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Anno XVII - n. 06 - Giugno 2025

  Studi



Le killer acquisitions nei settori innovativi: la risposta del legislatore italiano tra innovazione e certezza del diritto.

Di Blen Beka
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Le killer acquisitions nei settori innovativi: la risposta del legislatore italiano tra innovazione e certezza del diritto

 

Di Blen Beka

 

Abstract

L’espansione dei mercati ad alta intensità tecnologica ha reso le killer acquisitions uno snodo cruciale del diritto antitrust. Operazioni apparentemente “piccole”, perché sotto le soglie di fatturato, possono neutralizzare start‑up capaci di sovvertire gli equilibri competitivi: la posta in gioco è la stessa traiettoria dell’innovazione. L’articolo esamina il nuovo perimetro del controllo delle concentrazioni delineato dal legislatore italiano con l’introduzione del potere di call‑in dell’AGCM (art. 16, co. 1‑bis l. 287/1990), collocandolo all’incrocio fra tutela della concorrenza, incentivo agli investimenti e principi di certezza del diritto. Dopo aver ripercorso l’evoluzione dalla logica delle soglie di fatturato al criterio SIEC e al rinvio ex art. 22 Reg. 139/2004, lo studio analizza la giurisprudenza Illumina/Grail e il caso Nvidia/Run:ai come primi banchi di prova della compatibilità fra l’impulso riformatore nazionale e le garanzie offerte dall’ordinamento dell’Unione. Ne emerge il profilo di un antitrust “adattivo”, chiamato a bilanciare flessibilità regolatoria e salvaguardia dei principi di legalità e prevedibilità, per trasformare il rischio delle acquisizioni predatorie in un’occasione di crescita concorrenziale e progresso tecnologico.

The expansion of high-tech markets has made killer acquisitions a pivotal issue in competition law. Seemingly “small” transactions—because they fall below turnover thresholds—can eliminate start-ups capable of disrupting competitive dynamics: what is at stake is the very trajectory of innovation. This article examines the new framework for merger control introduced by the Italian legislator through the call-in power granted to the national competition authority (AGCM) by Article 16(1-bis) of Law No. 287/1990. This reform stands at the intersection of competition protection, investment incentives, and the principles of legal certainty. After tracing the evolution from turnover-based thresholds to the SIEC test and the referral mechanism under Article 22 of Regulation No. 139/2004, the analysis focuses on the Illumina/Grail judgment and the Nvidia/Run:ai case as the first testing grounds for assessing the compatibility between national legislative innovation and the safeguards enshrined in EU law. What emerges is the profile of an “adaptive” antitrust system, called upon to strike a balance between regulatory flexibility and the preservation of legality and predictability, in order to transform the risk of predatory acquisitions into an opportunity for competitive growth and technological advancement.

 

Cenni introduttivi

 

Nel 2012, l'annuncio dell'acquisizione di Instagram da parte di Facebook per 715 milioni di dollari ha rappresentato un momento significativo nel panorama dei social media.[1] Instagram, una rinomata piattaforma di condivisione di foto e video, stava vivendo un notevole aumento di popolarità come piccola start-up.  Al momento della fusione, la Federal Trade Commission (FTC) degli Stati Uniti è stata coinvolta nell'analisi della transazione, esaminando se l'acquisizione avrebbe violato le leggi antitrust e se avrebbe potuto comportare un comportamento anticoncorrenziale da parte di Facebook. L’indagine da parte della Commissione è stata chiusa senza la necessità di un'ulteriore azione nei confronti della piattaforma.[2] La FTC ha quindi approvato l'acquisizione nel settembre 2012. Da allora sono state sollevate domande sull'accuratezza dell'analisi condotta.

Nel 2019 L'Indagine sulle Piattaforme Digitali condotta dalla Commissione Australiana della Concorrenza e dei Consumatori (ACC) spiega che «acquisendo Instagram, Facebook ha eliminato un potenziale concorrente».[3] Il rapporto sottolinea che dopo l'acquisizione, Instagram è diventato «una piattaforma di social media più ampia, con la possibilità per gli utenti di condividere informazioni e foto, messaggiare altri utenti e ora vendere spazi pubblicitari». L'Indagine ACCC sostiene che al momento della fusione, Instagram poteva essere percepito come avente «almeno il potenziale per svilupparsi in un concorrente efficace». Afferma che «Anche al momento dell'acquisizione, Instagram era, come Facebook, una piattaforma che facilitava lo sviluppo di reti sociali di utenti, e attirava l'attenzione dei consumatori che era pronta per essere monetizzata con la pubblicità».[4]

L'acquisizione da parte di Facebook ha significato un consolidamento del suo dominio nel campo dei servizi di social media, portando a vantaggi su larga scala e ad una diminuzione della concorrenza nel settore. Mediante l'acquisizione di Instagram, Facebook è riuscita a eliminare efficacemente un possibile contendente.  Sebbene, al momento dell'acquisizione, Instagram presentasse delle differenze rispetto a Facebook, è difficile predire come Instagram si sarebbe sviluppato in assenza dell'acquisizione da parte di Facebook. Tuttavia, è evidente che Instagram aveva il potenziale per emergere come un concorrente efficace nel settore dei social media. Nonostante sia difficile prevedere come Instagram si sarebbe sviluppato senza l'intervento di Facebook, è tuttavia evidente il potenziale che aveva per poter emergere come forza competitiva nel mercato dei social media. Questo aspetto è stato evidenziato anche nel Rapporto Lear[5] inviato alla Competition Market Authority (CMA), che ha identificato problematiche nell'analisi condotta dall'Ufficio Britannico per il Commercio Equo (OFT)[6] nel 2012. L'OFT, infatti, ha approvato la fusione nella fase iniziale del processo di revisione delle fusioni, senza considerare la capacità di Instagram di monetizzare i propri servizi. Il Rapporto Lear ha rilevato che l'autorità ha sottostimato il potenziale pubblicitario dell'app e potrebbe aver dato eccessiva importanza alle funzionalità dei prodotti delle parti coinvolte. In conclusione, ha ipotizzato che l'accordo tra Facebook e Instagram abbia potenzialmente impedito l'emergere di un concorrente diretto di Facebook.[7]

L'acquisizione di Instagram da parte di Facebook rappresenta un'ipotesi di raggruppamento tra imprese il cui elemento comune si identifica nella modifica duratura della struttura delle imprese coinvolte. Si definisce così una concentrazione, operazione in cui un’impresa, tramite un processo di crescita esterna, mira a consolidare la propria presenza nel mercato di riferimento, attingendo da economie di terzi.[8] In linea generale, le operazioni di concentrazione godono del maggior favore del legislatore rispetto ad altre fattispecie che potrebbero limitare la concorrenza, come intese o abusi di posizione dominante. Questo favore per le concentrazioni può essere compreso considerando che, nella maggior parte dei casi, le fusioni e le acquisizioni che comportano una crescita esterna delle imprese portano a miglioramenti in termini di efficienza e produttività.[9]  Sebbene anche in questo caso non si possano negare i benefici dell’operazione, per identificare questo tipo di concentrazione bisogna focalizzarsi sul fine dell’acquisizione stessa, in quanto si pone un obiettivo ben preciso: « l’interruzione dello sviluppo dei progetti innovativi dell’impresa target e all’eliminazione della concorrenza futura » [10].  Questo elemento fa sì che la concentrazione prenda il nome di “killer acquisition”, termine per la prima volta introdotto da Colleen Cunningham et. al nel 2018 nell’ambito di uno studio relativo all’industria farmaceutica statunitense.[11]

Nel presente capitolo l’obiettivo è quello di esaminare le caratteristiche proprie di questa tipologia di concentrazione, analizzandone gli sviluppi e la disciplina per comprendere come le killer acquisitions emergono come strategie aziendali mirate a eliminare la concorrenza attraverso l'acquisizione di start-up o società più piccole. Queste mosse strategiche non solo plasmano il contesto competitivo, ma riflettono anche la rapida evoluzione e la continua corsa all’innovazione nel mondo digitale. Le killer acquisitions rappresentano un fenomeno intrinseco, in cui le grandi aziende utilizzano astutamente le acquisizioni per consolidare la propria posizione di dominio, eliminando potenziali minacce alla loro leadership. Queste acquisizioni non sono semplici operazioni di espansione, ma vere e proprie strategie mirate a neutralizzare concorrenti emergenti e a mantenere il controllo su settori chiave dell'industria digitale.

 

  1. Definizione di concentrazione

Prima di affrontare in dettaglio l'analisi della nozione di concentrazione come delineata dal Regolamento n. 139/2004, è opportuno fornire una panoramica esaustiva e di questo concetto fondamentale.[12] La concentrazione evoca un'immagine di aggregazione, in cui cose e/o persone precedentemente distanti vengono riunite nello stesso contesto. Si tratta di un processo complesso che implica la creazione di un'entità nuova o rafforzata attraverso la combinazione di risorse, capacità o controllo. Questo processo di raggruppamento implica due aspetti cruciali: la durata nel tempo e la modifica dei rapporti di interdipendenza tra le parti coinvolte. Tale idea di concentrazione costituisce il fondamento concettuale alla base della disciplina del merger control. L'interpretazione della nozione di concentrazione può essere esplorata da due prospettive complementari: quella economica e quella giuridica. Dal punto di vista economico, si fa riferimento agli effetti tangibili che la concentrazione produce sulle imprese coinvolte.[13] In particolare, ci si concentra sulla perdita di autonomia decisionale da parte delle imprese che accettano un controllo unitario in modo permanente. Questo processo può influenzare significativamente le dinamiche competitive all'interno di un settore. Dall'altra parte, dal punto di vista giuridico, invece, risulta necessario fare riferimento all’ 3 paragrafo 1 del Regolamento n. 139/2004 dove le concentrazioni vengono definite sulla base delle fattispecie giuridiche che possono realizzare una modifica duratura del controllo delle imprese, in particolare a) fusione di due o più imprese precedentemente indipendenti; b) acquisizione del controllo su un’impresa o su parti di essa; c) costituzione di un’impresa comune.  Questa lista di istituti giuridici, sebbene rappresentativa, non esaurisce tutte le possibili forme di concentrazione. Tuttavia, fornisce l’elemento comune a tutte queste operazioni, che ci permette di individuare gli altri strumenti che comportino una «modifica duratura del controllo delle imprese interessate e pertanto la modifica della struttura del mercato».[14] 

Ci sono, quindi,  due elementi distintivi nella nozione di concentrazione: (i) le imprese coinvolte devono essere indipendenti, non potendo pertanto appartenere allo stesso gruppo; in caso contrario, sarebbero già soggette prima dell'operazione a una direzione economica unitaria; (ii) gli effetti della concentrazione devono avere una natura duratura e stabile, valutazione che spetta all'Autorità antitrust caso per caso.[15] Non è richiesto, ai fini della definizione in questione, che la concentrazione coinvolga imprese concorrenti. La disciplina può essere applicata sia a operazioni che coinvolgono imprese operanti nella stessa fase del processo economico (concentrazioni orizzontali), sia a imprese che operano in fasi diverse, come ad esempio tra produttore e distributore (concentrazioni verticali), e infine a imprese che operano in mercati diversi, ma talvolta collegati e/o contigui (concentrazioni conglomerali).

 

2.1 Evoluzione della disciplina

In realtà a livello europeo la prima disciplina in tema di concentrazioni risale al 1989, con l'introduzione del Regolamento n. 4064.[16] Prima della sua adozione, il controllo delle concentrazioni era regolato principalmente attraverso le disposizioni contenute nei Trattati istitutivi delle Comunità Europee, in particolare nel Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea (CEE).[17] Le disposizioni, però, riguardavano principalmente l'eliminazione delle restrizioni alla libera circolazione di merci e persone tra gli Stati membri e la promozione della concorrenza all'interno del mercato comune europeo. Il quadro normativo apriva una serie di problematiche, portava ad un ampliamento eccessivo della discrezionalità della Commissione e conseguentemente creava dei problemi di certezza giuridica. Non risultava chiaro né in quali casi la Commissione potesse procedere all’applicazione diretta degli artt. 81 ed 82 TCE né le modalità di applicazione degli stessi, in quanto disposizioni espressamente pensate per fenomeni strutturalmente e giuridicamente differenti dalle concentrazioni. La necessità di istituire una normativa specifica fondata su criteri oggettivi e sostanziali diventava sempre più evidente, specialmente considerando l'aumento delle fusioni, acquisizioni e joint venture alla fine degli anni '80. Alla fine, si raggiunse un compromesso politico per sviluppare una disciplina completa che regolasse il controllo delle operazioni di concentrazione. Si ritiene che questa iniziativa trovi le sue radici nell'adozione del Libro Bianco della Commissione CE sul completamento del Mercato Unico[18] nel 1985 e nell'approvazione successiva dell'Atto Unico Europeo nel 1986.[19] Questi due documenti hanno gettato le basi per la creazione di un mercato unico europeo, definito come uno «spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali». Questo processo, che ha portato all'eliminazione di tutte le barriere commerciali tra gli Stati membri, ha reso necessaria l'implementazione di una normativa dedicata che favorisse e regolasse le operazioni di crescita esterna delle imprese al fine di promuovere il mercato unico europeo. Così è stato approvato il Regolamento n. 4064/1989, attraverso il quale la Commissione Europea ha istituito un sistema di controllo ex ante delle operazioni di concentrazione basato sul superamento di specifiche soglie di fatturato da parte delle imprese coinvolte e su una divisione delle competenze tra la Commissione e gli Stati membri. Successivamente, questo regolamento è stato abrogato e sostituito dal Regolamento n. 139/2004, che ha mantenuto la struttura e i principi del regolamento originario, ma ha introdotto una serie di modifiche che verranno esaminate nel paragrafo successivo.

 

2.2 Regolamento n.139/2004

Il Regolamento n. 139/2004 ha inserito, nel testo dell'art. 3, una definizione di concentrazione portata generale che essenzialmente coincide con quella già delineata nella prassi applicativa della Commissione.[20] Questa nozione, infatti, individua l'elemento unificante della fattispecie in esame nel controllo (in senso economico) dei fattori della produzione. Ai sensi di tale disposizione, «si ha una concentrazione quando si produce una modifica duratura del controllo»[21] a seguito del verificarsi di uno degli eventi indicati nelle citata norma.[22] In altre parole, una concentrazione ai sensi del ECMR copre solo operazioni che comportano un cambiamento duraturo nella struttura delle imprese interessate e può consistere sia in una fusione che in un'acquisizione di controllo unico o congiunto.[23] Va notato che una concentrazione si verifica anche quando un'operazione porta a un passaggio da un controllo congiunto a un controllo unico o a un aumento del numero di azionisti che esercitano un controllo congiunto.[24] Oltre a questa nozione, l’articolo menzionato fa una breve analisi delle singole figure.

In conformità con la lettera a) del paragrafo 1 della norma in questione, una prima categoria di concentrazioni può avvenire tramite fusione, in cui tale lettera si riferisce alla fusione di due o più imprese precedentemente indipendenti.[25] La stessa disposizione a) menziona anche «all’acquisto di parti dell’impresa». La seconda situazione prevista nella  lettera b) e più dettagliatamente delineata nei paragrafi 2 e 3 della normativa,[26] riguarda l'acquisizione del controllo diretto o indiretto di un'impresa o delle sue parti da parte di uno o più soggetti che già detengono il controllo su un'altra impresa. L'articolo 3, paragrafo 2, definisce il controllo come la capacità di esercitare «un’influenza determinante sull’attività di un’impresa»; pertanto, ciò che conta non è se il controllo viene effettivamente esercitato, ma piuttosto la reale possibilità di esercitarlo,[27] indipendentemente dallo strumento, di diritto o di fatto, utilizzato a tale scopo. Le modalità attraverso le quali il controllo può essere ottenuto sono varie, ad esempio, tramite l'acquisizione di azioni del capitale dell'impresa interessata o attraverso la stipula di contratti che conferiscono all'acquirente il controllo sulla gestione o sulle risorse dell'impresa.

