Giurisprudenza Amministrativa
L’esercizio dei poteri di regolamentazione dell’AGCOM in merito ai servizi di comunicazione elettronica - rientra nell’esercizio dei poteri di regolamentazione dell’Autorita’ l’imposizione, per la linea fissa, di una fatturazione mensile dei servizi di comunicazione elettronica, con divieto della c.d. “fatturazione a 28 giorni”.
Di Niccolò Macdonald
NOTA A SENTENZE TAR DEL LAZIO N. 12481 DEL 21 DICEMBRE 2018, N. 231 DELL’8 GENNAIO 2019, N. 1956 DEL 14 FEBBRAIO 2019 E N. 5842 DEL 10 MAGGIO 2019.
Di NICCOLÒ MACDONALD
L’esercizio dei poteri di regolamentazione dell’AGCOM in merito ai servizi di comunicazione elettronica - rientra nell’esercizio dei poteri di regolamentazione dell’Autorita’ l’imposizione, per la linea fissa, di una fatturazione mensile dei servizi di comunicazione elettronica, con divieto della c.d. “fatturazione a 28 giorni”.
Secondo il Tar del Lazio, l’introduzione per la linea fissa della c.d. “fatturazione a 28 giorni” - ossia la modifica unilaterale del periodo di fatturazione da base mensile al periodo corrispondente a 4 settimane – deve ritenersi illegittima a partire dalla delibera emanata dall’AGCom sul punto e non solo dalla successiva disposizione di legge confermativa di tale illegittimità, in quanto potere di intervento dell’AGCom in tema di cadenza di fatturazione dei servizi di comunicazione elettronica deve ritenersi legittimo poiché rientrante nell’ambito dei poteri di regolamentazione dell’Autorità Garante per le Telecomunicazioni.
LA VICENDA
La questione, ormai nota, prende avvio dall’iniziativa dell’AGCom, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, che con delibera n.121 del 15 marzo 2017 aggiungeva i commi 9, 10 e 11 all’art.3 della precedente delibera n.252 del 16 giugno 2016 della predetta Autorità recante “Misure a tutela degli utenti per favorire la trasparenza e la comparazione delle condizioni economiche dell’offerta dei servizi di comunicazione elettronica”. Con tale modifica veniva dunque disposto che “9. L’utente di servizi prepagati di telefonia ha sempre il diritto di conoscere le informazioni sul proprio credito residuo gratuitamente. Tale diritto 2 viene assicurato all’utenza mediante accesso riservato, oltre che ad una pagina consultabile nel sito web dell’operatore e applicazioni dedicate, ad almeno un messaggio informativo attraverso il numero telefonico di assistenza clienti o altro numero gratuito ovvero via SMS gratuito, digitando un codice. 10. Per la telefonia fissa la cadenza di rinnovo delle offerte e della fatturazione deve essere su base mensile o suoi multipli. Per la telefonia mobile la cadenza non può essere inferiore a quattro settimane. In caso di offerte convergenti con la telefonia fissa, prevale la cadenza relativa a quest’ultima. 11. Gli operatori di telefonia mobile che adottano una cadenza di rinnovo delle offerte e della fatturazione su base diversa da quella mensile, informano prontamente l’utente, tramite l’invio di un SMS, dell’avvenuto rinnovo dell’offerta”. Veniva quindi disposto che tale delibera entrava in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione sul sito web dell’Autorità e che gli operatori avevano l’obbligo di adeguarsi alle disposizioni dell’articolo 3, comma 10 della delibera n. 252/16/CONS entro novanta giorni dalla pubblicazione, adottando tutte le misure tecniche e giuridiche per conformarsi alle disposizioni ivi contenute. Tali due modifiche sostanziali alla delibera n. 252/2016, riferite rispettivamente la prima alla conoscibilità del credito residuo per la telefonia mobile prepagata, la seconda relativa alla cadenza di fatturazione dei servizi di telefonia, sono