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Anno XVI - n. 12 - Dicembre 2024

  Giurisprudenza Amministrativa



Il T.A.R. riconosce il silenzio assenso per mero decorso del termine: via libera dal Consiglio di stato.

Di Lorenzo Bruno Molinaro
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Nota T.A.R. Campania Napoli, Sez. VI, sentenza del 29 febbraio 2024, n. 1388

 

Il T.A.R. riconosce il silenzio assenso per mero decorso del termine: via libera dal Consiglio di stato

 

Di Lorenzo Bruno Molinaro

 

 

ABSTRACT

Il presente contributo, a margine di una innovativa sentenza del T.A.R. Campania Napoli, riprende il dibattuto tema della formazione del silenzio assenso per mero decorso del termine sulla istanza di permesso di costruire relativa ad opere da realizzare in zona assoggettata a vincolo paesaggistico.

Il contributo, nel richiamare il più recente e favorevole orientamento del Consiglio di Stato, sottolinea, nei rilievi conclusivi, che non vi è alcuna norma, nell'attuale sistema, che giustifichi la formazione del silenzio assenso soltanto su domande legittime, fermo restando che all'abilitazione tacita per decorso del termine l'amministrazione potrà sempre ovviare con l'autotutela nel rispetto delle condizioni previste dall'art. 21-nonies della legge n. 241/90.

 

This contribution, on the sidelines of an innovative ruling by the T.A.R. Campania Naples, takes up the debated issue of the formation of silent consent due to the mere expiry of the deadline on the building permit application relating to works to be carried out in an area subject to landscape restrictions.

The contribution, in recalling the most recent and favorable orientation of the Council of State, underlines, in the concluding remarks, that no rule in the current system justifies the formation of silent consent only on legitimate requests, without prejudice that the administration will always be able to remedy to tacit consent following the expiry of the term, by resorting to the self-protection in compliance with the conditions set out in the art. 21-nonies of law no. 241/90.

 

SOMMARIO: 1. Il caso. 2. Il ricorso del privato. 3. La sentenza del T.A.R. Campania Napoli, Sez. VI, del 29 febbraio 2024, n. 1388. 4. Il silenzio assenso e il regime vincolistico. 5. La sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, del 13 marzo 2024, n. 2459. 6. Considerazioni finali.

 

  1. Il caso.

Con una sentenza innovativa, depositata il 29 febbraio 2024, il T.A.R. Campania Napoli, Sez. VI, Pres. Scudeller, Est. Fontana, ha ritenuto formato il silenzio assenso per mero decorso del termine su una istanza di permesso di costruire per un intervento di mutamento di destinazione d’uso di un immobile sito nel Comune di OMISSIS, assoggettato a vincolo paesaggistico.

Il permesso di costruire era stato richiesto al Responsabile del S.U.E. in data 15 luglio 2022 dal proprietario dell’immobile, che aveva provveduto a depositare al Comune, per il tramite di tecnico abilitato, l’intera documentazione di corredo, comprensiva di titolo, elaborati grafici e relazione descrittiva delle opere da realizzare.

Tuttavia, il funzionario comunale non aveva riscontrato l’istanza, né aveva espresso sulla stessa alcun formale diniego.

Con successivo atto, l’interessato, rivendicato il perfezionamento del titolo abilitativo per l’utile decorso del termine di legge (60 giorni per la formulazione della proposta di provvedimento e 30 per l’adozione del provvedimento conclusivo)[1], aveva chiesto al funzionario di voler rilasciare attestazione per via telematica[2]  del silenzio assenso formatosi ai sensi degli artt. 20, comma 8, del d.P.R. n. 380/01 e 62 del D.L. n. 77/21, “per esigenze di certezza dei rapporti, semplificazione e libera circolazione dei beni giuridici[3] .

Il Responsabile del S.U.E., di parere opposto, aveva rigettato la richiesta con provvedimento del 1^ marzo 2023, “stante il difetto della conformità urbanistica del progetto” e la inapplicabilità della delibera di consiglio comunale n. 41 del 25 giugno 2011, che la parte aveva invocato a conferma della asserita “conformità”, rappresentando, a suo dire, tale delibera “un mero atto di indirizzo volto ad incentivare l’adeguamento dello strumento urbanistico al SIAD” (strumento di disciplina delle attività commerciali).

