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Anno XVI - n. 03 - Marzo 2024

  Studi



Sull’adozione in casi particolari ex art. 44 e ss. della L. n. 184/1983: un nuovo perimetro applicativo tra ratio protettiva degli interessi del minore alla stabilità dei rapporti affettivi e best interest.

Di Giuseppe Maria Marsico
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Sull’adozione in casi particolari ex art. 44 e ss. della L. n. 184/1983:

un nuovo perimetro applicativo tra ratio protettiva degli interessi del minore alla stabilità dei rapporti affettivi e best interest

 

Di GIUSEPPE MARIA MARSICO

 

Sommario: 1. Sull’adozione in casi particolari ex art. 44 e ss. L. n. 184/1983. - 2. Il perimetro applicativo della disciplina ex art. 44 e ss. della L. n. 184/1983 alla luce dell’interpretazione estensiva della giurisprudenza - 3. Adozione in casi particolari alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata

 

  1. L’adozione in casi particolari (art. 44 e ss. L. n. 184/1983).

La L. n. 184 del 4 maggio 1983[1] ha avuto il pregio di introdurre – in un’ottica di best interest del minore e secondo una ratio di protezione degli interessi del minore – l’istituto dell’adozione in casi particolari. Essa, in particolare, consente l’adozione del minore anche in assenza dei presupposti previsti per la c.d. adozione piena, quali lo stato di abbandono del minore. I presupposti della novella ricorrono quando ciò sia necessario per far fronte a variegate situazioni in cui il minore può trovarsi, considerate meritevoli di tutela per l’ordinamento giuridico. Tale adozione, disciplinata agli articoli 44 e ss. della citata legge, ricomprende una pluralità di ipotesi eterogenee, comunque tutte riconducibili a due peculiari finalità. In primo luogo, essa mira a formalizzare e “stabilizzare” un rapporto affettivo di convivenza già esistente tra il minore e il soggetto che si occupa concretamente dei bisogni quotidiani del primo: a tale esigenza risponde, ad esempio, l’adozione del bambino orfano di entrambi i genitori da parte di persone a lui unite da un preesistente rapporto stabile e duraturo (art. 44, co. 1, lett. a). Altro caso di notevole interesse ricorre per l’adozione del minore da parte del coniuge di uno dei genitori, quando il bambino vive in quel determinato nucleo familiare (art. 44, co. 1, lett. b). In secondo luogo, essa serve a superare l’empasse rappresentato da situazioni di difficoltà o impossibilità del minore di accedere all’adozione piena: è questo il caso del bambino orfano di entrambi i genitori che presenti una menomazione fisica, psichica o sensoriale tale da determinare difficoltà di apprendimento, di relazione (c.d. sfera dinamico-  redazionale) o di integrazione lavorativa, nonché un processo di svantaggio sociale o di emarginazione (art. 44, co. 1, lett. c) ovvero del minore non adottabile in ragione dell’impossibilità di affidamento preadottivo (art. 44, co. 1, lett. d). Sulla base di quanto premesso in via generale, è possibile individuare tre importanti differenze tra l’istituto in esame e la c.d. adozione piena: l’adozione in casi particolari prescinde anzitutto dall’accertamento di uno stato di abbandono del minore - che invece costituisce il presupposto indefettibile dell’adozione piena - sicché postula la necessità del consenso di entrambi i genitori, ove in vita, e si caratterizza per il persistere dei legami tra l’adottato e la famiglia biologica. Non si rinviene, infatti, nella disciplina dell’adozione in casi particolari una disposizione di tenore analogo rispetto all’art. 27, comma 3, della L. n. 184/1983, secondo cui invece, nell’adozione piena, cessano del tutto i rapporti dell’adottato verso la famiglia d’origine.