frutto di una serie di valutazioni svolte dall’Autorità e della consultazione pubblica indetta dalla stessa e a cui hanno partecipato dalle diverse Associazioni di consumatori, da Asstel e dagli operatori di settore (BT Italia, Fastweb, Postemobile, Vodafone, TIM, Wind/Tre). Infatti, nonostante le obiezioni avanzate dagli operatori intervenuti suindicati, l’AGCom ha ritenuto, ai sensi dei principi generali desumibili dalla direttiva 2002/21/CE (c.d. direttiva quadro, e più nello specifico ai sensi degli artt. 12 e 13 ), dal Codice delle comunicazioni elettroniche ( con specifico riguardo a quanto previsto all’art. 71) e dalla l. n. 481/1995, rientrante nella propria competenza il potere e dovere di emanare direttive volte a tutelare maggiormente l’utente, garantendo una maggiore chiarezza in relazione alla trasparenza ed alla comparabilità delle informazioni, nonché all’imputazione e alla verifica dei costi dei servizi addebitati in bolletta. Ciò posto, l’Autorità ha constatato che l’asimmetria informativa che si genera tra domanda e offerta a causa dell’assenza di un parametro temporale certo si riverbera interamente a carico dell’utenza - ingenerando scarsa chiarezza per gli utenti sia in termini di trasparenza e comparabilità delle informazioni, che di controllo dei costi e delle spese, ed impedendo agli stessi di ottimizzare e controllare i propri consumi – e che inoltre le caratteristiche proprie del mercato della linea fissa - la quale, a differenza che per l’utenza mobile, risulta per la quasi totalità post-pagata degli utenti, 3 spesso con addebito diretto sul conto corrente bancario - determinano per l’utente una limitazione degli strumenti di controllo della propria effettiva spesa telefonica. Il passaggio per la linea fissa ad una imputazione dei costi dei servizi fatturati ai consumatori finali su un periodo diverso da quello mensile, quindi, da un lato lederebbe le condizioni di trasparenza e corretta informazione per gli utenti finali, dall’altro potrebbe determinare un aggravio delle attività di verifica dell’Autorità in ordine agli obblighi di controllo dei prezzi e replicabilità economica ricadenti sull’operatore avente significativo potere nei mercati all’ingrosso. Per tali ragioni, l’Autorità ha dunque concluso che “con riferimento al settore del fisso, si ritiene opportuno, confermando anche in questo caso l’opzione sottoposta a consultazione pubblica, prevedere un parametro temporale certo per il rinnovo delle offerte/fatturazione, che renda effettiva la libertà di scelta degli utenti e consenta anche un agevole controllo dei consumi e della spesa, individuato su base mensile o suoi multipli (applicabile, per le medesime ragioni di tutela degli utenti, anche in caso di offerte bundle fisso/mobile)”. Ciò posto, l’Autorità ha svolto i dovuti accertamenti e rilevando che le offerte per la telefonia fissa delle suindicate società presentavano ancora una cadenza di rinnovo e una periodicità della fatturazione diverse dalla base mensile, con atto n. 7/17/DTC ha avviato nei confronti degli operatori di settore un procedimento sanzionatorio per la violazione dell’art. 3, comma 10, della delibera n. 252/16/CONS, così come modificata dalla delibera n. 121/17/CONS, il quale si è concluso con le delibere n. 497/17/CONS, nei confronti dell’operatore Wind Tre S.p.A., n. 498/17/CONS, nei confronti dell’operatore Vodafone S.p.A., n. 499/17/CONS, nei confronti dell’operatore Tim S.p.A. e n. 500/17/CONS, nei confronti dell’operatore Fastweb S.p.A.. Con tali provvedimenti, l’Autorità ha diffidato le società in questione a stornare in favore degli utenti le maggiori somme versate a causa della anticipazione