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Ordine pubblico economico e potere interdittivo del Prefetto.
Di Cesare Valentino
Ordine pubblico economico e potere interdittivo del Prefetto
Di Cesare Valentino
Abstract
Il potere interdittivo del Prefetto costituisce un importante strumento di tutela dell’ordine pubblico economico. Con il presente elaborato, dopo aver esaminato la fisionomia di siffatto potere, individuando i tratti caratteristici dello stesso, ci si soffermerà sugli strumenti di tutela sostanziali e processuali azionabili dal destinatario del provvedimento interdittivo.
The Prefect's interdictory power constitutes an important tool for protecting public economic order. With this paper, after having examined the physiognomy of this power, identifying its essential characteristic features, we will focus on the substantial and procedural protection tools that can be activated by the recipient of the disqualification provision.
SOMMARIO: 1. Inquadramento generale della documentazione antimafia; - 2. Natura giuridica della comunicazione e dell’informazione antimafia; - 3. Il procedimento che porta all’emissione della comunicazione e dell’informazione antimafia; - 4. I poteri del Prefetto in materia di informazioni antimafia relativamente alle imprese interessate all’esecuzione di lavori pubblici; - 5. Informazioni antimafia e misure di prevenzione; - 6. L’effetto “interdittivo” derivante dalle comunicazioni e dalle informazioni; - 7. Le interdittive “a cascata”; - 8. Le garanzie procedimentali; - 9. La tutela processuale avverso le interdittive antimafia e il perimetro del sindacato giurisdizionale.
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- Inquadramento generale della documentazione antimafia
Una compiuta disciplina della documentazione antimafia è contemplata nel corpo del d.lgs. 159/2011[1].
In particolare, secondo l’art. 83, comma 1, d.lgs. 159/2011 le pubbliche amministrazioni, prima di addivenire alla stipula di un contratto pubblico, debbono acquisire siffatta documentazione, strutturalmente modulata sulla comunicazione e sull’informazione antimafia, come si desume dall’art. 84, comma 1, del medesimo corpo normativo, che consente di differenziare i due provvedimenti[2].
In primo luogo gli stessi divergono sul piano “quantitativo”. Ed infatti mentre la comunicazione involge l’accertamento della sussistenza o meno delle cause di decadenza, sospensione ex artt. 67 ss. d.lgs. 159/2011, l’informazione antimafia ricomprende non solo siffatto accertamento, ma finanche la valutazione di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa.
Il che, come si avrà modo di rilevare, incide anche sull’annosa questione afferente la natura di siffatti provvedimenti, e, correlativamente, sul problema del sindacato giurisdizionale degli stessi.
In secondo luogo diverso é l’ambito applicativo della comunicazione e dell’informazione antimafia. Quest’ultima, in particolare, trova applicazione relativamente alla stipula di contratti pubblici che superino un certo importo, come si desume dalla lettera dell’art. 91, comma 1, d.lgs. 159/2011.
- Natura giuridica della comunicazione e dell’informazione antimafia
Si è detto che comunicazione e informazione antimafia divergono non solo per la portata dell’accertamento sotteso all’emissione delle stesse, ma anche per il diverso ambito applicativo.
Rimane da chiarire la natura che assumono siffatti provvedimenti, emessi all’esito della consultazione della banca dati unica nazionale.
Muovendo dalla lettera dell’art. 84, comma 2, d.lgs. 159/2011, è possibile ritenere che la comunicazione antimafia costituisca un provvedimento vincolato[3], in quanto l’emissione dello stesso è ancorata semplicemente all’accertamento della sussistenza o meno dei requisiti indicati dal legislatore, consistenti nelle cause di decadenza, sospensione di cui agli artt. 67 e ss.
A diversa conclusione interpretativa invece dovrà giungersi relativamente all’informazione antimafia.
E questo perché l’emissione di siffatto provvedimento è legata, come dianzi rilevato, anche all’accertamento della sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa, che costituiscono oggetto di una valutazione discrezionale ad opera del Prefetto competente[4].
Il che, come si avrà modo di rilevare, non può non riflettersi sulla portata del sindacato giurisdizionale sui provvedimenti de quibus, certamente più ampia relativamente alle informazioni antimafia, proprio in quanto provvedimenti tipicamente discrezionali.
- Il procedimento che porta all’emissione della comunicazione e dell’informazione antimafia
Chiarito ambito applicativo e portata dell’accertamento sotteso alla comunicazione e all’informazione antimafia, conviene soffermarsi sui profili procedurali che conducono all’emissione di siffatti provvedimenti.
