Giurisprudenza Amministrativa
L’ordinanza ex art. 116 c. 2 c.p.a. ha valore decisorio, ed è impugnabile.
Di Remo Giovanelli
Nota a Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza n. 4 del 2023
L’ordinanza ex art. 116 c. 2 c.p.a. ha valore decisorio, ed è impugnabile.
Di Remo Giovanelli
Abstract.
Nella sentenza in commento, il Supremo Consesso Amministrativo si è interrogato sulla natura dell’ordinanza emessa nell’ambito del ricorso in materia di accesso in corso di causa.
Dopo aver analizzato l’istituto dell’accesso documentale, e successivamente scrutinato i diversi orientamenti giurisprudenziali che si sono formati nel corso del tempo in materia di ordinanze ex art. 116 c. 2 c.p.a., ha affermato la natura decisoria del predetto pronunciamento giurisdizionale, in quanto interpretazione conforme all’art. 125 della Carta Costituzionale e maggiormente aderente al principio del doppio grado di giudizio nel processo amministrativo.
Inoltre, nel provvedimento in disamina, la Plenaria si pone in ideale continuità con la propria sentenza n. 19 del 2020, confermando l’autonomia del diritto di accesso documentale, finalizzato al diritto alla conoscenza, necessario presupposto per la tutela di determinate situazioni giuridiche.
Tutela da intendersi in senso ampio, non solo in sede processuale, ma anche stragiudiziale.
In the judgment under review, the Plenary Session of the State Council has questioned itself on the nature of the order issued in the context of the appeal regarding access in the course of the case.
After having analysed the institution of documentary access, and subsequently scrutinized the different jurisprudential orientations that have formed over time in the field of orders ex art. 116 c. 2 c.p.a., has declared the decision-making nature of the aforesaid judicial pronouncement, as a compliant interpretation with art. 125 of the constitutional charter and more adherent to the principle of double degree of judgment in the administrative process.
Moreover, in the judicial decision under examination, the Plenary Session arises in ideal continuity with its own “precedent” n. 19 of 2020, confirming the autonomy of the right of access to documents, aimed at the right to knowledge, a necessary assumption for the protection of determined legal situations.
Protection to be understood in a broad sense, not only processual, but also extrajudicial.
Sommario
- Premessa. – 2. Fatto. – 2.1. La separata ordinanza di rimessione alla Plenaria. - 2.1.1. L’orientamento “decisorio”. - 2.1.2. L’orientamento “istruttorio”. - 2.1.3. L’orientamento “casistico”. - 2.1.4. L’orientamento dottrinale. - 3. Le coordinate ermeneutiche tracciate dal Supremo Consesso Amministrativo. -3.1. La disciplina dell’accesso documentale. - 3.2. I mezzi di impugnazione. - 3.2.1. Il richiamo dell’art. 125 della Costituzione. - 3.3. I mezzi di prova. - 3.3.1. La modificabilità e revocabilità delle ordinanze istruttorie. - 3.4 La risoluzione del contrasto interpretativo. - 3.4.1. L'adesione all'orientamento decisorio. - 3.4.1.1. Il rinvio agli approdi raggiunti da Cons.Stato, Ad.Plen., sentenza n. del 19 del 2020. - 3.4.1.2. L'adesione all'orientamento decisorio come interpretazione conforme a Costituzione. - 3.4.1.3. Considerazioni riepilogative. - 4. Conclusioni.
- Premessa.
Il diritto di accesso ai documenti amministrativi fu introdotto dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, provocando un profondo cambiamento nei rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione[1].
In particolare, con l'istituto delineato dagli artt. 22 ss. della predetta Legge, il Legislatore ha contemperato i seguenti interessi in gioco: il diritto alla conoscenza del cittadino, presupposto fondamentale per la tutela dei propri interessi diretti, concreti ed attuali, il principio di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione ex art. 97 Cost., da cui discendono determinati limiti “interni” all'accesso documentale ovvero, determinate categorie di documenti vengono espressamente considerate “sottratte all'accesso” per prevalenti esigenze contrapposte, quali ad esempio, la riservatezza o la sicurezza nazionale, nonché un rilevante limite “esterno”[2], consistente nell’inammissibilità di richieste di accesso finalizzate ad un controllo generalizzato dell'Amministrazione Pubblica (cfr. con l'art. 24 c. 3 L. 241/90).