delle fatture posta in essere in violazione delle regole dettate dall’Autorità e ha inoltre previsto per ogni operatore di settore la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 1.160.000,00 ai sensi dell’articolo 98, comma 16, del decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259. Occorre rilevare che in data successiva all’adozione della suindicata delibera, è intervenuto sul punto lo stesso legislatore, il quale con la legge 4 dicembre 2017, n. 172 - legge di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 14 - ha introdotto all'articolo 1 del decretolegge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, il comma 1-bis, secondo il quale "i contratti di fornitura nei servizi di comunicazione elettronica disciplinati dal codice di cui al decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, prevedono la cadenza di rinnovo delle offerte e della fatturazione dei servizi, ad esclusione di quelli promozionali a 4 carattere temporaneo di durata inferiore a un mese e non rinnovabile, su base mensile o di multipli del mese”. Disposizione che però prevede l’obbligo di cadenza mensile solo a decorrere dal 1 gennaio 2018 (per la clientela business) e dal 1 aprile 2018 (per la clientela consumer). Nella disposizione non vi è quindi alcun riferimento al periodo precedente, in particolare al periodo di fatturazione in cui tale obbligo veniva imposto agli operatori solamente dalla delibera dell’Autorità. Ciò posto, i vari operatori hanno impugnato con diversi ricorsi proposti presso il Tar del Lazio la delibera 252/2016 e le modifiche in questione, deducendo in primis la violazione degli normativa di settore e dei principi generali; rilevando inoltre che, se è vero che normativa di settore impone agli operatori una condotta di trasparenza per consentire agli utenti di fare scelte consapevoli in un regime di offerte concorrenziali, tuttavia la stessa non consente all’Autorità di predeterminare i contenuti di dette offerte; infine veniva pure contestata la sproporzionalità di tali misure, vista la presenza di altre disposizioni di tutela per gli utenti e ritenendo che gli operatori potessero prediligere cadenze di minor durata, con poi possibilità per l’utenza di richiedere in ogni caso delle proiezioni mensili. L’adozione di tali misure dunque, sempre secondo i ricorrenti, determinava un appiattimento della concorrenza e una disparità di trattamento fra la telefonia fissa e quella mobile. Veniva inoltre richiesta la sospensione dell’efficacia del provvedimento in questione, che veniva in parte concessa in via cautelare. In merito a ciò, e rimandando al paragrafo successivo l’analisi del contenuto delle sentenze del Tar del Lazio, si segnala che, in attesa della decisione di merito, l’Autorità Garante per le Comunicazioni ha dato seguito alle proprie determinazioni e ha quindi emanato la delibera 269/18/CONS. Invero già in seguito alle citate ordinanze cautelari del giudice amministrativo, con le quali il Tar aveva disposto la sospensione dell’efficacia del provvedimento nella parte in cui «ha ad oggetto il pagamento “degli importi corrispondenti al corrispettivo per il numero di giorni che, a partire dal 23 giugno 2017, non sono stati fruiti dagli utenti in termini di erogazione del servizio a causa del disallineamento fra ciclo di fatturazione quadrisettimanale e ciclo di fatturazione mensile>> - sospensione che trova la sua motivazione nel “ carattere - allo stato - indeterminato della somma da corrispondere agli utenti, per effetto dello storno (nella prima fattura emessa con cadenza mensile) dei predetti importi, appare in grado di incidere sugli equilibri finanziario-contabili della