Le concentrazioni possono essere di diritto o di fatto.[28] Nella comunicazione della Commissione sul concetto di concentrazione si stabilisce che una fusione può avvenire in tre forme: a) fusione (due o più imprese indipendenti si fondono in una nuova impresa e cessano di esistere come soggetti giuridici distinti), b) assorbimento (un'impresa che viene assorbita cessa di esistere come soggetto giuridico, mentre l'impresa incorporante mantiene la propria personalità giuridica), c) fusione di fatto se dalla combinazione delle attività di imprese indipendenti nasce un'unica unità economica, in particolare quando viene stabilita contrattualmente una gestione economica comune e permanente, che è in ogni caso un prerequisito per l'insorgere di una fusione di fatto, i profitti interni e la compensazione delle perdite avvengono come se l'unità fosse un gruppo di imprese e la loro responsabilità è congiunta all'esterno; le imprese interessate mantengono pienamente la loro personalità giuridica individuale.[29]

La terza e ultima tipologia di operazioni è regolata dal paragrafo 4 dell'articolo 3. In base a questa disposizione, la costituzione di una joint-venture (o impresa comune) può, in determinate situazioni, essere considerata una concentrazione. Affinché questa situazione si verifichi, due o più imprese devono acquisire insieme il controllo su un'impresa già esistente o di nuova costituzione. Tale controllo, che si manifesta nella capacità di indirizzare l'attività dell'impresa, può essere ottenuto principalmente in due modi: da un lato, tramite l'acquisizione di quote del capitale sociale dell'impresa comune, come nel caso di un'impresa interamente posseduta da due società distinte che partecipano rispettivamente la metà del capitale sociale, oppure attraverso la stipula di contratti, quali patti parasociali o accordi di collaborazione, che concedono alle imprese "madri" il potere di concordare le decisioni relative all'attività dell'impresa comune. Il regolamento in questione stabilisce che in tali situazioni si configura un cambiamento di controllo duraturo ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1(b), e di conseguenza, la possibilità di configurare una concentrazione. A tale scopo, il paragrafo 4 richiede esplicitamente che l'impresa comune, una volta costituita, svolga in modo continuativo tutte le funzioni di un'entità economica autonoma ("full-function"),[30] i.e. “pieno titolo”.[31] Questa condizione si verifica quando l'impresa comune, pur essendo soggetta al controllo congiunto delle imprese madri che ne determinano le strategie, è in grado di operare sul mercato indipendentemente dall'attività svolta dalle imprese madri, sia dal lato dell'offerta che della domanda. In tal modo, essa sviluppa una propria politica commerciale e conduce un'attività che non favorisce esclusivamente le imprese madri, ma beneficia l'intero mercato in cui opera.

Di conseguenza, un'impresa comune non può essere considerata full-function se non è in grado di svolgere autonomamente tutte le attività economiche necessarie per operare sul mercato, quali l'acquisto di materie prime, la produzione, la distribuzione e la vendita di prodotti o servizi. Inoltre, deve essere in grado di affrontare le sfide del mercato in modo indipendente, tra cui la determinazione dei prezzi, la gestione delle relazioni con i clienti, la definizione della strategia commerciale, la ricerca e lo sviluppo, e così via.[32] Infine, è richiesto che l'impresa comune operi in modo stabile e continuativo per un periodo di tempo indefinito. È importante sottolineare che all'articolo 2, paragrafo 4, intitolato «valutazione delle concentrazioni», il legislatore ha stabilito che nei casi in cui "la costituzione di un'impresa comune, qualificata come una concentrazione, abbia per effetto o per oggetto il coordinamento del comportamento concorrenziale di imprese che restano indipendenti", la compatibilità di tale comportamento con il mercato comune deve essere valutata ai sensi dell'articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE) in materia di intese restrittive della concorrenza.[33]

 

  1. Le dimensioni delle concentrazioni

Le concentrazioni non sono soggette a un divieto esplicito da parte del legislatore, a differenza delle intese restrittive e degli abusi di posizione dominante; sono, tuttavia, soggette a un esame ex ante da parte dell'Autorità antitrust. Questo sistema di controllo anticipato è finalizzato a valutare l'impatto di tali operazioni sulla concorrenza nel mercato. Solo le concentrazioni che superano determinate soglie dimensionali sono sottoposte a questa revisione preventiva dell'Autorità, poiché il superamento presuppone che l'operazione possa influenzare l'andamento dei mercati coinvolti. Il trattamento di maggior favore riservato alle concentrazioni trova giustificazione nelle efficienze che tali operazioni possono generare, non solo dal punto di vista della concorrenza, ma anche da quello economico.[34]

Nel primo caso, è importante sottolineare che le operazioni di concentrazione incentivano l'innovazione, consentendo maggiori investimenti in ricerca e sviluppo e portando alla creazione di nuovi prodotti e servizi. Inoltre, promuovendo la crescita delle imprese attraverso acquisizioni, favoriscono l'espansione commerciale, l'accesso a nuovi mercati e l'acquisizione di nuovi clienti. Da un punto di vista economico, tali operazioni permettono alle imprese di realizzare economie di scala e di abbattere i costi di produzione e di distribuzione. Questi fattori si traducono in un ribasso dei prezzi per i consumatori e in una crescita dei profitti per le imprese.

Gli effetti menzionati si verificano attraverso operazioni di ristrutturazione aziendale. Queste operazioni, se da un lato possono essere considerate positivamente poiché favoriscono il consolidamento di una concorrenza dinamica e la crescita delle imprese, dall'altro potrebbero comportare un pregiudizio duraturo per la concorrenza. Ad esempio, potrebbero concentrare eccessivamente il potere economico in poche mani e favorire il consolidamento di posizioni dominanti che potrebbero essere sfruttate abusivamente, influenzando negativamente il corretto funzionamento dei mercati interessati.[35] Proprio l’eventualità che da una concentrazione possano scaturire esternalità negative, ha portato il legislatore europeo a predisporre un sistema ex ante delle concentrazioni, con l’obiettivo di conciliare gli aspetti positivi delle concentrazioni (favorire la crescita delle imprese) e quelli negativi (creare o/e rafforzare una posizione dominante).  Questo controllo preventivo si basa su una serie di fasi consequenziali, che trovano origine nel superamento di determinate soglie dimensionali. I parametri usati dal legislatore fanno, in altre parole, riferimento alla dimensione e alla rilevanza economica dell’operazione considerata.

3.1 Le concentrazioni di dimensioni eurounitaria

L’aggettivo eurounitario è attribuito alla concentrazione in base al superamento di determinate soglie di fatturato stabilite dal Regolamento 139/2004, diventando quindi soggetta al controllo da parte della Commissione Europea.[36]

In tale Regolamento, sin dalle prime disposizioni, il legislatore europeo sottolinea come la qualifica di dimensione eurounitaria debba riferirsi a tutte quelle operazioni che comportano modifiche strutturali importanti del mercato comune, il cui effetto si estenda oltre le frontiere nazionali di un singolo Stato Membro.[37] Il concetto di dimensione europea delle concentrazioni comprende, perciò, da un lato, quelle operazioni di grandi dimensioni e, dall’altro, quelle che non abbiano un impatto circoscritto al territorio nazionale in cui vengono realizzate. In aggiunta, la qualifica menzionata prescinde dalla nazionalità delle imprese coinvolte nell’operazione di concentrazione. L'applicazione del Regolamento riguarda un'operazione di concentrazione se supera le soglie dimensionali stabilite dallo stesso, indipendentemente dal fatto che le imprese interessate abbiano o meno la sede legale o svolgono principalmente la propria attività all’interno del territorio dell’Unione Europea.[38]

L’articolo 1 del Regolamento stabilisce i criteri dimensionali per definire la rilevanza europea di un’operazione, con particolare attenzione ai paragrafi 2 e 3. In origine, la normativa contemplava soltanto le cosiddette “macro-soglie”, concepite per intercettare esclusivamente le concentrazioni di dimensioni estremamente elevate. Il paragrafo 2 dell'articolo 1 del Regolamento identifica tre condizioni che, se soddisfatte cumulativamente, qualificano la concentrazione come di dimensione europea: a) il fatturato totale mondiale delle aziende coinvolte supera i 5 miliardi di euro; b) il fatturato totale realizzato individualmente all'interno dell'Unione Europea da almeno due delle aziende coinvolte supera i 250 milioni di euro; e infine c) la cosiddetta "regola dei due terzi", che stabilisce che ciascuna delle aziende coinvolte non deve generare più dei due terzi del proprio fatturato all'interno di un singolo Stato membro.[39] La ratio è quella di evitare che operazioni che superano le soglie dimensionali europee, producendo effetti principalmente all'interno di un singolo Stato membro, siano soggette al controllo esclusivo della Commissione. Le prime due soglie, invece, consentono di valutare la dimensione economica dell'operazione, considerando prima l'importanza a livello mondiale delle aziende coinvolte e successivamente verificando se tali aziende rivestano un ruolo significativo anche all'interno dell'Unione. Queste soglie limitavano eccessivamente l'ambito di applicazione del Regolamento, includendo solo operazioni di dimensioni molto grandi. Ciò significava che operazioni che influenzano i mercati di più di uno Stato membro, ma che non raggiungevano le suddette macro-soglie, sarebbero state soggette alla valutazione delle Autorità antitrust nazionali in più Stati membri, causando il c.d. fenomeno delle notifiche multiple e la duplicazione delle procedure di controllo. Per affrontare queste problematiche, il Regolamento originario del '89 è stato emendato,[40] introducendo al paragrafo 3 delle soglie dimensionali aggiuntive che si applicano nei casi in cui le macro-soglie stabilite al paragrafo 2 non siano superate.

Durante la stesura del Regolamento n. 139/2004, sono state mantenute le soglie complementari,[41] che prevedono quattro condizioni cumulative: a) il fatturato totale mondiale delle aziende coinvolte supera i 2,5 miliardi di euro; b) il fatturato totale delle aziende coinvolte in almeno tre Stati membri supera i 100 milioni di euro; c) il fatturato totale realizzato individualmente da almeno due delle aziende coinvolte in questi tre Stati membri supera i 25 milioni di euro; d) il fatturato totale realizzato individualmente all'interno dell'Unione Europea da almeno due delle aziende coinvolte supera i 100 milioni di euro. Inoltre, si applica la regola dei due terzi, secondo cui ciascuna delle aziende coinvolte non deve generare più dei due terzi del proprio fatturato in un singolo Stato membro.

A questo schema di soglie delineato, vanno aggiunti i meccanismi di rinvio, che saranno trattati in dettaglio nei paragrafi di questo elaborato. I meccanismi di rinvio permettono di sottoporre all'esclusiva competenza della Commissione Europea anche operazioni che, pur non superando le soglie di dimensione europea, producono effetti al di fuori dei confini di un singolo Stato membro[42].

 

3.2 Eccezioni alla disciplina

L'articolo 21, paragrafo 2 del Regolamento sulle concentrazioni stabilisce che la Commissione Europea ha competenza esclusiva per adottare le decisioni previste dal suddetto regolamento. Al paragrafo 3, viene stabilito che gli Stati membri devono astenersi dall'applicare la rispettiva legislazione nazionale in materia di antitrust alle concentrazioni di dimensione europea.[43] Questo principio generale, c.d. "sistema dello sportello unico",  (one-stop-shop control[44]) stabilisce che una volta superate le soglie dimensionali europee, la disciplina applicabile sarà quella delineata dal Regolamento, e le singole Autorità antitrust nazionali degli Stati membri dovranno astenersi dall'applicare le rispettive normative nazionali. La ratio è di affidare alla sola Autorità europea il controllo sulle operazioni di concentrazione che influenzano il commercio tra almeno due Stati membri[45]. In altre parole, le concentrazioni che superano le soglie dimensionali europee saranno esaminate solo una volta dalla Commissione e saranno soggette esclusivamente al Regolamento europeo. Questo sistema è quindi stato progettato per garantire una chiara suddivisione delle competenze tra le Autorità antitrust nazionali e la Commissione, ed evitare anche in questo caso il c.d. fenomeno delle notifiche multiple, che si verificherebbe se una concentrazione avesse un impatto su più Stati membri superando le soglie dimensionali stabilite dalle rispettive normative nazionali. Tuttavia, se da un lato tale sistema, basato sulla dimensione economica delle imprese, ha risolto le problematiche iniziali riguardanti la certezza del diritto, ha anche portato all'emergere di due anomalie che evidenziano la parziale inadeguatezza del sistema. Il primo aspetto problematico che, pur superando le soglie dimensionali europee, sono soggette al controllo esclusivo della Commissione anche se i loro effetti si manifestano solo in alcuni Stati membri. La seconda anomalia riguarda le concentrazioni che, nonostante abbiano un impatto significativo sul commercio e sulla concorrenza a livello europeo, sono soggette al controllo delle Autorità antitrust nazionali poiché non raggiungono le soglie dimensionali richieste dal Regolamento e quindi non sono considerate di dimensione europea. Per risolvere tali incongruenze, il legislatore ha istituito i cosiddetti "meccanismi di rinvio", i quali hanno lo scopo, come suggerisce il nome, di indirizzare le concentrazioni di dimensione europea alle Autorità Nazionali competenti per l'esame e, viceversa, di sottoporre alla Commissione le operazioni che altrimenti sarebbero soggette alla giurisdizione delle normative nazionali. La ratio alla base di questo meccanismo correttivo[46] è quella di garantire, nel rispetto del principio di sussidiarietà[47], che ogni concentrazione sia esaminata dall'Autorità ritenuta più adatta in base alle circostanze specifiche del caso[48].

I meccanismi di rinvio previsti nel Regolamento n. 139/2004 possono essere suddivisi in due principali categorie: (i) rinvio antecedente alla notifica (articoli 4, paragrafi 4 e 5) e (ii) rinvio successivo alla notifica (articoli 9 e 22). La distinzione, come chiarito dalla definizione, risiede nel momento in cui viene avanzata la richiesta di rinvio, se avviene prima o dopo la notifica all'Autorità antitrust in seguito al superamento delle soglie dimensionali richieste. I meccanismi di rinvio antecedenti alle notificazioni, regolamentati dall'articolo 4 del Regolamento, prevedono rispettivamente, al paragrafo 4,[49] la possibilità di rinvio alle Autorità Nazionali delle concentrazioni di dimensione europea, mentre al paragrafo 5,[50] si prevede il procedimento opposto, i.e. rinvio alla Commissione delle concentrazioni prive della dimensione europea.

La prima tipologia di rinvio pre-notifica, come stabilita al paragrafo 4 (i.e. "rinvio verso il basso"), prevede che le imprese coinvolte possano presentare una richiesta motivata alla Commissione. Scopo di questa richiesta è informare la Commissione che la concentrazione di cui sono parte potrebbe avere un impatto significativo sulla concorrenza in un mercato interno di uno Stato Membro che possiede tutte le caratteristiche di un «mercato distinto»[51]. Di conseguenza, si richiede che l'operazione sia esaminata, interamente o in parte, dall'Autorità Nazionale della Concorrenza (ANC) dello Stato Membro interessato,[52] a meno che quest'ultima non si opponga al rinvio. Gli autori del Regolamento sottolineano come questo meccanismo miri a garantire l’efficacia del sistema di controllo delle concentrazioni,[53] offrendo alle imprese la possibilità di valutare in anticipo l’impatto dell’operazione e di individuare quale autorità antitrust sia più adatta a condurre l’analisi. Per garantire la certezza del diritto, questa procedura deve essere completata rapidamente. Per assicurare la certezza del diritto, la Commissione deve adottare una decisione sul rinvio entro 25 giorni dal ricevimento della richiesta motivata, pur restando la possibilità di eventuali ritardi. Questo meccanismo di rinvio è cruciale per garantire che le concentrazioni siano esaminate dalle autorità antitrust più appropriate, rispettando nel contempo i tempi necessari per una valutazione tempestiva ed efficace.[54]

La seconda situazione, delineata al paragrafo 5 (nota anche come "rinvio verso l'alto"), mira a risolvere il problema delle notifiche multiple precedentemente menzionato. Questa disposizione specifica concede alle imprese coinvolte il diritto di richiedere alla Commissione di esaminare una concentrazione che, sebbene non raggiunga la soglia di dimensione comunitaria, ha effetti in almeno tre Stati membri distinti. In altre parole, sono soggette al rinvio ex. l'articolo 4, paragrafo 5, le concentrazioni che richiederebbero una notifica in tre Stati membri diversi e dovrebbero essere esaminate secondo le rispettive normative nazionali. Anche in questo caso, la decisione sul rinvio deve essere tempestiva e dipende dal possibile dissenso manifestato da almeno uno degli Stati membri autorizzati ad esaminare la concentrazione.[55] Se la decisione di rinvio è favorevole, la concentrazione sarà esaminata in conformità alla normativa europea; gli Stati membri saranno tenuti a non applicare la propria normativa nazionale e la concentrazione potrà essere notificata alla Commissione.