 

  1. Il perimetro applicativo della disciplina ex art. 44 e ss. L. n. 184/1983 alla luce dell’interpretazione estensiva della giurisprudenza

 

Per fornire un quadro completo e sistematico della disciplina de qua, stanti i peculiari interessi coinvolti, non è possibile limitarsi a enucleare la mera disciplina normativa volta a determinare il perimetro applicativo dell’istituto. A tal riguardo, pare imprescindibile fare menzione dell’evoluzione del diritto vivente, che ne ha ampliato progressivamente – in una ottica di tutela del minore e di valorizzazione dei rapporti di convivenza - il raggio applicativo. In particolare, estendendo - in via ermeneutica - la nozione di impossibilità di affidamento preadottivo di cui all’art. 44, co. 1, lett. d, della L. n. 184/1983 - che viene oggi riferita non solo all’impossibilità di fatto, ma anche all’impedimento giuridico - la giurisprudenza ha aperto due nuovi itinerari interpretativi, nel solco delle originarie rationes.

Il primo filone ermeneutico riguarda l’ipotesi del minore che non sia stato propriamente abbandonato, ma i cui genitori biologici versino in condizioni che impediscono, in maniera permanente, l’effettivo e concreto esercizio della responsabilità genitoriale. Tale fattispecie è definita di  c.d. semi-abbandono permanente. Per far fronte a questa situazione di scarsa tutela del minore, la giurisprudenza consente al minore di evitare il ricovero in istituto o il succedersi di affidamenti temporanei e discontinui, che determinano una scarsa tutela della stabilità dei rapporti affettivi, ricorrendo all’istituto dell’adozione in casi particolari. Invero, essa viene applicata sul presupposto dell’impossibilità di accedere all’adozione piena ex art. 44, co. 1, lett. d, proprio in virtù della mancanza di un abbandono in senso stretto. Essa ha un regime di applicabilità – in tale ottica – residuale. La seconda ricostruzione ermeneutica, invece, riguarda il caso del minore che abbia una relazione affettiva con il partner del genitore biologico, quando il primo sia giuridicamente impossibilitato a adottare il minore. Anche in questo caso la giurisprudenza, estendendo – secondo una ratio eminentemente protettiva degli interessi del minore – il perimetro applicativo dell’art. 44, co. 1, lett. d), consente l’adozione in casi particolari, al fine di tutelare prioritariamente l’interesse del minore a mantenere la continuità e la stabilità dei rapporti già instaurati, attraverso la rimozione di quegli ostacoli di natura giuridica che impediscono di fatto l’accesso all’adozione[2]. Proprio l’attenzione rivolta all’interesse del minore, infatti, ha determinato una lettura differente della disciplina citata.

Non assume più la medesima rilevanza l’individuazione dei meri presupposti di applicazione dell’adozione in casi particolari, bensì la specificazione della condizione giuridica concreta del minore adottato in tali casi.

In questa prospettiva di maggiore elasticità in punto di perimetro applicativo, con ratio di protezione del minore, si inserisce un recente intervento della Corte costituzionale la quale, con la sentenza n. 79 del 28 marzo 2022, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 55 della L. n. 184/1983 – in tema di diritto del minore ad una famiglia - nella parte in cui, mediante un rinvio all’art. 300, co. 2, c.c., prevedeva che l’adozione in casi particolari non inducesse alcun rapporto civile tra l’adottato e i parenti dell’adottante.