azienda”, oltre alla “dedotta difficoltà per la medesima società di ripetere dai clienti le somme eventualmente corrisposte”-, l’Autorità Garante delle Comunicazioni, ritenendo di non poter 5 procrastinare la propria azione fino all’esito del giudizio di merito, ha revocato i precedenti provvedimenti limitatamente alla parte sospesa dal giudice amministrativo e ha adottato le delibere 112/18/CONS, 113/18/CONS, 114/18/CONS e 115/18/CONS, indicando in dettaglio le modalità di calcolo per la determinazione del quantum delle restituzioni in favore degli utenti – nello specifico introducendo, in luogo del precedente “storno” delle somme aggiuntive addebitate agli utenti di telefonia fissa tramite riduzione a 28 giorni del periodo di fatturazione, una posticipazione della prima fattura, nuovamente commisurata al periodo mensile, in misura corrispondente ai giorni di servizio in precedenza sottratti, in base alla fatturazione commisurata a quattro settimane – e diffidando gli operatori a far venir meno gli effetti dell’illegittima anticipazione della decorrenza delle fatture emesse successivamente alla data del 23 giugno 2017. Anche tali delibere sono state oggetto di impugnazione da parte degli operatori di settore, i quali hanno nuovamente richiesto ed ottenuto la sospensione dei provvedimenti emessi dall’Autorità limitatamente all’imposta coincidenza del periodo di fatturazione prolungato con la prima fase di ripristino del ciclo di fatturazione con cadenza mensile. Il Tar Lazio ha infatti ritenuto che l’istanza in esame potesse essere accolta “tenuto conto dell’entità dell’onere addossato a ciascun operatore, dei tempi ristretti imposti e dell’assenza di qualsiasi interlocuzione con i medesimi, al fine di individuare eventuali soluzioni meno afflittive”. Tuttavia tale misura cautelare, concessa con decreto monocratico cautelare, non è stata confermata dalle successive ordinanze collegiali, le quali hanno constatato la rinuncia degli operatori ricorrenti alla pronuncia cautelare, in quanto nel mentre era intervenuto il decreto presidenziale dell’Autorità n. 9/18/PRES. Con tale decreto infatti l’AGCom ha modificato le delibere sopra richiamate nella parte relativa alle tempistiche e ha disposto la convocazione degli operatori di settore e delle Associazioni al fine di avviare una interlocuzione con gli stessi in ossequio alle indicazioni del Tar. In seguito a tale interlocuzione ha quindi adottato la delibera n. 269/18/CONS del 6 giugno 2018 con la quale l’Autorità, tenendo conto delle indicazioni del Tar del Lazio, ha individuato il nuovo termine entro cui gli operatori dovranno ottemperare a quanto richiesto nei citati provvedimenti nel 31 dicembre 2018. Dunque ai sensi ti tale ultimo provvedimento dell’Autorità, entro il 31 dicembre 2018 TIM, Vodafone, Wind Tre e Fastweb dovevano restituire alla clientela, anche in più fatture ed attraverso la posticipazione della data di decorrenza della fattura per un numero di giorni pari a quelli illegittimamente erosi (eventualmente spalmati su più fatture), i giorni erosi per effetto della violazione dell’obbligo di cadenza di rinnovo delle offerte e della periodicità della fatturazione su base mensile, con calcolo dei giorni di servizio che dovrà riguardare il periodo compreso tra il 23 6 giugno 2017 – giorno di entrata in vigore delle modifiche alla direttiva 252/16/CONS - e la data in cui è stata ripristinata la fatturazione su base mensile. Infine la stessa delibera prevede, che per gli utenti che nel frattempo abbiano cambiato operatore, le modalità di ristoro saranno definite successivamente e solo all’esito dei contenziosi ancora pendenti dinanzi al TAR Lazio.
