Studi
Brevi riflessioni sul potere di ordinanza delle Autorità di Sistema Portuale.
di Laura Uccello Barretta.
Brevi riflessioni sul potere di ordinanza delle Autorità di Sistema Portuale
di Laura Uccello Barretta[1]
- Introduzione
L’obiettivo che si intende perseguire attraverso le osservazioni che seguono è quello di mettere in luce i connotati del potere di ordinanza, quale espressamente attribuito dalla legge n. 84/1994 alle Autorità Portuali (e, successivamente, confermato in capo alle Autorità di Sistema Portuale).
A tal fine, in prima battuta, si guarderà alla tradizionale prassi (spesso, ad avviso di chi scrive, distorta) del suo impiego e si cercherà di individuare, di quest’ultima, l’origine. Tale primo approfondimento rivelerà l’esistenza di due diversi “modelli” di ordinanza, difformi quanto a presupposti, natura e regime giuridico: l’uno, quello “tradizionale”, sul quale si fondano le teorizzazioni della dottrina amministrativistica consolidata; l’altro, quello che definiremo “settoriale”, imperniato attorno alle pertinenti disposizioni del Codice della Navigazione e configurato in capo al Comandante del Porto. Successivamente, attingendo alla giurisprudenza amministrativa più recente, la quale a sua volta si fonda su di un consolidato orientamento della Corte costituzionale, si cercherà di capire, invece, in presenza di quali presupposti, con quali caratteristiche e secondo quali procedure le Autorità Portuali dovrebbero esercitare tale potere, prendendo posizione in merito all’applicabilità dell’uno o dell’altro modello sopra indicati.
Tutto ciò, con la consapevolezza che le peculiarità del contesto portuale vanno a sommarsi, in questa materia, alle già numerose difficoltà e criticità sollevate dalla dottrina rispetto ad una potestà che “maggiormente di altre pone in crisi i principi e le teorie che sono comunemente accolte come spiegazione e sintesi del modo di porsi del nostro diritto obiettivo”[2]. E che, proprio per questo, è già di per sé connotata, a prescindere dallo specifico ambito di riferimento, in termini di specialità, eccezionalità, straordinarietà.
- Il potere di ordinanza nella legge n. 84/1994: uno sguardo all’evoluzione del diritto positivo
L’espressa attribuzione del potere di ordinanza in capo alle Autorità Portuali è avvenuta ad opera decreto legge 21 ottobre 1996, n. 535, che ha riscritto l’art. 6 comma 1 lett. a) della legge n. 84/1994 annoverando, tra i compiti delle AAPP, “indirizzo, indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo delle operazioni portuali di cui all'articolo 16, comma 1, e delle altre attività commerciali ed industriali esercitate nei porti, con poteri di regolamentazione e di ordinanza, anche in riferimento alla sicurezza rispetto a rischi di incidenti connessi a tali attività ed alle condizioni di igiene del lavoro in attuazione dell'articolo 24”[3].
Dagli atti del dibattito parlamentare prodromico all’approvazione della novella legislativa si possono trarre indicazioni, invero piuttosto scarne, sulle ragioni poste a supporto dell’introduzione di uno specifico potere di regolamentazione e di ordinanza, ravvisate nella necessità di “rendere efficace lo svolgimento delle funzioni attribuite”[4], senza alcuna ulteriore specificazione[5].
La disposizione è rimasta inalterata sino alla recente riforma realizzata con il d.lgs. n. 169/2016, con il quale, rimanendo la formulazione sostanzialmente immutata, la previsione circa l’attribuzione del potere di ordinanza alle Autorità di Sistema Portuale – ora sganciata da quella relativa al potere di regolamento – è stata spostata al comma 4 lett. a) del medesimo articolo 6[6], interamente riscritto.
- Il potere di ordinanza nella tradizione giuridica
Data la formulazione sintetica e scarna della previsione in analisi, occorre volgere lo sguardo all’ordinamento giuridico generale al fine di delineare i tratti essenziali del potere di ordinanza come individuati dalla giurisprudenza, sì da poter arricchire di contenuti la previsione normativa ed delinearne il regime giuridico applicabile.
Nel linguaggio giuridico tradizionale, l’espressione “ordinanza” viene utilizzata essenzialmente secondo due accezioni[7]: la prima è quella delle cc.dd. ordinanze ordinarie, che hanno la veste di un “ordine” ma che sono assimilabili a qualunque altro provvedimento amministrativo sotto il profilo della predeterminazione normativa dei contenuti (ad esempio, gli ordini di demolizione del Sindaco)[8]; la seconda, invece, che riveste maggiore interesse, anche per quanto qui interessa, è quella di atti non predeterminati legislativamente nel contenuto[9], dunque derogatori rispetto al principio di tipicità che connota l’attività provvedimentale, e per questo definibili come prodotto di un potere amministrativo extra ordinem[10] ma diversi dagli atti necessitati[11].
Si tratta, in ogni caso, sin dalle origini, di potere esercitati per fronteggiare situazioni di necessità ed urgenza.
Se nell’ordinamento pre-repubblicano essi erano stati variamente giustificati[12] ma comunque, soprattutto negli anni ’20 e ‘30, ammessi per mezzo di leggi autorizzatrici in assenza di veri e propri vincoli costituzionali[13], dal 1948 in poi i medesimi poteri dovettero confrontarsi con la presenza di una Costituzione rigida, la quale, tuttavia, non ha in alcun modo disciplinato i poteri di ordinanza della pubblica amministrazione ma si è limitata a prevedere, quali strumenti per la gestione delle emergenze, lo stato di guerra ex art. 78, lo scioglimento dei Consigli regionali ex art. 126 e i decreti legge ex art. 77.