Sia la comunicazione, sia l’informazione antimafia sono emesse all’esito della consultazione della banca dati unica nazionale.
Quanto alla comunicazione, che come dianzi rilevato si concreta in un accertamento vincolato circa la sussistenza o meno delle cause di sospensione o decadenza di cui agli artt. 67 e ss., non è superfluo rilevare che siffatta consultazione può condurre a diversi esiti.
Potrà infatti concludersi per una comunicazione “liberatoria”, allorquando al termine di tale accertamento è appurata l’insussistenza delle suindicate cause di cui agli artt. 67 ss.
Quando invece è acclarata la sussistenza delle stesse, il legislatore dispone che il Prefetto provveda ad ulteriori verifiche, all’esito delle quali potrà aversi: i) una comunicazione “interdittiva” se la verifica conferma la sussistenza delle cause di cui agli artt. 67 ss.; ii) una comunicazione “liberatoria” se invece di tali cause è appurata l’insussistenza[5].
Purtuttavia, se nel mentre delle suddette verifiche è accertata la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, il Prefetto provvede all’adozione di un’informativa interdittiva antimafia.
Il procedimento testé schizzato relativo alle comunicazioni non diverge da quello prefigurato per le informazioni antimafia.
Ed infatti l’emissione di siffatti provvedimenti, - che come dianzi rilevato trovano applicazione relativamente a contratti di un certo importo -, ha luogo sulla base della consultazione della banca dati unica nazionale, all’esito della quale si potrà concludere per: i) un’informazione antimafia “liberatoria”, allorquando si appura l’insussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa; ii) un’informazione antimafia “interdittiva” qualora invece è acclarata l’insussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa.
Per l’emissione delle informazioni interdittive non occorre un accertamento penale definitivo sulla sussistenza della c.d. contiguità mafiosa dell’impresa.
Possono infatti bastare elementi indiziari circa il pericolo di infiltrazione mafiosa, che va valutato con ragionamento induttivo di tipo probabilistico[6], di cui non occorre una certezza oltre ogni ragionevole dubbio, richiesto invece per l’accertamento della responsabilità penale[7].
Pertanto, ai fini dell’adozione dell’interdittiva, costituendo il potere esercitato espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, non é necessaria la prova dell’intervenuta infiltrazione mafiosa, bensì soltanto la sussistenza di elementi sintomatico-presuntivi dai quali – sulla base di un giudizio prognostico discrezionale – sia possibile desumere il pericolo di ingerenza da parte della criminalità organizzata.
Come chiarito del resto dalla giurisprudenza amministrativa più recente[8], nemmeno è possibile pretendere che l’Autorità prefettizia svolga un (inammissibile) “sindacato” sulla tenuta e sulla fondatezza o infondatezza della ricostruzione dei fatti contemplata nei provvedimenti del giudice penale. Purtuttavia il Prefetto ben potrebbe arricchire siffatti elementi in forza delle proprie competenze e acquisizioni ma nella logica di massima anticipazione della tutela che connota le misure interdittive, al cospetto di provvedimenti dell’Autorità giudiziaria contemplanti una ricostruzione analitica delle situazioni di contiguità tra imprese e consorterie criminali, non può che procedere all’assunzione dei necessari provvedimenti cautelari e preventivi volti alla salvaguardia dell’ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della Pubblica Amministrazione[9].
- I poteri del Prefetto in materia di informazioni antimafia relativamente alle imprese interessate all’esecuzione di lavori pubblici
L’art. 93 d.lgs. 159/2011 riconosce al Prefetto ampi poteri di accesso e di accertamento per l’espletamento delle funzioni volte a prevenire le infiltrazioni mafiose negli appalti pubblici, esercitabili nei cantieri delle imprese interessate all’esecuzione di lavori pubblici.
La collocazione sistematica della norma e la formulazione letterale della stessa consentono di ritenere che l’operatività di siffatti poteri si ricollega all’emissione delle informazioni antimafia. Ed infatti, sulla base dei dati contemplati nella relazione redatta dal gruppo interforze incaricato di effettuare attività ispettiva per conto del Prefetto nei cantieri delle imprese interessate quest’ultimo può valutare la sussistenza di elementi relativi alla sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, che come dianzi rilevato possono condurre all’emissione di un provvedimento informativo “interdittivo”.
Ed inoltre, sulla base delle informazioni desumibili dalla suindicata relazione, il Prefetto “può” disporre l’audizione personale dei soggetti interessati.
