ISSN 2039 - 6937  Registrata presso il Tribunale di Catania
Anno XVI - n. 03 - Marzo 2024

  Studi



Sandbox normativa e temporanea disapplicazione delle regole amministrative.

Di Marco Romboli
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Sandbox normativa e temporanea disapplicazione delle regole amministrative.

Di Marco Romboli

Abstract

Il legislatore italiano è recentemente intervenuto per normare, anche se solo parzialmente, l’istituto della Sandbox normativa, uno spazio di prova che può essere fisico o virtuale all’interno del quale è possibile svolgere test su un progetto tecnologico innovativo con la possibilità di derogare a tale scopo la normativa in materia. Il seguente articolo si pone come obiettivo quello di analizzare lo stato dell’arte dell’istituto in Italia valutando gli impatti che questo ha, anche e soprattutto, sugli istituti del diritto amministrativo oltre che sullo sviluppo dell’innovazione tecnologica e sulla capacità del diritto di adattarsi a questa; particolare attenzione è stato riservata al ruolo delle autorità amministrative indipendenti in relazione alle Sandbox in modo da valutare se questa abbia comportato cambiamenti significativi per il loro ruolo e la loro natura.     Con l’obiettivo di eseguire un’analisi approfondita sono state analizzate anche alcune realtà europee in cui la ricezione e l’uso della Sandbox sono state ritenute rilevanti e significative per lo studio e l’analisi dell’istituto.

 

Recently italian law makers have intervened to regulate, even if only partially, the institution of the Sandbox legislation, a testing area that may be physical or virtual within which it is possible to carry out tests on an innovative technological project with the possibility of derogating for this purpose the relevant legislation. The following article aims to analyze the state of the art of the institution in Italy by evaluating the impacts that it has, above all, on administrative law as well as on the development of technological innovation and the ability of the right to adapt to it; Particular attention was paid to the role of the independent administrative authorities in relation to the Sandboxes in order to assess whether this has led to significant changes in their role and nature. With the aim of carrying out an in-depth analysis, some European realities were also analyzed in which the reception and use of the Sandbox were considered relevant and significant for the study and analysis of the institution.   

SOMMARIO

  1. Che cosa è una Sandbox; 2. La Sandbox in Italia: ambito e caratteristiche generali; 3. La presentazione della domanda e l’accesso all’area di prova; 4. Il ruolo delle Autorità Amministrative Indipendenti. Ruolo e natura in relazione alla Sandbox; 5. Le Sandbox negli ordinamenti europei e internazionali; 5. Conclusioni.
  2. Che cosa è una Sandbox.

Il termine “Sandbox” non appartiene alla terminologia propria del diritto; questo è stato ripreso dal lessico del mondo tecnologico in cui indica uno spazio di prova in cui è possibile sperimentare  progetti che non necessariamente condurranno allo sviluppo di un prototipo.

Nella realtà giuridica la sandbox è uno spazio, virtuale oppure fisico, all’interno del quale è possibile testare per un periodo di tempo limitato progetti innovativi da un punto di vista tecnologico, con la possibilità di derogare la normativa di settore in modo da consentire ai promotori di svolgere i test nella maniera più esaustiva, completa ed efficiente possibile. La sandbox normativa è caratterizzata da una ulteriore peculiarità: i risultati dei vari test e delle varie sperimentazioni possono essere utilizzati come base per una successiva ed eventuale modifica normativa.

Il procedimento alla base dell’istituto è abbastanza semplice: un soggetto propone un progetto innovativo all’ente pubblico che sovrintende la sperimentazione al fine di valutare se il progetto possa essere ammesso sulla base della sussistenza di requisiti predeterminati o se invece la domanda debba essere respinta. 

La Sandbox si pone, oltre che come mezzo per facilitare lo sviluppo di nuove tecnologie, come strumento funzionale alla collaborazione tra amministrazione e privato. L’intera architettura dell’istituto si basa sul fatto che uno o più enti pubblici (a seconda della portata del progetto) permettono ad un privato di testare la propria idea innovativa addirittura sospendendo temporaneamente la normativa di riferimento in modo da consentire il miglior svolgimento possibile della sperimentazione mentre l’amministrazione si fa carico dell’eventuale proposta di una modifica normativa in modo tale da contribuire allo sviluppo del settore e fare sì che questo possa essere stabile, crescere, e portare benefici per tutta la società.

