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Anno XVI - n. 03 - Marzo 2024

  Studi



Le concessioni demaniali marittime in Italia alla luce della Direttiva Bolkenstein e il principio di concorrenza.

di Alessandro Pellicanò

Capitolo 1- Il demanio e i beni pubblici

                Al fine di parlare dell’istituto delle concessioni demaniali, appare opportuno, preliminarmente, introdurre e spiegare, brevemente, il concetto di demanio. Il demanio è così definito dall’art. 822 c.c., alla cui stregua: <<Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia; le opere destinate alla difesa nazionale. Fanno parimenti parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato, le strade, le autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi; gli acquedotti; gli immobili riconosciuti d’interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia; le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche; e infine gli altri beni che sono dalla legge assoggettati al regime proprio del demanio pubblico>>.

               A tal proposito, autorevole dottrina[1] sottolinea come la nozione di “proprietà pubblica” non venga definita, specificamente, dalle norme del codice civile del 1942 (art. 822 ss.), le quali si limitano a regolare, esclusivamente, lo specifico regime giuridico dei beni appartenenti all’amministrazione pubblica.

               In materia di beni pubblici la distinzione che si suole, solitamente, fare è tra:demanio necessario, composto dal patrimonio immobile di proprietà dello Stato e in via eccezionale delle Regioni (porti lacuali) che, data il loro carattere, non possono che essere demaniali[2];

  1. demanio accidentale (o eventuale) che comprende ben i immobili e universalità di mobili che non sono naturalmente di proprietà di enti pubblici territoriali e che acquisiscono carattere demaniale solo nel caso in cui diventino di proprietà di questi ultimi[3]

                Inoltre, sono sottoposti al regime proprio del demanio pubblico i “diritti reali” spettanti agli enti territoriali “su beni appartenenti ad altri soggetti” costituiti sia per l’utilità di alcuno dei beni indicati dagli articoli precedenti, cioè di un bene demaniale, sia per il “conseguimento di fini di pubblico interesse corrispondenti a quelli a cui servono i beni medesimi”.

L’attività pubblica cui sono destinati i beni demaniali e indisponibili può essere perseguita mediante distinte modalità: un uso esclusivo (o diretto) da parte della stessa Amministrazione; un uso generale, da parte di qualsiasi soggetto pubblico o privato (si immagini il transito sulle strade pubbliche ovvero sui beni facenti parti del demanio marittimo quali il lido, la spiaggia, i porti e le rade); e, inoltre, tramite un uso particolare da parte di soggetti pubblici o privati cui è riservato un certo utilizzo del bene. Trattasi di una riserva di utilizzazione che può derivare dalla legge o da un atto amministrativo, come la concessione, volta ad escludere l’eventualità che individui, diversi dal concessionario, possano porre in essere sia un qualsiasi uso del medesimo bene, sia anche solo particolari usi di esso.

La giurisprudenza ha chiarito che i beni demaniali possono formare oggetto di diritti in favore di terzi soltanto nei modi e nei limiti stabiliti dalle norme di diritto pubblico, e non secondo la disciplina di diritto privato[4]. Sembra, tuttavia, che, specie per i beni patrimoniali non disponibili, l’impedimento all’utilizzo di strumenti privatistici (quali, ad esempio la locazione) sia destinato a terminare.

Adesso, qui appare, sul punto opportuna una precisazione, circa la distinzione dei beni patrimoniali. Essi si distinguono in i) beni disponibili e ii) beni indisponibili. Generalmente, “vengono denominati patrimoniali quell’insieme di beni appartenenti ad un ente pubblico non rientranti nella categoria dei beni demaniali[5]. Specificamente, differentemente dai beni demaniali, la legge consente la possibilità d’iscrivere taluni diritti reali di godimento a vantaggio di terzi, finanche a soggetti non pubblici, purché, tuttavia, il conferimento di tali diritti non contrasti con la finalità pubblicistica del predetto o dei predetti beni demaniali[6].

Passando, adesso, invece, alla rassegna dei beni del patrimonio indisponibile degli enti pubblici, che sono quei beni che, ai sensi dell’art. 826 c.c., non fanno parte del demanio necessario, in quanto aventi carattere pubblicistico, poiché “destinati ad un pubblico servizio” e in quanto tali, fatti rientrare all’interno del patrimonio non disponibile dello Stato, delle Province o dei Comuni, essi sono:

  • Le foreste.
  • Le cave e le torbiere, qualora al proprietario del fondo ne sia sottratta la disponibilità;
  • Qualunque bene avente carattere storico, archeologico, paletnologico, paleontologi come artistico rinvenuto da chiunque sottoterra.
  • I bene funzionali allo svolgimento delle prerogative del Presidente della Repubblica (patrimonio non disponibile dello Stato)
  • Le caserme, gli armamenti, le navi e gli aeroplani militari;
  • Beni genericamente enumerati, dallo stesso 826 c.c., ovvero, tutti quei beni mobili e immobili, destinati ad utilità pubblicistica, di cui Stato, Province e Comuni siano proprietari[7].

Si sottolinea, inoltre, come, a norma del terzo comma dell’art. 826 c.c., tali beni, “in tanto devono essere considerati destinati ad un pubblico servizio e rientranti, come tali, nel patrimonio indisponibile degli enti pubblici, in quanto sussiste un doppio requisito: soggettivo, la manifestazione di volontà dell’ente titolare del diritto reale pubblico e perciò un atto amministrativo da cui risulti la specifica volontà dell’ente di destinare quel determinato bene ad un pubblico servizio; e oggettivo, consistente nell’effettiva ed attuale destinazione del bene a pubblico servizio”.

