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Anno XVI - n. 03 - Marzo 2024

  Studi



Percorsi di stabilizzazione nella legislazione regionale e vincoli costituzionali. L'annosa vicenda dei cd. forestali siciliani all'esame della Consulta.

Di Giuseppe Berretta
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Percorsi di stabilizzazione nella legislazione regionale e vincoli costituzionali. L'annosa vicenda dei cd. forestali siciliani all'esame della Consulta.

Di Giuseppe Berretta

 

L’art. 20 del D. Lgs. n. 75 del 2017 (cd. Riforma Madia), mediante due differenti procedure rispettivamente disciplinate ai commi I e II, si pone il rilevante obiettivo di superare il problema del precariato nella pubblica amministrazione. Partendo da un’analisi degli interventi normativi con cui il legislatore nazionale ha tentato, negli ultimi decenni, in parziale deroga al principio del concorso pubblico, di stabilizzare i lavoratori a termine della P.A., si avrà modo di vedere come anche il legislatore regionale e da ultimo quello siciliano, con la Legge Regionale n. 1/2019, ha introdotto un “corridoio salva precari” successivamente travolto ed abrogato dal sindacato della Corte Costituzionale. Si sono esaminati, infine, i provvedimenti legislativi approvati da altre Regioni per affrontare la medesima questione in particolare con la Legge Regionale n. 8/2016 della Sardegna.

 

Riforma Madia – Stabilizzazioni – Pubblica Amministrazione – Concorso Pubblico - Lavoro a Termine – Corte Costituzionale – Legge Regionale Siciliana – Legge Regionale Sarda

 

Sommario: I. Il Decreto Madia e i suoi precedenti – II. Il quadro normativo nella Regione Sicilia: l’art. 14 della Legge Regionale n. 1 del 22 febbraio 2019 ed il riordino della legislazione in materia forestale. – III. La sentenza n. 199 del 21 luglio 2020 nel quadro della giurisprudenza costituzionale in materia di “stabilizzazioni”. – IV. Una possibile soluzione al problema dei forestali siciliani.

 

  1. Il decreto Madia e i suoi precedenti.

In numerose occasioni il legislatore nazionale ha introdotto norme di “stabilizzazione” dei lavoratori precari del pubblico impiego. La più recente riforma del lavoro nella Pubblica amministrazione, nota come Riforma Madia, operata con il D. Lgs. n. 75 del 25 maggio 2017, rientra in questo più ampio genus.

In particolare, l’art. 20 del testo normativo in commento individua due modalità, tra loro alternative, per l’assorbimento tra i ruoli dell’Amministrazione dei dipendenti “a termine”: 1) assunzione del personale non dirigenziale in via diretta e senza concorso, ma a condizione che questi ultimi siano in possesso dei requisiti richiesti dalla normativa in commento[1] e che tale attività sia coerente con il piano triennale del fabbisogno e la copertura finanziaria; 2) assunzione mediante concorso pubblico, per percentuale di posti riservati al personale non dirigenziale, a condizione che il candidato sia in possesso dei requisiti richiesti dal comma II della disposizione sopra indicata[2] e che i posti banditi siano previsti nel piano triennale del fabbisogno.

Nel corso del 2020 Il Decreto Madia è stato, sul punto, più volte modificato, dapprima dal c.d. Decreto Rilancio (D. L. n. 34/2020 convertito in Legge n. 77/2020) e successivamente dal c.d. Decreto Milleproroghe (D.L. n. 183/2020, convertito in Legge n. 21/2021).

Quest’ultimo, che ha prorogato ed ampliato gli ambiti applicativi della novella, ha permesso alle Amministrazioni, d’un canto, di procedere con le stabilizzazioni - sia in forma diretta che mediante concorso - sino al 31 dicembre 2021 e, dall’altro, di elevare gli ordinari limiti finanziari per le assunzioni a tempo indeterminato (al netto di quelle per le assunzioni con concorso pubblico), utilizzando le risorse previste per i contratti di lavoro flessibile[3].

A ciò si aggiunga che con l’art. 1, comma III bis, del D. L. n. 80 del 9 giugno 2021, recante “Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l'efficienza della giustizia”, convertito con Legge n. 113 del 6 agosto 2021, gli effetti del D. Lgs. n. 75/2017 sono stati indistintamente prorogati sino al 31 dicembre 2022.