Secondo la Corte, il diniego di relazioni parentali tra l’adottato e la famiglia dell’adottante determina un trattamento discriminatorio del minore adottato rispetto all’unicità dello status di figlio, in contrasto con gli artt. 3 e 31 Cost., oltre con i principi fondamentali dell’intera riforma della filiazione. Un a differente lettura ermeneutica della disciplina sarebbe – in altri termini – stata in contrasto con le finalità che il legislatore si era prefissato con l’introduzione dell’istituto in analisi. Tale riforma, introdotta con la L. n. 219 del 2012 e con il D.lgs. n. 154 del 2013, peraltro, ha modificato in modo incisivo la disposizione di cui all’art. 315 c.c., in tema di equiparazione dello status di filius, nonché quella di cui all’art. 74 c.c., a norma del quale “la parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso in cui la filiazione è avvenuta all’interno del matrimonio, sia nel caso in cui è avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio è adottivo”. Il figlio, dunque - nuovo fulcro da cui diramano i legami familiari - in virtù del suo status entra nella rete parentale che fa capo allo stipite da cui discende ciascuno dei suoi genitori, senza che le linee parentali siano condizionate dalla relazione giuridica tra i genitori.

La spinta del principio di uguaglianza ex art. 3 Cost., alla luce dell’evoluzione dei costumi, ha inciso profondamente sulla concezione stessa dello status di figlio[3], che in sé attrae l’appartenenza a una comunità familiare, secondo una logica fondata sulle responsabilità e non più sulla potestas (che presentava echi riconducibili ad un potere sulla persona del figlio). La filiazione si basa sull’esigenza di perseguire il miglior interesse del minore. Il legislatore della riforma del 2012, nel valorizzare i legami parentali stabili attratti dalla filiazione, ha definito un complesso di diritti e di doveri facenti capo ai parenti, che accompagnano il percorso di crescita equilibrata del minore, con l’apporto di relazioni personali e di tutele patrimoniali: il figlio ha diritto “a mantenere rapporti significativi con i parenti” (art. 315-bis c.c.), a prescindere dal sussistere di legami fra i genitori (art. 337-ter c.c.); inoltre, i nonni sono tenuti a concorrere al mantenimento dei nipoti in via sussidiaria (art. 316-bis c.c.) e hanno “il diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni”, nel rispetto dell’”esclusivo interesse del minore” (art. 317-bis c.c.). La normativa appena richiamata, dunque, è espressione sia del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., sia del principio di tutela dell’interesse del minore, che trova anch’esso riconoscimento costituzionale nell’art. 31 Cost., secondo il quale la Repubblica “protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”. Tali principi, secondo quanto affermato dalla Corte costituzionale, si pongono in netto contrasto con la previsione secondo cui l’adozione in casi particolari non consente rapporti parentali tra l’adottato e la famiglia dell’adottante, posto che l’adottato acquisisce a tutti gli effetti lo status di figlio, sicché non vi è alcun ragionevole motivo per cui questi dovrebbe essere privato dell’inserimento nel contesto familiare dell’adottante e di tutti i legami parentali che ne derivano, tanto valorizzati dalla riforma sulla filiazione. Per di più, ai sensi dell’art. 57 della L. n. 184/1983, il giudice, nel decidere sull’adozione in casi particolari, è tenuto non soltanto a verificare “l’idoneità affettiva e la capacità di educare e istruire il minore” dell’adottante, ma dovrà altresì valutare “l’ambiente familiare degli adottanti”. Risulta, pertanto, ancora più paradossale che il minore adottato sia privato del riconoscimento giuridico della sua appartenenza proprio a quell’ambiente familiare che il giudice è chiamato, per legge, a valutare al fine di deliberare in merito all’adozione. Secondo la Corte, inoltre, la connotazione discriminatoria[4] della norma censurata non può reputarsi superata adducendo, quale ragione giustificativa della diversità di trattamento del minore adottato in casi particolari, la circostanza che tale - sola - adozione non recida i legami con la famiglia d’origine. Infatti, l’aggiunta a tali legami di quelli relativi al genitore adottivo non è che la naturale conseguenza di questo tipo di adozione, che prevede la presenza dei genitori biologici e che vede, dunque, il genitore adottivo affiancarsi a quello biologico nell’esercizio della responsabilità genitoriale sul minore. L’idea per cui si possa avere una sola famiglia appare smentita proprio dalla riforma della filiazione e dal principio di unicità dello status di figlio[5], che è tale sia quando nasce all’interno del matrimonio, sia quando nasce al di fuori dello stesso, sia quando venga adottato. A ben vedere, infatti, anche il figlio nato fuori dal matrimonio ha due distinte famiglie giuridicamente tra loro non comunicanti, sicché non sussiste alcun ragionevole motivo per il quale lo stesso trattamento non possa applicarsi anche al minore adottato. Conclude, infine, la Corte, ribadendo l’esigenza di proteggere l’identità del minore, che, nell’ipotesi di adozione in casi particolari, è quella di un bambino che vive in un nuovo nucleo familiare, ma continua ad avere rapporti con i parenti d’origine o con lo stesso genitore biologico. L’identità del bambino in questi casi è dunque connotata da questa doppia appartenenza, pertanto, disconoscere i legami che scaturiscono dal vincolo adottivo, quasi fossero compensati dai rapporti familiari di sangue, equivale a disconoscere tale identità, in contrasto con i principi costituzioni di cui agli articoli 3 e 31 Cost., oltre che con l’art. 117 Cost. in relazione all’art. 8 CEDU (diritto al rispetto della vita privata e familiare).