LA SENTENZA DEL TAR DEL LAZIO
Lo scorso 14 novembre il Tar del Lazio si è dunque pronunciata – con le sentenze n. 12481 del 21 dicembre 2018, n. 231 dell’8 gennaio 2019, n. 1956 del 14 febbraio 2019 e n. 5842 del 10 maggio 2019, accomunate nelle motivazioni di seguito esposte - sui ricorsi in questione, accogliendo i relativi ricorsi introduttivi limitatamente alla sanzione pecuniaria, annullando la stessa ma facendo salvi gli ulteriori effetti dei provvedimenti emanati dall’AGCom. Il giudice amministrativo infatti ha dichiarato in parte improcedibili i relativi ricorsi e ha invece respinto integralmente i motivi aggiunti presentati dagli operatori di settore con i quali sono stati impugnati il decreto presidenziale n. 9/18/PRES e la successiva delibera 269/18/CONS. In via preliminare, il Tar del Lazio ha infatti osservato che non solo il d.l. n.148/17 non risulta in contrasto con la delibera Agcom 121/17/CONS, atteso che "il primo condivide con la seconda il suo contenuto essenziale", ma che inoltre l'emanazione della suindicata disposizione legislativa non prova l’assenza di un precedente potere di intervento dell’AGCom in tema di cadenza di fatturazione dei servizi di comunicazione elettronica. Infatti la norma mira ad uniformare la disciplina in materia di cadenza della fatturazione, prescrivendo l'obbligo della cadenza su base mensile non solo per la telefonia fissa ma anche per la telefonia mobile e per i servizi a pagamento, disponendo in oltre solo per l'avvenire. Dunque tale disciplina non si sovrappone all'intervento regolatorio dell'Autorità - che interessa la sola telefonia fissa - ma anzi l'estensione legislativa dell'obbligo di tale fatturazione a "tutti" i servizi di comunicazioni elettroniche non può che attestare una coincidenza delle due prescrizioni nei contenuti e nelle finalità di garantire una maggiore uniformità della disciplina e di garantire la trasparenza a tutela dell'utente finale. Il Tar ritiene prive di fondamento anche le ulteriori censure inerenti l'assenza di un tale potere regolatorio dell'Autorità per le telecomunicazioni, incentrare sull'assunto che il potere di intervento dell'AGCom non le consenta di " determinare i contenuti dei contratti fra operatori ed utenti". Il giudice adìto - evidenziando quanto già esposto dallo stresso Tar con la delibera n.121/2017 e soprattutto dal Consiglio di Stato nella decisione n.2182/2016 - ha riconosciuto la legittimità 7 dell'operato dell'Autorità in quanto espressione di un potere generale già attribuito alla stessa dall'art. 71 CCE, secondo cui “l'Autorità assicura che le imprese che forniscono reti pubbliche di comunicazione elettronica o servizi accessibili al pubblico di comunicazione elettronica pubblichino informazioni trasparenti, comparabili, adeguate e aggiornate in merito ai prezzi e alle tariffe vigenti, a eventuali commissioni per la risoluzione del contratto e a informazioni sulle condizioni generali vigenti in materia di accesso e di uso dei servizi forniti agli utenti finali e ai consumatori, conformemente alle disposizioni dell'allegato n. 5. Tali informazioni sono pubblicate in forma chiara, esaustiva e facilmente accessibile…”. Potere che trova fondamento anche nella normativa nazionale contenuta nella legge istitutiva delle Autorità per i servizi di pubblica utilità, competenti per energia elettrica, gas e le telecomunicazioni (cfr. legge 14 novembre 1995, n. 481) nonché nella legge istitutiva dell’AGCom (cfr. legge 31 luglio 1997, n. 249): la legge 481/1995 infatti riconosce all'Autorità il potere di emanare "le direttive concernenti la produzione e l'erogazione dei servizi da parte dei soggetti esercenti i servizi medesimi, definendo in particolare i livelli generali di qualità riferiti al complesso delle prestazioni e i livelli specifici di qualità riferiti alla singola prestazione da garantire all'utente, sentiti i soggetti esercenti il servizio e i rappresentanti degli utenti e dei consumatori, eventualmente differenziandoli per settore e tipo di prestazione" (art. 2, comma 