ISSN 2039 - 6937  Registrata presso il Tribunale di Catania
Anno XVI - n. 04 - Aprile 2024

  Giurisprudenza Amministrativa



Il Consiglio di Stato sui limiti alla circolazione dei beni culturali. Discrezionalità tecnica e diniego all’attestato di libera circolazione - interesse culturale.

Di Valentina Zirafa
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Nota a sentenza del Consiglio di Stato del 27 dicembre 2023, n. 11204

 

Il Consiglio di Stato sui limiti alla circolazione dei beni culturali

Discrezionalità tecnica e diniego all’attestato di libera circolazione - interesse culturale

 

Di Valentina Zirafa*

 

Abstract

L’autore affronta, attraverso l’analisi della pronuncia in oggetto, la tematica relativa alla circolazione dei beni ed opere che abbiano un particolare valore di carattere culturale, nonché di pregio artistico per il patrimonio della nazione. In modo specifico  il contributo si sofferma sulla disamina del cd. diniego all’attestato di libera circolazione e sui principi/criteri relativi alla discrezionalità tecnica – scientifica, come elaborati dal Consiglio di Stato. Particolare attenzione viene, altresì, posta sulla tematica giuridica sottesa alla questione, individuandone le criticità ed i principi giuridici desumibili dalla pronuncia; infine viene indicata dall’autore una auspicabile soluzione da ravvisarsi nell’armonizzazione legislativa tra diversi stati e negli strumenti amministrativi di soft law.

 

The author addresses, through the analysis of the ruling in question, the issue relating to the circulation of goods and works that have a particular cultural value, as well as artistic value for the nation's heritage. Specifically, the contribution focuses on the examination of the CD. denial of the free movement certificate and on the principles/criteria relating to technical-scientific discretion, as developed by the Council of State. Particular attention is also paid to the legal issue underlying the issue, identifying the critical issues and legal principles that can be deduced from the ruling; finally, the author indicates a desirable solution to be found in legislative harmonization between different states and in soft law administrative tools.

 

Massima

“Ai sensi degli artt. 10 e 68 del d.lgs. n. 42 del 2004, è legittimo impedire il definitivo trasferimento all’estero di opere che rivestano, comunque, un rilievo eccezionale per l'integrità e la completezza del patrimonio culturale della nazione; la ratio della normativa è quella di escludere la circolazione del bene culturale anche nel caso in cui l’esportazione, tenuto conto dell’eccezionale rilevanza del bene, metta a rischio l’integrità e la completezza del patrimonio culturale nel suo insieme, e tale normativa incide sulla nozione di eccezione culturale ex art. 36 del TFUE, quale limite alla libera circolazione di opere”.

 

Breve descrizione della Fattispecie.

La sentenza in oggetto affronta l’attuale tematica relativa alla libera circolazione dei beni culturali, nonché il sotteso problema relativo al rilascio del nuovo attestato di cui al d.lgs. 42 del 2004, nel raccordo con il decreto ministeriale n. 537 del 6 dicembre 2017. Analizzando tout court il nodo della vexata quaestio esso pone, nel percorso interpretativo giurisprudenziale, sostanzialmente al centro della pronuncia l’attività amministrativa di tipo valutativo, nel bivio giuridico in cui s’intersecano “discrezionalità tecnica” ed “attendibilità tecnico - scientifica”. Invero, l’appello ha a oggetto la sentenza con cui il Tar adito respingeva il ricorso proposto, avverso il diniego al rilascio dell’attestato di libera circolazione, per un dipinto storico attribuito a noto pittore. Le doglianze di parte attrice si rendevano concrete nella presunta violazione degli art. 6 CEDU; art. 47 Carta di Nizza; art. 24 Cost., 36 TFUE, artt. 54 c.p.a, 24 e 111 Cost. nonché, fondamentalmente nell’inattendibilità dei giudizi formulati dall’Amministrazione. Ebbene, in ordine alla problematica, appare ben evidente come essa sia ascrivibile e strettamente connessa al [1]concetto di “interesse culturale” riferito, nel presente contesto, alle opere che rivestono/hanno o potenzialmente sono suscettibili di ricevere una tutela rientrante nell’alveo beni culturali.

 

La tematica giuridica sottesa.

La questione relativa alla libera circolazione dei beni culturali e dell’attestato non è nuova, sono entrambe state più volte affrontate dalla giurisprudenza. Invece appare senza dubbio interessante la nuova linea di demarcazione che il Consiglio di Stato delinea evidenziando un’eccezione di prassi alla regola della discrezionalità amministrativa.  Vale a dire, che, in casi similari il giudizio di valutazione, proprio e caratteristico dell’azione pubblica, non subisce una mitigazione, come in molte altre fattispecie accade, bensì genera un’accentuazione degli elementi di full jurisdiction; laddove, quindi, sia necessario operare un sindacato giurisdizionale su valutazioni, che oggi si ritiene pacificamente censurabili sotto il profilo dell’attendibilità (cioè intese come scelta delle regole tecniche o scientifiche) il criterio cardine da impiegare e il baricentro del procedimento amministrativo migra dal concetto epistemologico dell’azione amministrativa intesa quale “giusta, corretta e trasparente” verso un ulteriore criterio che è quello della “esattezza”.