Detto diversamente, devono sempre sussistere delle “esigenze meritevoli di tutela” ontologicamente differenziate rispetto alla “mera curiosità”[3].
- Fatto.
Nel caso che qui ci occupa, i ricorrenti sono avvocati incardinati nell’ufficio “consulenza legale” della Commissione Alfa ed impugnavano nanti al Tar Centrale, una deliberazione della Commissione Alfa.
Nel corso di tale giudizio di primo grado, mediante istanza ex art. 116 c.2 c.p.a.[4], impugnavano altresì un provvedimento della predetta Commissione, con cui la stessa negava parzialmente l’accesso a determinata documentazione, per asserita operatività nel caso di specie dell’art. 24 c. 1 lett. c) della Legge n. 241/90.
Tuttavia, con l’ordinanza n. 10020/2022, il giudice di prime cure accoglieva la predetta istanza, ritenendo preminenti le esigenze difensive dedotte, e per l’effetto ordinava all’amministrazione di ostendere i documenti richiesti.
Ciò posto, la Commissione Alfa proponeva appello avverso la suddetta ordinanza, chiedendo contestualmente la sospensione della stessa, nonché il rigetto della suddetta richiesta di accesso documentale.
Nella circostanza, i ricorrenti di primo grado si costituivano in giudizio, eccependo l’inammissibilità del predetto appello, in quanto la suddetta ordinanza “avrebbe natura meramente istruttoria”[5].
Dunque, la VI Sezione di Palazzo Spada, con l’ordinanza dell’8 settembre 2022, n. 4444, accoglieva parzialmente la domanda cautelare, nei limiti della sottrazione all’accesso del parere dell’Avvocatura Beta, al fine di preservare la riservatezza del rapporto intercorrente tra la parte assistita ed il proprio difensore[6].
2.1. La separata ordinanza di rimessione alla Plenaria.
Premesso quanto sopra, con la separata ordinanza n. 8367 del 2022, la VI Sezione del Consiglio di Stato rilevava un contrasto ermeneutico in merito all’appellabilità dell’ordinanza ex art. 116 c. 2 c.p.a., rimettendo la questione all’Adunanza Plenaria, nei termini che seguono: “se, nei confronti delle ordinanze con le quali il giudice di primo grado si pronuncia separatamente su di un’istanza di accesso proposta ai sensi dell’art. 116, comma 2, cod. proc. amm., sia ammesso l’appello dinanzi al Consiglio di Stato, prima ancora che il giudizio di primo grado sia definito con sentenza”[7].
Tale ordinanza di rimessione è di particolare interesse, perché effettua una sintetica ma esaustiva analisi dei tre orientamenti giurisprudenziali che si sono formati nel tempo, in subiecta materia.
In particolare, come evidenziato nell’ordinanza in questione, la tematica è da tempo oggetto di dibattito giurisprudenziale, sin da prima della codificazione del 2010 che, peraltro, ha introdotto sensibili modificazioni normative nel predetto istituto[8].
Come vedremo, i diversi orientamenti si fondano su differenti considerazioni della natura di tale ordinanza. Ovvero, c'è chi accorda alla stessa natura decisoria, chi natura istruttoria, e in base al presupposto di riferimento, vi sono conseguenze differenti dal punto di vista impugnatorio.
2.1.1. L’orientamento “decisorio”.
Ciò posto, chi ritiene che l’ordinanza abbia valore decisorio, valuta l’istanza di accesso documentale avendo come parametri di riferimento gli artt. 22 ss. L. 241/90 e, dunque, considera l’accesso come situazione giuridica soggettiva autonoma e strumentale alla difesa dei propri interessi giuridici, indipendentemente dalla rilevanza dei documenti richiesti rispetto al giudizio principale e, conseguentemente, aderendo a tale ricostruzione, tale ordinanza sarà appellabile[9].
2.1.2. L’orientamento “istruttorio”.
Secondo l’opposto orientamento invece, tale provvedimento giurisdizionale ha natura istruttoria e da ciò ne consegue la sua funzione “ancillare”; pertanto, dovrà essere valutata la pertinenza e la rilevanza dei documenti richiesti, nonché la loro decisività ai fini dell’assolvimento dell’onere della prova nel giudizio principale[10].
2.1.3. L’orientamento “casistico”.
Inoltre, il Collegio rimettente ricorda che esiste un terzo orientamento, che potremmo definire “casistico”, il quale in buona sostanza si pone a metà strada tra quello decisorio e quello istruttorio.
