ISSN 2039 - 6937  Registrata presso il Tribunale di Catania
Anno XVI - n. 04 - Aprile 2024

  Studi



Il patto mafioso tra concorso esterno in mafia e scambio elettorale politico mafioso.

A cura di Antonia Macheda.

 

L’accordo avente ad oggetto la promessa di voti in cambio dell’erogazione di favori da parte del politico o di un suo rappresentante, ha dato adito, negli anni, ad un vivace dibattito. In particolare la giurisprudenza, preso atto delle lacune del previgente testo dell’art. 416 ter cp, ha cercato di non lasciare impunite le condotte atipiche riconducendole, seppur con delle precisazioni, nell’alveo del concorso esterno in mafia, ex artt.110 e 416 bis cp. Le indicazioni del Supremo Consesso sono state, successivamente, positivizzate con la legge 2014 n. 62 che ha riformulato l’art 416 ter cp. La presente trattazione, dopo aver evidenziato le caratteristiche del concorso esterno in mafia con particolare riguardo alla diversa consistenza del “patto” previsto anche nello scambio elettorale politico mafioso, si soffermerà ad analizzare il novellato art. 416 ter cp ed i problemi posti dalla successione di leggi nel tempo.

Come innanzi accennato, il concorso esterno in mafia è stato utilizzato dalla giurisprudenza per incriminare quelle condotte atipiche dell’extraneus non rientranti nell’originaria formulazione dell’art 416 ter cp. Sotto il profilo soggettivo, la fattispecie ex artt. 110 e 416 bis cp si caratterizza per un duplice atteggiarsi dell’elemento psicologico: per un verso, infatti, l’extraneus deve avere la coscienza e la volontà della propria azione e, per altro verso, deve avere anche la coscienza e la volontà che la propria condotta contribuirà o, comunque, rafforzerà l’associazione mafiosa. Qualora, infatti, il concorrente non abbia quest’ultima coscienza, egli porrà in essere un’azione del tutto indipendente ed autonoma, rientrante nell’alveo dell’art 41, c. 2 cp. e non già in quello dell’art. 110 cp. Per la Cassazione, quindi, la colpevolezza del concorrente si identifica nel dolo specifico: non potrebbe consistere, invece, nel dolo eventuale in quanto il concorrente in mafia non si prospetta semplicemente il rafforzamento della società criminale ma addirittura lo vuole realizzare. Inoltre, l’elemento psicologico del concorrente, oltre ai due requisiti positivi innanzi descritti, richiede anche un requisito negativo: non vi deve essere l’affectio societatis, poiché, in caso contrario, il soggetto agente si qualificherebbe come un intraneus alla compagine mafiosa (rectius: partecipe all’associazione ex art. 416 bis cp) e non già quale extraneus (ex artt.110 e 416 bis cp). Sotto il profilo oggettivo, il concorso esterno in mafia si caratterizza per il contributo, morale o materiale, che il concorrente arreca occasionalmente all’associazione mafiosa. Qualora, invece, l’apporto fosse stabile e continuativo, non si avrebbe concorso esterno ex artt.110 e 416 bis cp ma partecipazione all’associazione ex art 416 bis. Tale contributo, per come sottolineato più volte dal Supremo Organo di Nomofilachia (vedasi, al riguardo, SS.UU Demitry 1994, SS.UU. Carnevale 2002 e, da ultimo, SS.UU. Mannino 2005), deve avere un’efficacia causale reale; in particolare, per le Sezioni Unite del 2005, la verifica di tale efficacia causale deve effettuarsi mediante un giudizio prognostico ex post, secondo le regole dettate dalla Suprema Corte nella sentenza Franzese del 2002.

