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Anno XVI - n. 07 - Luglio 2024

  Giurisprudenza Amministrativa



L’ambito di applicabilità del TUEL alle Regioni a statuto speciale.

Di Francesco Deodato.
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NOTA A TAR SICILIA - CATANIA, SEZIONE PRIMA

SENTENZA 11 marzo 2020, n. 669

Di FRANCESCO DEODATO

L’ambito di applicabilità del TUEL alle Regioni a statuto speciale

* * *

  1. Abstract

La legge costituzionale n. 1 del 2012 ha inciso profondamente sulla materia della contabilità e finanza degli enti pubblici. Tra le modifiche ivi previste si registra la divisione delle competenze relative all’ “armonizzazione dei bilanci e coordinamento della finanza pubblica” in due materie, attribuite rispettivamente alla potestà legislativa esclusiva dello Stato (armonizzazione dei bilanci) e alla competenza ripartita tra Stato e Regioni (“coordinamento della finanza pubblica”).

La riforma in parola, ispirata dall’esigenza di rendere omogenei gli ordinamenti contabili degli enti pubblici, ha inciso, in parte, anche sulle procedure di funzionamento degli organi degli enti locali e sui corrispondenti interventi sostitutivi in materia di ordinamento finanziario e contabile degli stessi enti.

La legislazione ordinaria nel settore in esame è contenuta principalmente nel d.lgs. n. 267 del 2000 (TUEL) che, tuttavia, fa salva l’applicazione delle normative incompatibili con esso, introdotte dalle Regioni a statuto speciale nell’ambito dei rispettivi ordinamenti.  

Questa clausola di salvezza, consente di ritenere applicabili alle procedure di funzionamento degli organi degli enti locali delle Regioni a statuto speciale, le disposizioni di cui alle leggi regionali di riferimento e, in assenza di apposita disciplina, le normative statali purché compatibili.

Partendo da tali presupposti, nella sentenza in commento, il TAR Catania ha affermato la completezza del sistema legislativo regionale siciliano in materia di procedure concernenti lo scioglimento degli organi consiliari comunali in caso di inadempimento di obblighi legislativamente imposti. A tal proposito ha sostenuto che il richiamo alla disciplina statale, oltre che ultroneo, si pone in discontinuità con gli orientamenti consolidati della giurisprudenza anche costituzionale.

 

 

  1. Fatto

La vicenda contenziosa sottoposta all’attenzione del TAR siciliano concerne la valutazione di legittimità di alcuni provvedimenti adottati, rispettivamente, dall’Assessorato delle Autonomie Locali della Regione Siciliana e dal Presidente della Regione Siciliana.

In estrema sintesi, la fattispecie origina dalla mancata approvazione del rendiconto della gestione da parte del Consiglio comunale di Alfa, ubicato nel territorio della Regione Sicilia. L’omessa approvazione entro i termini di legge ha indotto il Dipartimento regionale delle Autonomie Locali a nominare un commissario ad acta con lo specifico fine di predisporre lo schema di rendiconto per sottoporlo all’approvazione della Giunta comunale. In seguito alla approvazione da parte della Giunta, tuttavia, l’organo di revisione si è espresso in termini negativi sul medesimo schema di rendiconto. A causa dei rilievi formulati dall’organo di revisione, il Consiglio comunale ha deliberato il rigetto della proposta di approvazione sottoposta al suo esame. Ciononostante, il commissario nominato dal Dipartimento regionale ha approvato il rendiconto, facendo conseguentemente derivare la sospensione del Consiglio comunale ed il suo successivo scioglimento.

I ricorrenti, in qualità di consiglieri comunali, hanno impugnato con ricorso e successivi motivi aggiunti, i provvedimenti di sospensione e scioglimento del Consiglio, nonché gli atti con i quali è stata disposta l’approvazione del rendiconto, asseritamente proveniente da un organo incompetente.

