Giurisprudenza Amministrativa

Il T.A.R. Lazio sull’ambito di applicazione del Codice dei Contratti Pubblici nei settori speciali. La nozione di attività strumentale al contratto di appalto.
Di Giuseppe Laurieri
Nota a sentenza del T.A.R. Lazio, Roma, Sez. IV-ter, 9 dicembre 2024, n. 22130.
Il T.A.R. Lazio sull’ambito di applicazione del Codice dei Contratti Pubblici nei settori speciali. La nozione di attività strumentale al contratto di appalto.
Di Giuseppe Laurieri
Abstract
Il presente contributo analizza la recente sentenza del T.A.R. Lazio, Roma, 9 dicembre 2024, n. 22130 (di seguito anche solo la “Sentenza” o “Pronuncia” o “Decisione”).
La Sentenza, ripercorrendo l’ambito applicativo soggettivo e oggettivo della normativa in materia di pubblici affidamenti nei settori speciali, di cui alla direttiva 2014/25/UE, inquadra la posizione giuridica da attribuirsi alla società Trenitalia S.p.A. (di seguito anche solo “Trenitalia” o la “Società”) e delinea il perimetro entro il quale possono farsi ricadere i servizi “strumentali” alle attività oggetto di affidamento.
Il giudice amministrativo esamina poi le conseguenze che tali aspetti sostanziali della disciplina si riflettono in ambito processuale, anzitutto in termini di riparto di giurisdizione tra giudice amministrativo e giudice ordinario.
This paper analyzes the recent decision by T.A.R. Lazio, Rome, December 9, 2024, No. 22130.
The Judgment traces the subjective and objective scope of application of the European and national regulations on public procurement, frames the legal position to be attributed to the company Trenitalia S.p.A. (hereinafter also only “Trenitalia”) and analyzes the perimeter within which the services that are “instrumental” to the activities being entrusted can be made to fall.
The administrative judge then examines the consequences that these substantive aspects of the rules reflect on the procedural side, first and foremost in terms of jurisdiction.
Massima
L’attività (d’impresa) comprende, notoriamente, anche il complesso degli atti di organizzazione che investono l’intero “ciclo di vita” aziendale dell’operatore economico e di approntamento dei mezzi, reali e personali, volto ad offrire una prestazione nel mercato di riferimento.
Per tale ragione, non possono condividersi letture eccessivamente restrittive come quelle che riferiscono il “rapporto di mezzo a fine” al solo segmento di attività relativo al servizio reso al pubblico, se inteso unicamente come rapporto sinallagmatico che si instaura tra l’impresa e la clientela, prospettiva che, del resto, al di là del costante richiamo dei principi elaborati a partire dalla pronuncia dell’Adunanza plenaria n. 16 del 2011, non trova generalmente conferma in giurisprudenza. (…) Si tratta di letture non ingiustificatamente estensive, che ampliano la portata del nesso di strumentalità funzionale fino a ricomprendere servizi accessori rispetto alla prestazione principale. (…) una lettura restrittiva del requisito della strumentalità funzionale - ampiamente giustificata, come già precisato, dal fatto che le imprese pubbliche sono soggetti che, in linea di principio, in quanto aventi la natura giuridica di enti di diritto privato, sarebbero tenute, nel procedimento di formazione della propria volontà negoziale, alle sole norme del diritto comune dei contratti - è sostenibile soltanto se riferita all’attività, nell’accezione precisata, svolta nei settori speciali e agli “scopi propri” di quest’ultima (peraltro in linea con le enunciazioni di principio che si rinvengono in giurisprudenza)
È fondamentale, dunque, individuare con esattezza gli elementi che devono necessariamente risultare legati da tale nesso, gli estremi di tale relazione di strumentalità.
Sommario: 1. Il Fatto. - 2. L’ambito soggettivo di applicazione della disciplina sui contratti pubblici. – 2.1 La natura giuridica di Trenitalia. – 2.2 L’accertamento del requisito teleologico. – 3 L’ambito oggettivo di applicazione della disciplina sui contratti pubblici. – 3.1. La nozione di contratto “strumentale”. - 3.2 La natura dei servizi di bonifica e demolizione di rotabili movibili: il superamento dell’approccio casistico. – 4 Profili processuali. – 4.1. Sul riparto di giurisdizione. – 4.2 Sulla tardività del ricorso. – 4.3 Sul ricorso cumulativo. - Conclusioni.
- Il Fatto.
La Sentenza si pronuncia sul contenzioso incorso all’esito della procedura ad evidenza pubblica bandita da Trenitalia per l’affidamento di una serie di accordi quadro aventi ad oggetto il “servizio di bonifica ed eventuale demolizione o sola demolizione di rotabili movibili, in asset alle Direzioni di Trenitalia e destinati alla dismissione dal loro patrimonio”, per un importo complessivo di € 19.425.782,55 (di seguito anche solo la “Procedura”).
All’esito della Procedura, a detta della stazione appaltante “avente ad oggetto prestazioni non strumentali allo svolgimento dell’attività di trasporto ferroviario e pertanto non soggetta al Codice dei Contratti Pubblici di cui al D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36 e s.m.i.”, la società V. S.r.l. risultava aggiudicataria con comunicazione del 7 marzo 2024.
La società R.&R. S.r.l., concorrente non aggiudicataria, avanzava in data 13 marzo 2024 istanza di accesso agli atti al fine di ottenere l’ostensione di tutti gli atti di gara idonei a conseguire una tutela delle sue ragioni in giudizio.
Successivamente, in data 14 marzo 2024, in riscontro alla predetta istanza di accesso, Trenitalia comunicava soltanto i valori finali dei parametri tecnici ed economici sulla base delle offerte presentate dagli altri operatori concorrenti, precisando che nel caso di specie non troverebbe applicazione la disciplina in tema di accesso agli atti amministrativi, in quanto l’affidamento sarebbe estraneo all’ambito di applicazione della disciplina pubblicistica in tema di contratti.
L’istanza di accesso veniva reiterata dalla R.&R. S.r.l. in data 26 marzo 2024 con esito, ancora una volta, negativo.
Per tale ragione la R.&R. S.r.l. proponeva ricorso ai sensi dell’art. 116 c.p.a. domandando la condanna della stazione appaltante all’ostensione degli atti richiesti con le due istanze di accesso. Il giudizio, tuttavia, veniva prontamente definito con declaratoria di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse poiché Trenitalia aveva nel frattempo proceduto ad ostendere la documentazione richiesta.
La società R.&R. S.r.l., dunque, in data 8 luglio 2024 proponeva ricorso innanzi al T.A.R. Lazio, sede di Roma, chiedendo l’annullamento dell’aggiudicazione disposta in favore della V. S.r.l., dichiarandosi, inoltre, disponibile al subentro ai sensi dell’art. 124 c.p.a. nei contratti medio tempore stipulati, previa declaratoria di inefficacia, ovvero, in subordine, condanna al risarcimento del danno per equivalente.
Il Collegio fissava l’udienza di trattazione in data 22 ottobre 2024, all’esito della quale la causa veniva trattenuta in decisione.
- L’ambito soggettivo di applicazione della disciplina sui contratti pubblici.
2.1 La natura giuridica di Trenitalia.
La Sentenza, è immediatamente percepibile, si caratterizza per un raffinato ed organico ordine espositivo. Il giudice assume un approccio quasi accademico, offrendo non solo una soluzione alla fattispecie di cui è causa, ma anche uno sguardo di sistema sulla normativa relativa agli affidamenti pubblici nei settori speciali.
Come si vedrà, la Pronuncia ha il pregio di cogliere le questioni giuridiche di maggiore impatto nella materia della contrattualistica pubblica e rispetto alle quali si è formato, nel tempo, un forte contrasto interpretativo che ha visto coinvolta non solo la giustizia amministrativa nazionale, ma anche comunitaria.
L’importanza della Decisione è ancora più evidente se si considera che trattasi di una delle primissime occasioni in cui il giudice amministrativo si pronuncia con riguardo all’ambito applicativo del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 (di seguito anche solo “Codice” o “Codice dei Contratti Pubblici”), nei settori speciali. In precedenti circostanze, infatti, la giustizia amministrativa era stata chiamata a dirimere complesse questioni interpretative sebbene con riferimento al previgente quadro normativo di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163[1], prima e decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50[2] poi, affermando posizioni estremamente rilevanti che ancora oggi costituiscono il risultato di una significativa attività nomofilattica, oltre che un parametro ermeneutico a cui le corti continuano ad attenersi ed ispirarsi nella loro attività giudicante.
In considerazione della complessità della Sentenza, oltre che della sua estensione, si esamineranno solamente alcuni aspetti attenzionati al Collegio. Anzitutto i primi due aspetti sui quali il T.A.R. interviene, per cogliere la sussistenza o meno della giurisdizione del giudice amministrativo, ossia l’ambito soggettivo e oggettivo di applicazione del Codice dei Contratti Pubblici nei settori speciali. Si evidenzieranno, poi, conseguentemente, gli interessanti profili processuali relativi alla controversia.
Con riferimento all’ambito soggettivo di applicazione, viene sottoposta al T.A.R. la natura giuridica rivestita da Trenitalia. In particolare, ci si è chiesto se Trenitalia, operatore nel settore ferroviario, rivestisse la natura di organismo di diritto pubblico, ovvero di impresa pubblica.
Sul punto, giova preliminarmente osservare che, a livello comunitario, la Direttiva UE 25/2014 disciplina le procedure di affidamento di contratti da parte di enti erogatori nei settori speciali dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali. La disciplina contenuta Direttiva UE 25/2014 è oggi confluita, a livello nazionale, nel Codice dei Contratti Pubblici agli artt. 141 e seguenti.
Con riguardo all’ambito soggettivo di applicazione, il vigente Codice, all’art. 141, stabilisce espressamente che le disposizioni relative agli appalti nei settori speciali si applicano “alle stazioni appaltanti o agli enti concedenti che svolgono una delle attività previste dagli articoli da 146 a 152” e, altresì, “agli altri soggetti che annoverano tra le loro attività una o più tra quelle previste dagli articoli da 146 a 152 e operano in virtù di diritti speciali o esclusivi”.
In disparte le considerazioni circa le attività oggetto dei contratti rientranti nei settori speciali, sulle quali ci si soffermerà nel prosieguo, è importante precisare ora che per “stazioni appaltanti”, il Codice, con formulazione molto ampia, ricomprende “qualsiasi soggetto, pubblico o privato, che affida contratti di appalto di lavori, servizi e forniture e che è comunque tenuto, nella scelta del contraente, al rispetto del codice”; mentre con il termine “ente concedente” indica “qualsiasi amministrazione aggiudicatrice o ente aggiudicatore, ovvero altro soggetto pubblico o privato, che affida contratti di concessione di lavori o di servizi e che è comunque tenuto, nella scelta del contraente, al rispetto del codice”. Sebbene la formulazione letterale della norma recante le definizioni appaia poco felice[3], è possibile comunque affermare con certezza che l’ambito soggettivo di applicazione del Codice nei settori speciali è ben più esteso rispetto ai settori ordinari, stante il riferimento non solo alle amministrazioni, ma anche a soggetti formalmente organizzati secondo modelli privatistici, quali le imprese pubbliche e i soggetti privati che operano in virtù di diritti speciali o esclusivi[4].
Tali soggetti, formalmente privati, devono considerarsi stazioni appaltanti e, pertanto, sottoposti al Codice dei Contratti Pubblici, esclusivamente qualora operino nell’ambito dei settori speciali e delle attività ad essi strumentali. Ciò comporta che, al di fuori di tali casi, gli appalti da tali soggetti affidati sono estranei alla disciplina del Codice, con conseguente soggezione alle regole di diritto comune[5]. In sostanza, per gli appalti cd. “estranei” ossia aggiudicati per scopi diversi dalle attività svolte nei settori speciali, non si determina alcuna riespansione della disciplina in materia di settori ordinari, bensì la sottrazione alla disciplina “pubblicistica” e ciò, si badi, anche laddove il privato si sia volontariamente auto vincolato al rispetto di una procedura selettiva[6].
Il Collegio qualifica Trenitalia come impresa pubblica, possedendo, la Società, entrambi i requisiti di detta figura: l’influenza dominante esercitata nei suoi confronti da una stazione appaltante[7] e lo svolgimento di attività economica in regime di concorrenza nel mercato.
In particolare, secondo il T.A.R., la Società sicuramente è sottoposta all’influenza dominante di una pubblica amministrazione, atteso che il suo capitale risulta interamente sottoscritto da Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A.[8] che, a propria volta, è partecipata al 100% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze[9]; e svolge attività commerciale perseguendo, in concorrenza con altri operatori, fini di lucro.