Per quanto riguarda i meccanismi di rinvio post-notifica, il primo scenario previsto dall'articolo 9 del Regolamento introduce una forma di rinvio c.d. "verso il basso". In base a questa disposizione, la Commissione ha il potere di decidere, sia di propria iniziativa che su richiesta di uno Stato membro, di deferire l'esame di una concentrazione di dimensione comunitaria all'Autorità competente dello Stato membro coinvolto. Tuttavia, tale decisione è subordinata al verificarsi di due condizioni essenziali: in primo luogo, deve sussistere il rischio che la concentrazione possa avere un impatto significativo sulla concorrenza in un mercato interno di uno Stato che presenta tutte le caratteristiche di un mercato distinto[56]; in alternativa, la concentrazione deve influenzare la concorrenza in un mercato distinto che non costituisce una parte sostanziale del mercato comune. Se queste condizioni sono soddisfatte, la Commissione può optare per il rinvio dell'esame della concentrazione, in tutto o in parte, all'Autorità nazionale competente. Tuttavia, quest'ultima è autorizzata ad adottare solo le misure strettamente necessarie per ripristinare una concorrenza effettiva nel mercato interessato.[57]  Un meccanismo di rinvio di questo tipo, sebbene possa essere considerato un strumento cruciale per riequilibrare la distribuzione delle competenze, soprattutto per quanto riguarda la tutela degli interessi nazionali, richiede un esercizio ponderato e attento. È importante notare che questo rinvio viene attuato dopo che la notifica è stata presentata alla Commissione, il che implica che le parti coinvolte abbiano già completato una serie di adempimenti conformi alla normativa europea. Di conseguenza, dover successivamente rivolgersi a un diverso organo decisionale (come l'Autorità Nazionale della Concorrenza nel caso specifico) potrebbe comportare numerosi inconvenienti, sia in termini di tempistiche che di costi.[58]

La seconda forma di rinvio successivo alla notificazione, o comunque successivo a una comunicazione equivalente,[59] è regolamentata dall’articolo 22 del Regolamento n. 139/2004. Tale disposizione consente a uno o più Stati membri di chiedere alla Commissione europea di esaminare una concentrazione che, pur non avendo dimensione comunitaria ai sensi dell’art. 1, «incide sul commercio fra Stati membri e rischia di incidere in misura significativa sulla concorrenza nel territorio dello Stato o degli Stati membri che presentano la richiesta».  La richiesta deve essere presentata entro 15 giorni lavorativi dalla data in cui la concentrazione è stata notificata o, in mancanza di obbligo di notifica, dal momento in cui l’operazione è stata resa nota in altro modo allo Stato interessato. La Commissione, ricevuta la richiesta, informa immediatamente gli altri Stati membri, che possono decidere di aderirvi entro ulteriori 15 giorni. Alla scadenza di tale termine, la Commissione dispone di 10 giorni lavorativi per decidere se accettare il rinvio. In caso di accoglimento, la competenza a esaminare l’operazione spetta esclusivamente alla Commissione, mentre gli Stati membri che hanno aderito alla richiesta devono astenersi dall’applicare le rispettive normative nazionali

Sebbene questo meccanismo rappresenti uno strumento efficace per colmare le lacune derivanti dall’utilizzo di soglie di fatturato fisse, esso solleva importanti problematiche in termini di certezza del diritto. Le imprese, infatti, possono trovarsi esposte al rischio di un controllo europeo anche in assenza di obblighi nazionali di notifica, con potenziali ripercussioni sulla prevedibilità degli esiti e sui tempi delle operazioni.

 

3.3 Le concentrazioni sotto-soglia

Nel corso degli ultimi paragrafi, è stato discusso come il controllo delle concentrazioni sia basato sul superamento di specifiche soglie di fatturato, considerate come indicatore della forza economica delle imprese coinvolte, sin dall'adozione del Regolamento originario del 1989. Tale decisione di subordinare il controllo delle operazioni di concentrazione a queste soglie dimensionali si fonda su due principali ragioni: innanzitutto, si presume che una fusione tra imprese che già detengono una quota significativa di un determinato mercato possa ridurre la concorrenza, consentendo il consolidamento di una posizione dominante che potrebbe essere abusata in futuro, oltre a ridurre il numero di imprese attive nel mercato coinvolto dalla fusione. Inoltre, le soglie dimensionali permettono alle Autorità antitrust di effettuare una prima selezione delle operazioni di concentrazione da sottoporre a controllo, ottimizzando l'allocazione delle proprie risorse solo sulle operazioni che sollevano maggiori preoccupazioni dal punto di vista della concorrenza.

Di conseguenza, le cosiddette operazioni sotto-soglia non hanno mai generato particolari preoccupazioni, e per questo motivo nelle rispettive normative non si trovano disposizioni che ne disciplinino integralmente il fenomeno. Tuttavia, negli ultimi anni, come analizzeremo nel corso del presente elaborato, con l'ascesa dei mercati digitali e lo sviluppo di settori altamente innovativi, il fenomeno delle operazioni sotto-soglia ha iniziato a suscitare non poche preoccupazioni. Da un lato, ciò avviene perché un tale meccanismo lascia senza controllo quelle operazioni in cui una grande società acquisisce società molto più piccole ma con un potenziale economico significativo, portandole fuori dal mercato. Dall'altro lato, permette alle imprese già molto grandi di consolidare ulteriormente il loro potere sui mercati di cui sopra, riducendo quasi del tutto la concorrenza. Per queste ragioni, molti Stati stanno considerando la possibilità di introdurre soglie basate sul valore delle concentrazioni, non facendo esclusivamente riferimento al superamento di soglie legate al solo fatturato delle imprese interessate. [60]

L'articolo 22 del Regolamento n. 139/2004, rubricato «rinvio alla Commissione»,  disciplina la possibilità di sottoporre al controllo della Commissione anche le operazioni di concentrazione che non superano né le soglie dimensionali europee né quelle nazionali.[61] Nel corso del tempo, questa disposizione ha visto una serie di interpretazioni riguardo alla sua natura. Inizialmente, è stata interpretata in modo restrittivo, tanto che il ricorso al rinvio ex articolo 22 era scoraggiato. Successivamente, c'è stata un'interpretazione più ampia che ha portato all'adozione degli Orientamenti della Commissione sull'articolo 22. Questi orientamenti identificano in tale articolo lo strumento per contrastare e sottoporre a controllo le c.d. killer acquisitions.

Sempre a livello europeo, il 5 luglio 2022 è stato, poi,  approvato il Regolamento n. 1925/2022[62] del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a mercati equi e contendibili nel settore digitale, che modifica il regolamento sui mercati digitali.[63] Questo regolamento, limitato all’applicazione ai c.d. Gatekeepers[64] persegue un obiettivo che, pur essendo complementare, si distingue dalla mera protezione della concorrenza non distorta su un particolare mercato. Tale obiettivo è quello di garantire che i mercati in cui operano i Gatekeepers siano sempre equi e contestabili, indipendentemente dagli effetti effettivi, potenziali o presunti sulle dinamiche concorrenziali di un dato mercato.[65] Il Digital Markets Act (DMA), in altre parole, rappresenta un importante strumento giuridico per regolare il comportamento delle grandi piattaforme digitali e garantire una concorrenza equa nel mercato digitale. Attraverso degli obblighi nei confronti delle Big Tech[66], questo regolamento mira a diminuire il dominio di queste grandi piattaforme digitali ed a promuovere un ambiente digitale più innovativo e competitivo per i consumatori e soprattutto per  le imprese europee. In particolare una delle obbligazioni alle quali sono soggetti i gatekeeper, ex articolo 14(1) DMA, è quella di informare la Commissione Europea di eventuali progetti di concentrazione che coinvolgono altre imprese del settore digitale o attive nella raccolta di dati. Ciò indipendentemente dal fatto che la concentrazione sia notificabile alla Commissione o ad un'autorità nazionale di controllo delle concentrazioni, in base alle norme in materia.[67] Lo scopo di questa disposizione è, infatti, quello di consentire alla Commissione di monitorare attentamente gli sviluppi del mercato nel settore digitale, prevenendo le possibili killer acquisitions.

Il meccanismo di rinvio alla commissione ex articolo22 Regolamento n. 139/2004 (EURM)  e l’obbligo di informazione in merito alle concentrazioni ex articolo14 DMA, saranno approfonditi nel prossimo capitolo. L’articolo 14, paragrafo 5 DMA, infatti, fa esplicito riferimento all’articolo 22 EURM, ed è quindi necessario confrontare e analizzare in separata sede questi due strumenti di prevenzione delle killer acquisitions e verificare la loro efficacia nel contrasto di questo fenomeno.

 

  1. Killer acquisition

L’11 settembre del 2020, in occasione dell’ annuale Conferenza sulla concorrenza dell'International Bar Association,[68] il Commissario europeo per la concorrenza Margrethe Vestager ha tenuto un discorso sul futuro del merger control,[69] mettendo in discussione la struttura attuale basata sulle soglie di fatturato delle imprese coinvolte. Ha notato come, nella maggior parte dei casi, le soglie di fatturato si siano dimostrate efficienti nel consentire alla Commissione di controllare la maggior parte delle operazioni che potrebbero influire negativamente sulla concorrenza nel mercato comune, sollevando alcuni interrogativi sull’eventuale necessità di introdurre nuovi parametri per il controllo delle concentrazioni, basati sul valore dell’operazione.[70] Questo intervento mira a proteggere i mercati altamente innovativi, come quelli farmaceutico e digitale, in cui svolgono un ruolo cruciale le imprese emergenti o in fase di avviamento. Queste aziende rappresentano una fonte vitale di innovazione, idee e opportunità commerciali, contribuendo a frammentare i mercati e a sfidare gli attori consolidati, spingendoli a migliorare la qualità dei loro servizi. Tuttavia, la loro importanza effettiva potrebbe non essere riflessa nei dati di fatturato, pur influenzando la concorrenza nel mercato.  Il Commissario ha quindi annunciato un cambio di direzione nella politica europea di controllo delle concentrazioni, proponendo di includere nel processo di controllo anche operazioni tra imprese che, sebbene non generino un fatturato considerevole, possono avere comunque un impatto sulla concorrenza e che finora sono state escluse dal monitoraggio effettivo. Questo ha introdotto l'adozione dei nuovi Orientamenti della Commissione, che saranno approfonditamente discussi in seguito, poiché segnano un punto di svolta nella lotta contro le acquisizioni predatorie delle start-up.

Le start-up, spesso chiamate “imprese nascenti”, ricoprono un ruolo decisivo nei mercati fortemente competitivi, ma risentono della propria fragilità dovuta alle dimensioni ridotte. Questo aspetto diventa ancora più rilevante se si considera il confronto con aziende di grande calibro, le quali, per preservare la propria supremazia, tendono talvolta a estromettere le piccole imprese dal mercato. Ciò può avvenire attraverso misure dirette o ostacoli operativi tali da obbligare le nuove realtà a interrompere la propria attività. Questo accade poiché le aziende leader, sfruttando la loro potenza economica e attraverso attività di lobbying o advocacy, influenzano le decisioni delle istituzioni pubbliche, spingendole a adottare regolamentazioni favorevoli a loro stesse ma pregiudizievoli per le start-up.[71]

Considerando questo contesto, le autorità Antitrust hanno costantemente cercato di proteggere l'operatività delle piccole imprese, le cui attività sono cruciali per mantenere la concorrenza nei mercati. Tuttavia, allo stesso tempo, non possiamo trascurare il fatto che le autorità abbiano spesso relegato le start-up a un ruolo marginale. Di solito, queste vengono considerate semplicemente come nuovi partecipanti al mercato, il cui contributo è utile per valutare le dinamiche del settore in cui si inseriscono. Ad esempio, l'entrata di una start-up in un mercato potrebbe indicare l'assenza di barriere all'ingresso, suggerendo che il mercato potrebbe diventare altamente competitivo in futuro.

Per quanto concerne le fusioni o acquisizioni coinvolgenti le imprese nascenti, fino a qualche anno non vi erano particolari preoccupazioni a causa anche delle loro dimensioni ridotte. Ciò, sia perchè si riteneva che non avessero un impatto significativo sulle dinamiche competitive di un mercato specifico, sia perchè, si riteneva che qualsiasi effetto sarebbe stato mitigato fino a quando le start-up non avessero guadagnato dimensioni e potere di mercato. Inoltre, c'era l'idea che imporre restrizioni o controlli sulle tali acquisizioni avrebbe potuto ostacolare l'innovazione, suscitando controversie nel processo.[72] Inoltre,  va considerato che l'acquisizione di una impresa innovativa può comportare numerosi vantaggi. In primo luogo, esse spesso introducono sul mercato nuove idee e tecnologie innovative, che le grandi aziende possono integrare nella loro gamma di prodotti o servizi, aumentando così la diversità dell'offerta per i consumatori. Inoltre, l'acquisizione di una start-up può migliorare la posizione di mercato dell'acquirente se la nascente possiede tecnologie o prodotti innovativi che l'incumbent non ha, aumentando la sua competitività. Infine, dato che le start-up solitamente hanno risorse limitate, soprattutto durante le prime fasi di crescita, diventare oggetto di acquisizione o fusione da parte di un'azienda di grandi dimensioni può fornire loro le risorse finanziarie necessarie per espandersi e progredire.

Nonostante i diversi benefici, queste acquisizioni possono sollevare  alcune preoccupazioni nel caso in cui rafforzino la posizione dominante di un’impresa o costituiscano un ostacolo significativo alla concorrenza effettiva (SIEC test).[73] Le preoccupazioni legate all'acquisizione di imprese di piccole dimensioni sono diventate sempre più rilevanti con l'aumento significativo di tali operazioni, specialmente nei settori digitali e farmaceutici. Questo ha alimentato un dibattito sulla necessità di rivedere le normative attuali sul controllo delle concentrazioni.

Dall'altra parte del dibattito rispetto ai sostenitori di tali modifiche, ci sono coloro che temono che un’ eventuale reazione dei poteri pubblici, dovuta alla crescente necessità di contrastare il fenomeno delle "killer acquisition", potrebbe scoraggiare notevolmente l'innovazione e gli investimenti nei mercati altamente innovativi.[74] Le ragioni di queste contestazioni possono essere rintracciate nel funzionamento del ciclo di vita delle start-up. Le start-up sono infatti fondate con l'obiettivo di sviluppare un'idea innovativa per lanciarla sul mercato e trarne profitto. Per crescere, le start-up hanno bisogno di risorse finanziarie, ottenute principalmente dagli investimenti dei fondatori e degli investitori esterni, tra cui i cosiddetti venture capitalist (VC).[75] Le start-up, infatti, spesso ricevono finanziamenti da investitori esterni che, riconoscendo il potenziale innovativo dei loro progetti, decidono di investire in esse. L'obiettivo dei venture capitalist è ottenere un rendimento sull'investimento non appena la start-up entra nel mercato, convertendo il valore creato in profitti. In molti casi, le start-up sono fondate con la prospettiva di essere acquisite in futuro da aziende più grandi che vogliono integrare la loro tecnologia, consentendo loro di monetizzare il loro valore e uscire dal mercato,  c.d. entry for buy-out.[76]

Considerando l'impatto che l'acquisizione di una start-up può avere sulla concorrenza e sull'innovazione, è importante riconoscere che limitare tali operazioni potrebbe altrettanto influenzare l'innovazione. Da un lato, potrebbe scoraggiare la creazione di start-up, e dall'altro potrebbe ridurre gli investimenti in esse. Questo potrebbe accadere se venisse promossa una riforma del sistema attuale di controllo delle concentrazioni che rendesse più difficile per le start-up uscire dal mercato, oppure se l'analisi antitrust diventasse così approfondita da rendere eccessivamente onerose le operazioni che coinvolgono start-up innovative.[77] Di conseguenza, è essenziale sviluppare un quadro normativo che affronti il problema delle killer acquisition senza limitare indiscriminatamente le operazioni che coinvolgono le start-up e i relativi vantaggi che ne derivano.

Il primo tentativo di analizzare empiricamente e di modellare le motivazioni e le conseguenze delle acquisizioni di start-up innovative è stato realizzato da Colleen Cunningham. Come accennato nell'introduzione del capitolo, Cunningham esplora la pratica con cui le incumbent firms[78] acquisiscono società innovative e i relativi progetti, al fine di interrompere lo sviluppo di tali iniziative innovative, eliminando una possibile competizione nel mercato. Questa strategia mira, quindi, a preservare il potere di mercato dell'acquirente eliminando potenziali concorrenti, ostacolando il progresso tecnologico e l'innovazione nel mercato di riferimento. È da  sottolineare che il termine killer acquisition non si riferisce a una particolare categoria di acquisizioni, ma piuttosto a una qualificazione dell'operazione basata su una specifica teoria del danno che sarà analizzata in seguito.[79]

 

4.1 Settori di maggior interesse

Come precedentemente accennato il concetto di killer acquisitions è stato inizialmente concepito per descrivere un fenomeno prevalente nel settore farmaceutico; successivamente è stato esteso all'ambito dei mercati digitali, considerando in particolare, tali, le operazioni realizzate dalle cosiddette Big Tech Companies[80].  Negli ultimi anni, si è osservato un notevole aumento di operazioni effettuate da grandi imprese tecnologiche che mirano ad acquisire piccole start-up estremamente innovative e in rapida crescita, impedendo a queste di emergere come potenziali concorrenti nei mercati digitali.  Si è dato, così, vita a un ampio dibattito sulla legittimità di tali operazioni,  poiché nel tempo hanno consentito il consolidamento del potere di mercato delle Big Tech, sollevando una serie di problematiche che sfuggono al controllo delle Autorità antitrust. Ciò, anche per il fatto che, nella maggior parte dei casi, queste acquisizioni sono considerate transazioni "sotto-soglia".[81]

Infatti questo fenomeno è particolarmente rilevante nei settori ad alta innovazione come la farmaceutica e i mercati digitali. Entrambi questi settori sono caratterizzati da consistenti attività di R&S,[82] che rendono i mercati altamente competitivi.