 

  1. Adozione in casi particolari alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata

 

Il tema è stato recentemente oggetto di una disamina anche da parte della giurisprudenza di legittimità. La Corte di Cassazione, con ordinanza del 5 aprile 2022, n. 10989, si è pronunciata sulla legittimità di una sentenza che aveva rigettato l’istanza di adozione in casi particolari presentata dal coniuge della madre della minore, con questa convivente, sul presupposto della persistenza di un rapporto relazionale continuativo della bambina con il padre biologico e dell’assenza di uno stato di abbandono della minore. Secondo la Corte di Appello di Bologna, inoltre, non sussisteva un interesse concreto della minore a tale adozione: i giudici di merito evidenziavano, infatti, che la bambina versava in uno stato di grande serenità, era molto legata sia al padre biologico sia al marito della madre, e le difficoltà manifestate dal padre nel far fronte al mantenimento della figlia potevano ben trovare risoluzione secondo altri rimedi di legge. Invero, i giudici di legittimità hanno censurato tale decisione in quanto contrastante con l’art. 44, co. 1, lett. b) della L. n. 184/1983, nell’esegesi che ne è stata data dalla stessa Suprema Corte, per di più riconosciuta oggi come diritto vivente da parte della Corte costituzionale nel già citato intervento del 2022. In primo luogo, la Corte territoriale ha errato nel ritenere che l’insussistenza di uno stato di abbandono della minore costituisse un elemento ostativo all’accoglimento della domanda di adozione in casi particolari, atteso che, come si è visto, tale peculiare tipo di adozione trova applicazione proprio in via residuale nei casi in cui non sia ravvisabile un abbandono in senso stretto, tanto più che essa postula la necessità del consenso di entrambi i genitori ed inoltre non prevede alcuna interruzione dei rapporti con la famiglia d’origine. In secondo luogo, i giudici di merito hanno dato erroneamente rilievo al persistere dei rapporti tra la minore e il padre biologico al fine di escludere la sussistenza di un interesse della bambina all’adozione, dimostrando così di travisare del tutto le precedenti pronunce della Corte di legittimità che contemplano, invece, la continuità relazionale della minore con il padre quale caratteristica dell’adozione in casi particolari. Pertanto, facendo applicazione dei principi enunciati dalla Corte costituzionale, i giudici di legittimità hanno annullato con rinvio la sentenza impugnata, affermando in conclusione che “l’adozione, da parte del ricorrente, della figlia della moglie, realizza appieno il preminente interesse della minore, anche attraverso la creazione di legami parentali con la famiglia del genitore adottivo, e dunque sulla base della coesistenza dei legami sia con la famiglia di quest’ultimo sia con quelli della famiglia del padre biologico […] l’impossibilità del padre biologico di far fronte al mantenimento della figlia, nella sua assoluta, incontrovertibile nettezza, per ragioni afferenti alla sfera economica, unitamente al pieno consenso all’adozione[6], denota una manifestazione d’intenti apprezzabile nel senso che essa risponde al miglior interesse della minore, garantendole un contesto familiare più adeguato per lo sviluppo della sua personalità, in piena sintonia con i principi affermati dalla Corte Costituzionale.”