Il secondo dei due requisiti detti, ossia la sussistenza di condizioni concorrenziali di mercato, come ampiamente sostenuto in giurisprudenza, costituisce il discrimen tra l’organismo di diritto pubblico e l’impresa pubblica[10]. Ed in effetti, l’organismo di diritto pubblico e l’impresa pubblica in taluni casi potrebbero apparire molto simili, tanto da risultarne in concreto ardua la distinzione. Per questa ragione, si diceva, la giurisprudenza ne ha colto la differenza non già nel modello organizzativo adottato, quanto invece “nella circostanza che l’impresa pubblica è esposta alla concorrenza, gestisce servizi rinunciabili da parte dell’ente di riferimento, subisce o può subire perdite commerciali, mentre l’organismo di diritto pubblico è caratterizzato dalla mancata esposizione alla concorrenza, dalla irrinunciabilità del servizio e dal conseguente obbligo di ripianamento in caso di perdite da parte dell'ente di riferimento”[11].
Non deve, conseguentemente, invece, accogliersi la tesi di parte ricorrente, secondo cui Trenitalia sarebbe un organismo di diritto pubblico.
La qualificazione di un soggetto alla stregua di organismo di diritto pubblico[12] postula la ricorrenza di tre requisiti cumulativi: il possesso della capacità giuridica; la costituzione per il soddisfacimento di esigenze aventi carattere generale, attraverso lo svolgimento di un’attività priva di carattere industriale o commerciale; il finanziamento maggioritario da parte dello Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico, ovvero la gestione sottoposta al controllo di tali enti, ovvero ancora il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico[13].
2.2. L’accertamento del requisito teleologico.
È opportuno soffermarsi adesso sul ragionamento che ha condotto ad escludere la presenza del requisito teleologico[14]. Nel caso di specie, il T.A.R. giunge a questa conclusione, in considerazione del fatto che, non solo Trenitalia è stata costituita per il perseguimento di un fine industriale e commerciale, ma la stessa, in concreto, opera nel mercato in un regime di concorrenza e perseguendo un fine di lucro.
Le argomentazioni del T.A.R. seguono un percorso logico giuridico sostenuto dall’orientamento maggioritario della giurisprudenza[15], la quale, giustamente, ritiene non sufficiente limitare lo sguardo alle sole caratteristiche “genetiche” dell’ente, bensì reputa necessario ampliare l’analisi anche alle concrete modalità operative dello stesso[16]. L’orientamento maggioritario[17] infatti oggi ha superato la prevalenza dell’elemento positivo (“esigenze di interesse generale”) rispetto a quello negativo (“carattere non industriale o commerciale”), rimarcando che proprio quest’ultimo elemento non coincide con quello generale dell’interesse che è volto a soddisfare, costituendone, infatti, una specificazione[18]. L’orientamento sembra essere confluito nell’attuale Codice, il quale non ritiene più sufficiente che il soggetto sia preposto al perseguimento di una finalità di interesse generale con caratteri non industriali o commerciali, ma afferma la necessità di una valutazione circa l’attività svolta in concreto[19].
In un caso simile, il Consiglio di Stato, nella sentenza del 27 ottobre 2023, n. 9279, contrariamente, aderendo all’orientamento giurisprudenziale minoritario, aveva escluso la qualificazione di organismo di diritto pubblico di Ferservizi S.p.A. (di seguito anche solo “Ferservizi”), affermando la carenza del requisito teleologico esclusivamente in considerazione del fatto che “la società Ferservizi non appare costituita per soddisfare specificamente esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale”. In quel caso, la conclusione del Consiglio di Stato è risultata affrettata, o quantomeno “sbrigativa” per aver, il giudice, non sviluppato un particolare iter argomentativo[20]. Il giudice, infatti, aveva preferito limitarsi a guardare esclusivamente le “caratteristiche genetiche” dell’ente, oltre che la ratio istitutiva dello stesso soggetto, senza entrare nel merito delle modalità operative nel mercato[21]. Trattasi, come detto, di un approccio criticabile per cui sarebbe sufficiente guardare alle ragioni istitutive di un soggetto ed agli obiettivi allo stesso affidati, in luogo del suo concreto operare che, in effetti, potrebbe contraddirsi con la sua originale istituzione[22].
Nella pronuncia in commento, invece, il giudice, non si limita ad analizzare le ragioni per le quali Trenitalia è stata istituita, ma svolge un accertamento circa le modalità attraverso le quali l’ente opera in concreto per il perseguimento dei suoi fini. Il Collegio, infatti, giunge alla conclusione per cui Trenitalia è carente del requisito teleologico poiché svolge “attività di impresa sul mercato con fini di lucro, secondo criteri di rendimento, efficacia e redditività (cfr. Cass. civ., Sez. un., 13 gennaio 2023, n. 974), con assunzione del rischio d’impresa, anche per il segmento relativo all’adempimento di obblighi di servizio pubblico[23]”
Le statuizioni del T.A.R. non devono comunque essere sottovalutate, poiché, sebbene prima facie potrebbero apparire “intuitive”, in un’altra occasione relativamente recente[24] il medesimo giudice, dinnanzi alla questione circa la qualificazione della natura giuridica di Trenitalia, era giunto ad affermare (velatamente[25]) il contrario. In quel caso, infatti, il T.A.R. Lazio, sede di Roma, attraverso un percorso argomentativo, quantomeno discutibile, aveva qualificato Trenitalia come organismo di diritto pubblico e non come impresa pubblica sulla base di due considerazioni. In primo luogo, in ragione della medesima qualificazione giuridica che, secondo il Collegio, avrebbe dovuto attribuirsi alla sua capogruppo, Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A., rispetto alla quale, comunque, non vi era pacifico orientamento[26] e, peraltro, “come se la natura soggettiva di un ente possa discendere, per effetto osmotico, da quella della propria controllante”[27]. In secondo luogo, aderendo al discutibile orientamento minoritario a cui si è fatto precedentemente riferimento, in considerazione delle esigenze di carattere generale per le quali la stessa Trenitalia sarebbe stata istituita, esigenze che rivestirebbero natura intrinsecamente pubblicistica, senza che potesse assumere rilevanza in senso contrario la modalità tipicamente imprenditoriale attraverso cui gli interessi generali fossero in concreto perseguiti dall’ente aggiudicatore.
- L’ambito oggettivo di applicazione della disciplina sui contratti pubblici.
Esaminato l’ambito soggettivo di applicazione della normativa, la Decisione passa al vaglio dell’ambito oggettivo.
L’assoggettabilità dell’affidamento di un servizio alla disciplina dettata per i settori speciali, infatti, “non può essere desunta sulla base di un criterio solo soggettivo, relativo cioè al fatto che ad affidare l’appalto sia un ente operante nei settori speciali, ma anche in applicazione di un parametro di tipo oggettivo, attento alla riferibilità del servizio all’attività speciale”[28].
Le attività rientranti nei cd. settori speciali si caratterizzano per talune peculiarità e sono oggi puntualmente descritte nel Codice, agli articoli da 146 a 152, che vi includono i settori del gas ed energia termica; elettricità; acqua; servizi di trasporto; porti e degli aeroporti; servizi postali e, infine, estrazione di gas e prospezione o estrazione di carbone o di altri combustibili solidi.
Trattasi di settori di mercato “chiusi”, cioè non esposti ad un regime di concorrenza, in ragione del fatto che per operarvi è necessaria la titolarità di diritti speciali o di esclusiva. Al fine di controbilanciare la “chiusura” del mercato in tali ambiti e, dunque, il difetto di ogni forma di concorrenza a monte per la scelta del gestore, si è reso necessario definire una normativa che recuperasse la garanzia di concorrenza a valle, attraverso l’imposizione dell’obbligo di scegliere i propri contraenti tramite procedure ad evidenza pubblica[29].
Tali settori furono inizialmente esclusi dall’ambito di applicazione della disciplina comunitaria, per evitare che all’interno di diversi Stati membri si producessero asimmetrie e sperequazioni legate a due ragioni: la limitata portata applicativa sul piano soggettivo della disciplina generale in tema di appalti e la diversità dei modelli organizzativi adottati per assicurare l’erogazione dei servizi di pubblica utilità affidati in taluni casi a pubbliche amministrazioni, in altri casi a soggetti che, seppur gravati da un munus pubblicistico erano tuttavia organizzati secondo modelli privatistici[30]. In sostanza, si voleva evitare che le stesse attività fossero sottoposte a regimi differenziati a seconda che esse dipendessero dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o dalle altre persone giuridiche di diritto pubblico o con distinta personalità giuridica[31].
Di qui derivò la scelta di “escludere”[32] l’applicazione della disciplina in materia di pubblici affidamenti ai settori in questione[33], salvo poi operare un ripensamento[34], principalmente in ragione del processo di liberalizzazione[35] in corso e allo scopo di promuovere il valore della concorrenza in ambito europeo[36], a partire dal 1990, con la Direttiva n. 531, fino all’attuale Direttiva UE 25/2014[37].
Il secondo comma dell’art. 141 del Codice, sul quale ci si soffermerà approfonditamente, prevede, per quanto di interesse, che “le imprese pubbliche e i soggetti titolari di diritti speciali o esclusivi applicano le disposizioni del presente Libro solo per i contratti strumentali da un punto di vista funzionale a una delle attività previste dagli articoli da 146 a 152.” La formulazione, non proprio soddisfacente, della norma potrebbe anche in astratto portare a ritenere l’applicabilità della disciplina sui settori speciali per il “solo” fatto di operare in tali settori, indipendentemente dal carattere funzionale o meno dell’oggetto dell’affidamento alle specifiche attività in tali settori[38]. Tale tesi però, deve essere prontamente rigettata, trattandosi di una ricostruzione non solo contrastante con il quadro normativo comunitario, ma anche con la volontà del Legislatore stesso, il quale ha inteso perimetrare l’ambito soggettivo relativo ai settori speciali, “in conformità alla direttiva 2014/25/UE”[39].
Dunque, un soggetto qualificabile come impesa pubblica, quale (a questo punto) Trenitalia, “è obbligato ad indire gare ad evidenza pubblica quando oggetto dell’affidamento siano attività strumentali a quella svolta nei settori speciali”[40].
3.1 La nozione di contratto “strumentale”.
Il punto cruciale diviene allora quello di comprendere cosa si debba intendere esattamente per appalto strumentale all’attività rientrante nel settore speciale. Se infatti da una parte è facile far ricadere nell’ambito dei settori speciali, quei contratti che abbiano ad oggetto esattamente una delle attività di cui agli artt. 146-152 del Codice[41], dall’altra, esistono contratti per il quali tale automatismo non è affatto immediato. Cioè, contratti che riguardino attività non esattamente rientranti nei settori speciali, ma, tuttavia, ad essi connessi per garantire una completa erogazione del servizio e/o della prestazione.
Sul tema, invero, come si diceva in premessa, si sono spesi autorevoli studiosi[42] ed operatori del diritto nel tentativo di cogliere, con esattezza, il corretto significato da attribuirsi alla nozione di “strumentalità” raggiungendo, talvolta, conclusioni e posizioni differenti, a tratti inconciliabili. Dall’ampiezza del significato attribuito a tale nozione dipendono i confini della disciplina pubblicistica: a seconda che la strumentalità sia intesa quale semplice “utilità” o coerenza al core business, ovvero quale esclusività al nucleo del settore speciale, si amplia o si riduce il novero delle attività collaterali[43].
In giurisprudenza, in base ad una prima teoria “estensiva”, si è cercato di valorizzare il dato finalistico dell’attività, intendendo la strumentalità in senso lato. Si è dunque ritenuto, inizialmente, che qualsiasi contratto idoneo, anche astrattamente, a produrre una qualche utilità ai fini dello svolgimento dell’attività speciale, rientrasse nell’ambito applicativo della disciplina sugli affidamenti pubblici, con necessità di seguire le regole dell’evidenza pubblica[44].
Successivamente, grazie all’apporto e alle delucidazioni offerte in subiecta materia dal giudice comunitario[45], si è iniziato a credere che un tipo di approccio così “ampio” potesse risultare estremamente problematico, in considerazione del fatto che così si sarebbe, per astratto, esteso l’ambito di applicazione della disciplina sugli affidamenti pubblici a qualsiasi tipologia di prestazione connessa allo svolgimento dell’attività rientrante nei settori speciali[46].
Si è cominciata allora a comprendere la necessità di accertare l’esistenza un “nesso” tra l’attività “strumentale” e quella oggetto del contratto di appalto rientrante nei settori speciali.