  1. Il ricorso del privato.

Avverso il provvedimento di diniego insorgeva il privato, lamentando la violazione dell'art. 20 del d.P.R. n. 380/01, l'eccesso di potere sotto molteplici profili e la mancata assicurazione delle "garanzie partecipative": ciò anche in ragione del fatto che il provvedimento richiamava principi che la giurisprudenza del Consiglio di Stato riteneva ormai superati a seguito delle innovazioni introdotte in materia dal D.Lgs. n. 127/16, in vigore dal 28 luglio 2016, e dal D.L. n. 77/21, in vigore dal 1^ giugno 2021.

In particolare, dopo aver precisato che l'intervento da realizzare, pur ricadendo in area assoggettata a vincolo, non richiedeva l'autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’Allegato A al d.P.R. n. 31/17, osservava che:

- la pretesa di convertire i requisiti di validità della fattispecie ‘silenziosa’ in altrettanti elementi costitutivi necessari al suo perfezionamento vanificherebbe in radice le finalità di semplificazione dell’istituto: nessun vantaggio, infatti, avrebbe l’operatore se l’amministrazione potesse, senza oneri e vincoli procedimentali, disconoscere in qualunque tempo gli effetti della domanda;

- l'obiettivo di semplificazione perseguito dal legislatore - ovvero rendere più spediti i rapporti tra amministrazione e cittadini, senza sottrarre l’attività al controllo dell’amministrazione - si realizza stabilendo che il potere (primario) di provvedere viene meno con il decorso del termine procedimentale, residuando successivamente la sola possibilità di intervenire in autotutela sull’assetto di interessi formatosi ‘silenziosamente’;

- l'ammissibilità di un provvedimento di diniego tardivo si porrebbe, d'altronde, in contrasto con il principio di «collaborazione e buona fede» (e, quindi, di tutela del legittimo affidamento) cui sono informate le relazioni tra i cittadini e l’amministrazione (ai sensi dell’art. 1, comma 2-bis, della legge n. 241/90);

- il silenzio-assenso si forma anche quando l'attività oggetto del provvedimento di cui si chiede l’adozione non è conforme alle norme, come confermato da puntuali ed univoci indici normativi, con i quali il legislatore ha inteso chiaramente sconfessare la tesi secondo cui la possibilità di conseguire il silenzio assenso sarebbe legata, non solo al decorso del termine, ma anche alla ricorrenza di tutti gli elementi richiesti dalla legge per il rilascio del titolo abilitativo[4] ;

- vanno, a tal fine, tenute in debita considerazione le seguenti disposizioni:

- l’art. 2, comma 8-bis, della legge n. 241/90, inserito dall’art. 12, comma 1, lett. a), del D.L. n. 76/20, convertito con modificazioni dalla legge n. 120/20, per il quale « Le determinazioni relative ai provvedimenti, alle autorizzazioni, ai pareri, ai nulla osta e agli atti di assenso comunque denominati, adottate dopo la scadenza dei termini di cui agli articoli 14-bis, comma 2, lettera c), 17-bis, commi 1 e 3, 20, comma 1, […] sono inefficaci, fermo restando quanto previsto dall'articolo 21-nonies, ove ne ricorrano i presupposti e le condizioni », conferma che, decorso il termine, all’amministrazione residua soltanto il potere di autotutela;

- l’art. 20, comma 2-bis, della legge n. 241/90, inserito dall'art. 62, comma 1, del D.L. n. 77/21, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 108/21, nel prevedere che «Nei casi in cui il silenzio dell’amministrazione equivale a provvedimento di accoglimento ai sensi del comma 1, fermi restando gli effetti comunque intervenuti del silenzio assenso, l’amministrazione è tenuta, su richiesta del privato, a rilasciare, in via telematica, un’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento e pertanto dell’intervenuto accoglimento della domanda ai sensi del presente articolo (…) », stabilisce, altresì, al fine di ovviare alle perduranti incertezze circa il regime di formazione del silenzio-assenso, che il privato ha diritto ad un’attestazione che deve dare unicamente conto dell’inutile decorso dei termini del procedimento (in assenza di richieste di integrazione documentale o istruttorie rimaste inevase e di provvedimenti di diniego tempestivamente intervenuti);

- l’art. 21, comma 1, della legge n. 241/90, secondo cui: «Con la segnalazione o con la domanda di cui agli articoli 19 e 20 l’interessato deve dichiarare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti. In caso di dichiarazioni mendaci o di false attestazioni non è ammessa la conformazione dell’attività e dei suoi effetti a legge o la sanatoria prevista dagli articoli medesimi», consente di ritenere che, in caso di dichiarazioni non false, ma semplicemente incomplete, il silenzio-assenso si perfezioni comunque[5] .