A prima vista sembrerebbe trattarsi di una mera facoltà e non già di un obbligo a carico del Prefetto, che potrebbe far pensare ad una menomazione del principio del contraddittorio “procedimentale”[10].
In realtà siffatta menomazione è più apparente che reale, come del resto sembra desumersi dal coordinamento sistematico tra gli artt. 92, comma 2bis, e 93, commi 4 e 7 d.lgs. 159/2011. In particolare, sulla base della lettera di tali ultime disposizioni è possibile sostenere che il contraddittorio con l’impresa interessata costituisce la regola generale, derogabile solo in ipotesi eccezionali e residuali[11], e cioè quando ricorrono esigenze di celerità o esigenze di segretezza informativa per la buona riuscita di procedimenti antimafia, che diversamente potrebbero esser pregiudicati nella loro concreta attuazione[12].
- Informazioni antimafia e misure di prevenzione
Come dianzi rilevato, le informazioni antimafia rivestono natura discrezionale in quanto il Prefetto emana il relativo provvedimento una volta acclarata la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, desunti anche dagli ulteriori poteri di accertamento che tale Autorità può disporre ai sensi dell’art. 84, comma 4, lett. d) ed e). Nella sostanza, attraverso tali norme, è attribuito al Prefetto un generico potere di accertamento, di natura discrezionale, circa la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, che non potrà che esplicarsi nelle modalità maggiormente idonee a tal fine. In tal guisa il tentativo di infiltrazione costituisce il fondamento ed il limite del potere discrezionale del prefetto, ed il relativo accertamento dovrà aver luogo alla luce del criterio del più probabile che non[13], e non in base alla regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio, tipico del processo penale e funzionale all’accertamento della responsabilità penale dell’imputato. Tra prevenzione antimafia e procedimento penale sussiste infatti una netta differenza nella misura in cui il procedimento interdittivo non è diretto ad accertare la sussistenza di un reato in capo all’interdicendo ma è finalizzato ad appurare la sua possibile vicinanza al sodalizio criminale[14], per scongiurare ex ante, e non già ex post, l’ingresso della criminalità nel mercato[15]. Il legislatore, allontanandosi dal modello della repressione penale, ha conseguentemente impostato l’interdittiva antimafia come strumento di interdizione e di controllo sociale[16], al fine di contrastare le forme più subdole di aggressione all’ordine pubblico economico, alla libera concorrenza ed al buon andamento della pubblica Amministrazione[17].
Ciò che differenzia l’informativa antimafia da altre misure preventive è dunque da ravvisare nella finalità da essa perseguita di salvaguardia dell’ordine pubblico economico[18]. Essa risponde ad una logica probatoria diversa da quella tipica degli accertamenti di natura penale e non deve necessariamente collegarsi a provvedimenti giurisdizionali o a misure preventive di altro tipo, la cui proposta di adozione o il cui provvedimento di applicazione, siano esse misure di natura personale o patrimoniale, non a caso figurano tra gli elementi dai quali è possibile desumere il rischio di infiltrazione mafiosa. Sul versante probatorio, siffatta demarcazione tra la repressione penale e la prevenzione amministrativa si concreta nel fatto che il rischio di inquinamento mafioso rilevante ai fini dell’emissione dell’informativa deve essere valutato in base al criterio del “più probabile che non”, quindi alla luce di una regola di giudizio che ben può essere integrata da dati di comune esperienza, desumibili dall’osservazione dei fenomeni sociali, come quello mafioso. Con la conseguenza che gli elementi posti a base dell’informativa possono anche non rilevare penalmente o non costituire oggetto di procedimenti o di processi penali o, addirittura e per converso, possono essere già stati oggetto del giudizio penale, con esito di proscioglimento o di assoluzione. Netta è dunque la differenza tra i destinatari delle misure di prevenzione e i destinatari delle informazioni interdittive posto che mentre per i primi rilevano fatti penalmente rilevanti[19], per i secondi rilevano invece anche fatti non necessariamente aventi rilevanza penale[20].
- L’effetto “interdittivo” derivante dalle comunicazioni e dalle informazioni
Come dianzi rilevato, la sussistenza di cause di sospensione e decadenza di cui agli artt. 67 ss. di tentativi di infiltrazione mafiosa conduce rispettivamente all’emissione di comunicazioni e informazioni “interdittive”, che in una prospettiva di sistema costituiscono strumenti preventivi che consentono di neutralizzare gli effetti distorsivi derivanti dall’azione di soggetti in rapporto di collegamento qualificato con il crimine organizzato[21].