Si è così andata affermando una tesi maggiormente restrittiva, in base alla quale si deve escludere che un affidamento è ipso iure “strumentale” all’attività rientrante nei settori speciali, valorizzando la necessità di un approfondito accertamento casistico circa la sussistenza di un nesso di funzionalità effettivo.
L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nel 2011[47] ha così aderito alla tesi restrittiva nel frattempo affermatasi, “valorizzando il dato della prestazione e intendendo la strumentalità in senso stretto”[48]. L’attività, quindi, per poter essere ritenuta “strumentale” deve porsi “in un rapporto di mezzo a fine all’esercizio dell’attività speciale e realizzare uno scopo omogeneo, e non diverso, rispetto all’esercizio dell’attività istituzionale dell’ente”[49].
Sebbene non manchino posizioni divergenti[50], la tesi oggi senza dubbio prevalente in giurisprudenza[51] è quella quindi che aderisce ad un approccio restrittivo il quale, tuttavia, ha subito nel tempo temperamenti e adeguamenti per opera dell’incessante attività di corti nazionali e comunitarie, chiamate spesso a scontrarsi con le esigenze e le circostanze fattuali specifiche della variegata casistica.
Se in un primo momento si riteneva che un contratto fosse strumentale esclusivamente laddove fosse “indispensabile” allo svolgimento del servizio nel settore speciale di riferimento, oggi si considera “strumentale” il contratto la cui assenza non garantirebbe il servizio “speciale” in modo adeguato[52]. Trattasi di uno standard di “adeguatezza” e “ragionevolezza” che, quindi, “va ricavato dalle normali condizioni di esercizio ed è dunque per sua natura mobile, casistico”.[53]
Si parla comunque di un approccio criticato dalla dottrina, in quanto, assecondando tale interpretazione, il rapporto di strumentalità accederebbe a concetti giuridici maggiormente indeterminati, di carattere “empirico” rimessi, dunque, ad apprezzamenti fattuali che risultano ben lontani dall’aderire a canoni giuridici generali e condivisi, lasciando ampio spazio ad incertezza interpretativa[54].
3.2 La natura dei servizi di bonifica e demolizione di rotabili movibili: il superamento dell’approccio casistico.
L’approccio “restrittivo” viene oggi confermato dalla recente Sentenza in commento che, tuttavia, ne fa comunque un’originale e propria applicazione, meritevole, per questa ragione, di un adeguato approfondimento. Il giudice, infatti, critica la corrente prassi interpretativa, ancorata – come si diceva - ad un approccio empirico e casistico[55], sottolineando la necessità di elaborare dei canoni interpretativi condivisi e comuni per inquadrare la nozione di strumentalità.
Nella fattispecie in esame, era sottoposta allo scrutinio del T.A.R. la possibilità di qualificare il servizio di bonifica e (eventuale) demolizione di rotabili movibili, quale attività strumentale, da un punto di vista funzionale, ai servizi di trasporto di cui all’art. 149 del Codice dei Contratti Pubblici, ossia, stando al tenore letterale della norma, di “messa a disposizione o gestione di reti destinate a fornire un servizio al pubblico nel campo del trasporto ferroviario, tranviario, filoviario, mediante autobus, sistemi automatici o cavo”.
Secondo parte ricorrente, il servizio in parola sarebbe “connesso e strumentale” allo svolgimento del servizio di trasporto ferroviario, non essendo “ragionevolmente sostenibile che il servizio di trasporto ferroviario (in particolare, di passeggeri), possa prescindere da un servizio di bonifica dei mezzi ancora utilizzabili o di smaltimento dei mezzi ormai non più utilizzabili, che assicuri la disponibilità di rotabili movibili in condizioni di sicurezza, pulizia ed efficienza operativa idonee allo svolgimento del servizio di trasporto al quale sono destinati (…) la dismissione del materiale rotabile non più adeguato è strumentale, infatti, al rinnovo del materiale rotabile, che costituisce specifico obbligo di Trenitalia al fine del corretto espletamento del servizio di trasporto e per il quale Trenitalia riceve appositi finanziamenti sia ordinari che straordinari”[56].
Parte resistente, invece, sostiene che l’attività di dismissione “non è assolutamente necessaria ad assicurare l’erogazione ‘al pubblico’ del servizio di trasporto ferroviario”, essendo, al più, finalizzata a consentirle di “disfarsi’ di materiali divenuti inutilizzabili”[57].
Il giudice, interrogato della questione, prima di procedere all’accertamento circa la sussistenza del rapporto di strumentalità funzionale al servizio di trasporto ferroviario, procede anzitutto a precisarne la portata, offrendo riflessioni ed argomenti innovativi.
Nel dettaglio, secondo la Pronuncia, il nesso di strumentalità deve anzitutto essere ricollocato, dovendo esso sussistere non già tra il contratto che l’impresa pubblica (o il soggetto titolare di diritti speciali o esclusivi) intende affidare e la prestazione principale che questa offre sul mercato, bensì “tra il primo e l’attività che tale soggetto svolge in uno dei settori elencati dagli artt. 146 ss. c.c.p. e 8 ss. della direttiva.”[58] In sostanza, non si deve guardare alla generalità dei servizi ordinariamente erogati sul mercato dal soggetto affidante, ma alla singola attività dallo stesso svolta nell’ambito dei settori speciali. Una volta individuata tale attività, alla fine, si deve cogliere il rapporto tra questo specifico servizio offerto nel mercato e il contratto che si intende sottoscrivere (rectius affidare).
Il percorso argomentativo seguito dal T.A.R. si fonda sul “dato normativo e teleologico”, affermando, come si diceva in premessa, una critica nei confronti di quell’orientamento giurisprudenziale eccessivamente “casistico” e non aderente alla formulazione testuale della legge.[59]
Il Collegio, infatti, parte proprio dal tenore testuale dell’art. 141, comma 2 del Codice[60], interrogandosi sul significato da attribuirsi al termine di “attività” al quale la norma rinvia, prima ancora di coglierne il suo carattere strumentale allo svolgimento del servizio. L’ “attività” precisa il Collegio, non deve essere fraintesa con la prestazione oggetto di un “contratto concluso con l’utenza”. Il riferimento all’attività, infatti, va letto in chiave “pubblicistica”: per attività si deve intendere l’insieme dei servizi offerti alla collettività in modo indiscriminato e in regime di equivalenza all’accesso.
Talchè è necessario declinare in modo più puntuale il requisito della strumentalità, da intendersi come complesso degli atti di organizzazione che investono l’intero “ciclo di vita” aziendale dell’operatore economico. Questo comporta, conseguentemente, secondo la Pronuncia, che vanno rigettate le tesi di chi ritiene che il rapporto di strumentalità vada coniugato in termini di “mezzo a fine”[61].
La conclusione offre al lettore alcuni spunti di riflessione.
Sembra assistersi ad un affievolimento della teoria restrittiva, avendo, il giudice, inteso ricomprendere nella nozione di contratti strumentali tutti quegli affidamenti che abbiano ad oggetto qualsivoglia tipologia di servizio idoneo ad una corretta erogazione del servizio (di cui agli artt. 146-152 del Codice) al pubblico. La posizione espressa nella Sentenza, tuttavia, non è totalmente “pioneristica”, rinviando a letture interpretative del passato particolarmente “estensive”[62].
Una lettura del genere, precisa il giudice, non vuole stravolgere quanto già detto dal Supremo Consesso Amministrativo nel 2011, né tantomeno porsi in controtendenza rispetto all’approccio restrittivo consolidatosi in giurisprudenza, ma è la logica conseguenza di una rilettura della norma, alla luce dell’accezione che deve indiscutibilmente darsi al termine di “attività” svolta nei settori speciali e agli “scopi propri” di quest’ultima. Infatti, ciò che la Decisione si propone di offrire è al più una delucidazione circa il concreto atteggiarsi dell’approccio restrittivo seguito in giurisprudenza, alla luce dei chiarimenti giuridici e terminologici resi.
La lettura offerta dal T.A.R. si pone quindi in aperto contrasto con interpretazioni tendenzialmente più restrittive offerte, anche recentemente, dalla giurisprudenza[63]. Nel dettaglio viene apertamente criticata l’opzione ermeneutica seguita dallo stesso giudice amministrativo di Roma e dai giudici di Palazzo Spada in un precedente caso in cui si è esclusa la strumentalità dei servizi di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento di rottami di trasformatori fuori uso rispetto all’attività di produzione energetica. Trattasi infatti, secondo il percorso argomentativo della Sentenza, di una soluzione “riduttiva” e “distonica” rispetto al contesto giurisprudenziale sedimentato nel tempo[64], proprio perché, nella complessiva ottica dell’odierno T.A.R., la cui ratio si è ampiamente illustrata, i servizi smaltimento e la dismissione del materiale non più utilizzabile in virtù di scelte gestionali, rientrano pacificamente nel ciclo di vita di un’impresa e ricadono, per questa ragione, nel campo delle attività che devono essere correttamente adempiute per garantire uno svolgimento del servizio “adeguato” e cioè “la migliore esecuzione della prestazione in favore della clientela”.[65]
L’approccio seguito all’interno della Sentenza, non è, come si diceva, totalmente “innovativo”. Invero, si deve segnalare, tra gli altri, un importante orientamento giurisprudenziale consolidatosi con riguardo alla disciplina delle concessioni demaniali in materia di gestione di aeroporti[66].
Tale orientamento, si osserva, circoscrive il carattere della strumentalità non solamente ai servizi “necessari” rispetto al “fine”, ma anche ai servizi “meramente eventuali”, ma comunque necessari a soddisfare le esigenze del traffico aereo e portuale[67].
- Profili processuali.
4.1 Sul riparto di giurisdizione.
Le conclusioni a cui giunge la Sentenza, sulla base del complesso iter argomentativo sopra dettagliatamente descritto, producono non marginali conseguenze sul versante processuale.
Nel dettaglio, il T.A.R., chiarito il perimetro applicativo del Codice dei Contratti Pubblici nei settori speciali e considerata la sussistenza nel caso di cui è causa, di entrambi i requisiti ratione personae e ratione materiae per l’applicazione della normativa de qua, attrae a sé la giurisdizione[68], ritenendo, dunque, corretto l’incardinamento della controversia dinanzi al giudice amministrativo[69].
La casistica giurisprudenziale intervenuta a riguardo è tanto ricca, quanto affascinante e riflette l’interesse da parte di entrambe le giurisdizioni, ordinaria ed amministrativa, ad attrarre a sé la cognizione di queste complesse e difficili valutazioni in ordine alla natura dei soggetti affidanti e dei contratti dagli stessi stipulati[70].
- Sulla tardività del ricorso.
Altro aspetto sul quale si sofferma il T.A.R. nella Sentenza in commento è la tempestività del ricorso che, a detta di parte resistente, costituirebbe motivo di irricevibilità. L’analisi di questo profilo, come si vedrà, apre il campo a delicate questioni processuali.
Il tema sul quale verte la censura di parte ricorrente interessa il termine entro il quale deve essere proposto il ricorso avverso il provvedimento di aggiudicazione, ritenuto illegittimamente adottato da parte della stazione appaltante.
Nel caso che qui interessa, Trenitalia eccepiva la tardività del ricorso in quanto la ricorrente non aveva tempestivamente impugnato il diniego di ostensione degli atti della Procedura, opposto in riscontro all’istanza presentata dalla concorrente non aggiudicataria. Tale mancata tempestiva impugnazione del diniego escluderebbe, secondo la resistente, quella “diligenza” necessaria per fruire della dilazione temporale del termine di impugnazione secondo l’insegnamento dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato[71].
Occorre fare un po’ di chiarezza, attraverso una preliminare e sintetica illustrazione del quadro normativo.
In materia di pubblici affidamenti, la disciplina processuale di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (di seguito anche solo “Codice del Processo Amministrativo”) è arricchita dalle specifiche previsioni contenute all’interno del Codice che, al contenzioso, vi dedica, oltre a puntuali riferimenti sparsi all’interno di tutto il testo normativo, l’intero Libro V, Parte I.
L’art. 120, comma 2, del Codice del Processo Amministrativo prevede che gli atti delle procedure di affidamento devono essere impugnati nel termine di trenta giorni dalla ricezione della comunicazione di aggiudicazione o, in alternativa, dal momento in cui gli atti sono messi a disposizione. Nell’ottica di garantire maggiore trasparenza alla procedura di gara, il nuovo Codice, ai sensi dell’art. 36, prevede che l’offerta dell’operatore economico risultato aggiudicatario, i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione sono resi disponibili automaticamente, attraverso la piattaforma di approvvigionamento digitale utilizzata dalla stazione appaltante o dall’ente concedente, a tutti i candidati e offerenti non definitivamente esclusi contestualmente alla comunicazione digitale dell’aggiudicazione. Non solo, il secondo comma dell’art. 36 prevede altresì che agli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria sono resi reciprocamente disponibili gli atti di gara, attraverso la stessa piattaforma, nonché le offerte dagli stessi presentate.