12, lett. h) e l) ), ed inoltre stabilisce che l’Autorità “pubblicizza e diffonde la conoscenza delle condizioni di svolgimento dei servizi al fine di garantire la massima trasparenza, la concorrenzialità dell'offerta e la possibilità di migliori scelte da parte degli utenti intermedi o finali”; infine, la legge 249/1997 prevede che l'AGCom emani “ direttive concernenti i livelli generali di qualità dei servizi e per l’adozione, da parte di ciascun gestore, di una carta del servizio recante l’indicazione di standard minimi per ogni comparto di attività” (art. 1, comma 6, n.2 ). Tali norme attribuiscono quindi all'Autorità un potere definito solo in via generale, e per questo impongono un intervento attuativo dell'AGCom, chiamata ad individuare gli strumenti operativi più adeguati per raggiungere gli scopo individuati da tali disposizioni. Intervento che, nel caso di specie, si è esplicato con l'adozione delle misure contenute nella delibera n.121/2017 e che non possono ritenersi eccessive - come sostenuto dagli operatori economici - in quanto il motore di comparazione tra le offerte esistente non risulta sufficiente per garantire integralmente gli obiettivi di trasparenza e compatibilità delle offerte perseguiti con la delibera oggetto del contendere. Successivamente, il Tar del Lazio ha provveduto ad affrontare le censure inerenti i due distinti ordini adottati dall'AGCom. 8 Con riguardo alla diffida, contenuta nelle delibere 497/17/CONS, 498/17/CONS, 499/17/CONS e 500/17/CONS, di stornare gli importi relativi al numero di giorni di servizio che, a partire dal 23 giugno 2017, non sono stati fruiti dagli utenti in termini di erogazione del servizio a causa del disallineamento fra il ciclo di fatturazione quadrisettimanale e il ciclo di fatturazione mensile, l'AGCom, facendo seguito alle disposizioni contenute nelle ordinanze cautelari del Tar, con le delibere 112/18/CONS, 113/18/CONS, 114/18/CONS e 115 /18/CONS ha revocato le delibere suindicate e ha previsto in luogo dello storno economico con pagamento diretto ai consumatori, l'emissione tardiva della prima fattura utile. Dunque, rilevando che l'AGCom stessa abbia prestato acquiescenza alla richiamata decisione cautelare rimuovendo definitivamente in parte qua le ragioni sostanziali dei ricorsi introduttivi, il Tar ha rilevato l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse dei rispettivi ricorsi introduttivi nella parte che ha ad oggetto la predetta diffida. In merito invece alle censure sollevate nei riguardi della diffida di eliminare gli effetti dell'illegittima anticipazione della decorrenza della fatturazione attraverso la posticipazione della prima fattura commisurata ai giorni di servizio sottratti - che, come suesposto, è stata disposta con le successive delibere e oggetto di impugnazione con i motivi aggiunti - il giudice amministrativo, in primo luogo, ha rilevato che non è possibile affermare che in tal modo l'Autorità abbia inteso eludere o violare l'ordinanza del giudice, atteso che con tali provvedimenti ha invece inteso superare i rilievi critici sollevati dal Tar in merito alle modalità di ristoro. Inoltre, anche le censure avanzate in riferimento alla presunta adozione di tali provvedimenti in difetto di contraddittorio non sono state ritenute fondate: infatti l'intero iter che ha preceduto la loro adozione e anche quello proprio del seguente decreto presidenziale 9/18/PRES - con il quale Autorità, in considerazione di quanto affermato dal giudice amministrativo, ha ritenuto di fissare, previa interlocuzione con le parti interessate, nuovi termini per l’adempimento degli obblighi in capo agli operatori di cui alle delibere nn. 112/18/CONS, 113/18/CONS, 114/18/CONS e 115 /18/CONS (ratificate con la delibera 187/18/Cons del 11 aprile 2018, entrambi impugnati con motivi aggiunti), al fine di renderli meno stringenti per le società di telefonia, sopprimendo in parte le diffide contenute nelle delibere impugnate che indicavano il termine (coincidente con il mese di aprile) entro cui gli operatori dovevano adempiere, ed ha previsto la convocazione degli operatori economici al fine di individuare il termine di adempimento suindicato - e della successiva delibera 269/18/CONS - con le quali è stato fissato il termine per adempiere il 31 dicembre 2018 - dimostrano che l'adozione di tutti tali provvedimenti è stata preceduta da una partecipazione degli operatori di settore e da un effettivo contradittorio. 