Innanzi a tale silenzio, è stato dunque sollevato il tema della loro legittimità e, successivamente, del loro regime giuridico.
La Corte costituzionale, chiamata a valutare la compatibilità di tale strumento rispetto ad un quadro costituzionale, come accennato, silente, ne ha progressivamente delineato le condizioni di legittimità. Pur in presenza, in alcuni casi, di oscillazioni – o meglio, di assenza di una chiara presa di posizione[14] – in relazione alla natura giuridica delle ordinanze, rispetto alla quale tuttavia ha poi prevalso la tesi del valore amministrativo piuttosto che normativo, il Giudice delle Leggi, in relazione al potere di ordinanza prefettizio di cui all’art. 2 del TULPS, ha affermato che dovesse trattarsi di atti “strettamente limitati nel tempo e nell’ambito territoriale dell’ufficio stesso e vincolati ai presupposti dell’ordinamento” e che non dovessero confondersi “né con le leggi né con i decreti legge, che hanno altro carattere ed altri effetti” [15]. Affermava inoltre che non sussisteva alcuna violazione dell’art. 21 della Costituzione in quanto, comunque, l’indagine circa la carica lesiva di ciascuna ordinanza rispetto a tale previsione era di competenza, volta per volta, del giudice ordinario[16].
Pochi anni dopo[17], la Corte fu nuovamente investita di una quaestio legitimitatis relativa all’art. 2 TULPS, la quale fu l’occasione per “correggere” un’esegesi della norma, fornita dalla Suprema Corte di Cassazione, non rispettosa del quadro costituzionale. Quest’ultima, infatti, aveva sostenuto che la norma in questione conferisse al prefetto una sorta di “potere eccezionale di disporre temporaneamente di qualsiasi diritto dei cittadini”[18]: innanzi ad una tale affermazione, foriera di una discrezionalità potenzialmente sconfinata, che prescindeva dai vincoli costituzionali esistenti e che non era in grado di prevenire in alcun modo lo sconfinamento nel totale arbitrio, la Corte costituzionale specificò le affermazioni di pochi anni prima, confermando, in termini generali, la natura amministrativa e non legislativa delle ordinanze e la loro legittimità costituzionale a certe condizioni[19]. Nel dettaglio, puntualizzò due importanti principi: che le ordinanze non dovessero violare “i principi dell’ordinamento” e che esse potessero essere emanate esclusivamente in assenza di riserva di legge assoluta. Nel far ciò, questa volta dichiarò incostituzionale l’art. 2 del TULPS nella parte in cui “attribuisce ai Prefetti il potere di emettere ordinanze senza il rispetto dei principi dell’ordinamento giuridico”, proprio perché tale circostanza avrebbe reso possibile, come già dimostrato dalla prassi venuta in evidenza nelle SSUU della Cassazione, qualsiasi violazione dei diritti dei cittadini.
Successivamente, con ulteriori pronunzie[20], si è venuto a consolidare lo “statuto” – per così dire – delle ordinanze di necessità e urgenza, ripreso poi dal Giudice amministrativo nella valutazione della legittimità dei singoli atti adottati dalle autorità amministrative. Il disegno costituzionale che ne è emerso ha delineato le ordinanze come atti che non innovano il diritto oggettivo, che possono eccezionalmente e temporaneamente derogare alla legge nelle materie in cui non vi sia riserva di legge assoluta ma mai abrogare la fonte primaria; che non possono violare i precetti costituzionali né i principi giuridici dell’ordinamento; che possono essere adottate solo in presenza di una legge che autorizzi l’autorità amministrativa a far ciò, la quale, pur senza disciplinare i contenuti specifici dell’atto, ne indichi i presupposti, la materia, la finalità e l’autorità amministrativa deputata; che devono essere adeguate alla situazione di fatto (o meglio, rispettare il principio di proporzionalità[21]).
- La prassi dell’uso dell’ordinanza nei porti italiani: alla ricerca delle sue origini
Guardando complessivamente alle fattispecie per le quali le Autorità Portuali, sin dalla loro istituzione, hanno impiegato lo strumento dell’ordinanza, emerge una prassi che mal si concilia con i connotati che di tale atto sono stati delineati più in alto.
Viene infatti in evidenza come, sovente, gli enti portuali istituiti nel 1994 abbiano regolato attraverso l’ordinanza situazioni tutt’altro che di emergenza e temporanee, dettando previsioni, in relazione a variegate fattispecie, destinate ad un’applicazione generalizzata, stabile e ripetuta nel tempo.
Senza alcuna pretesa di esaustività ma soltanto a titolo esemplificativo, si riportano di seguito i contenuti di alcune ordinanze, selezionate a campione, sì da conferire concretezza a quanto appena affermato e delineare, nell’ambito del presente approfondimento, il punto di partenza fattuale delle riflessioni giuridiche che saranno successivamente svolte.
Un primo filone di ordinanze concerne l’adozione di atti di regolamentazione generale in materia, per esempio, di operazioni portuali, servizi portuali, lavoro portuale, accosti pubblici.
L’Autorità Portuale di Ancona ha regolamentato, attraverso ordinanza, le operazioni portuali e i servizi portuali presso il proprio porto; o meglio, tramite ordinanza, ha “approvato e reso esecutivo” l’allegato “Regolamento per l’esercizio delle operazioni portuali e dei servizi portuali nel Porto di Ancona”[22], il quale riporta una serie di regole, sostanziali e procedurali, applicabili stabilmente a questo tipo di attività economiche.