Infatti, tale corrente di pensiero valuta caso per caso il concreto contenuto dell’ordinanza.
In altre parole, se l’ordinanza si è espressa esclusivamente sull’esistenza dei presupposti per l’esercizio del diritto di accesso, la stessa avrà natura decisoria, e quindi sarà appellabile.
Invece, qualora la stessa abbia negato il richiesto accesso documentale, in virtù dell’inutilità rispetto al giudizio pendente, l’ordinanza sarà considerata un mero incidente istruttorio e, conseguentemente, “non sarebbe appellabile autonomamente (Cons. St., VI, n. 6597 del 2021, III, n. 5944 del 2020, V, n. 5036 del 2020)”[11].
2.1.4. L’orientamento dottrinale.
Al termine dell’analisi dell’ordinanza di rimessione, è singolare altresì notare come il Collegio abbia preso atto del marginale interesse della dottrina sull’argomento.
Peraltro, si ritiene che la dottrina maggioritaria propenda per l’orientamento decisorio[12], sebbene non manchino oscillazioni verso l’orientamento casistico[13].
- Le coordinate ermeneutiche tracciate dal Supremo Consesso Amministrativo.
Preliminarmente, la Plenaria analizza tre argomenti di ampio respiro, che sono in rapporto di presupposizione logico-giuridica rispetto alla questione sottoposta alla sua cognizione, ovvero: la disciplina dell’accesso documentale; i mezzi di impugnazione; i mezzi di prova[14].
3.1. La disciplina dell’accesso documentale.
In primo luogo, per definire compiutamente l’istituto dell’accesso ai documenti amministrativi, viene effettuato un chiaro rinvio al contenuto degli artt. 22 L. 241/90, 2 DPR 184/2006, a tenore dei quali, il diritto di accesso si esercita mediante visione ed estrazione di copia nei confronti di tutti i soggetti di diritto pubblico nonché di quei soggetti di diritto privato a cui è applicabile la predetta disciplina, in relazione all’espletamento di determinate funzioni di interesse pubblico, da parte di quei soggetti che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, “corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è richiesto l’accesso”[15].
Inoltre, viene effettuata una chiara distinzione tra accesso procedimentale ex art. 10 L. 241/90, ed accesso documentale “proprio” ex artt. 22 ss. L. 241/90.
Infatti, il primo ha una funzione partecipativa nell’ambito di un procedimento amministrativo pendente, ed è finalizzato a favorire il dialogo tra il privato destinatario del provvedimento e la P.A. competente, riducendo le asimmetrie informative tra gli stessi[16].
Il secondo invece, ha una funzione lato sensu difensiva, poiché prescinde sia dall’instaurazione di un procedimento amministrativo, sia dall’introduzione di un giudizio[17].
Peraltro, l’istanza di accesso ben può essere giustificata da esigenze processuali[18].
Giunti a questo punto dell’analisi dell’istituto dell’accesso in generale, il Collegio inizia ad esaminare nello specifico la tematica sottoposta al suo esame, ovvero l’accesso in corso di causa ex art. 116 c.p.a., ricordando che in virtù di tale disposizione processual-amministrativistica, entro trenta giorni dal diniego espresso o tacito (o parziale, come nel caso de quo) è possibile proporre ricorso, che va notificato all’Amministrazione resistente e ad almeno un controinteressato, configurandosi così un’ azione di annullamento del provvedimento impugnato ed al tempo stesso di condanna all’ostensione della documentazione richiesta[19].
Poi, l’Adunanza ricorda altresì che tale rito speciale si conclude con l’emanazione di una sentenza in forma semplificata, che è appellabile mediante ricorso a Palazzo Spada, e che rientra tra cui provvedimenti per cui è esperibile il rimedio dell’ottemperanza ex art. 112 c.p.a.[20]
3.2. I mezzi di impugnazione.
Successivamente, viene analizzato il regime di impugnabilità dei provvedimenti giurisdizionali previsti dal codice del processo amministrativo.
In via preliminare, viene effettuata una summa divisio tra decisioni espressamente appellabili e decisioni implicitamente appellabili[21].
Tra le decisioni espressamente appellabili vengono annoverate le sentenze ex artt. 91,100 c.p.a., nonché le ordinanze cautelari ex art. 62 c.p.a., emanate dai giudici di prime cure[22].
