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Anno XVI - n. 12 - Dicembre 2024

  Studi



Il Reverse Charge interno: strumento di lotta all’evasione e alle frodi fiscali. Dal meccanismo ordinario Iva al Reverse Charge.

Di Caterina Adamo
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Il Reverse Charge interno: strumento di lotta all’evasione e alle frodi fiscali

Dal meccanismo ordinario Iva al Reverse Charge

Di CATERINA ADAMO

 

Il regime impositivo Iva prevede una tassazione plurifase ad ogni stadio della catena produttiva e distributiva che, in virtù del contestuale funzionamento dei meccanismi di rivalsa e detrazione, rende l’imposta neutrale per i soggetti intermedi che agiscono come operatori economici[1].

Ad essere assoggettata ad imposizione fiscale è la differenza tra l’imposta sulle operazioni attive e l’imposta sugli acquisti, il “valore aggiunto” formatosi presso il singolo soggetto passivo[2]. Difatti, il cedente o prestatore addebita l'Iva al cessionario o committente e, successivamente, versa all'Erario l'eventuale differenza positiva tra l'imposta addebitata al proprio cessionario e l'imposta assolta sugli acquisti inerenti l'esercizio di attività di impresa ovvero di arti o professioni. In tale ottica, quindi, l'imposta pagata dai soggetti di diritto in una fase anteriore a quella del consumatore finale è solo un mero acconto che, successivamente, viene loro restituito[3].

Anticipato preliminarmente il funzionamento del meccanismo ordinario Iva, si evidenzia che, in tale contesto, sovente, si verificano fenomeni patologici riconducibili a evasione e frodi fiscali. Trattasi di situazioni in cui il contribuente, attraverso la violazione di specifiche norme fiscali, con un comportamento omissivo o attivo, riduce o elimina il prelievo fiscale che lo Stato dovrebbe ottenere. Tali patologie si verificano, a titolo esemplificativo, quando il soggetto passivo di diritto incassa l’imposta dal cessionario o committente senza emettere fattura e, di conseguenza, senza versare l’imposta all’Erario ovvero, ancora, quando il soggetto passivo di diritto emette fatture per operazioni inesistenti. Tali situazioni patologiche determinano, a seguito dell’illecito vantaggio fiscale ottenuto dall’evasore, sia mancati introiti per le casse dell’Erario sia effetti distorsivi nella libera concorrenza tra gli operatori economici[4].

In tale contesto, il legislatore comunitario è intervenuto introducendo il meccanismo di reverse charge, con l’obiettivo di prevenire fenomeni di evasione e frodi fiscali. Invero, il legislatore, coinvolgendo il cessionario acquirente nel pagamento dell’imposta in luogo del cedente, evita che l’acquirente detragga l’importo dell’imposta anche in mancanza di un effettivo versamento da parte del cedente[5].

Inizialmente introdotto per evitare che cedenti soggetti passivi esteri fossero costretti ad identificarsi nel territorio di destinazione dell’operazione (direttiva 77/388/CE), il meccanismo derogatorio di inversione contabile è stato successivamente esteso ad ipotesi di operazioni nazionali territorialmente rilevanti (elencate nell’articolo 17 del d.p.r. 633/1972), poste in essere tra soggetti passivi Iva italiani, nelle quali il rischio evasione e frode fiscale risultava e risulta maggiore (direttive 98/80/CE, 112/2006/CE).

Si evidenzia, quindi, che l’obiettivo del meccanismo di inversione contabile è evitare che i due soggetti protagonisti dell’operazione, di comune accordo, frodino l’Erario, non versando l’Iva o chiedendo un rimborso non dovuto.

L’inversione contabile interna

Il meccanismo derogatorio dell’inversione contabile determina che, contrariamente a quanto accade con il meccanismo ordinario Iva, l’imposta viene assolta dal destinatario dei beni e servizi oggetto dell’operazione. Ne discende che, nelle operazioni soggette a reverse charge, il debitore di imposta risulta il cessionario o committente, al quale, dunque, non viene addebitata in rivalsa alcuna imposta da parte di colui che ha effettuato l’operazione imponibile[6].