I beni del patrimonio indisponibile dello Stato, sono, dunque, soggetti alla relativa disciplina pubblicistica, in quanto soddisfacenti entrambi i requisiti sopraindicati, ossia la manifestazione di volontà da parte della Pubblica Amministrazione di voler destinare proprio quel bene ad un servizio pubblicistico; nonché, la sua effettiva ed attuale destinazione del bene per finalità pubblicistiche.  

A contrario, si rileva come, invece, siano beni del patrimonio disponibile dello Stato, tutti quei beni, per i quali sia da escludersi la effettiva e attuale destinazione pubblicistica.

Tali beni, in quanto non diretti a realizzare bisogni di carattere pubblico, sono sottoposti alla normativa privatistica, eccezion fatta per l’applicazione di leggi speciali[8].  Specificamente, si fa riferimento alla l. n.  15/2005, che, nel testo dell’art. 1, comma 1-bis della nuova Legge n. 241/1990, riflette un vero e proprio favor per l’adozione di mezzi di diritto privato nell’alveo dell’agere amministrativo, purché non gravino in modo negativo sui fini d’interesse pubblicistico verso cui la buona azione deve tendere, e che anzi consentano alla pubblica amministrazione una decisione più produttiva.

Quanto ai diversi modi di utilizzo dei beni disciplinati dal diritto pubblico, maggiore attenzione merita la concessione amministrativa, che assume normalmente la figura della concessione-contratto (si veda, ad esempio la concessione dell’uso di beni appartenenti al demanio marittimo ovvero al demanio storico ed artistico per rappresentazioni teatrali o riprese cinematografiche). Tale fattispecie complessa risulta dalla convergenza, da un lato, di un atto unilaterale e autoritativo, ossia la concessione, e dall’altro lato, di una convenzione integrativa del contenuto di questa avente carattere privatistico, cioè di un rapporto contrattuale bilaterale fonte di obblighi e diritti reciproci dell’ente concedente e del privato concessionario. Essa non va scambiata con l’atto con cui un bene del patrimonio disponibile viene concesso in godimento privato, in quanto riguarda un tipico contratto di locazione, considerato che un bene di tal genere è assoggettato esclusivamente alla disciplina privatistica[9]. La Suprema Corte ha, tuttavia, evidenziato come, in mancanza del doppio requisito (soggettivo e oggettivo) della manifestazione di volontà dell’ente titolare del diritto reale di destinare il bene ad un pubblico servizio e dell’effettiva ed attuale destinazione del bene al servizio stesso, la cessione in godimento del bene medesimo in favore di privati non può essere fatta risalire ad una concessione amministrativa, con conseguente devoluzione delle relative controversie alla giurisdizione del giudice ordinario.

La Giurisprudenza, poi, ha, altresì, chiarito come l’attributario di una concessione da parte di una pubblica amministrazione assuma la natura di sostituto di quel soggetto pubblico e, relativamente ai poteri pubblici trasferitigli in forza del provvedimento concessorio, sia esso stesso pubblica amministrazione. Dunque, chi utilizza, in via particolare, il bene pubblico in base ad un atto di concessione è titolare nei confronti dei terzi di un diritto di esclusione dall’utilizzazione dello stesso bene che può tutelare tanto con i mezzi e le azioni proprie del diritto comune, quanto con i poteri di autotutela esecutiva.

La concessione si contraddistingue, infatti, dal trasferimento da un ente pubblico a un soggetto privato di poteri pubblici, vale a dire di quelle particolari situazioni soggettive capaci di determinare atti unilaterali di carattere imperativo; inoltre, poi, si rileva che laddove tale attribuzione di poteri ha ad oggetto beni demaniali, esso comporta lo spostamento dal pubblico al privato esattamente allo stesso modo come di quanto era a disposizione di pubblici poteri, senza che possa verificarsi un qualcosa in meno, in confronto ad altre autorizzazioni[10].

Con riguardo, invece, all’Amministrazione concedente, l’attributario ha un interesse legittimo all’osservanza delle norme di legge, qualora la P.A. voglia intervenire sul rapporto concessorio, per il tramite dell’uso di poteri autoritativi, ad esempio annullando o revocando la concessione[11].

Ciononostante, l’argomento è destinato ad essere segnato dai principi propri del diritto europeo derivanti dal Trattato, i quali impongono alla P.A., nella scelta del concessionario, l’espletamento di una procedura comparativa, denominata ad evidenza pubblica, finalizzata alla prudente considerazione delle offerte avanzate dai soggetti coinvolti.

Per beni demaniali si intendono: quei beni che appartengono ad un ente pubblico territoriale e che rientrano tra quelli indicati negli artt. 822 e 824 c.c., nonché i beni ad essi assimilabili. “Naturalmente, per quei beni la cui demanialità consegue alla destinazione occorre che tale destinazione sia venuta meno e ciò risulti da un comportamento univoco dell’Amministrazione. I beni demaniali possono essere dati in concessione o in locazione”[12].

Ai sensi dell’art. 28 del codice della navigazione, il demanio marittimo è composto da:

  1. lido, spiagge, porti e rade;
  2. lagune, foci dei fiumi che sfociano in mare, i bacini di acqua salsa e salmastra in

comunicazione, almeno una volta l’anno, con il mare;

  1. canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo.

      Si ritengono, ai sensi dell’art. 329 cod. nav., essere pertinenza del demanio stesso, sia le fabbricazioni che le altre costruzioni presenti, entro i limiti del demanio costiero e del mare territoriale[13].       

