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Anno XVI - n. 05 - Maggio 2024

  Giurisprudenza Amministrativa



L’applicazione del silenzio assenso orizzontale nel procedimento di autorizzazione paesaggistica ex art.146, d.lgs. 42/2004.

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NOTA A CONSIGLIO DI STATO – IV SEZIONE

SENTENZA 2 ottobre 2023, n. 8610

L’applicazione del silenzio assenso orizzontale nel procedimento di autorizzazione paesaggistica ex art.146, d.lgs.  42/2004

  

Di Laura Pergolizzi

 

Abstract

 

Con la sentenza del 2 ottobre 2023, n. 8610, il Consiglio di Stato ha stabilito l’applicabilità del silenzio assenso orizzontale agli atti di tutela degli interessi sensibili e segnatamente al parere paesaggistico reso tardivamente nel corso di una conferenza di servizi indetta ai sensi dell’articolo 14-bis, l. n. 241 del 1990. Il parere della Soprintendenza reso tardivamente nell’ambito di una conferenza di servizi è tamquam non esset.

In its ruling of October 2, 2023, No. 8610, the Council of State established the applicability of horizontal silence means consent to acts of protection of sensitive interests and specifically to the landscape opinion rendered belatedly during a services conference convened pursuant to Article 14-bis, Law No. 241 of 1990. The opinion of the Superintendency rendered late in the course of a services conference is tamquam non esset.

 

Sommario: 1. Introduzione - 2. Il caso – 3. Il quadro normativo di riferimento - 4. Il quadro giurisprudenziale di riferimento: Consiglio di Stato 29 marzo 2021 n. 2640 - 5. Le obiezioni insuperabili all’orientamento tradizionale - 6. La posizione rimeditata della IV sezione del Consiglio di Stato

 

  1. Introduzione

La IV sezione del Consiglio di Stato con la sentenza del 2 ottobre 2023, n. 8610 ha statuito che l’istituto del silenzio assenso orizzontale ex art. 17-bis l. n. 241 del 1990 è applicabile anche al parere della Soprintendenza.

A tale conclusione perviene dopo una puntuale disamina dell’evoluzione del quadro normativo di riferimento e dell’orientamento c.d. tradizionale che trova nella sentenza del Consiglio di Stato 29 marzo 2021 n. 2640 la più consapevole espressione.

Precisato che la teorica tradizionale che esclude l’applicabilità dell’art 17 bis al parere della Soprintendenza è meritevole della massima considerazione il Consiglio di Stato ritiene che la stessa debba essere rimeditata. Reputa, infatti, il Collegio che la preoccupazione di garantire un’adeguata tutela agli interessi paesaggistici deve essere attentamente considerata nell’ambito di una interpretazione maggiormente conforme al quadro normativo di riferimento. A tal fine esamina le principali obiezioni che possono essere opposte a detta teorica, tutte rinvenienti nel quadro normativo di riferimento, in particolare:

  1. La natura co-decisoria del parere della Soprintendenza riconosciuta dall’art 146 del Dlgs 42/2004, e accentuata con la riforma operata con il DL 70/2011 conv. in Legge 106/2011
  2. La natura co-decisoria del parere della Soprintendenza riconosciuta dal D.P.R. 31/2017 con riguardo alle autorizzazioni semplificate (art 11 comma 9)
  3. Il tenore testuale e le ragioni giustificative degli artt. 14 bis e 17 bis L 241/90, istituti attraverso i quali il Legislatore ha inteso raggiungere il delicato equilibrio tra la tutela degli interessi sensibili e l’esigenza di efficacia, efficienza ed economicità dell’azione della pubblica amministrazione
  4. La lettura costituzionalmente orientata dell’art 17 bis L 241/90 che rinviene il proprio fondamento nel principio di buon andamento della pubblica amministrazione (art 97 Cost)

Esaurita tale disamina il Collegio chiarisce che a prescindere da tutte le argomentazioni coerenti con il quadro normativo di riferimento, il definitivo superamento dell’indirizzo interpretativo contrario all’applicazione del silenzio assenso orizzontale al parere paesaggistico è stato formalmente sancito dalla introduzione del comma 8-bis dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990.

La lettera di tale disposizione, riferendosi espressamente alle fattispecie del silenzio maturato nel corso di una conferenza di servizi ex art. 14 bis e nell’ambito dell’istituto di cui all’art. 17 bis, è inequivocabile nell’affermare il principio (che non ammette eccezioni) secondo cui le determinazioni tardive sono irrilevanti in quanto prive di effetti nei confronti dell’autorità competente, e non soltanto prive di carattere vincolante.

Il parere della Soprintendenza reso tardivamente nell’ambito di una conferenza di servizi è tamquam non esset.

 

  1. Il Caso

 

La questione esaminata dalla IV Sezione del Consiglio di Stato era stata sottoposta al TAR Campania – Salerno e decisa con sentenza di accoglimento n. 2946/2022, sulla scorta di un orientamento contrapposto a quello tradizionale in tema di silenzio assenso orizzontale perfezionatosi in Conferenza di servizi, formatosi in seno ad una parte della giurisprudenza del Consiglio di Stato[1].

Il ricorrente, con nota prot. n. 2975 del 25.3.2019, chiedeva il rilascio del permesso di costruire per l’edificazione di una residenza turistico-alberghiera (RTA – albergo residenziale o residence), e con nota 25.3.2019, n. 2974 formulava domanda di autorizzazione paesaggistica.

Con avviso prot.n. 3012 del 27.3.2019, il comune di Ascea indiceva, ai sensi dell’art. 14-bis, L.  241/90, la conferenza di servizi decisoria in forma semplificata e con modalità asincrona, al fine di acquisire tutti i necessari atti di assenso, ivi compreso il parere della Soprintendenza, nonché il nulla osta dell’Ente Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni.

Le amministrazioni convocate avrebbero dovuto rendere nota la propria posizione entro il 2.7.2019 e, comunque, non oltre l’1.8.2019 (considerato il termine di sospensione istruttorio di 30 giorni, applicabile alla conferenza di servizi decisoria ai sensi dell’art. 2, co. 7, della L. n. 241/1990).

L’Ente Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni rilasciava il proprio nulla osta prot. n. 5976 del 23.4.2019, ai sensi dell’art. 13, l. 6.12.1991, n. 394.

Con nota prot. 17.4.2019, la Soprintendenza richiedeva la trasmissione di integrazioni e chiarimenti; esitate dal Responsabile dello sportello unico per l’edilizia, con nota prot. n. 12150 del 30.11.2019.

La Soprintendenza esprimeva parere contrario con nota n. 2939 del 10.02.2020.

Con nota n. 2315 del 9.03.2022, il comune di Ascea procedeva alla riattivazione dell’istruttoria procedimentale e la Soprintendenza confermava il parere contrario con nota n. 69022 del 9.03.2022.

 

Con determina n. 10 del 31.3.2022, l’amministrazione procedente, pur ritenendo “l’intervento dal punto di vista urbanistico conforme al PRG e alle norme di attuazione attualmente vigenti e pertanto assentibile”, statuiva che “il dissenso espresso non fosse superabile senza apportare modifiche sostanziali alla decisione oggetto della conferenza così come rappresentato dal parere contrario della Soprintendenza”.

Il Tribunale Amministrativo Regionale accoglieva il ricorso e, per l’effetto, annullava la determina 31.3.2022, n. 10 argomentando nei termini che seguono:

“… agli atti risulta evidentemente inosservato il termine legalmente previsto per l’adozione del richiesto atto consultivo da parte dell’Autorità Tutoria; la circostanza dianzi acclarata, ossia l'intempestività dell'intervento consultivo da parte dell'autorità tutoria statale, ha finito per generare la formazione del silenzio assenso "orizzontale" o "interno" ex art. 14 bis, comma 4, della l. n. 241/1990 (di recente modificato dall'art. 12, comma 1, lett. g, del d.l. n. 76/2020, conv. in l. n. 120/2020) sull'istanza di autorizzazione paesaggistica relativa al progetto controverso e per implicare l'inefficacia ex art. 2, comma 8 bis, della l. n. 241/1990 del parere soprintendentizio negativo. A suffragio dell'approccio dianzi accreditato, giova richiamare le statuizioni, sancite da Cons. Stato, sez. V, n. 255/2022[2], in tema di silenzio assenso orizzontale perfezionatosi in Conferenza di servizi:"... deve allora rilevarsi come, da un lato, in base al citato art. 17 bis [della l. n. 241/1990], nell'ambito delle conferenze di servizi, gli assensi e nulla osta delle Amministrazioni preposte alla tutela dei beni culturali e paesaggistici si intendono acquisiti favorevolmente decorsi novanta giorni dalla richiesta del parere; dall'altro gli artt. 22 e 25 del d.lgs. n. 42 del 2004 non si applicano cumulativamente in combinato disposto agli atti di assenso resi nelle conferenze di servizi. Il dato normativo cosi ricostruito, per la sua chiarezza, non consente invece di ricavare dal mero riferimento contenuto nell'art. 25 del d.lgs. n. 42/2004 una dichiarazione motivata l'inapplicabilità alla fattispecie della generale norma procedimentale sulla formazione del silenzio assenso".