La riforma Madia è solo l’ultimo degli interventi con cui si è tentato di superare, o per lo meno di circoscrivere, il problema del precariato nella pubblica amministrazione atteso che, sin dall’introduzione della regola del concorso per l’accesso al pubblico impiego ad opera della legge Giolitti-Orlando del 1908, la questione è stata ciclicamente affrontata dal legislatore nazionale[4].

Già con l’art. 36 del D. Lgs. n. 29 del 3 febbraio 1993, il Parlamento italiano, al fine di limitare il precariato sorto in seguito alla diffusione dei cd. “contratti trimestrali” istituiti con Legge n. 775/1970[5], vietò alla pubblica amministrazione di continuare ad assumere personale a tempo determinato, per la durata massima di tre mesi, pur in presenza di ragionevoli esigenze e/o necessità organizzative.

L’abuso di tali contratti si poneva in palese contrasto con l’obbligo di assunzione nella P.A. mediante pubblico concorso[6].

Tale divieto è stato in parte attenuato dal comma II dell’art. 36 del D. Lgs. n. 165 del 30 marzo 2001, c.d. Testo Unico in materia di Pubblico Impiego, che ha reintrodotto la possibilità, per le pubbliche amministrazioni, di stipulare contratti di lavoro a tempo determinato, nonché di avvalersi delle forme di contrattuali "flessibili” previste dal codice civile, “esclusivamente nei limiti e con le modalità in cui se ne preveda l’applicazione” e solo per comprovate esigenze di carattere “esclusivamente temporaneo o eccezionale nonché nel rispetto delle condizioni e modalità di reclutamento stabilite dall’art. 35 del D. Lgs. n. 165 del 30 marzo 2001”.

La riapertura alle assunzioni a termine, disposta con la norma summenzionata, ha determinato un vertiginoso aumento del numero dei precari, tanto che il legislatore nazionale, con le Leggi Finanziarie del 2007 e del 2008 e poi con il D. L. n. 101 del 31 agosto 2013 recante “disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni”, ha introdotto delle procedure concorsuali “riservate” ai lavoratori a termine[7].

La ratio delle stabilizzazioni va rintracciata nell’esigenza di dare risposta, d’un canto, ai  dipendenti impropriamente utilizzati dalla pubblica amministrazione per periodi di tempo significativi, e, dall’altro, di assicurare alla pubblica amministrazione in via definitiva la collaborazione di dipendenti ormai dotati di esperienza e professionalità[8].

Una spinta al superamento del “precariato di Stato” è arrivata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Con la sentenza del 26 novembre 2014 (Mascolo ed altri contro Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), questa ha individuato nella stabilità dell’impiego dei dipendenti pubblici “l’elemento portante della tutela dei lavoratori” ed ha considerato i contratti di lavoro a tempo determinato come accordi “che soltanto in alcune circostanze possono rispondere alle esigenze sia dei datori di lavoro che dei lavoratori”, tanto da invitare l’amministrazione scolastica (ma, per analogia, il principio può essere esteso a tutte le amministrazioni statali) a stabilizzare e/o convertire i contratti a termine, atteso che l’art. 36 del D. Lgs. n. 165/2001, laddove vieta indistintamente la conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sembrerebbe contrastare con la normativa europea[9].

Di conseguenza, il legislatore, all’art. 20, comma I, del D. Lgs. n. 75/2017, ha enunciato con chiarezza le finalità delle misure di stabilizzazione: a) superamento del precariato; b) riduzione del ricorso ai contratti a termine; c) valorizzazione della professionalità acquisita dai dipendenti con rapporto di lavoro a tempo determinato.

In merito alla conformità della norma all’obbligo di accesso alle dipendenze della P.A. tramite concorso, ai sensi dell’art. 97, comma IV, della Costituzione, il Consiglio di Stato, nel Parere n. 916/2017, ha espressamente sottolineato che “la deroga al principio di concorsualità va intesa come funzionale a un interesse pubblico non irragionevole, costituito dall’esigenza che l’amministrazione si faccia carico della “posizione di quanti, per anni e magari per decenni, hanno prestato attività lavorativa […] con contratti di lavoro flessibile”[10].

