Giurisprudenza Amministrativa
Sulla natura di Poste italiane ed il novero di attività strumentali.
Di Silvia Saccone
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NOTA A CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA, SEZIONE V
Sentenza 28 Ottobre 2020, Causa C-521/18
Sulla natura di Poste italiane ed il novero di attività strumentali
Di SILVIA SACCONE
L’art. 13, paragrafo 1, della direttiva 2014/25/UE “dev’essere interpretato nel senso che si applica ad attività consistenti nella prestazione di servizi di portierato, reception e presidio varchi delle sedi dei prestatori di servizi postali, in quanto siffatte attività presentano un nesso con l’attività rientrante nel settore postale, nel senso che servono effettivamente all’esercizio di tale attività consentendone la realizzazione in maniera adeguata, tenuto conto delle sue normali condizioni di mercato”.
1. Premessa
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea con la sentenza in esame si è espressa sulla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal TAR del Lazio con l’ordinanza n. 7778/2018.
Il TAR del Lazio era stato chiamato a pronunciarsi sul ricorso della Società Pegaso S.r.l. Servizi Fiduciari avverso il bando di gara pubblicato da Poste Tutela S.p.A., avente ad oggetto la conclusione di accordi quadro per l’affidamento dei servizi di portierato, reception e presidio varchi per le sedi di Poste Italiane S.p.A. ed altre società del gruppo.
Le società Poste Italiane S.p.A. e Poste Tutela S.p.A., controllata al 100% dalla prima, si costituivano parti resistenti, eccependo in via pregiudiziale il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, dato che la procedura di gara era stata avviata da un’impresa pubblica per servizi estranei a quelli rientranti tra i settori speciali. In quanto impresa pubblica, Poste Italiane sarebbe stata soggetta alla disciplina del Codice solo se operante nell’ambito dei settori speciali e non anche per un servizio destinato prevalentemente agli uffici amministrativi e direzionali, come nel caso di specie. In tal caso Poste Tutela S.p.A. avrebbe goduto di piena autonomia negoziale, con effettuazione di una procedura selettiva solo in forma di autovincolo, sottratta alla cognizione del giudice amministrativo.
A tali argomentazioni si opponeva la ricorrente, secondo la quale Poste Italiane S.p.A. non aveva natura di impresa pubblica bensì di organismo di diritto pubblico. Inoltre, Pegaso S.r.l. sosteneva che tra i servizi rientranti nei settori speciali dovessero essere inclusi anche i servizi complementari e strumentali a quelli indicati dalla normativa, finalizzati cioè a garantirne il regolare svolgimento.
In merito alla qualificazione giuridica di Poste Italiane la giurisprudenza nazionale è divisa. Da una parte le Sezioni Unite della Corte di Cassazione ne sostengono la natura di impresa pubblica, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario per le procedure di gara non rientranti nei settori speciali1; dall’altra, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato qualifica la suddetta società come organismo di diritto pubblico2.
Il TAR, essendo vincolato alla pronuncia della Corte Suprema, ma non condividendone le argomentazioni, aveva deciso di sospendere il procedimento e sottoporre alla CGUE sei quesiti relativi a questioni pregiudiziali alla pronuncia richiesta.
2. La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea
Le questioni sottoposte alla Corte riguardavano la qualificazione giuridica di Poste Italiane e l’applicabilità delle disposizioni della direttiva 2014/25/UE ai servizi oggetto del bando indetto da Poste Tutela.
Per quanto attiene alla prima questione, la CGUE ritiene “pacifico che Poste Tutela e Poste Italiane presentano la qualità di imprese pubbliche, ai sensi dell’art. 4, paragrafo 2, della direttiva 2014/25”. Le imprese pubbliche rientrano nell’ambito soggettivo di applicazione della direttiva, sicché la Corte non ritiene necessario verificare se esse costituiscano un organismo di diritto pubblico.
La Corte si concentra invece sull’interpretazione dell’art. 13 della direttiva 2014/25/UE e sulla sua applicabilità ai servizi di portierato, reception e presidio varchi. In particolare, la Corte intende verificare se tali servizi possano essere considerati strumentali e complementari rispetto ai servizi postali e quindi se rientrino nell’ambito di applicazione della direttiva.
L’art. 13 disciplina i servizi postali e ne definisce l’ambito di applicazione “alle attività relative alla prestazione di: a) servizi postali; b) altri servizi diversi da quelli postali, a condizione che tali servizi siano prestati da un ente che fornisce anche servizi postali, ai sensi del paragrafo 2, lett.b) del presente articolo […]”.