Sulla base di tali premesse, il TAR concludeva che attesa l’inefficacia del parere reso tardivamente dalla Soprintendenza, in ragione dell’intervenuta formazione del silenzio assenso, la determina di conclusione dei lavori, oggetto d’ impugnativa, è da reputarsi illegittima.

Il Consiglio di Stato ha confermato la sentenza del TAR Campania- Salerno puntualmente esaminando le plurime motivazioni che non consentono di aderire all’orientamento tradizionale  contrario all’applicazione del silenzio assenso orizzontale al parere paesaggistico, e concludendo che il definitivo superamento di tale indirizzo interpretativo è stato formalmente sancito dalla modifica apportata all’articolo 2 della legge n. 241 del 1990 dall’articolo 12, comma 1, lett. a), n. 2), del decreto-legge n. 76 del 2020, che ha introdotto il nuovo comma 8-bis, in base al quale “Le determinazioni relative ai provvedimenti, alle autorizzazioni, ai pareri, ai nulla osta e agli atti di assenso comunque denominati, adottate dopo la scadenza dei termini di cui agli articoli 14-bis, comma 2, lettera c), 17-bis, commi 1 e 3, 20, comma 1 …, ovvero successivamente all’ultima riunione di cui all’art. 14 ter, comma 7… sono inefficaci, fermo restando quanto previsto dall’articolo 21-nonies, ove ne ricorrano i presupposti e le condizioni”.

Alla luce del novum normativo in disamina, non c’è più spazio per tentare di far sopravvivere il c.d. silenzio-devolutivo, stante la formulazione volutamente onnicomprensiva della nuova norma (che non ammette eccezioni) secondo cui le determinazioni tardive sono irrilevanti in quanto prive di effetti nei confronti dell’autorità competente, e non soltanto privi di carattere vincolante.

 

  1. Il quadro normativo di riferimento.

 

Il Collegio ha in primo luogo ripercorso il quadro normativo di riferimento rilevando come anteriormente alla legge n. 124 del 2015 c.d. riforma Madia, in base all’articolo 146, Dlgs. 42/2004 l’autorità competente alla gestione del vincolo doveva provvedere sulla domanda del privato entro sessanta giorni, acquisito il parere del soprintendente (obbligatorio e vincolante) da rendere entro quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti.

In caso di parere non emesso nel termine suindicato, veniva in rilievo la fattispecie del c.d. silenzio devolutivo, previsto dall’art. 17 L n. 241/90[3], nel senso che, decorso inutilmente il termine senza che la soprintendenza avesse comunicato il parere, ai sensi dell’art. 146, comma 9, il comune aveva il dovere funzionale di decidere da solo e doveva provvedere sulla domanda.

L’inerzia dell’organo statale aveva, quindi, il solo effetto di consentire all’Amministrazione competente di concludere il procedimento senza attendere il parere [4].  

In base a tale ricostruzione – secondo il Collegio - il decorso del termine previsto per rendere il parere non avrebbe privato la Soprintendenza del potere consultivo[5].

Il parere della Soprintendenza, “tardivo” non era né nullo, né annullabile, e doveva essere comunque preso in considerazione dal comune che non avesse ancora provveduto, con conseguente obbligo motivazionale specifico in caso di diverso avviso[6].

Con la riforma Madia, il Legislatore si è discostato dalla tradizionale impostazione basata sul riconoscimento di una tutela rafforzata degli interessi sensibili nell’ambito del procedimento amministrativo, la quale si traduceva nella previsione di un regime di specialità nell'uso degli strumenti di semplificazione previsti nella L. n. 241/90.

In particolare, il  Legislatore è intervenuto in maniera incisiva sia con riguardo al silenzio assenso sia con riguardo alla conferenza di servizi.

L’art. 3 della L.124/2015 introduce con l’art. 17-bis Legge 241/90, il nuovo istituto generale del silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche che presenta delle peculiarità rispetto all’ipotesi di silenzio assenso disciplinata dall’art.20 Legge 241/90. In questa nuova ipotesi:

  • il silenzio assenso non opera nel rapporto tra amministrazione pubblica e privati, ma tra diverse amministrazioni pubbliche (o tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici);
  • il silenzio non corrisponde ad un provvedimento finale, bensì ad un atto interno al procedimento, in quanto va a sostituire l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta di competenza di altre amministrazioni pubbliche previsti per l’adozione di provvedimenti normativi o amministrativi.

L’art.17-bis, infatti, dispone, che nei casi in cui l'amministrazione procedente deve acquisire, su uno schema o proposta di provvedimento l'assenso, concerto o nulla osta, comunque denominati, di altre amministrazioni pubbliche queste devono comunicare la propria determinazione entro un termine tassativo (comma 1), decorso inutilmente il quale si forma ope legis il silenzio assenso (comma 2).  In caso di mancata pronuncia, si forma il silenzio-assenso anche allorché le amministrazioni chiamate a pronunciarsi, a fini decisori, sono quelle preposte alla tutela dell'ambiente, del paesaggio, dei beni culturali e della salute.

Il silenzio assenso orizzontale tra pubbliche amministrazioni ex art. 17-bis, L. 241/1990, diviene applicabile anche nel caso in cui l’atto di assenso (di una p.a. su uno schema di provvedimento predisposto da altra p.a.), che non sia pervenuto nei termini, provenga da un’amministrazione preposta alla cura di interessi sensibili.

Il Legislatore è intervenuto inoltre con riguardo alla conferenza di servizi riscrivendone la disciplina[7] che risulta caratterizzata sia dalla previsione del silenzio assenso in caso di mancata partecipazione o partecipazione non collaborativa o costruttiva anche di amministrazioni preposte ad interessi sensibili, sia dalla previsione che il dissenso di una p.a. preposta a un interesse sensibile non è più ostativo alla conclusione positiva della conferenza simultanea[8].

Più in dettaglio, l’art. 14 ter al comma 7 prevede che “all'esito dell'ultima riunione, e comunque non oltre il termine di cui al comma 2, l'amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione della conferenza, con gli effetti di cui all'articolo 14- quater, sulla base delle posizioni prevalenti espresse dalle amministrazioni partecipanti alla conferenza tramite i rispettivi rappresentanti. Si considera acquisito l'assenso senza condizioni delle amministrazioni il cui rappresentante non abbia partecipato alle riunioni ovvero, pur partecipandovi, non abbia espresso ai sensi del comma 3 la propria posizione, ovvero abbia espresso un dissenso non motivato o riferito a questioni che non costituiscono oggetto della conferenza”.

In base a tale evoluzione normativa appare evidente la distinzione tra silenzio-devolutivo e silenzio-assenso: ante riforma l’autorizzazione paesaggistica veniva imputata esclusivamente all’ente territoriale che provvedeva al rilascio, mentre post riforma è riconducibile (in co-decisione) a entrambe le amministrazioni.

Tale innovativa impostazione – conclude il Collegio - è il risultato della combinazione di due fattori l’attenuazione della valenza forte e assolutizzante dell’attributo di primarietà associato agli interessi sensibili e l’esigenza di migliorare mediante la semplificazione l’efficienza amministrativa nel valutare tutti gli interessi che si confrontano nel procedimento associato agli interessi sensibili.