 

  1. Il quadro normativo nella Regione Sicilia: l’art. 14 della Legge Regionale n. 1 del 22 febbraio 2019 ed il riordino della legislazione in materia forestale.

La Regione Siciliana si è posta sulla scia della spinta “riformatrice” tradottasi nel Decreto Madia e con l’art. 14 della Legge Regionale n. 1 del 22 febbraio 2019 (c.d. Legge di stabilità regionale), ha previsto la stabilizzazione del personale precario forestale, disponendo che: “al fine di garantire la continuità del servizio antincendio boschivo regionale il personale di cui all’art. 12 della legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5, in ragione dell’elevata esperienza professionale acquisita durante il servizio prestato nel quinquennio 2014-2018 presso le sale operative provinciali, è mantenuto nelle medesime mansioni senza determinare maggiori oneri a carico del bilancio regionale”.

Per una migliore comprensione della tematica è opportuna una sintetica ricostruzione della normativa regionale di settore.

Sono operatori forestali tutti quei soggetti che, iscritti nell’elenco speciale di cui all’art. 45 ter[11]della Legge Regionale n. 16 del 6 aprile 1996, dipendono dal Dipartimento Regionale dello Sviluppo Rurale e Territoriale[12], che a sua volta li comanda al servizio del Corpo Forestale della Regione siciliana.

All’interno di detto elenco, articolato su base provinciale, sono iscritti gli operatori che “sono già utilmente inseriti nelle graduatorie distrettuali o che abbiano espletato compiutamente, a partire dall'anno 1996, almeno quattro turni di lavoro di cinquantuno giornate lavorative […] alle dipendenze dell'Amministrazione forestale nel periodo di vigenza della presente legge, ovvero almeno due turni nel triennio 2003-2005”.

L’art. 56 della Legge Regionale n. 16/1996 indica il contingente di operai di cui l’Amministrazione si avvale, in ciascun distretto, per la difesa e la conservazione del patrimonio boschivo (a titolo esemplificativo ma non esaustivo, addetti alle squadre di pronto intervento, alle torrette ovvero alla guida delle autobotti)[13].

In tale quadro si è innestato il tentativo della Regione Sicilia, perseguito con la disposizione contenuta nell’art 14 della Legge Regionale n. 1 del 22 febbraio 2019 e sopra già citata, di stabilizzare i lavoratori forestali.

Detta norma, tuttavia, è stata impugnata dal Presidente del Consiglio dei Ministri dinnanzi la Corte Costituzionale. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 199 del 21 luglio 2020, ha accolto il ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 14 della Legge Regionale n. 1 del 22 febbraio 2019.

 

  • La sentenza n. 199 del 21 luglio 2020 nel quadro della giurisprudenza costituzionale in materia di “stabilizzazioni”

La pronuncia appena menzionata origina, come detto, dall’impugnazione dinanzi alla Corte dell’art. 14 della L.R. n. 1/2019 proposta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

A fondamento del ricorso vi è la supposta contrarietà della norma regionale con gli artt. 51, 81, 97 comma IV, e 117 della Costituzione.

In particolare, l’attenzione del ricorrente si è appuntata sulla mancata indicazione di un “termine finale di mantenimento nelle medesime mansioni ed in mancanza di una limitazione numerica”, con la conseguente illegittimità della deroga al principio del reclutamento tramite concorso. Inoltre, si è rilevato il contrasto della norma con il divieto di conversione dei contratti a termine, nonché con l’art. 20, comma II, del D. Lgs. n. 75/2017, nella parte in cui impedisce un adeguato accesso dall’esterno, a causa della mancata riserva dei posti disponibili.

Al riguardo, la difesa dello Stato ha richiamato il consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale secondo cui il principio del pubblico concorso, per l’accesso agli impieghi delle pubbliche amministrazioni, può anche andare incontro a deroghe ed eccezioni (quando l’intento è quello di valorizzare esperienze professionali matura all’interno dell’amministrazione) ma a condizione che “sia assicurata la generalità della regola del concorso pubblico disposta dall’art. 97 Cost. e che dette eccezioni siano numericamente contenute in percentuali limitate rispetto alla globalità delle assunzioni poste in essere”[14].

