Temi e Dibattiti

Il principio del risultato nel codice dei contratti pubblici: un cambio di paradigma.
Di Luigi Martini
Il principio del risultato nel codice dei contratti pubblici: un cambio di paradigma.
Di Luigi Martini[1]
Abstract
L’articolo intende esaminare il principio del risultato, introdotto dal D.lgs. n. 36 del 2023. A tal fine è stato necessario qualificare la natura giuridica del detto principio alla luce della sistematica dei principi del diritto.
Il principio del risultato è stato analizzato sotto i profili dell’innovatività, del rapporto con gli altri valori della disciplina e, in particolare, con il principio di legalità.
In conclusione, è stata ricondotta una ricognizione sulla effettiva applicazione da parte della giurisprudenza del principio del risultato nel primo anno di vigenza del codice.
The article aims to examine the principle of result, introduced by Legislative Decree n. 36 of 2023. It was necessary to define the nature of this principle in perspective of the systematic framework of legal principles.
The principle of result has been analyzed in terms of its innovativeness, its relationship with other values of the legal framework, and, in particular, its connection with the principle of legality.
In conclusion, a review was conducted on the actual application of the principle of result by case law during the first year of the code's validity.
Sommario: 1. In generale sui principi del nuovo codice; - 2. Innovatività del principio del risultato; - 3. Cambio di paradigma tra risultato e concorrenza; - 4. Valore del risultato; - 5. Risultato e legalità; - 6. Il principio del risultato nel sindacato del giudice amministrativo; - 7. Conclusioni.
- In generale sui principi del nuovo codice
L’orizzonte del sistema dei contratti pubblici è oggi rappresentato dal d.lgs. n. 36 del 2023. Il codice ha cercato di dare risposta a una duplice emergenza: la prima è quella di rinnovare il sistema della contrattualistica pubblica percepito come lento, inefficace e incapace di realizzare al meglio i programmi di investimento nell’interesse generale. La seconda emergenza che il legislatore ha affrontato è stata quella della pandemia da Covid-19. Infatti, l’urgenza di implementare il PNRR ha promosso il rapido sviluppo del nuovo codice.
Tra i profili più esaminati del nuovo codice dei contratti pubblici vi è il passaggio da un paradigma proconcorrenziale a un approccio c.d. “neo-contabilista”. Tale intento emerge con chiarezza nella centralità riservata dal legislatore al nuovo principio del risultato. Invero, nel porre al centro del nuovo codice il principio del risultato il legislatore ha voluto colpire “la logica della sfiducia” tra pubbliche amministrazioni e le forme di burocrazia difensiva.
I primi commentatori hanno avuto modo di sottolineare come la principale novità del codice sia la codificazione dei principi e la loro gerarchizzazione[2]. È possibile affermare che nelle intenzioni del legislatore la codificazione dei principi del codice dei contratti pubblici dovrebbe fungere da “faro nella nebbia”[3] in modo tale da completare l’ordinamento «dettando la regola per situazioni non espressamente disciplinate»[4].
In altre parole, il legislatore ha cercato di fissare una direzione da perseguire nello sforzo di dare al sistema dei contratti pubblici una spinta verso la realizzazione degli interessi collettivi.
Preliminarmente all’esame dei principi del nuovo codice sembra opportuno introdurre, senza alcuna pretesa di esaustività, dei minimi riferimenti al dibattuto tema della natura dei principi[5].
Secondo una fondamentale ricostruzione i principi non sono sinonimo di regole né di norma generali, ma costituiscono autonoma categoria. In tal senso non bisogna confondere la funzione normativa dei principi, che porterebbe a confonderli con le norme e le regole, con la loro matrice, che è dottrinale e giurisprudenziale.
Da questo comune assunto diramano due diverse visioni circa la natura dei principi generali. Secondo la tesi del BETTI, i principi sono valori inespressi dell’ordinamento. Il loro valore è programmatico e interpretativo delle norme particolari, differenziandosi rispetto a queste per una «eccedenza di contenuto deontologico»[6]. I principi sarebbero, secondo tale lettura, degli enunciati immanenti nell’ordinamento e inespressi che dispongono di un contenuto assiologico che deve essere assunto dagli operatori per l’applicazione del sistema di diritto.
In opposizione alla tesi da ultimo riportata, il CRISAFULLI ritiene che «i principi siano norme» risultanti da successive generalizzazioni di norme particolari[7]. Sicché l’interprete deve estrapolare da norme particolari una norma generale valevole per una molteplicità di fattispecie sussumibili sotto la medesima categoria.
L’apparente conflitto è stato risolto nel senso sebbene i principi, in senso stretto, abbiano un contenuto valoriale, devono ritenersi principi, in senso ampio, tutti gli enunciati normativi che indicano una direzione d’azione[8]. Può affermarsi allora come il contenuto valoriale proprio dei principi “vada oltre” l’enunciato normativo sintetico-astratto proprio delle regole generali. Allora ben si può comprendere come i principi siano in grado di riordinare e rinnovare l’applicazione delle regole mediante l’interpretazione.
Il tema dei principi si risolve nel «ruolo dell’interpretazione, del suo carattere creativo e dei limiti che l’ordinamento prevede»[9]. Infatti, l’ampio uso dei principi in funzione interpretativa impone un sindacato di coerenza delle diverse soluzioni giuridiche particolari. L’interpretazione per principi richiede l’esplicitazione di un giudizio di valore tale da attribuire alle soluzioni giuridiche elaborate una coerenza assiologica. In questo senso i principi sono norme sovraordinate che determinano l’invalidità di norme sotto-ordinate se in collisione con gli stessi e ne impongono una interpretazione conforme, ma nel contempo i principi si possono attuare solo mediante le norme di rango inferiore da cui sono, per certi versi, dipendenti[10].
Attraverso il processo ermeneutico i principi, oltre a colmare le lacune di senso delle altre regole ai sensi dell’art. 12 preleggi, hanno la precipua funzione di governare le dinamiche dell’ordinamento. Così i principi condizionano l’applicazione delle regole di diritto positivo e assurgono a parametro di legalità per l’applicazione delle altre norme del sistema di diritto, o della materia se si tratta di principi particolari[11].
Deve segnalarsi che si è registrata una inversione di tendenza tra legislatore e giurisprudenza in relazione alla matrice dei principi. In particolare, sebbene la fonte sostanziale dei principi fosse ritenuta esclusivamente il diritto naturale, il legislatore ha proceduto a positivizzare i principi in varie materie. Se da un lato si può ritenere questo un tentativo del legislatore di riappropriarsi di una posizione di preminenza nella funzione normativa, dall’altro non si può ignorare come la positivizzazione dei principi rispecchi la resa del legislatore alla forza espansiva della giurisprudenza[12].