Nel settore farmaceutico statunitense si stima che tra il 5,3% e il 7,4% delle acquisizioni annuali possa essere classificata come killer acquisition.[83] Una tendenza significativa e duratura in questo settore è quella delle start-up altamente attive in ricerca e sviluppo, le quali spesso conducono studi che successivamente brevettano e licenziano, oppure sviluppano in collaborazione con grandi aziende farmaceutiche.[84] Queste ultime, note come Big Pharma, si concentrano principalmente sulla gestione dei processi normativi e sulla distribuzione e commercializzazione dei farmaci, creando sinergie e sfruttando il proprio know-how[85] nelle diverse fasi della catena del valore.

L'innovazione nel settore farmaceutico è principalmente guidata dalla costante richiesta di trattamenti e farmaci sempre più efficaci e sicuri.[86] Man mano che i pazienti si orientano verso nuovi trattamenti alternativi o optano per versioni generiche più accessibili,[87] le aziende che producono medicinali originali non possono contare indefinitamente sui profitti generati dai prodotti innovativi sviluppati precedentemente. È quindi essenziale che investono nello sviluppo di nuovi prodotti per mantenere la loro competitività sul mercato e prevenire il sorpasso da parte di nuovi concorrenti; è inoltre importare riconoscere e ricordare che lo sviluppo di prodotti e la loro vendita a un'azienda consolidata prima della fase di commercializzazione rappresentano di per sé un modello di business per le start-up.[88] Di conseguenza, l'incessante investimento in ricerca e sviluppo porta alla scoperta di nuovi o migliorati farmaci, a vantaggio sia dei pazienti che delle società nel loro insieme.

La prima analisi empirica del fenomeno delle killer acquisitions nel comparto farmaceutico risulta essere quella già menzionata in precedenza, del 2019.[89] Questa ricerca non solo ha rivelato che la realizzazione di una killer acquisition è spesso una scelta strategica e intenzionale, ma ha anche esplorato le motivazioni dietro tale decisione da parte delle incumbent.

È stato dimostrato che circa il 24% dei progetti esaminati era stato oggetto di acquisizione durante la fase di sviluppo, quindi prima della commercializzazione del prodotto. È interessante notare che, per i prodotti che mostravano una certa "sovrapposizione"[90] con quelli dell'azienda acquisitrice, le possibilità che il processo di sviluppo proseguisse dopo l'acquisizione erano del 23,4% inferiori rispetto a quelli che non presentavano sovrapposizioni. Di conseguenza, le grandi aziende farmaceutiche sono spesso più inclini a interrompere lo sviluppo di farmaci innovativi simili ai propri, particolarmente quando temono che l'azienda acquisita possa emergere come un concorrente e minacciare i loro profitti. Infatti, quanto maggiore è la sostituibilità tra i prodotti dell'incumbent e quelli dell'azienda acquisita, tanto più alta è la probabilità che, a seguito dell'acquisizione, il prodotto target dell'azienda acquisita non venga ulteriormente sviluppato.[91] Questa strategia è adottata perché l'acquirente considera più redditizio acquistare ed eliminare il prodotto di una start-up emergente, piuttosto che affrontare la perdita di ricavi che deriverebbe dalla commercializzazione del prodotto di questa nuova impresa. Inoltre, in maniera alternativa, una volta acquisita la target, l'incumbent è spesso incentivata a interrompere lo sviluppo di un prodotto simile per evitare la c.d. cannibalizzazione dei propri profitti,[92] che potrebbe verificarsi se continuasse a sviluppare il prodotto della target post-acquisizione.

Un altro fattore che incentiva questo fenomeno è la copertura brevettuale dei prodotti dell'impresa acquirente.[93] È stato dimostrato che il numero di killer acquisitions tende ad aumentare quando la scadenza dei brevetti dei farmaci dell'incumbent è ancora lontana. Grazie alla protezione brevettuale, l'incumbent ha il diritto esclusivo di sfruttare economicamente i propri farmaci e di assicurarsi i profitti derivanti per un periodo prolungato. Se l'incumbent decidesse di non interrompere lo sviluppo dei progetti della target, i rischi di cannibalizzazione dei propri profitti sarebbero significativamente più alti. In altre parole, quanto più lontana è la scadenza della protezione brevettuale dei farmaci dell'incumbent, tanto maggiore è il rischio di cannibalizzazione dei profitti e, di conseguenza, maggiore è la probabilità che lo sviluppo dei prodotti della target venga interrotto dopo l'acquisizione.

Infine, è emerso che la quasi totalità delle acquisizioni predatorie nel settore farmaceutico statunitense si verificava appena sotto le soglie di fatturato stabilite dall'Hart-Scott-Rodino Antitrust Improvements Act (HRS Act).[94] Di conseguenza, tali acquisizioni di solito non sono soggette a controlli, nonostante possano avere un impatto negativo sulla concorrenza. Le acquisizioni che avvengono al di sotto delle soglie di fatturato richieste, eludendo così la vigilanza antitrust, mostrano un tasso di lancio dei prodotti acquisiti inferiore e, di conseguenza, un tasso di interruzione dello sviluppo dei prodotti più elevato rispetto a quelle che superano le soglie dimensionali.[95]

Alla luce delle considerazioni precedenti, appare evidente che tali operazioni potrebbero avere effetti negativi sul benessere dei consumatori. Da un lato, ostacolano lo sviluppo di nuovi farmaci, riducendolo significativamente e compromettendo l'accesso a medicinali innovativi. Dall'altro, riducono il livello di concorrenza nel mercato, eliminando concorrenti attuali o potenziali, con il risultato di un possibile aumento dei prezzi e un danno conseguente per i consumatori.[96] Nonostante ciò, valutare l'impatto complessivo sul benessere rimane complesso. Questo perché, nel settore farmaceutico, le operazioni di fusione e acquisizione sono parte integrante della strategia aziendale e, inoltre, è particolarmente difficile valutare ex ante le intenzioni dell'incumbent prima che l'acquisizione abbia luogo.

È cruciale capire le motivazioni dell'incumbent per qualificare un'acquisizione come killer, secondo la definizione di Cunningham et al.[97] Questo richiederebbe di dimostrare l'intento dell'incumbent di interrompere lo sviluppo di prodotti innovativi della target, un compito complicato. Ad esempio, un'azienda farmaceutica potrebbe acquisire una target che sviluppa un farmaco simile al suo, per avere un'alternativa nel caso il proprio prodotto non riesca. L'incumbent potrebbe decidere di sviluppare entrambi i farmaci e solo dopo determinare quale procedere a produrre. Se il prodotto interno si dimostra più promettente, potrebbe scegliere di interrompere lo sviluppo del prodotto acquistato. L'impatto negativo sui consumatori si manifesta solo se il farmaco interrotto avrebbe avuto successo. Data questa incertezza, è complesso distinguere le acquisizioni killer, fatte per eliminare futura concorrenza, da quelle giustificate da altre motivazioni, prima che avvengano. Di conseguenza, le Autorità antitrust dovrebbero, ad esempio, esaminare i documenti interni dell’incumbent per scoprire se contengono informazioni che indicano la target come una potenziale minaccia. Tuttavia, attualmente questa soluzione è impraticabile perché molte di queste operazioni avvengono sotto le soglie di fatturato previste dalla normativa antitrust, limitando così la capacità delle autorità di condurre indagini approfondite.

Inizialmente concepito per descrivere un fenomeno prevalente nel settore farmaceutico, il concetto di killer acquisition è oggi esteso anche all'ambito dei mercati digitali con particolare riferimento alle operazioni condotte dalle cosiddette Big Tech Companies[98].

Infatti, negli ultimi anni, abbiamo assistito a un notevole aumento di acquisizione di piccole start-up innovative e in rapida crescita da parte delle grandi aziende tecnologiche. Queste operazioni hanno impedito alle start-up di emergere come potenziali concorrenti dei grandi operatori dei mercati digitali, suscitando un ampio dibattito sulla loro legittimità, soprattutto per il loro contributo nel rafforzare il potere di mercato delle Big Tech nel tempo.

È importante chiarire preliminarmente, che sebbene oggi il termine killer acquisition venga comunemente utilizzato anche per riferirsi alle acquisizioni effettuate dai grandi operatori dei mercati digitali, tale associazione potrebbe essere in parte impropria. Secondo quanto sottolineato in precedenza, affinché l'acquisizione possa essere considerata killer, deve comportare l'eliminazione definitiva di un potenziale concorrente dal mercato, interrompendo lo sviluppo dei prodotti innovativi dell'azienda acquisita, caratteristica, tuttavia, non è sempre presente nelle acquisizioni effettuate dai grandi operatori digitali.[99] A differenza delle acquisizioni nell'industria farmaceutica, le tipiche operazioni dei mercati digitali non sempre portano all'eliminazione del prodotto dell'azienda target, ma piuttosto comportano la sua integrazione all'interno dell'ecosistema dell'acquirente.[100] Tuttavia, l'uso di questo termine anche in riferimento a queste ultime operazioni è giustificato in quanto anch'esse comportano l'eliminazione della concorrenza potenziale nel mercato, rafforzano il potere di mercato degli incumbent, ostacolando significativamente la correttezza nel mercato.

È ormai un dato di fatto che un settore molto influenzato da queste particolari concentrazioni sia quello dei mercati digitali, che presenta sia molteplici somiglianze a quello farmaceutico, differenziandosene però per una serie di peculiarità.[101] Da una parte, entrambi i settori, mostrano una forte dipendenza dall'attività di R&S,[102] tuttavia, il settore digitale è soggetto a cambiamenti rapidi e imprevedibili. Il lancio di Facebook, ad esempio, ha rivoluzionato il panorama dei social media in pochissimi anni, rendendo obsolete piattaforme precedenti in breve tempo, un fenomeno meno frequente nel settore farmaceutico dove lo sviluppo di un farmaco richiede un processo regolamentato e prolungato. Questo dinamismo impone alle aziende digitali di adattarsi continuamente per mantenere la loro rilevanza e competitività nel mercato.

Una delle principali caratteristiche distintive dei mercati digitali è la presenza dei cosiddetti Big Data.[103] Questo termine, ampiamente diffuso, non ha una definizione universale, ma viene comunemente descritto come insiemi di dati di grande volume, velocità e varietà che richiedono metodi di elaborazione dell'informazione innovativi ed economici per migliorare la comprensione e il processo decisionale.[104]

Le piattaforme digitali di grande scala offrono servizi che appaiono gratuiti, come i social network Facebook, Instagram o WhatsApp, senza richiedere pagamenti diretti dagli utenti. Tuttavia, ciò non significa che gli utenti non offrano qualcosa in cambio: per utilizzare i servizi, essi forniscono dati personali importanti. Questi includono non solo informazioni personali come nome, cognome, età e nazionalità, ma anche dati su preferenze e abitudini come professione, studi e hobby. Questi Big Data, che le piattaforme raccolgono e analizzano quotidianamente, sono fondamentali per il funzionamento dei mercati digitali e possono essere utilizzati per vari scopi. Le imprese nel settore digitale si affidano alla raccolta e analisi di queste vaste quantità di dati dei consumatori per migliorare le proprie offerte, garantendo servizi più efficaci e personalizzati ai loro utenti e clienti.

La seconda caratteristica distintiva dei mercati digitali è la loro elevata rapidità nell'innovazione e la presenza di una forte competizione su questo fronte. Le aziende in questi mercati si trovano sotto una costante pressione competitiva, che le spinge a sviluppare rapidamente nuovi prodotti e modelli di business per creare opportunità di differenziazione.[105] Questo implica una necessità per le aziende di adattarsi velocemente ai cambiamenti e alle nuove tendenze, al fine di essere le prime a lanciare nuovi prodotti o servizi sul mercato e guadagnare un vantaggio competitivo.[106] Il ritmo dell'innovazione tecnologica evidenzia come una tecnologia possa rapidamente diventare obsoleta. Questo aspetto è particolarmente evidente se paragonato al settore farmaceutico; a differenza dei prodotti farmaceutici, che richiedono estesi test preclinici prima del lancio, i prodotti tecnologici possono spesso essere introdotti sul mercato e continuare a essere sviluppati dopo la loro commercializzazione, aumentando la loro attrattiva. Inoltre, i concetti di base dei servizi tecnologici possono essere facilmente replicati dai concorrenti, a differenza dell'industria farmaceutica dove la protezione brevettuale e gli accordi di licenza giocano un ruolo cruciale. Ad esempio, l'algoritmo di Uber, un'azienda tecnologica americana di ride-hailing, è stato imitato dai suoi concorrenti come Lyft negli USA e Didi Chuxing in Cina, che offrono servizi simili ma con algoritmi propri. Questa facilità di imitazione spinge ulteriormente l'innovazione e intensifica la competizione nel settore.

La terza caratteristica più notevole dei mercati digitali è la presenza degli effetti di rete (network effects). Questi si manifestano quando i benefici percepiti dagli utenti di un prodotto o servizio aumentano con l'aumento del numero di persone che lo utilizzano.[107] Ad esempio, il valore di Facebook cresce man mano che aumentano gli utenti, poiché questi ultimi hanno più opportunità di comunicare e interagire con un numero maggiore di persone. Nei mercati digitali, il numero di utenti attuali e potenziali di un servizio è un indicatore fondamentale del suo valore.

Inoltre, è importante notare che i mercati digitali spesso operano su una struttura chiamata multi-sided markets,[108] caratterizzata dalla presenza di più gruppi distinti di utenti e da effetti di rete diretti e indiretti.[109] Il valore derivante dall'uso di una piattaforma multi-sided aumenta con il numero di utenti presenti sull'altro versante, migliorando così le opportunità di abbinamento. Ad esempio, un sito di e-commerce come Amazon beneficiano della presenza di molti venditori, poiché questo incrementa il valore percepito dai potenziali acquirenti e viceversa; ogni venditore trae un beneficio indiretto dall'aumento del traffico sul sito, generato dalla presenza di altri venditori.

Infine, i mercati digitali sono noti per i loro crescenti rendimenti di scala. Le grandi aziende tecnologiche, operando come intermediari, piattaforme o grandi marketplace[110], riescono a ottenere notevoli economie di scala e di scopo nella produzione e nello sviluppo di prodotti e servizi. Questo significa che i costi di produzione per fornire servizi online non aumentano proporzionalmente al numero di utenti serviti. In ambito digitale, i costi fissi sono generalmente molto alti e non sempre recuperabili, ma sono compensati da costi variabili estremamente bassi o inesistenti.[111]

Queste dinamiche spiegano perché i grandi conglomerati tecnologici, spesso chiamati Big Tech[112], siano propensi ad acquisire start-up altamente innovative. Negli ultimi dieci anni, i cinque giganti del webGoogle, Amazon, Facebook, Apple e Microsoft—hanno partecipato a oltre 400 acquisizioni globali.[113] In particolare, nel 2017, hanno investito complessivamente 31,6 miliardi di dollari in acquisizioni di start-up.[114] Queste operazioni, come già evidenziato, suscitano preoccupazioni sotto il profilo della concorrenza, poiché spesso sono mirate a neutralizzare potenziali futuri rivali prima che questi possano affermarsi, eludendo inoltre il controllo delle autorità antitrust. È importante ricordare che le start-up tendono a operare con modelli di business che non generano profitti immediati, ma che puntano piuttosto a sviluppare e offrire servizi innovativi capaci di attrarre un crescente numero di utenti, per poi monetizzare successivamente. Un esempio emblematico è l'acquisizione di Instagram da parte di Facebook nel 2012, operazione che non fu soggetta alla valutazione della Commissione Europea, dato che all'epoca Instagram non generava fatturato. Particolarmente nei mercati digitali, il valore economico di una start-up non dovrebbe essere misurato solamente in termini di fatturato, ma anche considerando il numero di utenti accumulati dalla sua fondazione. Questo elemento risulta molto attrattivo per i grandi operatori del settore che mirano sia a capitalizzare sui clienti della start-up per accrescere i propri dati e profitti, sia a rimuovere dal mercato potenziali concorrenti futuri, riducendo così la concorrenza. Inoltre, le killer acquisitions sollevano preoccupazioni per il potenziale rafforzamento del potere di mercato dei giganti tecnologici, potendo questi consolidare ulteriormente la loro posizione dominante nei mercati digitali.

 

4.2 La teoria del danno

La theory of harm associata alle killer acquisitions illustra come queste acquisizioni, operate da grandi aziende, non siano motivate dalla volontà di sfruttare innovazioni, ma piuttosto dall'intento di mettere in naftalina minacce emergenti al loro dominio di mercato.[115] Queste acquisizioni sono strategicamente progettate per prevenire l'irrompere di nuove tecnologie che potrebbero sfidare il monopolio esistente e si presentano come alternativa a quella di sviluppare un prodotto concorrente. Tuttavia, come sottolineato da Colleen Cunningham, in alcuni casi, per l'azienda acquirente potrebbe risultare più proficuo acquisire e cessare lo sviluppo del prodotto di una giovane azienda piuttosto che affrontare le perdite di ricavi prevedibili in seguito alla maturazione del prodotto innovativo[116] oppure optare per l'acquisto e la continuazione dello sviluppo o della gestione del prodotto, nonostante il rischio di cannibalizzare le proprie vendite.