Si concorda, infatti, con quanto già evidenziato da altro autore, ovvero che, l’attività della P.a. come quella giurisdizionale in materia di beni artistici, oggi, è sempre più tenuta alla considerazione di conoscenze tecniche o scientifiche, nonché regolata mediante principi/clausole indeterminate, ovvero rimessa solo in parte alla norma formale prodotta mediante il procedimento legislativo tradizionale, risultando molto più affidata ad un “formante” di comunità esperte (giudiziarie, artistiche, tecniche, mediche, scientifiche, amministrative), le quali concorrono al suo compimento con atti ulteriori, in cerca di un assetto finale dovuto ad opinioni giustificate e ritenute affidabili.[2] La pronuncia in oggetto, pertanto, mette in rilievo come in materia, oggi, non si possa più continuare a parlare di una discrezionalità tecnica ristretta; si rileva infatti, in tempi moderni, piuttosto una casistica di fattispecie intrise di “discrezionalità mista” o “discrezionalità amministrativa tout court” ma con riferimento anche ad opzioni politiche ed altra tipologia di interessi pubblici diffusi.

Ciò che, pertanto, si desume dalla fattispecie di cui qui in nota a sentenza, è il seguente corollario: Appare evidente come il giudizio della P.A nella valutazione del reale o presunto interesse culturale di un bene, tale da generare, in fase conclusiva del procedimento, il diniego al rilascio della  attestazione alla libera circolazione, deve essere valutata, oltre che con i classici canoni ermeneutici e di prassi amministrativa, anche e soprattutto sotto il profilo della esattezza tecnico – scientifica, della appropriatezza utilizzando anche come ausilio interpretativo quello desumibile dal lavoro di comunità esperte,  con riferimento anche all’indirizzo politico amministrativo interposto, disposto cioè mediante atti specifici (direttive, piani, programmi, progetti e simili) che ne conseguono.

 

La pronuncia del Consiglio di Stato.

Rileva il Consiglio di Stato che, in materia di esercizio della discrezionalità tecnica, se per un verso il giudice non può sostituirsi a un potere già esercitato, per un altro parallelo verso deve stabilire se la valutazione operata nell'esercizio del potere debba essere ritenuta corretta, sia nel complesso sia nell’articolazione dei diversi passaggi, oltre che sotto il profilo delle regole tecniche applicate.

Secondo il supremo consesso, il sindacato giurisdizionale, è volto a giudicare se l'Autorità pubblica abbia violato il principio di ragionevolezza tecnica, attraverso la verifica dei passaggi sopra indicati, in coerenza ai fatti accertati, alle regole tecniche e procedimentali predeterminate, senza che sia invece consentito, in coerenza con il principio costituzionale di separazione, sostituire le valutazioni, anche opinabili, dell’amministrazione con quelle giudiziali.    In particolare, è ammessa una piena conoscenza del fatto, del percorso intellettivo e volitivo seguito dall’amministrazione. Afferma il Consiglio di Stato che il potere ministeriale di vincolo richiede, quale presupposto, una valutazione basata non sulle acquisizioni delle scienze esatte, bensì su riflessioni di natura artistica, storica e filosofica, spesso strettamente legate al contesto culturale e territoriale di riferimento, per loro stessa natura in continua evoluzione, anche solo per il notorio dato che trattasi di materie soggette a continuo studio e ricerca, nel perseguimento di analoghi interessi pubblici culturali, di istruzione e di crescita individuale e collettiva; in tale ottica non a caso lo stesso art. 9 della Costituzione afferma che lo Stato tutela lo “sviluppo” della cultura, da intendersi in termini quindi ampi, quale evoluzione in sé oltre che nei singoli.

 

I principi giuridici desumibili.

L’esigenza di oggettività e uniformità di valutazione dei tecnici del settore (storici dell’arte, antropologi, architetti, ecc.) non può non risentire del già menzionato limite di sindacato. A ben vedere, però, la sentenza affronta anche e soprattutto il caso in cui il parere tecnico o le risultanze tecnico scientifiche desumibili dalla perizia di parte, relativamente all’interesse culturale dell’opera, finalizzate al rilascio dell’attestato di libera circolazione del bene contrastino con l’interesse pubblico. A tal proposito il supremo consesso conclude che la valutazione vada fatta tenendo conto non solo della singola opera di per sé considerata, ma del complesso di beni e del patrimonio artistico di cui fa parte, considerando appunto l’opera stessa non a sé stante ma riferita. Laddove l’esportazione, tenuto conto dell’eccezionale rilevanza del bene, metta a rischio l’integrità e la completezza del patrimonio culturale nel suo insieme, appare privo di vizio il percorso logico giuridico seguito dalla amministrazione. Circostanze che, a parere del Collegio, ricorrevano nel caso di specie, alla luce della congrua motivazione, emergente dal complesso degli atti impugnati.