In riferimento alla codificazione dei principi è stato avvertito che entrambe queste direzioni rappresentino eccessi illiberali da evitare[13]. Infatti, la fissazione di principi per legge è frutto di diffidenza del legislatore verso il potere giudiziario. Se da un lato la codificazione rende i principi vincolanti nell’applicazione giurisprudenziale, dall’altro il creazionismo giudiziario, che trae origine dai principi inespressi, si fa portatore di una investitura politica del giudice.
Sulla base di tale complesso quadro la dottrina si interroga sul valore dei nuovi principi del codice dei contratti pubblici e in particolare del principio del risultato.
Con specifico riferimento al ruolo interpretativo dei principi contenuti nel nuovo codice dei contratti pubblici è necessario svolgere alcune osservazioni sull’art. 4 del codice. I primi tre articoli del codice individuano dei veri e propri principi-valore che guidano la funzione decisoria e argomentativa in materia di contratti pubblici, differenziandosi dagli altri “principi” che invece rimangono sul piano della soluzione di antinomie tra norme particolari[14].
I nuovi principi sono finalizzati a rendere complessivamente intellegibili le varie parti del codice, in modo da darne una lettura organica e armoniosa. Il carattere normativo dei principi però, come detto, non esclude che il loro contenuto indeterminato debba essere declinato nel caso di specie per essere applicato; in ciò dimostrando come i principi indichino criteri interpretativi e non regole concrete[15].
Autorevole dottrina ha evidenziato come l’interpretazione per principi nasconde in sé il rischio di applicazioni imprevedibili, immotivate e soggettive, a causa dell’ampio grado di discrezionalità del giudice nel bilanciamento degli stessi. Da tale rischio sorge l’esigenza di una normazione dei principi e di una loro gerarchizzazione[16].
Il bilanciamento tra principi in conflitto tra di loro è una necessaria conseguenza della moltiplicazione degli interessi protetti. In particolare, in materia di contratti pubblici si presenta una tensione tra principi che perseguono interessi sociali e il principio della concorrenza. Così la logica solidaristica-fiduciaria deve essere coordinata con una logica economico-concorrenziale[17].
L’elaborazione di principi propri della capacità contrattuale di diritto privato della pubblica amministrazione rappresenta il tentativo di raggiungere l’equilibrio in una disciplina ricca di tensioni tra istituti particolari, e nel contempo mette a disposizione dell’interprete una sistematica forte dei principi del contratto pubblico[18].
La definizione dei principi consente una migliore identificazione dell’interesse pubblico in materia di contratti pubblici. Nella pratica giurisprudenziale spesso l’interesse pubblico nella materia in esame è stato individuato caso per caso in base ai singoli istituti controversi. Sicché la giurisprudenza ha fatto coincidere l’interesse pubblico con l’imparzialità, la trasparenza, l’efficacia, l’interesse fiscale e la concorrenza o con altri interessi sociali. Ma la mancata identificazione e gerarchizzazione degli interessi ha reso imprevedibile l’esito interpretativo, arrecando grave pregiudizio alle esigenze di certezza del diritto. La dottrina più attenta sul punto ha valorizzato puntualmente la funzione del nuovo codice di ordinare e gerarchizzare gli interessi pubblici in gioco in modo da assicurare un chiaro ordine ed equilibrio tra i singoli istituti[19].
Come si è avuto modo di evidenziare il sovrapporsi di diversi interessi nella materia dei contratti pubblici oltre a creare un sovraccarico assiologico ha richiesto l’intervento della giurisprudenza amministrativa al fine di individuare la regola del caso concreto. Il confluire nella disciplina dei contratti pubblici di diverse problematiche non solo tecnico-giuridiche ha spinto il legislatore a indicare agli operatori i criteri ordinatori per la soluzione dei possibili conflitti[20]. Può affermarsi allora che il legislatore, ai sensi dell’art. 4, ha affidato ai nuovi principi una funzione di ordinare l’intero assetto codicistico, indicando espressamente la graduazione dei valori da perseguire[21].
Alla luce di queste premesse l’esame sui principi si sposta dalla qualificazione della natura dei principi al problema se la qualificazione legislativa dei principi generali debba trovare conferma in un corrispondente giudizio di valore. Infatti, il legislatore usa definire principi quelli che altrimenti sono programmi e dichiarazioni di intenti[22]. Allora, ci si dovrà chiedere se i principi espressi nel nuovo codice dei contratti pubblici siano o meno effettivamente innovativi e capaci di incidere sull’attuazione della disciplina particolare.
La codificazione dei principi può svilupparsi in una duplice direzione: la prima generale con principi valevoli per l’intera materia; la seconda speciale con principi valevoli solo per quella particolare materia. Le differenti direzioni tendono a integrarsi e svilupparsi insieme[23]. Nel caso del principio del risultato si avrà modo di esaminare la interazione con il principio di legalità e il principio della concorrenza.
- Innovatività del principio del risultato
Il dibattito sui nuovi principi espressi dal codice dei contratti pubblici si è inizialmente soffermato sulla effettiva innovatività degli stessi e in particolare del principio del risultato (art. 1). Sembra possibile individuare due principali linee interpretative: una prima ricostruzione dottrinale ritiene che i principi introdotti nel nuovo codice siano effettivamente innovativi, sottolineando ulteriormente la specialità della materia in questione[24]. Come è stato chiarito il codice rinuncia a inseguire la disciplina specifica, mentre individua il risultato quale criterio di esercizio del potere discrezionale. Sicché il risultato da elemento esterno della attività dei contratti pubblici, quale criterio di efficienza ed economicità, diviene elemento di sindacabilità del potere discrezionale[25]. In tal senso il principio del risultato non trova riscontro nel precedente codice d.lgs. n. 50 del 2016, mentre il modello dell’amministrazione di risultato è conosciuto in forme diverse dal diritto amministrativo.
La valorizzazione del risultato rende meno rigida la procedura di scelta del contraente per realizzare la commessa pubblica nell’interesse della collettività. Questo non significa una rinuncia alla tutela degli ulteriori interessi presenti nella materia contrattualistica pubblica, ma una diversa graduazione che impone di premettere gli obiettivi economici-realizzativi rispetto agli altri interessi.
La scelta del legislatore di riaffermare la centralità dell’interesse realizzativo per mezzo del principio del risultato trova fondamento nella evoluzione storica della materia dei contratti pubblici[26]. In particolare, è stato fondatamente criticato lo snaturamento della funzione delle stazioni appaltanti che «da parte contrattuale interessata a individuare la propria controparte, sia pure attraverso il rispetto di un sistema di regole imposto in ragione della natura pubblicistica dei bisogni da soddisfare e delle risorse impiegate, a mero regolatore di un confronto competitivo tra operatori economici, quasi alieno da ogni considerazione della necessità di garantire un efficace ed efficiente perseguimento degli obiettivi cui la competizione è preordinata»[27]. Sotto tale profilo è stato osservato come il legislatore pur avendo assunto a modello lo “Stato banditore”[28], avesse dimenticato che lo «Stato banditore dovrebbe pur sempre operare al servizio dello Stato committente»[29].