      Secondo il Dizionario Giuridico, per concessione si intende: <<Provvedimento amministrativo con cui la P.A. conferisce ex novo posizioni giuridiche attive al destinatario ampliandone così la sfera giuridica>>[14]. E, traslative e costitutive sono le categorie in cui vengono ordinariamente divise le concessioni. Quindi, le concessioni traslative possono essere: traslative di poteri o facoltà su beni pubblici (cd. concessioni reali); e, tipiche figure sono: le concessioni di acque, di suolo pubblico, di beni del demanio ecc.… Mentre, invece, le concessioni costitutive possono essere distinte in: costitutive di diritti soggettivi, cioè istitutive di diritti soggettivi in capo al destinatario delle stesse; istitutive di diritti alla pratica di professioni, per le quali sia delimitato dalla legge il numero degli esercenti la professione (es. apertura di fornace)[15].

      Il d.p.r. 13 settembre 2005 n. 296 regola il procedimento per l’affidamento in concessione[16], a titolo oneroso, anche a canone agevolato, o finanche gratuito, dei beni immobili demaniali dello Stato, amministrati dall’Agenzia Del Demanio, adibiti a finalità differenti da quelle abitative. Gli immobili dello Stato passibili di utilizzo e sfruttabili economicamente, per il tramite dello strumento della concessione o del contratto di locazione, sono identificati dall’Agenzia del demanio.[17]

      Si precisa, poi, come, con riferimento al procedimento, le concessioni e locazioni di beni immobili demaniali, queste, solitamente, avvengono, all’esito dell’esperimento di una procedura ad evidenza pubblica, tramite asta pubblica, ad eccezione di quei determinati e restanti casi, disciplinati dall’art. 2, comma 3 d.P.R. 296/2005, in cui è ammessa, invece, la negoziazione privata. 

  1. I presupposti per l’attuazione dell’art. 12 della Direttiva n. 2006/123/Ce

                Innanzi tutto, occorre, preliminarmente chiarire come per cd. Direttiva Servizi si intenda la Dir. 2006/23/Ce.  La Corte ha, poi, precisato cosa significhi “regime di autorizzazione” per la direttiva Direttiva Bolkenstein[18].

                Preliminarmente, pertanto, appare opportuno sottolineare come “da tempo, la giurisprudenza europea (come pure quella nazionale) ha chiarito che i principi posti dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea sono di applicazione generale, tali da dover essere osservati in relazione a qualsiasi tipologia contrattuale. Pertanto, non solo per quanto riguarda gli appalti di lavori, servizi e forniture (che sono disciplinati in modo specifico dalla Dir. N. 2014/23/UE), ma anche per le concessioni di beni pubblici di rilevanza economica, nonché per le concessioni di appalti e servizi sotto soglia comunitaria, i predetti principi devono trovare concreta e diretta applicazione[19]”  .

                Alla stregua di quanto, successivamente, affermato dalla Corte, rammentando l’art. 6 della direttiva n. 2006/123, per “regime di autorizzazione”, si intende: “qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad un’autorità competente allo scopo di ottenere una decisione formale o una decisione implicita relativa all’accesso ad un’attività di servizio o al suo esercizio[20]. In aggiunta a ciò, in considerazione dell’importanza del ruolo rivestito dalla direttiva, con riguardo al verdetto, sempre la Corte, ha citato per intero la dicitura dell’art. 12 della Dir. N. 2014/23/UE, avente ad oggetto l’aggiudicazione dei contratti di concessione[21].

                Infine, anche l’art. 15 della Dir. n. 2014/23/UE, riguardante la materia dell’aggiudicazione delle concessioni, è stato oggetto di attenzione, con riguardo al diritto comunitario, da parte della stessa Corte di Giustizia dell’Unione Europea[22] [23]

   I presupposti, sui quali si fonda, nel nostro paese, la normativa delle concessioni demaniali marittime, sono tre: in primo luogo, la preferenza accordata a chi è già titolare della concessione stessa; successivamente, il periodo esteso della concessione (sino a venti anni); per ultimo, la proroga incontrollata allo scadere ciclico dei sei anni[24].

Detto ciò, dunque, l’art. 16 del D.L. 26 marzo 2010, n. 59, prevede, al suo primo comma, nella concessione di autorizzazioni per attività terziarie, le quali siano quantitativamente esigue, in virtù della “scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche disponibili”, l’obbligatorietà di procedure di selezione sufficientemente pubblicizzate”[25].

È, inoltre, da menzionare il comma 4 dello stesso articolo 16 del D.L. 26 marzo 2010, n. 59, in quanto lascia fuori la possibilità che “al prestatore (concessionario) uscente o ad altre persone a questi legate da particolari legami”, sia consentito attribuire qualsiasi tipo di beneficio, nello specifico il cd. diritto d’insistenza[26].

Si rileva, altresì, come il giudizio, instaurato, dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in materia di concessioni demaniali, sia consistito anche nel comprendere se l’art. 12 della Dir. n. 20067123 sia o meno di ostacolo ad una legislazione nazionale, la quale autorizza un’estensione automatica delle concessioni demaniali attuali per finalità turistico – ricreative.  La sentenza al punto 43 spiega come competi al giudice domestico delimitare le ipotesi di rinnovo delle autorizzazioni, a causa dell’insufficienza dei mezzi[27].

Presupposta l’obbligatorietà della gara (art. 12, par. 1), con riferimento alla quale, la Corte, richiamando l’antecedente argomento n. 43 della sentenza, ribadisce la competenza del magistrato nazionale nell’applicare i principi, i giudici esaminano la questione della durata temporale della concessione (art. 12, par. 2), insieme con quello delle eccezioni ammesse (art. 12, par. 5)[28].