Analogamente, l’Autorità Portuale di Venezia ha adottato con ordinanza il “Regolamento per la fornitura di lavoro portuale temporaneo nel Porto di Venezia”[23] così come l’Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sardegna ha, più recentemente, approvato, con il medesimo strumento, il “Regolamento degli accosti delle navi da crociera nel Porto di Cagliari”[24], nel quale addirittura si delineano le regole per la programmazione degli accosti delle navi da crociera, ossia un’attività di lungo termine, antitetica rispetto alla gestione emergenziale.
In talune occasioni, inoltre, sono state dettate disposizioni anche per la disciplina ordinaria e stabile di altre attività, quali, ad esempio, la gestione della rottura dei cavi di ormeggio delle navi[25], le comunicazioni di infortuni e incidenti sul lavoro in ambito portuale[26] o, ancora, le tasse di ancoraggio[27].
Un secondo filone di ordinanze, invece, riguarda l’approvazione delle tariffe di servizi di interesse generale resi nell’ambito portuale e, più in generale, la regolamentazione di questi ultimi.
L’Autorità di Sistema Portuale del Mar Adriatico Meridionale, per esempio, ha recentemente adottato un’ordinanza relativa a “Porto di Brindisi. Rifornimento idrico alle navi. Affidamento del servizio in concessione alla società SIR s.p.a. di Brindisi. Tariffe da applicare all’utenza”[28], la quale, dopo aver recepito gli esiti della procedura negoziata celebrata per l’individuazione dell’impresa concessionaria del servizio, delinea le tariffe da questo applicabili ordinariamente.
In modo del tutto sovrapponibile, l’Autorità Portuale di Livorno ha adottato un’ordinanza per l’approvazione delle tariffe per il servizio di raccolta dei rifiuti in porto, unitamente all’approvazione del relativo regolamento[29], il quale, tra l’altro, similmente a quanto realizzato anche in altri porti[30], costituisce punto di intersezione tra le ordinanze del “primo filone” e quelle del “secondo filone”, includendo anche una porzione di tipo regolatorio.
Oltre a queste due tipologie, la prassi vede anche ordinanze con contenuti destinati ad un’applicazione più episodica, quali, per esempio, ordinanze di interdizione dall’accesso o dall’utilizzo di aree portuali per ragioni di sicurezza o per lo svolgimento di attività prioritarie[31] oppure di autorizzazione alla celebrazione, in zone portuali, di manifestazioni di varia natura, con indicazione delle relative regole[32].
La prassi sopra descritta presenta, anche ad uno primo sguardo, rilevanti disomogeneità rispetto alla ricostruzione dei connotati del potere di ordinanza delineati nel paragrafo precedente. Essa, infatti, complessivamente valutata, restituisce l’immagine di un potere di ordinanza destinato alla regolamentazione stabile di determinate situazioni, con una valenza generale e astratta che si pone agli antipodi degli interventi atipici, di urgenza e derogatori rispetto alla normativa vigente delineati dalla Corte costituzionale.
La volontà di comprendere le origini di un siffatto impiego di tale strumento, che non trova alcun riferimento esplicito nella legge n. 84/1994, ha condotto la presente indagine tra le trame del Codice della Navigazione, in particolare all’art. 59[33] del suo Regolamento di esecuzione[34], il quale, rubricato “Ordinanza di polizia marittima”, reca una corposa casistica di ipotesi nelle quali il capo del circondario marittimo può adottare, in relazione ai porti e alle altre zone demaniali marittime e di mare territoriale incluse nella sua circoscrizione, proprie ordinanze; con la previsione, tra l’altro, di una clausola di chiusura dal tenore piuttosto generale, che dispone che l’ordinanza possa operare per “tutto quanto concerne la polizia e la sicurezza dei porti, nonché le varie attività che si esercitano nei porti e nelle altre zone comprese nella circoscrizione”[35].
Balza allo sguardo del lettore come, tra le categorie annoverate dalla richiamata norma, ve ne siano alcune che, in qualche misura, riecheggiano esplicitamente le fattispecie che si ritrovano nella prassi attuale sopra descritta, quali, ad esempio, la regolamentazione degli accosti o la fissazione delle tariffe dei servizi, e, altresì, come certamente tutte le ordinanze adottate negli ultimi anni dalle autorità portuali siano quantomeno riconducibili alla clausola generale appena richiamata.
Se, da un lato, tali assonanze possano essere agevolmente spiegate sotto il profilo storico, considerando le molte delle competenze e funzioni oggi spettanti alle autorità di sistema portuale (o, comunque, alle autorità portuali) appartenevano, prima del 1994, proprio al Corpo delle Capitaneria di Porto, d’altro canto occorre soffermarsi ad analizzare le caratteristiche proprie delle ordinanze del capo del circondario marittimo e, soprattutto, verificare quali conseguenze possano trarsi dalla mancata riproposizione, ad opera del legislatore del 1994, di una norma analoga all’art. 59 nella legge sui porti.
La (scarna ed invero risalente) giurisprudenza[36] relativa ai connotati del potere di ordinanza di cui all’art. 59 del Regolamento di esecuzione al Codice della Navigazione pone bene in evidenza, di questi ultimi, la radicale divergenza rispetto a quelli delineati dalla Corte costituzionale in relazione al potere di ordinanza inteso come strumento di necessità ed urgenza, in termini tanto di presupposti che di natura e di contenuto. Ciò a significare che si tratta di due istituti completamente differenti.
