ISSN 2039 - 6937  Registrata presso il Tribunale di Catania
Anno XVI - n. 04 - Aprile 2024

  Giurisprudenza Amministrativa



L’introduzione di nuovi obblighi vaccinali spetta solo allo Stato.

Di Arianna Cutilli
   Consulta i PDF   PDF-1   PDF-2   

  1.  

NOTA A TAR. CALABRIA, SEZIONE PRIMA

SENTENZA 15 settembre 2020, n. 1462

 

L’introduzione di nuovi obblighi vaccinali spetta solo allo Stato

Di ARIANNA CUTILLI

 

 

L’emergenza causata dal virus Covid-19 ha portato alla riemersione di una delicata e controversa tematica, apparentemente sopita in seguito ad alcune note sentenze della Corte Costituzione, quale quella relativa all’introduzione di nuovi obblighi vaccinali e il relativo conflitto di attribuzioni tra Stato e Regioni. Con l’insorgere dell’epidemia, e in vista della stagione autunnale, infatti, alcune Regioni italiane hanno introdotto, mediante provvedimenti d’urgenza, nuovi obblighi vaccinali a carico di talune categorie di soggetti.

La pronuncia in commento, di sicuro interesse per la peculiarità della materia trattata, potrebbe, quindi, costituire un rimarcabile precedente anche per le eventuali e successive vicende giudiziarie in materia[1].

In particolare, la vicenda che interessa il presente contributo, recentemente approdata ad una pronuncia del T.a.r. Calabria, ha ad oggetto l’ordinanza del Presidente della Regione Calabria 27 maggio 2020, n. 47, con la quale è stato disposto l’obbligo di vaccinazione antinfluenzale per le seguenti categorie di persone: a) soggetti di età pari o superiore a sessantacinque anni; b) medici e personale sanitario, sociosanitario di assistenza operatori di servizio delle strutture di assistenza, anche se volontario.

L’obbligo avrebbe dovuto essere assolto dai suddetti soggetti entro il 31.01.2020, pena, con riguardo ai medici e al personale sanitario, l’adozione di opportuni provvedimenti connessi allo svolgimento della mansione lavorativa, ai sensi dell’art. 41, sesto comma, d.lgs. 09.04.2008, n. 81.

Alcuni medici e operatori sanitari, unitamente ad un’associazione di categoria, hanno proposto ricorso avverso la suddetta ordinanza, ravvisando la nullità, per difetto assoluto di attribuzione o, quantomeno, l’annullabilità della stessa, e lamentando i ricorrenti, tra l’altro, una violazione della riserva di legge di cui all’art. 32, secondo comma, Cost., nonché dei principi costituzionali in tema di riparto di competenze tra Stato e Regioni.

Rispetto alla riserva di legge invocata, si ricorda che l’art. 32, secondo comma, Cost. prevede che “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”, escludendo, evidentemente, non solo la possibilità di introdurre trattamenti sanitari obbligatori tramite provvedimenti amministrativi, come invece si è verificato nella vicenda in esame, ma pure di provvedervi mediante legge regionale. Sul punto, infatti, la giurisprudenza della Corte Costituzionale, si è costantemente espressa nel senso che la suddetta riserva di legge sia da intendersi come riserva di legge statale[2], in ragione non solo della disciplina in materia di riparto di competenze prevista dalla stessa Carta Costituzionale, ma anche di quanto previsto della legge 833/1978, recante “Istituzione del servizio sanitario nazionale", il cui art. 33 prevede che “Nei casi di cui alla presente legge e in quelli espressamente previsti da leggi dello Stato possono essere disposti dall'autorità sanitaria accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori”.

Con la pronuncia in commento, il T.a.r. Calabria ha confermata la costante giurisprudenza costituzionale sopra richiamata, ricordando come i valori costituzionali coinvolti nella “problematica” delle vaccinazioni siano molteplici e che tale complessità investa anche la scelta delle modalità volte ad assicurare una prevenzione efficace delle malattie infettive, potendo le stesse esplicitarsi in una semplice raccomandazione o finanche nell’obbligo di sottoporsi a trattamenti sanitari.