La disciplina dell’adozione, attualmente messa, in parte, in discussione proprio dall’emersione massiccia di nuove genitorialità e tutt’altro che condiviso a livello legislativo da tutti gli Stati europei, può scontrarsi con la concreta lesione dei diritti dei minori, i quali rischiano di rimanere esposti a ingiustificate disparità di trattamento, dovute alla valutazione di scelte che non hanno concorso a determinare e che, di conseguenza, non dovrebbero produrre effetti discriminatori in relazione allo statuto dei diritti della persona di cui essi sono titolari per espresso riconoscimento costituzionale e convenzionale, oltre che interno. Pertanto, la valutazione dell’interesse preminente del minore dovrebbe prendere le mosse dal riconoscimento del diritto a non essere discriminati, per poter costituire un criterio ordinante la complessa operazione di bilanciamento che le corti si trovano a dover eseguire, nell’affrontare la tematica della filiazione, dell’adozione in talune sue species peculiari.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bibliografia essenziale

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MAISTO, Diritto intertemporale, in Tratt. dir. civ. CNN, diretto da P. Perlingieri, Napoli, 2007.

  1. MAISTO, La ragionevolezza dei criteri per la risoluzione dei conflitti tra norme diacroniche, Napoli, 2007.
  2. MAGNANI, Il principio di unicità dello stato giuridico di figlio. Il nuovo concetto di parentela. Riflessi successori, Relazione tenutasi al Convegno “Legittimi, naturali, adottivi: figli tutti uguali dopo la Legge n. 219/2012?”, Pavia, 24 maggio 2013, 44 ed in Riv. not., 2013, I, 680 ss.
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  4. MANTOVANI, Questioni in tema di accertamento della maternità naturale e sistema dello stato civile, in G. Ferrando e G. Laurini (a cura di), La riforma della filiazione, in Quaderni de Il notariato, Milano, 2013, 53 ss.
  5. MANTOVANI, I fondamenti della filiazione, in P. Zatti (diretto da), Trattato di famiglia, II, Filiazione, Milano, 2002, 3 ss.
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  8. MENDOLA, L’interesse del minore tra ordine pubblico e divieto di maternità surrogata, in Vita not., 2015, 2, 676 ss
  9. SCALISI, Considerazioni sulla riforma delle norme in materia di filiazione - Studio CNN n. 113-2013/C, in www.notaisalerno.it.
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  12. SCHLESINGER (continuato da), Tratt. dir. civ. e comm., già diretto da A. Cicu, F. Messineo, L. Mengoni, Milano, 2013.
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  15. SCIANCALEPORE, Consensum facit filium: la risposta della giurisprudenza di merito, in Fam. e dir., 2000, 1, 36 ss.
  16. SCIANCALEPORE, La procreazione assistita e il disconoscimento del figlio: una vicenda giudiziaria, Salerno, 1999.
  17. SENIGAGLIA, Status filiationis e dimensione relazionale nei rapporti di famiglia, Napoli, 2013.