Per approfondire la questione, vale la pena soffermarsi sul caso di Mallinckrodt ARD Inc.,[117] realtà operante nell’industria farmaceutica, dove l’innovazione rappresenta un elemento centrale per lo sviluppo di nuovi farmaci e terapie. In particolare, Questcor Pharmaceuticals, controllata da Mallinckrodt Pharmaceuticals, deteneva una posizione di monopolio nel mercato statunitense dei medicinali a base di ormone adrenocorticotropo (ACTH). Il loro farmaco, Acthar Gel, ha trovato impiego clinico in una varietà di disturbi medici, tra cui gli spasmi infantili, rivelando la sua importanza terapeutica in un ampio spettro di condizioni. Nel corso del 2013, Questcor ha compiuto un passo strategico acquisendo i diritti di sviluppo per il Synacthen Depot, un farmaco potenzialmente concorrente di Acthar Gel, originariamente sviluppato da Novartis International AG, con sede in Svizzera. Attraverso questa mossa Questcor è riuscito a prevalere su altri potenziali acquirenti, consolidando ulteriormente la sua posizione dominante nel mercato. Il Synacthen Depot, che è una formulazione sintetica dell'ACTH, era già stato approvato e commercializzato in diverse giurisdizioni europee, nonché in altre regioni del mondo. Nonostante il suo riconosciuto potenziale terapeutico, il farmaco non era ancora stato introdotto nel mercato degli Stati Uniti. A seguito dell'acquisizione, Questcor ha inaspettatamente cessato lo sviluppo di Synacthen Depot, sollevando questioni riguardanti le strategie competitive nel settore farmaceutico, specie in relazione alla gestione dei diritti di farmaci essenziali e alla preservazione delle dinamiche di mercato. Nel 2017, la Federal Trade Commission (FTC) degli Stati Uniti ha avviato un'azione legale contro Mallinckrodt, invocando le disposizioni della sezione 5 del FTC Act e della Sezione 2 del Sherman Act. L'azione legale si basava sull'accusa che l'acquisizione di Synacthen Depot da parte di Mallinckrodt avesse effettivamente soffocato la concorrenza nel mercato degli ACTH sintetici negli Stati Uniti. Secondo la FTC, questa mossa ha impedito ad altre aziende di sfruttare gli asset di Synacthen Depot per sviluppare alternative a Acthar Gel, consentendo così a Questcor di preservare il suo monopolio e di mantenere i prezzi del farmaco insolitamente elevati.[118]

Quando Questcor aveva acquisito Acthar da Aventis Pharmaceuticals nel 2001, il prezzo per fiala era di 40 dollari, mentre,  al momento della denuncia della FTC, il prezzo di Acthar era salito vertiginosamente, raggiungendo oltre 34.000 dollari per fiala.[119] Questo incremento straordinario del prezzo ha sollevato notevoli preoccupazioni riguardo le pratiche di prezzo e le strategie di monopolio nel settore farmaceutico. In risposta a queste accuse, il Tribunale del Distretto Federale ha emesso una sentenza che obbligava Mallinckrodt a concedere in sublicenza i diritti di sviluppo di Synacthen Depot a un'altra compagnia farmaceutica statunitense, che dovesse essere approvata dalla FTC. Questa decisione mirava a facilitare lo sviluppo di un trattamento alternativo per specifiche condizioni mediche, cercando così di reintrodurre la concorrenza nel mercato. Inoltre, come parte della risoluzione della disputa, Mallinckrodt accettò di versare 100 milioni di dollari in un accordo transattivo, dimostrando la gravità delle implicazioni legali e regolamentari delle sue azioni precedenti.

Questo caso è un esempio emblematico di come le killer acquisitions possano essere utilizzate dalle incumbent[120] per mantenere o rafforzare posizioni di monopolio nel mercato, con effetti diretti sul livello dei prezzi e sull'innovazione in un settore altamente competitivo come quello farmaceutico.  Pertanto, le caratteristiche distintive di una teoria dell'acquisizione killer sono la preoccupazione di natura orizzontale[121] e quelle che possono portare all'interruzione dello sviluppo del prodotto acquistato.[122] È fondamentale riconoscere che queste preoccupazioni possono emergere anche quando le aziende coinvolte sembrano offrire prodotti complementari[123] o non direttamente correlati. Consideriamo, ad esempio, un mercato bilaterale in cui da un lato alcuni prodotti, come la pubblicità o i servizi di consegna, possono essere facilmente sostituiti, mentre dall'altro, come nelle reti sociali o nei servizi di messaggistica con immagini e consegna di cibo e pacchi, la sostituzione è meno evidente. È cruciale che le autorità di regolamentazione non si limitino a valutare la sostituibilità dal punto di vista dell'utente, ma considerino la complessità multilaterale dei mercati. Se si tralascia questa distinzione, si rischia di classificare in modo improprio numerose acquisizioni preliminari come verticali e potenzialmente complementari, senza considerare eventuali elementi orizzontali che emergerebbero da un’analisi più accurata. Allo stesso modo, un’azienda con un prodotto complementare o operante in un mercato contiguo potrebbe sfruttare la propria posizione per entrare in competizione diretta con l’impresa dominante. In entrambi i contesti, la preoccupazione principale riguarda la potenziale competizione orizzontale. Diversamente, le acquisizioni nascenti rappresentano una categoria specifica che comprende l'acquisto di giovani aziende il cui impatto competitivo è ancora altamente incerto. Ad esempio, il soggetto acquisito potrebbe non aver ancora raggiunto il mercato, oppure potrebbe averlo fatto da poco, ma necessita di ulteriore sviluppo. In queste situazioni, basarsi esclusivamente sui dati di mercato attuali rischia di essere un metodo poco attendibile per anticipare le future dinamiche competitive. Queste acquisizioni introducono un ulteriore livello di complessità e incertezza nella valutazione dei potenziali impatti competitivi, specialmente quando si considerano le varie forme che queste sovrapposizioni potrebbero assumere nel tempo. In particolare, vi sono casi in cui le sovrapposizioni possono essere minime, ma esiste la potenzialità di un loro significativo aumento in futuro, per esempio quando una piattaforma concorrente inizia ad espandere la sua scala e ad offrire effetti di rete. Allo stesso modo, potrebbero emergere nuove sovrapposizioni in mercati esistenti o futuri, come nel caso di strategie di monetizzazione attraverso la pubblicità o lo sviluppo di nuovi mercati tecnologici, quali l'interazione tra smartwatch e smartphone. Questi scenari evidenziano la necessità di un approccio analitico che vada oltre la semplice osservazione delle condizioni di mercato attuali e consideri le traiettorie di crescita e le strategie competitive a lungo termine delle aziende coinvolte. In questo contesto, la teoria del danno è soltanto uno degli approcci possibili per interpretare i rischi futuri, affiancata da teorie di danno verticale[124] e conglomerato[125] che contemplano l'evoluzione dei prodotti acquisiti in input essenziali o complementi strategici, capaci di alterare significativamente la struttura competitiva dei mercati.[126]

Infine, strettamente correlata alla preoccupazione nella teoria del danno da acquisizione killer, c'è la teoria del danno del concorrente potenziale nascente. Questa prospettiva ruota attorno all’idea che un prodotto, se lasciato sviluppare in modo indipendente, possa trasformarsi in un concorrente di rilievo. In tale ottica, chi acquista il prodotto non intende eliminarlo del tutto, bensì governarne l’evoluzione affinché non diventi una vera minaccia sul piano concorrenziale. Questo approccio strategico emerge spesso quando un'azienda dominante acquisisce una startup innovativa o un prodotto in fase iniziale di sviluppo: l'obiettivo non è sopprimere il prodotto, ma piuttosto influenzarne la crescita in modo da evitare che diventi un concorrente che mette in discussione lo status quo del mercato. Tuttavia, questa strategia solleva questioni cruciali riguardo alla regolamentazione delle acquisizioni, in quanto potrebbe limitare l'innovazione e la diversità del mercato, ostacolando la possibilità per nuovi concorrenti emergenti di sfidare le grandi aziende consolidate. È fondamentale gestire attentamente queste dinamiche per mantenere un ambiente competitivo che promuova sia l'innovazione che la scelta del consumatore.[127]

Per chiarire ulteriormente la differenza tra la teoria del danno da acquisizione killer e quella del concorrente potenziale nascente, è importante notare che nella prima è coinvolto sia il concetto di concorrenza che il prodotto stesso. In contrasto, la teoria del danno da concorrenza potenziale è meno specifica e si limita a richiedere la rimozione o la "uccisione" della minaccia competitiva potenziale, mentre il prodotto stesso può continuare a esistere in una forma meno aggressiva o essere integrato nel prodotto dell'acquirente.[128] Per comprendere questa distinzione, possiamo fare un'analogia con lo spazio geografico: è come la differenza tra un'azienda al dettaglio che acquista un negozio per chiuderlo, rispetto a quella che lo acquista per eliminare la pressione sui prezzi che esercita come alternativa vicina nel suo negozio esistente. In entrambi i casi, l'acquirente deve essere sicuro che una volta ridotta la tensione competitiva, non vi sarà l'ingresso di nuovi concorrenti, ad esempio minacciando di ridurre i prezzi se ciò accadesse.[129]

Queste teorie sono quindi utili per comprendere i meccanismi attraverso i quali  si riducono il numero di attori nel mercato, concentrando il potere e limitando la concorrenza. La soppressione di nuovi entranti attraverso acquisizioni strategicamente mirate impedisce una sana competizione e innovazione, conducendo a un mercato meno dinamico e più controllato dalle grandi entità esistenti.  La natura di queste acquisizioni, dove il principale risultato può essere l'interruzione dello sviluppo del prodotto target anziché l'integrazione nel portafoglio dell'acquirente, rende difficile per le autorità identificare e valutare adeguatamente il potenziale impatto anticoncorrenziale. Pertanto, come sarà analizzato in seguito, è sviluppare metodologie e approcci analitici innovativi per affrontare tali sfide e garantire che le decisioni prese siano efficaci nel mantenere la concorrenza e promuovere l'innovazione nel mercato.[130]

 

  1. Il ruolo delle Autorità antitrust

Il ruolo delle autorità antitrust nel controllo delle killer acquisitions è cruciale per preservare la competitività del mercato e impedire la distorsione della concorrenza. Tali autorità sono incaricate di analizzare se queste operazioni possano compromettere significativamente la dinamica competitiva, tenendo conto sia degli effetti immediati sia delle innovazioni che le start-up acquisite avrebbero potuto introdurre nel mercato. È necessario che le autorità esamino come queste possano modificare la struttura del mercato, ostacolare l'accesso ai mercati o frenare l'innovazione.[131]

Il tema centrale è l'efficacia del quadro legislativo corrente nell'affrontare le sfide poste dall'evoluzione tecnologica.[132] Le norme vigenti  non considerano le specificità di settori come quello farmaceutico e tecnologico. Questo crea un significativo enforcement gap che impedisce un'adeguata analisi delle acquisizioni che coinvolgono grandi imprese, a svantaggio delle piccole start-up. Gli ostacoli che le autorità antitrust incontrano nel rilevare le killer acquisitions si basano su due principali problemi. Primo, la decisione di sottoporre una fusione al controllo dell'autorità antitrust basandosi su soglie di fatturato omessa le operazioni che includono start-up in fase embrionale. Queste aziende, nonostante il loro basso fatturato iniziale, possono avere un potenziale elevato non ancora capitalizzato e, di conseguenza, non riflettuto nei loro introiti.[133] Secondo, vi è la difficoltà nel riconoscere queste acquisizioni, poichè se anche queste fossero soggette a supervisione, l'attuale struttura normativa per l'analisi delle concentrazioni non risulta adeguata per identificare quando un'acquisizione può essere considerata killer.

A seguito della sentenza Illumina/Grail della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (CGUE)  del 3 settembre 2024,[134] si è aperto un attuale dibattito sui meccanismi normativi adatti alla lotta contro le acqusizioni killer.  Con questa pronuncia, la Corte ha di fatto posto un limite all’utilizzo estensivo del meccanismo di rinvio previsto dall’art. 22 del Regolamento 139/2004, censurando in particolare la possibilità di deferimento da parte di Stati membri che non dispongano di una base giuridica interna per esaminare l’operazione. La decisione ha così sollevato preoccupazioni circa la compatibilità di tale prassi con i principi di prevedibilità e certezza del diritto, compromettendo uno degli strumenti su cui la Commissione aveva fondato la propria strategia per contrastare le acquisizioni predatorie.

La sentenza rappresenta indubbiamente un duro colpo per i tentativi dell’Autorità europea di intercettare operazioni in cui il potenziale concorrenziale della target — spesso una start-up altamente innovativa — non si riflette ancora nei ricavi attuali. Il nodo centrale resta la difficoltà di intervenire efficacemente su transazioni che non superano le soglie di fatturato, ma che potrebbero comunque compromettere il dinamismo competitivo dei mercati. In questo contesto, una possibile via d’uscita potrebbe consistere nel crescente ricorso ai poteri di “call-in” da parte delle autorità antitrust nazionali, che in alcuni Stati membri — tra cui l’Italia — possono già intervenire su concentrazioni sotto-soglia o deferirle alla Commissione, ove sussista un fondamento normativo interno.

La Vicepresidente esecutiva della Commissione europea e Commissaria alla Concorrenza ha confermato che l’esecutivo UE continuerà ad accettare rinvii ex art. 22, purché lo Stato membro interessato disponga di giurisdizione nazionale sull’operazione, in linea con quanto chiarito dalla CGUE: «gli Stati membri possono rivedere al ribasso le proprie soglie di determinazione della competenza in base al fatturato come stabilito dalla legislazione nazionale».[135] Tuttavia, l’efficacia di questo approccio rimane condizionata alla configurazione concreta delle normative nazionali e, in particolare, alla presenza di un sufficiente “nesso locale” con il mercato interno. Rimane dunque aperta la questione della compatibilità sistemica tra questo modello decentralizzato di enforcement e i principi fondamentali di chiarezza e certezza del diritto, cui la Corte ha chiaramente ancorato il proprio ragionamento.[136]

 

5.1 Il quadro normativo italiano

Per rafforzare gli strumenti di prevenzione contro le killer acquisitions e superare i limiti del sistema di notifica obbligatorio, che impediva di cogliere, in primo luogo, lo sviluppo in chiave prospettica delle imprese interessate, in particolare nei settori innovativi, ed in secondo luogo, le operazioni che, pur essendo sotto-soglia,[137] mantengono un impatto significativo sui mercati locali,[138] nel marzo 2021 l’Autorità garante della concorrenza e del mercato italiana, attraverso la Segnalazione S413 al Governo, ha proposto alcune modifiche alla Legge antitrust n. 287/1990, in riferimento al controllo sulle operazioni di concentrazione tra imprese, da inserire nella legge annuale per il mercato e per la concorrenza.[139]

Approvata nell’agosto dell’anno successivo, la legge n. 118/2022 ha innovato la disciplina previgente in materia di concentrazioni, intervenendo in primis sulla definizione di concentrazione, che prima di tale riforma,  ispirandosi all’ormai superato Reg. (CEE) n. 4064/1989, distingueva tra imprese comuni “concentrative” (full function e senza rilevanti profili di coordinamento) e imprese comuni “cooperative”, soggette, in buona parte, alla disciplina sulle intese. Dopo la riforma la disciplina italiana si è allineata alla definizione di concentrazione del Reg. (CE) n. 139/2004, facendo rientrare fra le operazioni di concentrazione pure le joint venture che esercitano le loro funzioni di entità economiche autonome in modo stabile; andando ad abrogare l’originario comma 3 dell’art. 5 L. 287/1990 e inserendo una norma che prevede la valutazione del coordinamento fra imprese madri eventualmente secondo i parametri delle intese restrittive (art. 101 TFUE e corrispettivi nazionali). Si determina quindi una visione unitaria delle diverse dicotomie e si prevede un controllo ex ante anche per le joint venture full function come concentrazioni, andando a rimuovere il disallineamento con il diritto UE e rendendo più flessibile il referral tra AGCM e Commissione UE ex artt. 4 e 9 del Reg. 139/2004.  In secondo luogo l’art. 32 della menzionata legge annuale per il mercato e per la concorrenza ha modificato l’ art. 16 della legge n. 287/1990.[140] Ai sensi di detta disposizione, scatta l’obbligo di notifica per tutte quelle concentrazioni che superino cumulativamente due soglie: (i) a livello nazionale, il fatturato realizzato dall’insieme delle imprese interessate deve superare i 517 milioni di euro (ii)  sempre a livello nazionale, il fatturato realizzato individualmente da almeno due delle imprese interessate deve superare 31 milioni di euro.  Attraverso la modifica sopra citata, è stato aggiunto il comma 1-bis all’art. 16, che consente all’AGCM di richiedere alle imprese interessate dall’operazione, la notifica di quelle concentrazioni c.d. sotto-soglia, non rientranti nel campo di applicazione della disciplina  sul controllo delle concentrazioni.