Altro parametro di valutazione è, inoltre, rappresentato dall’abrogazione dell’art. 21, comma 2, della legge n. 241/90 che assoggettava a sanzione coloro che avessero dato corso all’attività secondo il modulo del silenzio-assenso, «in mancanza dei requisiti richiesti o, comunque, in contrasto con la normativa vigente».

  1. La sentenza del T.A.R., Sez. VI, 29 febbraio 2024, n. 1388.

Il T.A.R., nel condividere le prospettazioni difensive, ha accolto il ricorso, accertando “l’avvenuta formazione del silenzio assenso”, sulla base della seguente motivazione.

Il consolidato orientamento secondo il quale il silenzio assenso previsto in tema di permesso di costruire non si forma per il solo fatto dell’inutile decorso del termine prefissato per la pronuncia espressa dell’amministrazione comunale e dell’adempimento degli oneri documentali necessari per l’accoglimento della domanda, ma presuppone che la parte sia onerata della sussistenza di tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi ai quali è subordinato il rilascio del titolo edilizio, risulta allo stato mutato alla luce della più recente giurisprudenza […] (Cons. Stato, 4 settembre 2023, n. 8156).

Nel prendere atto di tale orientamento, ritiene il Collegio che illegittimamente il Comune di OMISSIS abbia opposto la mancata formazione del titolo edilizio per contrasto dell’intervento con le norme del vigente P.R.G., poiché il permesso di costruire si è formato a seguito del decorso del tempo, in assenza di un espresso diniego da parte del Comune di OMISSIS”.

  1. Il silenzio assenso e il regime vincolistico.

La questione, in verità, era tutt’altro che semplice, poiché si trattava di stabilire se era applicabile alle aree paesaggisticamente vincolate l’ultima normativa in materia di semplificazione amministrativa (D.L. n. 77/21), integrativa di quella del testo unico edilizio sul silenzio assenso in relazione alle richieste di permesso di costruire (art. 20 d.P.R. n. 380/01), anche se ritenute dal Comune non conformi alla strumentazione urbanistica.

Il T.A.R., nel richiamare il più recente orientamento giurisprudenziale[6] e quasi anticipando quanto previsto dallo schema di disegno di legge “per la semplificazione e la digitalizzazione dei procedimenti in materia di attività economiche e di servizi a favore dei cittadini e delle imprese” (bozza approvata dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 26 marzo 2024), che, nell’apportare modifiche all’art. 20 del d.P.R. n. 380/01, prevede espressamente l’applicabilità del silenzio assenso anche alle aree vincolate, a condizione che siano state rilasciate le relative autorizzazioni, ha affermato che il titolo abilitativo sulla istanza del privato interessato si perfeziona, in tali casi, unicamente per l’utile decorso del termine di legge.

Nel principio affermato si coglie un implicito rinvio a Cons. Stato, Sez. IV, 21 novembre 2023, n. 9969, secondo cui, qualora sia già intervenuta l’autorizzazione paesaggistica (o, come nel caso esaminato, questa non sia ritenuta necessaria), “il diniego di attestazione emesso dal Comune sull'assunzione della assoluta inconfigurabilità del silenzio-assenso per il solo fatto della pertinenza dell’intervento ad area assoggettata a vincolo rappresenta, come già rilevato dal T.A.R. per la Toscana, una errata applicazione del comma 8 dell’art. 20 del d.P.R. n. 380 del 2001 ed una illegittima limitazione dell'operatività dell’istituto del silenzio-assenso, che producono l’effetto abnorme di frustrare le finalità di semplificazione e di accelerazione dell'agire amministrativo alla base della stessa disposizione normativa citata, nonché le esigenze di certezza delle situazioni giuridiche all’origine delle più recenti modifiche apportate ad essa dalla legge n. 241 del 1990”.

Tirando le fila del ragionamento, può, dunque, convenirsi sul fatto che l’istituto del silenzio assenso sia ormai considerato, dalla giurisprudenza più recente, un istituto generale del procedimento amministrativo volto a rafforzare gli strumenti di tutela del privato a fronte della inerzia dell'amministrazione, diretto, più precisamente, a “fluidificare” l'azione amministrativa, neutralizzando gli effetti paralizzanti dell'inerzia.

Non vi è dubbio, pertanto, che tale istituto, in base all’inequivoco dettato normativo, si applichi anche al procedimento per il rilascio del permesso di costruire, la cui primaria finalità è quella di semplificare l'attività amministrativa e, contestualmente, dare impulso alle attività economiche del settore edilizio.