9 Inoltre il Collegio ha ricordato che affinchè il difetto di contradittorio possa inficiare il provvedimento amministrativo e comportare la sua illegittimità, è necessario provare che il soggetto, ove avesse avuto l'opportunità di partecipare al procedimento, avrebbe potuto presentare osservazioni ed opposizioni idonee ad incidere causalmente, in termini a lui favorevoli, sul provvedimento terminale; fatto che non risulta in alcun modo provato dagli operatori ricorrenti. Alcuni gestori hanno inoltre sollevato l’illegittimità dei suindicati provvedimenti in quanto alcuni Commissari della seduta consiliare da cui è scaturita la deliberazione gravata, avendo espresso in precedenza notazioni critiche sulla fatturazione “a 28 giorni” sulla stampa finanziaria, avrebbero dovuto astenersi dalla decisione. Sul punto il Collegio ha rilevato che non è possibile ritenere applicabile ai Commissari dell’AGCom l’obbligo di astensione cui sono astretti i Magistrati ai sensi dell’art. 51 comma primo numero 4) del c.p.c. Infatti, come già esposto dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 13/2019, le Autorità amministrative indipendenti differiscono sensibilmente per sostanziale mancanza di terzietà rispetto agli interessi in gioco; inoltre l’obbligo di astensione di cui alla citata norma codicistica ha carattere tassativo e dunque è circoscritto ai soli casi in cui il soggetto interessato “ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa, o ha deposto in essa come testimone, oppure ne ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo o come arbitro o vi ha prestato assistenza come consulente tecnico”, ovvero in ipotesi che esulano dalla fattispecie in esame. Per tali ragioni il Collegio ha rilevato l’infondatezza anche di tale motivo di ricorso. Invece, il giudice amministrativo ha rilevato la fondatezza della censura sollevata in merito alla sanzione irrogata dall’Autorità nei confronti dei gestori. Infatti l’AGCom ha irrogato la sanzione nel massimo edittale - di €1.160.000,00 - ai sensi dell’art.98, comma 16 del D.Lgs. n.259 del 2003, così come modificato dall’art.1, comma 43 della Legge 4 agosto 2017 n.124, per il mancato ripristino della corretta cadenza di rinnovo e fatturazione delle offerte di telefonia fissa entro il termine di adempimento previsto, ossia entro giugno 2017. Tuttavia, l’allora vigente art. 98 del decreto legislativo n. 259 del 2003, quanto ai limiti edittali, prevedeva che il massimo della sanzione irrogabile in caso di inosservanza delle disposizioni di cui agli articoli 60, 61, 70, 71, 72 e 79 fosse pari a 580.000 euro, e solo con la successiva entrata in vigore dell’art. 1 comma 43 della legge 4 agosto 2017 n. 124 la disposizione che prevede la misura di tale sanzione è stata modificata, prevendo quale massimo edittale l’attuale somma di ad euro 1.160.000,00. 10 Ciò posto, come noto, ai sensi dell’art.1 della Legge n.689 del 1981, nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative, se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione (cfr., tra le altre, in ultimo, Corte Cass., Sez. Lav. n.27002 del 2018). Dunque, trattandosi di violazioni risalenti al giugno 2017, andava applicato l’art.98, comma 16 del D.Lgs. n.259 del 2003 illo tempore vigente, secondo il quale il massimo edittale per la sanzione de qua è di €580.000,00 e non di €1.160.000,00. Per tale ragione e considerato quanto suesposto, il Tar del Lazio ha quindi accolto i relativi ricorsi limitatamente al motivo relativo alla sanzione amministrativa pecuniaria, che pertanto è stata annullata, facendo salvi gli ulteriori provvedimenti dell’AGCom sul punto.