Si può affermare che il meccanismo derogatorio in discorso incida, in un certo qual modo, sia sull’istituto della rivalsa sia sul rapporto tra i soggetti dell’operazione. In particolare, in ipotesi di reverse charge, la fattura viene emessa dal cedente, senza addebito dell’imposta e con l’annotazione “inversione contabile”. Ricevuta la fattura, il cessionario o committente ha l’onere di integrare il documento con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta e, altresì, di annotare l’Iva a credito nel registro Iva acquisti e l’Iva a debito nel registro fatture emesse, entro il mese di ricevimento ovvero anche successivamente, ma comunque entro quindici giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese. È evidente che la doppia annotazione nei suddetti registri garantisce la neutralità dell’operazione.

Nella fattispecie di inversione contabile interna, in caso di mancato ricevimento della fattura ovvero di ricevimento di una fattura irregolare, il cessionario o committente ha l’onere di regolarizzare l’operazione. Tuttavia, mentre, nel primo caso, il cessionario o committente è tenuto ad emettere un’autofattura entro quattro mesi dalla data di effettuazione dell’operazione, nel secondo, è tenuto ad emettere un’autofattura entro il trentesimo giorno successivo a quello della sua registrazione. E’ evidente che, in entrambi i casi, il cessionario o committente ha l’onere di versare all’Erario l’importo dell’imposta dovuta e, infine, di presentare all’Agenzia delle Entrate una copia del versamento effettuato. Peraltro, in entrambe le ipotesi di cui sopra, il cessionario o committente ha l’onere di annotare l’autofattura nei registri Iva vendite e fatture emesse. Emerge quindi che l’emissione dell’autofattura costituisce, in concreto, una procedura di regolarizzazione degli adempimenti sopra menzionati.

Una ipotesi rilevante di reverse charge interno

Varie sono le ipotesi di operazioni nazionali in cui si applica il meccanismo derogatorio di reverse charge. In particolare, tra le varie ipotesi, l’art. 17, comma 6, lettera a-bis), del d.p.r 633/1972 prevede l’applicazione del regime in discorso anche relativamente alle “cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato di cui ai numeri 8-bis) e 8-ter) del primo comma dell'articolo 10 per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l'opzione per l'imposizione”.

Preliminarmente, occorre precisare che la “cessione di fabbricato[7]” avviene mediante atto notarile che, attraverso la trascrizione nei registri immobiliari, determina il trasferimento di proprietà del bene immobile. La disciplina di riferimento distingue le nozioni di “fabbricati ad uso abitativo”[8] e “fabbricati strumentali”[9], sulla base della classificazione catastale e a prescindere dall’effettivo utilizzo dell’immobile medesimo. Sul punto, va inoltre precisato che il d.l. 83/2012 ha apportato rilevanti modifiche al quadro normativo precedentemente vigente, estendendo l’ambito di applicazione del reverse charge, oltre alle cessioni dei fabbricati strumentali già interessati dalla precedente previsione, alle cessioni di fabbricati abitativi (sempre nei casi in cui tali cessioni non cadano nell’ambito di applicazione delle operazioni esenti).

In base a quanto previsto dal Decreto Iva, di regola, le cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricati abitativi o strumentali sono “esenti” dall’imposta, ai sensi di quanto disposto dall’art. 10, comma 1, n. 8-bis e 8-ter del d.p.r. 633/1972. Tuttavia, tali operazioni risultano imponibili se si tratta di cessioni effettuate dalle imprese costruttrici entro cinque anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento[10] ovvero se si tratta di cessioni effettuate anche successivamente rispetto al suddetto termine, purché il cedente abbia optato espressamente per l’imposizione ai fini Iva nel relativo atto di compravendita.

Con riferimento alle imposte indirette, quindi, si afferma che per la cessione di fabbricati abitativi e strumentali, risultano applicabili diversi regimi impositivi, in base ai soggetti coinvolti nell’operazione e alle caratteristiche intrinseche dell’immobile oggetto di cessione. Una cessione di fabbricati risulta imponibile mediante il meccanismo derogatorio di reverse charge se sono presenti tre requisiti:

(i) in primis, la cessione di fabbricati deve avvenire tra soggetti passivi Iva. Nel caso di cessione di fabbricati abitativi, è necessario, altresì, che il cedente sia l’impresa costruttrice oppure l’impresa che ha eseguito interventi di restauro, risanamento o ristrutturazione;

(ii) trattasi, inoltre, di “cessioni di beni”, quindi di atti a titolo oneroso che comportano il trasferimento della proprietà oppure la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento sui beni di ogni genere, tra cui le vendite con riserva di proprietà, le locazioni con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per le parti, la costituzione o il trasferimento di servitù e altri diritti reali di godimento;