L’esigenza di semplificazione è volta, in altri termini, ad “impedire che le funzioni amministrative risultino inutilmente gravose per i soggetti amministrati”, come sottolineato anche dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 207 dell’8 luglio 2021.

Non va, infine, sottaciuto che il principio del silenzio assenso soddisfa anche l’esigenza di perseguire senza deleteri ritardi ed eccessi burocratici gli obiettivi del PNRR, monitorati costantemente dalla Commissione Europea e di fondamentale importanza per l’Italia.

  1. La sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, del 13 marzo 2024, n. 2459.

Alla luce delle prospettate coordinate ermeneutiche, è innegabile che la sentenza del T.A.R. vada nella giusta direzione, avendo, peraltro, anche il Consiglio di Stato, Sez. VI, affermato lo stesso principio con la recentissima sentenza del 13 marzo 2024, n. 2459[7], nella quale leggesi che “una volta decorso il termine, il potere primario di provvedere si consuma e non vi è più spazio per l’adozione di un diniego tardivo, oggi espressamente considerato “inefficace” a mente dell’art. 2, comma 8-bis, della legge n. 241 del 1990 (…) [8], residuando in capo all’amministrazione la sola possibilità di intervenire in autotutela sull’assetto di interessi formatosi silenziosamente[9].

Infatti, come chiarito dal Consiglio di Stato, il dispositivo tecnico denominato ‘silenzio assenso’ risponde ad una valutazione legale tipica in forza della quale l’inerzia decisoria - di seguito a un’istruttoria procedimentale che nella fisiologia del sistema deve pur sempre esserci - 'equivale' ad un provvedimento di accoglimento (tale ricostruzione teorica si lascia preferire rispetto alla tesi 'attizia' del silenzio, che appare una fictio non necessaria)[10].

La predicata equivalenza non significa altro che gli effetti promananti dalla fattispecie siano sottoposti al medesimo regime dell’atto amministrativo: con il corollario che, ove sussistano i requisiti di formazione del silenzio assenso, il titolo abilitativo può perfezionarsi anche con riguardo ad una domanda non conforme a legge.

L’impostazione ermeneutica contraria a tale tesi è - secondo il Supremo Consesso - “foriera di risultati irragionevoli: oltre all’indebita sovrapposizione tra il piano degli elementi costitutivi indefettibili per il perfezionamento della fattispecie e quello dei requisiti di validità e alla sostanziale sterilizzazione della disciplina della annullabilità per i titoli già formatisi, ad essere vanificate sarebbero essenzialmente le precipue finalità di semplificazione dell’istituto che ne hanno ispirato l’introduzione nel nostro ordinamento”.

D’altronde, la tutela dell’interesse pubblico, a fronte di un permesso di costruire formatosi tacitamente, appare, comunque, garantita dal fatto che l’operatività del silenzio assenso, nei casi in cui sussistano vincoli relativi all'assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali, si ricollega alla preventiva acquisizione delle relative autorizzazioni.

Per completezza, va ricordato che interessanti spunti sulla dibattuta questione si rinvengono anche nella sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, dell’8 luglio 2022, n. 5746.

Anche tale sentenza ha ricondotto la formazione silenzio-assenso soltanto al requisito del decorso del termine, consentendone il prodursi degli effetti anche a fronte di una domanda «non conforme a legge».

In pratica, nel discostarsi dalla precedente giurisprudenza che convertiva «i requisiti di validità della fattispecie “silenziosa” in altrettanti elementi costitutivi necessari al suo perfezionamento», il Consiglio di Stato ha sottolineato la funzione di semplificazione del silenzio-assenso, il cui scopo è quello di ridurre i tempi dell’azione amministrativa e, nello specifico, impedire che l’iniziativa privata sia paralizzata dall’inerzia dell’amministrazione.

Ha, poi, concluso che, se si consentisse di adottare anche tardivamente il provvedimento di diniego e, quindi, «in qualunque tempo (di) disconoscere gli effetti della domanda», si vanificherebbe la ratio della semplificazione, dato che il privato non avrebbe alcun vantaggio dall’introduzione del meccanismo di silenzio assenso.

Del resto, il legislatore ammette l’annullabilità non solo dei provvedimenti espressi, ma anche degli effetti scaturenti dall’inerzia dell’amministrazione, ben potendo annullarsi di ufficio, ai sensi dell’art. 21-nonies, c. 1, della legge n. 241/90, anche «il provvedimento (…) formato ai sensi dell'articolo 20».