Limitatamente alle questioni qui di interesse, il ricorso si è incentrato sulla illegittimità dell’approvazione del rendiconto poiché approvato nonostante il parere negativo dell’organo di revisione. Inoltre, i ricorrenti hanno censurato l’assenza del carattere di gravità della violazione di legge imputabile all’operato del Consiglio e, dunque, l’insussistenza dei presupposti richiesti dalla legge ai fini dello scioglimento del Consiglio[1]. I vizi rilevati avrebbero causato un evidente contrasto con la normativa statale di cui al d.lgs. n. 267 del 2000, nella misura in cui sarebbe stata omessa la motivazione necessaria a giustificare il provvedimento di sospensione e successivo scioglimento del Consiglio comunale.

  1. Il contesto normativo

Al fine di comprendere meglio la decisione del TAR, è opportuno richiamare in via preliminare e sintetica le disposizioni che vengono in rilievo nella fattispecie concreta.

Nello specifico, si rende necessario esaminare le norme che disciplinano il procedimento di approvazione del rendiconto di gestione negli enti locali, nonché i presupposti per la deliberazione di scioglimento dei Consigli comunali, sia riguardo alla disciplina contenuta nel d.lgs. n. 267 del 2000, sia con riferimento a quanto previsto nell’ordinamento della Regione Sicilia.

L’interazione tra i plessi normativi citati e l’esatta individuazione dei rispettivi ambiti di applicazione, consente di individuare la soluzione alla problematica ivi esaminata.

Il Collegio giudicante, in effetti, ha definito la controversia dopo aver compiutamente analizzato i rapporti che intercorrono tra la legislazione statale e quella, invece, introdotta dal legislatore regionale siciliano.

Il d.lgs. n. 267 del 2000 disciplina la procedura di adozione del rendiconto della gestione degli enti locali all’art. 227. A tal proposito si prevede che esso debba essere deliberato entro il 30 aprile dell’anno successivo all’esercizio finanziario di riferimento, da parte del Consiglio comunale, tenuto conto delle risultanze dell’analisi dell’organo di revisione.

In caso di mancata approvazione del rendiconto entro il citato termine del 30 aprile, il comma 2-bis dell’art. 227 effettua un rinvio alla disciplina contenuta nell’art. 141, inerente alle cause di scioglimento e sospensione dei Consigli comunali.

In base all’art. 141 comma 2, decorso inutilmente il termine per l’approvazione del bilancio ed in assenza dello schema di bilancio predisposto dalla Giunta, l’organo regionale di controllo nomina un commissario affinché provveda alla sua predisposizione d’ufficio, al fine di sottoporlo al Consiglio. Se, tuttavia, il Consiglio permane nella sua inerzia, non approvando lo schema di bilancio predisposto dal commissario o dalla Giunta, l’organo di controllo regionale assegna un termine perentorio di venti giorni, decorsi i quali, provvederà alla nomina di un commissario ad acta con poteri sostitutivi di quelli del Consiglio inerte.

La disposizione, infine, prevede la comunicazione del provvedimento sostitutivo al Prefetto competente, in modo da dare avvio alla procedura di scioglimento del Consiglio comunale.

Come anticipato, l’art. 141 del d.lgs. n. 267 del 2000 disciplina le cause che portano allo scioglimento dei Consigli comunali. Per quanto di interesse in questa sede, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’Interno, si procede a detto scioglimento: “a) quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico; … c) quando non sia approvato nei termini il bilancio…

L’analisi della richiamata disciplina evidenzia, dunque, che la nomina di un commissario ad acta può risultare necessaria in due distinti momenti procedimentali relativi all’iter di approvazione del rendiconto: in primo luogo, laddove non sia stato predisposto dalla Giunta il relativo schema da sottoporre al Consiglio e, in secondo luogo, qualora il Consiglio non abbia provveduto alla approvazione dello schema di rendiconto nei termini di legge.

Lo scioglimento del Consiglio potrebbe scaturire proprio a causa dell’omessa approvazione del rendiconto, in virtù del richiamo esplicito contenuto nell’art. 227 oppure a causa di violazioni di legge connotate dai caratteri della gravità e della persistenza.

La disciplina contenuta nel d.lgs. n. 267 del 2000 non è applicabile indiscriminatamente su tutto il territorio nazionale. L’art. 1 comma 2 chiarisce che le disposizioni del TUEL non si applicano alle Regioni a statuto speciale se incompatibili con le attribuzioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione. In tal modo, il legislatore ha inteso ribadire il rapporto tra fonti legislative statali e quelle delle Regioni a statuto speciale. Come è noto, in effetti, gli statuti delle Regioni indicate dall’art. 116 Cost. sono adottati con legge costituzionale e, conseguentemente, prevalgono su fonti ordinarie statali ancorché successive.

