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Anno XVI - n. 07 - Luglio 2024

  Giurisprudenza Amministrativa



Pur quando sono “rinforzate”, le procedure di affidamento diretto non sono soggette all’obbligo di valutazione comparativa delle offerte: così la Corte di Giustizia europea in materia di trasporto ferroviario.

Di Donatello Puliatti.
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NOTA A CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA, SEZIONE DECIMA –

SENTENZA 24 ottobre 2019, C. 515-18

di DONATELLO PULIATTI

Pur quando sono “rinforzate”, le procedure di affidamento diretto non sono soggette all’obbligo di valutazione comparativa delle offerte: così la Corte di Giustizia europea in materia di trasporto ferroviario.

SOMMARIO: 0. Introduzione - 1. La vicenda processuale - 1.1 Il caso - 1.2 Il procedimento principale - 1.3 La sentenza della Corte di Giustizia - 2. Commento - 2.1 Un esito (apparentemente) tautologico - 2.2 Un esito (apparentemente) controintuitivo - 3 Conclusioni

  1. Introduzione

La sentenza investe il tema delle procedure di affidamento dei contratti di trasporto ferroviario, le quali soggiacciono ad una peculiare disciplina comunitaria ed interna. La sentenza desta una certa curiosità intellettuale già per il solo fatto di presentare un esito ad un tempo (apparentemente e paradossalmente) tautologico e controintuitivo: questa circostanza, unita soprattutto all’importanza dell’istituto trattato e all’apprezzabile portata sistematica dei principi in essa contenuti, inducono a svolgere un’indagine un po’ più approfondita, che sarà articolata come segue. Un primo paragrafo verrà dedicato alla vicenda processuale e sarà subarticolato in tre sezioni riguardanti rispettivamente il caso, il procedimento principale e i passaggi salienti della sentenza. Un secondo paragrafo conterrà invece un commento, articolato in due sezioni riguardanti rispettivamente gli aspetti (apparentemente) tautologici e controintuitivi della sentenza, in cui si ragionerà (anche e soprattutto) delle possibili generalizzazioni concettuali che possono derivare dalla stessa. Seguirà un ultimo brevissimo paragrafo, in cui si trarranno le conclusioni dalla vicenda qui esaminata.

  1. La vicenda processuale

1.1 Il caso (1)

Nel 2017 la Regione Sardegna affidava in via diretta all’operatore storico Trenitalia SpA la concessione del servizio pubblico regionale di trasporto di passeggeri per ferrovia. La Regione seguiva la procedura rinforzata di cui all’art. 7 paragrafi 2-3-4 del Regolamento UE n. 1370/2007, consistente essenzialmente: - nella pubblicazione (da effettuare almeno un anno prima del provvedimento di aggiudicazione diretta) di varie informazioni, come ad es. l’assetto proprietario dell’ente aggiudicatore, la descrizione dei servizi di trasporto da effettuare, la durata del contratto, gli obiettivi di qualità; - nella trasmissione, quando richiesta, della motivazione dell’affidamento in via diretta. Dopo aver espletato la pubblicazione di un avviso di pre-informazione, la Regione sceglieva tra le offerte pervenute quella di Trenitalia SpA, senza svolgere alcuna valutazione comparativa (anche altri due operatori economici avevano presentato offerta), ma adempiendo agli obblighi informativi riguardo la trasmissione della motivazione. La Regione adottava tale procedura in accordo all’art. 61 L. 99/2009 (rubricato “Ulteriori disposizioni in materia di trasporto pubblico locale”) che attribuisce agli Enti aggiudicatori anche la facoltà di avvalersi dello strumento di cui all’art. 5 par. 6 Reg. UE 1370/2007 (ovvero proprio l’affidamento diretto, declinato operativamente nelle citate disposizioni dell’art. 7) (2) .

1.2 Il procedimento principale (3)

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (da ora in poi “AGCM”) impugnava gli atti della procedura di affidamento rilevando vari vizi procedurali. In punto di fatto rilevava che:

- le informazioni oggetto di pubblicazione non fossero sufficienti affinchè gli operatori economici formulassero un’offerta sufficientemente dettagliata;

- l’Amministrazione non avesse effettuato una valutazione comparativa.

