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Anno XVI - n. 07 - Luglio 2024

  Studi



Gli acquisti extra Consip. Fondamento e disciplina.

Di Gabriele Trombetta
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Gli acquisti extra Consip. Fondamento e disciplina.

Di GABRIELE TROMBETTA 

 

Lo strutturale indebitamento sovrano nell’Unione europea ha comportato la necessità per gli Stati membri di avviare un processo di risanamento delle finanze pubbliche. Le vie tradizionalmente seguite sono state l’aumento dei tributi, la riduzione dei servizi, l’efficientamento della spesa.

A quest’ultima strategia si ascrive la figura della centrale di committenza, che – nell’unificare la domanda pubblica in capo ad un solo soggetto – permette di raggiungere economie di scala e di razionalizzare le procedure evidenziali[1].

Il legislatore, adempiendo un obbligo comunitario recato dalla direttiva 2004/18/CE, ha introdotto la nozione all’art. 33 dell’abrogato codice dei contratti pubblici del 2006. Le centrali di committenza erano definite come amministrazioni chiamate, osservando l’evidenza pubblica, a procurare beni o servizi in favore delle altre amministrazioni, ovvero a concludere accordi quadro cui le altre amministrazioni avrebbero potuto accedere con negozi discendenti. L’istituto è stato confermato dall’art. 37 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50.

Tra le centrali di committenza assume particolare rilievo Consip s.p.a., società in house al Ministero dell’economia e delle finanze, istituita nel 1997[2].

L’art. 26 l. 23 dicembre 1999, n. 448 ha previsto che il Ministero dell’economia e delle finanze stipuli – anche avvalendosi di società di consulenza specializzate – convenzioni od accordi quadro, in esito ai quali le stazioni appaltanti possono concludere direttamente un contratto senza ricorrere all’evidenza pubblica, il cui obbligo risulta già assolto ex ante. La disposizione non obbligava le amministrazioni pubbliche ad avvalersi degli accordi quadro, consentendo l’attivazione di autonome gare, purché nel rispetto dei parametri prezzo-qualità recati dalle convenzioni. Un precipuo obbligo è stato, invece, introdotto dall’art. 1, commi 449 ss., l. 27 dicembre 2006, n. 296. In particolare, il procurement mediante convenzioni è prescritto a carico delle amministrazioni statuali, mentre le autorità indipendenti e gli enti territoriali hanno la facoltà di ricorrervi, ferma la necessità di parametrare i propri bandi al rapporto qualità-prezzo fissato dagli accordi quadro[3].

In linea di continuità con le previsioni appena evocate si pone l’art. 1, comma 3 d.l. 6 luglio 2012, n. 95 convertito con modificazioni dalla l. 7 agosto 2012, n. 135, che commina la sanzione della nullità per i contratti stipulati in violazione dell’obbligo di approvvigionamento alle condizioni fissate dagli accordi quadro ovvero di ricorrere a questi ultimi.

Cons. St., sez. V, 28 marzo 2018 n. 1937 ha rinvenuto la ratio dell’istituto nell’esigenza primaria di razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica, attraverso l’individuazione di un tetto massimo oltre il quale non sia ammessa la contrattualizzazione dell’amministrazione pubblica. Ne deriva l’obbligo per le stazioni appaltanti di adire il mercato a condizioni almeno pari a quelle spuntate dalla centrale di committenza. In via secondaria, il sistema è volto alla centralizzazione e professionalizzazione delle funzioni evidenziali, al conseguimento di economie di scala ed al risparmio di energie procedimentali, ferma restando la facoltà delle stazioni appaltanti di ricorrere al mercato autonomamente, purché a condizioni almeno pari a quelle fissate nelle convenzioni. 

Ferma questa opzione derogatoria in favore delle Amministrazioni, vengono previsti, a presidio dell’obbligo di ricorso alle piattaforme centralizzate, tre meccanismi lato sensu sanzionatori, introdotti dall’art. 1 d.l. 6 luglio 2012, n. 95. Anzitutto, è contemplata la nullità testuale per acquisti mediante ricorso autonomo al mercato in difetto delle condizioni legittimanti. Viene, inoltre, imposta – con operatività dell’inserzione automatica ex art. 1339 c.c. – una condizione risolutiva legale per il caso che il bene o servizio divenga oggetto di convenzione successiva al negozio stipulato dalla stazione appaltante. Infine, la violazione costituisce illecito disciplinare ed è causa di responsabilità amministrativa. Ai fini della determinazione del danno erariale si tiene anche conto della differenza tra il prezzo fissato dall’accordo quadro e quello indicato nel contratto.

Ove i beni e servizi rispondenti al fabbisogno esigenziale non siano presenti in accordi quadro, le amministrazioni potranno adire autonomamente il mercato. Tuttavia, per rafforzare il funzionamento del sistema viene previsto che gli acquisti extra Consip siano assentiti dall’autorità di vertice, chiamata così ad emanare un provvedimento autorizzatorio, che verifichi la sussistenza delle condizioni per la deroga all’obbligo generale.