L’attuale formulazione dell’art. 120, come modificata dal Codice, quindi, da spazio ad alcune riflessioni[72].
Anzitutto si può osservare che, diversamente dall’art. 35, il quale disciplina l’accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici rinviando agli art. articoli 3-bis e 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241; 5 e 5-bis del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, l’art. 36 non richiama le citate disposizioni.
Ciò potrebbe far legittimamente concludere che l’art. 36 disciplini la procedura e la successiva fase contenziosa esclusivamente con riferimento all’accesso documentale, ossia all’accesso riconosciuto in capo a chi, in via autonoma, ha interesse a esaminare documenti detenuti stabilmente da una pubblica amministrazione[73]. Ed in effetti, il Legislatore nella succitata disposizione rivolge la possibilità di accesso a “tutti i candidati non definitivamente esclusi”, dovendosi, quindi, negare una sua applicazione generalizzata nei confronti dei soggetti che non abbiano partecipato alla procedura, ovvero che vi abbiano partecipato ma siano stati definitivamente esclusi. In più, il comma 2 dell’art. 36 introduce un’esclusione ancor più stringente, ostacolando l’accesso alle offerte presentate in gara per tutti coloro non si siano qualificati nelle prime cinque posizioni in graduatoria.
Secondo la stessa dottrina, tuttavia, il mancato richiamo agli artt. 5 e 5-bis del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 non può escludere ex se l’applicabilità della relativa disciplina in materia di accesso civico - anche perché tale conclusione si porrebbe in contrasto con le conclusioni del Supremo Consesso Amministrativo[74] - ma conduce a ritenere applicabile la disciplina sull’accesso civico generalizzato anche alle disposizioni del Codice ad esso dedicate, escludendo ogni possibile estensione a detto istituto delle norme procedurali e di quelle relative alla fase contenziosa circa le limitazioni alla conoscenza del contenuto delle offerte tecniche recante dall’art. 36, che, dunque, trova applicazione solo con riferimento all’accesso documentale[75].
La disciplina introdotta dal Codice interviene, come si legge nella Relazione Illustrativa, allo scopo di consentire a tutti gli operatori che hanno presentato offerte, di accedere direttamente ai dati, alle informazioni o in alcuni casi ai documenti presenti sulla piattaforma, immediatamente, al fine di “orientarsi sull’opportunità o meno di procedere in sede processuale”[76]. Diventa, quindi, superflua la previa proposizione di un’istanza di accesso, dal momento che le informazioni sono immediatamente rese note, alle condizioni appena espresse.
Il Legislatore del 2023 ha introdotto un peculiare rito “sull’accesso” nel caso in cui, il soggetto interessato ad accedere alla documentazione di gara, sia esso collocatosi tra i primi cinque operatori concorrenti in graduatoria, sia esso un semplice candidato e offerente non definitivamente escluso, non condivida la decisione della stazione appaltante o di un ente aggiudicatore di oscurare parti delle offerte nella comunicazione di aggiudicazione.
Nel dettaglio, qualora l’interessato si ritenesse non pienamente soddisfatto può proporre ricorso[77], per tutelare le proprie ragioni, nel termine di dieci giorni, agendo avverso l’atto con cui la stazione appaltante o l’ente concedente da atto delle decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento di parti delle offerte.
Il contenzioso che così si viene ad instaurare segue regole particolari: è fissata d’ufficio la trattazione del merito in udienza in camera di consiglio nel rispetto di termini pari alla metà di quelli di cui all’articolo 55 del Codice del Processo Amministrativo ed è deciso alla medesima udienza con sentenza in forma semplificata, da pubblicarsi entro cinque giorni dall’udienza di discussione, e la cui motivazione può consistere anche in un mero richiamo delle argomentazioni contenute negli scritti delle parti che il giudice ha inteso accogliere e fare proprie[78].
La chiave di volta per la risoluzione del caso di cui è processo sta, dunque, anzitutto nel comprendere se sia applicabile o meno la disciplina “pubblicistica” sin qui descritta e, poi, nel cogliere, conseguentemente, quale sia il termine per l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione, analizzando il momento nel quale l’operatore escluso ha effettivamente avuto cognizione della documentazione lesiva, alla luce del nuovo quadro normativo ispirato ai principi di trasparenza, introdotto dal nuovo Codice dei Contratti Pubblici.
Il Collegio, incaricato della risoluzione delle complesse questioni sollevate, in primo luogo ritiene che il ricorso sia tempestivo, ripercorrendo proprio le statuizioni dell’Adunanza Plenaria, alla quale Trenitalia rinvia. Nel dettaglio, la Sentenza ricorda che proprio i giudici di Palazzo Spada, hanno limpidamente ed incontrovertibilmente affermato come l’amministrazione aggiudicatrice deve consentire all’impresa interessata di accedere agli atti, sicché - in presenza di eventuali suoi comportamenti dilatori, il termine per l’impugnazione degli atti comincia a decorrere solo da quando l’interessato li abbia conosciuti[79].
Certamente sussiste l’obbligo, per l’operatore economico interessato, di procedere secondo diligenza ad una verifica ovvero ad una costante consultazione del profilo del committente, dovendosi desumere la conoscenza legale degli atti dalla data nella quale ha luogo la loro pubblicazione con i relativi allegati. Tuttavia, se tale obbligo di pubblicazione resta inadempiuto, non è necessaria la previa proposizione di un ricorso al “buio”, poiché il termine di impugnazione comincia a decorrere dalla conoscenza del contenuto degli atti[80].
In sostanza, l’orientamento giurisprudenziale oggi consolidato, inaugurato dall’Adunanza Plenaria, è ispirato alla duplice esigenza di evitare ricorsi c.d. “al buio” - ossia proposti senza attendere di conoscere tutti gli atti della procedura e, quindi, senza poter articolare compiute censure riferite al contenuto di atti non ancora noti - e, al contempo, di contenere rigorosamente i termini per la proposizione del gravame entro i limiti di legge[81].
Ordunque, richiamati i suddetti approdi, il giudice procede a calare tale e siffatto quadro interpretativo delineatosi per opera della più autorevole giurisprudenza, all’interno del nuovo contesto normativo.
In particolare, la Sentenza ha il pregio di cogliere la linea di continuità tra i principi elaborati dalla giurisprudenza nazionale e comunitaria[82], e le disposizioni di cui al nuovo Codice in tema di trasparenza ed accesso agli atti di gara. Il giudice, infatti, nella lettura del vigente quadro normativo in materia di pubblici affidamenti coglie l’intenzione del Legislatore di dar seguito alle posizioni espresse dalla giurisprudenza, mutuandone gli insegnamenti all’interno di specifiche disposizioni di legge[83].
Anche nel vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici può, quindi, affermarsi il principio in forza del quale, “dal momento che l’individuazione del dies a quo continua a dipendere dal rispetto delle disposizioni sulle formalità inerenti all’informazione e alla pubblicazione degli atti di gara, come previsto anche dal vigente art. 120, comma 2, c.p.a., che rinvia a sua volta agli artt. 36 e 90, d.lgs. n. 36/23, non è necessaria la previa proposizione di un ricorso “al buio” nel caso in cui tali formalità siano state omesse e qualora l’Amministrazione aggiudicatrice rifiuti l'accesso o impedisca con comportamenti dilatori l'immediata conoscenza degli atti di gara; in questi casi, il termine per l’impugnazione degli atti comincia a decorrere solo da quando l'interessato li abbia conosciuti mediante la presentazione di una tempestiva istanza di accesso, prontamente riscontrata dalla stazione appaltante”.
Il T.A.R. esclude che la mancata impugnazione del diniego all’accesso possa costituire ragione di inosservanza dei canoni di diligenza imposti all’operatore dall’Adunanza Plenaria, con l’effetto di far retroagire il dies a quo al momento della comunicazione dell’aggiudicazione. Ed in effetti, tale conclusione non farebbe altro che far riemergere il criticatissimo istituto del “ricorso al buio”[84] poiché obbligherebbe l’operatore a proporre un ricorso avverso il diniego all’ostensione della documentazione e avverso l’aggiudicazione della procedura, pur non conoscendo gli atti di gara contenenti gli specifici vizi da cui deriva il provvedimento di aggiudicazione. Un controsenso logico giuridico difficilmente conciliabile con i parametri di giustizia posti a garanzia del giusto processo[85].
Non solo. Come giustamente osservato dal T.A.R. nella Decisione, oltre alla lesione delle garanzie poste a tutela del giusto processo, pretendere che il partecipante alla gara, come tale legittimato a richiedere l’ostensione degli atti del procedimento ad evidenza pubblica, debba impugnare, con autonomo ricorso, il diniego di accesso, specie se reiterato, è evidentemente in forte contrasto con il superiore principio di “economia dei mezzi processuali”[86]in connessione con quello del rispetto della “scarsità della risorsa giustizia”[87] e con il principio di buona fede e correttezza che informa i rapporti tra gli operatori economici e le stazioni appaltanti.
È dunque necessaria la previa conoscenza degli atti[88] e, nel caso di specie, Trenitalia avrebbe dovuto rispettare le disposizioni in premessa illustrate, poste a tutela della trasparenza e pubblicità negli affidamenti, rendendo, dunque, disponibili, a tutti i candidati e offerenti non definitivamente esclusi, contestualmente alla comunicazione digitale dell’aggiudicazione, l’offerta dell’operatore economico risultato aggiudicatario, i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione, nonché reciprocamente disponibili, agli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria, oltre ai già detti atti, le offerte presentate.
- Sul ricorso “cumulativo”.
La Decisione analizza l’eccezione di inammissibilità del ricorso, per cui la ricorrente con il medesimo gravame non potrebbe impugnare, ai sensi dell’art. 120, comma 13, c.p.a., l’aggiudicazione tanto del lotto 1, quanto del lotto 2.[89]
La questione giuridica che si introduce nella discussione è di non poco conto e rinvia ad importanti studi della più autorevole dottrina[90] circa l’esercizio dell’azione nel processo amministrativo e, in particolare, l’ambito di estensione delle censure contenute all’interno del ricorso.
Il primo periodo dell’art. 32, comma 1, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, prevede che “È sempre possibile nello stesso giudizio il cumulo di domande connesse proposte in via principale o incidentale.”
La disposizione è evidentemente fondata sul principio di concentrazione della tutela in unico giudizio[91] e costituisce una deroga alla regola generale per cui è possibile impugnare un solo provvedimento amministrativo, in considerazione dell’esigenza di evitare confusione nella soluzione di controversie distinte[92].
La disposizione, sebbene potrebbe apparirne facilmente comprensibile la ratio, costituisce un importante traguardo contenuto all’interno del Codice del Processo Amministrativo, espressione della chiara intenzione del Legislatore dell’epoca di rigettare l’atteggiamento formalistico che la giurisprudenza amministrativa aveva sino a quel momento quasi sempre mantenuto in ordine alla possibilità di proporre ricorsi collettivi o cumulativi[93].
Tuttavia, la possibilità di impugnare più provvedimenti non è evidentemente incondizionata, ma soggiace a ben definiti presupposti. Anzitutto è necessario, in ossequio al principio di ragionevolezza, che il ricorso sia proposto avverso atti tra loro in “connessione procedimentale funzionale”[94], da accertarsi in modo rigoroso da parte del giudice[95]. A riguardo, in giurisprudenza si è peraltro sostenuto che anche in caso di atti tra loro non strettamente connessi, la domanda dovesse essere comunque ritenuta ammissibile contro l’atto nei cui confronti risultasse principalmente rivolta[96].
In secondo luogo, il ricorso cumulativo non può produrre effetti negativi sul corretto svolgersi del processo amministrativo e sulla sua celere definizione, altrimenti, è chiaro, si porrebbe in contrasto con la sua ragion d’essere[97].
Nella materia dei pubblici affidamenti, si è discusso a lungo dell’ammissibilità del ricorso cumulativo e, in particolare, del ricorso avverso più provvedimenti di aggiudicazione di diversi lotti nell’ambito della medesima procedura ad evidenza pubblica[98].
A riguardo, si osserva che il Codice del Processo Amministrativo, come modificato dal decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recependo un orientamento giurisprudenziale in tema[99], prevede oggi che “Nel caso di presentazione di offerte per più lotti l’impugnazione si propone con ricorso cumulativo solo se vengono dedotti identici motivi di ricorso avverso lo stesso atto”.