La ratio[22] di tali strumenti preventivi risiede dunque nell’esigenza di tutelare i principi costituzionali di imparzialità, concorrenza, legalità e buon andamento[23]. Sul versante effettuale[24], le interdittive determinano una forma di incapacità giuridica[25], che si concreta nella impossibilità per il destinatario di intrattenere rapporti con la Pa[26].
In una prospettiva funzionale, l’interdittiva antimafia costituisce dunque una misura amministrativa preventiva finalizzata ad evitare che ad alcuni procedimenti particolarmente delicati dell’attività della Pubblica Amministrazione, come quelli di scelta del contraente in materia di contrattualistica pubblica, concessioni, possano partecipare, conseguendone i relativi benefici, imprese nei cui confronti si siano verificati tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate[27]. L’elemento focale per la definizione della fattispecie in analisi non è dunque costituito dalla sussistenza di un rapporto di contiguità o di una vera e propria affiliazione degli esponenti aziendali al sodalizio criminoso, ma dal rischio di condizionamento delle scelte societarie che deriva dal tentativo di infiltrazione mafiosa. Si tratta pertanto di una circostanza di natura obiettiva, che si concreta nella riduzione della libertà di autodeterminazione economica che deriva dal tentativo di infiltrazione[28].
- Le interdittive “a cascata”
Discussa é la possibilità per il Prefetto di adottare un’interdittiva “a cascata”, che cioé colpisce la società che abbia intrattenuto rapporti economici con altra impresa interdetta, la quale potrà presumibilmente aver “contagiato” la prima[29].
Al riguardo non é superfluo rilevare che secondo la giurisprudenza amministrativa l’instaurazione di rapporti commerciali o associativi tra un’impresa ed una società già ritenuta esposta al rischio di influenza criminale può giustificare l’adozione di una “informativa a cascata”[30].
Purtuttavia siffatta possibilità é subordinata a dei limiti. In particolare, affinché possa presumersi il “contagio” alla seconda impresa della “mafiosità” della prima, è necessario che la natura, la consistenza ed i contenuti delle modalità di collaborazione tra le due imprese siano idonei a rivelare il carattere illecito dei legami sussistenti tra le stesse.
Di converso, allorquando la disamina dei contatti tra le società riveli il carattere del tutto episodico, inconsistente o remoto delle relazioni d’impresa, deve escludersi l’automatico trasferimento delle controindicazioni antimafia dalla prima alla seconda società. Sulla base di tali coordinate interpretative é stato affermato che il mero avvalimento – in senso atecnico – di un’impresa interdetta da parte di altra non direttamente interessata gravata da sintomi di contiguità criminale, ai fini dell’esecuzione di una specifica lavorazione, non è sufficiente a dimostrare, anche sul piano meramente indiziario, che la seconda sia esposta al rischio di condizionamento mafioso di cui la prima sia risultata portatrice.
- Le garanzie procedimentali
Come dianzi rilevato, il provvedimento interdittivo è emesso all’esito di uno specifico procedimento amministrativo, in seno al quale, pur essendo riconosciuti al Prefetto penetranti poteri di accesso e di accertamento, sono parimenti assicurate all’impresa interessata determinate garanzie procedimentali[31], che tuttavia, come poc’anzi evidenziato, possono esser attenuate nelle ipotesi in cui ricorrono esigenze di celerità o esigenze di segretezza informativa per la buona riuscita di procedimenti antimafia.
In tale ultima ipotesi in particolare le garanzie di partecipazione procedimentale sono dunque ridimensionate e attenuate in vista della salvaguardia dell’ordine pubblico economico. Ed infatti se l’audizione personale fosse sempre consentita vi sarebbe il rischio di rendere edotto il destinatario della sussistenza di un procedimento diretto all’adozione di una interdittiva, mettendolo in condizione di celare circostanze utili all’Autorità per disporre siffatto provvedimento “restrittivo”.
Il quadro testé schizzato costituisce un effetto della modifica apportata al d.lgs. 159/2011 dagli artt. 47-49 bis del d. l. n. 152 del 2021, all’esito della quale l’attivazione del diritto al contraddittorio nel procedimento di rilascio delle informazioni interdittive costituisce regola generale, anziché eccezione[32].
Invero, anche in tale mutata prospettiva la partecipazione procedimentale viene pur sempre contemperata con le particolari esigenze di celerità del procedimento, nonché con la ratio immanente all’informazione antimafia, quale strumento di tutela preventiva nel contrasto alle infiltrazioni criminali nell’economia. Purtuttavia la sua effettiva applicazione é inscindibilmente connessa alle circostanze della fattispecie concreta e alla consistenza oggettiva e vincolata o meramente indiziaria dei presupposti di fatto sottesi all’emissione della misura.