La Sandbox rappresenta anche un approccio innovativo e partecipativo alla regolamentazione amministrativa. Esiste infatti un ritardo quasi strutturale e  fisiologico tra lo sviluppo tecnologico e il diritto, che diventa particolarmente evidente nel caso della regolamentazione amministrativa. Un altro problema che la Sandbox permette di affrontare è come utilizzare al meglio le innovazioni tecnologiche in settori che storicamente sono caratterizzati da una regolamentazione amministrativa molto pesante e incisiva come il settore sanitario, finanziario, energetico, delle telecomunicazioni etc.[1] Generalmente la regolamentazione amministrativa viene percepita come un ostacolo rispetto all’innovazione, una barriera che può comportare un forte aumento dei costi, e che si può anche tradurre in un investimento potenzialmente antieconomico; inoltre la regolamentazione si può rivelare molto spesso inadeguata rispetto ad una innovazione tecnologica che avanza a grande velocità ma non si deve dimenticare che la regolamentazione può, allo stesso tempo, essere un fattore che incentiva lo sviluppo tecnologico,  basti pensare alla normativa per la tutela dei consumatori, a quella per la tutela e il trattamento dei dati personali e così via.[2]

In sostanza la Sandbox si pone come strumento utile a bilanciare interessi in contrasto tra loro rispondendo alle esigenze di tutela dei consumatori, della concorrenza, della stabilità del mercato e degli interessi dell’Amministrazione e a quelle di flessibilità e adattamento necessarie ai promotori per poter sviluppare e possibilmente lanciare sul mercato prodotti e/o servizi tecnologicamente innovativi creando uno stretto rapporto di collaborazione tra gli enti deputati ad assicurare il rispetto delle disposizioni e i soggetti che invece alla regolamentazione sono sottoposti, un rapporto di collaborazione sicuramente importante e significativo in quanto permette di “accorciare [...] le distanze tra Pubblica Amministrazione e cittadini, contribuendo a mitigare quel senso di diffidenza che ancora, a volte, sembra aleggiare in tale relazione.”[3]

A proposito del rapporto tra diritto e tecnologia si può riscontrare l’emergere di un “paradigma normativo e ricostruttivo sempre più centrato su valori espressi in principi costituzionali e diritti fondamentali, in grado di fronteggiare una innovazione scientifica e tecnologica sempre più pervasiva, e quindi capace di riconsegnare al diritto un ruolo adeguato all’età della tecnica [...] questo è tanto più necessario in quanto l’innovazione scientifica e tecnologica si fa portatrice di un mutamento incessante che non può essere governato attraverso il tradizionale inseguimento legislativo. È indispensabile, quindi, privilegiare strumenti <<prospettici>>, quali sono appunto quelli legati a una normativa per principi, mentre la costruzione di una disciplina affidata a fattispecie chiuse presuppone un diritto che interviene alla fine di un ciclo, che scende alla sera, per selezionare e razionalizzare interessi e situazioni ormai consolidati.”[4]

Un’evoluzione molto interessante che si inserisce in un contesto di avanzamento tecnologico in cui sono state coinvolte anche le amministrazioni con la predisposizione di database e degli atti amministrativi in forma elettronica “in cui la determinazione amministrativa è, non solo elaborata, ma anche formalizzata in forma elettronica e su supporto digitale” e che molto probabilmente  vedrà nel prossimo futuro un ruolo sempre più penetrante dell’Intelligenza artificiale nel procedimento amministrativo, forse sino ad arrivare ad una situazione in cui il funzionario pubblico si limiterà a prendere atto di una decisione assunta da un software con un ruolo circoscritto all’impostazione della questione, e alla lettura dell’elaborazione finale operata dalla macchina. Una trasformazione che grazie all’uso di strumenti tecnologici e informatici permetterà alle amministrazioni pubbliche di effettuare decisioni ottenute con un coinvolgimento e una partecipazione sempre maggiore dei cittadini.[5]

In estrema sintesi la Sandbox è interessante anche dal punto di vista regolamentare in quanto è sicuramente lo strumento che (fino ad ora) meglio permette al diritto di adattarsi all’innovazione e allo sviluppo tecnologico. 

  1. La Sandbox in Italia: ambito e caratteristiche generali

Nell’ordinamento italiano è stata istituita una sandbox virtuale in relazione all’ambito della Financial Technology (FinTech), ossia all’uso della tecnologia come strumento alla base dell’innovazione nel mondo finanziario. Lo scopo della FinTech è di contribuire alla creazione di nuovi modelli di business per il settore finanziario, nuovi prodotti, e permettere l’accesso al mercato a nuovi operatori[6]. L’istituto è stato introdotto nell’ordinamento dal legislatore con il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 30 aprile 2021 n. 100, il quale ha dato attuazione alla delega contenuta nell’art. 36, commi 2 bis e s.s., del decreto legge 28 giugno 2019 n. 58. sulla disciplina del comitato e della sperimentazione FinTech.[7]