Dunque, nel caso di presentazione di offerte per più lotti, l’impugnazione può essere proposta con ricorso cumulativo “solo se vengono dedotti identici motivi di ricorso avverso lo stesso atto, nel presupposto che l’atto impugnato riguardi tutti i lotti oggetto di gara, ma sempre ferma restando l’ammissibilità dell'impugnazione anche di più atti, comuni a tutti i lotti, purché tra loro connessi perché appartenenti alla medesima sequenza o azione amministrativa”[100]. Di qui, pertanto, deriva la logica conclusione per cui il ricorso cumulativo può essere proposto avverso più provvedimenti di aggiudicazione riferiti a diversi lotti solo se le censure proposte sono effettivamente e concretamente idonee a cagionare l’annullamento degli atti procedimentali “comuni” a tutti i lotti e tra loro connessi.
Nel caso in esame, il T.A.R., giustamente, conclude per l’infondatezza dell’eccezione, ripercorrendo gli approdi consolidatisi in giurisprudenza[101].
In particolare, la Decisione sottolinea la circostanza per cui il requisito della c.d. “unicità attizia”[102] - allorché i lotti in cui la gara è suddivisa siano stati aggiudicati alla medesima impresa, sulla base di comuni regole di partecipazione - non va inteso in senso formalistico, dovendosi guardare alle censure in concreto articolate dalla parte ricorrente: il ricorso introduttivo ha inteso censurare la mancanza di un requisito di partecipazione, comune ai due lotti, sicché l’eventuale accoglimento dell’unico motivo di ricorso sarebbe idoneo a “caducare le pertinenti aggiudicazioni”.
Il T.A.R. facendo correttamente uso dei canoni ermeneutici posti a guida dell’attività giudicante ha quindi ritenuto rispettata la ratio dell’art. 120, comma 13, c.p.a., posto che è ravvisabile “una identità di causa petendi e una articolazione del petitum che, tuttavia, risulta giustificata dalla riferibilità delle diverse domande di annullamento alle medesime ragioni fondanti la pretesa demolitoria che, a sua volta, ne legittima la trattazione congiunta”[103].
Non mancano precedenti in senso contrario in giurisprudenza.
In talune circostanze, si è ritenuto inammissibile il ricorso avente ad oggetto due distinti provvedimenti di esclusione, ciascuno relativo ad un diverso lotto della procedura di gara, adottati all’esito di due diversi segmenti della procedura. In tali casi, nel dettaglio, la giurisprudenza ha giustificato la propria posizione, ritenendo insussistente il vincolo di connessione tra gli atti oggetto di gravame, appartenendo, gli stessi, ad una diversa sequenza procedimentale, e non risultando conseguentemente sussistente l’identità di causa petendi che consente l’impugnazione cumulativa di più provvedimenti[104].
Tuttavia, si può ritenere che tali conclusioni, sebbene aderenti ad un orientamento senza dubbio “restrittivo”, siano fondate sempre e solo sul medesimo criterio interpretativo seguito dalla giurisprudenza maggioritaria.
Infatti, si tratta di decisioni mosse, comunque, dall’esigenza di far confluire nel medesimo processo censure avvinte da un vincolo di connessione “forte”, in quanto appartenenti alla medesima sequenza procedimentale.
Conclusioni
La Pronuncia in commento si inserisce nell’ampia casistica giurisprudenziale intervenuta a ricostruzione della materia oggetto di indagine.
Il T.A.R. dirime la controversia descrivendo ampiamente la normativa in materia di pubblici affidamenti nei settori speciali e ripercorrendo le argomentazioni della giurisprudenza a riguardo a partire dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato,1° agosto 2011, n. 16, giungendo, in gran parte, alle conclusioni del Supremo Consesso Amministrativo.
Ciononostante, la Decisione risulta di estremo interesse, in quanto, a distanza di poco tempo da una recente sentenza intervenuta in un caso analogo ma con esito difforme, fa luce sulla natura giuridica di Trenitalia, operatore molto importante e strategico nel settore ferroviario.
Il chiarimento interviene anche con riferimento all’ambito oggettivo di applicazione dei contratti da Trenitalia stipulati, da sempre oggetto di acceso dibattito e discussione, tanto da divenire al centro di numerosissime controversie e occasioni di studio.
La nozione di strumentalità è infatti in continuo divenire e assume una rilevanza evidentemente decisiva, dal momento che da una sua più o meno ampia determinazione deriva l’assoggettabilità dell’agire negoziale dell’operatore ai numerosi vincoli, principi e regole dettate dalla normativa comunitaria e nazionale in materia.
Le considerazioni spese nella sentenza in rassegna, poi, acquistano particolare utilità ai fini dell’accertamento del requisito teleologico, la cui sussistenza determina la qualificazione di un soggetto quale organismo di diritto pubblico, in luogo di impresa pubblica.
Come argomentato, le modalità di indagine in merito al detto requisito sono ancora al centro di forti interrogativi, rappresentando tutt’oggi motivo di discordanza tra i giudici amministrativi, troppo spesso in taluni casi ancorati ad un approccio casistico e “dinamico” piuttosto che aderente al tenore letterale della legge. Non mancano occasioni, infatti, in cui il giudice si è limitato ad una generica ed approssimativa analisi della ragione istitutiva dall’operatore, per qualificarlo come organismo di diritto pubblico, anziché procedere ad una scrupolosa e consapevole attività interpretativa circa il suo concreto operare nel mercato. Ciò, evidentemente, ha non poche ripercussioni non solo in ambito pratico applicativo, ma anche giuridico.
C’è il rischio di un’interpretazione estremamente rigida che porti ad un’applicazione eccessivamente ampia della materia “pubblicistica”, con conseguente rallentamento dell’attività negoziale.
Un importante riflessione che la pronuncia suggerisce riguarda alcuni profili del nuovo Codice, con specifico riferimento alla normativa sui settori speciali.
In primo luogo, con riguardo all’ambito soggettivo di applicazione, l’attuale disciplina sembra prospettare una delimitazione particolarmente ampia dei soggetti interessati. La vigente normativa, così, si sostituisce alla previgente disciplina di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, che individuava in modo molto più dettagliato i soggetti tenuti all’applicazione della normativa di settore, lasciando marginali dubbi a riguardo.
Anche in tale ottica sussiste il rischio di un’applicazione eccessivamente ampia del Codice.
Trattasi di un atteggiamento caratterizzante l’approccio seguito dal Legislatore nazionale ed, in generale, potrebbe dirsi, del complesso intero ordinamento nazionale, incessantemente e freneticamente preoccupato ad ostacolare possibili fenomeni corruttivi nei rapporti negoziali che vedano la spendita di denaro pubblico, tanto da risultare cieco agli effetti che misure talvolta sproporzionate rispetto al fine perseguito sono in grado di ripercuotersi sul mercato[105].
In secondo luogo, con riferimento al nesso di strumentalità, l’art. 141, comma 2 del Codice prescrive l’applicazione del Libro III sui settori speciali alle imprese pubbliche e ai soggetti titolari di diritti speciali o esclusivi “solo per i contratti strumentali da un punto di vista funzionale a una delle attività previste dagli articoli da 146 a 152”. La formalizzazione della categoria della “strumentalità funzionale”, superando le criticità emerse in sede applicativa, sembra avere recepito l’orientamento restrittivo della giurisprudenza nella selezione oggettiva dei contratti da sottoporre alla concorrenza.
Tuttavia, anche in tal caso, il Legislatore sembrerebbe delegare il “riempimento” di tale nozione all’attività ermeneutica del giudice amministrativo, il quale potrà evidentemente essere chiamato in causa per chiarire se un’attività risulti strumentale o meno. Il nuovo assetto normativo introdotto dal Codice, in sostanza, sebbene presenti degli indubbi pregi, sembrerebbe comunque difettare di regole generali e valide in ogni circostanza, continuando, per tale ragione, a richiedere un significativo sforzo interpretativo[106].
[1] ex multis, Cons. St., Ad. Plen. 1 agosto 2011, n. 16; Cons. St., Sez. VI, sent. 13 maggio 2011 n. 2919; Cons. St., Sez. VI, sent. 27 dicembre 2011, n. 6820.
[2] ex multis, Cons. St., Sez.V, sent. 26 settembre 2023, n. 8542; Cons. St., Sez. V, 27 ottobre 2023, n. 9279; Cons. Giust. Amm. Sicilia, sent. 17 maggio 2018, n. 288.
[3] F. Caringella, commento all’art. 13, in Nuovo Codice dei Contratti Pubblici, Giuffrè, 2024, p. 76.
[4] Sulla nozione di diritto speciale ed esclusivo si veda V. G. Vercillo, La riforma dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, Dike Giuridica, 2023, p. 71 ss.; A. Crisafulli, I diritti speciali o esclusivi nei settori speciali, in Urbanistica e Appalti, 2004, p. 1385.
[5] Cons. St., Ad. Plen., 1 agosto 2011 n. 16; Cons. St., Sez. V, sent. 29 gennaio 2018 n. 590.
[6] Cons. St., Sez. V, sent. 30 dicembre 2019, n. 8905; T.A.R. Umbria, Perugia, Sez. I, sent. 28 ottobre 2021, n. 776.
[7] Allegato I.1 al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, art. 1, comma 1, lett. f), secondo cui “Un’impresa pubblica: impresa sulla quale le stazioni appaltanti possono esercitare, direttamente o indirettamente, un'influenza dominante o perché ne sono proprietarie, o perché vi hanno una partecipazione finanziaria, o in virtù delle norme che disciplinano detta impresa. L’influenza dominante è presunta quando le stazioni appaltanti, direttamente o indirettamente, riguardo all’impresa, alternativamente o cumulativamente:
1) detengono la maggioranza del capitale sottoscritto;
2) controllano la maggioranza dei voti cui danno diritto le azioni emesse dall’impresa;
3) possono designare più della metà dei membri del Consiglio di amministrazione, di direzione o di vigilanza dell’impresa.
[8] Sul Gruppo Ferrovie dello Stato e sul trasporto ferroviario, M. Casanova - M. Brignardello, Diritto dei Trasporti, I, Infrastrutture e accesso al mercato, Giuffrè, Milano, 2011, p. 375 ss.; nonché M. Casanova - M. Brignardello, Corso breve di diritto dei trasporti, Giuffrè, Milano, 2020, p. 79 ss.
[9] Negli stessi termini Cass. civ., SS.UU., 3 ottobre 2024, n. 25956 ha qualificato Ferservizi S.p.A, altra società del gruppo FS.
[10] L. R. Perfetti - A. De Chiara, Organismo di diritto pubblico, società a capitale pubblico e rischio di impresa. Variazioni su Corte di Giustizia delle Comunità europee, sezione V, 22 maggio 2003, C-18/01, in Diritto Amministrativo, n. 1/2004, p. 136.
[11] ex multis, T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. II, sent. 12 marzo 2015, n. 772.
[12] Per la ricostruzione del fenomeno che ha portato all’elaborazione della nozione di organismo di diritto pubblico, v., in particolare, A. Police, Dai concessionari di opere pubbliche alle società per azioni di “diritto speciale”: problemi di giurisdizione, in Dir. Proc. Amm., 1996.
[13] Sull’applicabilità del Codice dei Contratti Pubblici all’organismo di diritto pubblico, si veda si veda A. Cavina, Organismo di diritto pubblico e settori speciali: l’interesse generale e il nesso di strumentalità, in Urb. e app., 2019, p. 216 ss.
[14] Sui criteri di accertamento del requisito teleologico, si veda E. Giardino, Organismo di diritto pubblico e requisito teleologico, in Giornale di diritto amministrativo, n. 5, 1 settembre 2022, p. 646.
[15] ex multis, Cons. St., Sez.V, sent. 10 giugno 2019, n. 3884 che ha escluso la qualificazione di C.A.A.T. Società Consortile Centro Agro Alimentare di Torino in termini di organismo di diritto pubblico; Cons. St., Sez.V, sent. 19 novembre 2018, n. 6534, che ha escluso la qualificazione di Aeroporti di Roma S.p.a. in termini di organismo di diritto pubblico. In questo senso si è espressa anche la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, secondo la quale la verifica della sussistenza del requisito teleologico deve essere “operata tenendo conto di tutti gli elementi di diritto e di fatto pertinenti, quali le circostanze che hanno presieduto alla creazione dell’organismo considerato e le condizioni in cui quest’ultimo esercita le attività volte a soddisfare esigenze di interesse generale, ivi compresa, in particolare, la mancanza di concorrenza sul mercato, la mancanza del perseguimento di uno scopo di lucro, la mancanza di assunzione dei rischi collegati a tale attività nonché il finanziamento pubblico eventuale delle attività di cui trattasi”(Corte di Giustizia UE 5 ottobre 2017, C-567/15).”