La Regione Sicilia, costituitasi in giudizio, ha chiesto che le domande formulate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri fossero dichiarate inammissibili e/o comunque rigettate, atteso che la norma impugnata disciplinava un ambito (la gestione dei lavoratori forestali) rientrante nell’alveo della potestà legislativa esclusiva regionale ai sensi e per gli effetti dell’art. 117 Cost.; ne conseguiva, secondo la Regione Sicilia, che l’art. 14 della L.R. n. 1/2019 non mirava ad attivare meccanismi di proroga e/odi reiterazione di contratti a termine, circostanza ex se vietata dalla legge ma, e differentemente, disciplinava, nell’ambito della propria competenza statutaria, una diversa modalità di assunzione di lavoratori della P.A.

La Corte Costituzionale, dopo aver ricostruito il quadro normativo di riferimento ed aver affermato in via preliminare che la legislazione sul punto rientrava tra le competenze esclusive della Regione Sicilia[15], ha affermato che, con la disposizione impugnata, il legislatore siciliano ha ecceduto dalle proprie competenze statutarie laddove: “ha stabilito che il personale «è mantenuto nelle medesime mansioni», in quanto tale assunto si pone in contrasto con l’art. 97, IV comma, della Costituzione.”[16].

La Consulta ha dunque accertato che la disposizione regionale impugnata, non contemplando alcun termine di durata massima del mantenimento degli operatori forestali nelle medesime mansioni,“ ha  determinato la trasformazione dei rapporti di lavoro di tali soggetti, avviati attraverso l’iscrizione nell’elenco speciale di cui all’art. 45 ter della L.R. n. 16/1996, in rapporti di impiego a tempo indeterminato nel ruolo dell’amministrazione regionale” ed ha precisato che “la contrarietà all’art. 97Cost. della disposizione censurata non può essere ovviata dall’assunto secondo cui la materia normativa rientrerebbe tra quelle di competenza esclusiva regionale, atteso che detta ultima facoltà retrocede dinnanzi al principio dell’obbligatorietà del concorso per l’ingresso tra i ruoli della Pubblica Amministrazione”.

In conclusione, la Consulta ha affermato che “nel prevedere il mantenimento nelle medesime mansioni e senza alcun limite temporale, l’art. 14 impugnato determina la stabilizzazione del personale antincendio boschivo adibito alle sale operative provinciali, già impiegato in quelle mansioni, in violazione della regola del pubblico concorso, che rappresenta il necessario sistema di reclutamento per l’accesso ai pubblici impieghi”, atteso che la disposizione censurata, non indicando un termine finale del “mantenimento” nelle pregresse mansioni, consente un generalizzato e implicito meccanismo di proroga dei rapporti in essere con l’amministrazione regionale, senza limiti temporali, “determinando la prosecuzione del rapporto di lavoro, da parte dell’amministrazione regionale, tendenzialmente in via definitiva senza l’indizione di una selezione pubblica”[17].

La Corte, in realtà, si era già (e più volte) espressa sul punto, stabilendo che il “transito” - senza alcuna procedura concorsuale - di operatori alle dipendenze di una associazione privata nel ruolo dell’amministrazione regionale, indipendentemente dal nomen iuris che viene dato all’operazione di conversione del rapporto di lavoro (sia esso un fenomeno di “stabilizzazione”, di “mantenimento” ovvero di “trasformazione”), “viola la regola costituzionale della necessità del pubblico concorso per l’accesso alle pubbliche amministrazioni, che deve essere rispettata anche da parte di disposizioni che regolano il «passaggio» da soggetti privati ad enti pubblici”[18].

Inoltre, come chiarito dalla Consulta[19], alla regola del concorso deve riconoscersi un ambito di applicazione ampio, tale da non includere soltanto le ipotesi di assunzione di soggetti precedentemente estranei alle pubbliche amministrazioni, bensì anche le ipotesi in cui si proceda a “nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio ovvero nelle ipotesi di trasformazione di rapporti non di ruolo, e non instaurati ab origine mediante concorso, in rapporti di ruolo”.

La stessa Corte ha precisato che il principio di cui all’art. 97 Cost. può essere derogato, purché le eccezioni corrispondano “a peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico, altrimenti la deroga si risolverebbe in un privilegio a favore di categorie più o meno ampie di persone”[20].