La Corte statuisce che una legge nazionale la quale contempla un rinnovo, ai sensi di legge, del periodo di scadenza delle concessioni corrisponde a una loro proroga automatica. Questo è negato dal par. 2 dell’art. 12. Agli attori che affermano come il rinnovo sia motivato dal bisogno di ammortare gli investimenti fatti, la Corte controbatte come l’art. 12, par. 3, contempli, esplicitamente, l’opportunità che i Paesi, nella determinazione dei criteri per la procedura di selezione, tengano in considerazione gli interessi generali[29].

A ciò si aggiunga che la protezione dell’affidamento di chi ha investito avrebbe di bisogno della prova, di volta in volta, che il soggetto titolare della concessione poteva aspettare, in maniera legittima, la proroga della propria concessione, al punto di fare i connessi investimenti. Tuttavia, siffatta spiegazione – prosegue la Corte - non è ritenuta essere capace di un rinnovo automatico previsto legislativamente, e pertanto, attribuito, senza distinzione alcuna, a tutti i rinnovi di concessioni demaniali. Conseguentemente, il collegio ritiene, in conclusione, che una legislazione domestica, la quale contempli un rinnovo automatico delle concessioni marittime e lacuali esistenti, per finalità turistico – ricreative, senza una qualche procedura selettiva tra i possibili concorrenti, sia impedita dalla presenza di una normativa comunitaria come quella contemplata dall’art. 12, parr. 1,2,3, della Dir. n. 2006/123. Inoltre, la decisione in commento tratta, unitamente, quelle che sono le questioni rimesse dai T.a.r.  nazionali, con le quali viene domandato se gli artt. 49, 56 e 106 del T.F.U.E. siano di impedimento alla legislazione domestica la quale prevede il rinnovo in questione. Il collegio ha comunque premesso che le norme nazionali vadano valutate, non tanto, non già, con riferimento alla legislazione comunitaria primaria, quanto a quella secondaria, quale, ad esempio: regolamenti e direttive, tenendo in conto anche la circostanza che gli articoli da 9 a 13 della Dir. n. 2006/123 concretizzano, già, un’armonizzazione completa riguardante i servizi, nella stessa regolamentati. Ciò detto, le pregiudiziali riguardanti l’interpretazione del diritto primario si presentano, unicamente, “nella misura in cui l’art. 12 della citata direttiva non sia applicabile ai procedimenti principali”. Purtuttavia, come già accennato (punto 43 della decisione), lo stesso è un requisito che va indagato da parte dello stesso organo giudicante nazionale. Sulla base di tali premesse, il Collegio ha esaminato le questioni sottoposte alla propria cognizione. Frattanto, le autorizzazioni di cui alle procedure primarie sicuramente sono ricomprese all’interno dell’art. 49 TFUE, in considerazione del fatto che le stesse fanno riferimento ad un diritto di stabilimento nel territorio del demanio, riservato all’utilizzazione commerciale per scopi turistico-ricreativi. La conseguenza è che le norme del TFUE e, specificamente, il principio di non discriminazione[30], nei procedimenti di assegnazione, devono essere osservati dagli enti pubblici. Nel verdetto del Collegio il suddetto principio riveste uno specifico rilievo nel momento in cui l’autorizzazione abbia un coinvolgimento cross-border sicuro, che va interpretato, quale considerevole opportunità per aziende che abbiano la sede principale dei propri affari e interessi, in Stati diversi da quello dell’amministrazione aggiudicatrice[31].

L’esistenza di un coinvolgimento cross-border sicuro deve essere verificato, prendendo in considerazione tutti i presupposti del caso.  Con riguardo al caso di specie, il Collegio ha sostenuto che le istruzioni date dal tribunale rimettente, nel giudizio C-458/14 permettono di sostenere che l’autorizzazione in oggetto ha un coinvolgimento transfrontaliero certo.

Infine, il collegio analizza la difesa del Governo italiano, laddove l’Italia adduce che i rinnovi sono legittimati dal bisogno di permettere agli imprenditori di ammortare i capitali impiegati[32]. Ad avviso del collegio, il rispetto del principio della certezza di diritto[33], come, ad esempio, nell’ipotesi di autorizzazioni attribuite in un momento in cui i doveri di trasparenza nella procedura non valevano ancora, costituirebbe una condizione, affinché la cennata disparita di trattamento possa essere legittimata[34].  

V’è chi sostiene in dottrina la compatibilità del regime delle proroghe legali delle autorizzazioni demaniali marittime con il diritto comunitario e, per di più, come le suddette concessioni non siano regolamentate dalla direttiva servizi[35].

Molteplici appunti posso essere mossi alla suddetta argomentazione. 

Bisogna premettere, poi, come l’applicazione generalizzata dei principi comunitari a tutela del buon svolgimento del mercato unico sia stata, già, attestata, da tempo, dalla giurisprudenza amministrativa. Ci si riferisce a principi, affermati, da tempo, dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale, la quale ha statuito come la regolamentazione del rinnovo automatico costituisca un impedimento all’entrata di diversi possibili imprenditori, creando ostacoli alla sua crescita tali da modificare il mercato[36].

Pure con riferimento ad ulteriori e differenti aspetti, la tesi suindicata è discutibile.

A ciò si aggiunga come la suindicata tesi non appare accettabile per altre motivazioni.