Sembra che, soprattutto nel recente passato, si fosse eccessivamente enfatizzata la garanzia della concorrenza come vero obiettivo della materia[30]. L’orientamento che sostiene l’innovatività del principio del risultato, soprattutto in relazione alla concorrenza, pone l’accento sul definitivo passaggio da una concorrenza assoluta a una concorrenza regolata e strumentale alla realizzazione dell’interesse pubblico[31].
In sintesi, la tesi ora riportata sostiene che l’innovatività del principio del risultato emerge particolarmente dal raffronto dello stesso con la concorrenza. In questa nuova prospettiva la concorrenza «non è più un fine da realizzare a ogni costo, ma un mezzo per raggiungere il risultato»[32]. Viene superata una lettura formalistica della disciplina dei contratti pubblici a favore del perseguimento effettivo dell’interesse pubblico[33].
Secondo una diversa lettura dei nuovi principi, gli stessi non sarebbero affatto innovativi. Questo orientamento tende ad attenuare gli entusiasmi intorno alla portata dei nuovi principi, soprattutto quello del risultato[34].
In primo luogo, il risultato non sarebbe altro che la rievocazione aggiornata del modello contabilista anteriore alla disciplina di matrice comunitaria[35]. In secondo luogo, il principio della fiducia viene posto in continuità con i principi di collaborazione e buona fede che devono improntare tutti i rapporti tra cittadini e p.a., ai sensi del comma 2-bis dell’articolo 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e dei principi civilistici di correttezza e buona fede anche nella fase procedimentale di scelta del contraente che precede la stipulazione del contratto di appalto[36]. Infine, il principio di accesso al mercato altro non sarebbe che una formulazione sintetica dei “classici” principi di derivazione unionale di concorrenza.
L’orientamento da ultimo espresso ritiene invero che l’unica effettiva novità del d.lgs. n. 36 2023 sia la codificazione stessa dei principi, di per sé non innovativi, e la loro gerarchizzazione. Così viene sostenuto che la vera ambizione del codice sia quella di dettare una scala assiologica nuova, mentre i principi enucleati in realtà rappresenta nient’altro che il recepimento nella particolare materia dei contratti pubblici di principi generali dell’attività amministrativa[37].
Va segnalata una rigorosa dottrina particolarmente critica sulle modalità di elaborazione del codice e sulla non innovatività del principio del risultato[38]. In particolare, viene sostenuto che il risultato coincide con lo stesso interesse pubblico attribuito alla stazione appaltante. Infatti, «il potere pubblico sarebbe “sempre” attribuito per raggiungere un risultato»[39]. Da tale assunto deriva una certa indifferenza rispetto all’introduzione del principio del risultato che, secondo tale impostazione, non sarebbe assolutamente in grado di indicare la direzione da perseguire nell’attività amministrativa.
- Cambio di paradigma tra risultato e concorrenza
Sembra, allora, possibile affermare che al centro del sistema vi sia oggi il principio realizzativo come enucleato nell’art. 1 del codice nella forma del principio del risultato. Infatti, entrambe le tesi sopra riportate riconoscono lo sforzo del legislatore di dare una nuova gerarchia dei valori nella materia dei contratti pubblici.
Questo approccio innovativo alla disciplina contrattualistica sembra segnare un netto passaggio di paradigma rispetto al passato. L’origine contabilistica della contrattualistica pubblica era volta a perseguire l’efficienza contrastando la collusione tra uffici amministrativi e fornitori[40]. A questo primo strato di interesse pubblico si è sovrapposto un modello proconcorrenziale di matrice europea che cercava di riprodurre in modo artificiale le logiche del committente privato per escludere meccanismi clientelari e perseguire la massima competitività. La logica efficientistica ha contribuito ad accrescere il ruolo e la tutela della concorrenza coniugandola con l’interesse al controllo della spesa pubblica[41].
Sul punto la Corte costituzionale ha avuto modo di affermare che « il definitivo superamento del modello contabilistico»[42] è il frutto di una progressiva erosione dell’interesse finanziario delle singole stazioni appaltanti ad opera del diritto comunitario. In tal senso, la concorrenza è stata elevata a valore fondamentale della disciplina contrattualistica[43].
Autorevole dottrina aveva già evidenziato come la concorrenza di matrice europea avesse alterato i caratteri proprio “dell’evidenza pubblica”. Sicché la gara «non è più un procedimento volto a garantire essenzialmente gli interessi pubblici - finanziari e amministrativi - delle amministrazioni procedenti, ma è una procedura finalizzata a tutelare anche e soprattutto la libertà di circolazione e di concorrenza nel mercato europeo»[44].
Sembra, allora, che una lettura eccessivamente rigida della concorrenza la abbia elevata a fine ultimo anziché averla considerata un mezzo, così da oscurare l’interesse alla realizzazione che in verità, doveva restare contrassegno di fondo di questa disciplina, al pari di quanto riguardava gli altri Stati membri[45].
In questa fase contraddistinta dalla matrice comunitaria della disciplina, la concorrenza ha assunto una duplice valenza: come “fattore ordinatore dell'economia” e come “diritto insopprimibile dei singoli”, con la conseguenza che l'interesse strumentale del privato nelle procedure di evidenza pubblica si fonda sul diritto di iniziativa economica[46].
I principi mercantilisti tutelati dal paradigma concorrenziale europeo sono stati messi in discussione a partire dalla crisi economica del 2008. Questa ha fatto emergere tutte le contraddizioni del modello di sviluppo fondato sulla globalizzazione dei mercati. In risposta a questa emergenza economica il legislatore ha dovuto rivedere “il catalogo dei valori” ridimensionando l’interesse alla concorrenza in favore di interessi sociali[47].
Le ultime direttive europee hanno segnato l’arretramento del valore della concorrenza e l’emersione di un contesto multivaloriale. In particolare, è stato recepito dal legislatore nazionale un modello di consumatore pubblico etico che non si interessa solo al rapporto costi benefici, ma ricerca prodotti che hanno esternalità positive sui lavoratori, sull’ambiente e che operino nel rispetto della legalità[48].
L’arretramento della concorrenza secondo alcuni autori non è una novità del nuovo codice dei contratti pubblici, ma può essere fatto risalire all’art. 30 del codice dei contratti pubblici d.lgs. n. 163 del 2006[49]. Quest’ultimo già segnava una contaminazione tra regole proconcorrenziali e obiettivi di politica pubblica. In continuità con tale posizione è stato affermato che «il codice del 2016 sembra in realtà tenere in conto soprattutto la “sana” concorrenza, quella cioè che risulta inverata proprio attraverso i molteplici profili sotto i quali è trattata dal codice stesso la qualità delle prestazioni all’interno di relazioni contrattuali stabili e sostenibili»[50].
Invero, lo Stato tenta di incentivare comportamenti virtuosi mediante le proprie scelte di consumo alla ricerca di esternalità positive, assumendo le vesti di un consumatore etico-progressista non impegnato alla ricerca del proprio maggiore benessere. Alcuni autori hanno segnalato come l’enfasi posta dal legislatore ai valori sociali, ambientali e alla lotta alla corruzione rappresenti un rischioso “sovraccarico assiologico” della disciplina contrattualistica[51].