La disciplina dell’ordinamento amministrativo e contabile degli enti locali nel territorio siciliano rientra tra le materie riservate alla potestà legislativa di competenza della Regione[2]. Nell’ambito di questo settore va comunque rilevato, in via generale, che le interferenze tra legislazione statale e regionale risultano frequenti, stante la previsione di cui all’art. 117 comma 2 Cost. - che riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato la materia dell’armonizzazione dei bilanci - e all’art. 117 comma 3 - che riserva alla potestà legislativa ripartita tra Stato e Regioni il coordinamento della finanza pubblica -.

Peraltro, il legislatore siciliano ha disposto un ampio rinvio alla legislazione statale nella materia dell’ordinamento finanziario degli enti locali: l’art. 1 l. reg. n. 48 del 1991, infatti, prevede che “le disposizioni dell'ordinamento amministrativo degli enti locali, approvato con legge regionale 15 marzo 1963, n. 16, e della legge regionale 6 marzo 1986, n. 9, e loro successive modificazioni ed integrazioni, sono modificate ed integrate dalle norme della legge 8 giugno 1990, n. 142 [oggi sostituita dal d.lgs. n. 267 del 2000] contenute” in una serie di articoli[3].

L’ampio rinvio al TUEL, tuttavia, non copre anche la disciplina relativa alle competenze degli organi e alle conseguenze derivanti da violazioni e inadempimenti e, dunque, in particolare, l’ipotesi della mancata approvazione del rendiconto di gestione da parte dell’organo consiliare. Tale materia è regolata dall’art. 109-bis della l. reg. n. 16 del 1963, in virtù del quale l’Assessorato regionale per gli enti locali è competente a nominare un commissario in caso di inerzia del Consiglio comunale rispetto ai propri obblighi. La normativa richiamata, inoltre, dispone che il commissario possa provvedere anche all’approvazione dell’atto in sostituzione dell’organo consiliare che, verrà, automaticamente sottoposto allo scioglimento, senza necessità di contestazione di addebiti e secondo le modalità previste dall’art. 54 della medesima legge n. 16 del 1963[4].

Quest’ultima norma dispone lo scioglimento degli organi consiliari comunali siciliani, tra l’altro, quanto “violi obblighi imposti dalla legge ovvero compia gravi o ripetute violazioni di legge, debitamente accertate e contestate, le quali dimostrino la irregolarità del funzionamento

Analogamente, l’art. 144 della medesima l. reg. n. 16 del 1963 dispone che “Il Consiglio è sciolto quando violi obblighi imposti dalla legge ovvero compia gravi e ripetute violazioni di legge, debitamente accertate e contestate, le quali dimostrino la irregolarità del funzionamento[5]. Alla luce delle richiamate disposizioni, pertanto, l’ordinamento siciliano lega lo scioglimento del Consiglio comunale in modo automatico alla violazione di obblighi legislativamente imposti, oltre che all’ipotesi di compimento di gravi e ripetute violazioni di legge.

  1. La decisione del TAR

Il Collegio giudicante ha risolto la controversia ritenendo legittimo il provvedimento con il quale è stato disposto lo scioglimento del Consiglio comunale di Alfa. In particolare è stato chiarito che, a differenza di quanto sostenuto dai ricorrenti, il provvedimento di scioglimento non richiedeva alcuna stringente motivazione, in virtù dell’applicabilità alla fattispecie della legislazione regionale.

Come in parte anticipato, la normativa applicabile in Sicilia alle ipotesi di mancata adozione del bilancio e del rendiconto di gestione, non richiede un’articolata motivazione da parte dell’organo competente, risultando sufficiente, al fine di disporre lo scioglimento, la mera omissione dell’atto dovuto.

La decisione del TAR sul punto viene giustificata in base a tre argomentazioni.