Corollario applicativo di siffatta prospettiva ricostruttiva é che se per la stessa durata del procedimento, non sussistano particolari ragioni di urgenza o riservatezza, la mancata attivazione del contraddittorio può costituire indice sintomatico della illogicità della valutazione prefettizia, con tutto ciò che ne consegue in punto di sindacato giurisdizionale. In sostanza, il rispetto delle garanzie procedimentali assume un valore sostanziale[33], più che formale, che involge la tutela stessa dei valori in giuoco. In tal guisa nell’attivazione delle stesse viene individuata una maggiore chance di salvaguardia della libertà di impresa e di una più elevata efficienza della stessa azione prefettizia. La necessità dell’apporto partecipativo del destinatario delle misure interdittive rileva anche ai fini della loro stessa efficacia, al fine di valutare gli elementi indiziari posti a fondamento della prognosi prefettizia circa la sussistenza, attuale ed effettiva[34], di un concreto rischio di condizionamento dell’impresa da parte dei sodalizi criminali. Il confronto con il destinatario appare ancor più necessario relativamente a quelle ipotesi in cui la permeabilità mafiosa appare alquanto dubbia e incerta, rispetto alle quali l’apporto partecipativo, in sede procedimentale, del soggetto potrebbe in effetti fornire elementi utili a chiarire alla stessa autorità prefettizia la natura dei rapporti tra lo stesso e le dinamiche del mondo criminale. Le osservazioni fornite in sede di istruttoria dall’audizione del destinatario dovranno, inoltre, costituire parte integrante della motivazione della misura emessa dal prefetto, a prescindere dal suo contenuto, al fine di offrire comunque effettività all’attivazione delle garanzie partecipative.
- La tutela processuale avverso le interdittive antimafia e il perimetro del sindacato giurisdizionale
Sul versante processuale occorre rilevare che l’interdittiva antimafia, costituendo estrinsecazione di un potere amministrativo, può essere impugnata dall’impresa destinataria dinanzi il giudice amministrativo[35]. L’impugnativa potrà aver luogo sulla base dei tradizionali vizi di legittimità, come la violazione di legge, l’incompetenza e l’eccesso di potere (discrezionale)[36]. Come si desume dalla disamina dei repertori giurisprudenziali, tale ultimo vizio é quello più ricorrente[37], configurandosi allorquando la motivazione che sorregge il provvedimento interdittivo risulti scarna, illogica e contraddittoria, specie in ordine alle esigenze di celerità o di segretezza informativa che consentono, come dianzi rilevato, di derogare alla regola generale del contraddittorio[38].
Con particolare riferimento all’impugnativa dell’informativa antimafia, emessa a seguito dell’accertamento discrezionale, da parte del prefetto, dei tentativi di infiltrazione mafiosa, ci si è chiesti quale fosse la portata del sindacato giurisdizionale, ed in che misura il giudice potesse vagliare la valutazione prefettizia[39], ai fini dell’annullamento per eccesso di potere.
Al riguardo si é rilevato, sulla base del principio di effettività della tutela e alla luce degli interessi coinvolti dall’emissione di un provvedimento interdittivo, che il giudice amministrativo, affinchè possa annullare il provvedimento, debba procedere ad una verifica del tentativo di infiltrazione sulla base di un quadro indiziario grave, preciso e concordante, desumibile anche mediante l’accertamento della commissione di “delitti spia”. Il nesso causale tra le condotte dell’impresa ed il tentativo di infiltrazione mafiosa deve essere provato secondo il criterio del più probabile che non.
In tal guisa, il summenzionato deficit di partecipazione procedimentale - che può aver luogo nelle ipotesi in cui ricorrano particolari esigenze di celerità o esigenze di segretezza informativa - é controbilanciato tramite un sindacato “pieno” del giudice amministrativo, che consente allo stesso di valutare tutti gli elementi dai quali desumere la contiguità dell’impresa ai sodalizi criminali.
L’accertamento della sussistenza del tentativo di infiltrazione mafiosa é l’obiettivo verso cui tende il potere discrezionale del prefetto per l’emissione del provvedimento interdittivo. Un non corretto uso di siffatto potere integra pertanto il vizio di eccesso di potere, che può condurre alla caducazione di siffatto provvedimento, con la rimozione degli effetti che ne sono conseguiti, venendo dunque meno la succitata incapacità giuridica dell’impresa a contrarre con la P.A. o a ricevere erogazioni pubbliche[40].