Invece, tra le decisioni implicitamente appellabili vengono indicate tutte “quelle che, a prescindere dalla forma esteriore, hanno un contenuto decisorio idoneo ad incidere su situazioni giuridiche e suscettibili di passare in giudicato ovvero di risolvere <<in contraddittorio tra le parti una specifica controversia>>”[23].
3.2.1. Il richiamo dell’art. 125 della Costituzione.
E’ interessante notare come, nel contesto della descrizione delle decisioni implicitamente appellabili, la Plenaria richiami per relationem le proprie risalenti statuizioni relative all’art. 125 Cost., nello specifico, Ad. Plen. n. 1 del 1978[24], di cui si ritiene opportuno esplicitare le seguenti argomentazioni: “il Costituente, col prevedere la istituzione in ogni regione di organi di giustizia amministrativa di primo grado, ha inteso assoggettare di regola al controllo giurisdizionale del Consiglio di Stato tutti i provvedimenti decisori dei medesimi, comunque incidenti sulla sfera giuridica dei soggetti”[25].
3.3. I mezzi di prova.
Dopo aver descritto l’istituto dell’accesso ed il regime delle impugnazioni, la Plenaria prende sommariamente posizione in merito all’annosa questione dei mezzi di prova nel processo amministrativo.
In particolare, rinvia agli artt. 63 e 64 c.p.a., ricordando che gli stessi sono espressione della regola del principio dispositivo con metodo acquisitivo[26], da cui ne discende:
- per le parti, l'assolvimento dell'onere del “principio di prova”[27]. Ovvero, “l'onere di fornire gli elementi di prova nella loro disponibilità riguardanti i fatti posti a fondamento delle domande e delle eccezioni […] senza la necessità che le richieste istruttorie, rivolte direttamente al giudice, siano notificate alle altre parti”[28];
- per il giudice: il potere officioso di acquisizione probatoria, mediante la richiesta di informazioni e di documenti alla pubblica amministrazione, “nonché l'ispezione e l'esibizione di documenti in possesso di terzi”[29]; il principio del libero convincimento[30].
Ciò posto, si ritiene doveroso sottolineare che, in linea di principio, l'operatività del metodo acquisitivo e del principio del libero convincimento permettono di garantire la parità delle parti nel processo, come prevede l'art. 2 c.p.a.[31]
3.3.1. La modificabilità e revocabilità delle ordinanze istruttorie.
Inoltre, a chiusura della descrizione dei mezzi di prova, la Plenaria ricorda che nel processo amministrativo è applicabile l'art. 177 c.p.c., in virtù del rinvio esterno ex art. 39 c.p.a.[32]
Pertanto, viene affermato che le ordinanze istruttorie sono modificabili o revocabili dal Giudice, in quanto secondo il predetto art. 177, “Le ordinanze, comunque motivate, non possono mai pregiudicare la decisione della causa”, e tale disposizione ha dunque un'applicabilità che va oltre il processo civile, in quanto espressione di principi generali; tuttavia, “rilevando solo all'interno del giudizio, non sono appellabili”[33].
3.4 La risoluzione del contrasto interpretativo.
Premesso quanto sopra, i Giudici di Palazzo Spada, dopo aver ripercorso le modifiche normative intervenute nel tempo, che hanno portato all'attuale testo dell'art. 116 c. 2 c.p.a.[34], ha ricordato che sull'interpretazione di tale norma sono emersi nel diritto vivente tre indirizzi giurisprudenziali, illustrati nei precedenti paragrafi 2.1.1., 2.1.2., 2.1.3.: l'orientamento decisorio, quello istruttorio, seguito dal Giudice remittente, e quello casistico[35].
3.4.1. L'adesione all'orientamento decisorio.
A seguito della summenzionata ricostruzione, il Supremo Consesso Amministrativo ha affermato di aderire all'orientamento decisorio, seguendo i criteri di interpretazione letterale, storica, e sistematica.
Infatti, l'art. 116 c. 2 c.p.a discorre di “ricorso di cui al comma 1”, trattandosi dunque di un rimedio a sé stante che, oltretutto deve essere notificato all'Amministrazione ed ai controinteressati, i quali potrebbero essere differenti dalle originarie parti processuali, rilevandosi così la presenza di un contraddittorio assimilabile a quello instaurato per addivenire ad un provvedimento avente contenuto decisorio[36].