Il quadro emergente dalla menzionata giurisprudenza, infatti, ha ravvisato nelle ordinanze ex art. 59 veri e propri atti normativi, aventi rango secondario, adottabili per disciplinare ordinariamente le fattispecie previste dal diritto positivo, non assoggettate ad alcun obbligo di motivazione[37]. In altri termini, veri e propri atti normativi, contenenti regole generali e astratte[38].
Questi tre elementi – la natura indubbiamente normativa, la connotazione come strumenti ordinari e l’esclusione dall’obbligo di motivazione – segnano in modo indelebile la distanza tra le due figure di ordinanza poiché pongono l’ordinanza del comandante del porto all’estremo opposto di quanto statuito dalla Corte costituzionale in merito alle ordinanze di necessità ed urgenza; le quali, come si è visto, sono atti amministrativi, possono essere adottati solo in caso di emergenza e, soprattutto, ravvisano nell’impianto motivazionale che le sostiene il loro principale banco di prova in termini di legittimità. A tacere del fatto che l’elencazione di cui all’art 59 vale ad affievolire l’elemento dell’atipicità, quantomeno in relazione ai presupposti.
Occorre dunque valutare se, e in che limiti, sia giustificabile (e, dunque, legittimo) che le autorità portuali impieghino lo strumento dell’ordinanza declinandolo, almeno apparentemente, secondo le indicazioni di una norma dettata per il comandante del porto, in presenza di una scarna disposizione della legge n. 84/1994, che non fornisce indicazioni in tal senso (il già menzionato art. 6 comma 4 lett. a)).
In termini analoghi, occorre dunque comprendere se tale ultima previsione debba essere o meno letta quale species del potere di ordinanza di cui alla giurisprudenza costituzionale, e dunque confinata alla regolamentazione delle situazioni di urgenza e necessità, oppure possa essere valorizzata quale fondamento di un potere di ordinanza contiguo a quello previsto dalla legislazione della navigazione.
Per riprendere quanto abbozzato nell’introduzione, dunque, occorre capire se essa faccia capo al “modello tradizionale” oppure al “modello settoriale”.
- Riflessioni sull’interpretazione del potere di ordinanza di cui alla legge n. 84/1994
Considerata la vigenza di uno stringente principio di legalità in materia di ordinanze, tale per cui l’esercizio di tale potere da parte di una amministrazione pubblica è legittimo nella misura in cui esso sia espressamente attribuito dalla legge e, comunque, limitatamente a quanto da quest’ultima previsto, non si ritiene che il potere assegnato alle Autorità Portuali dalla legge n. 84/1994 possa delinearsi alla stessa stregua di quello disciplinato nel Regolamento di esecuzione al Codice della Navigazione.
Tale affermazione risulta supportata da varie argomentazioni.
In primo luogo, non va taciuto che il legislatore del 1994 (così come quello riformatore del 2016) ben avrebbe potuto introdurre nella legge sui porti, se avesse voluto dotare le autorità portuali di un simile strumento, una previsione normativa analoga all’art. 59 più volte citato. Tuttavia, ciò non è accaduto.
In aggiunta, si reputa che tale circostanza non possa in alcun modo ascriversi ad una mera “dimenticanza” legislativa in quanto, eventualmente, ciò si sarebbe tradotto in una totale assenza di ogni riferimento, nel testo della legge, all’istituto dell’ordinanza. Laddove, invece, un cenno vi sia (come, infatti, c’è), non si ritiene condivisibile presumere che il legislatore abbia voluto riproporre l’ordinanza di cui all’art. 59 del Regolamento, delineandola, però, diversamente.
Tale impostazione normativa sembra, invero, frutto di una precisa scelta legislativa.
In secondo luogo, non bisogna dimenticare come l’esigenza di regolamentare in modo stabile e generalizzato alcune attività (come, ad esempio, le operazioni portuali o i servizi di interesse generale) potesse essere soddisfatta attraverso l’adozione di veri e propri regolamenti. E’ senza dubbio vero che, sino al 2016, la legge non contemplava l’esistenza di una vera e propria potestà regolamentare in capo alle autorità portuali; tuttavia, a tale carenza si suppliva attraverso l’esercizio di una sorta di potere regolamentare implicito che poggiava sulla tradizionale impostazione – fatta propria anche dalla giurisprudenza - che riconosce, a fronte del potere/dovere di una pubblica amministrazione di disciplinare situazioni concrete, anche il potere di adottare la relativa regola juris, cristallizzandola in un atto dalla portata generale e astratta, che segua il regime giuridico dei relativi provvedimenti amministrativi[39].
Inoltre, occorre valorizzare due ulteriori circostanze.
In primis, non si ritiene possibile, in assenza di esplicite indicazioni in tal senso, considerare il potere di ordinanza di cui all’art. 6 della legge n. 84/1994 quale potere di natura normativa, similmente a quanto previsto in relazione al comandante del porto. Si tratterebbe, infatti, di un’attribuzione di rilevantissima estensione ma contestualmente, scarsamente delineata dal legislatore, non coerente con il principio di legalità vigente in relazione al sistema delle fonti normative nazionali.
Altresì, il riferimento legislativo, operato a titolo esemplificativo, alle esigenze di sicurezza e di igiene sul lavoro sembra connotare il potere di ordinanza in termini di urgenza, dettagliando proprio due ipotesi nelle quali il mancato tempestivo intervento del soggetto pubblico potrebbe pregiudicare l’incolumità o l’integrità fisica dell’utenza.