IL RICORSO PENDENTE PRESSO IL CONSIGLIO DI STATO
In attesa di conoscere le motivazioni delle sentenze di primo grado, alcuni operatori di settore si hanno immediatamente impugnato le pronunce del Tar Lazio presso il Consiglio di Stato. Alcuni di tali operatori hanno inoltre avanzato relativa istanza di misure cautelari monocratiche ai sensi degli artt. 56, 62, comma 2 e 98, comma 2, del codice del processo amministrativo. Istanze respinte dal Cds il quale ha ravvisato che non vi sono i presupposti per emettere la richiesta misura considerato il breve periodo di attesa per la camera di consiglio di trattazione collegiale, la quale è stata fissata al 18 dicembre 2018. A dicembre il Supremo Collegio ha invece accolto le richieste cautelari avanzate e dunque sospeso l'esecutività delle relative sentenze del Tar del Lazio. Il Consiglio di Stato ha infatti ritenuto che “ad un primo esame e nelle more del deposito della sentenza del TAR Lazio, il prospettato danno, discendente dall’obbligo di storno (a favore di tutti i clienti, in sede di ripristino della cadenza di fatturazione mensile ed a partire dal 1° gennaio 2019) degli importi corrispondenti al numero dei giorni di disallineamento tra i due metodi cronologici di fatturazione, ben può esser mitigato lasciando la controversia re adhucintegra fino al termine del 31 marzo 2019, reputato congruo in attesa del predetto deposito”. Successivamente l’effetto di tale misura cautelare è stato prorogato fino all’udienza camerale del 21 maggio 2019, alla quale il Consiglio di Stato ha rinviato si rinvia ogni disamina sui ricorsi in questione. Quindi, in tale data il Collegio, fissando il 4 luglio 2019 quale data dell’udienza di merito, ha invece respinto le relative istanze cautelari (invero, con l’unica eccezione dell’istanza cautelare presentata 11 da Telecom, la cui udienza in camera di consiglio non è stata discussa ma rinviata al 4 luglio, motivo per cui la misura cautela risulta ancora in vigore). Il Consiglio di Stato ha infatti ritenuto che “ad un primo esame, non s’appalesa più attuale e, nella comparazione tra tutti gli interessi in gioco, neppure grave l’esigenza cautelare indicata, stante sia il lungo tempo trascorso dall’accertato inadempimento, sia la possibilità di provvedervi in via spontanea proponendo fin da ora o fin dalla scadenza del termine fissato dalla Sezione con le precedenti ordinanze, almeno un piano di storno scaglionato e coerente col riallineamento alla cadenza mensile della fatturazione, con progressiva estensione a tutta la clientela, se del caso facendo salvi gli eventuali conguagli”; ciò tenendo conto, inoltre, che “stante l’ormai imminente fissazione della causa nel merito, neppure è più possibile differire ulteriormente il ristoro, almeno parziale o per gruppi di clienti, attraverso il già disposto storno a favore di questi ultimi”. Inoltre, il Supremo Consiglio ha aggiunto, in parte rilevando quanto potrà esser motivato nella decisione del giudizio di merito, che “considerato infatti che, se spetta all’opportuna sede del merito di verificare il definitivo titolo da cui detto storno discende, occorre dire fin d’ora come lo storno stesso sia non già una diretta integrazione dei contratti in essere, ma l’effetto conseguente al riassetto della cadenza di fatturazione, non tempestivamente colto da parte appellante” Dunque, il Supremo Consiglio si esprimerà nel merito a luglio, potendo definitivamente deliberare in merito al potere esercitato dall’AGCom e dando così avvio al piano di restituzione agli utenti degli importi corrispondenti al corrispettivo per il numero di giorni che, a partire dal 23 giugno 2017, non sono stati fruiti dagli utenti in termini di erogazione del servizio a causa del disallineamento fra ciclo di fatturazione quadrisettimanale e ciclo di fatturazione mensile.