Inoltre, l'attuale disposizione normativa, a differenza di quanto prevedeva l'art. 17 della Legge 15 del 2005, non definisce più l'ordinanza in questione come “istruttoria”[37].
Oltre a ciò, dal punto di vista del sistema, l'Adunanza ricorda che vi è una chiara differenza tra la fase istruttoria del processo amministrativo, e l'istanza di accesso nel corso del giudizio.
3.4.1.1. Il rinvio agli approdi raggiunti da Cons.Stato, Ad.Plen, sentenza n. 19 del 2020.
Ciò premesso, al fine di indicare la suesposta distinzione tra la fase istruttoria del processo amministrativo e l'istanza di accesso nel corso del giudizio, la Plenaria rinvia alle argomentazioni illustrate nella propria sentenza n. 19 del 2020, ove venne affrontata l'annosa questione del rapporto tra l'accesso documentale e l'acquisizione documentale nel processo civile.
In quella sede, fu chiarito che “la situazione legittimante all'accesso è autonoma e distinta da quella legittimante l'impugnativa giudiziale […] e del relativo esito, con la conseguenza che il diritto di accesso difensivo non è riducibile a un mero potere processuale (v. Cons. Stato, Sez. V, 27 giugno 2018, n. 3596)”[38].
Inoltre, in virtù del “controlimite” all'accesso documentale presente nel comma 7 dell’art. 24 L. 241/90, a mente del quale “l'accesso deve essere comunque garantito se necessario per curare è difendere i propri interessi giuridici”, il Supremo Consesso sottolinea “la priorità logica della conoscenza degli elementi che occorrono per decidere se instaurare un giudizio e come costruire a tal fine una strategia difensiva; con la conseguenza che l'accesso documentale difensivo non necessariamente deve sfociare in un esito contenzioso in senso stretto”[39].
Orbene, applicate le suddette coordinate ermeneutiche al caso in disamina, si può agevolmente affermare che il diritto alla conoscenza, concretamente esercitabile mediante l'accesso ai documenti agognati, precede e prescinde dalla valutazione della loro rilevanza probatoria in sede processuale.
Infatti, l'Adunanza rileva che l'istanza di accesso viene indirizzata all'Amministrazione, e l'eventuale rigetto della stessa è impugnabile entro trenta giorni, mentre “le istanze di accesso rivolte al giudice nel corso del processo vanno considerate vere e proprie istanze istruttorie”[40].
3.4.1.2. L'adesione all'orientamento decisorio come interpretazione conforme a Costituzione.
Sotto altro profilo poi, è interessante notare come secondo la Plenaria, l'orientamento decisorio sia da considerarsi come l'interpretazione costituzionalmente orientata nella dibattuta tematica sottoposta al suo esame.
Infatti, viene affermato che il diritto di difesa, così come delineato dagli artt. 24, 113 Cost., e dall'art. 1 c.p.a., postulano l'appellabilità delle ordinanze ex art. 116 c. 2 c.p.a.
Diversamente opinando, vi sarebbe una compressione del predetto diritto nei confronti dei controinteressati e della pubblica amministrazione resistente che, parimenti, potrebbe pregiudicare irreversibilmente “il diritto alla riservatezza privata dei controinteressati” e “le prerogative pubbliche dell'autorità che detiene i documenti”, anche alla luce del fatto che potrebbe non esserci piena coincidenza tra le parti del giudizio principale e la pubblica amministrazione e i controinteressati che, in caso di non impugnabilità dell'ordinanza in questione, “oltre a subire il pregiudizio sopra indicato potrebbero anche non essere legittimate a proporre impugnazione autonoma avverso la sentenza che definisce la controversia”[41].
Del resto, in relazione alle argomentazioni indicate supra al paragrafo 3.2.1., l'art. 125 Cost. esige l'appellabilità dei provvedimenti di natura decisoria[42].
3.4.1.3. Considerazioni riepilogative.
Riepilogando, la Plenaria ritiene che l'ordinanza in argomento abbia natura decisoria, poiché “incide su situazioni giuridiche diverse rispetto a quelle oggetto del giudizio principale, così come avviene nel caso di ricorso proposto in via autonoma”[43].
Nondimeno, tale ordinanza presenta le seguenti particolarità, rispetto al ricorso autonomo, così definite:
- “strumentalità in senso ampio”;
- la decisione inerente l'istanza di accesso può essere decisa con la sentenza di merito, anziché con ordinanza[44].