In primo luogo, viene chiarito che le disposizioni statali (art. 227 comma 2-bis e art. 141 TUEL) non sono applicabili sic et simpliciter nell’ordinamento siciliano poiché non espressamente richiamate da una norma regionale. La materia concerne il funzionamento degli organi e gli eventuali poteri sostitutivi che sono sottratti alla legislazione statale, salvo, appunto, il caso di un’espressa disposizione di rinvio.

Con esclusivo riferimento alla Regione Sicilia, gli artt. 109-bis e 144 della l. reg. n. 16 del 1963 forniscono il quadro normativo di riferimento applicabile all’ipotesi di mancata approvazione del rendiconto di gestione da parte del Consiglio comunale.

Non è idoneo a smentire tale conclusione, secondo l’interpretazione fornita dal TAR, il rinvio che l’art. 1 della l. reg. n. 48 del 1991[6] effettua ad una molteplicità di disposizioni contenute nel TUEL: tale richiamo, ancorché di notevole portata, non interessa le competenze degli organi e le conseguenze proprie delle relative violazioni e inadempimenti. La regolamentazione di quest’ultimo settore spetta alla competenza del legislatore regionale, “né a diverse conclusioni può giungersi sulla base del nuovo Titolo V della Costituzione e della disciplina sull’armonizzazione contabile del 2011”.

In secondo luogo, è apparso opportuno al Collegio esaminare l’impatto che l’art. 11-bis del d.l. n. 174 del 2012[7] (convertito in l. n. 213 del 2012) ha avuto sull’impianto normativo citato. Tale disposizione prevede, tra l’altro, che l’art. 227 comma 2-bis del TUEL si applica alle Regioni a statuto speciale soltanto “nelle forme stabilite dai rispettivi statuti di autonomia e dalle relative norme di attuazione”. Sul punto il TAR Catania ha confermato l’interpretazione che la Corte Costituzionale aveva fornito in una fattispecie inerente all’applicazione della medesima disposizione[8]: secondo la Consulta, nonostante la ratio sottesa al decreto legge fosse quella di incrementare le funzioni di controllo della spesa e modificare alcune procedure di adozione degli atti amministrativo-contabili degli enti territoriali, esso non impone la medesima disciplina a tutto il territorio nazionale. Sulle Regioni a statuto speciale, dunque, non grava l’obbligo di introdurre disposizioni contenute nel decreto che contrastano con i rispettivi statuti.

In altri termini, viene ribadita la necessità di una legge regionale di espresso rinvio alla disciplina statale, affinché possa applicarsi nell’ordinamento siciliano una norma, contenuta nel TUEL o in altri sistemi normativi, che afferisca al funzionamento degli organi degli enti locali[9].

Con il terzo argomento a sostegno della propria decisione, il TAR conferma ulteriormente l’inapplicabilità della normativa statale alle ipotesi di scioglimento del Consiglio comunale nel territorio della Regione siciliana. Nella fattispecie concreta esaminata, il provvedimento di scioglimento dell’organo consiliare richiamava, tra l’altro, la circolare dell’Assessorato delle Autonomie Locali n. 16 del 2013[10]. L’interpretazione ivi contenuta ed avallata anche dalla giurisprudenza contabile, consentirebbe la diretta applicabilità della disciplina statale di cui all’art. 227 comma 2-bis TUEL, anche nell’ambito della Regione siciliana.

Tale ricostruzione, tuttavia, secondo il TAR si collocherebbe in un’ottica di discontinuità con il sistema ordinariamente applicato che attribuisce al legislatore regionale la competenza a disciplinare le ipotesi ed i presupposti dello scioglimento del Consiglio comunale.

La circolare, in effetti, se per un verso ritiene applicabile l’art. 227 comma 2-bis TUEL alle fattispecie di omessa approvazione del rendiconto da parte di organi consiliari siciliani, per altro verso ne subordina tale applicabilità alle “modalità operative previste dall’art. 109/bis dell’O.R.EE.LL.”. Dunque, la disciplina contenuta nell’art. 227 comma 2-bis si dovrebbe comunque integrare con l’iter previsto dalla normativa regionale, che non richiede una specifica motivazione per giustificare lo scioglimento del Consiglio comunale inadempiente rispetto all’obbligo dell’approvazione del rendiconto.