In punto di diritto, riteneva che ciò fosse il frutto di un’interpretazione restrittiva dell’art. 7, avulsa dai principi generali del diritto comunitario e slegata dai “considerando” del regolamento. Un’interpretazione orientata, invece, imporrebbe che:

 - l’oggetto della pubblicazione riguardi tutti gli elementi necessari alla formulazione di un’offerta dettagliata;

- la motivazione non possa prescindere da una valutazione comparativa delle offerte. L’Amministrazione resistente, invece, sosteneva di aver adempiuto puntualmente a quanto prescritto dal regolamento europeo. Con ordinanza n. 682 del 25 luglio 20184 il Tar Sardegna, adito per la controversia, ad un tempo ed implicitamente: - riscontrava la rispondenza dell’operato della Regione Sardegna al tenore letterale dell’art. 7;

 - riteneva non implausibili le prospettazioni ermeneutiche dell’AGCM. Il Collegio, quindi, rimetteva due questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia riguardanti la corretta interpretazione da offrire all’art. 7, riassumibili nel seguente quesito:

 - l’art. 7 deve essere interpretato nei termini letterali e restrittivi presupposti operativamente dalla Regione Sardegna come oppure nei termini orientati ed estensivi prospettati dall’Autorità ricorrente?

1.3 La sentenza della Corte di Giustizia

Con sentenza del 24 ottobre 2019 la CGE nega che l’art. 7 debba essere interpretato nei termini proposti dall’Autorità ricorrente(5) , all’esito di un’argomentazione che intreccia costantemente i piani della struttura e della funzione del regolamento 1370/2007 e, di seguito, viene invece sintetizzata operando una sorta di “elettrolisi” concettuale: ne verranno infatti enucleati i passaggi argomentativi che involgono separatamente il piano strutturale e il piano funzionale.

Sotto il profilo strutturale, il regolamento distingue tra due possibili tipologie di affidamento: con gara e senza gara(6) . Attuando il considerando n. 30 (secondo cui “i contratti di servizio pubblico aggiudicati direttamente dovrebbero essere soggetti ad una maggiore trasparenza”), il legislatore del regolamento comunitario ha ritenuto di far precedere la tipologia di affidamento senza gara dalla pubblicazione obbligatoria di varie informazioni e di prevedere un obbligo di trasmissione (su richiesta) della motivazione dell’affidamento diretto(7) . La procedura di affidamento diretto, pur rinforzata nei termini predetti, rimane pur sempre una procedura senza gara(8) . Un’interpretazione dell’art. 7 nei termini prospettati dall’Autorità ricorrente ne muterebbe la natura, perchè oblitererebbe la distinzione ontologica operata dal legislatore tra procedure con gara e senza gara: la valutazione comparativa di offerte dettagliatamente redatte in risposta ad un avviso pubblico mirante al confronto concorrenziale è infatti un elemento tipicamente caratterizzante le procedure con gara(9) .

Sotto il profilo funzionale, il regolamento 1370/2007 si prefigge di definire un quadro giuridico per le compensazioni e i diritti di esclusiva per i contratti di servizio pubblico, ma non di realizzare un’ulteriore apertura del mercato dei servizi ferroviari(10) . Si tratta di una scelta espressa, inequivoca, ben consapevole, come si evince dalla circostanza che il legislatore europeo non ha accolto una proposta della Commissione che andava invece nel senso di una maggiore apertura alla concorrenza(11) . In questo quadro di sostanziale deroga al normale regime concorrenziale, la ratio della pubblicazione dell’avviso di preinformazione e della trasmissione della motivazione della decisione di procedere ad affidamento diretto è solo quella di mettere gli operatori economici in condizione di poter contestare tale decisione(12) .

  1. Commento

2.1 Un esito (apparentemente) tautologico(13).

Se non è una procedura di gara, allora non è una procedura di gara: la motivazione della Corte di Giustizia potrebbe stare tutta in questa tautologia(14) . E, come spesso accade, la coessenziale assoluta “povertà” in termini contenutistici di una tautologia su un piano strettamente logico-formale(15) si risolve, al contrario, in un forte strumento persuasivoargomentativo che la protegge dalla relatività delle asserzioni contrarie: la tautologia assume sovente i tratti di una (ri)affermazione identitaria, consistente nel far valere un carattere presentato come intrinseco, implicito in un dato (fattuale e/o normativo) assunto in premessa (quest’ultima spesso difficilmente contestabile)(16).

Nel caso di specie, la Corte di Giustizia ha chiuso la questione con un’argomentazione semplice, secca e tranchante. Le procedure di affidamento diretto sono procedure non concorrenziali le quali, per loro natura, quoad essentiam, ontologicamente, non sono portatrici di alcun obbligo di valutare comparativamente le offerte: esse costituiscono anzi una sorta di “zona speciale” del diritto dei contratti pubblici, che non sarebbe più tale se venisse invasa dai caratteri tipici della concorrenzialità(17).

Inoltre, a fortiori non può sussistere alcun obbligo di funzionalizzare gli adempimenti pubblicitari ad una valutazione comparativa che è essa stessa non obbligatoria(18) . Questa argomentazione, la cui coerenza interna19 è difficilmente eccepibile, a mio avviso ha una portata sistematica notevole.