  1. Considerazioni finali.

Il revirement giurisprudenziale sul tema si spiega soprattutto con il fatto che non vi è alcuna norma, nell'attuale sistema, che giustifichi la formazione del silenzio assenso soltanto su domande legittime, così consentendosi, sulla base di una inammissibile fictio iuris, di convertire i requisiti di legittimità della domanda in presupposti per la formazione del titolo abilitativo tacito.

Il Consiglio di Stato, Sez. VI, con  la nota sentenza del 2 ottobre 2023, n. 8610, in materia di “silenzio assenso su parere paesaggistico in procedimento orizzontale pluristrutturato[11],  ha affermato che “l’obiettivo della competitività del sistema paese richiede sia garantita la conclusione dei procedimenti avviati su istanza di parte in tempi certi e rapidi, e quindi la tempestività dell’azione amministrativa, poiché il fattore tempo è una variabile essenziale della programmazione finanziaria privata di cui è necessaria la ragionevole prevedibilità”.

Il Consiglio di Stato ha anche aggiunto che, al fine di evitare che, in contrasto con il principio della divisione dei poteri, il giudice assuma un ruolo creativo, individuando, in luogo del legislatore, la regola da applicare al caso concreto, “l’interpretazione giudiziale deve individuare il significato corretto della disposizione nell’arco delle sole opzioni che il testo autorizza, eventualmente scrutando nelle sue eventuali zone d’ombra”.

Infatti, il testo della legge, specie quando formulato mediante la c.d. tecnica per fattispecie analitica, “fornisce la misura della discrezionalità giudiziaria; esso, come è stato autorevolmente osservato, rappresenta il punto fermo da cui occorre muovere nell’attività interpretativa e a cui (all’esito del combinato ricorso a tutti gli altri canoni di interpretazione) è necessario ritornare”.

Può affermarsi, dunque, che il testo della legge costituisce, almeno nei casi come quello in esame, un limite insuperabile rispetto ad opzioni interpretative che ne disattendano ogni possibile risultato riconducibile al suo potenziale campo semantico (così come delimitato dalla disposizione), per giungere ad esiti con esso radicalmente incompatibili.

Il rischio, altrimenti ragionando, è quello di trasformare un ordinamento di "diritto scritto, quale formalmente continua ad essere il nostro, in qualcosa di diverso, affiancando, senza che ciò trovi supporto in una modificazione formale del sistema delle fonti, al diritto "scritto" (basato sulla legge) un diritto di fonte giurisprudenziale, considerato idoneo a derogare al primo ogni qualvolta le caratteristiche del caso concreto segnalino come "ingiusto" l'esito che in base ad esso dovrebbe essere sancito.

In altri termini, il legislatore ha cercato di raggiungere un equilibrio tra la tutela degli interessi e l'esigenza di garantire una risposta entro termini ragionevoli al cittadino e all’operatore economico.

In tale ottica, anche la protezione del valore paesaggistico, così come quello del governo del territorio, attribuisce all’autorità tutoria "doveri e responsabilità".

Ovviamente, come già evidenziato, in caso di mancata attivazione nel termine prefissato, resta pur sempre la possibilità di agire in autotutela.

È questo - in definitiva - l'unico rimedio all’inerzia.

Naturalmente, non va dimenticato che è “illegittimo il provvedimento di annullamento d'ufficio di un permesso di costruire emanato dopo il decorso del lasso temporale previsto, sprovvisto, da un lato, di adeguate motivazioni circa le ragioni di interesse pubblico attuali sottese all’esercizio del potere di autotutela e, dall'altro, della necessaria presa in considerazione dell'affidamento maturato dal proprietario dell'area[12].

L’unica eccezione alla perentorietà del termine di cui all’art. 21-nonies della legge n. 241/90, fissato in mesi dodici per effetto di quanto previsto dal D.L. n. 77/21, convertito nella legge n. 108/21, e suscettibile di essere ridotto a mesi sei in caso di approvazione del richiamato disegno di legge “per la semplificazione e la digitalizzazione dei procedimenti in materia di attività economiche e di servizi a favore dei cittadini e delle imprese”, è prevista dal comma 2-bis dell’art. 21-nonies cit., che ricorre “quando un titolo abilitativo è stato ottenuto dall'interessato in base a una falsa o erronea rappresentazione della realtà”.