L’art. 1, comma 510 l. 28 dicembre 2015, n. 208 – in particolare – dispone che «qualora il bene o servizio oggetto di convenzione non sia idoneo al soddisfacimento dello specifico fabbisogno (…) per mancanza di caratteristiche essenziali», l’amministrazione possa adire autonomamente il mercato, previa autorizzazione dell’organo apicale e notiziando il competente ufficio della Corte dei conti.

La valutazione di inidoneità ha carattere tecnico-discrezionale e dovrà essere corredata da adeguato supporto motivazionale che illustri le ragioni per cui la prestazione oggetto dell’accordo quadro sia insoddisfacente ai fini della stazione appaltante. Ulteriore profilo problematico attiene all’ambito oggettivo dell’attività autorizzatoria del vertice: se, cioè, essa si debba estendere a qualsivoglia acquisto fuori Consip, o se, invece, vada circoscritta ai casi in cui il bene o servizio sia sì presente in convenzione, ma venga giudicato inidoneo dall’organo procedente.

Al riguardo, il giudizio di idoneità sembrerebbe calato su un bene almeno astrattamente funzionale a soddisfare l’amministrazione. Si può fondatamente ritenere, dunque, che un’autorizzazione extra Consip non sia necessaria ove la tipologia di bene o servizio difetti radicalmente nella piattaforma.

Con specifico riguardo all’evocazione della fattispecie di cui all’art. 63, comma 2, lett. b) c.c.p. quale motivo di fuoruscita da Consip, possono essere richiamati gli indirizzi dell’ANAC che distinguono tra diritti di esclusiva e infungibilità. I primi appaiono insufficienti a fondare il ricorso autonomo al mercato, atteso che potrebbero esservi convenzioni aventi ad oggetto prestazioni analoghe, comunque congrue allo scopo amministrativo. È soltanto l’infungibilità – categoria merceologica traducibile con l’insostituibilità – della prestazione, in thesi assente in Consip, ad abilitare ad una negoziazione diretta al di fuori del sistema centralizzato[4].

Nella medesima logica, la legge di bilancio per il 2016 vincola le Amministrazioni pubbliche ad approvvigionarsi di beni e servizi informatici e di connettività esclusivamente tramite Consip ovvero altre centrali di committenza, entro la programmazione recata dal piano triennale redatto dall’AGID. Si consente la deroga alle acquisizioni centralizzate «qualora il bene o il servizio non sia disponibile o idoneo al soddisfacimento dello specifico fabbisogno dell'amministrazione ovvero in casi di necessità ed urgenza comunque funzionali ad assicurare la continuità della gestione amministrativa», dietro autorizzazione motivata dell’organo di vertice. Di tali approvvigionamenti extra Consip viene data informazione all’ANAC ed all’AGID.

Anche alla luce del canone di non pleonasticità del legislatore e valorizzando la diversa formulazione dei commi 510 e 516, deve ritenersi che – nel caso di beni e servizi ICT – l’autorizzazione debba essere richiesta ogniqualvolta s’intenda adire il mercato, anche se la tipologia prestazionale non sia prevista nel sistema centralizzato d’acquisizione. Si osserva, marginalmente, come l’organo chiamato all’autorizzazione sia comune per entrambe le deroghe descritte, mentre la comunicazione esterna va veicolata ad istituzioni di controllo differenziate.

Per l’approvvigionamento di servizi ICT, l’autorizzazione extra Consip può essere emanata anche «in casi di necessità ed urgenze funzionali ad assicurare la continuità della gestione amministrativa», in cui la stipula del contratto di attuazione dell’accordo quadro può determinare una vacanza che potrebbe minare il buon andamento dell’azione amministrativa. Si ritiene possano utilmente evocarsi le coordinate ermeneutiche tracciate per l’ipotesi di cui all’art. 63, comma 1, lett. c) c.p.p.

Con riferimento all’individuazione dell’organo competente a rilasciare l’autorizzazione, si deve ritenere che – posto il principio di distinzione tra politica ed amministrazione – esso debba essere riconosciuto nell’apice burocratico della struttura, dotato di competenze tecnico-giuridiche ed economiche, rientrando il potere in un ambito prettamente gestionale e non d’indirizzo. È discussa la facoltà di delega, sebbene non si ravvisino elementi ostativi, purché al delegato siano garantiti adeguato sostegno informativo e sostanziali poteri di controllo.

Riguardo la tipologia provvedimentale, si ritiene trattarsi di un’autorizzazione in senso tecnico, quale atto ampliativo che rimuove un limite alla libertà negoziale dell’Amministrazione. Il provvedimento presenta, peraltro, carattere eccezionale, come confermato dall’intensificazione dell’onere motivazionale imposta dal legislatore, che esige un impegno esplicativo ulteriore rispetto alla norma generale recata dall’art. 3, l. 7 agosto 1990, n. 241. 

