennaio 1994, n. 20
La Sezione Centrale di controllo di legittimità ha elaborato, per superare l’annoso dibattito che si ripercorrerà, brevemente, nel proseguo, il seguente principio di diritto: “devono considerarsi assoggettati al controllo preventivo di legittimità, oltre agli atti tassativamente elencati all’art. 3 l. n. 20/1994, anche tutti quelli modificativi degli stessi atti, giacché, diversamente opinando, si finirebbe con il consentire alle amministrazioni di apportare modifiche agli atti già vagliati dal controllo, senza alcuna possibilità di ulteriore verifica da parte della Corte dei conti in ordine alla legittimità delle scelte successivamente adottate.
I singoli contratti esecutivi di un accordo quadro, sebbene autonomi e distinti, risultano necessariamente collegati funzionalmente fra loro; il suddetto accordo costituisce il primo atto di una complessa operazione economica, da considerarsi unitaria in ragione della presenza di un vincolo inscindibile consistente, in primis, nella necessità di rispetto del plafond di spesa inizialmente stabilito e che costituisce il valore rilevante, ai fini dell’art. 35, c. 16, c.c.p. per l’individuazione della soglia comunitaria di riferimento”.
La ratio dell’intervento è stata quella di comporre, mediante una soluzione unitaria, una questione dibattuta di massima, originata dalla presenza di contrasti interpretativi fra le diverse sezioni regionali.
Si ha riguardo, in particolare, all’assoggettabilità o meno a controllo preventivo di legittimità dei decreti approvazione degli accordi esecutivi di un contratto quadro, inteso quale contratto normativo.
Il dibattito si era, invero, esasperato e stigmatizzato in quanto non era chiaro se la valutazione sull’assoggettabilità a controllo dovesse avvenire indipendentemente dal loro valore, ovvero anche se di importo inferiore alla soglia comunitaria.
Da un lato, dunque, ricorrevano esigenze di speditezza procedimentale, non potendo ritenersi conforme al buon andamento l’assoggettabilità astratta a controllo di atti esecutivi o contratti di valore inferiore a quello determinato dalla normativa euro-unitario; dall’altro, ricorrevano esigenze spiccatamente connesse alla tutela della finanza pubblica di matrice pubblicistica, a nulla rilevando la quantificazione del valore dei singoli contratti (o atti) esecutivi, con conseguente elusione – in via surrettizia – delle procedure di verifica di legittimità.
Al riguardo, la Sezione Centrale ha evidenziato la presenza di alcune pronunce [42] che hanno sposato orientamenti divergenti e contrastanti.
Esse, ad ogni modo, rappresentano il tentativo di trovare un equilibrio e un bilanciamento tra gli interessi coinvolti, come prima accennati. Tale primo indirizzo ermeneutico, prende le mosse dal tenore letterale dell’art. 3, c. 1, lett. g), l. n. 20/1994 (c.d. teoria restrittiva); parimenti, il predetto orientamento, sposa una interpretazione sistematica e teleologico-funzionale della legge 20/1994.
Dunque, si valorizza lo scopo, inteso quale ratio, del controllo preventivo. Esso sarebbe, astrattamente, limitato agli atti di maggiore rilevanza, oltre che sul previsto assoggettamento degli atti stipulati a valere su aperture di credito al solo controllo successivo.
La giurisprudenza contabile, in particolare, aveva precisato in ordine agli effetti finanziario-contabili dell’accordo quadro, anche con riferimento al limite di valore soglia per l’ammissione al controllo preventivo di legittimità, che la stipulazione dell’accordo quadro o la previsione di una sua stipulazione, in quanto non costituisce titolo per il sorgere di obbligazioni pecuniarie, non consente di impegnare e pagare con imputazione all’esercizio cui lo stanziamento si riferisce (art. 183 Tuel).
Dunque, né in fase di previsione, né in fase di esecuzione, la stipula dell’accordo quadro o la procedura per la scelta del contraente, in sé, legittima l’inserimento di appositi stanziamenti in bilancio.
Si statuisce, sulla scorta di quanto rilevato, che ad essere oggetto di considerazione, previsione e di eventuale impegno devono essere i contratti attuativi, che si prevede di porre in essere e il loro valore.
Tali previsioni di spesa devono essere proporzionate ed adeguate al valore a base d’asta della procedura che si intende intraprendere per la scelta del contraente.[43]
Dunque, i decreti sottoposti all’attività di controllo non rientrerebbero – in senso stretto - nell’alveo degli strumenti di acquisto. Ciò si verifica, poiché essi hanno ad oggetto l’approvazione di un mero atto di adesione ad un precedente accordo quadro, già ammesso al controllo[44] preventivo di legittimità della Corte dei conti con esito positivo.
Peraltro, non ricorre la successiva apertura di confronto competitivo e non vi è la concreta possibilità di modifiche sostanziali ex art. 54, c. 2, d.lgs. n. 50/2016.
Si concludeva affermando il pacifico assoggettamento a controllo preventivo di legittimità dei decreti di approvazione dei contratti attuativi dell’accordo quadro, solo qualora di importo superiore alla soglia prevista all’art. 3, c. 1, lett. g), l. n. 20/1994.
Non tutti gli accordi quadro sarebbero assoggettabili, dunque, a controllo preventivo, ma solo quelli che, secondo la predetta normativa euro-unitaria, provocherebbero un più alto rischio di ledere le finanze pubbliche, secondo l’id quod plerumque accidit.
Si è, dunque, considerato prevalente il principio di buon andamento dell’azione amministrativa, rispetto alla tutela dell’equilibrio di bilancio.
Di notevole rilevanza pratico-applicativa è l’ulteriore principio di diritto che è stato ricavato dalla Sezione Centrale, quale corollario di quanto supra. Nel caso di accordi quadro di importo complessivo superiore alle soglie, assoggettati al preventivo controllo della Corte, sarebbero sottoponibili a controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti tutti i successivi atti di adesione, indipendentemente dal valore degli stessi.
Giova rilevare, tuttavia, come tale ricostruzione ermeneutica non sarebbe confermata da alcun elemento normativo di tipo letterale; tale lettura darebbe la stura, anzi, ad una interpretazione non aderente al dato testuale della disposizione dell’art. 3, c. 1, lett. g), l. n. 20/1994, che, i giudici di legittimità hanno ammesso - in via eccezionale e in casi non suscettibili di applicazione analogica – ossia solo in presenza di sviste o errori del legislatore[45].
Si è obiettato, soprattutto in dottrina, che tale interpretazione sarebbe disfunzionale, poiché utilizzata in casi diversi da quelli determinati in via pretoria dalla Corte di Cassazione. Non ricorrerebbero, dunque, i casi di sviste o errori del legislatore.
Essa, inoltre, contrasterebbe con la stessa ratio della funzione di controllo della Corte, che sarebbe chiamata a pronunciarsi anche con riferimento a decreti di approvazione di contratti di esiguo importo.
In tale prospettiva, secondo una tesi minoritaria, ciò provocherebbe il mancato rispetto del principio di buon andamento, quale corollario del principio di economicità, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, mortificando, talvolta irrimediabilmente, il tessuto economico e sociale del paese.
Un orientamento giurisprudenziale aveva affermato tout court l’inammissibilità al controllo preventivo del decreto avente ad oggetto l’approvazione di atto di adesione ad un precedente accordo quadro, già ammesso al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti.
L’ordine di accreditamento a favore di funzionari delegati – secondo la predetta tesi - rappresenta una vera e propria apertura di credito dell’organo emittente – denominato ordinatore primario – a favore del funzionario delegato considerato ordinatore secondario in quanto dispone pagamenti su fondi posti a sua disposizione da organi primari di spesa.
Sullo specifico punto, l’argomentazione portata dalla delibera della Sezione centrale sottolinea –in chiave sistematica - invece, come relativamente alla sufficienza dei controlli di ragioneria sui decreti di impegno pluriennali vada segnalato che gli stessi riguardano meri aspetti legati alla contabilità e non già alla legittimità degli atti, oggetto del controllo funzionale della Corte dei conti.
Secondo la ricostruzione sistematica de qua, lo stesso legislatore avrebbe avuto l’obiettivo di attribuire primaria rilevanza al valore non del singolo atto (inteso in maniera slegata dal contratto a monte), ma della complessiva operazione contrattuale sia nell’ipotesi di appalti per lotti distinti, sia in caso di previste opzioni o di ripetizione di servizi analoghi; il predetto valore è, quindi, interpretato dal legislatore quale indice rilevante, sia con riferimento alla procedura di scelta del contraente, sia con riguardo alle forme di controllo.
Sul punto ancora la Sezione centrale di controllo, ha sottolineato come anche se ricorre l’impossibilità di apportare modifiche alle clausole previste nell’accordo, ciò, di fatto, non esclude la possibilità che ciò avvenga, con conseguente necessità di una verifica al riguardo.
In particolare, l’Ufficio di controllo ha spesso sposato la tesi per cui occorrerebbe sottoporre al controllo preventivo di legittimità i decreti di approvazione degli accordi esecutivi di contratto quadro, indipendentemente dal loro importo. Sulla scorta di tale ricostruzione ermeneutica, il controllo preventivo, limitato agli atti di maggiore rilevanza, sul previsto assoggettamento degli atti stipulati a valere su aperture di credito al solo controllo successivo (art. 5 d.lgs. 30 giugno 2011, n. 123). quindi, non determina un allungamento dei tempi, con la necessità di assicurare il rispetto delle regole anche nella fase attuativa degli accordi quadro.
Questi ultimi, infatti, rappresentano il primo atto di operazioni negoziali economicamente complesse e assai rilevanti in termini di finanza pubblica.
Giova rilevare, a tal riguardo, che si è evidenziata - sul piano funzionale e sistematico – la necessità utilizzare il criterio della soglia comunitaria per l’assoggettabilità a controllo([46]) preventivo di legittimità di tutti gli atti ad essi connessi o correlati. In tale prospettiva, sembrerebbe doversi preferire un’interpretazione spiccatamente sistematica.
