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Anno XVI - n. 12 - Dicembre 2024

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La responsabilità medica a seguito della Riforma Gelli-Bianco

Di Enrica Spinelli
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La responsabilità medica a seguito della Riforma Gelli-Bianco

 

Di Enrica Spinelli

 

Abstract

La riforma Gelli-Bianco, introdotta con la legge n.24/2017, ha segnato una svolta importante nella disciplina della responsabilità medica in Italia, con l’obiettivo di garantire maggiore sicurezza delle cure e una gestione più equilibrata dei rischi per i professionisti sanitari. La normativa ha cercato di ridurre il ricorso alla medicina difensiva e di chiarire i confini della responsabilità civile e penale del personale medico. Tra le principali innovazioni, vi sono la distinzione tra responsabilità contrattuale e extracontrattuale, l’obbligo di assicurazione per le strutture sanitarie e la valorizzazione delle linee guida come criterio di valutazione della condotta del medico.

 

The Gelli-Bianco reform, introduced with law 24/2017, marked an important turning point in the discipline of medical liability in Italy, with the aim of guaranteeing greater safety of care and more balanced management of risks for healthcare professionals. The legislation sought to reduce the use of defensive medicine and clarify the boundaries of civil and criminal liability of medical personnel. Among the main innovation are the distinction between contractual and non-contractual liability, the obligation to have insurance for healthcare facilities and the valorisation of guidelines as a criterion for evaluating the doctor’s conduct.

 

Sommario: 1. Introduzione alla Riforma Gelli-Bianco;1.1 Responsabilità penale e civile del medico: quadro normativo e sfide attuali; 2. Obbligo di assicurazione per i professionisti sanitari e le strutture; 3. Il ruolo delle linee guida e delle buone pratiche clinico-assistenziali; 4 Critiche alla legge e possibili modifiche 5 Approccio comparativo e internazionale.

 

 

1.Introduzione alla Riforma Gelli-Bianco

 

Per responsabilità medica ci si riferisce a quella forma di responsabilità nella quale gli esercenti la professione sanitaria incorrono quando, a causa di propri errori od omissioni, cagionano danni o lesioni alla salute psico-fisica dei pazienti. Tali danni possono derivare da numerose e diverse tipologie di errore, quali l'errore diagnostico, l'errore terapeutico o l'errore da omessa vigilanza, mentre la responsabilità può essere determinata tanto da colpa del singolo medico quanto dalla carenza strumentale della struttura sanitaria. Con l'entrata in vigore della legge 8 marzo 2017 n.24,recante "Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonchè in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie" (c.d. Legge Gelli-Bianco), il legislatore ha introdotto importanti modifiche in tema di responsabilità medica, innovandone la disciplina tanto sotto il profilo penalistico, con l'esclusione della rilevanza penale delle condotte caratterizzate da imperizia in contesti regolati da linee guida e buone pratiche accreditate, quanto sotto il profilo civilistico, con la scissione della responsabilità contrattuale, della quale rispondono le strutture pubbliche o private, da quella aquiliana, nella quale incorrono i medici che operano a qualsiasi titolo presso una struttura sanitaria.[1]

 

  • Responsabilità penale e civile del medico: quadro normativo e sfide attuali

La responsabilità medica è un tema fondamentale nel sistema sanitario italiano, poiché tocca non solo il rapporto di fiducia tra medico e paziente, ma anche il bisogno di garantire qualità e sicurezza delle cure. In Italia, questa responsabilità è disciplinata da un complesso sistema di norme che è stato aggiornato nel tempo per bilanciare la tutela dei diritti del paziente con la necessità di proteggere il personale sanitario da accuse infondate o eccessive. La riforma più recente e significativa in questo ambito è l’analizzata legge Gelli-Bianco del 2017, che ha introdotto importanti novità e chiarito diversi aspetti legali alla responsabilità medica.                                                                

La responsabilità del medico può essere sia civile che penale, a seconda della natura del danno e delle circostanze.                                                                                                                               

La responsabilità penale sorge quando il medico commette un reato (ad esempio omicidio colposo o lesioni colpose) a causa di un errore nella pratica medica. In questo caso, la riforma prevede una riduzione della responsabilità nel caso in cui il medico abbia rispettato le linee guida accreditate. Tuttavia il medico può essere chiamato a rispondere penalmente qualora si dimostri che ha agito con colpa grave o che ha violato norme basilari della professione.