Per quanto concerne il rapporto tra il principio del risultato e concorrenza, deve ribadirsi come il legislatore abbia inteso contemperare il principio della gara con l’esigenza realizzativa[52]. Come disposto dal comma 2 dell’art. 1 “la concorrenza tra gli operatori è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti”, ciò deve significare che «la concorrenza è certamente un mezzo ma non è solo un mezzo; è anche, prima di tutto, un metodo»[53]. La concorrenza non deve essere considerata un intralcio, ma anzi uno strumento per conseguire il miglior risultato attraverso gare efficienti[54].
Il nuovo codice chiarisce definitivamente quello che la dottrina aveva già segnalato[55]: la concorrenza non può essere fine a sé stessa, non può essere elevata a obiettivo ultimo della disciplina contrattualistica. La gara pubblica non è indetta per vedere gli operatori concorrere tra di loro, ma per realizzare un’opera pubblica attraverso l’individuazione di un operatore economico adeguato[56]. Una lettura stereotipata e formalistica della concorrenza produce effetti distorsivi in quanto ignora i profili qualitativi dell’opera.
La regressione del principio della concorrenza nella disciplina interna non è incompatibile con l’assetto comunitario. Infatti, il diritto sovranazionale europeo non è di per sé interessato al buon andamento delle amministrazioni nazionali in quanto tali, se non quando, eventualmente, agiscono in funzione comunitaria ai fini dell’attuazione decentrata di politiche e regole europee[57]. Infatti, il principio di non aggravamento del procedimento è principio di diritto italiano, ma non è certo incompatibile né con le tradizioni comuni agli ordinamenti degli Stati membri né con le direttive che, anche nel pacchetto del 2014, valorizzano la discrezionalità amministrativa[58]. La concorrenza resta un valore fondante della disciplina, ma non giustifica più una visione enfatizzata della gara pubblica.
Deve darsi contezza di un orientamento che rileva una possibile incompatibilità tra il principio realizzativo e la disciplina europea. Infatti, la regressione del principio della concorrenza non appare in linea con il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), per il quale la concorrenza rappresenta uno dei principi del diritto europeo e che, siccome diritto europeo immediatamente applicabile negli ordinamenti giuridici degli Stati membri, costituisce parametro di verifica di conformità della legislazione degli Stati membri dell’Unione[59]. La conseguenza potrebbe essere un conflitto tra norma nazionale e sovranazionale che dovrebbe portare alla disapplicazione della prima.
- Valore del risultato
È ora necessario passare ad esaminare il profilo assiologico-contenutistico del principio del risultato. Il risultato deve essere inteso come l’obiettivo della contrattazione, che è finalizzata a dare soddisfazione a un bisogno pubblico[60]. La realizzazione dell’opera da parte dell’amministrazione è funzionale a provvedere alla propria organizzazione e a fornire ai consociati beni e servizi adeguati al godimento dei diritti costituzionali[61].
Bisogna innanzi tutto domandarsi se il principio in esame condivida lo statuto del risultato amministrativo come inteso dalla risalente dottrina sull’amministrazione di risultato.
Il dibattito circa il valore dell’amministrazione di risultato non è riuscito a dare una complessiva e unitaria elaborazione di questa figura[62]. Soprattutto, in assenza di un quadro normativo di riferimento, non è stato possibile addivenire all’elaborazione di un più preciso modello di amministrazione di risultato. Il maggiore freno ad una pacata riflessione è stato il timore che l’enfasi del risultato ponesse in pericolo il rispetto del principio di legalità, che oggi si ripropone in relazione al principio del risultato, di cui l’art. 1[63]. Va preliminarmente ribadito che nel secondo caso vi è una indicazione normativa puntuale contenuta nell’art. 1 del codice, nel primo caso invece manca comunque un addentellato normativo[64].
Secondo una prima ricostruzione il risultato dell’art. 1 del codice non condivide nulla con l’amministrazione di risultato frutto dell’elaborazione dottrinale. In tal senso, l’accezione di “efficienza economica” del principio del risultato lo differenzia dalla generica figura dell’amministrazione di risultato[65].
Sotto tale profilo il principio del risultato rappresenterebbe una peculiare connotazione dell’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera e quindi anche parametro della legalità dell’attività amministrativa[66]; mentre l’ amministrazione di risultato non avrebbe una portata propriamente autonoma, ma descriverebbe l’effettivo conseguimento del bene della vita già prefigurato dalla norma di legge che dispone l’attribuzione di un potere ad un soggetto pubblico in vista del conseguimento della cura di uno o più interessi pubblici e privati[67].
Un diverso orientamento rinviene, invece, una certa continuità tra il principio del risultato e l’amministrazione di risultato. In tal senso il risultato non sarebbe altro che una nuova declinazione del principio costituzionale del buon andamento ex art. 97 Cost. non più costretto a perseguire interessi alieni alla realizzazione dell’affidamento dell’opera[68].
Il risultato non sarebbe ancorato a un dato formale e non avrebbe avuto un dato preliminare, in base al quale giudicare la validità del provvedimento come parametro di legittimità[69]. In tal senso, il risultato è inteso come un criterio per l’esercizio della discrezionalità, ma è ritenuto superfluo rispetto all’individuazione della volontà del legislatore espressa nella legge[70].
In tale prospettiva il risultato richiamerebbe «la capacità degli enti di soddisfare le esigenze in vista della cui tutela essi sono stati istituiti», rinviando a logiche aziendalistiche proprie dell’amministrazione di risultato. Così: «il principio del risultato richiede di considerare tempestivamente gli interessi, ponderarli rapidamente e tutelarli efficacemente nel rispetto dei termini e delle logiche di ciascun ambito di attività pubblica»[71]. In altri termini il principio del risultato sarebbe retto dai principi di economicità, efficacia e tempestività e teso a migliorare il buon andamento dell’attività delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti.
Indipendentemente dalla soluzione adottata resta da risolvere l’annoso dibattito sul contenuto del risultato e, in particolare, del risultato come codificato dall’art. 1. Infatti, il risultato del codice dei contratti pubblici è una formula vuota che deve essere riempita di contenuto concettuale dagli interpreti e attuata concretamente dalle amministrazioni[72]. In tal senso il principio del risultato da ultimo codificato pone un problema fondamentale: “quale risultato?”[73]. In particolare, secondo la prevalente dottrina mancherebbe una chiara indicazione assiologica da perseguire[74].
Guardando al profilo funzionale del principio del risultato il macro-obiettivo sembra essere quello di affidare ed eseguire il contratto per finalità comuni. Ai sensi del comma 3 dell’art. 1 centrale nel risultato non è la tutela dei soggetti del mercato bensì il soddisfacimento il perseguimento di interessi della comunità[75]. Tale risultato deve essere conseguito perseguendo la massima tempestività e il miglior rapporto qualità prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza[76]. La traduzione del principio costituzionale di buon andamento in materia di contratti pubblici è accompagnata dai tradizionali principi di legalità, trasparenza e concorrenza.