Seppur latamente, il Giudice Amministrativo calabrese ha rivelato la ratio insita nella riserva di legge, ossia quella di offrire una garanzia alle libertà individuali e ai diritti fondamentali dei cittadini - a fronte della discrezionalità esercitabile dal legislatore nella scelta delle misure di prevenzione - mediante, appunto, lo strumento democratico e rappresentativo della legge ordinaria.

Tale riserva di legge, ricorda il T.a.r., richiamando la Corte Costituzionale[3], è pure connessa al principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., atteso che il diritto della persona di essere curata efficacemente, secondo i canoni della scienza e dell’arte medica e di essere rispettata nella propria integrità deve essere garantito in condizioni di eguaglianza in tutto lo Stato, di modo che solo una legge statale basata su indirizzi condivisi dalla comunità scientifica può soddisfare tale principio, anche in ragione dell’art. 117, terzo comma, Cost. che riserva esclusivamente allo Stato il compito di determinare i principi fondamentali in materia di salute.

Pur accogliendo il ricorso promosso e annullando l’ordinanza impugnata, il T.a.r. Calabria, a parere di chi scrive ha, tuttavia, discutibilmente ritenuto che il provvedimento gravato non fosse stato comunque emesso in assenza assoluta di attribuzione e, quindi, non fosse affetto da nullità ai sensi dell’art. 21-septies, legge 241/1990.

Secondo l’interpretazione fornita dal Giudice, infatti, l’atto emanato dal Presidente della Regione sarebbe comunque finalizzato alla tutela della sanità pubblica, ai sensi dell’art. 32, terzo comma, l. 833/1978[4], cosicché non mancherebbe in assoluto una norma attributiva di poteri in materia, ma lo stesso potere sarebbe stato usato scorrettamente, senza tenere conto della riserva di legge statale.

L’assunto non sembra condivisibile e appare, peraltro, pure smentito non solo dallo stesso T.a.r. nella motivazione della sentenza, ma perfino dalla legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale sopra richiamata.

Innanzitutto, riconoscendo l’esistenza di una riserva di legge di esclusivo appannaggio statale, peraltro anche riconducendo tale riserva alla competenza esclusiva dello Stato rispetto all’individuazione dei principi in materia di salute, il T.a.r. ha, inequivocabilmente, accertato come la Costituzione attribuisca solo ed unicamente allo Stato, attraverso lo strumento della legge ordinaria, il potere di disciplinare l’introduzione di nuovi obblighi vaccinali; ne deriva che non può condividersi l’assunto del Collegio calabro per cui quello della Regione Calabria sia da considerarsi un uso scorretto del potere (fattispecie rinvenibile, invece, nel caso in cui la competenza fosse spettata ad un’amministrazione diversa, come ad esempio il Comune), risolvendosi invece, a parere di chi scrive, una vera e propria deprecabile prevaricazione delle attribuzioni statali da parte di una Regione.

Al di là delle espresse criticità, la sentenza in commento conferma l’assetto già lucidamente impostato dalla nostra Carta Costituzionale, la quale ha inteso escludere, mediante riserve di legge e partizioni di competenze, che le singole Regioni possano introdurre nuovi trattamenti sanitari obbligatori, prevaricando la garanzia costituzionale della riserva di legge, in nome della tutela d’urgenza della salute collettiva che non può, comunque, giustificare la violazione del riparto di competenze, né, tantomeno, l’utilizzo del provvedimento amministrativo extra ordinem, sacrificando il principio democratico di cui la legge del Parlamento è portatrice.

 

 

NOTE:

[1] Risulta ad oggi pendente avanti al T.a.r. Lazio un giudizio originato da un’ordinanza contingibile e urgente del Presidente della Regione Lazio, avente analogo contenuto all’annullato provvedimento della Regione Calabria.

[2] Corte Cost., 6 giugno 2019, n. 137; Corte Cost., 26 giugno 2002, n. 282.

[3] Corte Cost., 6 giugno 2019, n. 137.

[4]La sentenza erroneamente indica, probabilmente per un refuso, “l. 23 dicembre 1978, n. 822”.