La Banca d’Italia sul proprio sito internet definisce questa specifica Sandbox come “un ambiente controllato dove intermediari vigilati e operatori del settore FinTech possono testare, per un periodo di tempo limitato, prodotti e servizi tecnologicamente innovativi nel settore bancario, finanziario e assicurativo. La sperimentazione avverrà in costante dialogo con le autorità di vigilanza (Banca d'Italia, CONSOB e IVASS), potendo eventualmente beneficiare di un regime semplificato transitorio.” La Banca d’Italia sottolinea inoltre che la funzione della Sandbox è quella di incentivare l’innovazione e lo sviluppo del settore bancario, finanziario e assicurativo grazie all’innovazione tecnologica impegnandosi a garantire allo stesso tempo la tutela dei consumatori e della concorrenza senza compromettere la stabilità finanziaria. Il dialogo continuo tra l’ente pubblico e i promotori del progetto sottoposto alla sperimentazione consente inoltre all’amministrazione di individuare quali modifiche normative possono essere utili allo sviluppo del settore FinTech e di proporle  all’attenzione del legislatore, il quale eventualmente potrà anche provvedere ad implementarle.[8]

La Sandbox italiana è stata creata in relazione al settore FinTech e pertanto è rivolta a quei soggetti che svolgono la propria attività in tale ambito, a prescindere dal fatto che questi la svolgano in modo continuativo oppure in modo saltuario. Questo testimonia la volontà del legislatore di garantire ad un’ampia platea di operatori FinTech l’opportunità di accedere alla sandbox in modo da poter incentivare la presentazione del maggior numero possibile di progetti.

La domanda di partecipazione deve essere presentata dai promotori all’autorità di vigilanza competente per materia la quale deve essere individuata in base all’oggetto del progetto in questione (nulla vieta che la competenza possa appartenere anche a due o più autorità); le autorità competenti nell’ambito del settore FinTech sono quelle elencate nel decreto ministeriale ossia il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero dello Sviluppo Economico, il Dipartimento degli affari europei, la Banca d’Italia, la CONSOB, l’IVASS, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, l’Autorità garante per la protezione dei dati personali, l’Agenzia per l’Italia digitale e l’Agenzia delle entrate.

Il Comitato FinTech è composto da un rappresentante per ciascuna delle autorità sopra menzionate; è importante segnalare che il Comitato non possiede una propria struttura amministrativa né ha del personale alle proprie dipendenze, per esercitare le proprie funzioni si avvale del personale e di una segreteria tecnica presso il Dipartimento del Tesoro (articolazione interna del Ministero dell’Economia e delle Finanze).[9]

Il Comitato è essenzialmente un organo di coordinamento tra gli attori che sovrintendono la Sandbox il quale ha il compito di monitorare lo sviluppo del settore FinTech in modo da poter definire al meglio gli obiettivi e i programmi per favorirne la crescita anche promuovendo interventi finalizzati alla semplificazione amministrativa e la redazione di linee guida. Il Comitato si occupa inoltre di fare da raccordo tra gli operatori FinTech e le Autorità organizzando anche analisi, convegni di studio e occasioni di scambio informativo e collaborazione con le istituzioni e le autorità europee e internazionali.

  1. La presentazione della domanda e l’accesso all’area di prova.

Il soggetto interessato a presentare una domanda di partecipazione deve farlo all’interno di un finestra temporale che ha una durata di due mesi; il decreto del MEF prevede l’apertura di due finestre l’anno e la prima è stata aperta il 15 novembre 2021 e chiusa il 15 gennaio 2022 mentre ancora non si hanno notizie sulle date di indizione della prossima.

Prima della presentazione della domanda è possibile individuare una fase denominata “accompagnamento” in cui i soggetti interessati ad accedere alla Sandbox possono mettersi in contatto con le Autorità di vigilanza per ottenere informazioni sul funzionamento della sperimentazione, sulle condizioni e le modalità di accesso, o anche solo per individuare in modo corretto l’Autorità competente in relazione al progetto che si vuole testare nella Sandbox. Sempre in questa fase le Autorità di vigilanza possono redigere una relazione sullo stato dell’arte del mercato dei prodotti FinTech, e sulla necessità o meno di un intervento legislativo che modifichi la normativa di settore.

I promotori possono presentare la domanda all’autorità competente per materia allegando tutta la documentazione necessaria per comprovare la sussistenza dei requisiti di ammissibilità: il decreto infatti stabilisce che per accedere alla sandbox i progetti devono essere “significativamente” innovativi e capaci di portare sul mercato bancario, finanziario e assicurativo prodotti e servizi completamente nuovi rispetto a quelli già esistenti. Il progetto deve anche essere in grado di creare un “valore aggiunto” in relazione all’incremento della qualità del servizio, alla promozione della concorrenza, al miglioramento delle condizioni di accesso. Alternativamente il progetto può anche contribuire all’efficienza del settore, alla creazione di una regolamentazione del mercato bancario, finanziario e assicurativo meno onerosa, oppure favorire il perfezionamento dei procedimenti e dei processi degli operatori di mercato. Il progetto deve inoltre essere in uno stato sufficientemente avanzato da permettere di sostenere la sperimentazione; oggettivamente avrebbe poco senso sottoporre a dei test un progetto ancora in fase “embrionale” in quanto si risolverebbe inevitabilmente in un investimento in perdita. Il promotore deve altresì allegare la documentazione necessaria alla verifica della sostenibilità economica del progetto: il decreto non prevede forme di finanziamento pubbliche per i promotori e stabilisce che la sperimentazione non deve comportare un incremento della spesa pubblica.