[16] A partire dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea 22 maggio 2003, C-18/2001, Taitotalo, per poter qualificare un soggetto come organismo di diritto pubblico o di impresa pubblica, ovvero verificare se le esigenze perseguite dall’ente rivestano carattere non industriale o commerciale è necessario guardare quattro elementi: alle diverse modalità con cui l’ente soddisfa i propri bisogni; all’assenza di un mercato concorrenziale idoneo, per le sue condizioni, a consentire ad altri operatori economici, di svolgere la propria attività in quel dato settore; alla possibilità o meno che il soggetto assuma rischi d’impresa collegati all’attività svolta conseguenti all’operatività di dinamiche compensatorie volte al ripianamento di eventuali perdite di cui si fa carico l’ente pubblico di riferimento; e da ultimo alla presenza o meno del perseguimento di un fine lucrativo.
[17] M. Di Giandomenico, Organismo di diritto pubblico e requisito teleologico: il punto della giurisprudenza, in Riv. Corte dei conti , n. 4/2020, p. 66.
[18] Corte di Giustizia dell’Unione Europea,10 novembre 1998, in causa C-360/96, BFI Holding BV, in Dir. proc. amm., con nota di F. Goisis.
[19] Così M. Bolognesi, Le stazioni appaltanti nel nuovo Codice dei contratti pubblici, in Urbanistica e appalti 6/2023, p. 707. L’autore osserva come il criterio teleologico “nella previgente definizione, riguardava il soddisfacimento di “esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale” mentre il Codice del 2023 stabilisce che le esigenze di interesse generale per cui l’organismo è stato costituito siano perseguite “attraverso lo svolgimento di un’attività priva di carattere industriale o commerciale”. L’autore solleva non marginali dubbi circa la compatibilità della suddetta previsione nazionale con il diritto comunitario e, in particolare, con gli approdi della Corte di Giustizia europea in materia di inammissibilità dell’organismo di diritto pubblico in parte qua in forza della c.d. teoria del contagio secondo cui “lo status di organismo di diritto pubblico non dipende dall’importanza relativa, nell’attività dell’organismo medesimo, del soddisfacimento di un interesse generale avente carattere non industriale o commerciale”. Nell’ottica europea il soggetto che svolge attività, anche maggioritaria, di carattere commerciale è comunque qualificabile come organismo di diritto pubblico, non essendo ammissibile un organismo in parte qua. Inoltre, la stessa pronuncia della Corte di Giustizia pare configurare l’attività non commerciale come attributo delle esigenze di carattere generale e non come una modalità di perseguimento di esse.”
[20] Sul punto si veda il commento alla sentenza di A. Nardone, in Giornale di diritto amministrativo, n. 3, 1 maggio 2024, p. 382. Come ricorda l’autore, presumibilmente il giudice non ha voluto addentrarsi nella “scivolosa questione del metodo di accertamento del requisito teleologico” sussistendo sul tema “una vera e propria contrapposizione tra il Supremo Consesso amministrativo e la Corte della Nomofilachia (…) espressione di questa contrapposizione ha rappresentato il problema della qualificazione in termini di organismo di diritto pubblico di CDP Investimenti S.g.r. S.p.a. La sentenza Cons. Stato, Sez. V, 7 febbraio 2020, n. 964, ha qualificato la già menzionata società in termini di organismo di diritto pubblico, attribuendo valore preminente alla caratterizzazione segnata dai compiti assegnati all’organismo (gestione collettiva del risparmio) piuttosto che alle modalità con le quali l’attività viene svolta (cfr. punto 6.3). Avverso la pronuncia, CDP Investimenti ha proposto ricorso per Cassazione, la quale, richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia (sentenza BFI Holding BV, 10 novembre 1998, in causa C-360/96) ha ribaltato l’approdo del Consiglio di Stato, evidenziando l’esigenza di enucleare, nell’ambito della categoria dei bisogni d’interesse generale “una sottocategoria contrassegnata dal carattere non industriale o commerciale dell’interesse, la cui presenza risulta parimenti indispensabile ai fini dell’attribuzione della qualifica in esame” (cfr. punto 9.1).”.
[21] Seguendo lo stesso approccio, il T.A.R. Lazio, sede di Roma, Sez. IV, nella sentenza 10 marzo 2023, n. 4170, riprendendo le argomentazioni già espresse dalla Corte di cassazione a Sezioni Unite, ord. 22 dicembre 2011, n. 28329, ha qualificato la RAI Radiotelevisione Italiana S.p.A. come organismo di diritto pubblico, tenuto ad osservare le norme comunitarie di evidenza pubblica, nonché le rispettive norme interne attuative, per la scelta dei propri contraenti, essendo, un’impresa “operante nel settore dei “servizi” pubblici di telecomunicazioni radio e televisive in concessione, assoggettata ai poteri di vigilanza e di nomina da parte dello Stato e costituita per soddisfare finalità di interesse generale”.
[22] ex multis, Cons. St., Sez. V, sent. 7 febbraio 2020, n. 964; Cons. St., Sez. V, sent. 22 aprile 2014, n. 2026 (che ha ritenuto Aeroporti di Roma S.p.a. qualificabile come organismo di diritto pubblico, poi riformata da Cass., SS. UU., 18 aprile 2016, n. 7663).
[23] Le cui compensazioni previste dal contratto di servizio, continua la sentenza, “sono dirette, secondo gli schemi tipici del diritto pubblico dell’economia, esclusivamente ad assicurare il conseguimento delle finalità di interesse generale alla base dell’istituzione del servizio in favore degli utenti c.d. “non remunerativi”, garantendo comunque all’impresa un ragionevole margine di utile, secondo i criteri elaborati dalla nota giurisprudenza Altmark della Corte di Giustizia).”
[24] T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, sent. 3 ottobre 2019, n. 11522. Per un commento alla sentenza, si veda A. Cavina, Organismo di diritto pubblico, settori speciali e trasporto ferroviario ad alta velocità, commento alla sentenza in Giurisprudenza Amministrativa, Urbanistica e Appalti, n.3/2020, p. 420.
[25] Il Collegio, infatti, in quel caso aveva ritenuto, ad ogni modo, la qualificazione giuridica soggettiva di Trenitalia “recessiva” rispetto all’assorbente considerazione per la quale l’oggetto dell’affidamento sarebbe comunque rientrato nella sfera di operatività della normativa sui settori speciali, con conseguente onere di rispettare le regole dell’evidenza pubblica e connessa sussistenza della giurisdizione amministrativa.
[26] ex multis, Cass., SS. UU., 22 gennaio 2015, n. 1159, che, seppur ad altri fini, ha inequivocabilmente affermato che il Gruppo F.S. “svolge un’attività economica e commerciale” avente “chiaramente natura industriale”, con conseguente insussistenza dell’elemento negativo del c.d. requisito teleologico, in base al quale per la configurabilità dell’organismo di diritto pubblico è necessario che lo stesso svolga attività di “carattere non industriale o commerciale”.
[27] A. Cavina, Organismo di diritto pubblico, settori speciali e trasporto ferroviario ad alta velocità, commento alla sentenza in Giurisprudenza Amministrativa, Urbanistica e Appalti, n.3/2020, p. 420. Correttamente secondo l’autore, sebbene la ratio istitutiva dell’ente risiedesse proprio nel soddisfacimento di esigenze di carattere generale e collettivo, invero, non era stato correttamente valorizzato l’elemento relativo alle modalità attraverso le quali tali esigenze pubbliche venissero perseguite. Infatti, il T.A.R. in quel caso aveva aderito ad un orientamento minoritario per cui ai fini della qualificazione di un soggetto quale organismo di diritto pubblico era necessario limitarsi a guardare alle caratteristiche “genetiche” dell’ente, in luogo delle modalità con le quali l’ente opera. Orientamento, come illustrato supra, fortemente criticabile, basandosi sul presupposto fortemente critico secondo cui l’istituzione dell’ente per il soddisfacimento di un bisogno di interesse generale (ove riconosciuto come tale) possa essere di per sé idoneo ad escludere il carattere commerciale o industriale dell’attività dallo stesso svolta.
[28] Cons. St., Ad. plen., 1 agosto 2011, n. 16.
[29] Dell’appalto nei settori speciali in Nuovo Codice dei contratti pubblici (diretto da) Francesco Caringella, Giuffrè, 2023, p. 980.
[30] A. Cavina, D. Galli, Dell’appalto nei settori speciali, in Commentario alla normativa sui contratti pubblici, a cura di A. Botto e S. Castrovinci Zenna, Giappichelli, 2024, p. 1166; sulle ragioni della specificità dei settori speciali si veda anche A. Carullo, G. Iudica, Commentario breve alla legislazione sugli appalti pubblici e privati, Padova, 2009, 1120 ss.
[31] Considerando 6 della Direttiva 71/305/CEE.
[32] Si iniziò a parlare infatti di contratti “esclusi”.
[33] I settori in questione, infatti, furono esclusi nella prima Direttiva 71/CEE del 26 luglio 1971 di contratti pubblici sui lavori, e restarono esclusi anche dalla successiva, la Direttiva 77/62/CE del 21 dicembre 1976.
[34] Si è così assistito al passaggio da settori “esclusi” a settori “speciali”, all’esito dei processi di parziale liberalizzazione favoriti dal progresso tecnologico e dell’imposizione di regole volte a favorire la c.d. “concorrenza per il mercato” (vedi Sentenza in commento, punto 8.3.2.).
[35] S. Cassese (a cura di), La nuova costituzione economica, Edizione Laterza, Bari, 2021, p. 297 ss.
[36] Fra tutti, autorevolmente, A. Police, G. Gruner, Le fonti, in I contratti di appalto pubblico (a cura di C. Franchini), Torino, 2011, p. 111.
[37] Sull’evoluzione della disciplina, S. Cadeddu e S. Fienga, Appalti di lavori, servizi e forniture nei settori del gas, energia, acqua, trasporti e servizi postali, in Commentario al Codice dei Contratti Pubblici, a cura di M. Clarich, Torino, Giappichelli, 2019, 1044 ss., e F. Pellizzer e A. Police, Profili generali, in Trattato sui contratti pubblici, IV, a cura di M.A. Sandulli e R. De Nictolis, Milano, Giuffrè, 2019, p. 503 ss.
[38] A. Cavina, D. Galli, Dell’appalto nei settori speciali, in Commentario alla normativa sui contratti pubblici, a cura di A. Botto e S. Castrovinci Zenna, Giappichelli, 2024, p. 1173; in questo senso si veda anche T.A.R. Roma, Sez. IV ter, ord. 23 aprile 2024, n. 9004 con cui è stato richiesto alla Corte di Giustizia di chiarire se un’amministrazione aggiudicatrice operante nei settori speciali è tenuta ad applicare la direttiva 2014/25 anche per gli appalti non strettamente inerenti al settore speciale.
[39] Relazione Illustrativa al Codice, p. 186. In questi termini si argomentano esattamente A. Cavina, D. Galli, op. cit., affermando, inoltre, che sostenere una tesi di tale natura condurrebbe al paradossale esito di “attenuare drasticamente il regime giuridico applicabile alle amministrazioni aggiudicatrici che, per il solo fatto di operare nei settori special, non sarebbero mai assoggettate alla disciplina generale nemmeno per gli appalti privi di ogni nesso di strumentalità rispetto allo svolgimento di attività in questi settori”.
[40] Cons. St., Sez.V, sent. 5 dicembre 2022, n. 10634; cfr. Cons. St., Sez. V, sent. 29 gennaio 2018, n. 590, confermata da Cass., SS.UU., 13 maggio 2020, n. 8849; già Cons. St., Sez. V, sent. 26 maggio 2015, n. 2639.
[41] Si pensi ai contratti di appalto affidati da stazioni appaltanti aventi ad oggetto la costruzione di un una rete ferroviaria, di un vagone o di una sede ferroviaria nel settore dei trasporti ferroviari oppure ancora, con riferimento al settore del trasporto aereo, ai contratti aventi ad oggetto espressamente di attività di “aviation”, ossia relative allo sviluppo e alla manutenzione delle infrastrutture e degli impianti e nell’offerta ai clienti dei servizi e delle attività connessi all'atterraggio ed alla partenza degli aeromobili, nonché ai servizi di sicurezza aeroportuale (es. Cass. Civ., SS.UU., ord. 30 agosto 2024, n. 23377).
