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Anno XVI - n. 05 - Maggio 2024

  Giurisprudenza Amministrativa



Alla Consulta la disciplina della revoca automatica della patente di guida per coloro che sono sottoposti a misure di prevenzione.

Di Antonello Fiori.
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NOTA A TAR MARCHE - ANCONA,

SEZIONE PRIMA - ORDINANZA 27 MAGGIO 2019, N. 356

 

Alla Consulta la disciplina della revoca automatica della patente di guida per coloro che sono sottoposti a misure di prevenzione

 

Di ANTONELLO FIORI

 

  1. Con la recente ordinanza depositata lo scorso 27 maggio 2019, n. 356, il Tribunale Amministrativo Regionale delle Marche (Sezione Prima) torna ad interrogare la Consulta, dichiarando rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), per contrasto con gli articoli 3, 4, 16 e 35 della Costituzione, nella parte in cui dispone che il prefetto “provvede” - invece che “può provvedere” - alla revoca della patente di guida nei confronti di coloro che sono stati sottoposti a misure di prevenzione ai sensi del d.lgs. n. 159 del 2011.

 

  1. Al fine di poter dare conto del percorso argomentativo seguito dai giudici amministrativi nell’ordinanza in oggetto, si riportano, in estrema sintesi, i fatti oggetto della specifica vicenda processuale.

Il Tribunale di Ancona (Ufficio Misure di prevenzione) disponeva che al ricorrente venisse applicata, ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza. In conseguenza di ciò, la Prefettura di Fermo decretava la revoca della patente di guida nei confronti del sottoposto alla misura di prevenzione, in conformità all’art. 120, commi 1 e 2, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (c.d.s.). 

La suddetta disposizione, infatti, tra i «requisiti morali» ostativi al rilascio della patente di guida prevede, tra l’altro, la sottoposizione a misure di prevenzione, statuendo che, in caso di sopravvenuta applicazione delle stesse rispetto alla data di rilascio del titolo di abilitazione alla guida[1], il Prefetto provvede alla revoca amministrativa della patente[2].

Il provvedimento prefettizio de quo costituisce, pertanto, un atto dovuto nel concorso delle condizioni all'uopo stabilite dalla norma[3], ovverosia un atto ad emanazione normativamente vincolata, nei presupposti e negli effetti, senza che si possa riconoscere alla competente Autorità amministrativa alcun potere discrezionale riguardo al suo contenuto[4].

 

  1. Nell’atto di impugnazione il ricorrente ha censurato il provvedimento emanato dall’Autorità prefettizia sia in ragione del fatto che, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 24 del 2019[5], sarebbe venuta meno la norma del d.lgs. n. 159/2011 in base alla quale è stata applicata la misura di prevenzione (cui discenderebbe, a cascata, il venir meno del provvedimento del Tribunale e degli atti amministrativi eventualmente adottati sulla base dello stesso), sia, soprattutto, in considerazione dell’asserita incostituzionalità dell’art. 120, comma 2, c.d.s, nella parte in cui dispone che il Prefetto “provvede” - e non già “può provvedere” - alla revoca della patente di guida nei riguardi dei soggetti a cui siano state applicate le misure di prevenzione.

A sostegno di tale ultima censura, la parte ricorrente ha richiamato innanzitutto la sentenza della Consulta 9 febbraio 2018, n. 22 con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2, c.d.s., nella parte in cui dispone la revoca della patente quale conseguenza ostativa automatica, e non a seguito di valutazione discrezionale del Prefetto, in caso di sopravvenuta condanna del titolare per i reati di cui agli artt. 73 e 74 del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (T.U. in materia di sostanze stupefacenti)[6]; secondariamente, l’ordinanza dello stesso Tar Marche n. 519/2018 con la quale è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale della medesima disposizione nella parte in cui prevede l’obbligatorietà della revoca della patente di guida nei confronti di coloro che sono sottoposti a misure di sicurezza personali[7].

 

  1. A tal proposito, giova ricordare che a fondamento della propria decisione, il Giudice delle leggi aveva posto in rilievo l’irragionevolezza della disposizione censurata, la quale, sul presupposto di una indifferenziata valutazione di sopravvenienza di una condizione ostativa al mantenimento del titolo di abilitazione alla guida, ricollega(va) in via automatica la revoca dello stesso a fronte di “una varietà di fattispecie, non sussumibili in termini di omogeneità, atteso che la condanna, cui la norma fa riferimento, può riguardare reati di diversa, se non addirittura di lieve entità e che, per di più, possono essere assai risalenti nel tempo, rispetto alla data di definizione del giudizio”[8].