Tutt’altro che ovvia, scontata, “naturale” (come l’argomentazione sulla struttura del regolamento UE lascerebbe intendere)20 , trascende di gran lunga il tema delle procedure di affidamento diretto di cui al regolamento 1370/2007 ed abbraccia il tema delle procedure di affidamento diretto “rinforzate”, di cui si dirà diffusamente di seguito. È possibile definire le procedure di affidamento diretto “rinforzate” come le procedure in cui la Stazione Appaltante è soggetta normativamente ad obblighi procedimentali ulteriori rispetto a quelli tipici dell’affidamento diretto “puro” in cui invece l’Amministrazione, dopo aver deciso di ricorrere all’affidamento diretto, fa immediato uso della discrezionalità per individuare il contraente pubblico. Parlo di “obblighi procedimentali” sia in senso restrittivo, sia in senso estensivo (a sua volta distinguendosi sui piani temporale e contenutistico):

- in senso restrittivo, perché mi riferisco a quegli obblighi che si traducono in atti espressi (non è dunque un obbligo procedimentale, in tal senso, il maggiore livello di approfondimento nella motivazione eventualmente richiesto alla Stazione Appaltante circa l’applicazione di un criterio o la sussistenza di un particolare presupposto da accertare e dimostrare21);

- in senso estensivo sul piano temporale, perché non rileva se l’obbligo procedimentale si situi in una fase antecedente, coeva o successiva all’espletamento della procedura di affidamento;

 - in senso estensivo sul piano contenutistico, perché può avere un contenuto amplissimo; può riguardare ad es. tanto un peculiare obbligo di pubblicazione o di motivazione (come appena visto), quanto uno specifico obbligo di consultazione di operatori economici (si v. ad es. l’art. 36 c. 2 lett. “b” D.lgs. 50/2016) o, in teoria, anche di soggetti istituzionali qualificati.

Fatta questa necessaria premessa, bisogna ora chiedersi come vanno interpretati i suddetti “ulteriori obblighi procedimentali” alla luce della sentenza della Corte di Giustizia.

Le direttrici ermeneutiche che è possibile enucleare sono le seguenti:

- nell’affidamento diretto la disposizione espressiva del rinforzo procedurale non deve essere interpretata così da condurre necessariamente all’obbligo di valutare comparativamente le offerte, perché altrimenti l’affidamento non potrebbe più dirsi “diretto”;

 - le disposizioni espressive del rinforzo procedurale: a) vanno interpretate per lo più in senso letterale e tassativo; b) la loro ratio non deve essere ritrovata necessariamente in una loro funzionalizzazione alla valutazione comparativa delle offerte.

Tali direttrici sono ben applicabili nel caso de quo, perché gli obblighi procedurali hanno, a ben vedere, una natura non particolarmente pervasiva, che non avvicinano granché questa forma di affidamento diretto ad una procedura di gara. Si pensi al solo fatto che la motivazione della decisione di procedere ad un affidamento diretto non vada necessariamente pubblicata, ma vada piuttosto solo trasmessa all’interessato (e perfino su segnalazione).

questo contesto, quindi, è risultata agevole l’individuazione di una ratio di tali obblighi procedurali, coerente con la natura di procedura senza gara e concettualmente separata dall’essere funzionalizzata alla valutazione comparativa. Più complesso, però, è il caso delle procedure nelle quali l’affidamento diretto è preceduto dalla necessaria consultazione di più operatori economici(22), perché non si vede dove possa risiedere il senso di una consultazione non funzionalizzata alla valutazione comparativa.

Si potrebbe qui distinguere tra una valutazione comparativa stricto sensu ed una lato sensu, per derivare che:

- la valutazione comparativa stricto sensu è un elemento indefettibile delle procedure con gara, ma non delle procedure senza gara, in cui comunque potrebbe essere adottata in sede di autovincolo volontario;

- le procedure di affidamento diretto rinforzate non vanno interpretate nel senso della necessaria presenza di una valutazione comparativa stricto sensu; - un obbligo di valutazione comparativa lato sensu è compatibile con le procedure senza gara;

- sono possibili forme di “rinforzo” che legittimano l’assenza di qualsivoglia valutazione comparativa. In una valutazione comparativa stricto sensu:

- i criteri di valutazione devono essere predeterminati ed esplicitati;

- i criteri di valutazione devono essere costruiti conformemente alle previsioni normative;

- i criteri di valutazione devono essere applicati conformemente alla lex specialis;

- le offerte devono pervenire entro un termine tassativo e con modalità tali da preservare la segretezza delle stesse;

- l’apertura delle offerte economiche soggiace ad un principio forte di pubblicità (previa comunicazione a tutti i partecipanti della seduta pubblica di svolgimento delle relative operazioni).