Per attivare questo strumenti, il comma 1-bis,[141] stabilisce tre condizioni cumulative che devono essere rispettate: (i) almeno una delle soglie di fatturato previste dal comma precedente, ovvero il fatturato totale a livello mondiale delle imprese interessate sia maggiore a 5 miliardi di euro; (ii) l’operazione di concentrazione comporti «concreti rischi concorrenziali nel mercato italiano o in una sua parte rilevante (tenuto anche conto degli effetti pregiudizievoli per lo sviluppo e la diffusione di imprese di piccole dimensioni caratterizzate da una strategia innovativa)»; (iii) non devono essere trascorsi più di 6 mesi dal perfezionamento dell’acquisizione Sembra quindi che anche a livello nazionale, sia stato introdotto un quadro normativo orientato verso lo scrutinio delle killer acquisition. Come si vedrà, l’AGCM, attraverso una propria comunicazione, ha ulteriormente specificato, le condizioni applicative di tale nuova norma, facendo espresso riferimento a concentrazioni che presentano le caratteristiche tipiche delle vicende esaminate nel presente elaborato. Dalla terza condizione menzionata, risulta chiaro come un’ulteriore innovazione dell’assetto normativo  riguarda la possibilità, per ACGM, di aprire un’istruttoria nei confronti di un’operazione già perfezionata,[142] nel caso in cui supero almeno una delle soglie analizzate in precedenza, determinando un’estensione temporale per la valutazione dell’AGCM, che intervenendo anche  ex post crea  maggiore deterrenza per le imprese, che, consapevoli di poter essere oggetto d’indagine anche successivamente alla conclusione dell’acquisizione, saranno più caute nel realizzare acquisizioni borderline.[143]

Inoltre, l’art 32 della L. di riforma n. 118/2022, ha modificato l’art. 6 della L. 287/1990. In particolare,  è stato attribuito all’Autorità garante della concorrenza e del mercato,  il potere di esaminare, durante la valutazione di operazioni notificate,  «gli effetti anticompetitivi di acquisizioni di controllo su imprese di piccole dimensioni caratterizzate da strategie innovative, anche nel campo delle tecnologie». Tale previsione chiarisce esplicitamente che, nel valutare la compatibilità dell’operazione, l’Autorità deve considerare anche aspetti che riconducono al fenomeno delle killer acquisitions, il quale, fino a pochi anni fa, non era stato preso in considerazione in modo esplicito dal quadro normativo italiano.

Per effetto delle modifiche analizzate, l’AGCM è stata incaricata di definire le procedure attuative del nuovo comma inserito dalla legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021. Alla luce di questo, l’Autorità ha avviato una consultazione pubblica, il cui esito è confluito nella Comunicazione relativa alle operazioni di concentrazione sotto-soglia, adottata con delibera n. 30407 e resa pubblica il 2 gennaio 2023.[144] L’obiettivo principale di questa Comunicazione è duplice: da un lato, chiarire l’ambito di applicazione dell’art. 16, comma 1-bis, così da consentire all’AGCM di prendere in esame operazioni potenzialmente problematiche che altrimenti, in base al sistema vigente, non sarebbero soggette a notifica; dall’altro, fornire alle imprese indicazioni sufficientemente chiare, in modo da ridurre al minimo le incertezze ed evitare un aggravio ingiustificato degli oneri a loro carico.

Nello specifico, all’interno del documento sono evidenziati, come presupposti della normativa, l’applicazione ratione temporis della disposizione ed il concetto di «concreti rischi concorrenziali».[145] Sotto il profilo temporale, l’AGCM potrà chiedere la notifica di un’operazione sotto-soglia soltanto se questa sia stata conclusa da non oltre sei mesi. A tal proposito, il termine “conclusione” coincide con il closing dell’operazione, ossia il momento in cui si realizza effettivamente il passaggio di controllo. A differenza di quanto avviene a livello europeo, l’Autorità italiana non dispone della facoltà di chiedere l’esame di una concentrazione finalizzata da più di sei mesi, neppure in presenza di circostanze eccezionali.

Il secondo fondamento applicativo fa riferimento alla possibilità che un’operazione possa determinare rischi significativi per la concorrenza, con effetti rilevanti sul mercato nazionale o su una sua parte sostanziale. A tal riguardo, si chiarisce come la notifica possa essere richiesta anche sulla base di un’analisi generale, svolta dall’Autorità, da cui però deve emerere prima facie un quadro indicativo di potenziali criticità. Un esempio tipico è rappresentato dall’acquisizione, da parte di un grande operatore (attivo su scala nazionale o globale), di un’impresa il cui fatturato in Italia risulti limitato o addirittura nullo.

Per accertare l’eventuale presenza di rischi concorrenziali concreti, l’Autorità ha individuato una serie di elementi che devono essere presi in considerazione nell’analisi delle operazioni di concentrazione. Oltre ai criteri tradizionali, come la struttura del mercato e l’indice di concentrazione HHI, vengono esaminati ulteriori fattori, tra cui: (i) le caratteristiche degli operatori coinvolti, (ii) la tipologia di attività svolta dalle imprese interessate e la loro importanza per consumatori e altre aziende, (iii) il ruolo dell’innovazione all’interno dell’operazione, e (iv) l’effettivo vincolo competitivo esercitato dalle imprese coinvolte, al di là della loro quota di mercato. Un’attenzione particolare è riservata a quelle operazioni in cui il fatturato di una delle imprese «non sia indicativo del vincolo competitivo» che essa esercita o che potrebbe esercitare in futuro nel mercato nazionale o in una sua parte rilevante. In questi casi, l’AGCM ha la facoltà di valutare ulteriori elementi, tra cui: (i) il fatto che una delle imprese sia una start-up o un nuovo entrante con un significativo potenziale competitivo ancora in fase di sviluppo, o che non abbia ancora generato ricavi rilevanti; (ii) il ruolo di innovatore svolto da un’impresa impegnata in attività di ricerca con possibili implicazioni di mercato significative; (iii) la capacità di un’impresa di rappresentare una forza competitiva determinante, sia in termini attuali che prospettici; (iv) l’accesso a risorse strategiche per la concorrenza, come materie prime, infrastrutture, dati o diritti di proprietà intellettuale, oppure il controllo su prodotti o servizi che costituiscono input essenziali per altri settori.[146] Un ulteriore elemento che l’AGCM può prendere in considerazione, per valutare la possibile presenza di rischi concorrenziali, è il rapporto tra il prezzo pagato per l’operazione e il fatturato della società target. Se il corrispettivo dell’acquisizione è particolarmente elevato rispetto al fatturato dell’impresa acquisita, ciò potrebbe indicare la presenza di aspetti strategici rilevanti per la concorrenza.

Considerato che la normativa stabilisce che i rischi per la concorrenza debbano manifestarsi all’interno del mercato nazionale o di una sua parte rilevante, la Comunicazione prevede una presunzione automatica di tale impatto nel caso in cui le imprese coinvolte realizzino il proprio fatturato in Italia. Tuttavia, se nessuna delle imprese genera ricavi nel territorio nazionale, l’AGCM potrà comunque valutare l’operazione come potenzialmente influente sulla concorrenza italiana, basandosi su specifiche caratteristiche dell’operazione.[147] Dal punto di vista procedurale, la Comunicazione stabilisce che, una volta ricevuta la richiesta da parte dell’AGCM, le imprese coinvolte devono notificare l’operazione entro 30 giorni, termine che può essere prorogato in circostanze eccezionali, su richiesta motivata delle parti, per un ulteriore periodo di 30 giorni. Inoltre,  si sottolinea come, la formulazione della richiesta di notifica da parte dell’AGCM non esclude la possibilità di presentare istanza di rinvio ai sensi dell’art. 22 del Regolamento n. 139/2004.[148]

Seguendo l’impostazione dei nuovi orientamenti della Commissione in materia di concentrazioni,[149] anche in Italia è stata introdotta la possibilità per le imprese di effettuare una pre-notifica. In particolare, le parti coinvolte in una concentrazione che rientra nell’ambito dell’art. 16, comma 1-bis, possono scegliere di comunicare volontariamente l’operazione all’AGCM. Questa facoltà è riservata esclusivamente alle operazioni non soggette a obbligo di notifica in base alle soglie dimensionali previste dalla normativa nazionale o europea. Inoltre, la comunicazione preventiva può avvenire solo se tra le parti è stato già raggiunto un accordo sugli elementi fondamentali della transazione, condizione necessaria affinché l’AGCM possa disporre di informazioni adeguate per la valutazione; per questi motivo, le imprese che optano per la pre-notifica devono fornire dettagli sull’operazione, tra cui: l’identità delle parti coinvolte, la descrizione dell’operazione e dei mercati interessati, la posizione concorrenziale delle imprese partecipanti, ed infine «Le ragioni per le quali l’operazione potrebbe determinare concreti rischi per la concorrenza [...]».[150]  In merito a quest’ultima previsione, appare poco opportuno richiedere alle stesse imprese di evidenziare eventuali profili anticoncorrenziali della concentrazione, dal momento che sono direttamente coinvolte e interessate alla sua realizzazione.

Una volta ricevuta la comunicazione volontaria, l’AGCM ha un termine di sessanta giorni per decidere se avviare una procedura di notifica ex art. 16, comma 1-bis. L’introduzione di questo limite temporale risponde all’esigenza di garantire maggiore certezza giuridica e prevedibilità per le imprese.

Come nel caso dell’evoluzione normativa a livello europeo, anche questa modifica ha suscitato alcune riserve. Tuttavia, il nuovo meccanismo ha indubbiamente potenziato il sistema italiano di controllo delle concentrazioni, riducendo il rischio che operazioni sotto-soglia con possibili effetti distorsivi sulla concorrenza sfuggano al controllo dell’AGCM.

 

Conclusione

 

Giunti a questo punto, emerge con evidenza la complessità intrinseca del fenomeno delle killer acquisitions e delle sfide che esse pongono al diritto della concorrenza contemporaneo. È quindi opportuno riflettere sul futuro ruolo dell’Autorità europea nell’ecosistema digitale, nonché sugli strumenti — sia valutativi che coercitivi — che essa potrà impiegare per fronteggiare le operazioni potenzialmente lesive della concorrenza. Come illustrato, l’attuale sistema di controllo delle concentrazioni si articola in due fasi: un esame preliminare obbligatorio volto a rilevare eventuali criticità, e, ove necessario, un’analisi approfondita fondata su un approccio controfattuale, condotta tramite il test di dominanza, o il SIEC test.[151] In prospettiva futura, tuttavia, questo schema potrebbe rivelarsi non più sufficiente. La crescente rilevanza dei mercati ad alta intensità di ricerca e sviluppo, unitamente all’espansione transnazionale di tali mercati, impone una revisione degli strumenti di enforcement antitrust, affiancando ai criteri tradizionali nuovi parametri di valutazione.[152]

Appare sempre più evidente, infatti, che l’ancoraggio esclusivo alle soglie di fatturato non consente di intercettare tempestivamente le operazioni strategiche con effetti anticoncorrenziali, soprattutto in contesti ad alto contenuto tecnologico. In tale direzione, si colloca la proposta di adottare soglie alternative basate sul valore dell’operazione, obblighi di notifica per tutte le acquisizioni da parte delle grandi piattaforme, o soglie settoriali differenziate. Tuttavia, non mancano approcci più prudenti: il report Competition Policy for the Digital Era della Commissione europea (2019),[153] pur focalizzandosi sulle killer acquisitions, ha affermato che i tempi per modificare le soglie notifica del Reg. 139/2004 non erano ancora maturi, preferendo raccomandare un monitoraggio attivo e una maggiore attenzione alle operazioni potenzialmente predatorie. Nell’immediato il Documento proponeva alcuni adattamenti con riferimento alle acquisizioni predatorie, suggerendo un controllo analogo a quello sulle fusioni orizzontali tra concorrenti, ponendo quindi a carico delle piattaforme interessate l’onere di dimostrare la compensazione degli effetti negativi sulla concorrenza attraverso incrementi di efficienza adeguati. Il Report riteneva quindi opportuno, per fronteggiare i problemi di under-enforcement, che l’onere della prova nei casi di killer acquisition, venisse assimilato a quello richiesto per la valutazione di intese restrittive della concorrenza, non sussistendo, a priori, una presunzione di liceità nelle acquisizioni di start-up innovative da parte delle Big Tech.[154] Concludendo sul punto, il Report sosteneva che le strategie utilizzate dalle grandi piattaforme digitali, essendo volte solo alla riduzione delle pressioni competitive nei mercati di riferimento, dovessero essere vietate in assenza di vantaggi per il consumer welfare.[155]

In questo quadro, merita attenzione l’intervento del legislatore italiano sulla legge n. 287/1990, che ha aggiornato i criteri sostanziali per la valutazione delle concentrazioni. La riforma ha introdotto il SIEC test e ha esplicitamente attribuito all’AGCM il potere di valutare gli effetti anticoncorrenziali delle acquisizioni di imprese di piccole dimensioni caratterizzate da strategie innovative. Tale previsione normativa rappresenta un significativo passo avanti nella direzione di un controllo più attento e selettivo delle operazioni nei mercati dinamici. L’inserimento di parametri aggiuntivi — come il potere economico delle parti coinvolte o l’incidenza sull’innovazione — consente all’Autorità di andare oltre il mero dato dimensionale, tenendo conto anche della concorrenza potenziale e delle dinamiche evolutive del mercato.

Pur non costituendo una soluzione definitiva a tutte le criticità emerse, il nuovo impianto normativo offre una base più solida per l’analisi delle acquisizioni predatorie e per una regolazione differenziata, capace di adattarsi alle peculiarità di questi mercati.[156] Il bilanciamento tra criteri oggettivi e discrezionalità valutativa si configura come un modello efficace, adottato anche in altri ordinamenti europei, per garantire una vigilanza più puntuale sulle operazioni di concentrazione, soprattutto in settori innovativi e in rapida evoluzione.

In questo contesto, l’adozione a livello europeo di una base giuridica flessibile, analoga a quella delineata dall’art. 6, comma 1, della legge italiana,[157] e il rafforzamento del coordinamento tra Commissione e autorità nazionali, appaiono strumenti promettenti per un enforcement antitrust più moderno, efficace e al passo con le rapide trasformazioni dell’ ecosistema.[158] Tuttavia, resta ora da verificare se tale impianto normativo — e in particolare il nuovo potere di “call-in” — sia effettivamente compatibile con l’ordinamento dell’Unione e con i vincoli giuridici che governano il sistema europeo di controllo delle concentrazioni.[159]

Sotto questo profilo, particolare rilievo assume il caso Nvidia/Run:ai, che rappresenta la prima concreta applicazione del nuovo potere di intervento attribuito all’AGCM ai sensi dell’art. 16, comma 1-bis, della legge n. 287/1990. In tale occasione, l’Autorità ha esercitato tale potere nonostante l’operazione non superasse le soglie di notifica previste né a livello nazionale né a livello europeo. In virtù del potenziale impatto dell’operazione sul mercato italiano dell’intelligenza artificiale, l’AGCM ha richiesto alla Commissione europea di avvalersi della clausola ex art. 22 del Regolamento n. 139/2004.  La decisione della Commissione di accettare il rinvio è attualmente oggetto di impugnazione da parte di Nvidia dinanzi al Tribunale dell’Unione Europea,[160] che sarà chiamato a pronunciarsi non soltanto sulla legittimità della procedura seguita, ma, più in profondità, sulla compatibilità tra l’interpretazione estensiva dell’art. 22 e i principi generali dell’ordinamento dell’Unione. In particolare, la controversia ruota attorno al punto nodale rappresentato dalla sentenza Illumina/Grail, nella quale la Corte ha sottolineato la necessità di salvaguardare la certezza del diritto e la prevedibilità dell’azione amministrativa nell’ambito dell’applicazione dell’art. 22, censurando l’uso retroattivo e svincolato da criteri oggettivi del potere di rinvio.

Il caso Nvidia/Run:ai si configura, pertanto, quale banco di prova sia per la tenuta costituzionale del nuovo assetto italiano, sia per la definizione dei limiti strutturali del modello europeo di controllo decentrato delle concentrazioni. La decisione della Corte — che potrebbe costituire una nuova pietra miliare nella giurisprudenza europea in materia di concentrazioni — offrirà un chiarimento essenziale sul ruolo che le autorità nazionali possono svolgere all’interno del sistema multilivello del merger control. Essa contribuirà a definire i limiti legittimi del potere di rinvio, chiarendo il rapporto tra diritto interno e diritto dell’Unione, e valutando se strumenti innovativi come quello italiano siano compatibili con l’impianto comunitario o se richiedano un maggiore inquadramento normativo.