In tal caso, è consentito all’amministrazione “di esercitare il proprio potere di autotutela, ritirando l'atto stesso, senza necessità di esternare alcuna particolare ragione di pubblico interesse, che, in tale ipotesi, deve ritenersi sussistente in re ipsa” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 30 giugno 2023, n. 6387), ma a condizione che “l'acclarata erroneità dei predetti presupposti risulti comunque non imputabile (neanche a titolo di colpa concorrente) all'amministrazione e imputabile, di contro, esclusivamente al dolo (equiparabile alla colpa grave e corrispondente alla mala fede oggettiva) della parte” (T.A.R. Lombardia Milano, Sez. II, 23 aprile 2021, n. 1037; T.A.R. Lazio Roma, Sez. II, 6 ottobre 2022, n. 12680)[13]

 NOTE:

[1] Per il T.A.R. Lombardia Milano, Sez. II, 11 settembre 2023, n. 2068: “Dal combinato disposto dei commi terzo e sesto dell’art. 20 del d.P.R. n. 380 del 2001 si ricava che, nel caso in cui sia stato emanato l’atto di preavviso di rigetto, il termine per la conclusione del procedimento instaurato a seguito di presentazione di domanda di rilascio di permesso di costruire è pari a cento giorni, di cui sessanta assegnati al responsabile del procedimento per la formulazione della sua proposta e quaranta assegnati all’organo competente per l’adozione del provvedimento finale.”.

 

[2] Con l’art. 10, comma 1, del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, conv. nella legge 11 settembre 2020, n. 120 (c.d. Decreto Semplificazioni 2020), è stato introdotto al comma 8 dell’art. 20, proprio al fine di “semplificare e accelerare le procedure edilizie e ridurre gli oneri a carico dei cittadini e delle imprese”, un’ulteriore specificazione, per cui “Fermi restando gli effetti comunque prodotti dal silenzio, lo sportello unico per l'edilizia rilascia anche in via telematica, entro quindici giorni dalla richiesta dell'interessato, un'attestazione circa il decorso dei termini del procedimento, in assenza di richieste di integrazione documentale o istruttorie inevase e di provvedimenti di diniego; altrimenti, nello stesso termine, comunica all'interessato che tali atti sono intervenuti”. Tale ultimo intervento legislativo è apparso funzionale a fornire all’interessato un elemento di certezza documentale rispetto alla fictio juris rappresentata dal silenzio assenso.

 

[3] L’attestazione in via telematica del silenzio-assenso si atteggia diversamente, sul piano procedimentale, rispetto alla disciplina contenuta nell’art. 20, c. 2-bis, della legge n. 241/90.

Tale disposizione prevede, infatti, l’obbligo dell’amministrazione di rilasciare l’attestazione del silenzio entro dieci giorni dalla richiesta del privato che, in caso di inerzia dell’amministrazione stessa, potrà presentare una dichiarazione sostitutiva (sulle differenze tra le due normative, probabilmente dovute a mera svista del legislatore, v. L. GOLISANO, L’inefficacia degli atti tardivi e i presupposti per la formazione del silenzio-assenso in materia edilizia, in Federalismi.it).

[4] V. A. TRAVI, Silenzio-assenso e conformità urbanistica delle opere, in Foro it., 2022, il quale ha osservato come la individuazione delle condizioni per la maturazione del silenzio-assenso non siano rimesse alla giurisprudenza, essendo definite dalla legge, con la conseguenza che il giudice amministrativo non può sovrapporre valori diversi a quelli che la legge abbia sancito e stabilito nel prevedere e regolare l’istituto. In definitiva, in tale ottica, si è ribadito che se la legge non stabilisce che la conformità urbanistica rappresenti una condizione per la formazione del silenzio-assenso, quest’ultimo si forma anche in assenza di conformità urbanistica, fatta salva l’eventuale illegittimità degli effetti così prodotti e la loro conseguente annullabilità nei modi e nei termini previsti dalla legge.