Tale connotazione funzionale alla gestione delle situazioni di urgenza – dunque, maggiormente affine alle caratteristiche dell’ordinanza che si è denominata “tradizionale” piuttosto che di quella “settoriale” – è stata fatta propria anche dalla giurisprudenza amministrativa, la quale ha sostanzialmente affermato, in relazione ad una fattispecie concreta, che è legittimo l’esercizio di un potere di ordinanza da parte del Presidente dell’autorità portuale, che non rispetti le norme della legge n. 84/1994 ordinariamente applicabili né il piano regolatore portuale, quando ciò sia funzionale a fronteggiare una situazione di emergenza mediante il rilascio di titoli provvisori[40].
Tutte le argomentazioni sopra riportate inducono a ritenere che il potere di ordinanza di cui alla legge portuale sia, più propriamente, ascrivibile al generale potere amministrativo di necessità e urgenza piuttosto che al potere normativo di ordinanza del comandante del porto.
La corretta individuazione della sua natura, tuttavia, non esaurisce le criticità che la scarna previsione normativa esprime. Infatti, proprio a proposito della sua formulazione, occorre svolgere alcune conclusive osservazioni critiche.
- De iure condendo
Se, come sostenuto sinora, l’art. 6 comma 4 lett. a), nella parte relativa all’attribuzione del potere di ordinanza, deve essere letto quale species rispetto al modello delineato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, non si può evitare di rilevare alcune criticità nella sua disciplina positiva, sia di natura sostanziale che di natura procedurale, rispetto alle quali si reputa opportuno un breve cenno in chiusura di queste riflessioni.
Sotto il profilo sostanziale, balza agli occhi, come già più volte rimarcato, la sinteticità del disposto normativo. In tal senso, pare si possa rilevare un elemento di frizione rispetto alla giurisprudenza della Corte costituzionale che ha delineato i requisiti di legittimità delle norme che attribuiscono poteri di ordinanza: infatti, il Giudice delle leggi ha specificato, tra l’altro, come ricordato più in alto, che pur senza riportare i contenuti specifici che l’ordinanza può assumere, la legge deve comunque indicare i presupposti, la materia, la finalità del potere di ordinanza.
Se è vero che alcuni requisiti di legittimità, come ad esempio, l’obbligo di motivazione, possono essere desunti in via interpretativa e conseguentemente applicati anche in assenza di specifica indicazione normativa, è altresì vero che la disposizione contenuta nella legge sui porti, sotto il profilo dei presupposti e delle materie dell’ordinanza, si limita ad elencare esemplificativamente alcune circostanze che possono legittimare l’esercizio di tale potere. Tale scarna indicazione legislativa non sembra sufficiente ad integrare quanto previsto dalla Corte costituzionale, per cui parrebbe utile, de iure condendo, una sua specificazione, senza che ciò comprometta il suo connotato di atipicità.
Sotto il profilo procedurale, viene in evidenza l’incerto significato da attribuire alla disposizione di cui all’art. 8 comma 3 lett. p), nella parte in cui prevede che il presidente possa disporre dei poteri di ordinanza “informando, nella prima riunione utile, il Comitato di Gestione”. Non si comprende, infatti, quale ruolo il legislatore abbia voluto riservare al Comitato di Gestione, non essendo prevista alcuna possibilità di attivazione di quest’ultimo – per esempio nel caso in cui il potere di ordinanza fosse ritenuto dall’organo collegiale illegittimamente esercitato – ma essendogli riconosciuto solo un ruolo di passivo destinatario di una mera comunicazione. Anche in relazione a questo aspetto, potrebbe essere opportuno valutare una revisione nel senso di chiarire se non sia preferibile attribuire in capo ad esso un potere attivo oppure specificare, nel caso in cui il suo ruolo debba rimanere meramente passivo, quale finalità possa assumere detto obbligo di comunicazione, affinché non si traduca in un adempimento del tutto sterile.
NOTE:
[1] Dottoressa di ricerca in Scienze Giuridiche presso l’Università di Pisa e funzionaria presso l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Settentrionale. Le opinioni espresse rappresentano il pensiero dell’Autore e non impegnano l’Amministrazione di appartenenza.
[2] In questi termini si esprime la monografia di CAVALLO PERIN R., Potere di ordinanza e principio di legalità. Le ordinanze amministrative di necessità e urgenza, Milano, Giuffré, 1990, p.1.
[3] La formulazione originaria affidava alle AAPP i compiti di “indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo delle operazioni portuali, di cui all'articolo 16, comma 1, e delle altre attività esercitate nell'ambito portuale, anche in riferimento alla sicurezza rispetto ai rischi di incidenti connessi a tali attività” (legge n. 84/1994, art. 6 comma 1 lett. a)).
[4] In Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, n. 2516/1996 – XIII Legislatura, Disegni di Legge e Relazioni, Documenti, pag. 6, reperibile su www.camera.it
[5] Puntualizzano, invece, i deputati che la ragione più generale della riforma dell’intero art. 6 comma 1 lett. a) deve essere rinvenuta nella volontà di “definire le competenze dell’autorità portuale rispetto a quelle dell’autorità marittima individuando esattamente quelle che rientrano nella competenza dell’autorità portuale”.