 

  1. Il quadro giurisprudenziale di riferimento: Consiglio di Stato 29 marzo 2021, n. 2640

 

Dato atto dell’evoluzione normativa, il Consiglio di Stato nella sentenza in commento passa alla disamina del quadro giurisprudenziale evidenziando che, anche successivamente all’introduzione di tali modifiche normative nei due istituti considerati, la giurisprudenza ha continuato a fare applicazione del silenzio- devolutivo.

Alla stregua di tale indirizzo interpretativo, decorso inutilmente il termine, l'organo statale non è privato del potere di esprimersi, ma il parere della Soprintendenza perde il carattere di vincolatività e dequota a obbligatorio [9].

Il parere della Soprintendenza resta dunque efficace e fonda comunque l’obbligo comunale di esame e di motivazione in caso di dissenso[10].

La più consapevole espressione di tale teorica si rinviene nella sentenza del Consiglio di Stato 29 marzo 2021, n. 2640, la quale, si è occupata, in particolare, della medesima fattispecie ricorrente nel giudizio in esame al Collegio, vale a dire, dell’acquisizione del parere della Soprintendenza nell’ambito di una conferenza dei servizi.

Il principio affermato in tale decisione è che la Soprintendenza, nell'esprimere il suo parere sulla proposta di autorizzazione paesaggistico deve ignorare la compresenza di qualsiasi altro interesse pubblico, anche di analoga valenza (ad esempio, quello alla tutela dell'ambiente)[11] e questo principio deve trovare applicazione anche nell'ambito della conferenza di servizi

Secondo tale teorica anche quando il Legislatore ha scelto una speciale concentrazione procedimentale, come quella che si attua con il sistema della conferenza dei servizi, non vi è stata comunque un’attenuazione della rilevanza della tutela paesaggistica perché questa si basa su un espresso principio costituzionale[12].

A fondamento di tale indirizzo si pongono due elementi:

  • l’autorizzazione paesaggistica costituisce un provvedimento mono-strutturato, essendo il relativo procedimento attivato ad istanza della parte interessata e non della p.a. precedente.
  • il rapporto tra regione/ente locale e Soprintendenza è meramente interno, ossia finalizzato a co-gestire non la fase decisoria ma quella istruttoria.

Da tali presupposti deriva la non applicabilità dell’art 17-bis al parere della soprintendenza, in quanto la disciplina del silenzio assenso orizzontale va riferita unicamente agli assensi da rendere direttamente dall'amministrazione procedente e non già al parere della Soprintendenza[13], chiamata ad esprimersi non direttamente sulla compatibilità dell'intervento ma sulla proposta formulata dalla regione (o dall'ente delegato).

Ne consegue che, nonostante l’inutile decorso del termine di legge assegnato alla Soprintendenza per esprimere il proprio parere vincolante alla regione, non si forma un silenzio assenso che impone agli organi regionali di conformarsi[14].

Del pari, nonostante il decorso del richiamato termine, resta ferma in capo alla regione la facoltà di apprezzare in modo autonomo la fattispecie ai fini della migliore e più adeguata tutela del valore paesaggistico, inteso nella sua dimensione costituzionale.

 

  1. Le obiezioni insuperabili all’orientamento tradizionale

 

Il Consiglio di Stato con la sentenza in commento afferma che la preoccupazione di garantire un’adeguata tutela agli interessi paesaggistici, di cui la sentenza n. 2604/21 è chiara espressione, deve essere attentamente considerata nell’ambito di una interpretazione maggiormente conforme al quadro normativo di riferimento.

Al riguardo rileva che la giurisprudenza, nell'interpretazione e nell'applicazione della legge, elabora la regola del caso concreto e l’interpretazione giudiziale deve individuare il significato corretto della disposizione nell’arco delle sole opzioni che il testo autorizza.

In tale direzione il Collegio richiama la giurisprudenza della Corte di Cassazione, che con considerazioni rigorose ha affermato che  La valutazione in sede interpretativa non può spingersi sino alla elaborazione di una norma nuova con l'assunzione di un ruolo sostitutivo del legislatore.”[15]

Ne consegue che il testo normativo quando formulato, come nel caso in esame, mediante la c.d. tecnica per fattispecie analitica, rappresenta il punto fermo da cui occorre muovere nell’attività interpretativa e a cui, (all’esito del combinato ricorso a tutti gli altri canoni di interpretazione) è necessario ritornare.

Muovendo da tali premesse il Collegio ritiene che l’orientamento tradizionale, che esclude l’operatività del meccanismo del silenzio assenso in relazione alle fattispecie di tutela degli interessi paesaggistici, pur se meritevole di considerazione, incontra obiezioni difficilmente superabili, tutte rinvenienti nel quadro normativo di riferimento.

  • Il primo argomento contrario all’orientamento tradizionale è dato dalla natura co decisoria del parere della Soprintendenza riconosciuto dall’art 146 del Dlgs 42/2004.

L’attribuzione alla Soprintendenza, nell’ambito del procedimento finalizzato al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, di un ruolo meramente consultivo, trascura il delicato equilibrio sotteso all'art. 146 del Dlgs.  42/2004, che si traduce nel carattere vincolante del parere reso dalla Soprintendenza coerentemente al riparto di funzioni legislative sancito dall’art. 117 Cost.

In questo quadro, costituzionalmente vincolato, sarebbe quindi più coerente riconoscere alla Soprintendenza un ruolo propriamente co-decisorio, con la conseguenza che il procedimento in esame dovrebbe più propriamente qualificarsi come pluristrutturato[16].

La natura co-decisoria del parere della Soprintendenza è stata, peraltro, nettamente accentuata dalla riforma dell’articolo 146 intervenuta con il DL 70/2011, convertito con L. n. 106/2011, per effetto della quale  si è stabilito che la regione o il comune delegato devono trasmettere una proposta motivata alla Soprintendenza e, quindi, devono necessariamente fare un’adeguata istruttoria.

Si tratta di atti mediante i quali un’autorità appresta ad altra, che deve provvedere, apporti conoscitivi utili per l’adozione di un provvedimento destinato ad incidere su interessi istituzionalmente affidati alla cura dell'autorità, la quale risulta, con tali apporti, in grado di rendere l'autorità decidente idonea a soddisfare l'esigenza di adeguatezza cui ogni decisione deve sovvenire.

I pareri vincolanti, resi dalla Soprintendenza, non possono essere disattesi dall’amministrazione.

Per tale ragione, dovrebbe concludersi che i pareri vincolanti determinano il contenuto della decisione finale, per cui andrebbero esclusi dal novero degli atti preparatori e ricondurli nell'ambito di quelli decisori o co-decisori.

Tale impostazione trova conferma, sul piano sistematico, negli artt. 16 e 17 e nell’art. 17-bis, della legge sul procedimento amministrativo, che disciplinano rispettivamente i pareri istruttori (e le valutazioni tecniche) e quelli decisori.

E in effetti, con riferimento ai pareri istruttori, di cui al citato art. 17, il legislatore ha ritenuto non configurabile il silenzio assenso perchè cui in tale caso l’autorità decidente è unica e, quindi, per definizione non indefettibile.

Diversamente nella fattispecie di cui all’art. 17-bis, si configura un’ipotesi di cogestione della funzione (c.d. decisione pluristrutturata). In tal caso, pertanto, l’eventuale silenzio serbato dell’autorità co-decidente consolida la scelta dell’autorità procedente, che è comunque dotata di competenza (sia pure non esclusiva) in materia.

          5.2 Il secondo argomento contrario all’orientamento tradizionale è dato dalla natura co-decisoria del parere della Soprintendenza riconosciuta dal d.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31[17]

L’art. 11 (Semplificazioni procedimentali), comma 9, prevede espressamente che “In caso di mancata espressione del parere vincolante del Soprintendente nei tempi previsti dal comma 5, si forma il silenzio assenso ai sensi dell'articolo 17-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e l'amministrazione procedente provvede al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica”.

Tale disposizione è chiarissima nel qualificare il parere (semplificato) della soprintendenza come atto co-decisorio ai sensi dell’art. 17-bis L. 241/90.

Coerentemente con le considerazioni sin qui svolte, si è espresso anche il Consiglio di Stato con il parere del 13 luglio 2016, n. 1640 [18] secondo il quale l’art. 17-bis si applica ai procedimenti con fase decisoria pluristrutturata e pertanto “anche ai pareri vincolanti, e non, invece, a quelli puramente consultivi (non vincolanti) che rimangono assoggettati alla diversa disciplina di cui agli artt. 16 e 17 della legge n. 241 del 1990”.

