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Anno XVI - n. 04 - Aprile 2024

  Giurisprudenza Amministrativa



Emergenza covid-19: la consulta sospende la legge della Valle D’Aosta: il delicato riparto di competenze stato-regioni alla luce del principio di sussidiarieta’ verticale e del principio di leale collaborazione.

Di Maria Isotta Fermani
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NOTA A CORTE COSTITUZIONALE,

ORDINANZA 14 gennaio 2021, n. 4

 

Emergenza covid-19: la consulta sospende la legge della Valle D’Aosta: il delicato riparto di competenze stato-regioni alla luce del principio di sussidiarieta’ verticale e del principio di leale collaborazione.

 

Di MARIA ISOTTA FERMANI

 

                     

La Consulta ha sospeso l’efficacia della legge della Regione Valle d’Aosta 9 dicembre 2020, n. 11 (Misure di contenimento della diffusione del virus SARS-COV-2 nelle attività sociali ed economiche della Regione autonoma Valle d’Aosta in relazione allo stato d’emergenza).

 

Sommario: 1- La vicenda 2- Questioni giuridiche controverse 3- La soluzione adottata dalla Consulta 4- Conclusioni riflessive

 

 

1 La vicenda

La Regione autonoma Valle d’Aosta con la legge regionale n. 11 del 2020 9 dicembre, ha introdotto misure di contenimento della diffusione del contagio da Covid-19 di minor rigore rispetto a quelle statali.

Alla luce di ciò la Presidenza del Consiglio dei Ministri, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, solleva questione di legittimità costituzionale per violazione degli art. 25 comma secondo Cost, art. 117 comma secondo lettere m), q), h), nonché articoli 118 e 120 cost.

Nelle more della decisione definitiva, fissata per il mese di Febbraio, la Consulta accoglie l’istanza cautelare di tipo sospensivo, chiesta dalla difesa della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in quanto la Corte ha ritenuto che l’applicazione della legge fino alla trattazione nel merito della questione potrebbe comportare  il rischio di un irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico a una gestione unitaria dell’epidemia a livello nazionale, ma anche, il rischio di un pregiudizio grave e irreparabile per la salute delle persone.

I giudici della Corte Costituzionale hanno quindi dato ragione al Governo, sottolineando, in particolare, sia che “la materia della profilassi internazionale” è di competenza statale, sia richiamando a una gestione unitaria della pandemia.

 

  1. Questioni giuridiche controverse

La pronuncia in esame affronta una moltitudine di aspetti problematici connessi tra loro: in primo luogo il confine, spesso “incerto”, tra le competenze di Stato e Regioni, oggetto di frequente conflitto innanzi alla Corte; in secondo luogo il problema della sussidiarietà verticale ed infine, il principio di leale collaborazione che deve avvincere ex art. 118 cost. lo Stato e gli enti locali.

Partendo dall’esame del primo problema, si nota che la riforma dell’art. 117 cost. ha introdotto una clausola residuale circa la potestà legislativa delle Regioni, elencando viceversa in modo dettagliato le “materie” su cui c’è potestà legislativa esclusiva dello Stato, nonché concorrente.

Tuttavia, come dimostra la vicenda in esame, possono sorgere delle “interferenze statali nelle materie regionali”, poiché tra le competenze esclusive statali ve ne sono alcune il cui ambito non è circoscrivibile, rappresentando piuttosto degli obiettivi o valori di rango costituzionale.

Si fa riferimento alle cd “materie trasversali”: esse perseguono obiettivi che spingono il legislatore statale a dettare norme che ricadono su materie tipicamente regionali e ciò provoca naturalmente una frequente sovrapposizione tra le leggi dello Stato e quelle delle Regioni, un “intreccio di interessi” tra Stato e Regioni, per dirla con le parole esatte della Consulta.

Con riguardo a tali ipotesi la Corte costituzionale ha affermato che lo Stato deve cercare l’intesa con le Regioni e le norme statali vincoleranno le Regioni solo come “principi” senza impedire alla Regione di legiferare a sua volta nel rispetto di questi. Tuttavia, è facile intuire che questa situazione rende incerto il confine tra le competenze dei due enti territoriali e il frequente conflitto.

Tale problematica si intreccia a sua volta con il principio di sussidiarietà verticale: tale principio affonda le proprie radici nel diritto europeo e presuppone l’esistenza di una competenza attribuita in modo espresso come si evince dall’art. 5, par. 3, TUE secondo cui “in virtù del principio di sussidiarietà, nei settori che non sono di sua competenza esclusiva, l’Unione interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri”.

In sintonia con il diritto europeo, nel diritto nazionale il principio di sussidiarietà verticale funziona come un “ascensore” metaforico: infatti, esso implica il trasferimento di alcune materie agli enti locali più vicini ai cittadini, salvo che per la specificità della materia, essa trovi un’attuazione più efficace e adeguata a livello statale.

Pertanto, a seconda delle caratteristiche della materia presa in considerazione e all’evolversi dei problemi insorti, la sussidiarietà verticale può condurre a spostare verso l’alto l’esercizio di poteri e competenze che sarebbero regionali.

La sussidiarietà quindi non tipizza un riparto di competenze assoluto e cristallizzato, ma può conoscere deroghe nei casi in cui le funzioni amministrative vengono attratte verso l’alto perché non possono essere convenientemente esercitate in basso o perché richiedono un coordinamento centrale e in tale caso è ammesso che lo Stato avochi a sé una funzione amministrativa.