[42] ex multis, G. Urbano, Gli appalti nei settori speciali e il trasporto pubblico locale, in Giornale di diritto amministrativo, 2023, 1, 92 ss.; A. Cavina, Organismo di diritto pubblico e settori speciali: l'interesse generale e il nesso di strumentalità (Consiglio di Stato, Sez. V, 19 novembre 2018, n. 6534) in Urbanistica e Appalti, 2019, 2, 216-228; D. Novello, Esenzione dal rispetto della normativa in materia di evidenza pubblica nei settori speciali e interpretazione dell’art. 121 del codice dei contratti pubblici in Rivista Italiana di diritto pubblico comunitario, 2018, 3/4, 65-676; L. Torchia, La disciplina dei settori speciali nel nuovo codice dei contratti, in E. Bruti Liberati, M. De Focatiis, A. Travi (a cura di), Aspetti della transizione nel settore dell’energia: gli appalti nei settori speciali, il market design e gli assetti di governance, Cedam, Padova, 2018, p. 17 ss.
[43] A. Nardone, op. cit., M.A. Sandulli - R. De Nictolis (diretto da), Trattato sui contratti pubblici, II, Soggetti Qualificazione Regole comuni alle procedure di gara.
[44] In questa prospettiva, l’appalto di lavori di vigilanza degli uffici amministrativi dell’ente aggiudicatore sarebbe soggetto alle regole di diritto pubblico. Ancora, nella sent. 4934 dell’8 ottobre 2013, con riferimento ad una procedura indetta da Esercizi Aeroportuali S.E.A. S.p.A. di Milano, per l’affidamento del servizio di assicurazione cosiddetto “all risks”, ha incluso nell’ambito delle attività strumentali quella di assicurazione, in quanto necessaria all’espletamento delle attività principali, “non essendo ordinariamente configurato un servizio aeroportuale di rilievo, privo di coperture assicurative”.
[45] ex multis Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sent. 10 aprile 2008, C-393/06, secondo cui “si deve precisare che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, rientrano nella direttiva 2004/17 gli appalti che sono aggiudicati nel settore di una delle attività espressamente considerate negli artt. 3-7 della detta direttiva nonché gli appalti che, anche se sono di natura differente e potrebbero così, in quanto tali, rientrare di norma nell’ambito di applicazione della direttiva 2004/18, servono per l’esercizio delle attività definite nella direttiva 2004/17 (v., in tal senso, sentenza Strabag e Kostmann, cit., punti 41 e 42).”
Di conseguenza, gli appalti aggiudicati da un ente quale la Fernwärme Wien rientrano nelle procedure previste dalla direttiva 2004/17 nella misura in cui essi hanno un nesso con un’attività da questa esercitata nei settori considerati negli artt. 3-7 di tale direttiva. Per contro, tutti gli altri appalti aggiudicati da un siffatto ente in relazione con l’esercizio di altre attività rientrano nelle procedure previste dalla direttiva 2004/18.
[46] Molto bene sul punto si veda A. Cavina, D. Galli, Dell’appalto nei settori speciali, in Commentario alla normativa sui contratti pubblici, a cura di A. Botto e S. Castrovinci Zenna, Giappichelli, 2024, p. 1175. Secondo gli autori, infatti tale approccio indurrebbe a ritenere che un soggetto operante esclusivamente in un settore speciale sarebbe sempre sottoposto all’applicazione delle regole sull’evidenza pubblica, mentre un operatore per così dire “multifunzionale”, ossia attivo anche nei settori ordinari, sarebbe tenuto all’applicazione delle regole previste per gli affidamenti nei settori ordinari solo se rientrante nel novero delle amministrazioni aggiudicatrici.
[47] Per un’analisi dell’adunanza plenaria, si veda F. Degni, Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 1 agosto 2011, n. 16, in Amministrazione in cammino; G.F. Nicodemo, Imprese pubbliche: se l’appalto è “estraneo” ai settori speciali, la giurisdizione è del g.o. - il commento, in Urbanistica e Appalti, n. 10, 1 ottobre 2011, p. 1171.
[48] ex multis, Cons. St., Sez. IV, sent. 5 agosto 2024, n. 6981.
[49] Parere ANAC in funzione consultiva, n. 26 del 24 maggio 2024; cfr. Cons. St., Sez. V, sent. 30 dicembre 2019, n. 8905.
[50] Per dovizia di precisione, va comunque segnalato che la tesi “estensiva” sopra descritta, invero, non è stata del tutto abbandonata. In alcuni casi, infatti la Corte di Giustizia ha fatto ricorso a tale tesi per farvi ricadere la soggezione di taluni contratti al Codice. Si guardi ad esempio la pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (causa C-521/18) che si è trovata ad analizzare la natura di una attività trasversale alla prestazione inerente a un settore speciale, nello specifico un “servizio postale”; così ha specificato la Corte che “è difficilmente immaginabile che i servizi postali possano essere forniti in maniera adeguata in assenza di servizi di portierato, reception e presidio varchi degli uffici del prestatore interessato. Tale constatazione vale tanto per gli uffici aperti agli utenti dei servizi postali e che ricevono quindi il pubblico, quanto per gli uffici utilizzati per lo svolgimento di funzioni amministrative.”.
[51] Da ultimo, ex multis Cons. St., Sez. IV, 5 agosto 2024, n. 6989; Cons. St., Sez.V, sent. 12 luglio 2023, n. 6817; Cons. St., Sez.V, sent. 5 dicembre 2022, n. 10634.
[52] Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sent. 28 ottobre 2020, causa C-52/18; per un approfondito esame della pronuncia si veda G. Fonderico, Quando un contratto pubblico ha un destino “speciale”: la Corte di Giustizia si pronuncia sul nesso tra l’appalto e il settore speciale nella direttiva 2014/25/Ue., in Munus 3/2020, p. 635 ss.
[53] G. Fonderico, Quando un contratto pubblico ha un destino “speciale”: la Corte di Giustizia si pronuncia sul nesso tra l’appalto e il settore speciale nella direttiva 2014/25/Ue., in Munus 3/2020, p. 647. L’autore in proposito parla di un “nesso di necessità ordinaria”.
[54] G. Urbano, Gli appalti nei settori speciali e il trasporto pubblico locale, in Giornale di Diritto Amministrativo, n.1, 1 gennaio 2023, p. 92.
[55] ex multis, si veda Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sent. 28 ottobre 2020, causa C-52/18.
[56] Punto 8.1. della Sentenza.
[57] ibidem.
[58] Punto 8.3.1. della Sentenza.
[59] ibidem.
[60] “Le imprese pubbliche e i soggetti titolari di diritti speciali o esclusivi applicano le disposizioni del presente Libro solo per i contratti strumentali da un punto di vista funzionale a una delle attività previste dagli articoli da 146 a 152.”
[61] Trattasi di una lettura, ricorda il T.A.R., avallata da gran parte della giurisprudenza precedentemente già detta. ex multis, si ricordi Corte di giustizia dell’Unione Europea, sez. V, 28 ottobre 2020 in C-521/18, secondo cui “è difficilmente ipotizzabile che dei servizi postali possano essere forniti in maniera adeguata in assenza di servizi di portierato, reception e presidio varchi degli uffici del prestatore interessato”. Per un ulteriore approfondimento della disciplina sui servizi postali, si veda E. M. Barbieri, Poste Italiane S.P.A. e gli appalti aggiudicati per fini diversi dall'esercizio di attività postali (Corte di cassazione, SS.UU., 1° marzo 2018 n. 4899), in Rivista Trimestrale degli Appalti, 2018, p. 769 – 776.
[62] Corte di giustizia dell’Unione europea, sez. V, 28 ottobre 2020 in C-521/18; Cons. St., Sez. IV, 22 marzo 2017, n. 1297, secondo cui “non appare ragionevolmente sostenibile che il servizio di trasporto (in particolare, di passeggeri) (…) possa prescindere da un servizio di pulizia, che assicuri condizioni igienico-sanitarie adeguate, non solo a coloro che operano nel servizio trasporti medesimo, ma anche a tutti coloro (i passeggeri) che del servizio trasporti costituiscono gli utenti”.
[63] Giurisprudenza sulla quale parte resistente e controinteressata sostengono l’eccezione del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
[64] Punto 8.4. della Sentenza.
[65] ibidem.
[66] Da ultimo, si veda la recente sentenza Cons. St., Sez. VII, 28 ottobre 2024, n. 8578 che, infatti, parla di “strumentalità” come parametro “di tipo oggettivo, attento alla riferibilità del servizio all'attività speciale, secondo un'interpretazione “ragionevolmente restrittiva”. In quel caso il Collegio ha ritenuto l’attività di ristorazione meramente eventuale e non connessa all’attività da garantirsi al pubblico: “l'attività di ristorazione oggetto di subconcessione non ha natura necessaria nel contesto delle operazioni di assistenza propedeutiche al trasporto marittimo, ma è meramente eventuale, in quanto si svolge solo su richiesta del cliente ed è remunerata autonomamente”.
[67] ex multis: Cass., SSS.UU., ord. 30 giugno 2023, n. 18610; Cass., SSS.UU. 13 maggio 2020 n. 8849; Cass., SSS.UU. 27 febbraio 2017 n. 4884; Cons. St., Sez. V, sent. 5 dicembre 2022, n. 10634.
[68] Per un approfondimento sulla giurisdizione del giudice amministrativo, si veda A. Police, Le forme della giurisdizione in F.G. Scoca, Giustizia Amministrativa, Giappichelli, Torino, 2023, p. 105 ss.
[69] Punto 8.3. della Sentenza.
[70] Sul riparto della giurisdizione, si veda ex multis R. Caranta, Contratti pubblici, Torino, 2004, p. 178; R. Villata - S. Valaguzza, Pubblici servizi, Torino, 2021, p. 355 ss.; G. Napolitano, Soggetti privati “enti pubblici”, in Dir. amm., 2003, 808; G. Greco, Imprese pubbliche, organismo di diritto pubblico, affidamenti in house, in Le società pubbliche, a cura di I. Cacciavillani, Padova, 2004, p. 162 ss.; G. Corso, Impresa pubblica, organismo di diritto pubblico, ente pubblico: la necessità di un distinguo, in Servizi pubblici e appalti, 2004, n. 4, 91; R. De Nictolis, L’organismo di diritto pubblico. Profili relativi alla giurisdizione, in Servizi Pubblici e Appalti, 2004; R. Garofoli, L’organismo di diritto pubblico, in Trattato dei Contratti pubblici, diretto da M.A. Sandulli - R. De Nictolis - R. Garofoli, Milano, 2008, I, p. 572 ss.;
[71] Cons. St., Ad. Plen., 2 luglio 2020, n. 12 secondo cui “la proposizione dell'istanza di accesso agli atti di gara comporta la 'dilazione temporale' quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell'aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell'ambito del procedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta”.
[72] In dottrina, S. Toschei, commento all’art. 36, in A. Botto e S. Castrovinci Zenna, op. cit., p. 357 ss.
[73] ex multis T.A.R. Venezia, Sez. II, sent. 28 giugno 2024, n. 1635.
[74] Cons. St., Ad. Plen., 2 aprile 2020, n, 10.
[75] S. Toschei, commento all’art. 36, in A. Botto e S. Castrovinci Zenna, op. cit., p. 358.
[76] Relazione Illustrativa al Codice, p. 52.
[77] Notificando e depositando il ricorso nello stesso termine di dieci giorni.
[78] Ai sensi del comma 8 dell’art. 36 del Codice, Il rito e i termini detti si applicano anche nei giudizi di impugnazione.
[79] Si è dunque respinta la tesi per cui “il termine di trenta giorni per l’impugnazione dell'atto di aggiudicazione decorre in ogni caso dalla ricezione della comunicazione della aggiudicazione ovvero, in mancanza, dalla conoscenza dell'aggiudicazione che l'interessato abbia comunque acquisito aliunde”, non rilevando più “la distinzione (prima basata sull'art. 120, comma 5, dell'art. 79 del 'primo codice', ma divenuta irrilevante) tra i vizi desumibili dall'atto comunicato, per il quale il dies a quo decorrerebbe dalla comunicazione dell'aggiudicazione, e gli altri vizi percepibili aliunde, per i quali il dies a quo decorrerebbe dal momento dell'effettiva conoscenza”, con la conseguenza che “la conoscenza dei vizi dell'aggiudicazione, successiva alla sua comunicazione, consente la proponibilità dei motivi aggiunti”, Cons. St., Ad. Plen., 2 aprile 2020, n, 10.
[80] cfr. Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Sez. IV, 14 febbraio 2019, in C-54/18.