Osserva il citato parere che, in linea di massima, gli artt. 16 e 17 fanno riferimento ad atti di altre amministrazioni da acquisire (al di là del nomen iuris) nella fase istruttoria, mentre l’art. 17-bis fa riferimento ad atti da acquisire nella fase decisoria, dopo che l’istruttoria si è chiusa.

Il comma 1 di quest’ultima disposizione prevede, infatti, che all’amministrazione che deve esprimere l’assenso venga inviato uno schema di provvedimento, corredato dalla relativa documentazione. Proprio il riferimento allo schema di provvedimento implica, ad avviso del parere in disamina, che si sia già chiusa la fase istruttoria.

L’art. 17-bis è, quindi, destinato ad applicarsi solo ai procedimenti caratterizzati da una fase decisoria pluristrutturata e, dunque, nei casi in cui l’atto da acquisire abbia valenza co-decisoria

La disposizione in esame richiede, pertanto, che le due Amministrazioni (quella titolare del procedimento e quella interpellata) condividano la funzione decisoria, nel senso che entrambe devono essere titolari di una funzione decisoria sostanziale.[19]

          5.3 Un ulteriore argomento emerge dal tenore testuale e dalle ragioni giustificative degli artt.          14-bis e 17- bis., L. 241/1990 applicabili anche alle amministrazioni preposte alla tutela dei             beni culturali [20]

L’art. 17- bis., testualmente recita “il silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche opera anche nei “casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale… per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche”.

Nelle ipotesi suindicate il termine entro il quale le amministrazioni competenti sono tenute a comunicare il proprio assenso, concerto o nulla osta è definito dalla normativa di settore, o in mancanza, in novanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell'amministrazione procedente; anche in tali ipotesi, si prevede espressamente che decorso siffatto termine senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito.

Il regime anzidetto si applica pertanto anche ai casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela dei beni culturali.

Il meccanismo del silenzio-assenso orizzontale palesa, in altri termini, una contrarietà di fondo del legislatore nei confronti dell’inerzia amministrativa, che non può essere circoscritta  in ragione della natura del procedimento preso in esame, imponendosi in via generalizzata (salve le eccezioni di cui all’art. 17 bis, comma 4, L. n. 241/90) per ogni forma di esercizio del pubblico potere, amministrativo o normativo, qualora il provvedimento finale presupponga una fase di co-decisione di competenza di altra Amministrazione.

Le medesime conclusioni si impongono, a fortiori, in relazione all’art. 14-bis, legge 241 del 1990, che  afferma anche con riferimento alle amministrazioni preposte alla tutela paesaggistico-territoriale, il principio per cui si considera acquisito l'assenso senza condizioni delle amministrazioni il cui rappresentante non abbia partecipato alle riunioni ovvero, pur partecipandovi, non abbia espresso, ai sensi del comma 3 la propria posizione, ovvero abbia espresso un dissenso non motivato o riferito a questioni che non costituiscono oggetto della conferenza.

La riforma dell’istituto della conferenza di servizi ha inteso rimediare alle disfunzioni registrate nella prassi, prevedendo vari meccanismi di semplificazione in un’ottica di trasformazione del ruolo della semplificazione[21].

          5.4 Un ultimo argomento si ricava da una lettura costituzionalmente orientata dell’art 17 bis

Il Consiglio di Stato, già nel parere n. 1640/2016, aveva rilevato come il meccanismo del silenzio assenso orizzontale rinviene il proprio fondamento nel principio di buon andamento, di cui all’art. 97 Cost., letto ‘in un’ottica moderna’, che tenga conto anche dell’esigenza di assicurare il ‘primato dei diritti’ della persona, dell’impresa e dell’operatore economico rispetto a qualsiasi forma di mero dirigismo burocratico.

Diversamente da quanto ritenuto dall’orientamento tradizionale i meccanismi di semplificazione dell’azione amministrativa non vanno visti come una forma di sacrificio dell’interesse pubblico ma, al contrario, come strumenti funzionali ad assicurare una cura efficace, tempestiva e pronta dello stesso, con il minore onere possibile per la collettività e per i singoli privati[22].

E ciò in quanto, come argomenta il citato parere, "nel tempo presente ... il sistema tende a favorire la liberalizzazione e la deregolamentazione delle attività private, accompagnate da una serie di normative tese allo snellimento dell'azione amministrativa semplificando anche i rapporti tra amministrazioni, come dimostra quanto statuito nell'art. 17 bis ...nei casi in cui opera il silenzio assenso, l'interesse sensibile dovrà comunque essere oggetto di valutazione, comparazione e bilanciamento da parte dell'amministrazione procedente".

L’estensione del meccanismo del silenzio assenso al parere della soprintendenza non si traduce pertanto in una rinuncia alla cura nel caso specifico dell'interesse assegnato alla p.a. rimasta inerte, in quanto, gli interessi sensibili restano pienamente tutelati nella fase istruttoria condotta dall'amministrazione procedente che ha competenza (non esclusiva) in materia.

Invero, l’introduzione di rimedi di semplificazione dissuasivi e stigmatizzanti il silenzio contribuisce, quindi, a dare piena attuazione al principio di trasparenza dell’azione amministrativa.

Dopo avere esaminato tutti gli argomenti contrari alla teorica che esclude nel procedimento di autorizzazione paesaggistica il meccanismo del silenzio assenso orizzontale, il Consiglio di Stato rileva che il definitivo superamento dell’indirizzo tradizionale è stato formalmente sancito dalla recente modifica apportata all’articolo 2 della legge n. 241 del 1990 dall’articolo 12, comma 1, lett. a), n. 2), del decreto-legge n. 76 del 2020, che ha introdotto il nuovo comma 8-bis.

A tenore della norma “Le determinazioni relative ai provvedimenti, alle autorizzazioni, ai pareri, ai nulla osta e agli atti di assenso comunque denominati, adottate dopo la scadenza dei termini di cui agli articoli 14-bis, comma 2, lettera c), 17-bis, commi 1 e 3, 20, comma 1 …,ovvero successivamente all’ultima riunione di cui all’art. 14 ter, comma 7… sono inefficaci, fermo restando quanto previsto dall’articolo 21-nonies, ove ne ricorrano i presupposti e le condizioni”.

La lettera di tale disposizione, riferendosi espressamente alle fattispecie del silenzio maturato nel corso di una conferenza di servizi ex art. 14-bis e nell’ambito dell’istituto di cui all’art. 17-bis, è inequivocabile nell’affermare il principio (che non ammette eccezioni) secondo cui le determinazioni tardive sono irrilevanti in quanto prive di effetti nei confronti dell’autorità competente, e non soltanto privi di carattere vincolante.

Alla luce del novum normativo, non c’è più spazio per la sopravvivenza del c.d. silenzio-devolutivo, stante la formulazione volutamente onnicomprensiva della nuova norma, e il parere della Soprintendenza reso tardivamente nell’ambito di una conferenza di servizi è tamquam non esset.

 

  1. La posizione “rimeditata” del Consiglio di Stato

 

Con una pronuncia che non ha precedenti nei medesimi termini il Consiglio di Stato osserva che attraverso gli istituti di semplificazione in esame (17-bis e 14-bis) il Legislatore ha cercato di raggiungere un delicato punto di equilibrio tra la tutela degli interessi sensibili e la, parimenti avvertita, esigenza di garantire una risposta (positiva o negativa) entro termini ragionevoli all’operatore economico, che, diversamente, rimarrebbe esposto al rischio dell’omissione burocratica.

L’evoluzione normativa ha progressivamente fluidificato l’azione amministrativa, neutralizzando gli effetti negativi e paralizzanti del silenzio amministrativo, sino al punto di ricollegare al silenzio dell’Amministrazione interpellata la più grave delle “sanzioni” o il più efficace dei “rimedi”, ossia l’equiparazione del silenzio all’assenso con conseguente perdita del potere di dissentire e di impedire la conclusione del procedimento non consente di aderire ad un orientamento che esclude l’operatività del meccanismo del silenzio assenso in relazione alla tutela degli interessi paesaggistici.