In primo luogo, come affermato dalla Corte di Giustizia[37], la direttiva servizi è self executing, ossia auto esecutiva. Successivamente, i potenziali candidati scartati, seppure soltanto dalla presenza alla gara - per via dei rinnovi automatici susseguitisi - potrebbero appellarsi, tutt’al più, al principio della certezza del diritto[38].

In conclusione, in considerazione degli argomenti suindicati, la previsione normativa che contempla un rinnovo automatico delle autorizzazioni esistenti è, dunque, ritornando sulla sentenza in oggetto, incompatibile con la Dir. Servizi n. 2006/123.

Conseguentemente e inevitabilmente, la scelta del concessionario di un bene del demanio, avente rilevanza economica, sottostà ai principii comunitari, e, pertanto, va espletata al termine di una procedura di selezione di carattere pubblicistico, la quale assicuri l’apertura al mercato e la concorrenza tra gli imprenditori economici[39].

Per ultimo, appaiono non agevolmente presumibili, metodi di selezione concorsuali nei quali, a fianco a operatori economici, aventi proprie scritture contabili e relativa autonomia privata, prendano parte enti pubblici non economici (in ogni caso con soldi statali e con il connesso vincolo di rendicontazione), che beneficino, in egual modo, di simile “autonomia gestionale e libertà di contrattazione[40].

 3. NOVITÁ E AGGIORNAMENTI

L’adozione dell’art. 1, comma 18, D.L. n. 194/2209 (“Proroga di termini previsti da disposizioni legislative”) è stata imposta, conseguentemente all’apertura della procedura d’infrazione comunitaria n. 2008/4909, contro l’Italia, per quanto concerne l’incompatibilità comunitaria della proroga automatica allo scadere dei sei anni[41].

Il cd. “diritto di insistenza”, di cui all’art. 37 Cod. Nav,[42]è abrogato dalla suddetta disposizione, la quale contempla, anche, la previsione – regolata sulla base dell’ampiezza e del valore economico delle opere effettuate del concessionario- della durata delle autorizzazioni, tra sei e venti anni; e, per concludere, ha determinato, il rinnovo al 31 dicembre 2015 delle concessioni per finalità turistico – ricreative, in scadenza prima di questa data e vigenti al tempo di entrata in vigore dello stesso decreto legge[43]

Per ultimo, il provvedimento della Regione Sicilia sarà inoltre un’opportunità per recepire le recenti leggi domestiche riguardanti le autorizzazioni balneari, fissate dall’ultima legge di bilancio. Ques’ultima ha persino esteso tutte le concessioni esistenti fino al 31 dicembre 2033[44].

 4. Conclusioni

In conclusione, in questo articolo s’è provveduto ad esaminare, oltre all’istituto delle concessioni demaniali, anche quello del demanio, dei beni patrimoniali disponibili e indisponibili.

In particolare, s’è visto come per demanio, ai sensi dell’art. 822 c.c., si intende: <<Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia; le opere destinate alla difesa nazionale. Fanno parimenti parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato, le strade, le autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi; gli acquedotti; gli immobili riconosciuti d’interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia; le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche; e infine gli altri beni che sono dalla legge assoggettati al regime proprio del demanio pubblico>>.  La giurisprudenza ha chiarito che i beni demaniali posso formare oggetto di diritti in favore di terzi, soltanto nei modi e limiti stabiliti dalle norme di diritto pubblico, e non, secondo la disciplina di diritto privato. Sembra, però, che, in particolare, per i beni patrimoniali non disponibili, l’impedimento all’utilizzo di strumenti privatistici (come, ad esempio la locazione) sia destinato a terminare.

Si è passato, poi, successivamente, ad esaminare, più in dettaglio, la disciplina della concessione amministrativa, che assume normalmente la figura della concessione – contratto (si veda, ad esempio, la concessione dell’uso di beni appartenenti al demanio marittimo ovvero al demanio storico ed artistico per rappresentazioni teatrali o riprese cinematografiche. Essa, tuttavia, non va confusa con l’atto con cui un bene del patrimonio disponibile viene concesso in godimento privato, in quanto riguarda un tipico contratto di locazione, considerato che un bene di tal genere è assoggettato esclusivamente alla disciplina privatistica. La Giurisprudenza, inoltre, ha chiarito che l’attributario di una concessione, da parte di una Pubblica Amministrazione, assume la natura di sostituto di quel soggetto pubblico e, relativamente ai poteri pubblici datigli, in virtù del provvedimento concessorio, è esso stesso pubblica amministrazione. Dunque, chi utilizza, in via particolare, il bene pubblico, in base ad un atto di concessione, è titolare nei confronti dei terzi di un diritto di esclusione dall’utilizzazione dello stesso bene che può tutelare tanto con i mezzi e le azioni proprie del diritto comune, quanto con i poteri di autotutela esecutiva.

Con riferimento, invece, alla compatibilità della normativa nazionale con quella comunitaria, abbiamo visto, innanzitutto, come la normativa di riferimento sia la cd. Direttiva Bolkenstein (ossia, la Direttiva Servizi 2006/23/CE).

In particolare, si rammenta come la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, richiamando l’art. 6 della medesima direttiva per regime d’autorizzazione intende: “qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad un’autorità competente allo scopo di ottenere una decisione formale o una decisione implicita relativa all’accesso ad un’attività di servizio o al suo esercizio”. Quanto, invece, ai presupposti attinenti le concessioni demaniali, essi sono: innanzitutto, la preferenza data a chi è, già, titolare della concessione; secondariamente, il periodo esteso della concessione (fino a 20 anni); infine, il rinnovo automatico allo scadere dei sei anni.