Per effetto della sentenza n. 22/2018, dunque, nelle ipotesi di condanna per reati in materia di stupefacenti, la revoca della patente di guida ai sensi dell’art. 120 c.ds. non rappresenta più un atto vincolato, bensì un provvedimento facoltativo espressione della discrezionalità amministrativa esercitata dall’Autorità prefettizia (chiamata a valutare se, nel singolo caso, la condanna del soggetto abilitato alla guida abbia determinato il venir meno dei requisiti morali per il mantenimento del titolo).

Il potere di revoca  potrà quindi essere esercitato soltanto laddove siano ravvisati, in concreto, elementi tali da far ritenere che il possesso del documento in capo al destinatario integri una situazione di pericolo per la sicurezza pubblica, la cui sussistenza consente l'adozione del provvedimento ablativo[9]; provvedimento che, si evidenzia, è un atto amministrativo previsto e preordinato dal legislatore al perseguimento dell’interesse pubblico all'attività di prevenzione generale e tutela della sicurezza pubblica.

Trattandosi pertanto di esercizio di potere discrezionale e non più di attività vincolata, il provvedimento di revoca della patente di competenza dell’Autorità prefettizia sarà soggetto - in base ai principi generali - al sindacato del giudice amministrativo.

 

  1. Prendendo le mosse dalla decisione della Consulta, il Collegio marchigiano aveva già sollevato, come anticipato, analoga questione di legittimità dell’art. 120, comma 2, c.d.s. (ordinanza 24 luglio 2018, n. 519), con particolare riguardo al caso in cui il presupposto del provvedimento prefettizio di revoca della patente di guida riguardi la sottoposizione dell’interessato a misure di sicurezza personali.

Nel specifico era stata dedotta l'illegittimità del decreto ablativo emanato dall’Autorità prefettizia, in quanto la revoca della patente si poneva in contrasto con l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza, nella parte in cui stabiliva che nulla ostava alla possibilità per l’interessato di continuare, per ragioni legate alla propria attività lavorativa, a fare uso della patente in costanza di misura di sicurezza.

Ad avviso dei giudici amministrativi, infatti, in siffatte evenienze l’automatismo delineato dalla disposizione de qua è stato ritenuto sproporzionato ed irragionevole, poiché incidente sulla libertà personale, sul diritto al lavoro e sulla libertà di circolazione e, pertanto, in contrasto con gli artt. 3, 4, 16 e 35 della Costituzione. Ciò in considerazione della disomogeneità delle misure di sicurezza applicabili (libertà vigilata, divieto di soggiorno, divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcoliche), della molteplicità di situazioni in cui le stesse possono essere applicate - potendo costituire espressione di una maggiore o minore pericolosità del soggetto - e della possibile diversa durata delle misure adottate.

 

  1. Esprimendosi sulla presente controversia i giudici amministrativi hanno innanzitutto richiamato le puntuali considerazioni già segnalate dallo stesso Tar Marche nell’ordinanza di rimessione n. 519 del 2018, che riprendono a loro volta le argomentazioni svolte dalla Consulta nella sentenza n. 22/2018.

In particolare, con specifico riferimento alle misure di cui al Libro I, Capo II, del “Codice antimafia” (d.lgs. n. 159/2011), il Collegio ha tra l’altro osservato che l’Autorità giudiziaria, nel disporre l’applicazione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza. è tenuta a stabilire le prescrizioni a cui l’interessato deve attenersi per tutto il periodo di efficacia della misura di prevenzione. Tali prescrizioni, precisano i giudici, non possono tuttavia “avere l’effetto di inibire all’interessato la possibilità di vivere una vita quanto più possibile normale, sebbene vengano notevolmente limitate la libertà di spostamento e la libertà di frequentazione di altre persone, e, soprattutto, non debbono impedirgli di svolgere attività lavorativa lecita, come emerge dall’art. 8, comma 3, laddove si prevede che il Tribunale, in determinate circostanze, possa ordinare all’interessato di darsi alla ricerca di un lavoro[10].

Nel caso di specie, è stato rilevato che tale ordine non era stato comunque imposto, tenuto conto che il ricorrente, evidentemente, già svolgeva un’attività lavorativa lecita.