Sulla base di tali premesse ricorda che il compito essenziale dell’interprete (e dunque della giurisprudenza) è quello di dipanare gradualmente, attraverso gli strumenti dell’esegesi normativa, i dubbi interpretativi che ciascuna disposizione inevitabilmente solleva.

La giurisprudenza non è fonte del diritto. Il giudice comune, nel ruolo – costituzionalmente diverso da quello del legislatore – di organo chiamato non a produrre un quid novi sulla base di una libera scelta o a stabilire una disciplina di carattere generale, ma a individuare e dedurre la regola del caso singolo bisognoso di definizione dai testi normativi e dal sistema.

In ossequio ai superiori principi  il Consiglio di Stato pone due elementi a fondamento di un nuovo indirizzo interpretativo, entrambi rinvenienti nel quadro normativo di riferimento e definitivamente confermati dal nuovo comma 8-bis dell’art 2 della L 241/90, che ha stigmatizzato l’effetto patologico del silenzio dell’amministrazione, e precisamente:

  • L’autorizzazione paesaggistica ex art.146, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 quale paradigma delle decisioni pluri-strutturate
  • Il bilanciamento degli interessi pubblici

In relazione al primo il Collegio ricorda come storicamente, la previsione dell'autorizzazione paesaggistica (obbligatoria) ha la funzione di far precedere ogni trasformazione del bene paesaggistico da un controllo amministrativo circa la compatibilità dell'intervento proposto con l'esigenza di non dispersione del valore paesaggistico che il bene esprime.

Il procedimento di autorizzazione paesaggistica origina dall’istanza del privato, che deve contenere il progetto da realizzare e la c.d. relazione paesaggistica[23] .

L'amministrazione opera quindi una valutazione circa gli effetti che l'attuazione del progetto proposto (per come prospettato dalla parte istante) produrrebbe sul bene stesso e sul contesto e, di seguito, esprime una valutazione circa la compatibilità della trasformazione con l'esigenza di tutela del bene o del paesaggio vincolato.

Terminata l'istruttoria e, comunque, allo spirare del termine di quaranta giorni, l'amministrazione trasmette alla soprintendenza la documentazione presentata dall'interessato, accompagnandola con una relazione tecnica illustrativa nonché con una proposta di provvedimento.

A questo punto, la Soprintendenza interpellata può, agendo tempestivamente, manifestare le proprie perplessità sullo schema di provvedimento ricevuto, rappresentando eventuali esigenze istruttorie ovvero adottando espressamente il proprio avviso su quanto richiesto.

Ebbene da tale ricostruzione discende da un lato, la natura vincolante del parere garantisce che lo Stato mantenga un ruolo determinante rispetto al merito della procedura autorizzatoria; dall’altro, nell’ipotesi in cui l’amministrazione interpellata sia rimasta inerte, l’amministrazione procedente valuta comunque l’interesse pubblico affidato alla cura dell’amministrazione interpellata, assumendo, all’esito della formazione del silenzio assenso ex art. 17 bis l. n. 241/90[24], una decisione conclusiva del procedimento.

In altri termini l’autorizzazione paesaggistica si configura quale decisione pluristrutturata, in quanto una volta conclusa l’istruttoria e definito lo schema di provvedimento da porre a base della successiva fase decisoria, occorre:

- da un lato, che l’amministrazione interpellata agisca tempestivamente, manifestando prontamente le proprie perplessità sullo schema di provvedimento ricevuto e rappresentando eventuali esigenze istruttorie o adottando espressamente il proprio avviso su quanto richiesto;

- dall’altro, che l’amministrazione procedente valuti comunque l’interesse pubblico affidato alla cura dell’Amministrazione interpellata in ipotesi rimasta inerte, assumendo, all’esito della formazione del silenzio assenso ex art. 17-bis, l. n. 241/90, una decisione conclusiva del procedimento (comunque necessaria) che tenga in debita considerazione anche l’interesse pubblico sotteso all’atto di assenso implicitamente acquisito.

Nelle singole fasi di cui si compone il procedimento di autorizzazione paesaggistica trova applicazione il silenzio assenso orizzontale e l'interesse sensibile dovrà comunque essere oggetto di valutazione, comparazione e bilanciamento da parte dell'amministrazione procedente.

L’attenuazione del principio della primazia dell'interesse alla tutela del paesaggio in ragione di un necessario bilanciamento degli interessi sensibili rappresenta il secondo elemento che il Collegio individua quale presupposto di una rinnovata interpretazione della norma.

A tal riguardo, il Collegio afferma di non poter condividere l’assunto dell’indirizzo tradizionale che afferma espressamente il principio della primazia, assoluta ed escludente, dell'interesse alla tutela del paesaggio, anche rispetto ad altri interessi di rilevanza costituzionale, e ne chiarisce le ragioni.

In particolare dall’esame delle varie disposizioni della legge generale sull'azione amministrativa, emerge la equiordinazione, della tutela del paesaggio e di quella dell'ambiente, quali interessi di rilievo costituzionale, a tutela rinforzata[25]

Ed è anche in ragione di tale equiordinazione [26], che il legislatore ha assegnato alla conferenza di servizi la funzione di costituire la sede di rappresentazione, prima, e di composizione, poi (mediante le necessarie modifiche e mediazioni), degli interessi pubblici - compresi in primo luogo quelli sensibili o "superprimari" - e privati che caratterizzano le specifiche fattispecie sulle quali la p.a. è chiamata a decidere.

Inoltre la tesi secondo cui la Soprintendenza non possa curarsi degli altri interessi pubblici  è smentito dalla più recente giurisprudenza costituzionale, la quale, a partire dalla rilevantissima decisione della Corte cost. 9 maggio 2013, n. 85[27],  afferma il principio del necessario bilanciamento tra valori, o interessi pubblici, “primari” o “prioritari”.

In tale rinnovata prospettiva ermeneutica, nessun valore o diritto può prevalere in modo radicale e occorre invece individuare un punto di equilibrio che, proprio perché dinamico e non prefissato in anticipo, deve essere valutato secondo criteri di proporzionalità e di ragionevolezza [28].

Questa innovativa impostazione trova oggi un fondamento costituzionale espresso nel nuovo comma 3 dell’art. 9 della Costituzione (legge costituzionale n. 1 del 2022), che introduce, nell’ambito dei principi fondamentali enunciati nella Costituzione – il principio di tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni[29].

Alla luce delle superiori argomentazioni il Collegio conclude che il meccanismo del silenzio assenso orizzontale assicura non soltanto la tempestiva adozione della decisione finale, ma anche un’adeguata protezione di tutti gli interessi pubblici coinvolti nell’esercizio del potere, pure in assenza di una determinazione espressa dell’Amministrazione interpellata.

Il Collegio nella sua dettagliata analisi precisa che l’applicazione della norma agli atti di tutela degli interessi sensibili dovrà, invece, essere esclusa laddove la relativa richiesta non provenga dall’Amministrazione procedente, ma dal privato destinatario finale dell’atto. In tal caso, venendo in rilievo un rapporto verticale, troverà applicazione l’art. 20 della legge n. 241 del 1990 (che esclude dal suo campo di applicazione gli interessi sensibili)[30].

Inoltre la competenza della Soprintendenza resta garantita ferma restando la possibilità della Soprintendenza di poter agire in autotutela secondo il principio del contrarius actus (che la giurisprudenza amministrativa ha in più occasioni richiamato con riferimento all’autotutela sui provvedimenti adottati all’esito della conferenza di servizi) in base al quale l’eventuale esercizio dell’autotutela deve seguire il medesimo procedimento d’emanazione dell’atto che si intende rimuovere o modificare[31] .

 

 

 

 

 

 

 

 

[1] Cons. Stato, Sez. VI, 24 maggio 2022, n. 4098 Non sussistono, in astratto, ragioni ostative all’applicazione dell’istituto del silenzio assenso, disciplinato dall’art. 17 bis della L. n. 241/90, ai procedimenti di rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche. Lo scenario che fa da sfondo alle fattispecie di silenzio-assenso disciplinate dall’art. 17 bis cit., è costituito, come si legge nel parere di questo Consiglio di Stato n. 1640/2016, dalla pendenza di un procedimento avviato da una amministrazione, d’ufficio o su istanza di parte, “che preveda al suo interno una fase co-decisoria necessaria di competenza di altra amministrazione, senza che rilevi la natura del provvedimento finale nei rapporti verticali con il privato destinatario degli effetti dello stesso”.