[6] La nuova formulazione dell’art. 6 comma 4 lett. a) legge n. 84/1994 recita che alle AdSP sono attribuiti i seguenti compiti “a) indirizzo, programmazione, coordinamento, regolazione, promozione e controllo, anche mediante gli uffici territoriali portuali secondo quanto previsto all'articolo 6-bis, comma 1, lettera c), delle operazioni e dei servizi portuali, delle attività autorizzatorie e concessorie di cui agli articoli 16, 17 e 18 e delle altre attività commerciali ed industriali esercitate nei porti e nelle circoscrizioni territoriali. All'autorità di sistema portuale sono, altresì, conferiti poteri di ordinanza, anche in riferimento alla sicurezza rispetto a rischi di incidenti connessi alle attività e alle condizioni di igiene sul lavoro ai sensi dell'articolo 24;”.
[7] In passato, se ne conosceva anche un terzo, riferito ad atti del sovrano anche di natura normativa. Sul punto, MORRONE A., Le ordinanze di necessità e urgenza, tra storia e diritto, in VIGNUDELLI A. (a cura di), Istituzioni e dinamiche del diritto. I confini mobili della separazione dei poteri. Milano, 2009, pp. 133 e ss..
[8] Sul punto, CAVALLO B., Ordine e ordinanza nel diritto amministrativo, in Dig. Disc. Pubbl., X, Torino, 1995, pp. 435 e ss..
[9] RESCIGNO G.U., Ordinanze e provvedimenti di necessità ed urgenza, in Nov.mo dig. It., XII, Torino, 1965, p. 91.
[10] In questi termini, tra gli altri, BARTOLOMEI F., Ordinanza, dir. amm., in Enc. dir., XXX, Milano, 1980, p. 976.
[11] Sugli atti necessitati, si veda GIANNINI M.S., Potere di ordinanza e atti necessitati, in Giur. Compl. Cass. civ., 1949, pp. 949 e ss.
[12] Si consideri che, nel periodo statutario, al netto delle ipotesi nelle quali le situazioni di emergenza venivano gestite per mezzo della dichiarazione dello stato di assedio (sul punto, MOTZO G., Assedio, Stato di, in Enc. Dir., III, Milano, 1950, pp. 250 e ss.), in situazioni emergenziali il Governo emanava ordinanze, per lo più a contenuto normativo, che successivamente venivano ratificate dal Parlamento. In merito alla giustificazione giuridica dell’esercizio di tali poteri, vi erano due orientamenti. Una prima linea interpretativa mirava a valorizzare istituti estranei al diritto pubblico, quali la legittima difesa o lo stato di necessità (sul punto, RANELLETTI O., La polizia di sicurezza, in Trattato Orlando, IV, Milano, 1904, pp. 1201 e ss.). Una seconda, invece, ne aveva individuato il fondamento nell’elemento fattuale della “necessità”, inquadrato a questi fini quale fonte del diritto (in questo senso, per esempio, MIELE G., Le situazioni di necessità dello Stato, in Arch. Dir. pubbl., 1936, pp. 377 e ss.).
[13] Si pensi al Testo Unico di pubblica sicurezza R.D. 18 giugno 1931, n. 773, in relazione al potere di ordinanza prefettizio.
[14] In questo senso, Corte costituzionale, 4 gennaio 1977, n. 4, nella quale compare l’affermazione che le ordinanze “anche se e quando (eventualmente) normative, […]” non possono considerarsi fonti dell’ordinamento giuridico.
[15] Così, Corte costituzionale, 2 luglio 1956, n. 8. In dottrina, CRISAFULLI V., Ordinanze di necessità, interpretazione della Corte e sindacato del giudice comune, in Giur. It., 1956, n. 1, pp. 863 e ss così come NUVOLONE P., Appunti e spunti tra precetti e sanzioni, in Riv. it. dir. pen., 1956, pp. 441 e ss e TREVES G., La costituzionalità dei provvedimenti amministrativi di necessità e urgenza, in Giur.cost., 1956, pp. 994 e ss..
[16] L’art. 21 Costituzione veniva in rilievo in quanto l’ordinanza alla base del giudizio di costituzionalità era stata adottata per regolare lo “strillonaggio dei giornali nelle pubbliche vie e la vendita degli stessi a domicilio” al fine, sostanzialmente, di contrastare la diffusione della rivista “L’Unità”.
[17] Corte costituzionale, 16 febbraio 1961, n. 26. In dottrina, CRISAFULLI V., Il ritorno dell’art. 2 della legge di p.s. dinanzi alla Corte costituzionale, in Giur. cost., 1961, pp. 886 e ss.; FASO I., Ancora in tema di legittimità costituzionale dell’art. 2 del T.U.L.P.S., in Giu. sic., 1962, pp. 155 e ss.; GRANATA L., Sulla dichiarata illegittimità costituzionale dell’art. 2 della legge di pubblica sicurezza, in Riv. pen., 1961, parte II, pp. 659 e ss; LAVAGNA C., Sull’illegittimità costituzionale dell’art. 2 T.U.L.P.S. come testo legislativo, in Giur. cost., 1961, pp. 898 e ss.; SCUDIERO M., In tema di ordinanze prefettizie ex art. 2 T.U.L.P.S.e libertà costituzionale, in Rass. dir. pubbl., 1961, pp. 379 e ss.; MONTESANO L., I provvedimenti prefettizi di urgenza ed il giudice costituzionale sui “testi legislativi ambigui”, in Giur. it., 1961, pp. 1283.
[18] In questi termini, Corte di Cassazione, SSUU, 16 giugno 1958, n. 2068.