[81] T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. II, sent. 4 dicembre 2024, n. 1338, secondo cui “In questa prospettiva, la regola è quindi quella dell’impugnazione entro il termine di trenta giorni dalla conoscenza dell’aggiudicazione, potendo tale termine subire una dilazione (nei termini sopra detti) soltanto nel caso in cui l’operatore presenti un’istanza di accesso tempestiva, ossia formulata entro quindici giorni dal momento in cui è divenuto conoscibile l’esito della gara.”
[82] Si veda Cons. St., Sez. VII, sent. 21 marzo 2024, n. 2773 secondo cui la “Corte di Giustizia in sede di interpretazione della direttiva 89/665/CEE del 21 dicembre 1989, (…) ha evidenziato che i termini imposti per proporre i ricorsi avverso gli atti delle procedure di affidamento cominciano a decorrere solo quando il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della pretesa violazione”.
[83] In questo senso si veda anche M.A. Sandulli, Il rito speciale in materia di contratti pubblici in Il Giudizio amministrativo, principi e regole, Editoriale Scientifica, febbraio 2024, p. 744. Secondo l’autrice, nel nuovo assetto del Codice, si reintroduce e si rafforza il sistema già previsto dal decreto legislativo n. 163 del 2006 di accesso automatico ed immediato, senza bisogno di richiesta, a tutti i verbali, atti, e informazioni della procedura, con l’obiettivo di evitare i “ricorsi al buio”.
[84] Il “ricorso al buio” è stato oggetto di fortissime e accese discussioni, dal momento che si obbligava sostanzialmente a adire l’autorità giudiziaria amministrativa, pur non avendo accesso alla documentazione necessaria per comprendere gli specifici vizi che avevano condotto all’adozione di un provvedimento lesivo della propria posizione giuridica.
[85] Sul punto, la giurisprudenza ha precisato che “subordinare l’accesso alle offerte tecniche alla dimostrazione della stretta indispensabilità del documento rispetto alla deduzione di specifici motivi di impugnazione realizza un’inversione logica, non potendosi, in assenza della conoscenza della offerta tecnica, dedursi motivi di ricorso se non nella forma generica e inammissibile del c.d. “ricorso al buio”, con inaccettabile compressione del diritto di difesa” (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, sent. 24 gennaio 2022, n. 145; cfr. T.A.R. Liguria, Sez. I, sent. 22 giugno 2021 n. 1526).
[86] Sull’economia dei mezzi processuali si veda L.P. Comoglio, Il principio di economia processuale, voll. I e II, Padova 1980-1982;
[87] M.A. Sandulli, Il rito speciale in materia di contratti pubblici, op. cit., secondo cui l’obiettivo di evitare ricorsi al buio è preordinato ad evitare il rischio di “inutile dispendio di risorse dei concorrenti e di improvvido consumo della risorsa giustizia e di dare, sin da subito, ai concorrenti interessati le informazioni necessarie a verificare il corretto svolgimento delle procedura e a contestarne eventualmente con più robustezza l’esito, con conseguente rafforzamento dell’effettività della tutela e, al contempo, riduzione delle parentesi istruttorie negli eventuali giudizi.”
[88] Recentemente T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, sent. 9 dicembre 2024, n. 6897, secondo cui “Ciò che rileva ai fini della genesi dell'onere di impugnazione, tuttavia, per consolidata giurisprudenza, è l’acquisizione degli elementi conoscitivi necessari alla percezione del vizio, mentre gli elementi ulteriori, acquisibili in sede di accesso ed utili al fine di valutare l’effettiva sussistenza del vizio già riscontrato, sono suscettibili di giustificare la proposizione di un gravame integrativo (sub specie di motivi aggiunti) ovvero concorrere alla più precisa configurazione e/o dimostrazione del vizio medesimo, già precedentemente entrato nella sfera percettiva della parte ricorrente (Cons. Stato, Sez. V, 27/03/2024, n.2882). La giurisprudenza amministrativa, sulla scorta dei principi affermati dal Supremo Consesso di Giustizia Amministrativa con sentenza Ad. Plenaria n. 12/2020, ha precisato che il termine per impugnare gli atti di gara subisce una dilazione temporale “nel caso di proposizione dell'istanza di accesso agli atti, fino al momento in cui questo è consentito, se i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l'offerta dell'aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell'ambito del procedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta (sempreché, in tal caso, l'istanza di accesso sia tempestivamente proposta nei quindici giorni dalla conoscenza dell’aggiudicazione)” (T.A.R. Roma, sez. IV, 22/2/2024, n. 3553; Cons. Stato, Sez. V, 29/11/2022, n. 10470).”
[89] Punto 10 della Sentenza.
[90] Si veda, tra tutti, A. Police, Il cumulo di domande nei “riti speciali” e l’oggetto del processo amministrativo, in Dir. proc. amm, 2014, 1197; A Police, Lezioni sul processo amministrativo, Napoli, 2023; M. Ramajoli, Il cumulo soggettivo nel processo amministrativo in Dir. Proc. amm., 2014, 1237; R Lombardi, Le azioni collettive, in Giustizia amministrativa, a cura di F.G. Scoca, Torino, 217; P. Virga, La tutela giurisdizione nei confronti della pubblica amministrazione, Milano, 1982, p. 272; Lo svolgimento del processo. Il ricorso. La costituzione delle parti. Il ricorso incidentale. L’intervento. in Elementi di diritto processuale amministrativo, CEDAM, 2021, p. 209.
[91] E. Picozza, commento all’art. 32 in Codice del Processo amministrativo, Giappicheli, Torino, p. 62.
[92] In tema si veda A. Police, Il ricorso di primo grado, la costituzione delle altre parti, in Trattato di Diritto amministrativo, Il nuovo processo amministrativo (a cura di G. Paolo Cirillo), Wolter Kluwers CEDAM, 2014, p. 390. L’autore, in particolare, sottolinea come “nel processo amministrativo, il cumulo di azioni – oggi previsto dall’art. 32 del Codice – è sempre stato un istituto particolarmente controverso, in ragione dell’assenza di una disciplina organica concernente la connessione.”
[93] C.E. Gallo, Il codice del processo amministrativo: una prima lettura, in Urbanistica e appalti, n. 9, settembre 2010, p. 1013; per un ulteriore approfondimento della normativa, si veda M. Lipari, Commento all’art. 32 c.p.a., in Codice del nuovo processo amministrativo a cura di Caringella, Protto, Roma, 2010, p. 387; G. Ferrari, commento all’art. 32 c.p.a., in Il nuovo codice del processo amministrativo, NelDirittoEditore, p. 114.
[94] Ruggiero Dipace, Ricorsi cumulativi e collettivi, in Il Giudizio amministrativo, principi e regole, Editoriale Scientifica, febbraio 2024, p. 406.
[95] In giurisprudenza si veda ex multis Con. St., Sez. V, sent. 22 gennaio 2020, n. 526, secondo cui “la regola generale dell'impugnabilità, con un ricorso, di un solo provvedimento può essere derogata nelle sole ipotesi in cui la cognizione, nel medesimo giudizio, della legittimità di più provvedimenti sia imposta dall'esigenza di concentrare in un'unica delibazione l'apprezzamento della correttezza dell'azione amministrativa oggetto del gravame, quando questa viene censurata nella sua complessità funzionale e, soprattutto, per profili che ne inficiano in radice la regolarità e che interessano trasversalmente le diverse, ma connesse, sequenze di atti; è perciò necessario, ai fini dell'ammissibilità del ricorso cumulativo avverso distinti provvedimenti, che gli stessi siano riferibili al medesimo procedimento amministrativo, seppur inteso nella sua più ampia latitudine semantica, e che con il gravame vengano dedotti vizi che colpiscano, nelle medesima misura, i diversi atti impugnati”; cfr. recentemente da Cons. St., Sez. II, sent. 19 novembre 2024, n. 9316.
[96] Cons. St., Sez. V, sent. 28 giugno 1971, n. 645; critico sul puto A. Troccoli, In tema di impugnativa di più atti amministrativi con un unico ricorso, in Foro amm., 1964, che osserva come il giudice in questo modo, finisce così per assumere il potere di operare una scelta tra le diverse impugnative, così sostituendosi al ricorrente.
[97] ex multis, si veda T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, sent. 10 dicembre 2019, n. 2631, secondo cui “è preclusa la proposizione di ricorsi cumulativi - e, a fortiori, di ricorsi che oltre che cumulativi siano anche collettivi- quando in tal guisa (…) si mettono a repentaglio gli stessi principi del giusto processo e della effettività della tutela giurisdizionale -che presuppongono una chiara definizione del thema decidendum ed una celere definizione, ovvero una ragionevole durata del giudizio- siccome cristallizzati nei principi sovranazionali (art. 6 CEDU, art. 47 Carta UE) e costituzionali (artt. 2, 24, 111 e 113 Cost.), oltre che solennemente ed espressamente foggiati agli artt. 1 e 2 c.p.a..”; e Cons. St., Sez. IV, sent. 13 aprile 2018, n. 2217 secondo cui “solo ragioni di economia processuale e di concentrazione delle tutele consentono - in deroga al paradigma legale del ricorso amministrativo secondo cui esso deve essere diretto contro un solo provvedimento e proposto da un solo soggetto ricorrente (cfr. negli esatti termini Cons. Stato, Ad. plen., n. 5 del 2015) - di dedurre plurime domande anche avverso atti diversi. Ciò, tuttavia, in base al tenore testuale della norma, alla condizione che tra i detti atti sussista un vincolo di connessione (procedimentale o funzionale) tale da giustificare un unico processo o, in ipotesi di ricorsi separati, la riunione degli stessi da parte del giudice (Cons. Stato, Sez. IV, 4277 del 2014).”
[98] A. Police, Il cumulo di domande nei “riti speciali” e l’oggetto del processo amministrativo, in Dir. proc. amm, 2014, 1197.
[99] Cons. St., Sez. V, sent. 27 settembre 2022, n. 8337.
[100] Cons. St., Sez. III, sent. 25 luglio 2024, n. 6721.
[101] In particolare, secondo cui “Il ricorso cumulativo è ammissibile a condizione che ricorrano congiuntamente i requisiti della identità di situazioni sostanziali e processuali, che le domande siano identiche nell’oggetto e che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e della identità di censure, di talché anche nel caso di una gara unitaria suddivisa in più lotti ciò potrà ammettersi solo laddove vi sia articolazione, nel gravame, di censure idonee ad inficiare segmenti procedurali comuni (ad esempio il bando, il disciplinare di gara, la composizione della commissione giudicatrice, la determinazione di criteri di valutazione delle offerte tecniche ecc.) alle differenti e successive fasi di scelta delle imprese affidatarie dei diversi lotti e, quindi, a caducare le pertinenti aggiudicazioni” (Cons. St., sez. III, 19 dicembre 2022, n. 11076.).
[102] Cons. St., Sez. III, sent. 1° febbraio 2023, n. 1120.
[103] T.A.R. Lazio, Sez. II, sent. 29 aprile 2022, n. 5304.
[104] T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, Sez. I, sent. 16 settembre 2024, n. 568, secondo cui “ in caso di gare pubbliche in cui siano presentate offerte per più lotti, l’impugnazione può essere proposta con ricorso cumulativo soltanto se vengano dedotti identici motivi di ricorso avverso lo stesso atto, nel presupposto che l'atto impugnato riguardi tutti i lotti oggetto di gara, ma sempre “ferma restando l'ammissibilità dell'impugnazione anche di più atti, comuni a tutti i lotti, purché tra loro connessi perché appartenenti alla medesima sequenza o azione amministrativa” (Consiglio di Stato Sez. V, 27 settembre 2022 n. 8837)”.
[105] Si veda come sapientemente l’allora presidente del Consiglio di Stato, Alessandro Pajno, nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario del 2018 ammoniva il Legislatore, evidenziandone la scarsa capacità di adeguare i suoi intenti alle molteplici esigenze parimenti meritevoli di tutela nell’ordinamento: “la politica non riesce a compiere in modo autorevole e significativo quel bilanciamento dei valori che costituisce la missione sua propria. Il problema si trasferisce, allora, dalla politica al diritto e alla legge, e la crisi della politica diviene crisi del diritto e della legge. Questa, infatti, che dovrebbe costituire l’atto di indirizzo politico per eccellenza, diventa sempre più incerta e sempre meno capace di regolare. Il proliferare di leggi che spesso intervengono sulla stessa materia provoca una diminuzione della loro chiarezza e della loro capacità precettiva e regolatoria”.
[106] cfr. A. Nardone, op. cit., secondo cui sarà necessaria un’ “opera ermeneutica di ricomposizione del quadro normativo, secondo un approccio casistico destinato ad essere attuato, in sede di ultima istanza, ancora dalla giurisprudenza.”