In una valutazione comparativa lato sensu, invece:

- non sarebbe necessaria una previa predeterminazione ed esplicitazione dei criteri di valutazione;

- la Stazione Appaltante potrebbe tener conto di criteri anche ulteriori e/o diversi rispetto a quelli previsti per i due macro-criteri di aggiudicazione (ovvero, “prezzo più basso” e “offerta economicamente più vantaggiosa” 23);

- i criteri di valutazione potrebbero perfino non essere strutturati in modo rigido;

- le offerte potrebbero pervenire in un termine anche non perentorio e con modalità non estremamente rigide;

- le offerte economiche possono essere anche aperte in seduta riservata.

In forza di questi margini di discrezionalità, la Stazione Appaltante ad es. potrebbe:

- applicare criteri ibridi (che ad es. riguardano solo l’offerta economica e l’offerta temporale, in violazione del combinato disposto dei commi 6 e 10bis dell’art. 95 D.lgs. 50/2016);

- valutare sinteticamente (ossia “nel complesso”) la combinazione di più criteri, prescindendo dall’individuazione analitica dei vari pesi e di varie formule applicative;

- introdurre elementi per cui l’ordinamento non ammette graduazioni (ad es. la maggiore affidabilità morale di un operatore economico rispetto all’altro, quando invece il D.lgs. 50/2016 attraverso l’art. 80 adotta un regime bivalente, on/off, interamente inclusivo/escludente);

- valutare l’effettiva capacità imprenditoriale (es. la “ricchezza” di un’attestazione SOA);

- consentire che le offerte pervengano tramite pec (che non assicurano la totale segretezza, soprattutto riguardo la necessaria attività di protocollazione delle stesse).

Questa maggiore libertà della Stazione Appaltante nella procedura comparativa lato sensu, tuttavia, dovrebbe pur sempre essere compatibile con i principi comunitari che sovrintendono qualunque tipo di procedura.

Tale compatibilità può essere accertata in concreto solo attraverso lo strumento della motivazione, la quale deve essere tanto più stringente quanto più la procedura svolta sia “lontana” dall’idealtipo della valutazione comparativa stricto sensu. Non può comunque negarsi che, sul piano applicativo, risulti non sempre facile stabilire se una procedura di affidamento diretto preceduta da consultazione rientri o meno nei confini della legittimità(24).

Dalla sentenza in esame, comunque, è possibile enucleare, oltre alle già viste direttrici ermeneutiche per l’interpretazione delle disposizioni di “rinforzo” delle procedure di affidamento diretto, anche i seguenti principi-guida dell’azione amministrativa:

- l’affidamento diretto è una delle procedure previste e, pertanto, una sua scelta non deve di per sé “spaventare” le Stazioni Appaltanti, che devono saper trovare le modalità più adatte per non sacrificare i noti principi comunitari in tema di trasparenza, correttezza, proporzionalità, rotazione, ecc.;

- l’esistenza di un rinforzo procedurale come la consultazione sposta la struttura dell’affidamento diretto verso quelle con gara, ma non la assimila ad esse, residuando invece alla Stazione Appaltante un certo margine di azione;

- la collocazione della procedura concreta all’interno dello spazio di discrezionalità deve essere poi traducibile ed effettivamente tradotta in azioni amministrative coerenti con la stessa.

2.2 Un esito (apparentemente) controintuitivo

L’espansività del diritto comunitario (in generale) e del diritto comunitario dei contratti pubblici (in particolare) ha avuto, tra i vari epifenomeni, anche la tendenza della Corte di Giustizia e delle giurisdizioni superiori ad ampliare il novero dei soggetti cui si applica la disciplina dei contratti pubblici in sede di acquisizione di lavori, servizi e forniture(25).

In virtù della particolare rilevanza data dai documenti fondamentali dell’Unione Europea alla tutela della concorrenza, il diritto comunitario dei contratti pubblici si caratterizza anche e soprattutto per la forza con cui esalta i momenti tipicamente competitivi tra imprese (quale ad es. la valutazione comparativa) e le relative garanzie procedurali. In questo scenario, è a primo acchito sorprendente (e quindi controintuitivo) un esito interpretativo che spezza il consueto intreccio assiologico tra pubblicità e valutazione comparativa. Nel § 2.1 si sono comunque già viste le ragioni formali-strutturali per cui invece la decisione discende linearmente dall’applicazione del regolamento 1370/2007.