É a carico del promotore anche l’indicazione della normativa (leggi e regolamenti) che devono essere derogati nel corso della sperimentazione.

L’Autorità di vigilanza verifica la sussistenza dei presupposti nella fase istruttoria riservandosi la possibilità di effettuare una richiesta di chiarimenti o di integrazioni ai promotori e di richiedere un parere sulla domanda di partecipazione al Comitato oppure ad uno degli altri enti che lo costituiscono. Nel caso in cui l’oggetto del progetto presentato riguardi anche la competenza di altre Autorità allora anche queste sono chiamate a svolgere un’istruttoria, e il progetto può essere ammesso alla sperimentazione solo e soltanto se tutte le istruttorie danno esito positivo. A questo punto l’Autorità (o le Autorità) emette un provvedimento con cui accetta la domanda di partecipazione e indica al promotore tutte le prescrizioni a cui questi si deve attenere durante lo svolgimento dei test oltre che la durata del periodo di sperimentazione che in totale (salvo proroga) non può superare i diciotto mesi. L’Autorità competente si occupa anche di svolgere il monitoraggio della sperimentazione con la facoltà di interromperla qualora in corso d’opera anche solo uno dei requisiti di accesso venga meno. Al termine della sperimentazione l’Autorità redige una relazione sull’esito di questa, nella quale può segnalare la necessità di eventuali modifiche della normativa che ritiene sia necessario apportare in conseguenza dell’innovazione tecnologica.

In ragione della propria attività il Comitato può proporre al Governo, e anche alle istituzioni europee, interventi di riassetto normativo, compresa la redazione di linee guida, con il limite che questi siano finalizzati ad assicurare la promozione del settore FinTech, la tutela degli utenti, della concorrenza e della stabilità finanziaria.[10] 

  1. Il ruolo delle Autorità Amministrative Indipendenti. Ruolo e natura in relazione alla Sandbox.

Abbiamo visto come nel procedimento in discorso le Autorità amministrative indipendenti ricoprono un ruolo di primo piano; infatti queste decidono se il progetto presentato può essere ammesso o meno alla fase di sperimentazione e sono incaricate del monitoraggio durante lo svolgimento dei test. Da ultimo l’autorità competente deve redigere una relazione sulla base della quale il Comitato FinTech può presentare al potere legislativo (nazionale e comunitario) una proposta per il riassetto normativo del settore. Come noto, l’ordinamento italiano ormai dalla metà degli anni ‘90 ha visto l’affermazione delle Autorità Amministrative Indipendenti, create in forza di quanto disposto dai regolamenti emanati dall’Unione Europea con funzioni di vigilanza e controllo, poteri normativi secondari e anche di risoluzione delle controversie. La loro affermazione è connessa con il processo politico di liberalizzazione e di affermazione del principio della concorrenza in settori di mercato che sino ad allora avevano visto una forte presenza e un considerevole protagonismo dello Stato, determinando il passaggio dallo Stato imprenditore, caratterizzato da un forte protagonismo nella vita economica, allo Stato regolatore ossia uno stato il cui intervento si limita a dettare le condizioni di funzionamento del settore realizzando “le condizioni più opportune per migliorarne produttività e competitività all'interno del sistema economico [...] uno Stato arbitro e regolatore del mercato.”[11]

Com’è noto, la categoria delle Autorità Amministrative Indipendenti, data dalla pluralità delle species che vi possono essere ricomprese, è difficilmente riconducibile ad una disciplina uniforme. Ciò spiega la difficoltà del legislatore di dettare norme che chiariscano una volta per tutte, le funzioni e la natura giuridica di tale “amministrazione parallela”, che per molti versi si distacca da quella tradizionale.[12]

Proprio in virtù di questo è da chiedersi se la normativa sulla Sandbox non contribuisca a complicare ulteriormente questa categoria in quanto alle Autorità, oltre al tradizionale potere amministrativo, sembra che la legge abbia attribuito un potere completamente nuovo, finanche contrapposto, solo sotto determinati profili e solo temporaneamente, a quello del legislatore. Le Autorità amministrative operanti in relazione al settore FinTech, infatti, soprattutto in quanto ad esse è attribuito il potere di ammettere o meno un progetto all’area di prova, vengono ad assumere un importante ruolo decisionale, sin qui inedito dato ad ora nessun’altra disposizione ha attribuito ad altre Autorità un potere equivalente.