In attesa della pronuncia, il caso Nvidia/Run:ai resta emblematico delle tensioni e delle potenzialità insite in un approccio decentrato e adattivo al controllo delle concentrazioni, specialmente in mercati ad alta intensità di ricerca e sviluppo. Qualunque sia la direzione intrapresa dalla Corte,  le sue implicazioni si rifletteranno non solo sul futuro dell’antitrust europeo, ma anche sull’equilibrio tra libertà di impresa, tutela dell’innovazione e salvaguardia della concorrenza. In tal senso, il caso italiano si configura non solo come un test giuridico, ma anche come una verifica sostanziale della sostenibilità costituzionale di un antitrust europeo sempre più ambizioso e sensibile all’evoluzione dei mercati dinamici.

 

 

 

 

 

 

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[1] U.S. Securities and Exchange Commission, Rapporto trimestrale di Facebook, Inc. per il periodo concluso il 30 settembre 2012: “Facebook ha pagato un prezzo di acquisto totale di 521 milioni di dollari statunitensi, di cui 300 milioni in contanti e circa 12 milioni di azioni vestite di classe B di Facebook agli azionisti non dipendenti di Instagram. Inoltre, ha emesso circa 11 milioni di azioni non vestite della sua classe B agli azionisti dipendenti di Instagram alla data di chiusura, con un valore equo complessivo di 194 milioni di dollari. Insieme, ciò ha comportato un prezzo di acquisizione totale di 715 milioni di dollari alla data della transazione”.

[2]  U.S. Federal Trade Commission, Closing letters: Facebook Inc./Instagram Inc., 22 agosto 2012.

[3] Australian Competition and Consumer Commission, Digital Platforms Inquiry Report. 2019, “Do digital platforms have market power?”, In Digital Platforms Inquiry Report, pag. 80.

[4] Ibidem.

[5] “Laboratory of economics, antitrust and regulation", società di consulenza economica specializzata che fornisce servizi nel campo della politica della concorrenza, della regolamentazione e degli appalti. Fondata nel 1999, è stata la prima consulenza economica italiana nel campo della politica della concorrenza e si è guadagnata una reputazione internazionale nel corso degli anni.

[6]  L'OFT era una delle organizzazioni che hanno preceduto la CMA

[7] Organisation for Economic Co-operation and Development (OCSE), 2020, “Start-up, acquisizioni killer e controllo delle fusioni”, pag. 31

[8] F. GHEZZI, G. OLIVIERI, Diritto antitrust. G. GIAPPICHELLI, 2019, pp. 239-240.

[9] A. PAPPALARDO, Il Diritto della Concorrenza dell’Unione Europea, UTET Giuridica, 2018, pp. 23-24.

[10] «incumbent firms may acquire innovative tar-gets solely to discontinue the target’s innovation projects and preempt future competition.  We call such acquisitions “killer acquisitions” [..]» C. CUNNINGHAM, F. EDERER, e S. Ma, Killer Acquisitions. Journal of Political Economy, 129(3), 2020, pp. 649-702.

[11] C.CUNNINGHAM, F. EDERER, e S. MA, Killer acquisition, Journal of Political Economy, Vol. 129, No. 3, 2020, pp. 649–702.

[12] A. PAPPALARDO, Il Diritto della Concorrenza dell’Unione Europea, UTET Giuridica, 2018, pp. 647

[13] F. GHEZZI, G. OLIVIERI, Diritto antitrust. G. GIAPPICHELLI, 2019, pp. 246-247

[14] V. Considerando 20, Regolamento CE n.139/2004 del Consiglio, del 20/01/2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese.

[15] V. Comunicazione consolidata della Commissione sui criteri di competenza giurisdizionale a norma del Regolamento (CE) n. 139/2004, 2008/C 95/01, nn. 28 e ss.

[16] Regolamento (CEE) n. 4064/89 del Consiglio, del 21 dicembre 1989, relativo al controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese.

[17] Artt. 85 e 86 del Trattato di Roma (1957) che vennero successivamente rinumerati negli artt.81 e 82 del Trattato di Maastricht del 1992 e poi vengono riprodotti dagli art.101 e 102 TFUE.

[18] Libro Bianco della Commissione CE sul completamento del Mercato Unico, Presentato dalla Commissione in occasione del Consiglio europeo di Milano del giugno 1985.

[19] Atto Unico Europeo, firmato il 17 febbraio 1986, GUCE 29 giugno 1987, N.L 169.

[20] Cfr. la Comunicazione della Commissione sul concetto di concentrazione 94/C-385/02.

[21] La definizione di controllo è da intendersi come "la possibilità di esercitare un'influenza decisiva”. Per approfondire la nozione, Cfr. N. DE LUCA, European Company Law, Cambridge University Press, 2021.

[22]Si  ha  una  concentrazione  quando  si  produce  una modifica duratura del  controllo a seguito:

  1. a) della fusione di  due o piu' imprese precedentemente indipendenti o parti di imprese; oppure
  2. b) dell'acquisizione, da parte  di  una o piu' persone che gia' detengono il controllo di  almeno  un'altra  impresa,  o da parte di una o piu' imprese, sia tramite  acquisto  di  partecipazioni  nel  capitale  o di elementi del patrimonio, sia  tramite  contratto  o qualsiasi altro mezzo, del controllo diretto o indiretto dell'insieme o di parti di una o piu' altre imprese.”

[23]  Anche alcune joint venture, come previsto dall'art. 3(1)(4) dell'ECMR. 3(1)(4) dell'ECMR.

[24] Comunicazione della Commissione sulla nozione di impresa comune a pieno titolo ai sensi del regolamento (CEE) n. 4064/89 del Consiglio relativo al controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese (Gazzetta ufficiale C 66 del 02.03.1998, pag. 6.)

[25] V. supra, nota 24.

[26] Ibidem.

[27] Comunicazione consolidata, cit., n. 16.

[28] «l'esistenza di una concentrazione ai sensi del regolamento sulle concentrazioni si basa su criteri qualitativi piuttosto che quantitativi, incentrati sul concetto di controllo. Tali criteri includono considerazioni di diritto e di fatto. Ne consegue, pertanto, che una concentrazione può avvenire su base giuridica o di fatto» Comunicazione della Commissione sul concetto di concentrazione ai sensi del regolamento (CEE) n. 4064/89 del Consiglio relativo al controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese (Gazzetta ufficiale C 66 del 02.03.1998, pag.2).

[29] Ibidem.

[30]  F. GHEZZI, G. OLIVIERI, Diritto antitrust. G. GIAPPICHELLI, 2019, pp. 252.

[31]  G. CASSANO, A. CATRICALÀ, R. CLARIZIA, Concorrenza Mercato e Diritto dei consumatori, UTET, 2018, pp. 691.

[32]  R. WISH, D. BAILEY, Competition Law, Oxford University Press, 2015, pp. 882

[33] Il Regolamento n. 4064/1989, originariamente, distingueva le imprese comuni in concentrative e cooperative. Le prime rientravano nel campo di applicazione del Regolamento, le seconde, invece, potevano rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 81 TCE ed essere qualificate come intese restrittive della concorrenza. Successivamente tale impostazione è stata modificata nel 1997 e la nuova impostazione descritta è stata mantenuta nel Regolamento n. 139/2004.

[34] G. CASSANO, A. CATRICALÀ, R. CLARIZIA, Concorrenza Mercato e Diritto dei consumatori, UTET, 2018, pp. 866-868.

[35]  V. Considerando 3-5, Regolamento n. 139/2004 del Consiglio, del 20/01/2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese.

[36] Più nello specifico, in materia di concorrenza opera un dipartimento interno della Commissione, la Direzione generale della concorrenza (COMP).

[37] V. Considerando 8, Regolamento n.139/2004 del Consiglio, del 20/01/2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese.

[38] Ivi, considerando 10.

[39] Cfr. art. 1, Paragrafo 2, Regolamento n. 139/2004 del 20 gennaio 2004, del 20/01/2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese.

[40] La modifica è stata apportata con il Regolamento n. 1310/1997. La ratio di tale modifica è evidenziata nella Comunicazione Consolidata, cit., n.126: «tale secondo insieme di soglie è inteso ad identificare quelle operazioni che non raggiungono la dimensione comunitaria in base al disposto del paragrafo 2, ma che avrebbero [un'incidenza sostanziale in almeno tre Stati membri], dando luogo in ciascuno di essi ad una notifica in base alla rispettiva legislazione nazionale sulla concorrenza».

[41] A. PAPPALARDO, Il Diritto della Concorrenza dell’Unione Europea, UTET Giuridica, 2018, pp. 708- 709.

[42] Regolamento n. 139/2004 del 20 gennaio 2004, del 20/01/2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese, artt. 4(5) e 22.

[43] Cfr. art. 21, paragrafi 2-3, Regolamento n. 139/2004 del 20 gennaio 2004, del 20/01/2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese.

[44] A. JONES, B.SUFRIN "EU competition law: text, cases, and materials", Oxford University Press, 2019, pag. 24

[45] Comunicazione della Commissione «Linee direttrici sulla nozione di pregiudizio al commercio tra Stati membri di cui agli articoli 81 e 82 del trattato», 2004/C 101/07.

[46] V. Considerando 11, Regolamento n. 139/2004, del 20/01/2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese.

[47] Il principio di sussidiarietà viene definito dall’art. 5 paragrafo 3 TUE come quel criterio generale che orienta l’azione dell’Unione, prevedendo che «l’Unione interviene nei settori che non sono di sua competenza esclusiva soltanto se e in quanto gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell'azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione».

[48] Comunicazione della Commissione sul rinvio in materia di concentrazioni, 2005/C 56/02, nn. 9-10 e ss.

[49] “Prima di notificare una concentrazione ai sensi del paragrafo 1, le persone o le imprese di cui al paragrafo 2 possono informare la Commissione, presentando una richiesta motivata, che la concentrazione può incidere in misura significativa sulla concorrenza in un mercato all'interno di uno Stato membro che presenta tutte le caratteristiche di un mercato distinto e che dovrebbe quindi essere esaminata, interamente o in parte, dallo Stato membro in questione[..].”

[50] “Con riferimento ad una concentrazione, quale definita all'articolo 3, che non ha dimensione comunitaria ai sensi dell'articolo 1 e che può essere esaminata a norma delle legislazioni nazionali sulla concorrenza di almeno tre Stati membri, le persone o imprese di cui al paragrafo 2 possono, prima di qualsiasi notificazione alle autorità competenti, informare la Commissione, presentando una richiesta motivata, che la concentrazione dovrebbe essere esaminata dalla Commissione [...].”

[51] Il Regolamento non fornisce una definizione esplicita del concetto di mercato distinto; tuttavia, analizzando in modo sistematico le disposizioni del Regolamento in cui viene spesso menzionato il concetto di mercato geografico di riferimento e considerando anche la prassi seguita dalla Commissione, si può dedurre che il "mercato distinto" debba essere inteso come quella parte del mercato situata all'interno del territorio nazionale di uno Stato Membro, sia dal punto di vista merceologico che geografico (A. PAPPALARDO, cit.).

[52] Cfr. art. 4, paragrafo 4, Regolamento n. 139/2004 del 20 gennaio 2004, del 20/01/2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese.

[53] Ivi, considerando 16.

[54] Una volta ricevuta la richiesta motivata dall'impresa interessata, la Commissione è tenuta a comunicarla immediatamente a tutti gli Stati membri. A partire dalla ricezione di tale comunicazione, lo Stato Membro coinvolto ha 15 giorni per manifestare il proprio dissenso rispetto al rinvio (cfr. art. 4, paragrafo 4 del Regolamento n. 139/2004).

[55] Una volta ricevuta la richiesta, la Commissione è tenuta a comunicarla immediatamente a tutti gli Stati membri. Qualora uno degli Stati membri che ha la competenza per esaminare la concentrazione in questione esprima il proprio dissenso al rinvio entro 15 giorni dalla ricezione della richiesta, la concentrazione non potrà essere rinviata. Tuttavia, se nessuno degli Stati membri si oppone al rinvio, la concentrazione sarà considerata di dimensione comunitaria e sarà sottoposta alla competenza esclusiva della Commissione (cfr. art. 4, paragrafo 5 del Regolamento n. 139/2004).

[56] A. PAPPALARDO, Il Diritto della Concorrenza dell’Unione Europea, UTET Giuridica, 2018, p. 710

[57] Cfr. art. 9, paragrafo 8, Regolamento n. 139/2004 del 20 gennaio 2004, del 20/01/2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese.

[58] A. PAPPALARDO, Il Diritto della Concorrenza dell’Unione Europea, UTET Giuridica, 2018, p. 722.

[59] “La richiesta va presentata al più tardi entro 15 giorni lavorativi dalla data in cui la concentrazione è stata notificata o, se non è prescritta la notificazione, resa nota in altro modo allo Stato membro interessato.” (cfr. art. 22, paragrafo 1 del Regolamento 139/2004).

[60] Austria e Germania hanno già predisposto delle soglie basate sul valore effettivo della concentrazione - V. Guidance on Transaction Value Thresholds for Mandatory Pre-merger Notification (Section 35 (1a) GWB and Section 9 (4) KartG)

[61] «Uno o più Stati membri possono chiedere alla Commissione di esaminare qualsiasi concentrazione, secondo la definizione dell'articolo 3, che non ha dimensione comunitaria ai sensi dell'articolo 1 ma incide sul commercio fra Stati membri e rischia di incidere in misura significativa sulla concorrenza nel territorio dello Stato o degli Stati membri che presentano la richiesta [...]» (cfr. articolo 22 paragrafo, Regolamento 139/2004).

[62] Digital Market Act (DMA), v. supra, nota 68.

[63] Direttiva (UE) 1937/2019, sulla protezione dei segnalatori di irregolarità, Parlamento europeo e Consiglio dell'Unione europea, 23 ottobre 2019. E Direttiva (UE) 1828/2020, del 25 novembre 2020, relativa alle azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e che abroga la direttiva 2009/22/CE, Parlamento europeo e Consiglio dell'Unione europea.

[64] “Un'impresa è designata come gatekeeper se:

  1. ha un impatto significativo sul mercato interno;
  2. fornisce un servizio di piattaforma di base che costituisce un punto di accesso (gateway) importante affinché gli utenti commerciali raggiungano gli utenti finali; e
  3. detiene una posizione consolidata e duratura, nell'ambito delle proprie attività, o è prevedibile che acquisisca siffatta posizione nel prossimo futuro.” (cfr. articolo 3 comma 1 Regolamento 1925/2022).

[65] “Gli articoli 101 e 102 TFUE e le corrispondenti norme nazionali in materia di concorrenza relative a comportamenti anticoncorrenziali unilaterali e multilaterali, come pure al controllo delle concentrazioni, si prefiggono quale obiettivo la protezione della concorrenza non falsata sul mercato. Il presente regolamento persegue un obiettivo complementare, ma diverso, alla protezione della concorrenza non falsata su un dato mercato, quale definita in termini di diritto della concorrenza, e tale obiettivo consiste nel garantire che i mercati in cui sono presenti gatekeeper siano e rimangano equi e contendibili, indipendentemente dagli effetti reali, potenziali o presunti sulla concorrenza in un dato mercato derivanti dal comportamento di un dato gatekeeper contemplato dal presente regolamento. Il presente regolamento mira pertanto a proteggere un interesse giuridico diverso rispetto a quello protetto da tali norme e dovrebbe applicarsi senza pregiudicare l'applicazione di queste ultime.” (cfr. considerando 11 Regolamento 1925/2022).

[66] G. FERRARI, M. MAGGIOLINO, Il potere across markets delle GAFAM: come reagire? in Orizzonti del Diritto Commerciale, 2021, fascicolo speciale, pp. 463-488. In questo contesto, si fa riferimento all'espressione "Big Tech" o all'acronimo "GAFAM" (Google, Amazon, Facebook, Apple, Microsoft) per indicare le principali imprese tecnologiche. È interessante rilevare che nessuna di queste società è basata principalmente nell’Unione Europea. La loro leadership si consolida grazie alla creazione di vasti ecosistemi digitali, in cui prodotti e servizi si rafforzano a vicenda attraverso potenti effetti di rete. Inoltre, l’uso di algoritmi avanzati alimentati dai big data, che incorporano i dati degli utenti, contribuisce in modo significativo al miglioramento dei servizi e all’ottimizzazione delle strategie commerciali.

[67] Regolamento (UE) 139/2004, art. 2.

[68] Fondata nel 1947, l’International Bar Association (IBA) riunisce professionisti del diritto, ordini forensi e società legali, svolgendo un ruolo cruciale nella promozione e nello sviluppo delle migliori pratiche in ambito giuridico a livello internazionale.

[69] Tradotto come “controllo delle concentrazioni”.

[70] V. discorso del Commissario europeo per la concorrenza Margrethe Vestager, 11 settembre 2020, “The future of Merger control”.

[71] OECD DIRECTORATE FOR FINANCIAL AND ENTERPRISE AFFAIRS, Competition Committee: Start- ups, killer acquisition, and merger control – Note by the European Union DAF/COMP/ WD (2020)24, 11 June 2020.

[72] V. supra, p. 5.

[73] Regolamento n. 139/2004 del Consiglio, del 20/01/2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese, art. 2. Il “Significant Effects on Competition test” (noto come test dei significativi effetti sulla concorrenza) è uno strumento impiegato dalle autorità antitrust per stabilire se un'operazione di fusione o acquisizione possa avere conseguenze rilevanti sulla concorrenza nel mercato.