Infatti, tenuto conto della logica della connessione della domanda con il giudizio pendente, i documenti richiesti devono essere strumentali alla risoluzione della controversia e, a tal fine, il giudice deve valutare non solo la rilevanza degli stessi nel processo amministrativo in corso, ma anche la sua utilità in sede stragiudiziale o in altra sede processuale.[45]
Del pari, seguendo la predetta logica della connessione, il giudice potrebbe decidere la domanda incidentale di accesso direttamente in sentenza. Infatti, a titolo esemplificativo, l'Adunanza prospetta l'eventualità che l'autorità giudiziaria possa per ragioni temporali definire la suddetta istanza direttamente all'esito del giudizio, qualora non ravvisi la necessarietà della documentazione richiesta ai fini della decisione[46].
- Conclusioni.
In conclusione, si saluta con favore il pronunciamento della Plenaria in commento, perché viene adottata un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 116 c. 2 c.p.a., e tale interpretazione si pone altresì in manifesta continuità con la propria decisione n. 19 del 2020, da cui ne conseguono evidenti e positive ricadute in termini di certezza del diritto e di legittimo affidamento.
[1] A. Plaisant, Dal diritto civile al diritto amministrativo, Quarta edizione, Forumlibri, Cagliari, 2020, p. 145.
[2] A. Plaisant, op.cit., pp. 145-154.
[3] Cfr. con A. Plaisant, op.cit., p. 146. Nell'ambito del differente istituto dell'accesso civico, la giurisprudenza è giunta a discorrere di <<abuso del diritto di accesso>>, in caso di presentazione di istanze massive. Cfr. con Tar Lombardia-Milano, sez. III, n. 1951/2017: “Il Collegio è dell'avviso che l'istanza del ricorrente – anche tenuto conto delle precedenti istanze e di quelle successive – costituisca un abuso dell'istituto, in quanto irragionevole e sovrabbondante. Va peraltro osservato che ciò che le Linee Guida dell'ANAC qualifica come “richieste massive”, e che giustifica, con adeguata motivazione, il rigetto dell'istanza, altro non è che la declinazione del principio di divieto di abuso del diritto e di violazione del principio di buona fede”. Per la giurisprudenza successiva, e inerente l'abuso del processo conseguente alla presentazione di molteplici ricorsi, e di plurime richieste di accesso ai documenti amministrativi, cfr. con Tar Campania – Napoli, sentenza n. 796/2021, DIRITTO 2.4.2. e 2.4.3.: “La giurisprudenza [...] da tempo riconosce la vigenza, nel sistema giuridico, di un principio generale di divieto di abuso del diritto, inteso come categoria diffusa nella quale rientra ogni ipotesi in cui un diritto cessa di ricevere tutela, poiché esercitato al di fuori dei limiti stabiliti dalla legge. […] Il dovere di buona fede e correttezza e correttezza, di cui agli artt. 1175, 1337, 1366 e 1375 del c.c., alla luce del parametro di solidarietà, sancito dall'art. 2 della Costituzione e della Carta di Nizza, si pone non più solo come criterio per valutare la condotta delle parti nell'ambito dei rapporti obbligatori e/o procedimentali, ma anche come canone per individuare un limite alle richieste e ai poteri dei titolari dei diritti, anche sul piano della loro tutela processuale”.
[4] Sentenza in commento, FATTO, 1.
[5] Sentenza in commento, FATTO, 3.
[6] Sentenza in commento, FATTO, 4.
[7] Sentenza in commento, FATTO, 4.
[8] Cfr. con ordinanza del 28 settembre 2022, n. 8367, punti 5 e 6: “[…] la relativa istanza fosse non solo presentata al presidente, al pari di altre richieste istruttorie comunque vertenti su documenti (v. art. 21, comma 6, della l. Tar, anche in questo caso a seguito delle modifiche apportate dalla legge 205 del 2000)[…] Con il codice del processo amministrativo, nel 2010, la previsione è stata trasfusa al suo interno ed inserita al comma 2 dell’art. 116, con alcune modifiche: per un verso, precisandosi ora che la richiesta di accesso è (quindi, deve essere) “connessa” al giudizio già pendente; per altro verso, quanto alla forma della decisione, senza più riprodurre accanto al sostantivo “ordinanza” l’aggettivo “istruttoria”.