Un’altra riflessione importante deve essere fatta sul ruolo delle Autorità nel riassetto normativo. In generale le Autorità indipendenti hanno una competenza normativa nei propri settori di riferimento esercitando “poteri (di varia specie, accomunati nella nozione di regolazione) ad esse attribuiti dalla legge” atti caratterizzati da un “contenuto generale e astratto, cogenti nelle loro disposizioni nei confronti di operatori e utenti del settore di competenza. [...] Si tratta di atti sostanzialmente normativi, con quel che ne segue in punto di disciplina applicabile. (Cerulli - Irelli). Tutte le Autorità sono provviste di poteri di regolamentazione che hanno sia efficacia interna, per quanto riguarda l’organizzazione, il personale, la contabilità etc., che efficacia esterna nei confronti degli operatori e degli “utenti del settore economico di competenza”. Si deve precisare che in questo caso parliamo di atti normativi di rango secondario, ossia dei regolamenti.[13]

Si ripresenta pertanto un tema dibattuto da molto tempo in dottrina, relativo alla legittimazione delle autorità in quanto organi non eletti ad esercitare il potere normativo, motivo per cui il legislatore ha previsto stringenti garanzie regolamentari che includono la partecipazione di organismi rappresentativi degli operatori di settore, la comunicazione dell’avvio del procedimento, e l’acquisizione di ulteriori informazioni; le autorità sono altresì tenute a presentare una relazione annuale sulla propria attività alle Camere. La ricerca della legittimazione si esprime pertanto “nell’apertura di queste articolazioni della pubblica amministrazione agli interessi espressi nella società, che trovano voce soprattutto attraverso la partecipazione al procedimento” e infatti nelle leggi istitutive delle autorità o nei regolamenti che disciplinano il loro funzionamento sono previsti numerosi strumenti di collaborazione con il privato che si sostanziano anche in forme di contraddittorio caratterizzate da un forte garantismo o in contrattazioni tra amministrazione e privato.[14] La partecipazione contribuisce sicuramente molto a rafforzare la legittimità delle autorità, anche se non si può dimenticare la differenza strutturale tra questa e “le mediazioni democratiche raggiunte dinanzi alle sedi amministrative”, e inoltre la partecipazione è una caratteristica generale dell’amministrazione pubblica e pertanto da sola non è sufficiente a legittimarne le attribuzioni “di diretta regolazione, vigilanza e financo ‘giustiziali’”.[15]     

Si deve ricordare che la giurisprudenza ha ritenuto la produzione normativa da parte delle autorità conforme con il sistema delle fonti; emblematica da questo punto di vista è la sentenza del Consiglio di Stato n. 2987/2002 con cui la giustizia amministrativa ha stabilito la legittimità del provvedimento dell'Autorità per l’energia elettrica e il gas con cui questa istituiva per le società distributrici un obbligo di intervenire sulle perdite di gas negli impianti di distribuzione “a valle del punto di estrazione”, obbligo che non aveva nessun fondamento nella legislazione ordinaria. In passato sono state sollevate molte critiche da parte della dottrina circa l’opportunità di attribuire alle autorità un ampio potere normativo soprattutto per il rischio di contrasto con i principi costituzionali di rappresentanza politica e di legalità, rischio che è connaturato all’attribuzione di una eccessiva discrezionalità ad una articolazione della pubblica amministrazione, secondo questa visione infatti “la potestà normativa delle autorità verrebbe a configurarsi quale ‘polo normativo autosufficiente’ che decide di intraprendere e di portare a compimento e di portare a compimento un processo normativo destinato a concretizzare scelte politiche”. Il rischio paventato sarebbe quindi la creazione di una situazione in cui, nel silenzio del legislatore, l’unica fonte di regolazione della materia è il regolamento emanato dalle autorità che mancano di una vera e propria legittimazione democratica in quanto poste al di fuori del “circuito politico”.[16] 

É il caso di evidenziare che il decreto ministeriale 100/2021 non attribuisce esplicitamente nuove attribuzioni alle autorità competenti né deroga quelle previste dalle legislazioni istitutive ossia la vigilanza sul rispetto della concorrenza, evitare concentrazioni e che gli operatori di mercati abusino di una eventuale posizione dominante, attribuzioni ulteriori concernono “il contrasto a pratiche commerciali scorrette nei confronti dei consumatori e delle microimprese, la tutela dalla pubblicità ingannevole e dalla concorrenza”; infatti anche nell’esercizio del proprio ruolo in relazione alla Sandbox le autorità esercitano le proprie mansioni di regolazione attraverso i propri poteri consultivi, ispettivi e di accesso alle informazioni e alla documentazione. Bisogna segnalare inoltre che il Comitato FinTech non è il primo caso di organo di raccordo tra diverse autorità di settore, in passato per esempio è stato istituito un coordinamento permanente tra l’Autorità garante della concorrenza e del mercato e il Garante per la protezione dei dati personali con lo scopo di “superare la natura settoriale delle competenze”.[17]       