Sulla base di tali premesse é possibile ritenere che il g.a., a fronte dell’azione di annullamento del provvedimento interdittivo per eccesso di potere per carenza o illogicità motivazionale, può procedere alla valutazione del fatto posto dal prefetto a fondamento dell’emissione dell’interdittiva, - che presuppone il pericolo di infiltrazione mafiosa -, sulla base di un quadro indiziario che, giova ribadirlo, deve essere grave, preciso e concordante, tenuto conto che nella materia de qua occorre assicurare il contemperamento tra due opposte esigenze[41], ossia la libertà di iniziativa economica ex art. 41 Cost. e la tutela della concorrenza e del mercato, al quale non devono accedere imprese in odore di mafia[42].
Il g.a. deve dunque valutare il quadro indiziario posto alla base della valutazione (discrezionale) di infiltrazione mafiosa[43].
Il sindacato sull’esercizio del potere prefettizio, con un pieno accesso ai fatti rivelatori del pericolo, consente di vagliare la sussistenza di tali fatti, attraverso un apprezzamento della ragionevolezza e proporzionalità della prognosi che l’Autorità trae da quei fatti secondo un criterio necessariamente probabilistico per la natura preventiva e non già sanzionatoria dell’interdittiva. In tal guisa si scongiura il rischio che la valutazione del Prefetto divenga una “pena del sospetto” e che la portata della discrezionalità amministrativa in questa materia - necessaria per ponderare l’esistenza del pericolo infiltrativo in concreto -, sconfini nel puro arbitrio[44].
[1] Come rileva la giurisprudenza (Cons. St., 9 maggio 2016, n. 1846) l’introduzione della c.d. interdittiva prefettizia antimafia costituisce la risposta cardine dell’Ordinamento per attuare un contrasto all’inquinamento dell’economia sana da parte delle imprese che sono strumentalizzate o condizionate dalla criminalità organizzata.
[2] L. Bordin, Contraddittorio endoprocedimentale e interdittive antimafia: la questione rimessa alla Corte di Giustizia. E se il problema fosse altrove?, in Federalismi.it, 2020, p. 38.
[3] L. Bordin, Contraddittorio endoprocedimentale, cit., p. 38.
[4] Come rileva la giurisprudenza (Cons. St., 16/06/2016, n. 2683) la valutazione del pericolo di infiltrazioni mafiose, di competenza del Prefetto, è connotata, per la specifica natura del giudizio formulato, dall’utilizzo di peculiari cognizioni di tecnica investigativa e poliziesca, che esclude la possibilità per il g.a. di sostituirvi la propria, ma non impedisce ad esso di rilevare se i fatti riferiti dal Prefetto configurino o meno la fattispecie prevista dalla norma e di formulare un giudizio di logicità e congruità con riguardo sia alle informazioni assunte, sia alle valutazioni che il Prefetto ne abbia tratto.
[5] A. Corrado – M. Interlandi, Prevenzione amministrazione e interdittive antimafia. Profili di diritto amministrativo, in AA.VV., Misure di prevenzione, interdittive antimafia e procedimenti, Milano, 2022, p. 780.
[6] Come rileva la giurisprudenza più recente (T.A.R. Napoli, (Campania), 18/09/2023, n. 5125), l’interdittiva antimafia, attesa la sua natura cautelare e la sua funzione di massima anticipazione della soglia di prevenzione, non necessita della prova di un fatto, ma solo della presenza di una serie di indizi in forza dei quali sia plausibile e non inattendibile ritenere la sussistenza di un collegamento con sodalizi criminali o di un condizionamento da parte di questi. Ne consegue che ai fini della sua adozione, da una parte, occorre non già provare l’intervenuta infiltrazione mafiosa, bensì soltanto la sussistenza di elementi sintomatico - presuntivi dai quali - secondo un giudizio prognostico latamente discrezionale - sia deducibile il pericolo di ingerenza da parte della criminalità organizzata; dall’altra parte, detti elementi vanno valutati in modo unitario, e non frammentario, cosicché ciascuno di essi assuma una sua valenza nella connessione con gli altri. In tale prospettiva rileva il complesso degli elementi concreti emersi nel corso del procedimento.
[7] Cons. St., 31/03/2023, n. 3340.
[8] Cons. St., 18/07/2023, n. 7047.
[9] T.A.R. Bologna, (Emilia-Romagna), 17/03/2020, n. 214.
[10] Cfr. L. Bordin, Contraddittorio endoprocedimentale, cit., p. 56.