Proprio in virtù del principio di sussidiarietà si assiste spesso ad uno “sconfinamento” dello Stato dalle sue materie seppure temperato dal principio di leale collaborazione che impone allo Sato di coinvolgere le Regioni nelle decisioni.

Nella pronuncia oggetto dell’esame vengono in luce tutti i menzionati principi.

L’avvocatura generale dello Stato sostiene la tesi per cui la legge della Regione Valle d’Aosta 9 dicembre 2020, n. 11 (Misure di contenimento della diffusione del virus SARS-COV-2 nelle attività sociali ed economiche della Regione autonoma Valle d’Aosta in relazione allo stato d’emergenza) appare violativa degli artt. 25, secondo comma, 117, secondo comma, lettere: q), in quanto la materia da essa trattata sarebbe da ricondurre alla competenza esclusiva statale in tema di profilassi internazionale; art 117 lett m) in quanto attinente alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, oltre che a principi fondamentali della materia tutela della salute, tali da imporsi anche all’autonomia speciale.

Di converso sul punto la difesa della Regione Valle d’Aosta ha eccepito che la competenza in tema di profilassi internazionale non sarebbe pertinente, perché le norme impugnate non costituiscono attuazione «di misure di profilassi dettate a livello internazionale»; lo stesso dovrebbe affermarsi quanto alla competenza in tema di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, posto che la normativa statale non avrebbe approntato alcuna misura recante prestazioni a favore delle persone.

Inoltre, la Regione sul presupposto che la natura giuridica di tali d.p.c.m. sia “normativa”, reputa che il rinvio all’art 118 cost. sia erroneo in quanto non sarebbero state avocate funzioni amministrative ma normative ultra vires.

In altri termini, la Regione Valle d’Aosta sostiene che tali d.p.c.m. emanati dal Presidente del Consiglio dei Ministri in costanza di emergenza sanitaria, da provvedimenti aventi natura meramente amministrativo-regolamentare, sarebbero stati elevati, di fatto, al rango di atti legislativi con forza di legge, pur trattandosi, appunto, di semplici atti normativi secondari, come tali sottratti al vaglio successivo del Parlamento e del Presidente della Repubblica, per di più insindacabili ex post, in quanto sfuggono anche all’eventuale controllo successivo della Corte costituzionale. 

Viceversa l’Avvocatura generale dello Stato conferma la tesi per cui i d.p.c.m. sarebbero “atti necesssitati” aventi natura giuridica amministrativa con relativa fonte, nel caso in esame, nei decreti legge nn. 6 e 19/2020, entrambi convertiti in legge dai rami del Parlamento nel termine perentorio di 60 giorni ex art. 77 Cost, adottati nel rispetto del principio di leale collaborazione in quanto adottati, sentito il Presidente della Regione interessata o il presidente della conferenza delle Regioni.

 

  1. La soluzione adottata dalla Consulta

Alla luce di ciò la Corte costituzionale dichiara sospesi gli effetti della legge della regione Valle d’Aosta n. 11 del 9 dicembre 2020, che consente misure di contenimento della diffusione del contagio da COVID 19 di minor rigore rispetto a quelle statali.

Viene accolta pertanto l’istanza proposta, in via cautelare, dal Presidente del Consiglio dei ministri nell’ambito del ricorso contro la legge regionale.

La Corte ha ritenuto che sussista il fumus boni iuris, considerato che gli interventi consentiti dal legislatore regionale riguardano la materia della profilassi internazionale, riservata alla competenza esclusiva dello Stato (articolo 117, secondo comma, della Costituzione), cionondimeno la Corte ha reputato che l’applicazione della legge fino alla trattazione nel merito della questione - fissata per il 23 febbraio 2021 – potrebbe comportare “il rischio di un irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico” a una gestione unitaria dell’epidemia a livello nazionale nonché “il rischio di un pregiudizio grave e irreparabile per la salute delle persone”.

 

4- Conclusioni riflessive

Sullo sfondo della vicenda trattata, si staglia prepotentemente il macro-tema rappresentato dalle fonti del diritto nell’emergenza covid-19 che ha suscitato in capo agli interpreti una serie di dubbi interpretativi.

Infatti, a differenza di altri Stati europei, la Costituzione italiana non prevede esplicitamente uno stato di emergenza che comporti l’attribuzione al Governo di poteri necessari per fronteggiare la situazione eccezionale: si limita a prevedere la dichiarazione di stato di guerra e il decreto-legge.

Tuttavia, vi è una parte di dottrina secondo cui i provvedimenti di emergenza troverebbero una legittimazione costituzionale innata ed immanente nel tradizionale princìpio della “salus reipubblicae”, ovviamente con la necessaria intermediazione di una fonte primaria.

Il massiccio impiego dei d.p.c.m in fase emergenziale ha dato luogo a molte critiche quanto al rispetto del controllo parlamentare, del principio di legalità e riserva di legge.

Ma a tal riguardo giova ribadire che è il proprium dell’emergenza che non siano preventivamente definibili i contenuti essenziali della risposta regolativa.

In chiusura va dato atto che tale problema ha riacutizzato il delicato tema dei limiti delle autonomie regionali in rapporto con le fonti statali.