[74] D. DANIEL SOKOL, Vertical Mergers and Entrepreneurial Exit, 70 Fla. L. Rev. 1357, 2018 e D. DANIEL SOKOL, Merger Law for Biotech and Killer acquisitions, 17 September 2020. 71 Fla. L. Rev. Forum 1 (2020), University of Florida Levin College of Law Research Paper No. 20-49.

[75] F. GREENE, Entrepreneurship Theory and Practice, Bloomsbury Publishing, 2020, p. 392-395.

[76] C. TURGOT, Killer Acquisitions in Digital Markets: Evaluating the Effectiveness of the EU Merger Control Regime, cit., 2021, p. 116.

[77] D. DANIEL SOKOL, Merger Law for Biotech and Killer acquisition, 17 September 2020, 71 Fla. L. Rev. Forum 1, University of Florida Levin College of Law Research Paper No. 20-49, p. 6.

[78] CUNNINGHAM ET AL. fanno riferimento alle c.d. «incumbents», in questo contesto tale termine descrive un attore economico che, in virtù delle proprie dimensioni o della propria posizione di dominanza nel mercato, ha il potere di influenzare le condizioni di concorrenza e di limitare l'ingresso di nuovi concorrenti, impedendo così l'accesso al mercato e riducendo la concorrenza. (OECD, Competition assessment Toolkit, Version 2.0, 2010).

[79] V. supra, nota 13.

[80] V. supra, nota 70.

[81] V. supra, par. 3.3.

[82] Tradotto come “attività di ricerca e sviluppo”.

[83]  C.CUNNINGHAM, F. EDERER, AND S. MA, Killer acquisition, 19 April 2020, Journal of Political Economy, Vol. 129, No. 3, pp. 649–702.

[84] B. LUNDQVIST, Killer acquisitions and other forms of anticompetitive collaborations (Particolo1), in Vol. 5, Issue 3, European Competition and Regulatory Law Review, 186-199, (2021).

[85] Il termine “know-how” indica quell’insieme di conoscenze pratiche, competenze tecniche e abilità che un’organizzazione o un singolo individuo detiene, risultando fondamentali nello sviluppo, nella produzione e nell’esecuzione di specifiche attività o servizi. Si tratta di un patrimonio intangibile che può comprendere segreti commerciali, metodologie, procedure e pratiche non sempre coperte da diritti d’autore, ma che consentono di mantenere un vantaggio competitivo. Queste conoscenze rappresentano il frutto dell’esperienza maturata nel corso del tempo e sono essenziali per trasferire tecnologie e competenze sia all’interno di un’organizzazione che tra diverse realtà.

[86] Relazione della commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, applicazione delle norme sulla concorrenza nel settore farmaceutico (2009-2017), del 28 gennaio 2019, COM/2019/17 final.

[87] Per medicinale generico si intende un medicinale avente la stessa composizione qualitativa e quantitativa in termini di sostanze attive e la stessa forma farmaceutica di un medicinale brevettato (Cfr. AIFA).

[88] GRISE J., BURNS D. AND GIORDANO E., The No Kill Zone: The other side of pharma acquisitions, in Spring Vol. 2, No. 2, CPI Antitrust Chronicle, 19-25, (2020).

[89] C.CUNNINGHAM, F. EDERER, AND S. MA, Killer acquisition, 19 April 2020, Journal of Political Economy, Vol. 129, No. 3, pp. 649–702.

[90]  CUNNINGHAM ET AL. definiscono due o più farmaci sovrapposti quando appartengono alla medesima classe terapeutica e che presentano il medesimo meccanismo d’azione. La classe terapeutica si riferisce al tipo di malattia o malattia che il farmaco intende trattare (ad esempio, gli antidepressivi), mentre il meccanismo d’azione si riferisce al meccanismo biologico attraverso il quale il farmaco tratta la malattia. Ricordiamo tuttavia, come tale definizione non coincide con la nozione di prodotti sostituibili tipica del diritto antitrust europeo e nazionale, che si incentra sulla percezione dei consumatori (V. supra, cap. I, par. 5).

[91] C. CUNNINGHAM, F. EDERER AND S. MA, Killer acquisition, 19 Aprile 2020. Journal of Political Economy, Vol. 129, No. 3, p. 652.

[92] Il testo originale utilizza il termine "cannibalized profits", un concetto economico che descrive la diminuzione dei profitti di un'azienda dovuta alla concorrenza interna tra i suoi stessi prodotti.

[93] C. CUNNINGHAM, F. EDERER AND S. MA, Killer acquisition, 19 Aprile 2020. Journal of Political Economy, Vol. 129, No. 3, p. 653.

[94] La riforma introdotta dall’HRS Act ha apportato modifiche al Clayton Act, introducendo soglie di fatturato ben definite: nel momento in cui le imprese coinvolte in un’operazione di fusione o acquisizione superano tali limiti, sono tenute a notificare la transazione alla Federal Trade Commission (FTC) o, in determinati casi, alla Antitrust Division.

[95] Per quanto riguarda il tasso di lancio dei prodotti: 1.8% vs. 9.1% (rispettivamente delle operazioni “sopra-soglia e di quelle “sotto-soglia”. Il tasso di interruzione dello sviluppo dei prodotti: 94.6% vs. 83.3%.

[96] Relazione della Commissione al Consiglio e Al Parlamento Europeo, Applicazione delle norme sulla concorrenza nel settore farmaceutico (2009-2017), p. 7.

[97] V. supra, nota 13.

[98] V. supra, nota 69.

[99] V.  supra, nota 13.

[100] Ad esempio, dopo l'acquisizione del social network concorrente, Facebook ha proseguito nello sviluppo e nella crescita di Instagram.

[101] M. HOLMSTRÖM, J. PADILLA, R. STITZING, AND P. SÄÄSKILAHTI, Killer acquisition? The Debate on Merger Control for Digital Markets, 2019, pag. 9.

[102] Nel 2020, le aziende del settore farmaceutico in Europa hanno investito un totale di circa 39 miliardi di euro in ricerca e sviluppo, come riportato dalla European Federation of Pharmaceutical Industries and Associations (EFPIA). Questa organizzazione, che rappresenta le industrie farmaceutiche e biotecnologiche in Europa, include 37 associazioni nazionali e 40 importanti aziende farmaceutiche, tra cui AstraZeneca, Bayer, GlaxoSmithKline, Johnson & Johnson, Merck, Novartis, Pfizer, Roche, e Sanofi. The Pharmaceutical Industry in Figures 2021. Secondo i dati dell’EFPIA [https://www.efpia.eu/media/602709/the-pharmaceutical-industry-in-figures-2021.pdf], le aziende aderenti all’associazione hanno destinato in media il 17,9% del loro fatturato (pari a 214,2 miliardi di euro nel 2020) alla ricerca e sviluppo. Nel comparto dei mercati digitali, invece, le imprese GAFAM hanno investito in R&D circa 66 miliardi di dollari nel 2017, corrispondenti al 10,6% del loro fatturato annuo.

[103] A. GANDOMI, M. HAIDER, Beyond the hype: Big data concepts, methods, and analytics, International Journal of Information Management, Volume 35, Issue 2,2015, pp. 137-144.

[104] «Big data is high-volume, high-velocity and high-variety information assets that demand cost-effective, innovative forms of information processing for enhanced insight and decision making» Gartner IT Glossary [http://www.gartner.com/it-glossary/big- data/].

[105] La competizione intensa che caratterizza i mercati digitali spinge le imprese a potenziare i propri investimenti in ricerca e sviluppo, con l’obiettivo di offrire prodotti e servizi innovativi. Questo impegno si rivela decisivo per rispondere alle esigenze dei consumatori e distinguersi dalla concorrenza.

[106] A. CAPOBIANCO AND A. NYESO, Challenges for Competition Law Enforcement and Policy in the Digital Economy, Journal of European Competition Law, Volume 9, Issue 1, 22 November 2017, p. 19-27.

[107] F. GHEZZI, G. OLIVIERI, Diritto antitrust, G. GIAPPICHELLI, 2019, pp. 191-192.

[108] Ad esempio, ci sono piattaforme online che creano "mercati multi-versanti di attenzione", come i motori di ricerca e i social network, o "mercati multi-versanti di scambio", come i marketplace di commercio elettronico.

[109] AGCM, Indagine conoscitiva sui Big Data, 2020, pp. 71 e 72.

[110] Un esempio concreto è rappresentato da Amazon, che opera come piattaforma online in grado di far incontrare domanda e offerta. Grazie a questa struttura, l’azienda mette in relazione venditori e acquirenti su vasta scala, assumendo il ruolo di intermediario e garante per entrambe le parti.

[111]  M. BOURREAU AND A. DE STREEL, Digital Conglomerates and EU Competition Policy, 2019, p. 16.

[112] V. supra nota 70. Le Big Tech o GAFAM (Google, Amazon, Facebook, Apple, Microsoft).

[113] J. FURMAN ET AL., Unlocking digital competition, Report of the Digital Competition Expert Panel, March 2019, p. 12.

[114] OECD DIRECTORATE FOR FINANCIAL AND ENTERPRISE AFFAIRS, Competition Committee: Start- ups, killer acquisition, and merger control – Note by the European Union DAF/COMP/ WD (2020)24, 11 June 2020, p. 69.

[115] Ibidem.

[116] Il “controfattuale competitivo” è uno strumento analitico impiegato nell’ambito dell’economia e della valutazione delle politiche pubbliche, che consente di ipotizzare scenari alternativi in cui certe operazioni – come fusioni o acquisizioni – non hanno avuto luogo. Così facendo, permette di confrontare gli effetti effettivi di una decisione con quelli ipotizzabili in sua assenza, offrendo una stima più accurata dell’impatto sul mercato e sulla concorrenza.

[117] Federal Trade Commission et al. v. Mallinckrodt ARD Inc., et al., No. 1:17-cv-00120, Complaint for Injunctive and Other Equitable Relief (D.D.C. Jan. 25, 2017).

[118] Federal Trade Commission, Mallinckrodt Will Pay $100 Million to Settle FTC, State Charges It Illegally Maintained its Monopoly of Specialty Drug Used to Treat Infant Spasms, comunicato stampa, 18 gennaio 2017.

[119] V. supra, nota 87. FTC Complaint, paragrafo 2.

[120] V. supra, nota 83.

[121] Le maggiori perplessità associate a una killer acquisition riguardano prevalentemente la concorrenza diretta tra le imprese coinvolte, anziché aspetti di natura verticale, come l’integrazione di fornitori o distributori. Se si tralascia questa distinzione, si rischia di classificare in modo improprio numerose acquisizioni preliminari come verticali e potenzialmente complementari, senza considerare eventuali elementi orizzontali che emergerebbero da un’analisi più accurata. Allo stesso modo, un’azienda con un prodotto complementare o operante in un mercato contiguo potrebbe sfruttare la propria posizione per entrare in competizione diretta con l’impresa dominante.

[122] JASON FURMAN ET AL., Unlocking Digital Competition, Report of the Digital Competition Expert Panel, marzo 2019, § 3.45.

[123] V. supra, nota 88.

[124] Le teorie di danno verticale si applicano quando due aziende operanti a diversi livelli della stessa catena di fornitura si fondono. Questo tipo di fusione non elimina direttamente un concorrente dal mercato, ma può alterare la dinamica competitiva in modi che potrebbero danneggiare altri concorrenti o consumatori.

[125] Le teorie di danno in ambito conglomerale coinvolgono imprese che operano in mercati correlati, ma non in diretta concorrenza. Tali teorie possono dar luogo a pratiche come il “bundling” e il “tying”, dove prodotti dominanti vengono offerti insieme ad altri, limitando così la scelta dei consumatori e restringendo gli spazi di manovra dei concorrenti.

[126] OECD DIRECTORATE FOR FINANCIAL AND ENTERPRISE AFFAIRS, Competition Committee: Start- ups, killer acquisition, and merger control – Note by the European Union DAF/COMP/ WD (2020)24, 11 June 2020, pag. 9-13.

[127] Ibidem.

[128] UK Competition and Markets Authority (CMA), Ex-post Assessment of Merger Control Decisions in Digital Markets (Lear report), 2019, pag. 11.

[129] V. supra, nota 94.

[130] F. GHEZZI, G. OLIVIERI, Diritto antitrust, G. GIAPPICHELLI, 2019, pp. 281-283.

[131] P. AFFELDT, R. KESLER, Big Tech Acquisitions — Towards Empirical Evidence, "Journal of European Competition Law & Practice", 2021, vol. 12, n. 6, pp. 471-478.

[132] F. GHEZZI, G. OLIVIERI, Diritto antitrust, G. GIAPPICHELLI, 2019, pp. 281-283.

[133] J. CRÉMER, Y. DE MONTJOYE AND H. SCHWEITZER, Competition Policy for the digital era, 2019, p. 111.

[134] Cause riunite C-611/22 P e C-625/22 P, Corte di Giustizia Europea, Sentenza del 3 settembre 2024.

[135]  Casi congiunti C-611/22 P e C-625/22 P, cit., par. 217.

[136] Ivi, par. 208-209.

[137] V. capitolo 1 paragrafo 3.3.

[138] E.g. le killer acquisitions.

[139] Italia, Legge 5 agosto 2022, n. 118 – Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 188 del 12 agosto 2022, in vigore dal 27 agosto 2022.

[140] Italia, Legge 10 ottobre 1990, n. 287 – Norme per la tutela della concorrenza e del mercato, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 240 del 13 ottobre 1990.

[141] “L'Autorità può richiedere alle imprese interessate di notificare entro trenta giorni un'operazione di concentrazione anche nel caso in cui sia superata una sola delle due soglie di fatturato di cui al comma 1, ovvero nel caso in cui il fatturato totale realizzato a livello mondiale dall'insieme delle imprese interessate sia superiore a 5 miliardi di euro, qualora sussistano concreti rischi per la concorrenza nel mercato nazionale, o in una sua parte rilevante, tenuto anche conto degli effetti pregiudizievoli per lo sviluppo e la diffusione di imprese di piccole dimensioni caratterizzate da strategie innovative, e non siano trascorsi oltre sei mesi dal perfezionamento dell'operazione [...]».

[142] Entro 6 mesi dalla sua chiusura dell’accordo.

[143] Il termine borderline, viene utilizzato per indicare tutte quelle acquisizioni si collocano al limite della soglia di rilevanza per il controllo dell'AGCM.

[144] Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), Comunicazione sull'applicazione dell'articolo 16, comma 1-bis, della legge 10 ottobre 1990, n. 287, delibera n. 30407 del 13 dicembre 2022, pubblicata sul sito ufficiale dell'AGCM.

[145] Ivi, n. 2.

[146] Ibidem.

[147] Nello specifico, l’AGCM potrà̀ valutare, alternativamente: la rilevanza in Italia delle attività interessate tra utenti/consumatori dei servizi forniti dalle imprese coinvolte, la localizzazione nel territorio italiano della sede dell’impresa e/o dei suoi impianti produttivi, lo svolgimento di attività̀ di R&S rilevanti per il mercato nazionale, l’esistenza di un piano di entrata nel mercato nazionale, nonché qualsiasi altro collegamento dell’operazione con il mercato nazionale.

[148] V. supra, nota 540.

[149] Commissione Europea, Orientamenti della Commissione sull’applicazione del meccanismo di rinvio di cui all’articolo 22 del regolamento sulle concentrazioni per determinate categorie di casi, in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, C 113/1, 31 marzo 2021.

[150]  Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), Comunicazione sull'applicazione dell'articolo 16, comma 1-bis, della legge 10 ottobre 1990, n. 287, delibera n. 30407 del 13 dicembre 2022, pubblicata sul sito ufficiale dell'AGCM.

[151] V. supra, Capitolo I paragrafo 5.

[152] F. GHEZZI, G. OLIVIERI, Diritto antitrust. G. GIAPPICHELLI, 2019, pag. 311-314.

[153] J. CRÉMER, Y. DE MONTJOYE e H. SCHWEITZER, Competition Policy for the digital era, 2019.

[154] Ibidem.

[155] Ibidem.

[156] M. MOTTA, M. PEITZ, Big Tech Mergers, in Information Economics and Policy, 2021, p.1 ss.

[157] F. GHEZZI, G. OLIVIERI, Diritto antitrust. G. GIAPPICHELLI, 2019, pag. 311-314.

[158] F. GHEZZI, G. OLIVIERI, Diritto antitrust. G. GIAPPICHELLI, 2019, pag. 311-314.

[159] L. n. 287/1990, art. 16, comma 1-bis, introdotto dall’art. 37, comma 1, lett. b), del D.L. 1/2022, convertito con modificazioni in L. 5/2022.

[160] V. Trib. UE, causa T-15/25, Nvidia v. Commissione, pendente. Sulla vicenda, v. Kluwer Competition Law Blog, “The Italian Competition Authority refers to the Commission the Nvidia/Run:ai acquisition”, 28 novembre 2024.