La necessità di riempire di valore il principio in esame ha portato il legislatore a ricollegare il risultato al principio di buon andamento, efficacia ed economicità[77]. Va però evidenziato come l’art. 1 non richiami anche il principio dell’imparzialità, che forma con il buon andamento un’endiadi perfettamente equi ordinata. Infatti, anche se il legislatore richiami i principali corollari dell’imparzialità (concorrenza e trasparenza) questi non rispecchiano l’assetto costituzionale dei principi di imparzialità e buon andamento. Interrogandosi sulle ragioni che hanno portato a tale scelta si deve escludere la mera svista. Viene suggerito da attenta dottrina che il principio di imparzialità sia più difficilmente coniugabile con la preminenza dell’interesse contrattuale al risultato[78].
In questa logica il risultato postula il superamento delle rigidità formalistiche a favore del conseguimento dell’interesse sostanziale[79]. Sicché, ai sensi del comma 4 dell’art. 1, la preminenza dell’interesse contrattuale della stazione appaltante rafforza il potere discrezionale della stessa e determina una retrocessione dell’interesse legittimo dei privati, comparato con l’interesse pubblico primario[80]. La gerarchia degli interessi pubblici viene riordinata in favore del principio realizzativo a discapito degli altri interessi concorrenti[81].
In passato proprio la discrezionalità e la capacità realizzativa della stazione appaltante era sacrificata sull’altare della gara pubblica, della concorrenza e della lotta alla corruzione. Il superamento di questo dogma non significa che l’amministrazione sia svincolata da ogni regola, ma che l'amministrazione contraente non vive più in una camicia di forza regolamentare e potrà scegliere tra una molteplicità di modelli procedurali e normativi con un'ampia facoltà di selezionare la regola del caso concreto[82].
Sarà necessario dosare la concorrenza e strutturare le negoziazioni in funzione del raggiungimento del miglior rapporto tra prezzo e qualità, come vuole la norma, nel minor tempo possibile, tenendo conto delle caratteristiche delle transazioni in gioco, nella varietà delle situazioni di vita e non mediante vincoli stereotipati e generalizzati[83].
Autorevole dottrina ha evidenziato come il principio del risultato codificato dal legislatore imponga un cambio di approccio culturale. Infatti, con la codificazione del principio del risultato il legislatore intende arginare un approccio pregiudizialmente colpevolista verso l’attività amministrativa discrezionale. Invece, l’incentivazione della discrezionalità è volta a migliorare la qualità dell’azione amministrativa in termini di maggiore commisurazione possibile delle determinazioni dell’apparato amministrativo alle esigenze del caso di specie[84].
L’attività della stazione appaltante è allora indirizzata al “fare” e tale obiettivo deve essere perseguito con maggiore discrezionalità e senza eccessivi vincoli ex ante[85]. In estrema sintesi l’ambizione del legislatore è quella che si dia luogo all’aggiudicazione e all’esecuzione dei contratti di appalto in considerazione della importanza decisiva che quel settore riveste nell’ambito del sistema economico[86].
- Risultato e legalità
Il risultato come fine non può giustificare qualsiasi mezzo. Il legislatore ha calato il principio del risultato in una cornice di valori concorrenti che ne segnano i confini. In tal senso il risultato si deve confrontare con il principio di legalità dell’azione amministrativa e di concorrenza, nonché di trasparenza[87]. La cautela rispetto al principio del risultato riguarda, come già riferito, la diffidenza verso una eccessiva transizione del sistema contrattuale da un giudizio di merito a quelle della discrezionalità[88].
Le conseguenze pratiche del raffronto tra legalità e risultato sono oggetto di esame dalla dottrina più attenta. In particolare, gli elementi esaminati sono stati due: il primo è quello volto a verificare se il risultato amministrativo possa diventare un elemento della legittimità dell’azione amministrativa; il secondo, invece, è quello volto a verificare se il risultato amministrativo possa diventare un parametro di verifica della legittimità dell’azione amministrativa[89].
Nello specifico settore della contrattualistica pubblica il perseguimento della legalità coincide con la garanzia del rispetto di regole e procedure da parte di tutti gli operatori, pubblici e privati[90]. Potrebbe sembrare allora che la legalità, intesa come rispetto della forma, sia recessiva rispetto al perseguimento del risultato sostanziale come definito dal codice. Deve invece affermarsi chiaramente che il risultato non consente una forzatura del principio di legalità[91]. Infatti, non sembra ammissibile consentire al committente pubblico di derogare di volta in volta a tutte le fattispecie del codice per conseguire un astratto risultato, definito nella prospettiva discrezionale della stazione appaltante stessa[92].
La coordinazione tra risultato e legalità va letta nel senso che il risultato deve tener conto del conseguimento degli interessi fissati dalla legge. L’attribuzione all’amministrazione di un potere da parte del legislatore per perseguire un determinato assetto di interessi definisce il risultato come parte della norma[93]. Il risultato traduce il potere astratto conferito dalla norma in un bene della vita concreto (l’interesse perseguito) che assurge a parametro di legalità. Il risultato non è libero, ma diretto al concreto conseguimento dell’interesse pubblico.
In tale prospettiva la legalità ingloba il risultato nel senso che il raggiungimento del risultato è esso stesso criterio di legalità dell’azione amministrativa[94]. Ciò consentirebbe di trapassare il problema di coniugare e bilanciare altri valori con il fine realizzativo. In realtà, la legalità richiede il rispetto di ulteriori interessi, sicché il conseguimento del risultato impegna la stazione appaltante a ricerca un risultato rispettoso degli altri interessi protetti dalla legge. In questo modo il risultato rientra nel perimetro della legalità[95].
Attenta dottrina ha però evidenziato come la “legalità-risultato” non corrisponda a una formalistica definizione degli interessi perseguiti dal potere pubblico (sindacabile sotto il profilo della difformità rispetto al parametro normativo), ma si inveri attraverso il perseguimento concreto degli obiettivi sostanziali definiti dal legislatore nella norma. Sicché la “legalità-risultato” è criterio per sindacare la devianza del potere dell’autorità rispetto all’obiettivo per cui è conferito il potere stesso[96].
Il problema fondamentale del rapporto tra legalità e risultato sembra allora essere la necessità di coniugare il sistema del diritto (in cui il risultato è perseguito nel rispetto del principio di legalità secondo lo schema lecito/illecito) e il mondo del reale (in cui il risultato concreto si proietta secondo lo schema riuscita/non riuscita dell’operazione) [97]. Il risultato guarda nel contempo alla legalità e alla realizzazione dell’opera.