[2] Cons. Stato, sez. V, n. 255/2022, in tema di silenzio assenso orizzontale perfezionatosi in Conferenza di servizi:"... deve allora rilevarsi come, da un lato, in base al citato art. 17 bis [della l. n. 241/1990], nell'ambito delle conferenze di servizi, gli assensi e nulla osta delle Amministrazioni preposte alla tutela dei beni culturali e paesaggistici si intendono acquisiti favorevolmente decorsi novanta giorni dalla richiesta del parere; dall'altro gli artt. 22 e 25 del d.lgs. n. 42 del 2004 non si applicano cumulativamente in combinato disposto, la prima norma escludendo anzi espressamente che il procedimento ivi disciplinato (diffida del privato e ricorso avverso il silenzio inadempimento) possa essere applicato agli atti di assenso resi nelle conferenze di servizi. La disciplina normativa su indicata distingue infatti le diverse (e alternative) fattispecie: a) quella relativa al procedimento in caso di richiesta di autorizzazione di interventi su beni culturali e paesaggistici su richiesta dell'interessato, in cui quest'ultimo può agire in giudizio con il ricorso contro il silenzio inadempimento qualora la Soprintendenza non renda il dovuto parere nel termine di 120 giorni dall'istanza; b) quella di cui al diverso procedimento in sede di conferenza di servizi ("Fuori dei casi previsti dall'articolo 25 e 26") nella quale i pareri delle Amministrazioni preposte alla tutela dei beni si intendono acquisiti favorevolmente decorsi 90 giorni dalla richiesta in applicazione dell'art. 17 bis della legge 241 del 1990. Invero, la diversa interpretazione delle norme procedimentali fornita dall'appellata sentenza (anche sulla base di un richiamo al citato precedente giurisprudenziale anteriore all'inserimento della norma di cui all'art. 17 bis della legge n. 241 del 1990) comporterebbe che, per un verso, l'inerzia dell'amministrazione, in caso di silenzio della Soprintendenza in sede di competenza di servizi, si volgerebbe inesorabilmente in danno del privato (dovendo essa condurre, sempre e necessariamente, ad un diniego dell'istanza ovvero ad una sospensione sine die del procedimento amministrativo avviato); dall'altro si pone in aperto contrasto con il dato letterale della norma di cui all'art. 17 bis della legge n. 241 del 1990 sulla formazione del silenzio assenso, che non troverebbe così mai applicazione nell'ambito delle conferenze di servizi relative agli interventi sui beni disciplinati dal d.lgs. 42/20004, dovendo viceversa il privato anche in questa ipotesi sempre impugnare il silenzio-inadempimento.  Al contrario, nella seconda fattispecie su indicata (dell'assenso richiesto nell'ambito delle conferenze di servizi per interventi edilizi su beni culturali e paesaggistici) è sempre applicabile l'art. 17 bis della legge n. 241/1990, che disciplina il generale meccanismo di formazione del silenzio assenso nell'ottica della semplificazione procedimentale. Il dato normativo cosi ricostruito, per la sua chiarezza, non consente invece di ricavare, come fatto dall'appellata sentenza, dal mero riferimento contenuto nell'art. 25 del d.lgs. n. 42/2004 ad una dichiarazione motivata l'inapplicabilità alla fattispecie della generale norma procedimentale sulla formazione del silenzio assenso e la necessità che il procedimento si concluda sempre con un provvedimento espresso dell'amministrazione preposta alla tutela del bene, dando al privato la sola possibilità di impugnarne il silenzio- inadempimento".

[3] E. CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè, 2016, p. 409 Il silenzio della Pubblica Amministrazione determina l’attribuzione della competenza ad altra autorità. L’art.17, co. 1,  L. 241/1990 infatti prevede la devoluzione di competenze ad altri organi ed enti di valutazioni tecniche con qualificazione e capacità tecnica equipollenti.

[4] Cons. Stato, nn. 5066/2012 e 4914/2013 “la perentorietà del termine riguarda non la sussistenza del potere o la legittimità del parere, ma l’obbligo di concludere la fase del procedimento (obbligo che, se rimasto inadempiuto, può essere dichiarato sussistente dal giudice, con le relative conseguenze sulle spese del giudizio derivato dall’inerzia del funzionario”; TAR Campania, Salerno, II, 4 marzo 2014, n. 520; TAR Lazio 20.5.2014, n. 5278 e Circolare MIBAC 7 dicembre 2011, n. 27.

[5]G. PAGLIARI, Permesso di costruire e autorizzazione paesaggistica, in Urbanistica e paesaggio, a cura di G. CUGURRA, E. FERRARI, G. PAGLIARI, Atti dell’VIII Convegno nazionale AIDU, Parma, 18-19 novembre 2005, Napoli, 2006, 293 ricorda l’incertezza della giurisprudenza su tale tema. Secondo un primo orientamento della giurisprudenza, il decorso del termine previsto per rendere il parere non avrebbe privato la Soprintendenza del potere consultivo, mancando nel Codice un’espressa previsione di decadenza o la qualificazione del silenzio come significativo. Secondo un diverso orientamento, la prescindibilità implica che il parere della Soprintendenza reso con ritardo è privo dell’efficacia attribuitagli dalla legge, vale a dire privo di valenza obbligatoria e vincolante. In entrambi i casi, si tratta di un effetto del silenzio diverso dal silenzio significativo, perché alla inerzia del soprintendente non è attribuito un significato positivo o negativo. La prescindibilità – diversa dal silenzio assenso - è però idonea a “sbloccare” il procedimento, autorizzando l’Amministrazione co-decidente a provvedere autonomamente sulla base della proposta da essa stessa formulata alla Soprintendenza, lasciando la decisione all’esclusiva responsabilità della prima. Non mancano, infine, pronunce che giungono a dichiarare il parere tardivo nullo per carenza di potere e, quindi, irrilevante, con una lettura poco rispondente ai principi di buon andamento della p.A..

[6]Cons. St., n. 4914/2013; Tar Campania, I, 24 febbraio 2014, n. 459.

[7] Nell'ambito della riforma della pubblica amministrazione approvata nel corso della legislatura, (c.d. legge Madia) il Parlamento ha delegato il Governo a ridefinire e semplificare la disciplina della conferenza di servizi con l'obiettivo, tra gli altri, di rendere più celeri i tempi della conferenza, nonché assicurare che qualsiasi tipo di conferenza abbia una durata certa (art. 2, L. 124/2015). In attuazione della delega, il D.Lgs. 30 giugno 2016, n. 127 ha riscritto la disciplina della conferenza, riformulando integralmente gli articoli da 14 a 14-quinquies della L. n. 241/1990 con la previsione di una riduzione dei tempi e dei casi in cui essa è obbligatoria, lo snellimento dei lavori, da conseguire anche mediante l’utilizzo di strumenti informatici, la semplificazione del modello decisionale attraverso la partecipazione alla conferenza di un rappresentante unico per tutte le amministrazioni statali, l’espressa introduzione del potere di autotutela, le nuove modalità di superamento del dissenso (nella forma di un’opposizione dinanzi alla Presidenza del Consiglio dei ministri), la differenziazione delle modalità di svolgimento dei lavori sulla base del principio di proporzionalità.

[8] R. GAROFOLI, G. FERRARI, Manuale di diritto amministrativo, Roma, Nel diritto Editore, 2016; L. TORCHIA (a cura di), I nodi della pubblica amministrazione, Napoli, Editoriale Scientifica, 2016, pp. 209 ss; M. SANTINI, La nuova conferenza di servizi dopo la riforma Madia, Roma, Dike, 2016; L. BOBBIO, D. BARELLA, M. SARTONI, La Conferenza di servizi: analisi empirica ed esperienze a confronto, aprile 2009.