In ogni caso, il punto fondamentale del giudizio in oggetto (ossia CGUE, cause riunite C-458/14 e C- 67/16) consiste, fondamentalmente, nel comprendere se l’art. 12 della Dir. 20067/2013 sia o meno di ostacolo ad una normativa domestica, la quale autorizzi una proroga automatica delle concessioni demaniali esistenti per finalità turistico-ricreative.    

In conclusione, la Corte ritiene che una legislazione nazionale, che contempli un rinnovo automatico delle concessioni marittime e lacuali esistenti, per finalità turistico – ricreative, senza alcuna procedura selettiva tra i possibili candidati, sia impedita dalla presenza di una normativa comunitaria, come quella contemplata dall’art. 12, parr. 1,2,3, Dir. n. 2006/123.

Nella parte finale della propria decisione, il Collegio tratta quelle che sono le questioni rimesse dai T.A.R. nazionali, con le quali viene domandato se gli art. 49, 56 e 106 del TFUE, siano o meno di impedimento alla legislazione nazionale che prevede il rinnovo in questione.

Il collegio ha comunque sottolineato che le norme nazionali vadano interpretate, non tanto, non già, con riferimento alla legislazione comunitaria primaria, quanto quella secondaria, come ad esempio: regolamenti e direttive, tenendo in considerazione anche la circostanza che gli articoli da 9 a 13 della Dir. n. 2006/123 concretizzano, già, un’armonizzazione totale riguardante i servizi, nella stessa disiciplinati.

Le autorizzazioni, di cui alle procedure primarie, sicuramente, sono incluse nell’art. 49 TFUE, in considerazione del fatto che le stessa si riferiscono ad un diritto di stabilimento nel territorio del demanio, riservato all’utilizzazione commerciale per scopi turistico – ricreativi. La conseguenza è che le norme del TFUE e, specificamente, il principio di non discriminazione, nei procedimenti di assegnazione, devono essere osservati dagli enti pubblici.

V’è, tuttavia, chi sostiene, in dottrina, la compatibilità del regime delle proroghe legali delle autorizzazioni demaniali marittime con il diritto comunitario e, per di più, come le suddette concessioni non siano regolamentate dalla direttiva servizi.

Infine, conclude la Corte, in considerazione degli argomenti suindicati, la previsione normativa che contempla un rinnovo automatico delle autorizzazioni esistenti è, dunque, incompatibile con la direttiva servizi n. 2006/123.

Dunque, si dà atto come l’adozione dell’art. 1, comma 18, D.L. N. 194/2009 (“Proroga di termini previsti da disposizioni legislative”) sia stata imposta, conseguentemente, all’apertura della procedura d’infrazione comunitaria n. 2008/4908, contro l’Italia, per quanto concerne l’incompatibilità comunitaria della proroga automatica allo scadere dei sei anni.

Per ultimo, il provvedimento della Regione Sicilia sarà, inoltre, utile per recepire le ultime leggi nazionali, riguardanti le autorizzazioni balneari, fissate dall’ultima legge di bilancio. Quest’ultima ha, persino, esteso tutte le concessioni esistenti fino al 31 dicembre 2033.

    

 

 

 

[1] Caringella – F. Mazzamuto S. – Morbidelli G., I beni pubblici, Manuale di Diritto Amministrativo, IX Ed., 2016, p. 869

[2] E cioè: a) dal demanio marittimo che comprende i beni indicati agli artt. 822 c.c. e 28 cod. nav.: il lido del mare, i porti, le lagune, le spiagge; le rade, in canali; le pertinenze (quali le darsene, le dighe, i fari, i moli, ecc.) e le zone acquisite per uso del demanio marittimo ai sensi del disposto di cui all’art. 33 cod. nav.; b) dal demanio idrico e cioè da fiumi, laghi torrenti, porti e approdi, ghiacciai ed acque qualificate pubbliche dal D.P.R. n. 238/1999, emanato in attuazione della L. n. 36 del 1994; c) dal demanio militare che comprende le opere permanenti destinate alla difesa nazionale come individuate dal Codice dell’ordinamento militare approvato con D. Lgs. 16 marzo 2010, n. 66. (Caringella, Manuale di Diritto Amministrativo, IX, 2016, Caringella F. – Mazzamuto S. – Morbidelli G.)

[3] Ne fanno parte in particolare: il demanio stradale, cioè le strade non private, appartenenti ad enti pubblici territoriali e destinate al pubblico transito e le relative pertinenze (case cantoniere, opere di arredamento stradale, paracarri ecc.)

[4] Sulle condizioni per il godimento dei beni demaniali da parte dei privati, T.A.R. Emilia – Romagna, Bologna, Sez. I, 7 luglio 2015, n. 643: “Nel determinare le condizioni di impiego dei beni pubblici, l’Amministrazione valuta autonomamente se e in che limiti ammetterne un utilizzo da parte dei privati, tenendo conto dell’esigenza di tutela degli interessi pubblici correlati a quei beni e della necessità di sottrarli all’uso comune solo se ciò non alteri la funzione che è loro propria, con la conseguenza che laddove l’Amministrazione valuta autonomamente se e in che limiti ammetterne un utilizzo da parte dei privati, tenendo conto dell’esigenza di tutela degli interessi pubblici correlati a quei beni e della necessità di sottrarli all’uso comune solo se ciò non ne alteri la funzione primaria che è loro propria, con la conseguenza che laddove l’Amministrazione consenta ad un privato di fruire del bene pubblico per determinati usi, la circostanza che il provvedimento amministrativo non rechi specifica indicazione delle modalità di esercizio della facoltà in tal modo riiconosciuta lascia libero l’ente di definirne ex post i contorni, sempreché ciò non si traduca nella vanificazione del titolo del privato” [Manuale di Diritto Amministrativo, F. Caringella p.887].