[5] L’orientamento contrario e ormai superato sostiene che il mero decorso del termine non è di per sé sufficiente alla formazione del silenzio-assenso, essendo a tal fine anche necessario che l’intervento edilizio sia conforme agli strumenti urbanistici e alle altre disposizioni di legge. Questo orientamento si fonda sulla constatazione che, diversamente, si determinerebbe una situazione di sostanziale disparità tra ipotesi sostanzialmente identiche, dipendente solo dall’eventuale sollecito esercizio del potere amministrativo, sicché, qualora non fosse ipotizzabile l’intervento in via di autotutela dell'amministrazione, si verrebbe a configurare una disapplicazione di norme per mero (e casuale) decorso del tempo (così Consiglio di Stato, Sez. IV, 1^ settembre 2022, n. 7631; id., Sez. VI, 8 settembre 2021 n. 6235; 1^ luglio 2021, n. 5018; Sez. IV, 7 gennaio 2019 n. 113; 1^ giugno 2018, n. 3317; T.A.R. Piemonte, Sez. II, 10 marzo 2023, n. 219; T.A.R. Abruzzo L'Aquila, Sez. I, 10 marzo 2022, n. 74; T.A.R. Puglia Bari, Sez. III, 25 febbraio 2022, n. 293; T.A.R. Lazio Roma, Sez. II-bis, 24 dicembre 2021, n. 13490).

[6] Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 settembre 2023, n. 8156; v. anche Sez. VI, 14 marzo 2023, n. 2661; id., 8 luglio 2022, n. 5746. Per un commento a tale ultima sentenza, v. P. Marzaro, Il silenzio assenso e l’infinito della semplificazione. La scomposizione dell’ordinamento nella giurisprudenza sui procedimenti autorizzatori semplificati, in Riv. giur. urb., 2022.

[7] La sentenza è acquisibile al seguente collegamento ipertestuale: https://www.lavoripubblici.it/normativa/20240313/Sentenza-Consiglio-di-Stato-13-marzo-2024-n-2459-27481.html

[8] Sul tema dell’inefficacia degli atti tardivi, si veda L. GOLISANO, L’inefficacia degli atti tardivi e i presupposti per la formazione del silenzio-assenso in materia edilizia, in Federalismi.it, 8 febbraio 2023; M.A. SANDULLI, Silenzio assenso e inesauribilità del potere, in Giustizia  Amministrativa.it., 24 maggio 2022; M. MACCHIA, L’inefficacia del provvedimento amministrativo e gli oneri regolatori nel decreto legge ‘Semplificazioni’, in Quaderni Costituzionali, 3/2020; M. CALABRÒ, Il silenzio assenso nella disciplina del permesso di costruire. L’inefficacia della decisione tardiva nel d.l. n. 76/2020 (c.d. decreto semplificazioni) (note a margine di Cons. Stato, Sez. VI, 13 agosto 2020, n. 5034 e T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-bis, 1° luglio 2020, n. 7476), in Giustizia Insieme; M. CALABRÒ, L’inefficacia del provvedimento tardivo di cui al nuovo art. 2, co. 8-bis della l. n. 241/1990 e gli effetti sulla disciplina del silenzio assenso: primi passi nell’ottica della certezza del diritto, in AmbienteDiritto.it, n. 1, 2021; F. G. RUSSO, Il provvedimento inefficace, rectius inutile nell’ambito del comma 8-bis dell’articolo 2 della Legge n. 241/1990, in Ratioiuris.it, 2021; VERNILE, Ragionevole durata del procedimento amministrativo e “sorte” dell’atto tardivo, in Il diritto dell’economia, n. 3, 2020. In giurisprudenza, gli atti tardivi sono stati espressamente ritenuti come inefficaci nelle seguenti sentenze: Consiglio di Stato, Sez. IV, 2 ottobre 2023, n. 8610; T.A.R. Campania, Sez. II, Salerno, 21 marzo 2022, n. 772; id., 29 novembre 2021, n. 2589; T.A.R. Piemonte, Sez. II, 29 giugno 2022, n. 605; T.A.R. Puglia, Sez. III, 25 marzo 2022, n. 423; T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, Sez. I, 3 aprile 2021, n. 121.

[9] Così, di recente, Consiglio di Stato, Sez. II, 17 ottobre 2022, n. 8840, in www.giustizia-amministrativa.it, in cui si è specificato che l'esercizio del potere di autotutela è espressione di una rilevante discrezionalità che non esime, tuttavia, l'amministrazione dal dare conto, sia pure sinteticamente, della sussistenza dei presupposti richiesti, dovendosi tener conto del particolare atteggiarsi dell'interesse pubblico in materia di tutela del territorio e dei valori che su di esso insistono, che possono indubbiamente essere prevalenti, se spiegati, rispetto a quelli contrapposti dei privati, nonché dall'eventuale negligenza o malafede del privato che ha indotto in errore l'amministrazione. Negli stessi sensi, v. anche Consiglio di Stato, Sez. VI, 28 dicembre 2021, n. 8641; T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, Sez. I, 14 marzo 2022, n. 135; T.A.R. Campania Napoli, Sez. VIII, 1^ ottobre 2021, n. 6150.