 

 

[1] Per una prima ricostruzione dell’istituto della filiazione: A. Palazzo, La filiazione fuori del matrimonio, Milano, 1965; A. Cicu, La filiazione, in Tratt. dir. civ. it., a cura di Vassalli, Milano, 1969, 9; U. Majello, Della filiazione illegittima e della filiazione legittima. Art. 250- 290, in Commentario del codice civile, a cura di A. Scialoja e G. Branca, Bologna, 1969, 241; C. M. Bianca, C.M., Diritto civile, II, Famiglia e successioni, Milano, 2002, 20 ss.; C.M. Bianca, La filiazione: bilanci e prospettive a trent’anni dalla riforma del diritto di famiglia, in Dir. fam., 2006, 207 ss; A. Palazzo, La filiazione, in Trattato di diritto civile e commerciale  già diretto da A. Cicu - F. Messineo, continuato da P. Schlesinger, Milano, 2007; G. Ferrando, La filiazione legittima e naturale, in Diritto civile, diretto da N. Lipari e P. Rescigno, La Famiglia, Milano, 2009, 404 ss; AA. VV., Della Famiglia. Art 177 - 342 cc, Commentario al codice civile, diretto da E. Gabrielli, Torino, 2010; AA.VV., La filiazione, in Trattato di diritto di famiglia, diretto da P. Zatti, Milano, 2012; A. Palazzo, La filiazione, in Trattato di diritto civile e commerciale, Milano, 2013; M. Bianca, Filiazione. Commento al decreto attuativo. Le novità introdotte dal d.lgs 28 dicembre 2013, n. 154, Milano, 2014, 3 ss; M. Dogliotti, La filiazione fuori dal matrimonio, in Il codice civile commentario, Milano, 2015.

[2] Sull’istituto dell’adozione in casi particolari, tra gli altri, si segnalano i seguenti contributi: G. Collura, L’adozione in casi particolari, in Trattato dir. fam., diretto da P. Zatti, II, Filiazione, a cura di L. Lenti e M. Mantovani, Giuffrè, Milano, 2002, 725 ss.; C. M. Bianca, Diritto civile, 2, La famiglia, Milano, 2005, 455 ss;; E. Urso, L’adozione in casi particolari, in Il nuovo diritto di famiglia, diretto da Ferrando, III, Filiazione e adozione, Zanichelli, 2007, 765 ss.; P. Morozzo Della Rocca, L’adozione dei minori e l’affidamento familiare, in Il nuovo diritto di famiglia, Trattato diretto da G. Ferrando, III. Filiazione e adozione, Bologna, 2007, p. 587 ss.; M. Dogliotti, L’adozione dei minori, in Trattato Bessone, Diritto di famiglia, a cura di Auletta, IV, Torino, 2011, 435 ss.; G. Ferrando, L’adozione in casi particolari nell’evoluzione normativa e giurisprudenziale, Relazione tenutasi all’incontro di studio “Il minore e il diritto alla genitorialità” presso la Corte di Cassazione, 13 dicembre 2016, su www.cortedicassazione.it.,; Id., L’adozione in casi particolari: orientamenti innovativi, problemi, prospettive, in Nuova Giur. Civ., 2016, 7-8, 969.

[3] Così, ad esempio, l’art 574 cc nella formulazione originaria del cc prevedeva che “I figli naturali, se concorrono con i figli legittimi, conseguono meta' della quota che conseguono i legittimi, purche' complessivamente la quota dei figli legittimi non sia inferiore al terzo dell'eredita'. I figli legittimi o i loro discendenti hanno facoltà di pagare in danaro o in beni immobili ereditari, a giusta stima, la porzione spettante ai figli naturali” ed, ancora, l’art 593 cc disponeva che “Quando il testatore lascia figli legittimi o loro discendenti, i figli naturali non riconoscibili, la cui filiazione risulta nei modi stabiliti dall'art. 279, non possono singolarmente ricevere per testamento piu' della meta' di quanto consegue nella successione il meno favorito dei figli legittimi”.