Essa prende le mosse dalla ratio, ossia dallo scopo, del disposto di cui all’art. 3 della l. n. 20/1994: in sede di calcolo delle soglie per l’assoggettamento a controllo di legittimità, l’importo da considerare – sulla base del codice dei contratti pubblici – non è quello del singolo atto (inteso nella sua specificità), ma dell’intera complessa operazione economica oggetto del programma di spesa (connaturata al c.d. master agreement) e del susseguente bando di gara.
Inoltre, al fine di stabilire se il decreto approvativo di un contratto per l’appalto di un’opera pubblica sia o meno sottoposto a controllo preventivo di legittimità, occorre interpretare letteralmente la norma contenuta nell’art. 3, c. 1, lett. g), l. 14 gennaio 1994, n. 20 e far riferimento, quindi, al valore del contratto, quale determinato dal ribasso ottenuto in sede di gara.
Un orientamento meno risalente, invece, sottolinea l’esigenza di prendere a riferimento un unico valore (ossi a quello del valore stimato dell’appalto) ai fini sia dell’individuazione della procedura di scelta del contraente da seguire, sia delle forme di controllo[47] cui assoggettare l’atto medesimo.
Al riguardo, si ritiene sussistente la necessità di evidenziare che, per pacifica giurisprudenza della Sezione centrale di controllo[48], sono assoggettati al controllo preventivo di legittimità, oltre agli atti[49] tassativamente indicati all’art. 3 della l. n. 20/1994, anche tutti quelli modificativi e estintivi degli stessi.
Un diverso orientamento consentirebbe, infatti, all’amministrazione di apportare – con funzione elusiva e di abuso del diritto - una qualsiasi modifica all’atto sottoposto al controllo, senza alcuna possibilità di verifica da parte della Corte dei conti in ordine alla legittimità delle scelte operate[50].
In altre parole, la stessa politica legislativa – in un’ottica di bilanciamento di interessi e ottimale allocazione dei rischi operativi) - mostra chiaramente di dare rilevanza al valore non del singolo atto, ma della complessiva operazione economico-negoziale (avendo riguardo anche all’allocazione del c.d. rischio operativo) sia nell’ipotesi di appalti per lotti distinti, sia in caso di previste opzioni o di ripetizione di servizi analoghi; detto valore è, quindi, ritenuto dal legislatore rilevante, sia con riferimento alla procedura di scelta del contraente, sia con riguardo alle forme di controllo[51].
Infatti, i singoli contratti esecutivi, seppur strutturalmente indipendenti l’uno dall’altro, sono strettamente collegati e derivanti dall’accordo quadro che costituisce il primo atto di un’unica operazione economica complessa. Sarebbe presente vincolo funzionale ed inscindibile non solo tra l’accordo quadro e i singoli contratti discendenti, ma anche tra i contratti esecutivi stessi, che, seppur tra loro autonomi e distinti, risultano necessariamente tra loro collegati, data la necessità del rispetto del plafond, il cui importo costituisce il valore rilevante, ai fini dell’individuazione della soglia comunitaria di riferimento. Gli stessi sarebbero connessi in quanto tutti derivanti “a valle” da un contratto normativo “a monte”, a contenuto normativo, recante anche un tetto massimo di spesa.
Deve, inoltre, essere evidenziato che il predetto vincolo comporta la necessità di un preventivo coordinamento tra i diversi soggetti pubblici beneficiari della fornitura e la stazione appaltante, ai fini dell’individuazione del valore degli acquisti a ciascuno di essi riservato, e, al contempo, la necessità che l’organo di controllo conosca l’importo di tutti i contratti esecutivi ai fini della verifica del rispetto del limite economico previsto in sede di accordo quadro.
In conclusione, si ritiene di dover precisare che le esigenze di celerità e snellimento delle procedure segnalate dall’amministrazione non risultano in alcun modo frustrate dal controllo della Corte dei conti[52] in quanto lo stesso è posto in essere in contemporanea rispetto al controllo di ragioneria e, quindi, non determina un allungamento dei tempi.
Tali considerazioni inducono il collegio, in una logica sistematica che tenga conto dell’operazione complessiva, a ritenere esperibile il controllo preventivo di legittimità[53] sui decreti approvativi dei contratti stipulati in adesione a contratti quadro, di importo inferiore alla soglia indicata all’art. 3, c. 1, lett. g), l. 14 gennaio 1994, n. 20[54].
Del resto, l’impossibilità di apportare modifiche alle clausole previste nell’accordo non esclude la possibilità che ciò avvenga, con conseguente necessità di una verifica al riguardo.
Le suesposte considerazioni inducono a privilegiare un’interpretazione sistematica che partendo dalla ratio dell’art. 3 della l. n. 20/1994 tenga precipuo conto del mutato quadro di riferimento introdotto dal Codice dei contratti pubblici, teso a privilegiare in sede di calcolo delle soglie previste, ai fini della procedura di scelta del contraente([55]) e del successivo controllo[56], l’importo non del singolo atto, ma dell’intera operazione economica[57] oggetto del programma di spesa e del successivo bando di gara.
La Corte dei conti, ancora una volta, ha dovuto operare un complesso bilanciamento di interessi: da un lato quello del buon andamento, quale corollario dei canoni di economicità, efficienza e efficacia dell’agere amministrativo (art. 97 Cost.); dall’altro, ricorre la tutela degli equilibri di finanza pubblica e del vincolo di bilancio (art. 81 Cost).
I principi e le disposizioni euro-unitari evidenziano che, al di là delle specifiche misure, bisogna, in generale, realizzare un giusto equilibrio tra tempestività, efficienza ed economicità dei procedimenti amministrativi e degli acquisti pubblici e superare l’approccio in forza del quale per spendere le risorse del c.d. Recovery Plan è necessario ignorare, o quantomeno sospendere, le regole, i controlli, le sanzioni che garantiscono la sana gestione delle politiche e delle risorse pubbliche e la responsabilizzazione di enti, funzionari e amministratori pubblici.
Ciò potrebbe attivare una spirale di inefficienza in grado di pregiudicare gli obiettivi di semplificazione: l’aumento del tasso di illegittimità di atti e provvedimenti amministrativi potrebbe, infatti, causare un notevole incremento del contenzioso, con conseguente crescita dei costi e allungamento dei tempi dell’attività amministrativa.
Alla luce di quanto supra, giova evidenziare che l’efficienza del procurement e dell’esercizio dei poteri pubblici costituisce un valore complesso, che deve necessariamente ed adeguatamente bilanciare, secondo un razionale equilibrio, fattori eterogenei come il tempo, il costo, la qualità dei beni o servizi acquistati, e la loro utilità.
Di conseguenza, la netta contrapposizione tra speditezza, semplicità e discrezionalità dell’esercizio dei poteri pubblici, da un lato, e qualità ed economicità dell’attività amministrativa, dall’altro, che ha caratterizzato il dibattito politico economico e giuridico nel corso dell’ultima decade, dovrebbe lasciare il posto ad una riflessione più matura sul contemperamento tra questi valori, distinti ma necessariamente coordinati ed ugualmente irrinunciabili nell’esercizio dei poteri pubblici[58].
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- V. Tenore, La Nuova Corte dei conti: Responsabilità, pensioni, controlli, Giuffrè, 2023
[1] Ad esempio, la Chambre des comptes francese, suprema magistratura finanziaria istituita nel secolo XIII da Luigi IX. In Italia, la Chambre des comptes ispira la Camera dei conti creata in Piemonte nel 1351, la Piena Camera istituita nello Stato Pontificio nel 1544, la Regia Camera della Sommaria del Regno di Napoli, istituita nel 1444 da Alfonso V d’Aragona, in seguito (nel 1807) sostituita dalla Regia Corte dei Conti e poi, nel 1817, la Gran Corte dei conti. Nel Regno delle due Sicilie esisteva anche la Corte dei conti di Palermo, organizzata analogamente a quella di Napoli che, tra i vari compiti, aveva anche quello di rivedere tutti i conti anteriori al 1832.
[2] V. Tenore, La Nuova Corte dei conti: Responsabilità, pensioni, controlli, Giuffrè, 2023; M. De Rosa – B. G. Mattarella, Art. 100 Cost., in Commentario alla Costituzione, a cura di R. Bifulco, A. Celotto e M. Olivetti, II, Torino, 2006, 1941, che richiama la lunga evoluzione che ha caratterizzato l’esperienza del Regno delle due Sicilie, a partire dalla Magna curia dei Maestri razionali, risalente addirittura all’epoca normanna. Per un approfondimento sulle origini storiche e sull’evoluzione della Corte dei conti v. C. Ghisalberti, Corte dei conti, in Enc. Dir., X, Milano, 1962, 583 ss. e M. Sinopoli, Corte dei conti, in Noviss. Dig. It., IV, Torino, 1968, 928 ss.; Così F. Staderini, La Corte dei conti, in Valori e principi del regime repubblicano. Legalità e garanzie, a cura di S. Labriola, Bari-Roma, 2006, 323 s., che ricorda le incisive parole con cui si espresse Cavour, all’epoca Ministro delle Finanze, nel progetto di legge istitutivo, divenuto legge il 30 ottobre 1859.