(iii) infine, risulta necessario che il cedente abbia manifestato l’opzione per l’imponibilità Iva “nel relativo atto”. La circolare n. 22 del 28 giugno 2013 precisa che, nel caso di stipula di un contratto preliminare, gli acconti sul prezzo, eventualmente dovuti, sono assoggettati ad Iva e la scelta per l’imponibilità espressa in sede di preliminare deve ritenersi valida e vincolante anche in relazione al regime Iva applicabile al saldo dovuto alla stipula del contratto definitivo. Se, contrariamente, un contratto preliminare non viene stipulato, gli eventuali acconti non godranno del meccanismo di reverse charge e saranno soggetti al regime di esenzione.

Nello specifico, quindi, relativamente alle cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato di cui alla lettera a-bis), comma 6, dell’art. 17 d.p.r. 633/1972, l’imposta è assolta secondo il meccanismo di inversione contabile unicamente se

  • il cessionario è un soggetto passivo Iva[11];
  • si tratta di una cessione imponibile per opzione;
  • l’opzione è esplicitamente manifestata dal cedente dell’operazione nell’atto di compravendita del bene.

Si precisa che se il cedente, in sede di stipula di un contratto di compravendita, manifesta l’opzione per l’imponibilità dell’operazione, la base imponibile da assoggettare ad Iva è costituita esclusivamente dall’importo dovuto a saldo.

Diversamente, nell’ipotesi di cessione di fabbricati in regime di ordinaria imponibilità Iva, secondo l’art. 10, comma 1, n. 8-bis e 8-ter del d.p.r. 633/1972, l’imposta non viene assolta mediante il meccanismo derogatorio di inversione contabile[12].

In definitiva, si desume che, anche nell’ambito notarile, il meccanismo derogatorio di inversione contabile risulta rilevante ai fini dell’applicazione dell’imposta.

 

Considerazioni conclusive

Alla luce dell’analisi svolta, è di tutta evidenza che il legislatore tende, sia in ipotesi di applicazione del regime impositivo ordinario sia in ipotesi di applicazione del regime derogatorio in oggetto, a garantire la neutralità dell’operazione in capo a coloro i quali agiscono quali soggetti passivi di diritto. Invero, la neutralità dell’operazione che nel meccanismo ordinario Iva è garantita dal contestuale funzionamento di rivalsa e detrazione, nel meccanismo derogatorio di reverse charge è assicurata dalla annotazione, effettuata dal cessionario, dell’Iva a credito nel registro Iva acquisti e dell’Iva a debito nel registro Iva vendite. In considerazione di ciò, emerge che, con tale modus operandi, l’operazione nel suo complesso risulta a saldo zero. Orbene, di regola, l’inversione contabile si configura, attraverso la doppia registrazione delle fatture integrate o autofatture nei registri previsti dagli art. 23 e 25 del Decreto Iva, come una mera partita di giro, perché l’Iva a credito e l’Iva a debito si elidono a vicenda.

Peraltro, può affermarsi che il dualismo rivalsa-detrazione, peculiare del meccanismo ordinario Iva, non viene meno nel sistema di inversione contabile ma assume una veste diversa. Il reverse charge, come la rivalsa, comporta la traslazione dell’onore imponibile in capo al consumatore finale, unico a risultare gravato economicamente in via definitiva. Il meccanismo derogatorio di inversione contabile incide, come il meccanismo ordinario Iva, sul consumo e non potrebbe essere, tuttavia, diversamente poiché contrariamente l’imposta risulterebbe snaturata in quanto indice di capacità contributiva è il consumo medesimo, elemento legittimante l’applicazione dell’imposta in discorso.

Appreso ciò, risulta chiaro che tale modulo impositivo, da un lato, determina un ritardo delle entrate nelle casse dell’Erario, e dall’altro, semplifica la riscossione dell’imposta e altresì, a tutela di un interesse giuridico primario del diritto tributario, argina le ipotesi di evasione e frodi fiscali.