L’Autorità che sovrintende la Sandbox nella relazione finale può segnalare la necessità di modifiche normative o regolamentari ma la cosa su cui vale maggiormente la pena soffermarsi è dato dal fatto che il Comitato FinTech di cui le Autorità fanno parte, tra le sue attribuzioni contempla presentare al legislatore (nazionale e comunitario) proposte di riforma della normativa o proposte di linee guida. Verrebbe da chiedersi se anche in questo caso siamo di fronte all’attribuzione, almeno indiretta, di un nuovo potere a CONSOB, IVASS, all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, e all’Autorità garante per la protezione dei dati personali, o se forse sarebbe più corretto dire che si tratta di una nuova declinazione del potere normativo attribuito alle Autorità indipendenti in quanto la proposta viene presentata da un organo di raccordo di cui queste sono parte integrante ma che vede anche la presenza di altri enti pubblici quali il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Dipartimento degli affari europei, la Banca d’Italia, il Ministero dello Sviluppo Economico, l’Agenzia per l’Italia digitale e l’Agenzia delle entrate.

L’istituto pone quindi anche per il diritto amministrativo questioni importanti in relazione alla natura e alle attribuzioni delle Autorità coinvolte in quanto operanti nei settori bancario, finanziario e assicurativo e quindi interessati dalla Financial Technology.    

  1. La Sandbox negli altri ordinamenti europei.

Come accennato sopra la sandbox è presente anche in numerosi ordinamenti stranieri; molti paesi europei negli ultimi anni hanno implementato le sandbox per testare progetti tecnologicamente innovativi in un vasto ambito di settori.

Il primo ordinamento con cui è quasi naturale effettuare un’analisi di tipo comparatistico è quello spagnolo, data la sua vicinanza con l’Italia. Anche la Spagna infatti ha istituito una Sandbox Fintech (anche in questo caso virtuale) per mezzo di un provvedimento legislativo, la legge n. 7 del 13 novembre 2020, con lo scopo di accompagnare la trasformazione digitale che con l’avvento della cd. quarta rivoluzione industriale (detta anche industria 4.0) sta trasformando i processi di produzione, commercializzazione e distribuzione di beni e servizi nell’economia, trasformazione che nel settore finanziario sta incidendo profondamente sulla struttura dei modelli di business, sulla struttura complessiva del settore stesso permettendo l’ingresso di nuovi operatori, e sulle relazioni con la clientela. Fatta eccezione per qualche dettaglio, la legislazione è quasi completamente sovrapponibile a quella italiana soprattutto in riferimento agli attori, ai soggetti che possono proporre un progetto da sottoporre alla sperimentazione, i requisiti che il detto progetto deve avere per essere ammesso alla sperimentazione e alla necessità che vengano apportate migliorie per gli utilizzatori dei servizi finanziari e per il sistema finanziario in generale.[18]

Altro caso interessante da analizzare è quello del Portogallo. Anche in questo caso l’istituto è stato introdotto per mezzo di un provvedimento legislativo, il decreto n. 67/2021, con cui sono state istituite sul territorio nazionale le “zone libere tecnologiche”. A differenza del caso spagnolo e di quello italiano la legislazione portoghese prevede che la sperimentazione si svolga in un’area fisica e l’ambito di applicazione non viene limitato ad un solo settore ma un ente pubblico, l’Agenzia Nazionale per l’Innovazione, cura l’istituzione della sandbox individuando l’area geografica in cui questa dovrà sorgere e l’ambito per il quale verranno presentati i progetti di sperimentazione. Anche in questo caso come nei due precedenti abbiamo una governance di tipo nazionale con alcune peculiarità in riferimento agli attori: la sandbox portoghese prevede infatti solo la presenza di Autorità di vigilanza, chiamate enti di gestione, l’autorità dei test (attribuzione dell’Agenzia Nazionale per l’innovazione) e l’ente di regolamentazione competente per materia. Questa peculiarità incide anche sul procedimento per l’accesso alla sperimentazione dove il promotore del progetto lo presenta all’ente regolatore competente per materia e nel caso in cui, dopo una valutazione preliminare, lo ritenga conforme alla legislazione in materia lo invia all’autorità dei test, la quale dopo una valutazione più approfondita, in caso di esito positivo della stessa provvede alla costituzione della Sandbox; l’ente gestore invece si occupa della sua manutenzione, gestione e operatività.

Una particolarità molto importante del sistema portoghese riguarda la questione della deroga della normativa di settore nel corso del periodo di durata della sperimentazione. Il legislatore portoghese ha operato una distinzione tra le sandbox nelle quali è permesso derogare la normativa e quelle in cui, al contrario, non è possibile concedere nessun tipo di deroga. Il decreto prevede la presenza nell’ordinamento di Sandbox che ammettono la deroga normativa ma specifica che queste devono essere stabilite con un apposito provvedimento legislativo; in questo caso le disposizioni del decreto 67/2021 operano in via sussidiaria. [19]   