E’ evidente, dunque, che la strada per raggiungere l’obiettivo della stabilizzazione è decisamente stretta, dovendo giocoforza prendere in considerazione le precise ed univoche indicazioni provenienti dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale.

 

  1. Una possibile soluzione al problema dei forestali siciliani.

L’annosa questione dei cd. forestali siciliani potrebbe essere risolta, a mio avviso, senza bisogno di una norma ad hoc, applicando le regole generali in materia di accesso al pubblico impiego.

Com’è noto, l’art. 35, comma I lett. b), del T.U.P.I. prevede, per i dipendenti aventi “le qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo, facendo salvi gli eventuali ulteriori requisiti per specifiche professionalità”, la possibilità di poter essere assunti mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento.

In sostanza, il reclutamento in assenza di concorso è ammesso per quei soggetti chiamati a ricoprire mansioni per le quali non è richiesto un titolo professionale e/o una qualifica specifica.

La Legge Regionale n. 16 del 6 aprile 1996, nel determinare i criteri in virtù dei quali i cittadini possono iscriversi[21] alla lista unica di cui all’art. 45 ter, stabilisce che “per la formazione dei contingenti può concorrersi anche senza specifica qualifica” e che l’inclusione nelle liste specifiche è subordinata soltanto all’accertamento dell’idoneità “fisica e professionale”[22].

La legislazione regionale, quindi, non richiede alcuna qualifica ovvero professionalità specifica per l’iscrizione alla lista degli operatori forestali, iscrizione che potrà pertanto condurre, all’esito di un complesso iter, all’assunzione a tempo indeterminato.

Tale norma appare perfettamente coerente con la ratio e la lettera dell’’art. 35, comma I lett. b), del T.U.P.I.

Peraltro, la stessa Regione Sicilia ha potuto utilizzare il personale inserito nella lista di cui all’art. 45 ter della Legge Regionale n. 16/1996, senza dover ricorrere allo strumento del concorso.

Emblematica al proposito è l’esperienza sarda.

Con Legge Regionale n. 8 del 27 aprile 2016, dopo avere previsto l’istituzione dell’’Agenzia Forestale Regionale per lo Sviluppo del Territorio e dell’Ambiente della Sardegna (espressamente qualificata, ai sensi dell’art. 2 della Legge regionale n. 6 dell’11 febbraio 2019[23], “è un’amministrazione pubblica facente parte del sistema Regione ai sensi dell’art. comma II bis della Legge Regionale n. 31 del 1998”), ha stabilito che tale organismo nell’effettuare le assunzioni, debba rispettare le norme inderogabili di diritto pubblico (su tutti il D.lgs. n. 165/2001).

L’art. 49 prevede espressamente che le assunzioni “per le mansioni di operaio comune, qualificato o superiore, siano esse a tempo indeterminato che determinato, mediante richiesta di avviamento presso i centri dei servizi per il lavoro competenti per territorio”.

In sostanza, in applicazione dell’art. 35, comma I lett. b), del T.U.P.I. l’Agenzia Forestale Sarda ha assunto, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, gli operai mediante avviamento presso i centri per l’impiego, in assenza di concorso pubblico e nel pieno rispetto dell’art. 97, comma IV, della Costituzione nonché della normativa nazionale di riferimento.

Forse, se davvero si volesse superare il radicato fenomeno del “precariato”, anche in Sicilia si potrebbe percorrere la medesima strada.

 

 NOTE:

[1]La norma elenca i requisiti che il personale non dirigenziale da stabilizzare dovrà possedere per essere assunto a tempo  indeterminato: “a) risulti in servizio successivamente  alla  data  di  entrata  in vigore della legge n. 124 del 2015 con contratti a tempo  determinato presso l'amministrazione che procede all'assunzione  o,  in  caso  di amministrazioni comunali che esercitino funzioni in forma  associata, anche presso le amministrazioni con servizi associati; b) sia stato reclutato  a  tempo  determinato,  in  relazione  alle medesime attività svolte, con procedure concorsuali anche  espletate presso  amministrazioni  pubbliche  diverse  da  quella  che  procede all'assunzione; c)  abbia  maturato,  al  ((31  dicembre  2021)),  alle  dipendenze dell'amministrazione   di   cui   alla   lettera   a)   che   procede all'assunzione, almeno tre anni di servizio, anche non  continuativi, negli ultimi otto anni.”