[9] Cons. Stato, sez. I, 28 giugno 2021, n. 1114, Conforme Cons Stato, parere 25 gennaio 2021, n. 103 In ordine all’efficacia eventualmente da riconoscere a un parere negativo da parte della Soprintendenza, reso successivamente al decorso del termine di quarantacinque giorni, si possono infatti dare tre possibili esiti: a) la consumazione del potere per l'organo statale di rendere un qualunque parere (di carattere vincolante o meno)…; b) la permanenza in capo alla Soprintendenza del potere di emanare un parere di carattere comunque vincolante (dovendosi in particolare riconoscere carattere meramente ordinatorio al richiamato termine); c) la possibilità per l'organo statale di rendere comunque un parere in ordine alla compatibilità paesaggistica dell'intervento, privo di effetti vincolanti ma autonomamente valutabile dall'amministrazione titolare dell'adozione dell'atto autorizzatorio finale”

[10]Cons. Stato, sez. IV, 27 luglio 2020, n. 4765; idem, 29 marzo 2021, n. 2640; idem, 7 aprile 2022, n. 2584

[11] G. Pino, Conflitto e bilanciamento tra diritti fondamentali, Una mappa dei problemi, in Etica & Politica/ Ethics & Politics, 2006, 13-15, parte dalla dottrina ha criticato la possibilità costruire una gerarchia di valori costituzionali sulla base di argomenti che si possono schematizzare nel modo seguente: a)  la scelta di una gradazione dei valori secondo una scala gerarchia non ha carattere oggettivo ma soggettivo in quanto dipende dalla lente con cui l’interprete si rivolge al testo costituzione e ne modula il contenuto assiologico (discrezionalità nella selezione dei diritti principi fondamentali da un lato, nella definizione di ciò che ricade all’interno del perimetro che delimita il nucleo essenziale non comprimibile del valore); b) non risolve il problema del coordinamento perché non esclude l’esigenza del bilanciamento (alcuni diritti dovranno comunque essere bilanciati); c) postulare l’esistenza di un contenuto essenziale del diritto significa riconoscere l’esistenza di una conflittualità latente tra principi e dunque l’esigenza del bilanciamento. Sul punto anche: S. Amorosino, Dalla disciplina (statica) alla regolazione (dinamica) del paesaggio: una riflessione d'insieme, in Riv. giur. urb., 2006, 4, 420 ss.; P. Marzaro, La “cura” ovvero “l’Amministrazione del paesaggio”: livelli, poteri e rapporti tra Enti nella riforma del 2008 del Codice Urbani (dalla concorrenza dei poteri alla paralisi dei poteri?), in Riv. giur. urb., 2008, 4, 416 ss.; Id., Pianificazione paesaggistica e beni paesaggistici: la centralità del procedimento nella “duplicità” del sistema, in Riv. giur. urb., 2013,

[12] In dottrina, sull’art. 146 del d.lgs. n. 42/2004: G. Cartei, L’autorizzazione paesaggistica nel codice dei beni culturali e del paesaggio, in G.d.A., 2007, 1270 ss.; A. Calegari, Riflessioni in tema di tutela dell'ambiente e del paesaggio nell’esperienza italiana, in Riv. giur. urb., 2014, 224 ss.; M. Corti, Vincoli e autorizzazioni paesaggistiche: orientamenti consolidati e profili di novità, in Riv. giur. amb., 2011, 2, 524 ss.; V. Parisio, L’impugnazione dell'autorizzazione paesaggistica nell'art. 146 c. 12 del d. lgs. n. 42 del 2004: supremazia dei valori paesaggistici e deroghe al sistema processuale amministrativo, in F. Cortese (a cura di), Conservazione del paesaggio e dell'ambiente, governo del territorio e grandi infrastrutture: realtà o utopia, 2009, 151 ss.; V. Parisio, Legittimità e merito nei provvedimenti di vincolo, in Riv. giur. urb., 2008, 3, 234 ss.; A. Angiuli, Art. 146, in A. Angiuli, V. Caputi Iambrenghi (a cura di), Commentario al Codice dei beni culturali e del paesaggio, 2005, Torino, 383 ss.; S. Civitarese Matteucci, Art. 146, in M. Cammelli (a cura di), Il codice dei beni culturali e del paesaggio, 2007, Bologna, 593 ss.; M.R. Spasiano, Art. 146, in M.A. Sandulli (a cura di), Codice dei beni culturali e del paesaggio, 2012, Milano, 1116 ss.; P. Carpentieri, Regime dei vincoli e Convenzione europea, in G.F. Cartei (a cura di), Convenzione europea del paesaggio e governo del territorio, 2007, Bologna 135 ss.; G. Mari, Le incertezze irrisolte in tema di autorizzazione paesaggistica, in Riv. giur. ed., 2014, 6, 103 ss.       

[13] A. Berlucchi, Il parere tardivo espresso dalla soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici ex art. 146 d. lgs. n. 2004/42: spunti di riflessione, in Riv. giur. ed., 2017, 1, 128 ss.

[14] Cons. Stato, sez. VI, 23 maggio 2012, n. 3039, in Riv. giur. ed., 2012, 4, 707 ss «la semplificazione procedimentale può sì perseguire l'obiettivo di speditezza del procedimento ma non surrettiziamente invertire il rapporto sostanziale tra interessi e sottrarre effettività a un principio fondamentale dell'ordinamento costituzionale qual è la tutela del paesaggio».

[15]Corte di Cassazione, Sezioni unite civili del 30 dicembre 2022, n. 38162.

[16]Cons. Stato, sez. IV, 10 giugno 2019, n. 3870 Con l’entrata in vigore nel 2010 dell’art. 146 cit., «la Soprintendenza esercita, non più un sindacato di legittimità ex post […] sulla autorizzazione già rilasciata dalla regione o dall'ente delegato, con il correlativo potere di annullamento, ma un potere che consente di effettuare ex ante valutazioni di merito amministrativo, con poteri di cogestione del vincolo paesaggistico». La funzione esercitata dalla Soprintendenza, benché consultiva assume valenza, in sostanza, di tipo co-decisionale rispetto alla determinazione di autorizzazione paesaggistica; Il Collegio ricorda che una consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato aveva già in passato chiarito la natura co-decisoria del parere vincolante (Cons. Stato, sez. VI, 21 novembre 2016, n. 4843; 15 maggio 2017, n. 2262, 17 marzo 2020, n. 1903; 16 giugno 2020, n. 3885; 5 ottobre 2020, n. 5831; 18 marzo 2021, n. 2358; 27 maggio 2021, n. 4096; sez. IV, 19 aprile 2021, n. 3145).

[17] Il dPR 31/2017 individua negli allegati A e B, una serie di interventi liberi ovvero interventi ed opere escluse da autorizzazione paesaggistica (ben 31) e una serie di interventi di lieve entità per cui è prevista una procedura di autorizzazione paesaggistica semplificata (ben 41).

[18] (reso su uno specifico quesito proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, su alcuni problemi applicativi dell'articolo 17-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241) A tal riguardo, “il Consiglio di Stato ritiene si possa parlare di un ‘nuovo paradigma’: in tutti i casi in cui il procedimento amministrativo è destinato a concludersi con una decisione ‘pluristrutturata’ nel senso che la decisione finale da parte dell’Amministrazione procedente richiede per legge l’assenso vincolante di un’altra Amministrazione il silenzio dell’Amministrazione interpellata, che rimanga inerte non esternando alcuna volontà, non ha più l’effetto di precludere l’adozione del provvedimento finale ma è, al contrario, equiparato ope legis a un atto di assenso e consente all’Amministrazione procedente l’adozione del provvedimento conclusivo. …. il silenzio assenso “orizzontale” previsto dall’art. 17-bis opera, nei rapporti tra Amministrazioni co-decidenti, quale che sia la natura del provvedimento finale che conclude il procedimento, non potendosi sotto tale profilo accogliere la tesi che, prospettando un parallelismo con l’ambito applicativo dell’art. 20 concernente il silenzio assenso nei rapporti tra privati, circoscrive l’operatività del nuovo istituto agli atti che appartengono alla categoria dell’autorizzazione, ovvero che rimuovono un limite all’esercizio di un preesistente diritto. La nuova disposizione, al contrario, si applica a ogni procedimento (anche eventualmente a impulso d’ufficio) che preveda al suo interno una fase co-decisoria necessaria di competenza di altra amministrazione, senza che rilevi la natura del provvedimento finale nei rapporti verticali con il privato destinatario degli effetti dello stesso”.