[9] Cfr. con ord.ult.cit., punto 6, ove vengono richiamati i seguenti pronunciamenti giurisprudenziali, che aderiscono a tale orientamento: (Cons. St., V, n. 3936 del 2019, 3028 del 2018; IV, n. 725 del 2016, III, n. 4806 del 2015).
[10] Cfr. con ord.ult.cit., punto 6: “seguendo l’altro orientamento l’istanza di accesso è servente e in funzione della favorevole definizione del giudizio principale, permettendo ad esempio di proporre motivi aggiunti ovvero contribuendo all’assolvimento dell’onere della prova in ordine a quanto allegato, al pari di ogni altra istanza istruttoria”. Nel contesto, il Collegio evidenzia alcuni precedenti relativi a tale filone giurisprudenziale: (Cons. St., V, n. 2041 del 2018, IV, n. 1878 del 2020, 5850 del 2014 e 3759 del 2013).
[11] Cfr. con ord.ult.cit., punto 6.
[12] Cfr. con S. FIORENZANO, Il rito in materia di accesso ai documenti amministrativi, in G.P. CIRILLO (a cura di), Il nuovo diritto processuale amministrativo, CEDAM, Lavis (TN), 2015, p. 1130: “Tale istanza può essere decisa o con ordinanza (nel qual caso si applicano le disposizioni proprie del rito dell’accesso), che comunque è impugnabile decidendo essa sull’ostensione richiesta dall’istante, ovvero con la sentenza che definisce il giudizio cui l’istanza medesima accede”.
[13] Cfr. con N. PAOLANTONIO, I riti in materia di infrastrutture e insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale, in materia di accesso e di silenzio, in F.G. SCOCA (a cura di), Giustizia Amministrativa, G. Giappichelli editore, Torino, 2013, p. 514: “Diversamente dal regime previgente, il codice non qualifica l’ordinanza come istruttoria; sicché, la circostanza che l’istanza incidentale di accesso può essere definita anche con la sentenza di merito sul ricorso principale induce a ritenere che essa abbia natura decisoria, e sia quindi appellabile. In particolare, la giurisprudenza afferma che occorre distinguere tra ordinanze che si pronunciano sul ricorso accogliendolo o respingendolo in relazione ai presupposti inerenti all’accesso in quanto tale, e ordinanze che respingono il ricorso perché ritengono i documenti richiesti non utili ai fini del giudizio in corso. […]”; R. DE NICTOLIS (a cura di), Processo Amministrativo formulario commentato, Wolter Kluwers, Milano, 2019, p. 2366: “In tema di impugnazione dell’ordinanza che decide sul ricorso in materia di accesso in corso di causa, la giurisprudenza del Consiglio di Stato formatasi prima del c.p.a. e di perdurante attualità ha operato una distinzione tra ordinanze che si pronunciano sul ricorso in materia di accesso, accogliendolo o respingendolo in relazione ai presupposti all’accesso in quanto tale, e ordinanze che respingono il ricorso in materia di accesso perché ritengono i documenti richiesti non utili ai fini del giudizio in corso […]”.
[14] Cfr. con la sentenza in commento, DIRITTO 2.
[15] Cfr. con la sentenza ult.cit., DIRITTO 2.1.
[16] Cfr. con la sentenza in commento, DIRITTO 2.1.: “quando la domanda è proposta, ai sensi dell’art. 10 L. 241/90, al fine di consentire una partecipazione <<più responsabile>>, contribuendo <<a rendere l’esercizio del potere condiviso, trasparente e imparziale>> (Cons. Stato, Ad. Plen., 25 settembre 2020, n. 19)”.
[17] Cfr. con la sentenza in commento, DIRITTO 2.1.; G. TETA, Diritto di accesso e strumenti di acquisizione probatoria processuale, in S. RUSCICA (a cura di), Concorso Magistratura 2021 Speciale, Giuffrè Francis Lefebvre, 2021, Milano, p. 68: “la ratio dell’accesso difensivo può trovare compimento ove lo stesso sia esercitabile mediante estrazione di copia poiché solamente questa modalità consentirebbe di curare e difendere i propri interessi mediante l’utilizzo concreto del documento sia in sede stragiudiziale che, a maggior ragione, in ambito processuale, dove non si può prescindere dall’offerta in comunicazione e dalla produzione materiale della copia in giudizio”.