[5] D. Cairo, I beni patrimoniali: distinzioni, categorie, condizione giuridica, in M. Iaselli, Le problematiche giuridiche del demanio, Ed. Maggioli, 2014, p.  227

[6] D. Cairo, op. cit., p.226

[7] D. Cairo, Op. cit., pp. 227 e ss.

[8] Per una compiuta analisi si rimanda, integralmente a: D. Cairo, op. cit., p. 228

[9] Op. cit., F. Caringella, p.887

[10] Op. cit., F. Caringella, p. 889

[11] Op. cit., F. Caringella, p. 888

[12] F. Del Giudice, Dizionario Giuridico, Ed. Simone, II Ed., 1992, p. 161, sotto la voce “Beni demaniali

[13] G.C. Mengoli, Manuale di Diritto Amministrativo, 6° Ed., Giuffrè Editore, 2009, p. 638

[14] Op. cit. p. 274, sotto la voce Concessione (d. amm.)

[15] F. Del Giudice, op. cit., p. 275, sotto la voce “Concessione

[16] In argomento, in particolare con riferimento alle concessioni demaniali marittime, cfr. C. Angelone, Istanza di concessione demaniale marittima e procedimento amministrativo, in Dir. Mar., 2009, 2018; G. Acquarone, Le attività di promozione, programmazione e regolazione delle autorità portuali, in Dir. Mar., 2008, 708; A. Airò, Inapplicabilità della proroga ex art. 1 comma 18 del d.l. 94/2009 alle concessioni demaniali marittime relative alle infrastrutture dedicate alla nautica da diporto in Dir. Mar., 2012, 258; C. Angelone, I piani demaniali marittimi tra contenuti urbanistici e finalità settoriali turistiche, in Dir. Mar., 2010, 209; M. Brignadello, Le concessioni di aree e banchine portuali ex art. 18 l. n. 84/1994: problemi interpretativi e prospettive di riforma, in Riv. dir. Nav., 2010, II, 467; C. Calleri, Diritto di insistenza e interpretazione dell’art. 37 c.nav., in Dir. Trasp., 2008, 467; M. De Benedetto – F. Di Lascio, La regolazione del demanio marittimo in Italia e Spagna: problemi, riforme e prospettive, in Riv. giur. Edilizia, 2014, 28; G. De Marzo, Concessioni pubbliche, in Urb. e app., 2012, 3,317; F. Di Lascio, Concessioni di demanio marittimo e tutela della concorrenza, in Foro amm. T.A.R., 2009, 787; F. Fracchia, Concessione amministrativa, voce dell’Enciclopedia del Diritto, Annali I, Milano, 2007, 250; D. Gennari, Le concessioni demaniali marittime alla prova dei principi di trasparenza e pubblicità dell’azione amministrativa, in Appalti & Contratti, 2008, 47; G. Gruner, L’affidamento ed il rinnovo delle concessioni demaniali marittime tra normativa interna e principi del diritto dell’Unione europea, in Foro amm., 2010, 678; A. Lefevbre – D’Ovidio – G. Pescatore, Manuale di diritto della navigazione, Milano, 2011; A. Lezzi, Concessione di beni demaniali marittimi e federalismo territoriale. Titolarità e competenze nella tutela degli “interessi articolati”; G. Marchegiani, Le concessioni demaniali marittime e la sindrome di Lock Ness, in Giust. Amm., n. 10, 2015; C. Mellea, La valorizzazione economica dei beni demaniali marittimi quale obbligo gestionale della Pubblica Amministrazione, in Dir. mar., 2012, 1064; A. Monica, Le concessioni demaniali marittime in fuga dalla concorrenza, in Riv. it. pubbl. comunit., 2013, 437; G. F. Nicodemo, Concessione di beni pubblici e giurisdizione: il G.A. conosce solo degli interessi legittimi, in Urb. e app., 2012, 4,201; M. Olivi, La proprietà dei porti turistici, in Foro Amm. CDS, 2009, 11,2685; A. Police, Il federalismo demaniale: valorizzazione dei territori o dismissioni locali?, in questa Rivista, 2010,12, 1233 ss.; S. Prete, Profili procedimentali e criteri di preferenza nel concorso di domande di rilascio di concessione demaniale marittima, in Dir. mar., 2009,1095; M. Spasiano L’uso dei beni in concessione per finalità non rispondenti a bisogni di interesse generale, in A. Police (a cura di), I beni pubblici, 2008, 508; G. Taccogna, L’indennizzo nella revoca delle concessioni demaniali marittime, in Scritti in onore di Francesco Berlingierim 2010, 997; F. Van Hooydonk,  The law ends where the port area begins: on the anomalies of port law, Anversa, 2010; G. Vezzoso, Le occasioni mancate di una proposta di riforma portuale, in Dir. mar., 2010, 407; R. Villata, I servizi pubblici, Milano, 2008.

[17] M. Iaselli, Le problematiche giuridiche del demanio, Maggioli Editore, 2014, p. 145

[18] G. Bellitti, La direttiva Bolkenstein e le concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali, in Giornale di diritto amministrativo 1/2017, p. 62

[19] La direttiva Bolkenstein e le concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali, in Giornale di diritto amministrativo, 1/2017

[20] G. Bellitti, op. cit, p. 62

[21] A tal proposito si riporta, integralmente, il testo dell’art. 12 della Dir. n. 2006/123: “1. Qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento.