[19]Il parere in esame ha anche chiarito che l’art. 17-bis non si applica nei casi in cui un’amministrazione ha un ruolo meramente formale (come nel caso dello Sportello Unico che si limita a raccogliere e trasmettere l’istanza all’Amministrazione unica decidente). In questo caso, infatti, come si è puntualmente osservato, non essendoci un’amministrazione co-decidente, il vero beneficiario del silenzio assenso sarebbe il privato, avendosi, quindi, un’ipotesi silenzio assenso nei rapporti (non endo-procedimentali) verticali con i privati (c.d. decisione monostrutturata).

[20]A sostegno della conclusione per cui le disposizioni di cui agli artt. 14-bis e 17-bis sono animate da un’analoga ragione giustificatrice, merita di essere richiamata la decisione della Corte costituzionale n. 246/2018 ( cfr. par. 4.2.3.1.) nella quale è stato chiarito che l’art. 17- bis, sebbene collocato al di fuori degli articoli espressamente dedicati alla conferenza di servizi (artt. 14-14-quinquies), trova applicazione anche nel caso in cui occorra convocare la conferenza di servizi in quanto «il silenzio assenso di cui all’art. 17-bis opera sempre (anche nel caso in cui siano previsti assensi di più amministrazioni) e, se si forma, previene la necessità di convocare la conferenza di servizi.

[21] Sul punto, Corte cost., sent. n. 62/1993, ove si afferma che l’istituto mira “non tanto ad eliminare uno o più atti del procedimento, quanto a rendere contestuale quell’esame da parte di amministrazioni diverse che, nella procedura ordinaria, sarebbe destinato, invece, a svolgersi secondo una sequenza temporale scomposta in fasi distinte”

[22] Confindustria Ref, Iter autorizzativi e semplificazione: la conferenza di servizi. Analisi empirica e indagine sul campo, Roma, giugno 2015; Italiadecide, Rapporto 2015. Semplificare è possibile: come le pubbliche amministrazioni potrebbero fare pace con le imprese, Bologna, Il Mulino, 2015

[23] La relazione paesaggistica deve descrivere: a) lo stato attuale del bene; b) gli elementi di valore paesaggistico in esso presenti; c) gli impatti delle trasformazioni proposte (rappresentati anche attraverso simulazione dettagliata dello stato dei luoghi a seguito della realizzazione del progetto resa mediante foto modellazione realistica (rendering computerizzato o manuale), comprendente un adeguato intorno dell'area di intervento, desunto dal rapporto di intervisibilità esistente; d) i fattori di mitigazione e compensazione proposti

[24] In linea con le considerazioni sinora svolte, un inquadramento del tutto coerente, sul piano sistematico, della problematica in esame l’aveva data proprio l’importante, e più volte menzionato, parere del Consiglio di Stato, parere commissione speciale, 13 luglio 2016, n. 1640, cit.), secondo cui “La formulazione testuale del comma 3 consente di accogliere la tesi favorevole all’applicabilità del meccanismo di semplificazione anche ai procedimenti di competenza di amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili, ivi compresi i beni culturali e la salute dei cittadini. Sul punto la formulazione letterale del comma 3 è chiara e non lascia spazio a dubbi interpretativi: le Amministrazioni preposte alla tutela degli interessi sensibili beneficiano di un termine diverso (quello previsto dalla normativa di settore o, in mancanza, del termine di novanta giorni), scaduto il quale sono, tuttavia, sottoposte alla regola generale del silenzio assenso.La giurisprudenza costituzionale richiamata nella richiesta di parere, del resto, non ha sancito un principio di insuperabile incompatibilità tra silenzio assenso e interessi pubblici sensibili, limitandosi ad esaminare la questione con riferimento ai rapporti tra legislazione regionale e legislazione statale. La Corte costituzionale ha, in altri termini, ritenuto preclusa alla legislazione regionale la possibilità di introdurre ipotesi di silenzio assenso (ulteriori rispetto a quelle previste dalla legislazione statale) in procedimenti diretti alla tutela di interessi sensibili. Al contrario, le richiamate sentenze della Corte costituzionale non sembrano di per sé impedire alla potestà legislativa statale la previsione di casi di silenzio assenso anche in materie sensibili”. L’applicazione del silenzio assenso orizzontale al parere paesaggistico è stata espressamente affermata dal Ministero dei Beni culturali con le circolari 10 novembre 2015, prot. n. 27158 e 20 luglio 2016, prot. 21892.

[25] 2 G. CUGURRA, La semplificazione del procedimento amministrativo nell’art. 17 della legge 15 maggio 1997, n. 127, in Dir. Amm., 1998, p. 488.

[26]G. MORBIDELLI, Il silenzio-assenso, in La disciplina generale dell’azione amministrativa, a cura di V. Cerulli Irelli, Jovene, Napoli 2006, p. 267.

[27] Corte cost. 9 maggio 2013, n. 85 ha affrontato uno dei “leading case” di diritto ambientale più celebri in Italia: quello dell’acciaieria allora di proprietà dell’ILVA S.p.a., sita a Taranto  Ad avviso della Consulta, infatti, l’ambiente, la salute umana e il patrimonio culturale sono per pacifica giurisprudenza costituzionale, amministrativa, penale e civile, nonché in virtù di espressa previsione costituzionale e di legge ordinaria, valori, o interessi pubblici, primari. “Tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere sempre «sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro» (sentenza n. 264 del 2012). Se così non fosse, si verificherebbe l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe “tiranno” nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona”.

[28]  Cfr. D. AMIRANTE, Profili di diritto costituzionale dell’ambiente, in P. DELL’ANNO – E. PICOZZA (a cura di), Trattato di diritto dell’ambiente, Cedam, Padova, 2012, 280. L’autore converge sull’opportunità che, per ottenere la pienezza di tutela, lo status giuridico dell’ambiente non continui a conservare la consistenza valoriale ma sia piuttosto concretizzato nella forma del principio, che dovrebbe avere la stessa forza dei principi fondamentali elencati nella prima parte della nostra Costituzione.

[29] La citata riforma recepisce formalmente il principio, già elaborato dal diritto vivente, per cui, oltre alla tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico della Nazione, richiamato dal secondo comma dell’art. 9 Cost. si attribuisce pertanto alla Repubblica anche la tutela di tali ulteriori aspetti.

[30] Consiglio di Stato, Sez. VI, 24 maggio 2022, n. 4098 In definitiva, il silenzio assenso disciplinato dall’art. 17 bis ha natura endoprocedimentale, avendo valenza solo all’interno di un procedimento pendente, destinato a chiudersi con un provvedimento avente efficacia esterna, di competenza dell’amministrazione procedente. Proprio per questa ragione esso differisce rispetto al silenzio assenso disciplinato dal successivo art. 20, che invece ha natura provvedimentale e disciplina direttamente e “verticalmente” i rapporti tra amministrazione procedente e privato richiedente.

[31] Questo significa che l’amministrazione autrice dell’assenso silenzioso non potrà limitarsi ad esprimere il proprio sopravvenuto dissenso, ma dovrà sollecitare l’avvio del procedimento di riesame, condotto dall’amministrazione procedente, secondo le regole dell’art. 21-nonies o 21-quinquies. evidenziando le ragioni di illegittimità o le ragioni che giustificherebbero la revoca dell’atto, nell’ottica del principio di leale collaborazione tra Amministrazioni. Tale conclusione trova, del resto, con riferimento alla fattispecie della conferenza di servizi, un riconoscimento espresso nell’art. 14-quater, comma 2, l. 241 del 1990 a mente del quale “le amministrazioni i cui atti sono sostituiti dalla determinazione motivata di conclusione della conferenza possono sollecitare con congrua motivazione l'amministrazione procedente ad assumere, previa indizione di una nuova conferenza, determinazioni in via di autotutela ai sensi dell'articolo 21 novies. Possono altresì sollecitarla, purché abbiano partecipato, anche per il tramite del rappresentante di cui ai commi 4 e 5 dell'articolo 14 ter, alla conferenza di servizi o si siano espresse nei termini, ad assumere determinazioni in via di autotutela ai sensi dell'articolo 21 quinquies”. Analoga possibilità è stata, del resto, ritenuta ammissibile, con riferimento all’art. 17 bis (che pure non prevede a tal riguardo una espressa previsione), dal citato parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato n. 890 del 7 aprile 2016) sulla base dei principi generali in materia di autotutela.