Molto interessante è anche il modo in cui i Paesi Bassi hanno implementato la Sandbox utilizzando un secondo modello rispetto a quello sinora esposto, i “Dutch green deals” stabiliti dal Ministero dell’Economia e della Politica Climatica, dal Ministero degli Interni, dal Ministero delle Infrastrutture, e dal Ministero della gestione idrica nel 2011. I “green deals” sono dei contratti, stipulati nell’ambito del diritto privato, sottoscritti tra persone fisiche o giuridiche che possono essere private o pubbliche (la platea comprende anche i governi locali e regionali) e il governo centrale; questi accordi non sono focalizzati su uno specifico settore ma si concentrano principalmente su energia, bio-economy (lo sfruttamento sostenibile delle risorse naturali), materiali grezzi, costruzioni, biodiversità, mobilità, cibo, acqua e clima. L’obiettivo è sempre quello di permettere a chi vuole proporre un progetto innovativo di poter accedere ad una zona di sperimentazione in cui sia permesso ovviare ad eventuali ostacoli posti dalla normativa ottenendo una deroga a questa. É interessante notare come in questo caso la Sandbox venga costruita utilizzando un istituto del diritto privato che viene posto in essere dopo una fase di contrattazione tra le parti coinvolte in cui si determinano oltre all’accesso all’area di sperimentazione anche aspetti importanti come la durata dei test, le misure di sicurezza, etc.[20]

Da ultimo è sicuramente molto interessante dal punto di vista comparatistico il caso tedesco. In Germania infatti il legislatore ha introdotto le Sandbox nell’ordinamento utilizzando le clausole di sperimentazione, ossia una previsione inserita all’interno della normativa di settore che permette di derogare la stessa per il periodo di tempo necessario ai fini della sperimentazione. La creazione di nuove clausole di sperimentazione è stata chiaramente delineata come uno degli obiettivi della Regulatroy Sandbox Strategy lanciata dal Ministero degli Affari Economici e dell’Energia e redatta nel quadro dell’accordo con cui è stato costituito il governo della Große Koalition (2017-2021).

Le clausole di sperimentazione non sono una novità assoluta nell’ordinamento tedesco essendo state inserite per la prima volta negli anni ‘50 tuttavia il loro uso è stato molto inflazionato solo negli ultimi anni soprattutto in conseguenza del fatto che si sono rivelate essere degli ottimi strumenti per incentivare l’innovazione. Queste clausole hanno due finalità principali: quando la normativa ostacola l’innovazione in un determinato settore creano la possibilità per i promotori (pubblici o privati) di sperimentare i loro progetti in una Sandbox e, in secondo luogo, permettono al legislatore di assumere consapevolezza dello stato di avanzamento dell’innovazione tecnologica e di come questa impatta su un determinato settore, dandogli la possibilità di adattare la normativa di conseguenza utilizzando le informazioni e i  dati raccolti durante la sperimentazione, contribuendo così alla creazione di un ambiente capace di attirare investimenti nell’ambito dell’innovazione adottando tutte le dovute accortezze atte a scongiurare rischi, o effetti collaterali che possono potenzialmente verificarsi nel corso della sperimentazione.

Le clausole di sperimentazione sono diffuse in numerose legislazioni di settore in tutto l’ordinamento tedesco e si sono rivelate uno strumento molto efficiente ed efficace soprattutto nei settori della mobilità, della logistica, dell’e-government, e dell’energia. La clausola della legge sul trasporto dei passeggeri (PBefG) viene universalmente considerata esemplare da questo punto di vista, in quanto permette di derogare la normativa sul trasporto dei passeggeri per testare dei progetti relativi ai nuovi strumenti e mezzi di trasporto come il ridesharing o gli autobus a guida autonoma; un altro esempio indicativo è la clausola contenuta nella legge sul traffico aereo, grazie alla quale è stato possibile derogare al divieto di far volare droni. La clausola in questione ha permesso la sperimentazione di numerosi progetti i cui risultati sono stati utilizzati per redigere una regolamentazione comune europea che consente l’utilizzo dei droni.[21]        

Conclusioni.

La Sandbox ha tutte le carte in regola per essere, dal punto di vista tecnico-scientifico, un volano per lo sviluppo dell’innovazione tecnologica mentre dal punto di vista economico-sociale può contribuire al lancio sul mercato di prodotti e processi benefici per la società e per i consumatori, senza dimenticare la potenziale attrazione che può esercitare sugli operatori di mercato, i quali trovano sicuramente molto attrattiva la possibilità di ottenere una sospensione temporanea della normativa in quanto possono così investire in un progetto, senza il rischio che questo sia rallentato da una pesante regolamentazione e da un complesso procedimento amministrativo che nel lungo periodo può risultare antieconomico.