Nel presente subparagrafo verrà espressa qualche considerazione in ordine alla sostanza della materia trattata, atta a scongiurare che si possa ritenere il regolamento 1370/2007 come un’enclave disciplinare, quasi fosse un corpo estraneo in un ordito normativo ben solido sul piano sistematico. È opportuno partire dalla disciplina dei servizi di interesse economico generale (tra cui rientra anche il trasporto pubblico per ferrovia), cui il TFUE dedica espressamente l’art. 106 c. 2 primo periodo, che così testualmente recita. “Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata”.

La generale sottoposizione al principio di concorrenza è mitigata dall’inciso secondo cui, in altri termini, il principio di concorrenza non è così egemone dal dover essere perseguito sempre e comunque, ovvero anche quando si corre il rischio di una possibile mancata copertura del servizio di interesse economico generale.

La deroga al principio di concorrenza è dunque giustificata nella misura in cui il tradizionale schema della procedura di gara aperta a soggetti stricto sensu privati non è sufficiente a garantire l’espletamento di tali servizi, perché gli operatori economici mirerebbero ad evitare di offrire prestazioni contrattuali non convenienti sul piano della stretta razionalità aziendalistica e microeconomica. L’art. 106 TFUE, in altri termini, non legittima affidamenti diretti tout court: legittima, piuttosto, forme di intervento pubblico che, rispondendo anche ad una logica prettamente pubblicistica di tutela dei diritti (quale il diritto alla mobilità ed i diritti fondamentali cui è detto diritto è strumentale), garantiscano invece la piena ed effettiva copertura del servizio. Tra queste forme di intervento pubblico c’è ad es. la costituzione di società pubbliche ad hoc (quale Trenitalia spa), costruite nella prospettiva di un orizzonte temporale pluridecennale e caratterizzate da investimenti economici notevoli.

La protezione di tali forme di intervento pubblico si realizza anche attraverso lo strumento delle compensazioni e dei diritti di esclusiva. Il regolamento 1370/2007 mira quindi espressamente a fornirne un quadro giuridico, che, a larghe linee, offre strumenti di conciliazione tra le esigenze pubblicistiche di garanzia del servizio e protezione degli investimenti pubblici (da un lato) con le esigenze privatistiche di tutela della concorrenza. Il regolamento, cioè, conformemente alle direttive e ai documenti normativi fondamentali dell’UE, non sceglie pregiudizialmente tra pubblico e privato (melius: tra logica interamente pubblicistica e logica interamente privatistica).

Limita quindi la concorrenza aprendo ad una logica pubblicistica, ma allo stesso modo dota le Amministrazioni degli strumenti per evitare i rischi e le derive di una gestione tipicamente pubblicistica (in termini anche e soprattutto di cristallizzazione delle conoscenze, delle tecnologie, ecc.). Lo strumento dell’affidamento diretto, quindi, va inquadrato in questa dimensione di pensiero complessa e variegata, ma certamente pienamente conforme al fortissimo sostrato assiologico comunitario: sarebbe riduttivo, ingeneroso, nonché anacronistico ritenerlo confinato alla tutela della concorrenza, quando è infatti ormai assodato che abbraccia la globalità dell’esistenza della persona umana. Il regolamento 1370/2007, quindi, intercetta esigenze, realizza compromessi normativi, costruisce figure ed ambiti di legittimità: ed è, a ben vedere, solo uno degli svariati modi in cui può essere dettagliata la materia. Pertanto, i suoi contenuti normativi possono essere contestati sia in sé, sia in quanto in peculiari casi comporterebbero esiti inaccettabili dal punto di vista ordinamentale.

A mio avviso, forse la questione interpretativa rimessa alla Corte di Giustizia non era “nello spirito” interpretativa.

Nel propugnare un ampliamento significativo delle informazioni oggetto di pubblicazione, l’ordinanza di rimessione proponeva in sostanza una mutatio della disposizione, ben più consistente rispetto all’emendatio tipica delle pronunce interpretative di tipo additivo. O, almeno, la questione era interpretativa come l’operazione ermeneutica consistente nell’interpretazione adeguatrice, che orienta il significato di una disposizione al fine di evitarne l’illegittimità rispetto a norme e principi di rango superiore (in questo caso, rispetto alle direttive e ai principi comunitari).

In altri termini, è come se con l’ordinanza di rimessione si fosse presupposto che il regolamento è illegittimo nella parte in cui non ha previsto l’obbligo di pubblicare ulteriori informazioni e si fosse proposta l’interpretazione adeguatrice volta invece a prevederli. La Corte di Giustizia, tuttavia, non si è spinta ad esaminare tale profilo non esplicitato di paventata illegittimità e, pertanto, si è espressa con la motivazione già riportata, perfettamente lineare e coerente con il tenore letterale dei testi normativi interessati e dell’ordinanza di rimessione.