Innanzitutto, la Corte evidenzia che le disposizioni della direttiva 2014/25/UE hanno una portata “sostanzialmente identica” a quelle della precedente direttiva 2004/17/CE. Pertanto, è possibile estendere la giurisprudenza relativa a quest’ultima anche alla direttiva del 2014.
Dunque, la Corte richiama precedenti pronunce, nelle quali aveva dichiarato che la direttiva 2004 non era applicabile solo agli appalti aggiudicati in uno dei settori espressamente previsti, ma anche a quegli appalti che, seppur di natura diversa, servissero all’esercizio di tali attività. Di conseguenza, la Corte deduceva che, qualora un appalto avesse un nesso con una delle attività esercitate nei settori previsti dalla direttiva, ossia fosse aggiudicato in rapporto e per l’esercizio delle attività rientranti in uno di questi settori, tale appalto doveva essere assoggettato alle procedure ivi previste.
Quindi, poiché la direttiva 2014 ha portata identica a quella del 2004 e poiché l’art. 13 della direttiva 2014/25 ricalca l’art.6 della precedente, la Corte ritiene che “l’ambito di applicazione ratione materiae non può essere interpretato più restrittivamente e non può pertanto essere limitato alle sole attività di prestazione di servizi postali”, dovendo essere esteso anche alle attività connesse alla prestazione di tali servizi.
Posto quanto sopra, la Corte afferma che è necessario verificare se, nel caso di specie, i servizi oggetto del bando presentino un nesso con l’attività svolta nel settore postale e quindi servano all’esercizio di tale servizio.
Fondamentale perché trovi applicazione la direttiva è la sussistenza di un nesso tra l’appalto aggiudicato e un’attività esercitata in uno dei settori speciali. Tale nesso, tuttavia, non può “essere di natura qualunque”: per poterne dichiarare la sussistenza, non è sufficiente che i servizi oggetto dell’appalto contribuiscano positivamente all’attività dell’ente, ma devono invece servire “effettivamente” al suo esercizio.
Tra le attività relative alla prestazione dei servizi postali rientrano tutte le attività che effettivamente servono al loro svolgimento e consentono “la realizzazione in maniera adeguata di tale attività, tenuto conto delle sue normali condizioni di esercizio”. Secondo la Corte, nel caso di specie, appare difficile che i servizi postali possano essere svolti adeguatamente in assenza di servizi di portierato, reception e presidio varchi degli uffici. Ciò vale non solo per gli uffici aperti al pubblico ma anche per gli uffici amministrativi, poiché la prestazione di servizi postali comprende anche la gestione e la pianificazione di tali servizi.
L’appalto presenta un nesso con l’attività svolta nel settore dei servizi postali, non potendo ritenersi aggiudicato per scopi diversi dal suo adeguato svolgimento. Ne consegue, quindi, la sua assoggettabilità alla direttiva 2014/25 oltre che ratione personae - essendo Poste Italiane un’impresa pubblica – anche ratione materiae.
Secondo la Corte, poi, tale conclusione non è inficiata dall’argomento di Poste Italiane, secondo cui i servizi oggetto del bando sarebbero stati prestati anche a favore di attività che non rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva sui settori speciali.
Tale aspetto è rilevante poiché, qualora i servizi oggetto del bando fossero destinati principalmente ad attività non rientranti nell’ambito della direttiva, Poste Italiane non sarebbe vincolata al rispetto delle disposizioni e quindi all’espletamento di una procedura ad evidenza pubblica. Questo perché trattandosi di un’impresa pubblica, ad essa non si applica la c.d. teoria del contagio, che vale invece per gli organismi di diritto pubblico. Nel caso di specie, tuttavia, non risulta dimostrato che l’appalto fosse destinato in via principale ad attività non rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva, pertanto non si può ritenere che esso esuli dal suo ambito di applicazione.
Nel caso di appalti destinati a diverse attività, l’articolo 6 della direttiva, poi, prevede due possibilità: aggiudicare appalti distinti oppure aggiudicare un appalto unico. Nel primo caso, la scelta del regime giuridico applicabile dipende dalle caratteristiche dell’attività.3 Qualora l’ente aggiudicatore opti, invece, per la seconda opzione, all’appalto si applicherebbero le norme relative alla principale attività cui è destinato.4
Sulla base di quanto affermato la Corte ha, quindi, dichiarato che l’art. 13, paragrafo 1, della direttiva 2014/25/UE “dev’essere interpretato nel senso che si applica ad attività consistenti nella prestazione di servizi di portierato, reception e presidio varchi delle sedi dei prestatori di servizi postali, in quanto siffatte attività presentano un nesso con l’attività rientrante nel settore postale, nel senso che servono effettivamente all’esercizio di tale attività consentendone la realizzazione in maniera adeguata, tenuto conto delle sue normali condizioni di mercato”.