[4] Il principio di unicità dello stato di figlio era già riconosciuto in molti ordinamenti, da molto tempo. Al riguardo, G. Ferrando, Filiazione legittima e naturale, in Dig. disc. priv., sez. civ., vol. VIII, Utet, 1992, 301; M. Sesta, Privato e pubblico nei progetti di legge in materia familiare, in Studi in onore di Pietro Rescigno, Milano, 1998; A. Diurni, La riforma del IV libro del BGB: il nuovo diritto di filiazione, in Annuario del diritto tedesco, diretto da Patti, Milano, 1998, 47; A. Diurni, La filiazione nel quadro europeo, in Il nuovo diritto di famiglia, a cura di G. Ferrando, III, Bologna, 2007; M .G. Cubeddu, Diritto della filiazione in Europa, tra diritti e interessi della persona e di terzi, in La riforma della filiazione a cura di Ferrando e Laurini, in Quaderni di Notariato, Milano, 2013, 85 ss..

[5] In dottrina, si sottolineava l’esigenza di un intervento volto alla realizzazione del principio di uguaglianza in considerazione dell’evoluzione sociale della famiglia. Tra gli altri, C.M. Bianca, Lo pseudo-riconoscimento dei figli adulterini, in La riforma del diritto di famiglia, Atti del convegno Venezia presso la Fondazione “Giorgio Cini”, Padova, 1967,183.

Risulta interessante notare come la Costituzione modifica la terminologia, fortemente discriminatoria, prevista nel codice civile. Non fa più riferimento ai “figli illegittimi”, ma ai “figli nati fuori dal matrimonio”, riprendendo una qualificazione che, ad onor del vero, era già presente nel codice del 1865 e che era stata sostituita nel 1942 con quella di figli illegittimi. La Costituzione, quindi, fornisce un segnale già sul piano terminologico verso una maggiore tutela

della filiazione fuori dal matrimonio. Molti autori, però, evidenziavano come, nonostante la Costituzione appresti tutela ai figli naturali, abbia comunque mantenuto inalterata la preferenza per il modello familiare fondato sul matrimonio. Al riguardo, V. Grassetti, I principi costituzionali relativi al diritto familiare, in Comm. Cost., I, Firenze, 1950, 285.

[6] AA. VV., Della Famiglia. Art 177 - 342 cc, Commentario al codice civile, diretto da E. Gabrielli, Torino, 2010; AA.VV., La filiazione, in Trattato di diritto di famiglia, diretto da P. Zatti, Milano, 2012; AA. VV., Nuove costellazioni familiari. Le famiglie ricomposte, a cura di S. Mazzoni, Giuffrè, Milano, 2002; AA.VV., La filiazione, in Trattato di diritto di famiglia, diretto da P. Zatti, Milano, 2012; E. Al Mureden, La responsabilità genitoriale tra condizione unica del figlio e pluralità dei modelli familiari, in Fam. e Dir., 2014; E. Al Mureden., Le famiglie ricomposte tra matrimonio, unione civile e convivenze, in Fam. e dir., 10/2016; A. Arceri, Il diritto alla bigenitorialità e rapporto tra minori e nonni nell’affidamento condiviso, in Fam. e dir., 2/2016; A. Arceri, Il diritto dei nonni a mantenere rapporti con i nipoti minorenni al vaglio della Corte costituzionale, in Fam. e dir., 2014; A. Arceri, Unioni civili, convivenze, filiazione, in Fam. e dir., 10/2016; A. Ardizzone, La convivenza omosessuale ed il ruolo del genitore sociale in caso di pma, in Fam. e dir., 1/2016; T. Auletta, Prospettive di unificazione dello status di filiazione, in Fam. e dir., 2007; T. Auletta, Riconoscimento dei figli incestuosi, in Nuove leggi civ. comm., 2013; A. M. Bacherini, I figli nelle famiglie ricomposte, in Minorigiustizia, 4/2010; L. Balestra, L’evoluzione del diritto di famiglia e le molteplici realtà affettive, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2010; L. Balestra., La dichiarazione giudiziale di paternità e maternità alla luce della riforma della filiazione, in Riv trim dir e proc civ., 2014