[19] Al fine di argomentare in merito alla legittimità costituzionale del potere di ordinanza, la Corte costituzionale valorizzò il fatto che l’art. 2 TULPS fosse stato richiamato nello Statuto del Trentino-Alto Adige, il quale fu emanato dall’Assemblea Costituente (ed ha, perciò, come tutti gli Statuti delle Regioni a Statuto Speciale, valore di legge costituzionale). Ciò significava, secondo la Corte, che i Costituenti ne avessero valutato la compatibilità con il nuovo tessuto costituzionale.
[20] Si richiamano, in tal senso, Corte costituzionale 4 gennaio 1971, n. 4 nonché Corte costituzionale 28 maggio 1987, n. 201. In relazione a quest’ultima, per un commento, ANGIOLINI V., Urgente necessità ed emergenza: la Corte costituzionale ci ripensa?, in Le Regioni, 1987, pp. 1571 e ss.; CAVALLO PERIN R., La tutela dell’ambiente: nuove norme attributive del potere di ordinanza, in Foro it., 1988, n. 12, parte I, pp. 3538.
[21] Specificamente, sul principio di proporzionalità, Corte costituzionale, 14 aprile 1995, n. 127. In merito, MALO M., Il potere di ordinanza in materia di protezione civile al vaglio della Corte costituzionale, in Le Regioni, 1995, n. 6, pp. 1176 e ss.; MARAZZITA G., Le ordinanze di necessità dopo la legge n. 225 del 1992 (Riflessioni a margine di Corte cost. n. 127 del 1995), in Giur. cost., 1995, pp. 505 e ss.; RESCIGNO G.U., Sviluppi e problemi nuovi in materia di ordinanze di necessità e urgenza e altre questioni in materia di protezione civile alla luce della sentenza n. 127 del 1995, in Giur. cost., 1995, pp. 2185 e ss..
[22] Ordinanza del Presidente dell’Autorità Portuale di Ancona del 13 gennaio 2016, n. 1, reperibile su www.porto.ancona.it/files/ordinanze/2016/Ordinanza_n.1_2016.pdf
[23] Ordinanza del Presidente dell’Autorità Portuale di Venezia del 30 aprile 2012, n. 365, reperibile su www.port.venice.it/files/document/ordinanze/2012/120514apvordinanza365.pdf
[24] Ordinanza del Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sardegna del 14 novembre 2019, n. 42, reperibile su http://www.adspmaredisardegna.it/wp-content/uploads/AllegatiAttiAlboPretorio/Ordinanza-42-2019.pdf
[25] Si veda, a tal proposito, l’Ordinanza del Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Settentrionale del 6 settembre 2019, n. 7, reperibile su https://www.portialtotirreno.it/wp-content/uploads/ordinanze/2019/presidente/Ordinanza_007.pdf
[26] Ordinanza del Commissario Straordinario dell’Autorità Portuale di Gioia Tauro del 21 novembre 2018, n. 18, reperibile su www.portodigioiatauro.it/files/upload/PortaleAlboPretorioDocumento/allegati/ordinanza%2018%202018.pdf
[27] Ordinanza del Commissario Straordinario dell’Autorità Portuale di Gioia Tauro del 17 dicembre 2018, n. 19, reperibile su www.portodigioiatauro.it/files/upload/PortaleAlboPretorioDocumento/allegati/ordinanza%2019%202018.pdf
[28] Ordinanza del Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Adriatico Meridionale del 18 giugno 2020, n. 14, reperibile su www.aplevante.etrasparenza.it/contenuto9596_ordinanze_851.html
[29] Ordinanza del Presidente dell’Autorità Portuale di Livorno del 18 giugno 2014, n. 14, reperibile su www.portialtotirreno.it/wp-content/uploads/2018/03/ORD-Ordinanza_n_14_del_18_06_2014.pdf
[30] Si veda, per esempio, l’Ordinanza del Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale del 15 luglio 2019, n. 34, sempre in materia di raccolta rifiuti, reperibile su www.adsptirrenocentrale.it/wp-content/uploads/2019/07/Ordinanza-n.-34-del-15.07.2019.pdf
[31] Tra di esse, l’Ordinanza del Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale del giorno 11 ottobre 2019, n. 10 per la “interdizione di porzione della banchina n. 12 pubblica del bacino portuale di Savona”, reperibile su www.servizi.porto.genova.it/area_informativa/ordinanze/dettaglio.aspx?id=835307 o l’Ordinanza del Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar di Sicilia Orientale del 21 novembre 2019, n. 10 relativa a “interdizione all’accesso nonché a qualunque altra attività nelle vicinanze dell’area oggetto di operazioni da parte della Marina Militare”, reperibile su www.adspmaresiciliaorientale.it/porto-di-augusta/ordinanze/
[32] E’ il caso, per esempio, dell’Ordinanza del Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale del giorno 8 aprile 2019, n. 3, relativa all’autorizzazione all’accesso degli atleti della mezza maratona di Genova a porzioni dell’ambito portuale con individuazione delle relative regole di sicurezza, reperibile su www.servizi.porto.genova.it/area_informativa/ordinanze/dettaglio.aspx?id=813668 o, ancora, dell’Ordinanza del Commissario Straordinario dell’Autorità Portuale di Napoli del giorno 24 settembre 2015, n. 14, relativa all’utilizzo di una porzione della Stazione Marittima per una manifestazione canora, reperibile su www.porto.napoli.it/ordinanza-a-p-n-14-del-24-09-2015/
[33] L’art. 59 del d.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328 recita: “A norma degli articoli 30, 62 e 81 dal codice il capo di circondario per i porti e per le altre zone demaniali marittime e di mare territoriale della sua circoscrizione, in cui sia ritenuto necessario, regola con propria ordinanza pubblicata nell'albo dell'ufficio: 1) la ripartizione degli spazi acquei per lo stazionamento delle navi dei galleggianti e degli idrovolanti; 2) la destinazione delle calate, dei moli e degli altri punti di accosto allo sbarco e all'imbarco dei passeggeri, al carico e allo scarico delle merci; 3) i turni di accosto delle navi e dei galleggianti; 4) il servizio delle zavorre; 5) la destinazione di determinate zone alla costruzione, all'allestimento, alla riparazione, alla demolizione, al carenaggio e all'alaggio delle navi e dei galleggianti 6) il trasporto di persone a mezzo di imbarcazioni; 7) l'uso delle boe, dei gavitelli, dei catenari e degli altri mezzi destinati all'ormeggio delle navi e dei galleggianti; 8) l'imbarco, lo sbarco e la custodia delle merci di natura pericolosa; 9) l'entrata e l'uscita delle navi e dei galleggianti, l'ammaraggio e la partenza degli idrovolanti; 10) in generale, tutto quanto concerne la polizia e la sicurezza dei porti, nonché le varie attività che si esercitano nei porti e nelle altre zone comprese nella circoscrizione. Il capo di circondario, salvo che sia diversamente stabilito, determina altresì per i porti e per le altre zone comprese nella sua circoscrizione, in cui sia ritenuto necessario, le tariffe dei servizi.”