[3] Ci si limita qui a rinviare a A. Carosi, Il controllo di legittimità-regolarità della Corte dei conti sui bilanci degli enti territoriali anche alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale, in F. Capalbo (a cura di), Il controllo di legittimità-regolarità della Corte dei conti, Editoriale Scientifica, Napoli, 2018, 15 s. e a M. Luciani, La “giurisprudenza Carosi”, in G. Colombini (a cura di), Scritti in onore di Aldo Carosi, Editoriale Scientifica, Napoli, 2021, 571 s., specialmente 577 s.; V. Tenore, La Nuova Corte dei conti: Responsabilità, pensioni, controlli, Giuffrè, 2023
[4] Nell’organizzazione repubblicana, i quaestores aerariis (praefecti Aerarii Saturni nel Principato), posti a capo di veri e propri uffici organizzati, dovevano controllare la legalità della riscossione, spesa, custodia del denaro pubblico e in caso di mancanze, denunciavano le responsabilità alle altre magistrature politiche o giudiziarie. “Il controllo era sia preventivo che successivo: il primo veniva esercitato sugli ordinatori di spesa (compreso il Senato), mentre il secondo sui questori uscenti e su quelli provinciali. I questori avevano, però, solo poteri sindacatori poiché il giudizio politico spettava al Senato che stabiliva i tributi e gli stanziamenti, mentre spettava ad un iudicium publicum il giudizio di concussione, di peculato e contabile, ovvero dei tre delitti erariali”
Sotto l’Impero, tale struttura di verifica permaneva e oltre alle verifiche dei conti dei pubblici funzionari veniva prevista anche una forma di controllo sulle aziende municipalizzate nell’ambito del quale, “da un lato, i duoviri (magistrati superiori) rendevano alla Curia (Senato) locale il conto della gestione quali amministratori ed ordinatori e, dall’altro, gli Statuti di ciascun Municipio recavano regole minuziose per la relativa contabilità. L’azione per la resa del conto era aperta a tutti i cittadini contro i contabili”. Quindi l’esperienza della Roma imperiale dimostra come “…la buona organizzazione “amministrativa” e la gestione piramidale delle risorse, permise il pieno controllo di un immenso Impero, spesso dilaniato da sopiti conflitti culturali ed economici”.
Nell’epoca bizantina continuano a funzionare gli organi ancora esistenti nell’Impero. Preposti ai controlli erano: i Palatini, cui spettavano funzioni ispettive sull’andamento della riscossione tributaria; i Rationales, che attendevano alla revisione dei conti e al giudizio di prima istanza sulle controversie fiscali; i Prefetti del pretorio, che vigilavano sulle entrate e sulle spese della propria circoscrizione; i Rettori provinciali e i Magistrati municipali, che provvedevano alla riscossione e al versamento delle entrate ad essi affidate e alla resa dei relativi conti. Tuttavia, la caduta dell’Impero Romano e la nascita del sistema feudale “..hanno poi causato la perdita di coscienza circa la necessità ed opportunità di verificare i conti della signoria che governava un determinato territorio..” Crollato l’impero romano, che grazie alla sua imponente organizzazione amministrativa e finanziaria, fondata sui preventivi delle spese complessive e dei mezzi per farvi fronte, era sopravvissuto per secoli, e superata l’età barbarica, quindi nell’epoca dei comuni italiani, con il rifiorire delle attività commerciali emerge l’esigenza di predisporre un sistema di controllo sulla gestione economica delle risorse derivanti dai gabelli imposti ai commercianti e ai cittadini per verificare che i prelievi non alimentassero troppi sprechi e fossero destinati all’organizzazione della comunità municipale (strade, opere di difesa, acquedotti, esercito ecc.). Quindi i comuni medioevali ritennero giuridicamente rilevante il “cercamentum” finanziario, nell’ambito di quel generale sindacato previsto a carico di ogni funzionario, proprio perché gli uomini, nel medioevo, erano preoccupati all’idea di sottoporre tutto a controllo per salvaguardare la cosa pubblica, perché le spese fossero disposte pro utilitate communi, in nuce quello che negli stati costituzionali è il principio di legalità.
Nella Repubblica di Venezia, il sistema di controllo era multiforme e spesso caratterizzato da duplicazioni di funzioni e le verifiche sul pubblico demanio vennero affidate, nel corso dei secoli che hanno caratterizzato l’esistenza della repubblica, a magistrati appositamente investiti delle funzioni seppur con denominazioni mutevoli e competenze differenziate.
Nello Stato Pontificio prima del 1849 il controllo sulla gestione del danaro pubblico fu, inizialmente, inesistente e solo nel 1850 fu istituita la Consulta di Stato per le finanze che aveva il compito di esaminare i conti preventivi ed i rendiconti generali dell’amministrazione nonché di verificare i conti parziali.
Nel Regno di Napoli dapprima la Magna Curia Magistrorum Rationarum (Corte dei Maestri Razionali, divenuta poi Tribunale del real patrimonio e, quindi, assorbita nella Camera della Sommaria), rappresentò l’organo supremo di controllo e giurisdizione in ambito finanziario, svolgendo compiti consultivi e di registrazione dei conti che tutti coloro che amministravano denaro pubblico erano tenuti a rendere. Successivamente (epoca degli svevi) il Gran Camerario, assistito dai Maestri Razionali, continuò ad essere il centro della funzione di controllo, e successivamente nel 1807, la Regia Camera della Sommaria fu sostituita dalla Regia Corte dei Conti, che riuniva in sé le due funzioni del controllo e della giurisdizione. Nel 1817, con legge del 29 maggio, la Gran Corte dei conti subentrò alla Regia Corte dei conti. Modellata sulla Corte di Napoli, con legge 20 marzo 1818 fu creata la Corte dei conti di Palermo avente giurisdizione in Sicilia.
[5] V. Tenore, La Nuova Corte dei conti: Responsabilità, pensioni, controlli, Giuffrè, 2023; V. M. Oricchio, Corte dei conti (Organizzazione), in Il Diritto – Enciclopedia giuridica del Sole 24 Ore, diretta da S. Patti, IV, Milano, 2007, 497 s., il quale rileva come proprio tale contestazione di funzioni, che connota la Corte ancora oggi, l’abbia differenziata nettamente prima dagli analoghi istituti pre-unitari ed ora sia dalle altre Istituzioni Superiori di controllo, sia dalla Corte dei conti europea. Le attribuzioni della Corte dei conti sono riassuntivamente descritte nell’art. 10 della legge istitutiva, secondo il quale “fa il riscontro delle spese dello Stato”, “veglia sulla riscossione delle pubbliche entrate” e “giudica dei conti che debbono rendere tutti coloro che hanno maneggio di denaro e di altri valori dello Stato e di altre pubbliche amministrazioni designate dalle leggi”; nei successivi artt. 13, 19 e 20 viene disciplinato il controllo, attraverso visto e registrazione, su tutti i decreti reali ed i più importanti provvedimenti ministeriali; ed, infine, negli artt. 28–32 viene regolamentata la verifica sulla regolarità del “conto generale dell’amministrazione delle finanze” (l’attuale istituto della parificazione del rendiconto generale dello Stato).
[6] In dottrina molteplici sono gli scritti dedicati al controllo o ai controlli. Tra la vastissima bibliografia si può succintamente accennare alla più recente: cfr. R. Garofoli – G. Ferrari, I controlli, in Manuale di diritto amministrativo, 2013, Nel diritto Editore, 1279; F. Caringella, I controlli amministrativi, in Manuale di diritto amministrativo, Dike Giuridica, 2012, 1499; M. D’Orsogna, I controlli di efficienza, in AA.VV, Diritto amministrativo, a cura di F. G. Scoca, 2011, 600; S. Zambardi – E. Brandolini, La contabilità pubblica, Cedam, 2010, 240; C. Chiappinelli, La Corte dei conti e I controlli: principi generali e tipologie, in R. Chieppa – R. Giovagnoli, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 563; A. Monorchio – L. G. Mottura, Il sistema dei controlli, in Compendio di Contabilità di Stato, 2021, Cacucci Editore, 443; E. Casetta, L’organizzazione amministrativa, in Manuale di diritto amministrativo, 2006, Milano, 130.
[7] C. Colapietro, Le funzioni della Corte dei conti nella giurisprudenza costituzionale, con particolare riferimento alla funzione di controllo, Intervento al Convegno celebrativo del 150° anniversario dell’istituzione della corte dei conti (1862 – 2012). Ancona, 8 novembre 2012; M. S. Giannini, Relazione, in Aa.Vv., Lo sperpero del pubblico denaro, Milano, 1965, 91 ss., secondo il quale tale sistema si fondava su taluni presupposti costituzionali che si richiamavano tutti al “principio del controllo del Parlamento sul governo”. Ma “sta di fatto che esso non poteva funzionare se non per le sue porzioni amministrative, cioè quelle più fastidiose e meno importanti; costituzionalmente era acefalo”.
[8] Cfr. S. Sfrecola, Il giudice dei conti e delle responsabilità dalla storia all’attualità, Intervento alla Speciale cerimonia per il 150° anno della Corte dei conti, Regione Piemonte, Torino 12 novembre 2012 - Palazzo Reale – Salone degli Svizzeri, pag. 5 e 6; Vedasi anche V. Tenore, La Nuova Corte dei conti: Responsabilità, pensioni, controlli, Giuffrè, 2023
[9] Per un quadro dello sviluppo di questi nuovi controlli accanto a quelli precedentemente previsti cfr., per tutti, M. Cecchetti, Il “sistema” dei controlli di legittimità-regolarità dei conti delle Regioni e delle Province autonome nella dialettica tra collaborazione interistituzionale ed effetti cogenti e conformativi sull’autonomia degli enti controllati, e G. Rivosecchi, Oltre i controlli di legittimità-regolarità dei conti? Controlli sulla gestione, controlli concomitanti e altri controlli sulla finanza territoriale, entrambi in Federalismi.it, n. 28/2022, rispettivamente, 76 s. e 128 s.