Più nel dettaglio, l'art 6 della L. 24/2017 ha introdotto nel codice penale l'articolo 590-sexies, rubricato "Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario", a norma del quale "Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell'esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma. Qualora l'evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto". Il secondo comma dell'art. 590 sexies prevede, dunque, una causa di non punibilità dell'esercente la professione sanitaria che abbia commesso i delitti di omicidio colposo o di lesioni personali colpose, ma tale causa opera nel solo caso in cui l'evento si sia verificato a causa di imperizia del medico, indipendentemente dal grado della colpa, e quando siano state rispettate le raccomandazioni contenute nelle linee guida o, in mancanza, le buone pratiche clinico assistenziali, a condizione che risultino adeguate al caso di specie in ragione delle specificità che lo stesso presenta. Pertanto, come chiarito anche dalle Sezioni Unite della Cassazione, che sono state chiamate a risolvere un delicato contrasto giurisprudenziale sorto in seno alla IV Sezione penale in relazione al perimetro applicativo della nuova disciplina, l'esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall'esercizio di attività medico-chirurgica : a)se l'evento si è verificato per colpa (anche lieve)da negligenza o imprudenza; b)se l'evento si è verificato per colpa (anche lieve) da imperizia, quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee-guida o dalle buone pratiche clinico-assistenziali; c) se l'evento si è verificato per colpa (anche lieve) da imperizia nella individuazione e nella scelta di linee-guida o di buone pratiche clinico assistenziali non adeguate alla specificità del caso concreto ; d)infine, se l'evento si è verificato per colpa grave da imperizia nell'esecuzione di raccomandazioni di linee-guida o buone pratiche clinico-assistenziali adeguate, tenendo conto del grado di rischio da gestire e delle speciali difficoltà dell'atto medico.

Le Sezioni Unite sembrano quindi accantonare un'interpretazione letterale dell'art 590 sexies, comma 2, prediligendo una soluzione che attribuisca rilevanza al grado della colpa e riconosca l'operatività del secondo comma dell'articolo 590 sexies nei soli casi di imperizia in cui vi sia un lieve errore esecutivo di linee guida o, in mancanza, di buone pratiche clinico-assistenziali adeguate alle specificità del caso concreto.

Per quanto riguarda le novità introdotte dalla riforma sul piano civilistico, la riforma Gelli-Bianco ha chiarito che, in caso di controversie, il paziente può agire contro la struttura sanitaria con una richiesta di risarcimento basata su responsabilità contrattuale, mentre il medico risponde solo per responsabilità extracontrattuale, a meno che non abbia stipulato un contratto personale con il paziente. Questa distinzione riduce il rischio per i medici di dover rispondere per danni minori e limita la loro responsabilità alle situazioni di colpa grave.