La pretesa infungibilità della prestazione non può fondare sul lock in, che implica l’instaurazione di un rapporto di dipendenza dell’Amministrazione dall’impresa controparte, per cui diviene eccessivamente oneroso non rinnovare il rapporto contrattuale e ricorrere ad un nuovo partner negoziale[5]. L’Amministrazione dovrà, dunque, pianificare clausole che consentano la possibilità di avvicendamento tra competitors e creare, soprattutto con riguardo agli ambienti tecnologici, strutture idonee ad interfacciarsi con una pluralità indeterminata di operatori economici, fugando il rischio di cattura. In questa prospettiva, in via strategica possono ritenersi sopportabili i costi di transizione derivanti dall’accesso a una convenzione Consip che restituisca contendibilità ad un settore altrimenti monopolizzato dal precedente aggiudicatario.

Altro profilo da esplorare attiene alla qualificazione in termini di infungibilità di un servizio unitario rispetto alle singole porzioni eventualmente disponibili in Consip. In questo caso, affinché possa ritenersi la infungibilità della macro-prestazione, che abiliterebbe al ricorso al mercato, occorrerebbe dimostrare, sul piano merceologico, che il servizio unitario eccede la sommatoria dei singoli lotti, garantendo funzionalità ulteriori ed irrinunciabili per la stazione appaltante. Soltanto in quest’ipotesi si potrà ammettere che, nonostante la presenza nella piattaforma delle frazioni della prestazione integrale richiesta dall’Amministrazione, le parti differiscono non solo quantitativamente, ma anche qualitativamente dal tutto, abilitando alla fuoruscita dal sistema centralizzato[6].

Riguardo al piano rimediale, al di là dei controlli successivi in capo alla magistratura contabile, occorre vagliare se l’operatore economico sia legittimato ad impugnare la scelta di adire autonomamente il mercato, eventualmente in pregiudizio dell’impresa aggiudicataria dell’accordo quadro. Si deve ritenere, in attuazione degli artt. 24 e 113 Cost., che il privato vanti un interesse legittimo, tale da fondare una legitimatio ad causam per avversare il provvedimento di esonero dell’Amministrazione dall’approvvigionamento centralizzato. La censura dovrebbe, presumibilmente, postulare il vizio dell’eccesso di potere nell’esercizio di discrezionalità tecnica, in conseguenza di un’erronea valutazione dei presupposti della fuoruscita dal sistema delle convenzioni.

 

NOTE:

[1] Il potere legislativo spetta allo Stato sulla base dei titoli competenziali in materia di concorrenza e di coordinamento della finanza pubblica: v. Corte cost. 26 gennaio 2004, n. 36, nonché Corte cost. 15 novembre 2004, n. 345. Al riguardo, v. S. MARTINO, Commento all’art. 37, in R. GAROFOLI – GI. FERRARI (a cura di), Codice dei contratti pubblici, Roma, 2017, pp. 764 ss.

[2] L’art. 58 l. 23 dicembre 2000, n. 388 ha previsto che «le convenzioni di cui al citato art. 26 sono stipulate dalla Concessionaria servizi informatici pubblici (CONSIP) s.p.a. (…)». In questo lavoro non saranno citate altre centrali di committenza contemplate dall’ordinamento, quali – ad esempio – il MEPA (mercato elettronico pubblica amministrazione), cui risultano, comunque, tendenzialmente estensibili i principi che si vanno tracciando con riferimento alla categoria generale ed a CONSIP in particolare.

[3] L’obbligo di ricorso a Consip è stato rafforzato dall’art. 1 co. 583 ss. l. 27 dicembre 2019, n. 160.

[4] Per i beni intrinsecamente fungibili – energia elettrica, gas, fonia, carburante –, il legislatore ha introdotto una disciplina speciale, recata dall’art. 1, comma 494 della legge di bilancio per il 2020. Vi si prevede che l’Amministrazione sia tenuta ad approvvigionarsi in Consip per i beni sopradetti, salvo che – in esito ad autonoma procedura evidenziale ovvero ricorrendo ad altro sistema centralizzato – ottenga un risparmio di spesa pari al 10% per le prestazioni fonia e al 3% per il carburante. V. Corte conti (Friuli-Venezia Giulia), sez. contr., 25 marzo 2016, n. 35 e Corte conti (Emilia-Romagna), sez. contr., 13 marzo 2018, n. 56.

[5] Cfr. linee guida ANAC n. 8/2017.

[6] Il tutto rappresenterebbe – complessivamente inteso – aliud rispetto alle singole parti. Ad ogni modo, va rimarcato come costituisca principio generale del codice dei contratti pubblici la suddivisione dell’oggetto prestazionale in lotti, al fine di favorire l’accesso delle PMI al mercato delle commesse pubbliche (art. 51 c.c.p.), derogabile soltanto ive sussistano adeguate ragioni tecnico-economiche.