[10] V. Tenore, La Nuova Corte dei conti: Responsabilità, pensioni, controlli, Giuffrè, 2023; F. Caringella, I controlli amministrativi, in Manuale di diritto amministrativo, Dike Giuridica, 2012, 1499; M. D’Orsogna, I controlli di efficienza, in AA.VV, Diritto amministrativo, a cura di F. G. Scoca, 2011, 600; S. Zambardi – E. Brandolini, La contabilità pubblica, Cedam, 2010, 240; C. Chiappinelli, La Corte dei conti e I controlli: principi generali e tipologie, in R. Chieppa – R. Giovagnoli, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 563; A. Monorchio – L. G. Mottura, Il sistema dei controlli, in Compendio di Contabilità di Stato, 2021, Cacucci Editore, 443; E. Casetta, L’organizzazione amministrativa, in Manuale di diritto amministrativo, 2006, Milano, 130
[11] Sul punto ci si limita qui a rinviare a M. Cammelli, Amministrazione di risultato, in Annuario dell'Associazione italiana dei professori di diritto amministrativo 2002, Giuffrè, Milano, 2003, 107 s.; G. Corso, Amministrazione di risultato, in Annuario dell'Associazione italiana dei professori di diritto amministrativo, Milano, 2002, 127 s.; M. R. Spasiano, Funzione amministrativa e legalità di risultato, Giappichelli, Torino, 2003; M. Immordino – A. Police (a cura di), Principio di legalità e amministrazione di risultati, Giappichelli, Torino, 2004; S. Cassese, Cosa vuol dire amministrazione di risultati?, in Giorn. dir. amm., 2004, 941 s.; L. Iannotta, Merito discrezionalità e risultato nelle decisioni amministrative (l’arte di amministrare), in Dir. proc. amm., 2005, 1 s.; Id., Principio di legalità e amministrazione di risultato, in Scritti in onore di Elio Casetta, Napoli, 2001, II, 741 s.; A. Romano Tassone, Sulla formula “amministrazione di risultati”, Ibidem, 813 s.; Id, Analisi economica del diritto e amministrazione di risultato, in Annuario dell'Associazione italiana dei professori di diritto amministrativo 2006, Giuffrè, Milano, 2007, 232 s; Generalmente, la gerarchia attribuisce all’organo funzionalmente sovraordinato il potere di controllare l’attività dell’organo subordinato. In questo caso, la funzione di controllo è connaturata alla stessa posizione sovraordinata del controllante, che è ipso iure legittimato ad esercitare i relativi poteri di annullamento, riforma o revoca degli atti del soggetto controllato, oltre ai poteri sanzionatori, avocativi e disciplinari. Quando, invece, i poteri di controllo sono affidati ad un soggetto equiordinato, l’assenza di un rapporto di subordinazione, fa sì che la costituzione dei poteri di controllo debba avvenire per espressa previsione di legge o per apposita convenzione. Quando, infine, controllato e controllore, oltre ad essere equiordinati, sono anche collocati in posizione di reciproca autonomia e indipendenza garantita da norme costituzionali, i poteri di controllo devono trovare fonte nella stessa Costituzione (ad es. Corte dei Conti e Regioni).
[12] C. Chiappinelli, Controllo concomitante ed efficienza dell’amministrazione tra disciplina normativa ed attuazione, in Riv. amministrativa Repubblica italiana, n. 1-2/2021, 5 s. rileva che il richiamo all’art. 21 d.lgs. n. 165/2001 abbia portata generale, integrando una concreta specificazione della fattispecie di responsabilità dirigenziale del “mancato raggiungimento degli obiettivi” o della “inosservanza delle direttive imputabili al dirigente” che “previa contestazione e ferma restando l’eventuale responsabilità disciplinare” comportano “l’impossibilità di rinnovo dello stesso incarico dirigenziale” e in “relazione alla gravità dei casi” la revoca dell’incarico ovvero il recesso dal rapporto di lavoro, previo contraddittorio con l’interessato. Nell'equilibrio tra poteri, la compartecipazione richiamata rende, però, più concreto il rischio che se un potere recede, l'altro possa avanzare indebitamente e occupare, come accade nella teoria dei vasi comunicanti, gli spazi lasciati vuoti. È quanto avviene quando un'amministrazione timorosa di decidere attende le pronunce del Consiglio di Stato o si uniforma alle indicazioni della Corte dei conti per non incorrere in responsabilità; o quando sottopone alle due istituzioni, contrariamente a quanto previsto dalla legge, quesiti specifici, provando a spostare il potere decisionale sulle due magistrature. Ed è quanto accade allorché, per sopperire alla mancanza di competenze tecniche e di expertise e per prevenire la «deriva ministeriale» in governi eterogenei e instabili, si ricorre a consiglieri di Stato e magistrati contabili per svolgere negli uffici di diretta collaborazione del ministro, dall'ufficio di gabinetto, all'ufficio legislativo, incarichi che comportano l'esercizio di funzioni ai confini con quelle politiche, che vanno al di là dei compiti assegnati al Consiglio di Stato e alla Corte dei conti.
In tutti questi casi, la causa è però da rinvenire non in una vis espansiva delle due istituzioni, ma in una intrinseca debolezza delle pubbliche amministrazioni, che dà luogo, su richiesta delle stesse, a indebiti sconfinamenti i quali allora, non possono più leggersi nell'ottica di una compartecipazione tra poteri, ma devono considerarsi patologici.
[13] M. Sciascia, La Corte dei conti organizzazione, funzione, e procedimenti, Giapeto Editore, 2020; M. Sinopoli, Corte dei conti, in Noviss. Dig. It., IV, Torino, 1968; M.S. Giannini, Controllo, nozioni e problemi, in Riv. Trim. dir. pubbl., 1974; A. Monorchio – L. G. Mottura, Il sistema dei controlli, in Compendio di Contabilità di Stato, Cacucci ditore, 2008; R. Chieppa – R. Giovagnoli, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2018; R. Garofoli – G. Ferrari, I controlli, in Manuale di diritto amministrativo, Nel diritto Editore, 2013; V. Tenore, La Nuova Corte dei conti: Responsabilità, pensioni, controlli, Giuffrè, 2023; F. Cortese, Amministrazione e giurisdizione poteri diversi o poteri concorrenti?, in P.A. Persona e amministrazione, 2018, 99 ss. Nel definire tale concetto l'autore spiega come da questo punto di vista, «l'interpretazione del giudice non è altro che la legittima e piena progressione di un progetto normativo che, pur essendovi intermediato, non viene per nulla alterato. Anche l'amministrazione, in definitiva, intermedia il progetto normativo; anch'essa lo fa legittimamente e pienamente. Si conferma che l'amministrazione e la giurisdizione sono compartecipi della realizzazione della volontà normativa: esse concorrono, infatti, nella “concreta attuazione” dei precetti». In chiave di analisi economica del diritto, ad esempio, il parere preventivo del Consiglio di Stato può essere visto come uno fra i possibili meccanismi istituzionali volti a gestire gli equilibri politici di coalizioni eterogenee e poco attrezzate e realizzare cambiamenti di policy significativi. In argomento, interessante la lettura di K. Strøm, W.C. Müller e T. Bergman (a cura di), Cabinets and Coalition Bargaining. The Democratic Life Cycle in Western Europe, Oxford, Oxford University Press, 2010.
[14] Solo per ricordare alcuni limiti discendenti dal diritto euro-unitario basti pensare al Patto di stabilità e crescita del 1997, ai cosiddetti Six Pack e Two Pack, i “pacchetti” di regolamenti e direttive volti a rafforzare il vincolo di bilancio e, conseguentemente, a fornire più incisivi parametri dei controlli finanziari. La grave situazione economica e finanziaria che ha avuto origine nel 2008 e si è tradotta nella cosiddetta crisi dei debiti sovrani del 2011 ha comportato però anche l’adozione di regole, strumenti e limiti di matrice internazionale o, comunque, esterni al diritto dell’Unione: dal cosiddetto patto Europlus al Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’Unione economica e monetaria (cosiddetto Fiscal Compact) al Meccanismo europeo di stabilità (MES).
In tema E. Paparella, Il Fondo monetario internazionale nell’eurozona. La stretta condizionalità e la sovranità condizionata, Jovene, Napoli, 2018. I vincoli di finanza pubblica sono ora oggetto di revisione. La Commissione nell’ottobre del 2022 ha presentato una proposta di riformulazione delle regole di bilancio, che vede il superamento di un insieme di regole valide per tutti gli Stati membri a favore di percorsi di “aggiustamento” per ciascuno con una interlocuzione tra Commissione e governi.
[15] Dalla discussa costituzionalizzazione del principio dell’equilibrio di bilancio è poi seguita una copiosa legislazione, non sempre coerente con la matrice originaria: dalla legge 24 dicembre 2012, n. 243 – la cosiddetta legge rinforzata di attuazione del nuovo art. 81 Cost. – alla riforma della legge di contabilità, la legge 4 agosto 2016, n. 163. In tema A. Carosi, Il controllo di legittimità-regolarità cit., in part. 42, nota 26. Un ruolo cruciale nell’affermare la stessa regola dell’equilibrio è stato svolto anche dalla disciplina sull’armonizzazione, materia sottratta, proprio dalla medesima legge costituzionale, dall’ambito della competenza legislativa concorrente, di cui al terzo comma dell’art. 117, e ricollocata nel novero delle competenze legislative esclusive dello Stato, di cui al secondo comma del medesimo articolo. In particolare, il decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, successivamente modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2014, n. 126, è stato funzionale a garantire la raffrontabilità dei bilanci, il consolidamento dei conti e l’unità economica della Repubblica. La disciplina del decreto legislativo citato è stata molto valorizzata dalla Corte costituzionale per verificare il rispetto della regola dell’equilibrio. Tra le tante, si vedano le sentenze n. 184 del 2016 e n. 274 del 2017. In dottrina ci si limita qui a rinviare a L. Antonini, Armonizzazione contabile e autonomia finanziaria degli enti territoriali, in Rivista Amministrazione in cammino, n. 1/2017 e T. Tessaro, I controlli della Corte dei conti sui bilanci armonizzati degli enti locali e del Servizio Sanitario Nazionale, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2022.