- Il principio del risultato nel sindacato del giudice amministrativo
Sul piano della tutela processuale va preliminarmente segnalato che il risultato è considerato un valore immanente della disciplina dei contratti pubblici ed applicato anche a contenziosi precedenti all’entrata in vigore del d.lgs. n. 36 del 2023[98].
In senso critico è stato evidenziato come la primazia del risultato finisca per sacrificare il ripristino della legalità con il rischio di derive autoritarie[99]. Tale rischio sembra essersi manifestato in alcune pronunce del giudice amministrativo che hanno dato una lettura rigida del principio del risultato. In particolare, è stato affermato il principio di diritto per cui è possibile estromettere un operatore economico da una gara quando questo ha un lungo pregresso di contenziosi con la stazione appaltante, qualificando tale comportamento, rectius la reiterata domanda di tutela giudiziale, quale grave illecito professionale ex art. 80 co. 5 del d.lgs. n. 50 del 2016 (applicabile ratione temporis)[100].
Favorire soluzione che escludono “fastidiosi operatori” finisce per delegittimare la funzione di controllo diffuso della legalità loro assegnata. Nel contempo tale impostazione pone le basi per futuri abusi da parte delle stazioni appaltanti verso gli operatori. Si sostiene che sarà compito della dottrina e degli interpreti evitare tale distorsione del sistema attraverso un riallineamento tra il principio di imparzialità e buon andamento[101].
Il giudice amministrativo dovrà muoversi in equilibrio tra la legittimità dei provvedimenti e il principio del risultato. Se, infatti, esiste il rischio di sottovalutare del principio del risultato, il pericolo opposto è un troppo drastico uso della logica del risultato, tale da appiattire il sindacato giurisdizionale sulle scelte fatte dall’amministrazione[102].
In altri termini «l’importanza del risultato nella disciplina dell’attività dell’amministrazione non va riguardata ponendo tale valore in chiave antagonista rispetto al principio di legalità, rispetto al quale potrebbe realizzare una potenziale frizione: al contrario, come pure è stato efficacemente sostenuto successivamente all’entrata in vigore del richiamato d. lgs. n. 36 del 2023, il risultato concorre ad integrare il paradigma normativo del provvedimento»[103].
È stato osservato che, se da un lato il principio del risultato serve a velocizzare i processi di selezione dei concorrenti anche a discapito degli altri principi (legalità, concorrenza e trasparenza), dall’altro il risultato diventa anche una potenziale leva critica degli operatori del mercato per contestare le scelte dell’amministrazione nell’esercizio della discrezionalità[104].
Infatti, il risultato potrà essere invocato anche dai privati, con la conseguenza di far transitare nell’area della legittimità, e quindi della giustiziabilità, opzioni e scelte che sinora si pensava attenessero al merito e fossero come tali insindacabili[105]. Quindi il sindacato sull’efficienza potrebbe transitare per un rafforzamento del tradizionale eccesso di potere[106]. Così il giudice amministrativo ha usato il risultato per annullare le aggiudicazioni della stazione appaltante perché non corrispondente al risultato del bando[107].
Il principio del risultato in giurisprudenza può sciogliere il contrasto tra il rispetto del dato formale in tema di requisiti premiali con il dato sostanziale dell’idoneità dell’offerta a sodisfare la richiesta. Il giudice amministrativo ha espresso il principio di diritto secondo il quale il risultato ha valore preminente rispetto al formale perseguimento della disciplina procedurale che non conduce all’esito sostanzialmente migliore per l’amministrazione[108].
- Conclusioni.
In conclusione, si può constatare come l’assetto del codice dei contratti pubblici emerso dalla novella legislativa sia basato su una nuova gerarchia dei valori che pone al centro il principio realizzativo. In altre parole, l’esigenza di dare una pronta risposta ai bisogni della comunità mediante l’affidamento e la realizzazione di opere pubbliche e la fornitura di servizi e beni ha condotto il legislatore a riconsiderare l’approccio formalistico assunto nei precedenti decenni. In tale direzione il principio del risultato impone una diversa cultura dell’attività amministrativa discrezionale diretta a realizzare l’obiettivo sostanziale.
L’innovatività dei principi del codice emerge soprattutto dalla loro codificazione. Invero, la funzione di ordine realizzata dai detti principi, in particolare quello del risultato, viene esplicitamente definita attraverso la gerarchizzazione operata dal legislatore. Così non possono residuare dubbi sulla graduazione dei valori che deve guidare l’interprete nell’applicazione della normativa.
Come è stato chiarito dalla migliore dottrina il passaggio da un paradigma proconcorrenziale a uno “neo-contabilista” non è avvenuto attraverso un mutamento drastico, ma mediante un graduale riposizionamento degli interessi pubblici perseguiti dal legislatore. Il compito dell’amministrazione sarà quello di scegliere la migliore gara al fine di ottenere il miglior risultato. In sintesi, la concorrenza diventa il metodo con cui ottenere il risultato.
Il risultato non sembra avulso da critiche da parte della dottrina. Soprattutto è stata segnalata una latente frizione con il principio di legalità. Sembra corretto affermare che non può ammettersi una lettura del principio del risultato non rispettosa del principio di legalità, ma anzi, come è stato suggerito chiaramente, il risultato deve divenire un criterio del sindacato di legittimità della procedura di gara.
Sotto tale profilo si dischiudono nuovi orizzonti del contenzioso in materia di contratti pubblici. Infatti, il principio del risultato assume un duplice significato per il sindacato del giudice amministrativo: il primo è quello di incentivare e favorire la discrezionalità amministrativa nella realizzazione degli interessi pubblici; il secondo è quella di consentire agli operatori del mercato di criticare le scelte discrezionali delle stazioni appaltanti non rispondenti al perseguimento del miglior risultato.
[1]Dottorando DIN per la PA, «Regulation, Management and Law of Public Sector Organizations», 39° ciclo, Università del Salento.
[2] SANDULLI M.A., Prime considerazioni sullo schema del nuovo codice, in Giustiziainsieme.it, 2022; NAPOLITANO G., Il nuovo Codice dei contratti pubblici: i principi generali, in Giornale di diritto amministrativo, n. 3, 2023, p. 287; NAPOLITANO G., Buona l’ultima? La terza codificazione del diritto dei contratti pubblici alla prova dei risultati, in Giornale di diritto amministrativo, 2023; CARANTA R., Il nuovo Codice dei contratti pubblici - I principi nel nuovo Codice dei contratti pubblici, artt. 1-12, in Giurisprudenza Italiana, n. 8-9, 2023; CIOFFI A., Prima lettura del nuovo Codice dei contratti e dei suoi tre principi fondamentali, in Apertacontrada, 2023; CARBONE L., La scommessa del “codice dei contratti pubblici” e il suo futuro, Relazione introduttiva al Convegno “Il nuovo codice degli appalti – La scommessa di un cambio di paradigma: dal codice guardiano al codice volano?”, 2023; Per una riflessioni sulle principali conseguenze in materia di contenzioso si veda PESCE G., Le istanze di tutela nel nuovo codice dei contratti pubblici, tra principio dispositivo e interesse pubblico: prime riflessioni, in Judicium.it, 2023.