Conclusioni

La sentenza in commento spicca per il suo nitore.

È nitida la motivazione.

E la motivazione, a sua volta, sembra ribadire la necessità che i concetti vadano mantenuti il più possibile nel loro nitore.

E così: a) una procedura di affidamento diretto rimane pur sempre una procedura senza gara, anche qualora si tratti di affidamento diretto rinforzato; b) le disposizioni espressive del rinforzo vanno interpretate nella loro letteralità, o comunque non necessariamente in senso funzionale e prodromico ad una valutazione comparativa; c) una questione interpretativa rimane una questione interpretativa, in assenza di espliciti paventati profili di illegittimità. La sentenza, infine, è carica di significati di sapore conservativo.

Accanto ai profili esaminati riguardanti le procedure rinforzate di affidamento diretto, non è peregrino affermare che la sentenza abbia inteso in un certo senso difendere il regolamento 1370/2007, il quale costituisce un difficile temperamento tra le esigenze di vario segno che costellano la materia dei servizi di interesse economico generale.

 

Note:

  • Salvo quanto riportato nella nota n. 2, il paragrafo è frutto di una ricostruzione operata in particolare sul paragrafo “Procedimento principale e questioni pregiudiziali” della sentenza CGE in commento e sulla parte in fatto dell’ordinanza di rimessione n. 682/2018 del Tar Sardegna.
  • CGE 24/10/2019, C. 515-18, § 8.
  • Analogamente a quanto riportato nella nota n. 1, il paragrafo è frutto di una ricostruzione operata sull’ordinanza di rimessione n. 682/2018 del Tar Sardegna.
  • Per un commento istituzionale dell’ordinanza di rimessione, nel quale si ripercorre sinteticamente lo stato della giurisprudenza italiana riguardo le procedure di affidamento dei servizi di trasporto pubblico, si v. https://www.giustiziaamministrativa.it/documents/20142/0/news+Tar+Sardegna+n.+682.pdf/1ec5b852-7c3c-03b3-16db-0f2975eabbc8.
  • Il dispositivo della sentenza recita testualmente quanto segue. “L’articolo 7, paragrafi 2 e 4, del regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70, deve essere interpretato nel senso che le autorità nazionali competenti che intendano procedere all’aggiudicazione diretta di un contratto di servizio pubblico di trasporto di passeggeri per ferrovia non sono tenute, da un lato, a pubblicare o comunicare agli operatori economici potenzialmente interessati tutte le informazioni necessarie affinché essi siano in grado di predisporre un’offerta sufficientemente dettagliata e idonea a costituire oggetto di una valutazione comparativa e, dall’altro, ad effettuare una siffatta valutazione comparativa di tutte le offerte eventualmente ricevute dopo la pubblicazione di tali informazioni”.
  • CGE 24/10/2019, C. 515-18, §§ 28-29.
  • Ivi, § 32.
  • Ivi, § 29.
  • Ivi, § 30.
  • Ivi, § 31.
  • Ivi, § 35.
  • Ivi, § 32. Così argomentando, la Corte sembra riprendere quel principio di effettività della tutela giurisdizionale, già precedentemente affermato nella sentenza n. 518/2018, che si occupa proprio del regolamento 1370/2007. In quell’occasione, la Corte si pronunciava sulla sorte degli atti della procedura di affidamento non preceduti dalla pubblicazione dell’avviso di preinformazione, chiarendo che in caso di procedura senza gara tale omissione è idonea a compromettere il principio di effettività della tutela. Testualmente: “in caso di aggiudicazione diretta, la mancanza di preinformazione può comportare che l'operatore economico non possa sollevare obiezioni prima della sua esecuzione, il che rischia di privarlo definitivamente della partecipazione alla gara. Una siffatta situazione è idonea a compromettere il principio di effettività” (§ 66).
  • In logica proposizionale, una tautologia è una proposizione vera per qualunque valore di verità degli elementi della stessa. Un primo esempio di tautologia è la proposizione (melius, lo “schema proposizionale”, nel senso che si applica a qualunque proposizione lo “istanzi”) “A coimplica A”, che è vera tanto nel caso che A sia vera, tanto nel caso che A sia falsa: ciò avviene in ragione del comportamento del nesso di coimplicazione, per la cui la proposizione composta risultante è vera se e solo se i membri della coimplicazione hanno lo stesso valore di verità. Un secondo esempio di tautologia (che rispetto al precedente presenta minori tratti di ovvietà e la cui dimostrazione è un po’ più articolata) è la c.d. “legge di contrapposizione” per cui, data una proposizione ipotetica, dalla negazione dell’apodosi è possibile inferire la negazione della protasi. Questo schema di ragionamento è molto utile nel ragionamento giuridico “per presunzioni”. Si pensi ad un caso in cui non è noto se il fatto A sia o meno avvenuto, ma è certo che, se A fosse avvenuto, allora si sarebbe registrato un valore B in un certo procedimento diagnostico: riscontrata la mancata registrazione del valore B, è possibile implicare logicamente l’insussistenza del fatto A.