[16] M. De Rosa – B. G. Mattarella, Art. 100 Cost., in Commentario alla Costituzione, a cura di R. Bifulco, A. Celotto e M. Olivetti, II, Torino, 2006; M. Macchia, Voce Ministeri. In Enciclopedia il Diritto. Vol. 9; M. S. Giannini, Relazione, in Aa.Vv., Lo sperpero del pubblico denaro, Milano, 1965; M. Sciascia, La Corte dei conti organizzazione, funzione, e procedimenti, Giapeto Editore, 2020; M. Sinopoli, Corte dei conti, in Noviss. Dig. It., IV, Torino, 1968; M.S. Giannini, Controllo, nozioni e problemi, in Riv. Trim. dir. pubbl., 1974; A. Monorchio – L. G. Mottura, Il sistema dei controlli, in Compendio di Contabilità di Stato, Cacucci Editore, 2008; R. Chieppa – R. Giovagnoli, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2018; R. Garofoli – G. Ferrari, I controlli, in Manuale di diritto amministrativo, Nel diritto Editore, 2013
[17] La problematica – richiamante il più generale tema della impugnabilità del provvedimento davanti al g.a. (su cui G.B. Garrone, Contributo allo studio del provvedimento impugnabile, Milano, Giuffrè, 1990) – presenta non pochi punti di contatto con l’altra, analoga, relativa alla impugnabilità giurisdizionale delle deliberazioni del C.s.m.: in giurisprudenza, si vedano in argomento le fondamentali sentenze di C. cost. 14 maggio 1968, n. 44, in «Giur. cost.», 1968, 672, con note di L. Cuocolo, L. Elia, U. De Siervo, e C. cost. 8 settembre 1995, n. 419, in Foro amm., 1996, 19, con nota di G. Montedoro; in Giur. it., 1996, I, 49, con nota di S. Castellani, in Giur. it., 1997, I, 103, con nota di S. Niccolai. Da ultimo, si veda il parere di Cons. Stato, sez. III, 24 marzo 2009, n. 687/2009, in Foro amm. – CDS, n. 3/2009. In dottrina, M. Midiri, Deliberazioni del C.S.M., giudice amministrativo e bilanciamento dei poteri nell’ordinamento costituzionale, in Riv. trim. dir. pubbl., 1991, 89 ss.; C. Cugurra, Atti del Consiglio superiore della magistratura e sindacato giurisdizionale, in Dir. proc. Amm., 1984, 309 ss.; F.G. Scoca, Atti del consiglio superiore della magistratura e sindacato giurisdizionale, in Dir. proc. Amm., 1987, 6 ss.
Cfr. C cost. 18 novembre 1976, n. 226, in Foro it., 1977, I, 18 e 2115, con nota di S. Labriola, Gli atti con forza di legge e il controllo della Corte dei conti, in Giur. cost., I, 985, 1976, con nota critica di G. Amato, Il Parlamento e le sue Corti, in Giur. it., I, 1025, 1977, con nota di F. Gabriele, La Sezione di controllo della Corte dei conti come giudice a quo e l’obbligo di copertura della spesa nelle leggi di delegazione. Per ulteriori indicazioni, anche bibliografiche, G. Carbone (L. Ventura), Gli organi ausiliari, in Commentario della Costituzione fondato da G. Branca e continuato da A. Pizzorusso, Bologna-Roma, 1994, Gli organi ausiliari. art. 100, pp. 98 ss., nonché G. della Cananea, Indirizzo e controllo della finanza pubblica, Bologna, 1996, 145 ss., sub nota n. 62.
Nella pronuncia n. 226 del 1976, la Corte costituzionale basò la legittimazione a promuovere l’incidente di costituzionalità sulla scorta dell’assimilazione tra funzione di controllo preventivo di legittimità e funzione giurisdizionale, e ciò anche quando vengano sottoposti a controllo decreti legislativi delegati, con esclusione dei decreti-legge per i quali mancano, di regola, norme di legge ordinarie interposte (come le leggi di delega rispetto ai decreti legislativi delegati). Infatti, per quanto non possa qualificarsi come un giudizio in senso stretto, la funzione del procedimento davanti alla sezione di controllo è «sotto molteplici aspetti, analoga alla funzione giurisdizionale, piuttosto che assimilabile a quella amministrativa, risolvendosi nel valutare la conformità degli atti che ne formano oggetto alle norme del diritto oggettivo, ad esclusione di qualsiasi apprezzamento che non sia di ordine strettamente giuridico». Ciò perché il controllo della Corte dei conti è «esterno, rigorosamente neutrale e disinteressato, volto unicamente a garantire la legalità degli atti ad essa sottoposti, e cioè preordinato a tutela del diritto oggettivo, che si differenzia nettamente dai controlli c.d. amministrativi (...)» (C. cost. n. 226 del 1976, cit., 543). Sulla problematica dell’individuazione della corretta nozione di giurisdizione, v. già S. Satta, voce Giurisdizione (nozioni generali), in Enc. Dir., vol. XIX, Milano, 1970, 218 e ss.). Inizialmente, invece, fu la stessa Corte dei conti ad escludere la propria legittimazione a sollevare questione di legittimità costituzionale (C. conti, sez. contr. Stato, 3 maggio 1962, n. 257, in Foro amm., 1963, III, 26), in ciò confortata da una parte della dottrina (si veda ad esempio C. Anelli, Legittimazione della Corte dei conti a promuovere questioni di legittimità costituzionale in sede di registrazione di atti e in sede di parificazione di bilancio, in Foro amm., 1964, II, 63 ss.).
In particolare, secondo A.M. Sandulli, Atti della Corte, cit., 470, si dovrebbe escludere la legittimazione della Corte quale soggetto processuale, dal momento ch’essa «non ha personalità giuridica, non gode di autonomia amministrativa, nessuno degli organi della sua complessa organizzazione ne ha la rappresentanza legale»
[18] Cfr. S. Cassese – C. Franchini (a cura di), Tendenze recenti della riforma amministrativa in Europa, Il Mulino, Bologna, 1989; Y. Mény – V. Wright (a cura di), La riforma amministrativa in Europa, Il Mulino, Bologna, 1994; M. D’Alberti (a cura di), L’alta burocrazia. Studi su Gran Bretagna, Stati Uniti d’America, Spagna, Francia e Italia, Il Mulino, Bologna, 1994; M. De Benedetto (a cura di), Istituzioni, politica e amministrazione. Otto paese europei a confronto, Torino, Giappichelli, 2005; G. Tosatti, La modernizzazione dell’amministrazione italiana 1980-2000, Aracne, Roma, 2012.
[19] Cfr. in tema G. Rivosecchi, L’ausiliarietà in trasformazione: le virtualità multiple della funzione di controllo della Corte dei conti, in C. Caruso – M. Morvillo (a cura di), Il Governo dei numeri. Indicatori economico-finanziari e decisione di bilancio nello Stato costituzionale, Bologna, 2020, 317 s.
[20] La Corte costituzionale (sent. 29 novembre 2017, n. 247) ha precisato che il buon andamento “presuppone anche che al positivo risultato finanziario faccia riscontro una corretta e ottimale erogazione dei servizi e delle prestazioni sociali rese alla collettività. Sotto tale profilo, il miglior rapporto tra equilibrio del bilancio e buon andamento dell’azione amministrativa risiede in un armonico perseguimento delle finalità pubbliche attraverso il minor impiego possibile delle risorse acquisite mediante i contributi e il prelievo fiscale; in sostanza, un ottimale rapporto tra efficienza ed equità”. In tema G. Bottino, Il nuovo articolo 97 della Costituzione, in Riv. trim. dir. pubbl., 2014, 691 s.
[21] V. art. 33 e art. 51 Direttiva 2014/24/UE. L'istituto era già previsto nella Direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004 e ancor prima, per i settori esclusi, nella Direttiva 90/531/CEE del Consiglio, del 17 settembre 1990. Sulla diffusione degli accordi quadro in Europa nell'ambito delle operazioni di partenariato pubblico-privato per la realizzazione e successiva gestione di infrastrutture, si v. già ampiamente A. Massera, Il partenariato pubblico-privato e il diritto europeo degli appalti, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 5, 2005, 1201 ss.; J.-F. Auby, Le cas des contrats de partenariat. Ces nouveaux contrats étaient-ils nécessaires?, in Llorens-Fraysse Françoise. Propos introductifs, 2004, 1095 ss., V.F. Lichère, Les contrats de partnerariat. Fausse nouveauté ou vraie libéralisation dans la commande publique?, in Rev. Dr. Pub. Sc. Pol., 2004, 1547 ss., R. Williams, The New Procurement Directives of the European Union, in Public Procurement Law Review, 2004, 153 ss., S. Arrowsmith, Public Private Partnerships and the European Procurement Rules: EU Policies in Conflict, in Common Market Law Review, 2000, 709 ss.
[22] Denominazione al tempo riconducibile al “task and delivery order” e al “indefinite delivery/indefinite quantity contracts”. Sull'evoluzione delle tipologie dei modelli di acquisto aggregati e sulle relative tipologie contrattuali si rinvia all'analisi di J. B. Kaufman, Cooperative Purchasing: a US Perspective, in G. M. Racca - C. R. Yukins (a cura di), Public contracting and innovation: lessons across borders, in Droit Administratif / Administrative Law Collection, Directed by J.B. Auby.
[23] La normativa sugli appalti pubblici cinese non disciplina puntualmente l'accordo quadro. Tuttavia, il modello è notevolmente impiegato dalle centrali di committenza governative per gli acquisti a carattere ripetitivo e standardizzato. V. K. Ren, The use and regulation of framework agreements under the Chinese Government procurement system, in Public Procurement Law Review, 2, 2019, 42-58. Gli accordi quadro sono diffusi in Etiopia, Uganda, Tanzania, Malawi, Rwanda, Burkina Faso, Mali, Niger, Senegal. È possibile rinviare a T. Hagos Bahta, Framework procurement contracts in the Ethiopian public procurement law, in Public Procurement Law Review, 2, 2016, 35-50.
[24] Secondo P. Arden, Regulation of multi-provider framework agreements and the potential for bid rigging: a perspective from the UK local government construction sector, 2013, 5, 165-182, per evitare l'instaurazione di un mercato oligopolistico tra gli operatori economici parte di un accordo quadro occorre incentivare la creazione di asimmetrie informative tra concorrenti e stazione appaltante e tra operatori medesimi o differenziare la scelta dei criteri di svolgimento dell'interpello competitivo a seguito della chiusura della gara (scelta a cascata, riapertura di una gara secondaria tra gli operatori in graduatoria, criterio della rotazione) in modo da creare un ambiente “instabile” e non prevedibile dal punto di vista dei concorrenti. Cfr. anche C. Nicholas, Legislative Comment: A critical evaluation of the revised UNCITRAL Model Law provisions on regulating framework agreements, in Public Procurement Law Review, 2012, 2, 19-46; A. Sanchez Graells, Public Procurement and the EU Competition Rules, Oxford: Hart, 2011, 56-73.