[10] L. GOLISANO, L’inefficacia degli atti tardivi e i presupposti per la formazione del silenzio-assenso in materia edilizia, in Federalismi.it, 8 febbraio 2023. Secondo l’Autore: “Non è ancora del tutto risolto il dibattito, sia giurisprudenziale che dottrinale, in merito alla natura “attizia” o “fattizia” del silenzio-assenso. Da un lato, come già autorevolmente sostenuto da Sandulli e peraltro affermato anche dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 5746/2022, vi è chi ritiene che l’inerzia dell’amministrazione costituirebbe un mero fatto cui il legislatore attribuisce il valore e gli effetti giuridici di un provvedimento; cfr. A.M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, cit., p. 653. Dall’altro, sulla base di una fictio iuris, vi è chi invece equipara il silenzio a un vero e proprio provvedimento amministrativo”. Sul tema appare utile rinviare anche a M. CALABRÒ, Silenzio assenso e dovere di provvedere; A. CIOFFI, Dovere di provvedere e silenzio-assenso della pubblica amministrazione dopo la legge 14 maggio 2005, n. 80, in Diritto amministrativo, n. 1, 2006.

[11]Sia consentito rinviare a B. MOLINARO, Il silenzio assenso “orizzontale” in procedimento “pluristrutturato” di accertamento di compatibilità paesaggistica dopo la legge Madia (l. 7 agosto 2015, n. 124, introduttiva dell’art. 17 bis della legge n. 241/90, in Il Diritto Amministrativo, n. 4, 10 luglio 2019; nonché a L.B. MOLINARO, Condono edilizio e accertamento di compatibilità paesaggistica: dubbi e certezze in ordine alla primazia dell’art. 146 del D.Lgs. n. 42 del 2004 sulla disciplina previgente, in LexItalia.it, 16 marzo 2018, n. 3.

[12] Così, fra le tante, Consiglio di Stato, Sez. IV, 30 giugno 2023, n. 6387; Consiglio di Stato, Sez. VI, 6 aprile 2022, n. 2564; Consiglio di Stato, Sez. II, 16 dicembre 2019, n. 8500; Consiglio di Stato, Sez. VI, 25 novembre 2019, n. 7989; Consiglio di Stato, Sez. IV, 18 ottobre 2019, n. 7080; Consiglio di Stato, Sez. VI, 27 gennaio 2017, n. 341; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 8 luglio 2020, n. 2922; negli stessi sensi, cfr., fra le tante, Consiglio di Stato, Sez. VI, 20 settembre 2021, n. 6405, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 13 luglio 2021, n. 4850, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 29 giugno 2020, n. 1235, T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 28 gennaio 2019, n. 199, e Consiglio di Stato, Sez. VI, 27 gennaio 2017, n. 341.

[13] V., in tema, anche CGA, Ad. Sez. Riun., 7 dicembre 2023, n. 472, secondo cui:"L'interesse dell’acquirente in buona fede alla stabilità e certezza dei titoli abilitativi è prioritario, nel caso in cui l'amministrazione sia rimasta colpevolmente inerte e abbia omesso di esercitare i poteri di verifica e inibitori, onde scongiurare la formazione di titoli edilizi.

Questo, peraltro, in un sistema nel quale viene garantita l’intangibilità del provvedimento.

Trascorso, infatti, il termine fissato dall’art. 21-nonies della legge n. 241/1990, si consuma il potere di annullamento d'ufficio e i titoli diventano intangibili, anche in considerazione della colpa grave del comune e dell’affidamento ragionevole dell'acquirente in buona fede.

Nel caso di rappresentazioni non veritiere, l’amministrazione gode di discrezionalità, nell’esercizio dei propri poteri di autotutela, in quanto l’asserito mendacio non la obbliga all’esercizio dei poteri inibitori e repressivi invocati, che, presupponendo la non conformità dell’atto alle vigenti norme edilizie e urbanistiche, richiede anche la ricorrenza dell’ulteriore presupposto dell’interesse pubblico al ritiro dell’atto, valutato tenendo anche conto degli interessi privati in gioco". Negli stessi sensi, v. anche Consiglio di Stato, Sez. VI, 21 dicembre 2021, n. 8495; Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 novembre 2022, n. 10186; Cons. Stato, Ad. Plen., 17 ottobre 2017, n. 8; Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 novembre 2022, n. 10186; Consiglio di Stato, Sez. VI, 28 febbraio 2023, n. 2022.