[3] CARBONE L. La scommessa, cit., p. 12, il quale avverte che “nel dubbio, sappiate che ci sono questi principi, la stella polare è lì e voi dovete andare in quella direzione”. In questo senso anche CINTIOLI F., Il principio del risultato nel nuovo codice dei contratti pubblici, in occasione del convegno su I principi nel codice dei contratti pubblici organizzato dalla Fondazione Cesifin Alberto Predieri, 2023.
[4] CARANTA R., Il nuovo codice dei contratti pubblici, cit. p. 1950.
[5] CRISAFULLI V., Per la determinazione del concetto dei principi generali del diritto, in Riv. int. fil. dir., 1941, 41 ss; BETTI E., Interpretazione della legge e degli atti giuridici, Milano, 1949; BOBBIO N., Principi generali del diritto, in Noviss. Dig. It., XIII, 1966, 887 ss; MODUGNO F., Principi generali dell’ordinamento giuridico, in Enc. giur. Treccani, XXIV, 1991;
[6] BETTI E., Interpretazione, cit.
[7] CRISAFULLI, Per la determinazione del concetto dei principi, cit.
[8] BOBBIO N., Principi, cit.
[9] MONTEDORO G., La funzione nomofilattica e ordinante e i principi ispiratori del nuovo codice dei contratti pubblici, in Giustizia-amministrativa.it, 2023.
[10] D'AMICO G., Appunti per una dogmatica dei principi, in D'AMICO G., PAGLIANTINI S., L'armonizzazione degli ordinamenti dell'Unione europea tra principi e regole, Torino, 2018, 1 ss.
[11] MASSERA A., I principi generali , in Diritto Amministrativo, n. 3, 2017, pag. 427.
[12] SAITTA F., I principi generali del nuovo Codice dei contratti pubblici, in Giustiziainsieme.it, 2023; ma anche MASSERA A., I principi, cit. per cui il sistema amministrativo è stato caratterizzato da un legislatore, “che tentava di coprire i terreni più disparati,... con norme inevitabilmente settoriali e prive di respiro generale”, e il Consiglio di Stato, “che costruiva i principi del diritto amministrativo italiano”.
[13] MONTEDORO G., La funzione nomofilattica, cit.
[14] MONTEDORO G., La funzione, cit.
[15] CHIARIELLO A.M., Una nuova cornice di principi per i contratti pubblici, in Diritto dell’economia, n. 1 2023, p. 141 e ss.
[16] PERFETTI L.R., Sul nuovo Codice dei contratti pubblici. In principio, in Urbanistica e appalti, n. 1, 2023, p. 5 e ss.
[17] SAITTA F., I principi, cit.
[18] PERFETTI L.R., Sul nuovo Codice dei contratti pubblici, cit.
[19] PERFETTI L.R., ult. cit.
[20] PERFETTI L.R., Sul nuovo codice, op. cit.
[21] GRECO R., op. cit., p. 3.
[22] SIMONETTI H., Principio del risultato e gerarchia degli interessi nel nuovo codice dei contratti pubblici, in Judicium.it, 2023.
[23] SAITTA F., I principi generali, cit.; MASSERA A., I principi, cit.
[24] RENNA M., I principi, in FANTINI S. e SIMONETTI H. (a cura di), Il nuovo corso dei contratti pubblici, il foro italiano, 2023.; GAROFOLI R. FERRARI G., Manuale dei contratti pubblici : con formule del processo dei contratti pubblici, Neldiritto, Molfetta, 2024, p. 14 ss; DI PACE R., Manuale dei contratti pubblici, Giappichelli, Torino, 2024, p. 8 e ss; FRACCHIA F., Il principio del risultato, in URSI R. (a cura di), Studi sui principi generali del codice dei contratti pubblici, Editoriale scientifica, Napoli, 2024, p. 13.
[25] GAROFOLI R. FERRARI G., op. cit.
[26] NAPOLITANO G., Il nuovo codice, cit.
[27] NAPOLITANO G., Committenza pubblica e principio del risultato, in Astrid-online.it, 2023.
[28] CAFAGNO M., Lo Stato banditore. Gare e servizi locali, Giuffré, Milano, 2001,
[29] NAPOLITANO G., Il nuovo codice, cit.
[30] FRACCHIA F., op. cit., p. 16.
[31] CARINGELLA F., Il nuovo Codice dei contratti pubblici: riforma o rivoluzione?, in Giustizia-amministrativa.it, 2023.
[32] DI PACE R., op. cit.
[33] FRACCHIA F., op. cit.
[34] GRECO R., Il principio del risultato e tutela della legalità nel nuovo codice dei contratti pubblici, in Giustizia-amministrativa.it, 2023; SAITTA F., op. cit.; IARIA D. (a cura di), I super principi generali: risultato, fiducia, accesso al mercato, in CARTEI G.F. e IARIA D., Commentario al nuovo codice dei contratti pubblici, Editoriale scientifica, Napoli, 2023
[35] Il r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 (recante “Nuove disposizioni sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità dello Stato”) e sul suo regolamento attuativo (r.d. 23 maggio 1924, n. 827).
[36] MARLETTA G., I profili innovativi dell’introduzione legislativa dei principi di collaborazione e buona fede, in Federalismi, n. 25/2022, www.federalismi.it, 2022.
[37] SAITTA F., op. cit.; VOLPE C., Il nuovo codice dei contratti pubblici: dall’emergenza del modello Genova a nuove procedure di ordinaria efficienza per la competitività sul mercato, in Giustizia-amministrativa.it, 2023, p. 9.
[38] IARIA D., op. cit.
[39] IARIA D., op. cit., p. 7.
[40] GIANNINI M.S., Istituzioni di diritto amministrativo, Giuffré, Milano, 1981, p. 463.
[41] CAPOTORTO D., I rischi di derive autoritarie nell’interpretazione del principio del risultato e l’indissolubilità del matrimonio tra buon andamento e imparzialità dell’amministrazione, in federalismi.it, n. 14 2023, p. 47 e ss.
[42] Corte Cost. n. 401 del 23 novembre 2007.
[43] CLARICH M., Contratti pubblici e concorrenza, in Astrid, 2016; SAITTA F., I principi, cit.
[44] D’ALBERTI M., Interesse pubblico e concorrenza nel codice dei contratti pubblici, in Dir. amm., 2, 2008, pag. 297 e ss.
[45] CINTIOLI F., op. cit., p. 5.
[46] TULUMELLO G., L’evoluzione della causa del provvedimento e le sue principali conseguenze ordinamentali, in Consulta online, III, 2019, p. 688.
[47] SAITTA F., ult. cit.
[48] CAPOTORTO D., I rischi, cit.
[49] SAITTA F., I principi, cit.
[50] MASSERA A., Principi procedimentali, in M.A. Sandulli – R. De Nictolis (diretto da), Trattato sui contratti pubblici, Milano, 2019, I, 341.