  • Tecnicamente, la proposizione “se non è una procedura di gara, allora non è una procedura di gara” è tautologica perché corrisponde allo schema proposizionale tautologico (a rigore terminologico, si direbbe che ne è un’”istanziazione”) “se non A, allora non A”.
  • La tautologia non aggiunge conoscenza, è priva di valore informativo: nel dire che l’esistenza di qualcosa coimplica l’esistenza di se stessa non si dice nulla di nuovo (primo esempio di cui alla nota n. 13), così come la legge di contrapposizione evidenzia semplicemente un modo diverso di esprimere un periodo ipotetico (secondo esempio di cui alla nota n. 14). Si tratta infatti di proposizioni kantianamente “analitiche” (che cioè formalmente non aggiungono “conoscenza”), in cui l’apodosi non dice nulla che non sia già contenuto nella protasi. Un esempio di proposizione sintetica è la seguente: “Se non è una procedura di gara, allora bisogna necessariamente espletare la procedura aperta”. Per affermarne la sinteticità non è necessario entrare nel merito (si potrebbe ben dire che la proposizione è falsa perché vi sono ad es. procedure di gara diverse da quella aperta): è invece un attributo che discende dalla semplice considerazione formale per cui la proposizione obbedisce allo schema proposizionale “non A implica B”, che non è affatto una tautologia.
  • In logica giuridica si suole spesso distinguere tra approcci formali e approcci non formali: la c.d. “teoria dell’argomentazione” (Perelman, Olbrechts Tyteca, Alexy e altri) mira ad evidenziare che la forza argomentativa concreta (intesa come persuasione, capacità di convincimento, influenza sull’uditorio) è cosa ben diversa dalla correttezza logicoformale di un’argomentazione. La tautologia è quindi sul piano logico-formale sì, come già visto, priva di valore informativo, ma la presentazione di un argomento in forma tautologica è una tecnica persuasivo-argomentativa di non poco momento, intendendo per “presentazione” la riduzione in tale forma di un argomento in realtà non tautologico. E non tautologica è, proprio come visto nel testo, l’affermazione circa l’ascrizione (o la mancata ascrizione) di determinati caratteri ad entità di un certo genus: la presentazione in forma tautologica di un’argomentazione insiste sulla (spesso incontestabile) riconducibilità di un’entità a quel genere, cosicchè la risoluzione del vero tema controverso appare linearmente derivabile dalla tautologia. In questo tipo di argomentazioni, la questione centrale consiste in realtà nello stabilire se effettivamente entità di quel genere siano portatrici (o non portatrici) di quel determinato carattere e se, comunque, l’entità presa in considerazione, pur appartenendo a quel genus, partecipi integralmente (o non partecipi, o partecipi solo parzialmente) di quei caratteri.
  • La Corte, in altri termini, ha appuntato l’attenzione sul fatto che l’affidamento diretto non sia una procedura di gara (chi potrebbe ragionevolmente negarlo?) e pertanto, non essendo una procedura di gara, non partecipa dell’assoggettamento ad un obbligo di valutazione comparativa, che è invece il tratto distintivo delle procedure di gara. Le questioni centrali (nel senso di cui all’ultima parte della nota 16) sottoposte all’attenzione della Corte possono essere colte anche nel modo seguente. A) La valutazione comparativa si estende anche alle procedure diverse da quelle di gara: e, se sì, in che misura? B) La procedura rinforzata in esame presenta delle peculiarità tali da imporre una forma anche minima di valutazione comparativa? Va precisato ora che, a differenza di chi intende perseguire una tesi predeterminata (come un avvocato), un’argomentazione resa da un soggetto che non ha vincoli in ordine alla soluzione (come quella del giudice o della dottrina) e presentata in termini tautologici è generalmente espressiva di una opzione forte sul piano meta-argomentativo, volta a prediligere le delimitazioni concettuali e, per converso, ad evitare gli ibridismi. Nel caso de quo la Corte di Giustizia ha quindi inteso privilegiare non l’elemento speciale del “rinforzo” alla procedura di affidamento diretta, ma la riconducibilità della procedura di affidamento all’insieme generale degli affidamenti diretti, confinando l’ambito applicativo degli elementi di specialità.