 

 

 

 

La pronuncia del Consiglio di Stato inserita nel contesto degli Strumenti amministrativi e meccanismi di soft law  sovranazionale.

Dalla pronuncia in oggetto emerge anche un’altra evidenza e cioè: l’insieme delle misure indicate quali necessarie per contrastare la circolazione illecita dei beni artistici o archeologici, in realtà è suscettibile di incidere sulla ‘circolazione lecita’, ovverosia sull’uscita definitiva di un bene culturale al di fuori dei confini del proprio stato di origine - soggetta, in determinare circostante, ad autorizzazione preventiva da parte dell’autorità amministrativa competente. Invero, da diverso tempo e da più parti si è rilevato come, in un’ottica di armonizzazione tra legislazioni dei diversi Stati, risulti necessario dotarsi di un modello di governance basata attraverso la lente dell’organizzazione amministrativa e dell’adozione di strumenti di soft law, che permetta di predisporre e attuare un sistema di informazione più capillare, accessibile e aggiornato.

A tal proposito, si concorda con l’opinione già espressa che qui si riprende e cioè che sarebbe auspicabile un maggior livello di uniformazione regolamentare (per quanto riguarda l’organizzazione amministrativa e la documentazione utilizzata per consentire la fuoriuscita di un’opera d’arte o di altro bene di interesse culturale al di fuori del proprio paese d’origine). Il caso del certificato di esportazione elaborato nel 2005 dall’UNESCO e dall’OMD è sicuramente esemplificativo di quella tradizionale ‘gelosia’ che i diversi Stati hanno nei confronti della gestione del proprio patrimonio culturale nazionale.

Così come da un punto di vista legislativo tale settore può considerarsi di competenza quasi esclusivamente interna, se non per aspetti che possono e devono essere coordinati a livello internazionale, anche a livello amministrativo evidentemente si riscontra la stessa difficoltà a livello statale nel delegare l’elaborazione di strumenti, documenti e procedure a un’istituzione sovranazionale. Urge, pertanto, un maggiore coordinamento da parte di organizzazioni internazionali sotto la veste degli strumenti amministrativi di soft law la quale, appunto, potrebbe assumere diverse forme che non andrebbero a interferire con l’autonomia politica e normativa del legislatore nazionale. Quest’ultimo, infatti, potrebbe beneficiare dalla conoscenza di best practices adottate in altri contesti e poi raccolte, elaborate e messe a disposizione da istituzioni internazionali, così come dallo scambio - sempre agevolato di dati, analisi e documenti di natura diversa. Tale predisposizione potrebbe avere il beneficio di permettere l’elaborazione di politiche pubbliche che siano maggiormente basate su evidenze tecnico-analitiche, oltre a facilitare e incoraggiare la produzione, nonché la messa a disposizione, di informazioni e dati che faciliterebbero una maggiore conoscenza e approfondimento della regolamentazione in materia da parte dei diversi attori interessati indicati sia quali  responsabili della produzione normativa e regolamentare quanto coloro che sono chiamati alla sua implementazione, sia  privati interessati a esportare un opera d’arte o un bene avente interesse culturale e gli studiosi della materia che intendono sviluppare studi, ricerche e analisi sul tema.[3]

 

[1] Avvocato, Consulente legale specializzato in Diritto amministrativo, Nel 2023 consulente giuridico legale a contratto – semplificazione amministrativa e qualità della Regolazione presso Dipartimento Riforme Istituzionali, Presidenza del Consiglio dei   Ministri.

[2] FULL JURISDICTION, ARTE, CULTURA. UN DISCUSSO CONFINE IN MOVIMENTO FULL JURISDICTION, ART, CULTURE.                A CONTROVERSIAL MOVING BORDER – in scritto di PIERPAOLO FORTE Professore ordinario di Diritto amministrativo presso l’Università degli Studi del Sannio di Benevento. Nonché tra moltissimi altri in un panorama di letteratura globale e multidisciplinare, si veda M. BOMBARDELLI, Semplificazione normativa e complessità del diritto amministrativo, in Dir. Pub, 2015, p. 985 e ss.; U. ALLEGRETTI, L'amministrazione dell'attuazione costituzionale alla democrazia partecipativa, Milano, 2009, specialmente p. 73 ss.; V. PIERGIGLI, Le regole della produzione normativa, Torino, 2012 etc.

[3] Anna Pirri Valentini, “Il diritto dei beni culturali” – Papers Convegno OGIPaC (27 maggio 2021). Verso una nuova governance nella circolazione internazionale dei beni culturali: contrastare la circolazione illecita con strumenti amministrativi e meccanismi di soft law idonei a regolarne l’esportazione, in Aedon Rivista di Arti e Diritto online, numero 2, 2021, issn 1127-1345; M. Graziadei e B. Pasa, Il mercato unico europeo e il patrimonio culturale: la protezione dei tesori nazionali in Europa, in A. Jakubowsi, K. Hausler, F. Fiorentini (a cura di), Cultural heritage in the European Union. A critical inquiry into law and policy, Brill Nijhoff, 2019.