[34] Si tratta del d.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328.
[35] Si noti, per completezza, che l’ordinamento giuridico conosce anche un’altra species di ordinanza, di contenuto non legislativamente predeterminato, nell’ambito della c.d. legge di guerra, la quale tuttavia trova applicazione soltanto nelle situazioni di guerra deliberata e dichiarata secondo le regole previste dalla Carta costituzionale. Tale contesto, invero, appare comunque degno di menzione in relazione al fatto che l’ordinanza è disciplinata come strumento di normazione ordinaria in contrapposizione ai bandi militari, che invece sono connotati in termini di necessità e urgenza. Sui bandi militari, ed in particolare sul loro valore giuridico, si vedano PALADIN L., Le fonti del diritto italiano, Bologna, 1996, pp. 229 e ss. nonché CARBONE, Bandi militari, in Enc. dir., Milano, 1959, V, pp. 49 e ss.
[36] In relazione al potere di ordinanza del comandante del porto, può essere richiamata Consiglio di Stato, sez. VI, 27 ottobre 1970, n. 693, in Riv. dir. nav., 1971, II, pp. 299 e ss.; Consiglio di Stato, sez. VI, 22 ottobre 1958, n. 789 in Cons. Stato, 1958, I, pp. 1175 e ss.; Consiglio di Stato, sez. V, 5 dicembre 1958, n. 925 in Cons. Stato, 1958, I, pp. 1467 e ss.; Consiglio di Stato, sez. VI, 20 gennaio 1970, n. 23, in Cons. Stato, 1970, I, pp. 106 e ss.. Con specifico riferimento all’esclusione dell’obbligo di motivazione, Consiglio di Stato, sez. VI, 13 giugno 1995, n. 583 in Dir. trasp., 1997, pp. 119 e ss. con nota di ROSAFIO, Sulla natura delle ordinanze del comandante del porto.
[37] Sul punto, LEFEBRE – D’OVIDIO, Manuale di diritto della navigazione, Milano, Giuffré, 2011, pp. 137 e ss.
[38] In merito – ed anche, più in generale, in relazione ai compiti delle Capitanerie di Porto – si veda, tra gli altri, POLI V. – TENORE V. (a cura di), L’ordinamento militare, vol. I, Milano, Giuffré, 2006, pp. 226 e ss.
[39] Tale impostazione è stata seguita dal TAR Toscana, 19 maggio 2010, n. 1501, la quale ha annullato per vizio di incompetenza il” Regolamento d’uso delle aree demaniali marittime del porto di Livorno” poiché, pur riportando la disciplina delle concessioni sia infra-quadriennali (la cui delibera compete al Presidente) sia ultra-quadriennali (la cui delibera compete Comitato Portuale), era stato approvato esclusivamente dal Presidente e non anche dal Comitato Portuale.
[40] Si tratta di TAR Liguria, Genova, sez. I, 14 gennaio 2016, n. 37, nella quale, rispetto ad un improvviso aumento di traffici presso lo scalo portuale, il giudice amministrativo ha affermato che il Presidente dell'Autorità Portuale è abilitato ad emettere ordinanze ad efficacia provvisoria che si rendano necessarie per fare fronte alla mole di lavorio che si riversi improvvisamente sul porto a causa del dirottamento su tale porto di traffici in precedenza diretti ad altri porti e che le ordinanze ad efficacia provvisoria emesse per fronteggiare temporaneamente esigenze improvvisamente sopravvenute del porto, senza attribuzione di titoli definitivi, non ricadono nell'ambito di applicazione degli artt. 16 e 18 della legge n. 84/1994 e non necessitano dell'esperimento di gara pubblica, né devono conformarsi al Piano Regolatore Portuale, che potrà eventualmente essere modificato in relazione a tali sopravvenute esigenze. Per un commento, si veda MOZZATI A., Ordinanze ad efficacia provvisoria e poteri del Presidente dell’Autorità Portuale, in Dir. Maritt., 2016, III, pp. 602 e ss.