Secondo il TAR, inoltre, appare fuorviante il rinvio, contenuto nella circolare, all’art. 58 della l. reg. n. 26 del 1993[11]. La lettura di questa disposizione non fa discendere una totale ed automatica equiparazione tra l’omessa approvazione del rendiconto di gestione con quella del bilancio di previsione o della dichiarazione di dissesto. Le differenti rationes sottese ai citati istituti risultano dirimenti al fine di considerare non applicabile l’art. 58 cit. ad una fattispecie di scioglimento di un Consiglio comunale siciliano per omessa approvazione del rendiconto di gestione.

  1. Conclusioni

La sentenza del TAR Catania ritiene, in definitiva, infondate le censure inerenti alla mancanza di adeguata motivazione a supporto del provvedimento di sospensione e successivo scioglimento del Consiglio comunale.

La legge regionale richiamata, infatti, non impone all’organo competente di notificare un provvedimento di scioglimento contenente una motivazione articolata in merito alle ragioni che ne hanno determinato la decisione. A ben vedere, la motivazione deve ritenersi in re ipsa nella riscontrata omissione di approvazione del bilancio di gestione, a nulla rilevando il richiamo alla legislazione statale. Sia l’art. 54 che l’art. 144 della legge n. 16 del 1963 prevedono che il provvedimento di scioglimento del Consiglio comunale possa essere adottato, indipendentemente da una motivazione, laddove l’organo comunale ometta l’adempimento di un obbligo legislativamente imposto. Dunque, la mancata approvazione del rendiconto è già di per sé sufficiente a giustificare l’adozione di un provvedimento di scioglimento dell’organo assembleare.

Il TAR, peraltro, afferma che, anche a voler sostenere la applicabilità della normativa statale inconferente, la necessità di una motivazione al provvedimento di sospensione e scioglimento non sarebbe necessaria. L’art. 141 TUEL, con formulazione in parte analoga alla disciplina regionale, dispone la sanzione dello scioglimento del Consiglio regionale alla configurazione di diversi presupposti, alternativi tra di loro: ai sensi della lett. a) del comma 1, occorre che l’organo consiliare si sia reso responsabile di una violazione di legge “grave e persistente”, mentre, ai sensi della lett. c) occorre che il rendiconto non sia stato approvato entro i termini. Pertanto, se è vero che in entrambi i casi, ai fini dell’adozione di un provvedimento di scioglimento, occorre un inadempimento del Consiglio, dall’altro lato è evidente che solo nella prima ipotesi è necessaria una valutazione e una motivazione in merito alla gravità e persistenza della violazione tale da giustificare lo scioglimento. 

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NOTE:

[1] Oltre ai motivi di ricorso esposti, altre censure hanno riguardato anche profili procedurali che non rilevano ai fini del presente commento: nello specifico si era stigmatizzata la proroga dell’incarico del commissario, la quale, era stata adottata tardivamente da un organo, il dirigente, incompetente ad adottare questo tipo di atto. In secondo luogo, lo scioglimento del Consiglio sarebbe stato illegittimo in quanto non era stato adottato il parere del CGARS richiesto dall’art. 54 comma 3 l. reg. n. 16 del 1963. Tali censure, analizzata dal TAR siciliano si sono, comunque, rivelate infondate.

[2] L’art. 16 dello Statuto della Regione Sicilia afferma che “L’ordinamento amministrativo [degli enti locali] sarà regolato, sulla base dei principi stabiliti nel presente Statuto, dalla prima Assemblea regionale”.

Anche l’art. 14 chiarisce che “L'Assemblea, nell'ambito della Regione e nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato, senza pregiudizio delle riforme agrarie e industriali deliberate dalla Costituente del popolo italiano, ha la legislazione esclusiva sulle seguenti materie: … o) regime degli enti locali e delle circoscrizioni relative”.