[2] L’art. 20, al comma II, dispone che le stabilizzazioni mediante concorso possono essere riservate al personale precario in possesso dei seguenti requisiti: “risulti titolare, successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 124 del 2015, di un  contratto  di  lavoro  flessibile presso l'amministrazione che bandisce il concorso; b) abbia maturato, alla data del ((31 dicembre 2021)),  almeno  tre anni di contratto, anche non continuativi, negli  ultimi  otto  anni, presso l'amministrazione che bandisce il concorso”.

[3]La nozione di contratto di lavoro “flessibile” è più ampia di quella di contratto “a termine” atteso che vi rientrano anche quelli part time (verticale od orizzontale) ovvero di collaborazione coordinata e continuativa (cd. co.co.co.).

[4]Per una esaustiva rassegna del corpus normativo si veda: M. D’Aponte, Razionalizzazione della spesa pubblica e stabilizzazione dei precari nella pubblica amministrazione: le ragioni di un equivoco, in Lavoro nelle Pubbliche Amministrazioni, 2013, p. 576 ss.; A. Cimino, I limiti al reclutamento di personale precario e i loro effetti, in Lavoro nelle Pubbliche Amministrazioni, 2018, p. 86 ss.; M. Cosmai, Il variegato mondo delle “stabilizzazioni” dopo la riforma Madia e la “piramide” della legge di stabilità per il 2018, in Aziendaitalia, 2018, p. 45; C. De Marco, Tipologie contrattuali flessibili e stabilizzazione del personale precario, in Il lavoro alle dipendenze della P.A. dopo la riforma Madia, di A. Garilli, A. Riccobono, C. De. Marco, A. Bellavista, M. Nicolosi, A. Gabriele, Milano, 2018, p. 41 ss.; G. Ricci, L’impatto della riforma Madia (e delle più recenti misure del governo «gialloverde») sulla dimensione macro-organizzativa: programmazione dei fabbisogni, concorsi, stabilizzazioni, in Quaderni di Diritti, Lavori, Mercati, n. 7/2019, p. 298 e ss..

[5]Mediante la Legge n. 775/1970 ed il successivo D.P.R. n. 276/1971 si tentò – invano - di contenere il fenomeno del precariato nella P.A., sorto in seguito alla costituzione dei “ruoli speciali transitori” istituiti con i DD.PP.RR. nn. 262/1948 e 262/1948, tramite la previsione della possibilità di assumere personale, in deroga alla procedura concorsuale soltanto per esigenze stagionali ed improrogabili e per un periodo massimo di tre mesi (cd. trimestrali, appunto). Tale fenomeno, tuttavia, anziché risolvere il problema lo acuì tanto che, con decreto legge n. 663/1979 poi convertito con la Legge n. 285/1977 (cd. legge sull’occupazione giovanile), furono prorogati “i contratti di decine di migliaia di unità di persona assunto senza concorso fino alle prove di idoneità per la definitiva immissione in ruolo”.

[6]L. Ferluga, Personale precario e logiche di stabilizzazione nella pubblica amministrazione: profili applicativi, Edizioni Scientifiche Italiane, 2/2019, p. 321 e ss..

[7]Art. 4 del D.L. n. 101/2013, cd. norma “salva-precari”, con cui questi ultimi vennero inseriti nel quadro di un più ampio intervento inteso a limitare l’impiego delle forme di lavoro flessibile nelle pubbliche amministrazioni e ad incentivare l’uso delle graduatorie degli idonei ai fini dell’immissione in servizio.

[8] A. Garilli, Breve storia di una riforma incompiuta, in Il lavoro alle dipendenze della P.A. dopo la riforma Madia, di A. Garilli, A. Riccobono, C. De. Marco, A. Bellavista, M. Nicolosi, A. Gabriele, Milano, 2018, p. 5 ss.; vedi anche G. Melis, Per l’amministrazione italiana è sempre sanatoria, in Giornale di diritto amministrativo, 2013, 991 ss.