[25] Nel contesto internazionale, con definizione che richiama quella delle Direttive europee, l'UNCITRAL Model Law enuclea le due fasi degli accordi quadro: Art. 2, lett. e), UNCITRAL Model Law on Public Procurement, 2011: “la procedura di accordo quadro presenta due fasi - una prima fase di selezione del fornitore (o dei fornitori) [...] che sia parte (o siano parti) dell'accordo quadro con il soggetto appaltante, e una seconda fase di aggiudicazione del contratto d'appalto al fornitore [...] parte dell'accordo quadro”.
[26] L'estrema varietà di modelli di accordi e convenzioni quadro esistenti non agevola il giudice europeo nell'opera di ricostruzione tassonomica di tale strumento, con risultati spesso di segno opposto. Cfr. la causa Dr. Falk Pharma GmbH c. DAK-Gesundheit (C.G.U.E., sentenza del 2 giugno 2016, Dr. Falk Pharma GmbH/DAK-Gesundheit, C-410/14, ECLI:EU:C:2016:399) e la causa Tirkkonen cc. Maaseutuvirasto (C.G.U.E., sentenza del 1 marzo 2018, Tirkkonen/Maaseutuvirasto, C‑9/17).
[27] Cons. Stato, sez. III, 6 marzo 2018, n. 1455; TAR Latina, sez. I, 26 maggio 2018 n. 284, per cui l'accordo quadro definisce il perimetro generale delle obbligazioni contrattuali che sono poi destinate ad essere specificate in una successiva fase, mediante l'attivazione di specifici contratti di appalto. TAR Napoli, sez. I, 13 settembre 2016, n. 4264, in giustizia-amministrativa.it che definisce l'accordo quadro come modello negoziale riconducibile, lato sensu, agli schemi del contratto normativo e del contratto preliminare e si sostanzia in un accordo con efficacia limitata nel tempo.
[28] Art. 54, co. 6, D. Lgs. n. 150 del 2016, cit. Cfr. C. R. Hamer, Regular purchases and aggregated procurement: the changes in the new Public Procurement Directive regarding framework agreements, dynamic purchasing systems and central purchasing bodies, in Public Procurement Law Review, 2014, 4, 201-210.
[29] Nel settore sanitario è da ricordare l'introduzione, da parte dell'art. 1, comma 407, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017), del comma 11-quater all'art. 15 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (convertito in legge n. 135/2012), per cui le procedure pubbliche di acquisto dei farmaci biologici a brevetto scaduto e per i quali siano presenti sul mercato i relativi farmaci biosimilari debbano svolgersi mediante utilizzo di accordi quadro con tutti gli operatori economici (quando siano presenti nel mercato in numero superiore a tre). I pazienti debbono essere trattati con uno dei primi tre farmaci in graduatoria dell'accordo quadro, ferma restando la libertà del medico di prescrivere anche un medicinale diverso al fine di garantire la continuità terapeutica. Sulla legittimità delle procedure di gara con previsione di accordi quadro con lotto unico per il farmaco a brevetto scaduto (cd. “originator”) e quello biosimilare aventi il medesimo principio attivo v. TAR Trento, 23 maggio 2017, n. 178 e TAR Roma, 24 aprile 2018, n. 4553. Sul tema v. anche il Secondo Position Paper sui farmaci biosimilari pubblicato dall'Agenzia Nazionale del Farmaco (Aifa) l'11 aprile 2018, in agenziafarmaco.gov.it. Cfr. Cons. Stato, sez. III 23, novembre 2011, n. 6181
[30] Cons. Stato, sez. III, 26 febbraio 2019 n. 1329 afferma che dall'assenza di siffatti obblighi non deriva neppure un'aspettativa allo svolgimento delle prestazioni oggetto della convenzione quadro, la cui disciplina operativa risulta rimessa a successivi accordi attuativi.
[31] Si veda anche TAR Brescia, 17 ottobre 2016, n. 1369 secondo cui “l'accordo quadro risponde all'esigenza della stazione appaltante di non obbligarsi fin da principio alla realizzazione completa del programma negoziale, riservandosi di valutare discrezionalmente se procedere alla stipula dei successivi affidamenti in base alle disponibilità finanziarie ed alle concrete esigenze di servizio”.
[32] Ed è proprio l'esigenza di tutelare la concorrenza che esclude la possibilità di integrazione dell'offerta iniziale sicché gli ordini sono ricompresi entro i limiti definiti nell'accordo quadro in relazione all'oggetto del contratto sia in relazione alle quantità. Cfr. M. Clarich, Contratti pubblici e concorrenza, cit.; cfr. A. Massera, Lo Stato che contratta e che si accorda, Vicende della negoziazione con le PP.AA., tra concorrenza per il mercato e collaborazione con il potere, cit., 35 ss.
[33] Su cui si può vedere Consip, Quaderni Consip, 2007, IV, Riflessioni sull'impatto economico degli istituti innovativi del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, 27 ss.
[34] Sul principio di rotazione cfr. A.N.AC., Linee guida n. 4, di attuazione del Decreto Legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (“Procedure per l'affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici”), approvate con la delibera n. 1097 del 26 ottobre 2016, in particolare il punto 3.6 ss.
[35] Sicché, a titolo esemplificativo, l'ordine di acquisto individuale dovrebbe basarsi su particolari tempistiche di consegna, regole di fatturazione o modalità di pagamento, esigenze di sicurezza, spese accessorie, particolari servizi connessi o rapporti qualità prezzo, eventuali formule di prezzo o termini speciali.
[36] La possibilità di impiegare entrambe le soluzioni — riapertura o meno della gara — va esplicitata nella lex specialis, per evitare interpretazioni contraddittorie e ambivalenti per i partecipanti e per la stessa stazione appaltante. In una prospettiva comparatista, sulla legittimità degli accordi quadro cd. misti, v. il caso inglese Medicure Ltd v. The Minister for the Cabinet Office (High Court of Justice of the United Kingdom, Queen's Bench Division, Technology and Construction Court, 29 June 2015, Medicure Ltd v. The Minister for the Cabinet Office [2015] EWHC 1854); C. R. Hamer, Regular purchases and aggregated procurement: the changes in the new Public Procurement Directive regarding framework agreements, dynamic purchasing systems and central purchasing bodies, in Public Procurement Law Review, 2014, 4, 201-210, per cui questa scelta garantisce flessibilità specie in presenza di amministrazioni aggiudicatrici con esigenze eterogenee
[37] G. M. Racca – S. Ponzio, La scelta del contraente come funzione pubblica: i modelli organizzativi per l’aggregazione dei contratti pubblici, in Diritto Amministrativo, 2019, 33 ss.; vedasi anche § 60 e l'art. 33, co. 2, Direttiva 24/2014. Cfr. TAR Firenze, sez. III, 5 luglio 2017, n. 907, che precisa che: “La analogia fra accordo quadro e contratto estensibile si stempera tuttavia con riguardo al profilo della flessibilità poiché se può configurarsi un contratto normativo “incompleto”, che contenga, cioè, solo alcune delle clausole che andranno ad inserirsi nei futuri contratti esecutivi, il contratto estensibile, in quanto negozio immediatamente operativo contenente in sé un concreto regolamento dei reciproci interessi, non necessita di alcun completamento, potendo, invece, essere solo “riprodotto” (in quanto avente “oggetto multiplo”) a favore della nuova amministrazione che vi aderisca”.
[38] Sulla necessaria trasparenza nella procedura di aggiudicazione di un accordo quadro v. TAR Milano, sez. IV, 12 febbraio 2016 n. 303; cfr. C.G.U.E., sentenza del 17 dicembre 2015, UNIS e Beaudout Père et Fils, C-25/14 e C-26/14.
[39] C.G.U.E., sez. VIII, 19 dicembre 2018, n. 216, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato - Antitrust e Coopservice Soc. coop. contro Azienda Socio-Sanitaria Territoriale della Vallecamonica - Sebino (ASST) e a., causa C-216/17. Sul binomio trasparenza - concorrenza v. anche C.G.U.E., sentenza del 13 luglio 2017, Ingsteel e Metrostav, C-76/16. Cons. St. sez. VI, ordinanza 11 aprile 2017, n. 1690.
[40] È il caso del progetto HAPPI (Healthy Ageing Public Procurement of Innovations, http://www.happi-project.eu/), finanziato dalla Commissione europea (rif. Call “Supporting Public Procurement of Innovative Solutions: Networking And Financing Procurement” ENT/CIP/11/C/N02C011) che rappresenta una prima concreta esperienza di appalto pubblico congiunto innovativo a livello europeo nel settore dell'invecchiamento attivo e in buona salute, la cui elaborazione è stata sviluppata da un consorzio di partner europei composto da organizzazioni pubbliche di acquisto (centrali di committenza: Réseau des Acheteurs Hospitaliers d'Ile-de-France - Resah - IDF - Francia; MercurHosp - Mutualisation Hospitalière - Belgio; Società di Committenza Regionale Piemonte - SCR Piemonte - Italia; Fédération des Hôpitaux Luxembourgeois - Lussemburgo; NHS Commercial Solutions - Regno Unito), esperti nel settore dell'innovazione e degli appalti pubblici (BPIFRANCE - Francia; BITECIC Ltd - Regno Unito; ICLEI - Germania) e istituzioni accademiche (Ecole des Hautes Etudes en Santé Publique - Francia; Università degli Studi di Torino - Italia).
[41] R. Cavallo Perin - G. M. Racca, La cooperazione amministrativa europea nei contratti e servizi pubblici, 2016, cit., 1457-1493.