  • La struttura di questo ragionamento è invece un po’ più complessa (sebbene sia di agevole comprensione): “dalla non obbligatorietà di A e dalla strumentalità di B rispetto ad A non può inferirsi l’obbligatorietà di B”, dove A è un’adeguata valutazione comparativa e B è la pubblicazione degli elementi necessari affinchè si possa effettuare l’adeguata valutazione comparativa si possa effettuare. Si tratta di una struttura derivabile nei sistemi di logica deontica (ovvero la logica proposizionale che contempla operatori di natura morale e giuridica come l’obbligo e il permesso), che esprime a ben vedere un principio di libertà, simmetricamente opposto a quello per cui sono obbligatori tutti gli atti necessari a realizzare un effetto obbligatorio.
  • Un’argomentazione è coerente internamente se, fissate certe premesse ed adottando determinate regole di inferenza, la conclusione discende linearmente a prescindere dalla verità o meno delle premesse. Un’argomentazione è coerente esternamente se tutte le sue premesse sono vere. Nel caso de quo la coerenza interna è certamente sussistente, perché dalle affermazioni circa la natura di procedura diretta della procedura in esame e della non assoggettabilità delle procedure dirette all’obbligo di valutazione comparativa discende linearmente che la procedura in esame non è assoggettata all’obbligo di valutazione comparativa.
  • , sul piano della costruzione dell’argomentazione, nota 17.
  • Si pensi ad es. all’ipotesi di cui all’art. 106 c. 1 lett. b) D.lgs. 50/2016, per cui in presenza di particolari condizioni è possibile affidare in via diretta un nuovo appalto all’operatore economico affidatario di un altro precedente appalto (benchè ciò avvenga nelle forme della modifica del contratto di appalto precedente). In tal caso la motivazione sulla ricorrenza dei presupposti deve essere molto stringente, ma non si sostanzia in un rinforzo procedurale. Piuttosto, è vero il contrario. L’appalto affidato direttamente è strutturalmente nuovo, perché travalica i confini del nucleo contrattuale del precedente appalto ed infatti nel D.lgs. 163/2006 aveva grosso modo la configurazione giuridica tipica dei contratti complementari ex art. 57, ovvero contratti ontologicamente diversi da quelli cui solo funzionalmente afferivano. La scelta del legislatore del D.lgs. 50/2016 va letta, a mio avviso, non tanto come misura di flessibilizzazione della struttura di un contratto pubblico (al punto da poter includere come potenziali modifiche anche prestazioni contrattuali così lontane dall’oggetto iniziale), quanto invece come espressione di una volontà di semplificazione (sul piano della prassi, è certamente più agevole la stipulazione di un contratto di modifica da un nuovo contratto) e di riconoscibilità (è certamente condivisibile, sul piano della trasparenza, ma anche ai fini dell’applicabilità del principio di rotazione, che si parli di un solo contratto, piuttosto che di due o più).
  • In questo senso la “consultazione” è il complesso di atti con cui la Stazione Appaltante interpella gli operatori economici riguardo una procedura di affidamento il cui oggetto è ben definito, affinché questi formulino una offerta. Cosa ben diversa sono invece le “consultazioni preliminari di mercato” di cui all’art. 66 D.lgs. 50/2016, che sono invece dirette (anche) alla preparazione dell’appalto. Sul punto si segnalano Linee Guida Anac n. 14, disponibili al link: http://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?id=960d5b7e0a7780422b5ec 1b758f914b6).
  • Il primo esclude la rilevanza di elementi diversi da quello “economico”(tipicamente, il c.d. “ribasso d’asta”); il secondo impone che, accanto all’elemento economico, vi siano anche uno o più parametri di cui all’art. 95 c. 6.
  • Il legislatore del D.lgs. 56/2017 ha inteso specificare che l’affidamento diretto ex art. 36 c. 2 lett. a) D.lgs. 50/2016 potesse anche non essere preceduto da “consultazioni”, forse anche per ribadire la natura “diretta” dell’affidamento diretto e per evitare le criticità di individuare concretamente un modello di procedura amministrativa ad un tempo senza gara ma “para-comparativo”. La figura dell’affidamento diretto con consultazioni è stata ora reintrodotta dal D.L. 32/2019 (convertito in L. 55/2019), al fine di distinguerla dall’affidamento diretto senza consultazioni, riguardante appalti di valore inferiore.
  • es. l’ordinanza n. 1007 del 12 febbraio 2019, con cui il Consiglio di Stato rimette alla Corte di Giustizia la questione relativa alla natura di organismo di diritto pubblico della FIGC.