[51] CAPOTORTO D., Lo stato “consumatore” e la ricerca dei suoi princìpi, in Diritto Amministrativo, n. 1, 2021, pag. 161.
[52] FRACCHIA F., op. cit.; CINTIOLI F., Per qualche gara in più. Il labirinto degli appalti pubblici e la ripresa economica, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2020, p 33 e ss.; Si veda anche Cons. St., V, n. 431 del 2023 sul ruolo della discrezionalità della stazione appaltante nel rapporto tra concorrenza e interesse pubblico.
[53] SIMONETTI H., op. cit.
[54] TULUMELLO G., op. cit.
[55] D’ALBERTI M., op. cit., p. 305, per cui: «La garanzia del mercato libero assicura la soddisfazione dell'interesse pubblico sul versante sia finanziario che amministrativo, perché la concorrenza effettiva contiene i prezzi e incentiva la qualità, essendo idonea a premiare non solo il contraente meno esigente, ma il contraente “giusto”».
[56] IARIA D., op. cit., p. 11.
[57] NAPOLITANO G., Il nuovo codice, op. cit., p. 291;
[58] CINTIOLI F., Il principio del risultato, op. cit., p. 7.
[59] VOLPE C., op. cit.; In senso contrario CAFAGNO M., Funzioni delle gare e principi nel nuovo Codice dei contratti pubblici. Dalla giustapposizione al bilanciamento, in Giornale di diritto amministrativo, n. 1, 2024, p. 96 e ss. per cui “ il diritto europeo ha messo a fuoco altrettanto chiaramente che procedure inefficienti o fiscalità esorbitanti possono causare sprechi e possono indurre una ritrosia a competere e a partecipare agli scambi altrettanto grave di quella instillata dal timore di opacità e discriminazioni. In poche parole, il contenimento della discrezionalità e della libertà d’azione, per finalità di controllo, va coniugato col bisogno di variabilità necessario all’efficienza, giacché tanto l’uno quanto l’altra influiscono sulla concorrenza e sulla utilità delle transazioni”.
[60] FRACCHIA F., op. cit., p. 19; PERFETTI L.R., Sul nuovo codice, op. cit., p. 8.
[61] PERFETTI L.R., L’organizzazione amministrativa come funzione della sovranità popolare, in Il diritto dell’economia, n. 1 2019, p. 43.
[62] Su cui si rinvia a CAPOTORTO D., I rischi, op. cit., p. 50; si veda anche FRACCHIA F., op. cit., p. 21, nota 17. In particolare, IMMORDINO M., POLICE A. (a cura di), Principio di legalità e amministrazione di risultati, Giappichelli, Torino, 2004; TASSONE A.R., Analisi economica del diritto e «amministrazione di risultato, in Dir. amm., n.1, 2007, pag. 63; IANNOTTA L., Principio di legalità e amministrazione di risultato, in Amministrazione e legalità. Fonti normative e ordinamento, Giuffré, Milano, 2000, 38 ss.
[63] SPASIANO M.R., Dall’amministrazione di risultato al principio di risultato del Codice dei contratti pubblici: una storia da scrivere, in federalismi.it, n. 9, 2024, p. 206 e ss.
[64] FRACCHIA F., op. cit., p. 22
[65] SAITTA F., op. cit.; RENNA M., op. cit., p. 7; IARIA D., op. cit.
[66] PERONGINI S., Il principio del risultato e il principio di concorrenza nello schema definitivo di codice dei contratti pubblici, in Giustizia-amministrativa.it, 2023.
[67] SPASIANO M.R., op. cit., p. 215.
[68] SIMONETTI H., Principio del risultato, op. cit.
[69] CINTIOLI F., op. cit., p. 8.
[70] CINTIOLI F., op. cit., p. 9.
[71] CHIARIELLO M., op. cit., p. 150
[72] NAPOLITANO G., Committenza, op. cit.
[73] CAPOTORTO D., ult. op. cit., p. 52.
[74] Ibidem
[75] FRACCHIA F., op. cit., p.24.
[76] CHIARIELLO M., op. cit., p. 148.
[77] CAPOTORTO D., op. cit., p. 53.
[78] CAPOTORTO D., op. cit., p. 54.
[79] Cons. Stato Sez. IV, 20 aprile 2023, n. 4014, con nota di CAFAGNO M., Funzioni delle gare, op. cit.
[80] CAPOTORTO D., op. cit., p. 55; GRECO R., op. cit.
[81] NAPOLITANO G., Il nuovo codice, op. cit.
[82] NAPOLITANO G., Committenza, op. cit., p. 4.
[83] CAFAGNO M., op. cit.
[84] SPASIANO M.R., op. cit., p. 219.
[85] FRACCHIA F. , op. cit., p. 19.
[86] SPASIANO M.R., Dall’amministrazione di risultato al principio di risultato del Codice dei contratti pubblici: una storia da scrivere, in federalismi.it, 2024, p. 217.
[87] GAROFOLI R., op. cit., p. 17.
[88] RENNA M., op. cit., p. 10.
[89] PERONGINI S., op. cit., p. 7.
[90] GRECO R., op. cit., p. 8.
[91] FRACCHIA F., op. cit., p. 28; RENNA M., op. cit.
[92] IARIA D., op. cit., p. 8.
[93] SPASIANO M.R., op. cit., p. 210.
[94] PERONGINI S., op. cit., p. 9.
[95] FRACCHIA F., op. cit., p. 39.
[96] SPASIANO M.R., op. cit., p. 211-212.
[97] FRACCHIA F., op. cit., p. 41.
[98] In tal senso Cons. St. III, 9812 del 2023; ID., 2866 del 2024; Cons. St., V, 5665 del 2023; ID. 1924 del 2024.
[99] CAPOTORTO D., op. cit., p. 57.
[100] Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 10483 del 2022.
[101] CAPOTORTO D., op. cit., p. 59-60.
[102] CINTIOLI F., op. cit., p. 12.
[103] Cons. St., III, n. 2866 del 2024.
[104] RENNA M., op. cit., p. 11.
[105] CARBONE L., Il Codice dei contratti pubblici: un anno di applicazione, in Giornale di diritto amministrativo, n. 4, 2024, p. 441 e ss.; SIMONETTI H., op. cit., p. 6. Per esempio, in materia di «affidamento in house di un appalto, anziché ricorrere al mercato, che pure l’art. 7 parrebbe consentire senza particolari timori, sinora “giustiziabile” per lo più dal lato della tutela della concorrenza, da oggi potrebbe essere avversata, anche se non soprattutto, dimostrando che a rimetterci sia proprio il risultato (ovvero l’efficacia e l’economicità dell’azione amministrativa), in termini di minore qualità o di maggior prezzo».
[106] GAROFOLI R., op. cit., p. 21.
[107] Cons. St., III, 2866 del 2024.
[108] Cons. St., III, n. 9812 del 2023, cit.