Con riguardo poi all’apprezzamento dell’efficacia di tale modus operandi, si evidenzia che negli ultimi anni è stata altresì ipotizzata una estensione generalizzata del meccanismo di reverse charge. In realtà, tale ipotesi è stata poi definitivamente scongiurata, poiché la sua eventuale applicazione causerebbe unicamente una ricaduta nel medesimo circolo vizioso. Invero, si verificherebbe uno slittamento della frode, in ambito interno, dal cedente o prestatore al cessionario o committente e, in ambito esterno, dal Paese di origine al Paese di destinazione. Peraltro, si incrementerebbe ancora di più il fenomeno delle frodi fiscali e l’Iva diverrebbe una imposta sui consumi senza valore aggiunto, risultando dunque completamente snaturata.

In definitiva, si desume che l’inversione contabile si configura come un meccanismo utile al contrasto di fenomeni patologici quali l’evasione e le frodi fiscali ma unicamente se applicata ad ipotesi predeterminate e circoscritte e, in alcuni casi, anche con tempi limitati.

 

[1] FALSITTA G., Manuale di diritto tributario, parte speciale, il sistema delle imposte in Italia, Padova, Cedam, 2014, X ed., p. 799. FANTOZZI A., Corso di diritto tributario, UTET, Torino, 2004, pp. 476 ss. FANTOZZI A., Presupposto e soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto, in Diritto e pratica tributaria, I, 1972, p. 725. FORTE F., Il consumo e la sua tassazione, I - Elementi di una teoria generale, Torino, Einaudi, 1973, p. 25. MELIS G., Lezioni di diritto tributario, 2018, Giappichelli, VI ed. LUPI R., Imposta sul valore aggiunto, in Enciclopedia giuridica, XVI, 1989, p.5. LUPI R., Diritto tributario. Parte speciale. I sistemi dei singoli tributi, VIII ed. 2005, Giuffrè, pp. 259 ss. SALVINI L., La rivalsa e i rapporti interni nell’Iva, in Atti del convegno “La giurisdizione tributaria nell’ordinamento giurisdizionale”- Teramo, 22 e 23 novembre 2007, Gedit, 2009 . BERLIRI A., L'imposta sul valore aggiunto, Milano, 1971, p. 214. GALLO F., Profili di una teoria dell'imposta sul valore aggiunto, Roma, 1974.

GALLO F., L'Iva: verso un'ulteriore revisione, in Rivista di diritto finanziario, I, 1971, pp. 595 ss.

[2] FALSITTA G., Manuale di diritto tributario, parte speciale, il sistema delle imposte in Italia, 2014, p. 831.

[3] Corte di Giustizia C-502/07 K1, punto 17 del 15 gennaio 2009. Corte di Giustizia C-475/03, Banca popolare di Cremona, Racc. pag. I-9373, punto 28, del 3 ottobre 2006.

[4] FANTOZZI A., Diritto tributario, 2012, Milano, UTET, VI ed., p. 9 ss. FANTOZZI A., Corso di diritto tributario, UTET, Torino, 2004, p. 365. MELIS G., Manuale di diritto tributario, 2018, Torino, Giappichelli, VI ed., p. 100. FALSITTA G., Manuale di diritto tributario. Parte generale, 2020, Milano, CEDAM, XI ed., pp. 211 ss.

[5] SACCONE A., Il Reverse Charge quale strumento per la lotta alle frodi Iva, in Innovazione e Diritto, n. 4 del 2007.

[6] MELIS G., Manuale di diritto tributario., op. cit., p. 772.

[7] Con “fabbricato” la Legge prevede che ci si riferisca a una qualsiasi costruzione, coperta e isolata, separata da altri edifici e strade, con almeno un accesso sulla via di uscita.

[8] Si considerano “fabbricati abitativi”, tutti i fabbricati classificati nella categoria catastale A, salvo l’esclusione dei fabbricati classificati al gruppo A/10.

[9] Si considerano “fabbricati strumentali”, i fabbricati che, a causa delle loro caratteristiche specifiche, non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni. Si tratta di fabbricati classificati nella categoria catastale B, C, D, E ed A/10.

[10] È opportuno precisare che le cessioni di immobili, abitativi e strumentali, poste in essere dalle imprese che li hanno costruiti o ristrutturati entro cinque anni dall’ultimazione dei lavori non sono mai soggette al regime di inversione contabile, bensì risultano imponibili Iva secondo il meccanismo ordinario.

[11] Contrariamente, se il cessionario è privato, si applica l’ordinario meccanismo impositivo Iva, caratterizzato dall’addebito con rivalsa in fattura.

[12] Ipotesi che si verifica nel caso in cui vengano ceduti fabbricati da parte dell’impresa costruttrice entro cinque anni dall’ultimazione dei lavori.