[11] In argomento v. A. Davola, La Corte Costituzionale apre una fessura nell’interdittiva antimafia e riconosce il rapporto di analogia con le misure di prevenzione, in Cassazione Penale, 2023, pag. 1603.
[12] Cfr. S. Ippedico, Le interdittive antimafia tra collaborazione e contradditorio: nuove contraddizioni, in Cassazione Penale, 2023, pag. 4343.
[13] F. Piemontese, Le sanzioni interdittive tra codice antimafia e modello della responsabilità amministrativa degli enti da reato, in Federalismi.it, 2021, p. 129.
[14] F. Piemontese, Le sanzioni interdittive, cit., p. 127.
[15] Cfr. S. Borsari, Le misure interdittive antimafia. Profili penali, in AA.VV., Misure di prevenzione, interdittive antimafia e procedimenti, Milano, 2022, p. 734.
[16] R. Di Maria – A. Amore, Effetti “inibitori” della interdittiva antimafia e bilanciamento fra principi costituzionali: alcune questioni di legittimità dedotte in una recente ordinanza di rimessione alla Consulta, in Federalismi.it, 2021, p. 93 ss.
[17] Sul punto v. A. Longo, La «massima anticipazione di tutela». Interdittive antimafia e sofferenze costituzionali, in Federalismi.it, 2019, p. 2.
[18] T.A.R. Napoli, (Campania), 02/03/2020, n.970.
[19] T.A.R. Napoli, (Campania), 13/01/2020, n. 155.
[20] T.A.R. Napoli, (Campania), 01/12/2020, n. 5690.
[21] Il carattere preventivo del provvedimento prescinde dunque dall’accertamento di singole responsabilità penali, essendo il potere esercitato dal Prefetto, come rilevato del resto dalla giurisprudenza amministrativa, espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata. In argomento v. Cons. St., 30 gennaio 2015, n. 455; Cons. St., 23 febbraio 2015, n. 898.
[22] S. Ippedico, Le interdittive antimafia, cit., pag. 4338.
[23] T.A.R. Campania (Napoli), 18/09/2023, n. 5125.
[24] R. Di Maria – A. Amore, Effetti “inibitori” della interdittiva antimafia e bilanciamento fra principi costituzionali: alcune questioni di legittimità dedotte in una recente ordinanza di rimessione alla Consulta, in Federalismi.it, 2021, p. 94 ss.
[25] Cfr. R. Tonelli, Sicurezza pubblica, libertà di impresa e tutela del lavoro: un altro passo verso un più equilibrato bilanciamento nella prevenzione amministrativa antimafia?, in Rivista Italiana di Diritto del Lavoro, 2023, pag. 605 ss.; F. Piemontese, Le sanzioni interdittive, cit., p. 128.
[26] C. Commandatore, Interdittiva antimafia e incapacità giuridica speciale: un difficile equilibrio, in Resp. Civile e Previdenza, 2019, pag. 919.
[27] T.A.R. Napoli, (Campania), 30/07/2019, n. 4178.
[28] T.A.R. Bologna, (Emilia-Romagna), 25/01/2019, n. 85.
[29] In argomento v. C. Tommaso, Interdittive “a cascata”: il mero aiuto da parte dell’impresa interdetta non prova il rischio di infiltrazione mafiosa, in IUS Amministrativo, 13 aprile 2023.
[30] Cons. St., 23/03/2023, n. 2953.
[31] A. Corrado – M. Interlandi, Prevenzione amministrazione e interdittive antimafia. Profili di diritto amministrativo, in AA.VV., Misure di prevenzione, interdittive antimafia e procedimenti, Milano, 2022, p. 789.
[32] Sul punto v. M. Cocconi, Il perimetro del diritto al contraddittorio nelle interdittive antimafia, in Federalismi.it, 2022, p. 46.
[33] Secondo la giurisprudenza amministrativa (T.A.R. Reggio Calabria, (Calabria), 08/08/2023, n. 678) nelle intenzioni del legislatore l’interazione dialettica in una fase prodromica rispetto a quella di adozione dell’interdittiva, è rivolta a produrre un effetto utile, oltre che deflattivo del contenzioso, sia per il privato, chiamato ad assumere un ruolo proattivo al fine di scongiurare l’esito esiziale del procedimento, sia per la p.a. la quale, sfruttando l’occasione di acquisire e/o di rivalutare informazioni talvolta sottovalutate o neglette, può comporre un quadro istruttorio il più possibile esaustivo e funzionale all’emissione di un provvedimento ispirato a canoni di proporzionalità e ragionevolezza. In altri termini, il contraddittorio in questione, rappresentando un «sui generis» nell’ampio ventaglio degli istituti di partecipazione procedimentale, non può relegarsi a strumento di mero carattere «formale» nell’ambito di un fenomeno da tempo in atto di complessiva «dequotazione» delle garanzie procedimentali, presentando invece una spiccata valenza «sostanziale», in considerazione dell’ampiezza degli apprezzamenti demandati al Prefetto e del collegamento funzionale tra il contraddittorio e le previste misure di «self cleaning» eventualmente accessibili da parte dell’interessato.