[42] Cfr. ex multis Sez. contr. reg. Puglia n. 94/2021/Prev e Sez. contr. reg. Emilia-Romagna n. 97/2020/Prev; G.C. De Martin, Disciplina dei controlli e principi di buon andamento, in I controlli sulle autonomie nel nuovo quadro istituzionale, Milano, 2007, 209
[43] Sul punto v. Sez. contr. reg. Campania, 6 giugno 2018, n. 77
[44] E. Casetta, L’organizzazione amministrativa, in Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè editore,
Milano 2006; F. Caringella, I controlli amministrativi, in Manuale di diritto amministrativo, Dike Giuridica, 2012; F. Forte, Il bilancio nell’economia pubblica, tomo I, Giuffrè, Milano,1985; F. Staderini, La Corte dei conti e gli enti locali, in Quaderni regionali, n. 1/06; F. Staderini, La Corte dei conti, in Valori e principi del regime repubblicano. Legalità e garanzie, a cura di S. Labriola, Bari-Roma, 2006; F.G Scoca, Diritto amministrativo, Torino, 2008
[45] Cfr. Cass. n. 14376/2007
[46] Cons. Stato, sez. IV, 19 giugno 1903, cit., 179. Opinione opposta fu espressa da F. Cammeo, La competenza della IV sezione sugli atti amministrativi, cit., part. 218. Dopo aver rilevato, in polemica con il concetto di controllo della Corte quale controllo parlamentare delegato dalle Camere, che «il controllo della corte non surroga il controllo parlamentare, ma coesiste con esso», tutt’al più stimolandolo, conclude – attraverso diverse argomentazioni – nel senso che la Corte dei conti rivestirebbe la qualità di organo amministrativo. Infatti, «se può dirsi che il controllo rivolto a mantenere l’osservanza della legge o del bilancio, come il controllo preventivo di legittimità e di finanza della corte dei conti e il controllo posteriore sul consuntivo, ha scopo legislativo, ciò non significa che sia atto di funzione legislativa» (op. ult. cit., 207); né tantomeno il riferire al Parlamento dei propri riscontri proverebbe, sempre secondo il Cammeo, la natura parlamentare della Corte, giacché «l’essere responsabili verso il parlamento nulla prova a favore del carattere legislativo di un organo, giacché i ministri sono responsabili rispetto ad esso in via politica e penale, e sono organi amministrativi.
Come ricordato da P. Fava, I controlli: teoria generale e tecniche di impugnazione, cit., 224 ss., qui 262, sub nota n. 177, la tesi della richiamata decisione del Consiglio di Stato, IV sez., 19 giugno 1903, e contestata dal Cammeo, si rifà implicitamente al pensiero di Vittorio Emanuele Orlando che nei Principi di diritto costituzionale, Barbera, Firenze, 1889, 143, n. 220, già aveva rilevato il ruolo costituzionale della Corte dei conti che trarrebbe «la propria autorità da una vera delegazione di poteri da parte del Parlamento, che il bilancio esercitato dall’amministrazione corrisponda rigorosamente a quello approvato dalle Camere». Anche nei Principi di diritto amministrativo, Barbera, Firenze, 1891, 82 ss., il Maestro osservava che «di alta importanza è poi il carattere costituzionale che la Corte dei conti riveste e per cui essa rientra nell’orbita del potere legislativo assicurando, in virtù di una delegazione del Parlamento, che il bilancio esercitato dall’amministrazione corrisponda rigorosamente a quello approvato dalle Camere»; tesi, questa dell’Orlando, largamente seguita anche nei lavori preparatori della Assemblea costituente
[47] Secondo E. Balboni, Le riforme della pubblica amministrazione nel periodo costituente e nella prima legislatura, in U. De Siervo (a cura di), Scelte della costituente e cultura giuridica, Il Mulino, Bologna, 1980, II, 242 s., fu un errore di valutazione del costituente l’aver avuto “fiducia in una delega da affidare in bianco al legislatore ordinario, confidando nella sua volontà politica e nella scelta dei tempi da esso ritenuti opportuni per l’attuazione della Costituzione”. Sull’iniziale inattuazione di molte delle previsioni costituzionali cfr., per tutti, L. Paladin, Per una storia costituzionale dell’Italia repubblicana, Il Mulino, Bologna, 2004, 73 s.; Come è noto, il riferimento al “buon andamento” di cui all’art. 97 Cost. è stato inizialmente dalla dottrina letto in termini di non giuridicità e sostanzialmente coincidente con le regole di buona amministrazione cfr. R. Lucifredi, La nuova costituzione italiana raffrontata con lo Statuto Albertino e vista nel primo triennio della sua applicazione, Giuffrè, Milano, 1952, 248. Solo successivamente gli è stato riconosciuto valore precettivo come dovere di efficienza cfr. M. Nigro, Studi sulla funzione organizzatrice della pubblica amministrazione, Giuffrè, Milano, 1966; G. Pastori, La burocrazia, CEDAM, Padova, 1967; G. Berti, La pubblica amministrazione come organizzazione, CEDAM, Padova, 1968; A. Andreani, Il principio costituzionale di buon andamento, CEDAM, 1979.
[48] M.S. Giannini, Controllo, nozioni e problemi, in Riv. Trim. dir. pubbl., 1974.
[49] G. Berti – L. Tumiati, Voce controllo (controlli amministrativi), in Enciclopedia del diritto, Vol. X, Milano, 1962, pag. 298
[50] Sempre in via preliminare, si osserva, inoltre, che l’art. 35 del codice dei contratti pubblici, ai fini del calcolo del valore stimato di un appalto, prevede al comma 4 che si tenga conto del valore di eventuali opzioni o rinnovi del contratto stabiliti esplicitamente nei documenti di gara e, ai successivi cc. 9 e 10, che occorre prendere in considerazione, in ipotesi di appalti aggiudicati per lotti distinti, il valore complessivo stimato della totalità dei lotti.
[51] F. Caringella – G. Ferrari, i controlli, in Manuale di diritto amministrativo, Nel Diritto Editore, 2021 pag. 1171 e ss.
[52] Le aperture della giurisprudenza costituzionale fatte alla Corte dei conti in termini di riconoscimento della qualità di giudice a quo nel giudizio di costituzionalità sono state criticabilmente negate, invece, al Consiglio di Stato ove renda parere consultivo obbligatorio nell’ambito del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica: sulla vicenda, sia consentito rinviare a La funzione consultiva e la proponibilità dell’incidente di costituzionalità: la Corte costituzionale si pronuncia sulla natura del ricorso straordinario (nota a Corte cost. 21 luglio 2004 n. 254), in Foro amm., 2004, 2461 ss., ed a La funzione consultiva come attività (para)giurisdizionale: questione di costituzionalità deferibile anche nel ricorso straordinario al Capo dello Stato, in Foro amm. 2003, 3874 ss. (nota a Cons. Stato, sez. II, 26 marzo 2003 n. 1898/2002 e Cons. Stato, sez. II, 27 marzo 2002 n. 534/2001), entrambe pubblicate pure in www.giustizia-amministrativa.it.
La situazione è cambiata radicalmente nel senso da noi auspicato negli scritti or ora citati all’indomani dell’approvazione della legge 18 giugno 2009, n. 69 recante «Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile»; questa riconosce al ricorso straordinario una natura giuridica sostanzialmente giurisdizionale, come si desume dall’art. 69, c. 1, che – modificando l’art. 13, primo c., alinea, del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199 – consente alla sezione consultiva di sollevare questione di legittimità costituzionale nell’ambito del procedimento finalizzato alla formulazione del prescritto parere, alla stessa stregua di qualsiasi organo giurisdizionale.
L’attualità del dibattito sulla natura giuridica del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica è testimoniata altresì dai dissensi in giurisprudenza, anche del Consiglio di Stato, intorno all’ammissibilità del giudizio di ottemperanza per l’esecuzione dei decreti decisori del Presidente della Repubblica, ottemperanza ammessa, da ultimo, in contrasto con i precedenti del Consiglio di Stato, da Cons. giust. amm. Reg. sic., 9 dicembre 2008, n. 971, in Foro amm. – CDS, 2008, 3468
[53] Su amministrazione e Costituzione ci si limita qui a rinviare tra i primi contributi a A. Bozzi, I profili costituzionali della riforma della pubblica amministrazione, in Riv. amm., 1950, 529 s.; M. Ruini, La pubblica amministrazione nella Costituzione, in Corr. amm., 1952, 174 s.; C. Esposito, Riforma dell’amministrazione e diritti costituzionali dei cittadini, in La Costituzione italiana, CEDAM, Padova, 1954, 245 s.; C. Lessona, La posizione costituzionale della pubblica amministrazione, in Probl. pubbl. amm., I, 1958, 137 s. L’interesse della dottrina sul tema è divenuto più vivo a partire dagli anni Sessanta, ci si limita qui a rinviare a L. Elia, Problemi costituzionali dell’amministrazione centrale, Giuffrè, Milano, 1966; A.M. Sandulli, Governo e amministrazione, in Riv. trim. dir. pubbl., 1966, 737 s.; M.S. Giannini, Parlamento e amministrazione, Giuffrè, Milano, 2004, 833 s.; Id., L’ordinamento dei pubblici uffici e la Costituzione, 1979, in Scritti, VII, 1977-1983 cit., 278 s.; V. Bachelet, Profili giuridici dell’organizzazione, 1965, in Scritti giuridici, Giuffrè, Milano, 1981, I, 1 s.; V. Ottaviano, Poteri dell’amministrazione, 1964, in Scritti giuridici, Giuffrè, Milano, 1992, I, 12 s.; S. Raimondi, La questione amministrativa cit., specialmente cap. I, 7 s.; A. Andreani, Il principio costituzionale di buon andamento della pubblica amministrazione, CEDAM, Padova, 1979; M. Nigro, La pubblica amministrazione fra costituzione formale e costituzione materiale 1985, in Scritti giuridici, Giuffrè, Milano, 1996, III, 1843 s.; S. Raimondi, La questione amministrativa cit., specialmente cap. I, 7 s.; U. Allegretti, Amministrazione e costituzione, CEDAM, Padova, 1996; Id., L’amministrazione dall’attuazione della costituzione alla democrazia partecipativa, Giuffrè, Milano, 2009; S. Cassese, Le basi costituzionali, in Trattato di diritto amministrativo, S. Cassese (a cura di), Diritto amministrativo generale, II ed., Giuffrè, Milano, 2003, I, 173 s.; G. Sciullo, L’organizzazione amministrativa, Giappichelli, Torino, 2014, 37 s.