[9] L. Menghini, Sistema delle supplenze e parziale contrasto con l’accordo europeo: ora cosa succederà?, in Il Lavoro nella giurisprudenza, 2015, 2, p. 343.

[10]G. Ricci, L’impatto della riforma Madia (e delle più recenti misure del governo «gialloverde») sulla dimensione macro-organizzativa: programmazione dei fabbisogni, concorsi, stabilizzazioni, in Quaderni di Diritti, Lavori, Mercati, n. 7/2019, p. 328 e ss..

[11]Articolo poi novellato dall’art. 43 della Legge Regionale del 14 aprile 2006, n. 14.

[12] Il Dipartimento Regionale dello Sviluppo Rurale e Territoriale, istituito ai sensi dell’art. 34 della Legge Regionale n. 9 del 15 maggio 2013 (cui sono stati trasferiti il patrimonio, le funzioni ed i compiti precedentemente attribuiti al Dipartimento Regionale Azienda Regionale Foreste Demaniali - cd. D.R.A.F.) ha competenza su tutto il territorio della Regione Sicilia ed è l'unico titolare e gestore del patrimonio indisponibile forestale. Ne consegue che proprio a tale dipartimento sono attribuite le competenze di pianificazione delle attività tecniche idonee alla prevenzione ed alla lotta passiva degli incendi boschivi.

[13]In seguito all’intervento operato dalla Legge Regionale n. 9/2015, anche gli addetti al servizio manutenzione del verde sono inclusi in un’unica graduatoria regionale. L’unificazione della lista ex art. 45 ter, oltre a rendere più equo il turnover previsto per il passaggio da un contingente all’altro (sulla base del criterio dello scorrimento ai sensi dell’art. 52 della Legge Regionale n. 16/1996), ha eliminato il divieto di avvalimento, per il servizio antincendio, del contingente di operai a tempo indeterminato cosicché, ad oggi, l’Amministrazione forestale può utilizzare, anche per tale ultima attività, gli operai di cui all’art. 47 della Legge Regionale n. 16/1996.  Sul punto, cfr. C. Cost., Ordinanza 9 marzo 2016, n. 73.

[14]Sul punto si veda anche, C. Cost., sent. del 25 ottobre 2006, n. 363; C. Cost., sent. del 14 luglio 2009, n. 215; C. Cost., sent. del 15 gennaio 2010, n. 9.

[15]Art. 14, comma I lett. a) dello Statuto della Regione Sicilia.

[16] Invero, seppure la Regione ha competenza esclusiva nelle materie indicate all’art. 14, comma I, della Legge Costituzionale del 26 febbraio 1948, n. 2 – Statuto della Regione Sicilia (tra cui rientra, alle lettera p., la determinazione delle modalità di organizzazione degli uffici regionali), ciò non legittima il legislatore territoriale a travalicare i limiti del decentramento amministrativo (previsti dallo stesso titolo V della Costituzione) nonché a violare i principi di legalità, buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione, previsti dai commi I e II dello stesso art. 97 Cost.

[17] In senso conforme, C. Cost., sent. del 28 gennaio 2020, n. 36.

[18] C. Cost., sent. del 9 novembre 2016, n. 248.

[19] C. Cost., sent. del 14 luglio 2009, n. 215.

[20] C. Cost., sent. del 25 ottobre 2006, n. 363; C. Cost., sent. del 15 gennaio 2010, n. 9.

[21] Gli artt. 46 e ss. determinano i criteri per la formazione dei contingenti per gli operai da utilizzare per la manodopera del verde mentre gli art. 56 e ss. quelli da utilizzarsi nel servizio antincendio boschivo.

[22] Ai sensi dell’art. 51 della Legge Regionale n. 16/1996 l’Amministrazione Forestale provvede all’accertamento dell’idoneità fisica mentre, per quella professionale, provvede una commissione provinciale formata dall’Ispettore ripartimentale, da un funzionario con qualifica non inferiore a dirigente tecnico forestale e da un assistente tecnico forestale.

[23] La Legge Regionale n. 6/2019 ha modificato le Leggi Regionali n. 8 del 2016 e n. 43 del 2018 in materia di inquadramento del personale dell’Agenzia Fo.Re.S.T.A.S.