Nel dettaglio l'articolo 7 della Legge Gelli-Bianco traccia una netta demarcazione tra la responsabilità nella quale incorre la struttura pubblica o privata e quella della persona fisica esercente la professione sanitaria. In particolare, la struttura sanitaria risponderà dei fatti illeciti compiuti dagli esercenti la professione sanitaria secondo le regole della responsabilità contrattuale, mentre l'esercente la professione sanitaria sarà chiamato a rispondere del proprio operato secondo le norme sulla responsabilità extracontrattuale, salvo che abbia agito nell'adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente. L'art 7 della L.24/2017 recita infatti che "La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell'adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell'opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorchè non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose.". La medesima disciplina si applica anche "alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero nell'ambito di attività di sperimentazione e di ricerca clinica ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale nonchè attraverso la telemedicina". Quanto invece al personale medico, "L'esercente la professione sanitaria di cui ai commi 1 e 2 risponde del proprio operato ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, salvo che abbia agito nell'adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente.". La diversa natura, rispettivamente contrattuale ed extracontrattuale, della responsabilità della struttura e del personale sanitario produce importanti ripercussioni sul piano sostanziale e processuale. Per quanto riguarda, infatti, il regime della prescrizione, a differenza del risarcimento del danno da illecito aquiliano, soggetto alla prescrizione breve quinquennale, all'illecito contrattuale si applica il termine ordinario di decorrenza decennale. Per quanto concerne, invece, l'onere della prova della responsabilità e del danno, nella responsabilità contrattuale trova applicazione il principio della presunzione della colpa, spettando al creditore solo l'onere della prova dell'inadempimento e dell'entità del danno, mentre, di converso, al debitore spetterà, per sottrarsi all'obbligo risarcitorio, dimostrare l'impossibilità sopravvenuta della prestazione per cause a lui non imputabili. Ne deriva che il danneggiato dovrà provare il titolo da cui deriva l'obbligazione mentre la struttura sarà tenuta a provare l'esatto adempimento della prestazione o un inadempimento ad essa non imputabile.[2]

Mentre in passato si riteneva che il contratto vincolante il paziente alla struttura sanitaria fosse un contratto d'opera intellettuale, oggi, invece, si predilige la soluzione del contratto di spedialità, ovverosia di quel contratto in forza del quale la struttura sanitaria è tenuta a fornire al paziente una prestazione complessa di assistenza sanitaria che "non si esaurisce nella mera fornitura di prestazioni di natura alberghiera (somministrazione di vitto e alloggio),ma consiste nella messa a disposizione del personale medico ausiliario e di quello paramedico nonchè nell'apprestamento dei medicinali e di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista di eventuali complicanze" (cfr. Cass. civ. Sez. Unite,01/07/2022, n. 95556).

Più complessa è la prova della responsabilità extracontrattuale del personale sanitario, in quanto un difficile onere probatorio grava sul danneggiato, il quale non dovrà soltanto allegare ma anche provare il fatto illecito, il danno, l'elemento soggettivo ed il nesso eziologico tra la condotta e l'evento. Al riguardo, la Suprema Corte ha stabilito che "Nei giudizi di risarcimento del danno da responsabilità medica, è onere del paziente dimostrare l'esistenza del nesso causale, provando che la condotta del sanitario è stata, secondo il criterio del "più probabile che non", causa del danno, sicchè, ove la stessa sia rimasta assolutamente incerta, la domanda deve essere rigettata." (cfr. Cass. civ. Sez. III,07/12/2017, n. 29315).

Alla luce dei vantaggi che la responsabilità contrattuale della struttura sanitaria comporta in termini di onere probatorio, al paziente danneggiato converrà sempre rivalersi nei confronti della struttura sanitaria, ragion per cui acquista una grande rilevanza l'azione di rivalsa o di responsabilità amministrativa prevista e disciplinata della legge 24/2017. Ai sensi dell'art. 9, infatti, il pubblico ministero presso la Corte di Conti esercita l'azione di responsabilità amministrativa nei confronti del sanitario solo in caso di dolo o colpa grave, quando sia accolta la domanda di risarcimento del danneggiato nei confronti della struttura o del sanitario. Se l'esercente la professione sanitaria non è stato parte del giudizio o della procedura stragiudiziale di risarcimento del danno, l'azione di rivalsa nei suoi confronti può essere esercitata soltanto successivamente al risarcimento avvenuto sulla base di titolo giudiziale o stragiudiziale ed è esercitata, a pena di decadenza, entro un anno dall'avvenuto pagamento.