 

  1. Ad avviso del Tar Marche la ratio della declaratoria di illegittimità costituzionale della disposizione de qua dovrebbe estendersi anche all'ipotesi in esame, in cui il presupposto del provvedimento prefettizio di revoca della patente riguardi la sottoposizione dell’interessato a misure di prevenzione personali[11].

Ciò in quanto, concludono i giudici amministrativi, la revoca “obbligata” della patente di guida prevista dall’art. 120, comma 2, c.ds., risulterebbe ugualmente irragionevole, potendo di fatto impedire all’interessato di svolgere un’attività lavorativa lecita per tutto il periodo in cui egli è sottoposto alla sorveglianza speciale, rendendo la misura ancora più gravosa di quanto abbia inteso configurarla il giudice penale.

Per queste ragioni il Collegio ha disposto la sospensione del giudizio, ordinando la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale[12].

 

  1. Da ultimo, è necessario mettere in rilievo che l’eventuale accoglimento della presente questione di legittimità, così come di quella precedentemente sollevata dallo stesso Tar, attribuirebbe all’Autorità prefettizia il potere discrezionale, e non più l’obbligo, di disporre la revoca della patente anche nel caso di sottoposizione a misure di prevenzione ovvero misure di sicurezza personali (analogamente al potere valutativo che attualmente, come visto, il Prefetto è tenuto ad esercitare con riguardo alle ipotesi di revoca conseguente alla condanna per reati in materia di stupefacenti).

Tale conclusione produrrebbe, inoltre, inevitabili effetti anche sul riparto di giurisdizione tra G.O. e G.A, radicando quella del giudice amministrativo, in quanto si consentirebbe di qualificare la situazione giuridica soggettiva dell’interessato in termini di interesse legittimo a fronte dell’esercizio di poteri discrezionali.

 

 

[1] In particolare, secondo il tenore letterale dell’art. 120, commi 1 e 2, la patente di guida è revocata dal Prefetto: ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza; a coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di sicurezza personali o alle misure di prevenzione previste dalla L. 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituita dalla L. 3 agosto, 327, e dalle L. 31 maggio 1965, n. 575, così come successivamente modificata e integrata, fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi; alle persone condannate a pena detentiva per i reati di cui agli artt. 73 e 74 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (spaccio di stupefacenti).

[2] Tra i vari contributi sull’argomento si rimanda, a: Zuffada E., Revoca prefettizia della patente ex art. 120 codice della strada: una "sanzione" ragionevole?, in Diritto Penale Contemporaneo, n. 9/2017; Carnabuci A., La revoca della patente di guida per carenza dei requisiti morali, in Rivista della Circolazione e dei Trasporti, n. 2/2001.

[3] Ex multis Cons. Stato, sez. V, 29 agosto 2016, n. 3712; Tar Campania (Napoli), sez. V, n. 4071 del 20 giugno 2018; T.A.R. Liguria, sez. II, 10 luglio 2017, n. 601.

[4] Cass. civ., SS.UU., 14 maggio 2014, n. 10406; Cass. civ., SS.UU., 27 aprile 2005, n. 8693; TAR Campania (Napoli), sez. V, 24 gennaio 2018, n. 487; Tar Lazio (Roma), sez. I ter, 17 gennaio 2018, n. 548.

[5] Con la pronuncia n. 24/2019 (depositata lo scorso 27 febbraio contestualmente alla sentenza n. 25/2019)  la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni del “Codice antimafia” (d.lgs. n. 159/2011) che, da un lato, consentono l’applicazione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, del sequestro e della confisca dei beni anche ai soggetti che “debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dedite a traffici delittuosi” e, dall’altro lato, configurano reati ad hoc nei casi d’inosservanza delle prescrizioni di “vivere onestamente” e “rispettare le leggi” contenute nei provvedimenti che comminano la misura della sorveglianza speciale, sia con obbligo o divieto di soggiorno, sia senza. Con le citate decisioni la Consulta, ravvisando la violazione del principio di legalità, sub specie di determinatezza e prevedibilità, ha condiviso la valutazione di “eccessiva genericità” dei potenziali destinatari delle disposizioni censurate, già espressa nel 2017 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella pronuncia 23 febbraio 2017, De Tommaso c. Italia (sull’argomento, tra gli altri, v. G. La Corte, La disciplina delle misure di prevenzione, tra passato e presente, al vaglio (nuovamente) della Corte Costituzionale, in Giurisprudenza Penale Web, n.6/2019; S. Finocchiaro, Due pronunce della Corte costituzionale in tema di principio di legalità e misure di prevenzione a seguito della sentenza de Tommaso della Corte EDU, in Diritto Penale Contemporaneo, n. 3/2019).