[18] Cfr. con la sentenza in commento, DIRITTO 2.1.: “Nel caso in cui la finalità sia di difesa giudiziale, la documentazione può rilevare sia nell’ambito di un processo amministrativo sia nell’ambito di un altro processo”.
[19] Cfr. con la sentenza in commento, DIRITTO 2.1.
[20] Cfr. con la sentenza in commento, DIRITTO 2.1.
[21] Cfr. con la sentenza in commento, DIRITTO 2.2.
[22] Cfr. con la sentenza in commento, DIRITTO 2.2.
[23] Cfr, con la sentenza in commento, DIRITTO 2.2.
[24] Cfr. con la sentenza in commento, DIRITTO 2.2.: “[…] ha rilevato come l’art. 125 della Costituzione abbia previsto l’istituzione nella Regione di <<organi di giustizia amministrativa di primo grado>>, con la conseguente regola della impugnabilità delle loro pronunce”.
[25] Cfr. con Ad. Plen., ord. n. 1 del 1978, DIRITTO 4. Si veda inoltre, Corte Costituzionale, sentenza n. 8 del 1982, Considerato in diritto 3: “l’art. 125, secondo comma, esplicitamente stabilisce che i tribunali amministrativi da istituire (e poi istituiti […]) sono giudici di primo grado, soggetti pertanto al giudizio di appello dinanzi al Consiglio di Stato. Il che trova spiegazione nei caratteri propri della giurisdizione amministrativa ordinaria […]. Non v’ha, quindi, dubbio che nel settore in parola il principio del doppio grado di giurisdizione abbia rilevanza costituzionale. […] L’art. 125 Cost., d’altro canto, non contiene limitazione alcuna dalla quale possa dedursi che esso si riferisca esclusivamente alle pronunce di merito”.
[26] Cfr. con la sentenza in commento, DIRITTO 2.3. In dottrina, si veda A. POLICE, I mezzi di prova e l'attività istruttoria, in G.P. CIRILLO (a cura di), Il nuovo diritto processuale amministrativo, CEDAM, Lavis (TN), 2015, p. 437, e la bibliografia ivi citata: F. BENVENUTI, L'istruzione nel processo amministrativo, Padova, 1953, p. 189.
[27]Cfr. con A. POLICE, cit.
[28]Cfr. con la sentenza in commento, DIRITTO 2.3.
[29]Cfr. con la sentenza in commento, DIRITTO 2.3.
[30]Cfr. con la sentenza in commento, DIRITTO 2.3.: “il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento e può desumere argomenti di prova dal comportamento tenuto dalle parti nel corso del processo”.
[31]Cfr. con A. POLICE, cit., p. 436: “E' comunque necessario che il giudice conservi quei poteri istruttori necessari per realizzare in concreto il bilanciamento delle posizioni processuali di parte privata e parte pubblica, in ragione della posizione di superiorità in cui potrebbe venire concretamente a trovarsi quest'ultima”; e la bibliografia ivi citata: F. BENVENUTI, L'istruzione nel processo amministrativo cit., 282; C.E. GALLO, Manuale di giustizia amministrativa, Torino, 2012, 211, a proposito della constatazione che “il materiale istruttorio è di norma nella disponibilità dell'amministrazione. Pertanto, gravare il ricorrente di un onere pieno di prova costituirebbe violazione del principio costituzionale di parità delle parti, oggi richiamato espressamente dall'art. 2 c.p.a.”.
[32]Sentenza in commento, DIRITTO 2.3.
[33]Sentenza in commento, DIRITTO 2.3.
[34]Sentenza in commento, DIRITTO 3.1.
[35]Sentenza in commento, DIRITTO 3.2.
[36]Sentenza in commento, DIRITTO 4.
[37]Sentenza in commento, DIRITTO 4.
[38]Cons.Stato, Ad.Plen., sentenza n. 19 del 2020, FATTO E DIRITTO 9.3.1.
[39]Cons.Stato, Ad.Plen., sentenza n. 19 del 2020, FATTO E DIRITTO 9.3.1.
[40]Sentenza in commento, DIRITTO 4.
[41]Sentenza in commento, DIRITTO 4.
[42]Sentenza in commento, DIRITTO 4.
[43]Sentenza in commento, DIRITTO 5.
[44]Sentenza in commento, DIRITTO 5.
[45]Sentenza in commento, DIRITTO 5.
[46]Sentenza in commento, DIRITTO 5.