Quanto, infine, alla determinazione del risarcimento del danno, ai sensi del terzo comma dell'art. 7 il giudice dovrà tenere conto sia della condotta dell'esercente la professione sanitaria, valutandone il grado di adesione alle linee guida e alle buone pratiche, sia delle tabelle di cui agli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private.

 

2.Obbligo di assicurazione per i professionisti sanitari e le strutture

La Riforma Gelli-Bianco prevede l’obbligo di stipulare una polizza assicurativa per tutti i professionisti sanitari, sia quelli che operano nel settore pubblico sia quelli che lavorano in regime privato. Lo scopo principale è garantire ai pazienti il diritto a un risarcimento in caso di errore o di eventi avversi causati da negligenze, imprudenze o imperizie.

La copertura assicurativa, quindi, offre una sicurezza economica, mitigando i rischi sia per i professionisti sia per le strutture sanitarie.

Il medico o l’operatore sanitario è tenuto a garantire una copertura per la responsabilità civile verso terzi (RCT) e per la responsabilità civile verso i prestatori di lavoro (RCO). Questi obblighi assicurativi coprono i danni derivanti direttamente dalle attività professionali, a tutela dei pazienti. La legge cerca così di ridurre il fenomeno della cosiddetta “medicina difensiva”, ossia la tendenza dei medici a prescrivere esami o terapie non necessarie, per timore di incorrere in contenziosi legali.

Anche le strutture sanitarie, come ospedali e cliniche, devono assicurarsi per la responsabilità civile verso terzi e verso i prestatori d’opera, coprendo quindi sia i danni causati dal personale medico che quelli relativi all’organizzazione e alla gestione delle attività sanitarie. Questo obbligo assicura che il paziente si trovi senza copertura in caso di insolvenza.[3]

 

3 Il ruolo delle linee guida e delle buone pratiche clinico-assistenziali

Le linee guida sono raccomandazioni basate su evidenze scientifiche e vengono sviluppate da enti accreditati per orientare il comportamento dei medici e degli operatori sanitari. In Italia, la legge ha stabilito che le linee guida da seguire devono essere accreditate dall’Istituto Superiore di Sanità e inserite nel Sistema Nazionale delle Linee Guida (SNLG). Questo processo di accreditamento assicura che le linee guida siano aggiornate e scientificamente valide.

La riforma non rende le linee guida assolutamente vincolanti, ma le pone come standard di riferimento. I professionisti sono incoraggiati a seguirle per garantire trattamenti di qualità e per ridurre i margini di errore, ma possono discostarsene se, in un caso specifico, ritengano che un’altra condotta sia più appropriata per il paziente.                                          .                                                                                            Questa flessibilità permette di adattare la pratica medica alle situazioni individuali, rispettando comunque il principio della migliore evidenza scientifica disponibile.

In caso di contenzioso, le linee guida assumono rilevanza anche per i giudici, che valutano la condotta medica confrontandola con quanto raccomandato nelle linee guida accreditate. Se un professionista ha seguito le linee guida, sarà più difficile dimostrare che abbia agito con colpa; al contrario, se il medico si è discostato dalle raccomandazioni senza giustificazione, questo potrà costituire elemento di colpa.

Le buone pratiche clinico-assistenziali sono invece procedure riconosciute come sicure ed efficaci nella gestione dei pazienti. Queste pratiche sono complementari alle linee guida e spesso coprono aspetti della gestione dei pazienti che vanno oltre il singolo atto medico, includendo ad esempio la prevenzione delle infezioni, il monitoraggio post-operatorio, e la comunicazione con i pazienti e le famiglie.

Quando le buone pratiche sono seguite, il professionista si attiene a standard considerati validi dalla comunità scientifica. In ambito legale, questo costituisce un parametro di confronto in sede di valutazione della responsabilità.