L’aspetto che risulta essere maggiormente interessante da un punto di vista giuridico è sicuramente la possibilità di utilizzare i risultati della sperimentazione come base per una riforma della legislazione ma bisogna sempre considerare e tenere presente che quando parliamo della Sandbox, delle sue implicazioni e dei suoi effetti lo facciamo sempre in maniera astratta. La legge con cui questa è stata istituita infatti è troppo recente (2021) per tracciare un bilancio sul suo funzionamento e sui risultati. In particolare sarebbe molto interessante verificare come la Sandbox può incidere sul riassetto normativo ma questo è complicato anche a livello europeo, il caso del regolamento comunitario sullo spazio aereo infatti finora è solo un caso isolato e da solo non può aiutare ad individuare una tendenza; inoltre mancano casi esemplari di una Sandbox al termine della quale si è prodotta una modifica della normativa di settore. Il caso in cui ci si è andati più vicini è quello della Sandbox nei Paesi Bassi sul settore energetico, in cui il Ministero degli Affari Economici e della Politica Climatica aveva istituito un’area di sperimentazione dedicata a progetti focalizzati sulla distribuzione dell’energia, la produzione e la distribuzione di energia elettrica nelle comunità locali, la griglia smart dell’elettricità, l’approccio integrato/sector coupling, lo stoccaggio dell’energia,  e i servizi per la stabilità della griglia nei domicili privati o nelle aree residenziali. É stato possibile presentare progetti dal 2015 al 2018, dopodiché l’accesso alla sperimentazione è stato chiuso e il Ministero ha annunciato che i risultati dei test sui progetti ammessi saranno utilizzati per riformare l’Electricity Act con una proposta che dovrebbe essere presentata al Parlamento nel corso del 2022 (alla stato attuale non è stata ancora annunciata).[22]

Essendosi chiusa la prima finestra per la presentazione dei progetti il 15 gennaio scorso è ancora presto per valutare un potenziale impatto della Sandbox soprattutto in relazione alla nuova declinazione che il legislatore ha attribuito al potere normativo delle Autorità (la CONSOB, l’IVASS, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, l’Autorità garante per la protezione dei dati personali) prima che siano trascorsi alcuni mesi. Molto dipenderà dai progetti che supereranno la fase istruttoria, quanto tempo richiederanno per la sperimentazione, e quanti e quali progetti supereranno la fase di sperimentazione. 

 

 

 

[1] Inter American Development Bank, Regulatory Sandboxes and Innovation Testbeds - Final Report, Abstract,  2020.

[2] Op. ult. cit., 2020, pp 1-3. 

[3] A. Barbato, Il rapporto tra Pubbliche Amministrazioni e Cittadini: piccole, ma significative, novità normative, 2020, lentepubblica.it.

[4] G. Camera, O. Pollicino, Il diritto, in affanno, rincorre l’evoluzione tecnologica, in, La legge è uguale anche sul web, Egea editore, 2010, pp 5 - 7. 

[5] L. Viola, L’intelligenza artificiale nel procedimento e nel processo amministrativo: lo stato dell’arte., in federalismi.it, 2018, p. 3 s.

[6] Commissione Nazionale per la Società e la Borsa, FinTech, consob.it.

[7] Banca d’Italia, Sandbox regolamentare, bancaditalia.it.

[8] Ibidem.

[9] D. M. 30 aprile 2021 n. 100.

[10] Banca d’Italia, Sandbox regolamentare, bancaditalia.it.

[11] L. Orlando, Genesi delle Autorità amministrative indipendenti; natura e funzioni principali, in Il diritto amministrativo - rivista giuridica, Anno XIV, n. 05, 2022. Vedi anche F. Merusi, M. Passaro, Le autorità indipendenti, Il Mulino, 2011; N. Longobardi, Autorità amministrative indipendenti e sistema giuridico-istituzionale, Giappichelli, 2009.

[12] L. Orlando, op. cit.   

[13] V. Cerulli Irelli, Sul potere normativo delle Autorità Amministrative indipendenti, www.astrid.eu.   

[14] M. Cuniberti, Autorità amministrative indipendenti e Costituzione, in Rivista di diritto costituzionale, G. Giappichelli Editore,  2002, pp. 9 - 10 - 27. 

[15] A. Patroni Griffi, Le Autorità amministrative indipendenti nell'ordinamento costituzionale: profili problematici di ieri e di oggi, in Rassegna di diritto pubblico europeo, 1-2/2015,  pp. 10 s.

[16] F. Zammartino, Le autorità amministrative indipendenti: aspetti problematici e nuove prospettive, in Dirittifondamentali.it, fascicolo 1/2020, pp 957 - 959, 2020.

[17] S. Foà, La tendenziale indipendenza delle autorità di regolazione rispetto al Governo,in  Federalismi.it, n. 28/2020, pp. 67 - 70.

[18] Banca centrale di Spagna, Sandbox, bde.es.

[19] D.l. n. 67/2021.

[20] Inter American Development Bank, Regulatory Sandboxes and Innovation Testbeds - Final Report, p. 11, 2020.

[21] Ministero Federale per gli Affari Economici e l’Energia, New flexibility for innovation: guide for formulating experimentation clauses, 2020, pp. 5 - 6.

[22] Florence school of regulation, Regulatory sandboxes in the energy sector - the what, the who and the how, fsr.eui.eu.