[6] Di recente la Corte Costituzionale, con la sentenza 9 aprile 2019, n. 80, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale concernenti il diniego della patente di guida per “insussistenza dei requisiti morali” di cui all'art. 120, comma 1, del Codice della strada, a seguito di una condanna per reati in materia di stupefacenti, in quanto tale situazione “riflette una condizione ostativa che, diversamente dalla revoca del titolo, opera a monte del suo conseguimento e non incide su alcuna aspettativa consolidata dell'interessato” (sull’argomento v. G. Marino, Mancato rilascio della patente per insussistenza dei requisiti morali: norma incostituzionale?, in Diritto & Giustizia, 10 aprile 2019),

[7] Sull’argomento v. Fiori. A., Sottoposizione a misure di sicurezza personali e revoca prefettizia della patente di guida: l'automatismo del provvedimento al vaglio della Corte Costituzionale, in Diritto Penale Contemporaneo, n. 10/2018.

[8] La Corte Costituzionale aveva inoltre evidenziato un ulteriore profilo di irragionevolezza della norma in oggetto nella parte in cui stabilisce l’automatismo della “revoca amministrativa” a differenza della discrezionalità sussistente nella parallela misura del “ritiro della patente”, di cui all’art. 85 T.U. stupefacenti, che il giudice penale può disporre, motivandola, per un periodo non superiore a tre anni. Ciò a fronte dello stesso presupposto (condanne per i reati in tema di stupefacenti e il fatto-reato) e delle affinità, sul piano pratico, delle due diverse misure. In sintesi, mentre il giudice penale ha la facoltà di disporre, ove lo ritenga opportuno, il ritiro della patente, il Prefetto ha il dovere di disporre la revoca (tra i vari contribuiti a commento della sentenza n. 22/2018, si rimanda, tra gli altri, a: A. Carrato, La revoca della patente ai sensi dell'art. 120 c.d.s. non può più essere disposta in via automatica, in Archivio giuridico della circolazione, dell'assicurazione e della responsabilità, n. 3/2018; S. Felicioni, Revoca prefettizia della patente di guida per condanne in materia di stupefacenti: la misura può essere applicata retroattivamente perché non è una sanzione penale ma è illegittima la sua applicazione automatica, in Diritto Penale Contemporaneo, n. 3/2018).

[9] Sul punto, si veda la circolare del Ministero dell’interno del 28 marzo 2018, n. 5210, con la quale sono stati diramati degli appositi indirizzi operativi sulla revoca della patente a seguito della condanna per i reati di cui agli artt. 73 e 74 del D.P.R. n. 309/1990. In particolare, viene precisato che la revoca deve essere valutata volta per volta, solo dopo avere verificato con precisione l’attualità della pericolosità sociale del soggetto, motivando adeguatamente ogni singolo provvedimento.

[10] A livello più generale, è stato inoltre richiamato l’art. 67, comma 5, del d.lgs. n. 159/2011, il quale statuisce che “Per le licenze ed autorizzazioni di polizia, ad eccezione di quelle relative alle armi, munizioni ed esplosivi, e per gli altri provvedimenti di cui al comma 1 le decadenze e i divieti previsti dal presente articolo possono essere esclusi dal giudice nel caso in cui per effetto degli stessi verrebbero a mancare i mezzi di sostentamento all'interessato e alla famiglia”).

[11] Giova evidenziare che il Tar Marche aveva disposto in sede cautelare, con ordinanza n. 87/2019, l’accoglimento della domanda cautelare finalizzata alla sospensione del provvedimento di revoca della patente.

[12] Con riguardo al primo motivo del ricorso, con cui era stata dedotta l’illegittimità derivata del provvedimento prefettizio in oggetto, i giudici hanno ritenuto di non poter estendere gli effetti di una precedente sentenza della Corte Costituzionale (nel caso in esame si tratta sempre della sentenza n. 22 del 2018) a fattispecie analoghe.