  1. Nei casi di cui al paragrafo 1 l’autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami.
  2. Fatti salvi il paragrafo 1 e gli articoli 9 e 10, gli Stati membri possono tener conto, nello stabilire le regole della procedura di selezione, di considerazioni di salute pubblica, di obiettivi di politica sociale, della salute e della sicurezza dei lavoratori dipendenti ed autonomi, della protezione dell’ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e di altri motivi imperativi d’interesse generale conformi al diritto (dell’Unione)”.

[22] G. Bellitti, op. cit., p. 62

[23] E, si riporta di seguito, anche in questo caso per intero, l’articolo 15 della Dir. n. 2006/123:“Inoltre, taluni accordi aventi per oggetto il diritto di un operatore economico di gestire determinati beni o risorse del demanio pubblico, in regime di diritto privato o pubblico, quali terreni o qualsiasi proprietà pubblica, in particolare nel settore dei porti marittimi o interni o degli aeroporti, mediante i quali lo Stato oppure l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore fissa unicamente le condizioni generali d’uso senza acquisire lavori o servizi specifici, non dovrebbero configurarsi come concessioni  ai sensi della presente direttiva. Ciò vale di norma per i contratti di locazioni di beni o terreni di natura pubblica che generalmente contengono i termini che regolano la presa di possesso da parte del conduttore, la destinazione d’uso del bene immobile, gli obblighi del locatore  e del conduttore per quanto riguarda la manutenzione del bene immobile, la durata della locazione e le restituzione del possesso del bene immobile al locatore, il canone e le spese accessorie a carico del conduttore”.

[24] G. Bellitti, op. cit., p. 62

[25] G. BellItti, op. cit., p. 62

Si riportano, inoltre, di seguito, a tal fine, i commi 1 e 4 dell’art. 16 (Selezione tra diversi candidati) del D.L. 26 marzo 2010, n. 59: “1. Nelle ipotesi in cui il numero di titoli autorizzatori disponibili per una determinata attività di servizi sia limitato per ragioni correlate alla scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche disponibili, le autorità competenti applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali ed assicurano la predeterminazione e la pubblicazione, nelle forme previste dai propri ordinamenti, dei criteri e delle modalità atti ad assicurarne l’imparzialità, cui le stesse devono attenersi.

[…]

  1. Nei casi ci cui al comma 1 il titolo è rilasciato per una durata limitata e non può essere rinnovato automaticamente, né possono essere accordati vantaggi al prestatore uscente o ad altre persone, ancorché giustificati da particolari legami con il primo”.

[26] G. Bellitti, op. cit., p. 62

[27] G. Bellitti, op. cit., p. 63

[28] G. Bellitti, op. cit. p. 64

[29] Par. 2, art. 12, Dir. . n. 2006/123: “La presente direttiva è volta a creare un quadro giuridico per assicurare la libertà di stabilimento e la libera circolazione dei servizi tra gli Stati membri. Essa non armonizza né incide sul diritto penale. Gli Stati membri non dovrebbero poter limitare la libertà di fornire servizi applicando disposizioni di diritto penale che riguardano specificamente l’accesso ad un’attività di servizi o l’esercizio della stessa aggirando le norme stabilite nella presente direttiva.

[30] Cfr. Corte di Giustizia UE 17 luglio 2008, sent., ASM Brescia, C-347/06, PUNTI 57 e 58, e giurisprudenza ivi richiamata.

[31] Per una compiuta analisi si rimanda, integralmente a: G. Bellitti, op. cit., p. 64

[32] G. Bellitti, op. cit., 65

[33] Cfr. Corte di Giustizia UE, causa C-347/06 cit., punto 64

[34] G. Bellitti, op. cit., p. 65

[35] Cfr. R. Righi – E. Nesi, Riflessioni sull’applicazione della Direttiva Servizi alle concessioni di beni demaniali marittimi con finalità turistico – ricreative, in Rivista (telematica) NELDIRITTO, 2014, N. 8. Gli autori sono stati componenti del collegio che assistito Promoimpresa s.r.l. nella causa C-458/14, assieme con l’Avv. E. Vaglio.

[36] G. Bellitti, op. cit., p. 65

[37] Cfr. Corte di Giustizia europea 23 febbraio 1994, sent. C -236/92; Id., sent. 3 ottobre 2000, C-371/97

[38] G. Bellitti, op. cit., p. 66

[39] G. Bellitti, op. cit., p. 66

[40] G. Bellitti, op. cit., p. 67

[41] M. Mura, Concessione demaniale marittima: la differenza tra proroga e rinnovo, pubblicato sul sito  www.ilquotidianodellapa.it/_contents/nesw/2018/dicembre/1543946009673.html

[42] Art. 37 - Concorso di più domande di concessione: Nel caso di più domande di concessione, è preferito il richiedente che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questa per un uso che, a giudizio dell'amministrazione, risponda ad un più rilevante interesse pubblico. Al fine della tutela dell' ambiente costiero, per il rilascio di nuove concessioni demaniali marittime per attività turistico-ricreative è data preferenza alle richieste che importino attrezzature non fisse e completamente amovibili. 

[43] M. Mura, op. cit.

[44] Mondo Balneare, Concessioni balneari, Sicilia rivoluziona regole per affidamento, pubblicato su, www.mondobalneare,com/news/3659/concessioni-balneari-sicilia-rivoluziona-regole-per-affidamento.html