[34] T.A.R. Napoli, (Campania), 18/09/2023, n. 5125.
[35] P. Marotta – P. Marotta, Natura e limiti del potere amministrativo di prevenzione antimafia, Milano, 2021, p. 54 ss.
[36] In argomento v. A. Levato, Potestà discrezionale del Prefetto e regime di impugnazione delle interdittive antimafia. Criticità e prospettive di risoluzione, in Culturaprofessionale.interno.gov.it, 2017, p. 4.
[37] Sulla valorizzazione di tale vizio in sede processuale v. O. Morcavallo, L’informazione interdittiva antimafia, Milano, 2019, p. 57 ss.
[38] Come rileva la giurisprudenza amministrativa (T.A.R. Reggio Calabria, (Calabria), 08/08/2023, n. 678), ai sensi dell’art. 92, comma 2-bis, d.lgs. n. 159 del 2011, l’amministrazione deve considerare, dandone congrua e specifica motivazione, se ricorra un’ipotesi di motivata urgenza o di istruttoria interamente basata su elementi non rivelabili, posto che prima dell’adozione dell’informazione interdittiva o, in alternativa, di una misura di prevenzione collaborativa, l’instaurazione del contraddittorio è la regola e non più l’eccezione. In particolare, non può considerarsi sussistente un automatismo vincolante tra la misura cautelare adottata «a monte» dal giudice penale e l’informazione interdittiva assunta «a valle» dal Prefetto (il comma 2-bis, che pure prevede delle limitazioni al contraddittorio, contempla affatto l’ipotesi della misura cautelare penale, quale fattore presuntivo assoluto di condizionamento criminoso) e ciò anche a prescindere dall’identità dei soggetti coinvolti.
[39] Cfr. L. Bordin, Le interdittive antimafia tra potere prefettizio e sindacato del giudice amministrativo, in Federalismi.it, 2023, p. 27 ss.
[40] Non è escluso che nella materia de qua possa configurarsi un’ipotesi di responsabilità da provvedimento illegittimo. Ed infatti secondo la giurisprudenza (T.A.R. Napoli, (Campania), 18/09/2017, n. 4406) in tema di interdittiva antimafia possono sussistere gli elementi costitutivi della responsabilità extracontrattuale di cui all’art. 30, d.lgs. 104/2010, e dell’art. 2043 cod. civ., identificabili, oltre che nel danno ingiusto patito dal ricorrente e consistente nella lesione del bene della vita rappresentato dal depauperamento economico e professionale subito, nell’acclarata illegittimità dell’informativa interdittiva antimafia e, altresì, nell’elemento soggettivo della colpa della Prefettura, che ha posto a fondamento della menzionata interdittiva elementi che manifestamente non denotavano il pericolo di condizionamento da parte della malavita organizzata. In argomento v. in dottrina O. Morcavallo, L’informazione interdittiva antimafia, Milano, 2019, p. 61 ss.
[41] Secondo i giudici di Palazzo Spada (Cons. St., 09/03/2022, n. 1694) il giudice amministrativo, chiamato a sindacare il corretto esercizio del potere prefettizio nel prevenire l’infiltrazione mafiosa, deve farsi attento custode delle irrinunciabili condizioni di tassatività sostanziale e di tassatività processuale di questo potere per una tutela giurisdizionale piena ed effettiva di diritti aventi rango costituzionale nel bilanciamento con l’altrettanto irrinunciabile, vitale, interesse dello Stato a contrastare l’insidia delle mafie.
[42] F. Piemontese, Le sanzioni interdittive, cit., p. 129.
[43] Secondo una certa corrente giurisprudenziale (Cons. St., 18 aprile 2018, n. 2343) la valutazione della legittimità dell’informativa deve essere effettuata in base ad una valutazione unitaria degli elementi e dei fatti che, valutati nel loro complesso, possono costituire un’ipotesi ragionevole e probabile di permeabilità della singola impresa ad ingerenze della criminalità organizzata.
[44] T.A.R. Brescia, (Lombardia) sez. I, 09/02/2023, n. 119.