[3] La norma in questione prevede che “Le disposizioni dell'ordinamento amministrativo degli enti locali, approvato con legge regionale 15 marzo 1963, n. 16, e della legge regionale 6 marzo 1986, n. 9, e loro successive modificazioni ed integrazioni, sono modificate ed integrate dalle norme della legge 8 giugno 1990, n. 142, contenute negli articoli:

  1. a) 4 e 5, facendo salvi le potestà riconosciute alle province regionali del capo I del titolo V della legge regionale 6 marzo 1986, n. 9, ed il procedimento di formazione dello statuto dal medesimo capo disciplinato e con le seguenti aggiunte e modifiche agli stessi articoli 4 e 5 …
  2. b) 6, con le seguenti modifiche: …
  3. bb) 7, con le modifiche apportate dall'articolo 4, comma 1, della legge 3 agosto 1999, n. 265 e 8;
  4. c) 13, commi 1, 2, 3, 4 e 5;
  5. d) 19, comma 2, con riferimento alle province regionali per i servizi individuati nell'articolo 21 della legge regionale 6 marzo 1986, n. 9;
  6. e) 22; 23; 24; 25; 26; 27, commi 1, 2, e 3; 31, commi 1, 2, 3 e 7; 32; 33; 34, commi 3, 4, 5, 6 e 8; 35; 36, commi 1, 2, 3 e 7; 37; con le seguenti aggiunte e modifiche …
  7. f) 39, limitatamente alla lettera b), numero 1. Per la sospensione e lo scioglimento del consiglio si applicano le disposizioni dei commi terzo e quarto dell'articolo 109-bis dell'ordinamento amministrativo degli enti locali;
  8. g) 40, commi 1 e 2, limitatamente alle ipotesi di atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge. La rimozione è disposta dal Presidente della Regione su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali; la sospensione può essere disposta dall'Assessore regionale per gli enti locali;
  9. h) 51, fatte salve le disposizioni riguardanti le commissioni giudicatrici di concorso di cui alla legge regionale 30 aprile 1991, n. 12; 52, fatte salve le attribuzioni di cui alle disposizioni del D.Lv.Lgt. 22 febbraio 1946, n. 123, e del D.Lv.C.P.S. 30 giugno 1947, n. 567 …
  10. i) 53; 54; 55; 56, comma 1, e 57; fatte salve le disposizioni regionali in tema di utilizzazione dei trasferimenti finanziari agli enti locali, di appalti di lavori e forniture e di modalità di conferimento di servizi e con le seguenti aggiunte e modifiche …
  11. l) 58;
  12. m) 59, commi 1, 2, 3 e 5, con eccezione del terzo periodo del terzo comma; 60, comma 1, con l'aggiunta alla fine del primo comma del seguente periodo: «In caso di mancato adempimento entro i suddetti termini provvede in via sostitutiva l'Assessore regionale per gli enti locali»”.

[4] L’art. 109 bis della l. reg. n. 16 del 1963, rubricato “Controllo sostitutivo per l’approvazione del bilancio”, prevede testualmente che “In caso di mancata approvazione del bilancio nei termini di legge, l'Assessore regionale per gli enti locali nomina, anche senza previa diffida, un commissario per la predisposizione d' ufficio dello schema di bilancio e la convocazione del consiglio per la necessaria approvazione che deve avvenire entro il termine massimo di 30 giorni dalla convocazione stessa.

Il commissario provvede, altresì, all'approvazione del bilancio in sostituzione del consiglio qualora questo non vi abbia provveduto entro il termine di cui al precedente comma.

Il consiglio inadempiente viene sciolto, senza contestazione di addebiti, secondo le procedure previste dall'art. 54 dell'Ordinamento amministrativo degli enti locali e rimane sospeso nelle more della definizione della procedura di applicazione della sanzione dello scioglimento.

La sospensione del consiglio di cui al precedente comma è decretata dall'Assessore regionale per gli enti locali, il quale, con lo stesso decreto, nomina un commissario per la provvisoria gestione del comune”.

[5] L’art. 144 della l. reg. n. 16 del 1963 dispone che “Il Consiglio è sciolto quando violi obblighi imposti dalla legge ovvero compia gravi e ripetute violazioni di legge, debitamente accertate e contestate, le quali dimostrino la irregolarità del funzionamento.

Il decreto del Presidente della Regione che pronuncia lo scioglimento è emesso su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, previo parere del Consiglio di giustizia amministrativa. Ove il parere non sia reso entro sessanta giorni dalla richiesta, se ne prescinde.