3. Considerazione conclusive
La Corte di Giustizia con la sentenza in commento ha dato risposta alle due questioni, dichiarando che Poste Italiane è un’impresa pubblica, ai sensi dell’art. 4 della direttiva 2014/25/UE5, e che i servizi di portierato, reception e presidio varchi presentano un nesso con le attività svolte nel settore dei servizi postali.
Come anticipato nella premessa, la qualificazione giuridica di Poste Italiane è discussa: da un lato c’è chi ne sostiene la natura di impresa pubblica, dall’altro c’è chi sostiene che si tratti di un organismo di diritto pubblico.
La distinzione tra le due tipologie non è irrilevante, poiché mentre un’impresa pubblica è soggetta all’obbligo di esperire una procedura di evidenza pubblica solo per quegli appalti che rientrino nei settori speciali, invece l’organismo di diritto pubblico, in virtù della c.d. teoria del contagio, per gli appalti che non rientrano nei settori speciali è comunque assoggettato alla disciplina sui settori ordinari.
Tuttavia, la Corte sul punto non si è soffermata in maniera dettagliata, ma avendo riscontrato la sussistenza dei caratteri propri dell’impresa pubblica non ha ritenuto di dover verificare se fossero presenti anche i profili dell’organismo di diritto pubblico.
Dal punto di vista soggettivo, quindi, Poste Italiane rientra nell’ambito di applicazione della direttiva, ma l’assoggettabilità alla disciplina sui settori speciali non si può desumere solo in base al criterio soggettivo, relativo cioè al fatto che ad aggiudicare l’appalto sia un ente aggiudicatore.6 È necessario che sussista anche il profilo oggettivo, ossia che l’appalto sia finalizzato allo svolgimento delle attività di uno dei settori speciali.
Infatti, l’ambito di applicazione della direttiva 2014/25 è da intendersi ratione materiae – in base alla natura dell’attività – e definito in maniera restrittiva.7 Pur dovendosi intendere restrittivamente, però, non vi rientrano solo i settori espressamente previsti, ma anche tutti quei servizi che presentino un nesso con tali attività, ossia che siano funzionali al loro corretto svolgimento. Nel caso, poi, di servizi prestati a favore di diverse attività, alcune delle quali non rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva, il regime giuridico dipende dalla scelta dell’ente di aggiudicare un appalto unico o un appalto distinto per ciascuna attività. Per le imprese pubbliche tali opzioni determinano se l’appalto debba essere affidato secondo le procedure previste dalla normativa europea, oppure se ne esulino, con la conseguenza che è necessario chiarire quale sia l’attività cui i servizi sono destinati.
Nel caso come quello in esame, in cui si verifichi che i servizi oggetto del bando sono effettivamente funzionali allo svolgimento delle attività nel settore postale e che essi sono destinati in via principale ad attività rientranti nell’ambito della direttiva, l’art. 13 deve essere interpretato nel senso che essi servono effettivamente allo svolgimento dei servizi postali.
NOTE:
1 Si vedano sul punto: S.U. Cass., ordinanza 1 marzo 2018 n. 4899; Cass. Civ., Sez. Un., ordinanza 29 maggio 2012, n. 8511.
2 Consiglio di Stato, Ad. Plen., n. 16/2011.
3 Art. 6, paragrafo 1: “Nel caso di contratti destinati a contemplare più attività, gli enti aggiudicatori possono scegliere di aggiudicare appalti distinti per ogni attività distinta o di aggiudicare un appalto unico. Se gli enti aggiudicatori scelgono di aggiudicare appalti distinti, la decisione che determina il regime giuridico applicabile a ciascuno di tali appalti distinti è adottata in base alle caratteristiche dell’attività distinta di cui trattasi”.
4 Art. 6, paragrafo 2: “A un appalto destinato all’esercizio di più attività si applicano le norme relative alla principale attività cui è destinato”.
5 Articolo 4, comma 2: “Per «impresa pubblica» si intende un’impresa su cui le amministrazioni aggiudicatrici possono esercitare, direttamente o indirettamente, un’influenza dominante perché ne sono proprietarie, vi hanno una partecipazione finanziaria, o in virtù di norme che disciplinano le imprese in questione. Un’influenza dominante da parte delle amministrazioni aggiudicatrici si presume in tutti i casi in cui queste autorità, direttamente o indirettamente: a) detengono la maggioranza del capitale sottoscritto dell’impresa; b) controllano la maggioranza dei voti cui danno diritto le azioni emesse dall’impresa; c) possono designare più della metà dei membri dell’organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza dell’impresa”.
6 Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 2919/2011.
7 Conclusioni dell’avvocato generale presentate il 23 aprile 2020, Causa C-521/18, paragrafi 81-83.