Proprio in virtù delle superiori caratteristiche, la giurisprudenza ha utilizzato il concorso esterno in mafia al fine di colmare le lacune della previgente formulazione dell’art 416 ter cp. Dopo le stragi di via D’Amelio e di Capaci, infatti, il legislatore, nell’adottare in via d’urgenza misure di contrasto alla criminalità mafiosa, ha introdotto tale fattispecie con la quale si è voluto incriminare autonomamente lo scambio elettorale politico mafioso. A causa del repentino e tormentato iter parlamentare, la norma però, nella sua originaria formulazione, si limitava ad incriminare il patto tra l’extraneus e l’intraneus avente ad oggetto lo scambio voto-denaro. La prassi giudiziaria ha evidenziato fin da subito l’inidoneità dell’art. 416 ter cp: molto spesso, infatti, il corrispettivo di tale “contratto a prestazioni corrispettive” non era il denaro bensì altre utilità quali, ad esempio, posti di lavoro, rilascio di concessioni, affidamento di appalti…Per questi motivi, la giurisprudenza, con un notevole sforzo interpretativo, ha ricondotto le condotte atipiche non rientranti nell’alveo dell’art 416 ter cp nell’elemento oggettivo del concorso esterno in mafia, ex artt. 110 e 416 bis cp. Con tale operazione interpretativa, la giurisprudenza ha, però, ben rimarcato le differenze intercorrenti tra il concorso esterno in mafia e lo scambio elettorale politico mafioso: pur presupponendo entrambe un patto tra un extraneus ed un intraneus, tale patto si atteggia in modo diverso nell’una e nell’altra fattispecie. Infatti, ai sensi degli artt. 110 e 416 bis cp, l’accordo voti-favori, per essere incriminato deve qualificarsi come un contributo avente un’efficacia causale reale. Inoltre, sotto il profilo probatorio, è necessario dimostrare, oltre all’esistenza del patto voti-favori, anche l’attuazione dello stesso in termini di apporto causalmente rilevante per l’associazione mafiosa. Viceversa, il patto previsto nella previgente formulazione dell’art. 416 ter, non richiedeva alcun contributo causalmente rilevante all’extraneus: quest’ultimo, infatti, doveva semplicemente stipulare un patto di scambio voti-denaro ed ottenere la promessa dello scambio. Più semplice, quindi, era l’onus probandi: per incriminare le condotte tipiche di cui al previgente art 416 ter cp sarebbe bastato dimostrare la semplice esistenza dell’accordo voti-denaro. Inoltre, ad essere punito era solo il concorrente: si voleva evitare, infatti, la violazione del ne bis in idem per l’intraneus, punito già ai sensi del comma terzo dell’art. 416 bis cp. Con la legge 2014 n. 62, il legislatore finalmente recepisce le sollecitazioni provenienti dalla giurisprudenza. Pertanto, la nuova formulazione dell’art 416 ter cp ha per oggetto sia il patto voti-denaro che quello voti-altre utilità: inoltre, la controprestazione pattuita per lo scambio elettorale può consistere tanto nell’erogazione di denarofavori quanto nella semplice promessa dell’erogazione in caso di vittoria elettorale. La fattispecie del concorso esterno in mafia, quindi, viene oggi utilizzata solo qualora vi sia la prova che l’accordo non solo sia stato concluso ma abbia addirittura arrecato un contributo occasionale ma causalmente rilevante per l’associazione.

Passando all’analisi del novellato art 416 ter, il nuovo patto di scambio si configura quale un reato di pericolo: ciò che viene incriminato, infatti, è il semplice accordo, a prescindere poi dalla sua concreta realizzazione. Analogamente alla previgente norma, il promissario può essere chiunque: non solo il candidato ma anche un suo rappresentante, il vertice del partito o un componente della lista elettorale. Tuttavia, la struttura cambia sia con riferimento alla figura del promittente i voti sia con riferimento alla pena prevista. Infatti, il nuovo testo prevede, in primo luogo, la punibilità del promittente: quest’ultimo, che può essere sia un intraneus alla compagine mafiosa che un mero intermediatore, soggiace alla stessa pena prevista per il promissario. Poiché il reato si profila quale un contratto a prestazioni corrispettive, sarebbe stato irragionevole punire solo una delle due parti; si riprende, così, lo stesso schema delle fattispecie plurisoggettive proprie punitivo che ritroviamo, ad esempio, nell’art 319 quater o nell’art. 321 cp. Se il promittente, poi, è anche intraneus all’associazione, non si verifica alcuna violazione del ne bis in idem: egli, infatti, soggiacerà alla pena prevista dall’art 416 bis poiché partecipante e a quella prevista dall’art. 416 ter cp in quanto autore del reato scopo, seppur con la riduzione prevista per la continuazione ai sensi dell’art. 81 cp. In secondo luogo, la nuova formulazione prevede una riduzione della pena applicabile: si è passati, infatti, dalla pena della reclusione da sette a dodici anni, prevista al comma primo dell’art 416 bis cp (come modificato dall’art.1, del d.l. n. 92 del 2008), alla reclusione da quattro a dieci anni. Il minor rigore del trattamento sanzionatorio lo si spiega proprio in virtù dell’arretramento della tutela operato dalla nuova norma: come innanzi detto, si incrimina il mero fatto dell’accordo, a prescindere dalla sua concreta realizzazione.