Si applica il disposto di cui all'ultimo comma dell'articolo precedente (219) I commi secondo e terzo sono stati sostituiti all'originario ultimo comma dall'art. 3 della legge regionale 21 agosto 1984, n. 57”.

[6] V. sub nota n. 3.

[7] Tale decreto legge ha introdotto “Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012

[8] Cfr. sentenza n. 39 del 2014 disponibile al seguente link https://www.cortecostituzionale.it/actionPronuncia.do

[9] Al riguardo è interessante notare come già in passato si era posta una questione analoga di interazione tra i sistemi normativi statale e regionale, con riferimento all’applicabilità in Sicilia delle disposizioni, contenute nella legge n. 77 del 1995, relative alle variazioni di bilancio in via di urgenza operate dalla Giunta comunale. Il CGARS, in modo simile a quanto statuito nella sentenza in commento, ritenne inapplicabile la disciplina statale alla Regione Sicilia (parere n. 402 del 14 novembre 1995).

[10] La circolare dell’Assessorato delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica, pubblicata in GURS del 16 ottobre 2013, prevede che: “Com’è noto, il decreto legge n. 174/2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 213/2012, ha introdotto l’art. 227, comma 2 bis, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, con il quale viene prevista l’applicazione della procedura di cui all’art. 141, comma 2, del medesimo decreto legislativo anche per l’ipotesi della mancata approvazione del rendiconto di gestione entro il termine di legge.

Il legislatore ha inteso, quindi, equiparare l’inadempienza nell’approvazione del rendiconto di gestione a quella relativa alla mancata adozione del bilancio di previsione, con la conseguenza dell’applicazione di una procedura sostitutiva più incisiva che può determinare, nei casi più gravi, anche lo scioglimento del consiglio interessato.

L’art. 11 bis del suddetto decreto legge n. 174/2012 prevede, altresì, che “le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano attuano le disposizioni di cui al presente decreto nelle forme stabilite dai rispettivi statuti di autonomia e dalle relative norme di attuazione”.

Ritiene questo Assessorato, confortato dal parere dell’Ufficio legislativo e legale n. 20706 del 5 settembre 2013, che l’art. 227, comma 2 bis, del d.lgs 18 agosto 2000, n. 267 è d’immediata applicazione anche nella Regione siciliana, se pur con le modalità operative previste dall’art. 109/bis dell’O.R.EE.LL., approvato con legge regionale 15 marzo 1963, n. 16 e dall’art. 58, comma 1, della legge regionale n. 26/1993 che estende chiaramente l’applicazione dell’art. 109/bis dell’O.R.E.LL. alle “situazioni di inadempienze equiparate alla mancata deliberazione del bilancio di previsione e alla dichiarazione di dissesto degli enti locali secondo la disciplina nazionale nel settore”.

Infatti, il rinvio disposto dall’art. 58, comma 1, della legge regionale n. 26/1993 ha natura dinamica.

Ne discende che alla rilevata equiparazione, nella disciplina nazionale, tra l’inadempienza derivante dalla mancata approvazione del rendiconto di gestione e quella derivante dalla mancata deliberazione del bilancio di previsione consegue l’applicabilità, in ambito regionale, dell’intervento sostitutivo previsto dall’art. 109/bis.

Si informano, pertanto, gli enti locali in indirizzo che i conseguenti interventi sostitutivi verranno disposti da questo Assessorato con le modalità previste dall’art. 109/bis dell’O.R.E.LL.”

[11] L’art. 58 della legge regionale n. 26 del 1993, rubricato “Norme particolari sui controlli straordinari” afferma che “Le disposizioni dell' articolo 109 bis dell' ordinamento amministrativo degli enti locali, approvato con legge regionale 15 marzo 1963, n. 16 e successive modifiche ed integrazioni, sono estese a situazioni di inadempienze equiparate alla mancata deliberazione del bilancio di previsione e alla dichiarazione di dissesto degli enti locali secondo la disciplina nazionale nel settore.

Nella ricorrenza di elezione separata degli organi elettivi dei comuni e delle province regionali, le misure della sospensione sono riferite ai consigli”.