[54] A. Monorchio - L.G. Mottura, Compendio di contabilità di Stato, Cacucci editore, Bari 2008, pag. 444; Cfr. R. Garofoli – G. Ferrari, I controlli, in Manuale di diritto amministrativo, 2021, Nel diritto Editore, 1227
[55] Cfr. E. Brandolini, V. Zambardi, La contabilità pubblica, Cedam, Padova 2019, 332 e ss.
[56] Sui controlli amministrativi in generale , si vedano S. Cassese (a cura di), I controlli nella pubblica amministrazione, Bologna, Il Mulino, 1993; Banca d’Italia (a cura di), Nuovo sistema dei controlli sulla spesa pubblica (atti del convegno di studi di Perugia, 9-10 giugno 1994), Roma, Banca d’Italia, 1995; Id., I controlli delle gestioni pubbliche (atti del convegno di studi di Perugia, 2-3 dicembre 1999), Roma, Banca d’Italia, 1999; U. Allegretti (a cura di), I controlli amministrativi, Bologna, Il Mulino, 1995; F. Garri, I controlli nell’ordinamento italiano, Milano, Giuffrè, 1998; F. Battini, Il controllo gestionale in Italia, in Riv. trim. dir, pubbl., 1998, 447 ss.; G. Berti e N. Marzona, voce Controlli amministrativi, in Enc. Dir., Milano, Giuffrè, 1999, Aggiorn., vol. III, 457 ss. Più di recente, tra gli altri, F. Battini, La funzione di controllo e l’etica della trasparenza, in Giorn. Dir. Amm., n. 3/2009, 321 ss. Più scarsi e datati sono i contributi dottrinali in cui si affrontano profili di diritto comparato.
Tra i pochi, si ricordano la monografia di T. Parenzan, Profili del sistema dei controlli esterni sulla pubblica amministrazione con riferimenti di diritto comparato, Milano, Giuffré, 1983 e gli Atti del convegno organizzato dal Seminario permanente sui controlli, I controlli sulle autonomie territoriali nei paesi dell’Unione europea. La prospettiva italiana, Roma, Corte dei conti, 13 luglio 2000, nonché i saggi di M. Carducci, Il modello tedesco dei controlli parlamentari, in Giur. cost., 1992, 3877 ss.; G. De Seta, I controlli contabili negli enti locali in Germania, in Riv. Corte conti, 1992, pp. 225 ss.; Id., I controlli sugli enti locali in Germania, in Amministrare, 1992, 71 ss.; M. Iacometti, Le relaciones interadministrativas: i controlli sugli enti locali in Spagna, in Amministrare, 1992, 81 ss.; G. Ladu, I controlli sugli enti locali in Gran Bretagna, ivi, 1992, 55 ss.; F. Staderini, I controlli sugli enti locali in Francia: tra tribunali amministrativi e corpo prefettizio, ivi, 1992, 31 ss.
[57] Al riguardo deve però evidenziarsi che il codice dei contratti pubblici già in alcuni casi fa riferimento non all’importo contrattuale ma a quello relativo all’intera operazione contrattuale. Il riferimento è alle ipotesi di opzioni o rinnovi stabiliti esplicitamente nei documenti di gara (art. 35, c. 4) calcolati all’interno della soglia o all’ipotesi di appalti aggiudicati per lotti distinti (art. 35, cc. 9 e 10) ove è previsto che si prenda in considerazione il valore complessivo stimato della totalità dei lotti. In ogni caso, il riferimento all’importo del contratto, anziché a quello a base d’asta, porterebbe ad un’ingiustificata asimmetria dei valori di riferimento per l’individuazione della procedura di scelta del contraente da seguire (valore stimato dell’appalto) e delle forme di controllo cui assoggettare l’atto (valore del contratto). Una siffatta interpretazione fornirebbe, poi, all’appaltatore indirettamente un agevole strumento per sottrarre al controllo della Corte dei conti l’intera procedura in funzione dell’offerta praticata, quando l’intento del legislatore appare essere quello di assicurare il rispetto del principio della concorrenza in ogni caso vi sia una procedura di appalto d’opera di rilevanza comunitaria.
[58] G. Roerhssen, Conflitti tra la Corte dei conti in sede di controllo ed il Consiglio di Stato, in Foro amm., 1939, IV, 37 ss., part. 39 ss.
In particolare, secondo il Roehrssen, il carattere costituzionale dell’attività di controllo potrebbe farsi discendere: 1) dallo «scopo del controllo che, investendo il potere esecutivo nella sua interezza, è inteso a mantenerlo nei limiti della legalità ed a preparare e agevolare la funzione ispettiva politica del Parlamento», specialmente ove si eserciti sulla gestione del bilancio (G. Roehrssen, Conflitti tra la Corte dei Conti, cit., 40, corsivi miei); 2) dalla sottoposizione al controllo di tutti gli atti governativi, ivi inclusi i decreti-legge e legislativi, i regolamenti, ciò «che mal si concilierebbe ove la Corte fosse organo amministrativo e per ciò stesso dovrebbe sempre essere in certo modo subordinata al Re quale capo del cosiddetto potere esecutivo»; in particolare, la sottoposizione al controllo anche degli atti normativi, primari e secondari, lascia propendere – per l’illustre Autore – per una sorta di condivisione del medesimo potere legislativo spettante al Parlamento, visto che ad essere sottoposti all’esame della Corte sono «quegli atti con i quali il Governo esercita funzioni spettanti in principio al potere legislativo» (G. Roehrssen, op. loc. ult. cit.); 3) dalla «dipendenza non gerarchica però dal Capo del Governo, organo costituzionale dello Stato (...)»; 4) dalla disciplina normativa dell’Istituto, apprestata con legge di carattere costituzionale (riferendosi alla legge n. 255 del 1933), finanche in regime di Costituzione flessibile (G. Roehrssen riferisce anche l’opinione di V.E. Orlando, Principi di diritto costituzionale, cit., 50-51, per il quale la legge regolatrice della Corte dei conti doveva essere ricompresa tra le principali leggi di ordine costituzionale anche sotto la vigenza dello Statuto albertino), che ben poteva esser flessa da una legge di rango primario e non costituzionale.
La tesi della natura costituzionale del rapporto di controllo che s’instaura viene rigettata in dottrina dal Sandulli. Secondo l’illustre Autore, l’opinione – definita «di remota origine» – non può essere accolta dal momento che il carattere costituzionale può essere riconosciuto soltanto agli organi partecipi del potere politico i quali superiorem non recognoscentes, «mentre la Corte dei conti nell’esercizio delle funzioni di controllo può esser considerata soltanto come un potere dello Stato, ai sensi e per gli effetti dell’art. 134 Cost.». A.M. Sandulli, La Corte dei conti nella prospettiva costituzionale, in Aa.Vv., Scritti in onore di Egidio Tosato, vol. III, Milano, Giuffrè, 1984, 469, ora in A.M. Sandulli, Scritti giuridici, Vol. I, Napoli, Jovene, 1990, 309, 486. Per l’Autore, proprio in considerazione della funzione di garanzia svolta dall’istituto della registrazione del visto con riserva, dovrebbe ritenersi costituzionalmente illegittimo il rifiuto di registrazione assoluto previsto dall’art. 25 T.U. Corte dei conti, e che prevede l’annullamento automatico del provvedimento amministrativo non ammesso a registrazione.
Sul piano processuale della tutela delle posizioni giuridiche dei terzi, «stante la non giustiziabilità delle pronunce della Corte (fuori che nella sede della giustizia costituzionale, che è preclusa ai singoli), l’impossibilità, per l’Amministrazione, di dare esecuzione ai propri provvedimenti ai quali sia stato negato il visto (...) può comportare una lesione, assolutamente non giustiziabile, di posizioni giuridiche soggettive. E tale non giustiziabilità è in insuperabile contrasto con gli artt. 24 e 113 Cost.». Insiste parimenti sulla rottura degli equilibri che si sostanziano tra Corte dei conti, Governo e Parlamento, G. Carbone, Gli organi ausiliari. art. 100, cit., 96, secondo cui il rifiuto assoluto di registrazione «rompe lo schema di relazione ausiliare e di funzione resa a garanzia e non in contrapposizione degli organi principali ausiliati.
Con il rifiuto assoluto la Corte si contrappone al Governo e interrompe (ovvero pretermette) la sua relazione ausiliare con il Parlamento», divenendo titolare di poteri negativi-impeditivi che normalmente non si accompagnano al rifiuto (semplice) di registrazione con riserva, sostanziandosi quest’ultimo non nell’esercizio di poteri negativi-repressivi ma di ausilio dei poteri parlamentari.
Sul problema della natura giuridica del visto di legittimità della Corte e dei suoi pretesi effetti impeditivi sugli atti amministrativi sottoposti a controllo, non può non citarsi la qualificata opinione di G. Cereti, in AA.VV., Studi in occasione del primo centenario della Corte dei conti nell’unità d’Italia, Milano, Giuffrè, 1963, 87, che difformemente dalla communis opinio, ha sapientemente definito il visto con riserva come «autorevole invito alla riflessione», impostazione, questa, ripresa successivamente anche da F. Trimarchi Banfi, Il controllo di legittimità, Padova, Cedam, 1984, che inquadra il rifiuto di visto nella tipologia del «controllo mediante richiesta di riesame», 177, con finalità di «autocontrollo», p. 183, così confermando la riconducibilità delle funzioni di controllo della Corte nell’originario ruolo di ausilio alle Camere, destinatarie delle segnalazioni della Corte.