Inoltre, la nuova norma prevede, analogamente al vecchio testo, il riferimento alle modalità di cui all’art 416 bis comma 3: il patto di scambio deve essere, quindi, connotato dal c.d. metodo mafioso, consistente da un lato, nell’utilizzo dell’intimidazione derivante dal vincolo associativo e, dall’altro lato, nell’assoggettamento psicologico di chi subisce tale intimidazione. Tale riferimento al metodo mafioso determina, per converso, l’inapplicabilità dell’aggravante di cui al primo periodo dell’art. 7, comma primo, d.l. 1991 n. 152: nel reato ex art 416 ter cp, le modalità mafiose rappresentano, infatti, un elemento costitutivo della fattispecie e, pertanto, non potranno rilevare quali aggravanti, ai sensi dell’art. 61, comma primo c.p. Viceversa, potrà essere applicata l’aggravante della finalità mafiosa, prevista nel secondo periodo del citato art. 7. A ben guardare, è proprio tale metodo mafioso che permette di distinguere il reato de quo dai reati in tema di corruzione elettorale, di cui di cui agli artt. 86 e 87 D.P.R.1960 n. 570 (norme analoghe sono presenti anche nel D.P.R. 1957 N. 361): a conferma del minore disvalore, per questi ultimi reati la pena prevista è notevolmente inferiore a quella dello scambio elettorale politico mafioso.. Secondo alcuni, inoltre, in tema di corruzione elettorale ( di cui al Dpr 1960 n. 570 e al Dpr 1957 n. 361), le “modalità” e le “finalità mafiose” potranno rilevare ai fini dell’applicazione di entrambe le aggravanti previste dall’art 7 del D.l. 1991 n. 152; secondo altri, invece, in presenza di tali modalità, i reati elettorali sarebbero assorbiti dal nuovo art. 416 ter cp.

Sotto il profilo soggettivo, la novellata fattispecie dello scambio elettorale politico mafioso prevede, il dolo tanto del promissario quanto del promittente. A differenza della previgente formulazione, l’elemento psicologico viene richiesto anche per il promittente: quest’ultimo, infatti, nel promettere di procurare i voti deve avere la consapevolezza non solo della propria azione ma anche delle modalità mafiose da questo utilizzate. Si discute, inoltre, se il requisito della colpevolezza debba assumere la forma del dolo generico o del dolo specifico: in ogni caso, si è concordi nel ritenere che debba esserci la coscienza e la volontà non solo del pactum ma anche dell’utilizzo delle modalità mafiose.

Da ultimo, occorre analizzare i problemi successori posti dalla novella legislativa del 2014. Per effetto della successione di leggi, infatti, per un verso è cambiata la cornice edittale e, per altro verso, è stata prevista la punibilità anche del promittente: si è passati, infatti, da un reato plurisoggettivo improprio ad un reato plurisoggettivo proprio. Sotto il primo profilo, poiché la pena prevista è stata abbassata, anche per i fatti antecedenti all’entrata in vigore della legge troverà applicazione la pena inferiore prevista al novellato art 614 ter cp: opera, infatti, il principio del favor rei di cui all’art. 2, comma secondo, cp. Sotto il profilo della nuova punibilità del promittente, quest’ultimo non potrà essere condannato per fatti compiuti antecedentemente alla novella legislativa, in virtù del principio di irretroattività per come sancito dall’art 2, comma primo cp oltre che dall’art 7 Cedu.