La riforma Gelli Bianco riconosce che il rispetto delle buone pratiche non elimina completamente la possibilità di errore, ma riduce il margine di rischio e permette una valutazione oggettiva della condotta medica. In caso di contenzioso, seguire le buone pratiche può essere interpretato come prova di diligenza, prudenza e perizia.[4]

 

4 Critiche alla legge e possibili modifiche

Nonostante gli intenti della riforma Gelli-Bianco siano stati accolti positivamente, la normativa ha suscitato varie critiche da parte di operatori sanitari, giuristi e pazienti, per diversi motivi.

Uno degli aspetti più discussi è l’aumento della burocrazia. La necessità di seguire le linee guida accreditate e di adeguarsi a protocolli più rigidi ha portato i medici a un incremento del carico amministrativo. Questo può interferire con la pratica clinica, riducendo il tempo dedicato ai pazienti e aumentando lo stress per i professionisti sanitari.

Sebbene la legge consenta una certa discrezionalità, molti professionisti sentono che il loro margine di autonomia decisionale si sia ridotto. L’aderenza rigida alle linee guida può non tenere sempre conto delle variabili individuali di ciascun caso, e alcuni medici temono che questo possa portare a una medicina standardizzata, limitando le possibilità di intervento personalizzato.

Nonostante l’obiettivo della riforma fosse ridurre la medicina difensiva, studi e indagini mostrano che molti professionisti continuano a praticarla, per evitare eventuali contenziosi legali. Questo comportamento è guidato dalla paura di responsabilità, specialmente in situazioni non coperte in modo specifico dalle linee guida. Di conseguenza, il problema della medicina difensiva non è stato completamente risolto.

In conclusione, la riforma Gelli-Bianco rappresenta una tappa importante, ma il suo impatto e la sua efficacia dipenderanno dalla capacità del sistema sanitario e giuridico di adattarsi e rispondere in modo dinamico alle sfide future.

 

5 Approccio comparativo e internazionale

Storicamente, la responsabilità del medico era regolata in larga parte dalla giurisprudenza e da principi di diritto civile e penale. L’assenza di una normativa specifica portava spesso a interpretazioni diverse nei tribunali, con il rischio di creare incertezze sia per i pazienti sia per i medici. Per rispondere a queste problematiche, nel 2012 è stata introdotta le legge Balduzzi, che rappresentava un primo tentativo di definire le responsabilità dei medici e limitare il ricorso alla cosiddetta “medicina difensiva, ossia la pratica di eseguire trattamenti o esami non necessari al solo fine di evitare possibili controversie legali.

La suddetta legge stabiliva che i sanitari non fossero responsabili per colpa lieve se avevano seguito linee guida scientificamente riconosciute; tuttavia era meno dettagliata nella gestione del risarcimento del danno e del ruolo delle assicurazioni, aspetti che sono stati approfonditi e meglio strutturati dalla riforma Gelli-Bianco. L’interpretazione delle linee guida era lasciata aperta, creando incertezze applicative nei tribunali, il che ha portato alla necessità di una riforma più chiara.

A differenza della Balduzzi inoltre, la Gelli- Bianco vincola il medico a seguire linee guida accreditate, registrate presso un ente apposito, per migliorare la standardizzazione delle cure.                             La distinzione tra responsabilità contrattuale della struttura e responsabilità extracontrattuale del medico ha poi ridotto il rischio per il medico di trovarsi direttamente responsabile, limitando la sua responsabilità a situazioni di colpa grave.                                                                                   

Infine l’introduzione del Fondo di Garanzia per i pazienti, è stato un elemento unico rispetto ad altre riforme, che garantisce il risarcimento nei casi di insolvibilità delle assicurazioni.

Passando ad una comparazione oltre frontiera è opportuno ricordare che negli USA, ogni Stato ha approcci diversi per limitare le cause di malpractice. Molti stati prevedono limiti sui danni non economici (ad esempio danni morali), al fine di ridurre i costi delle assicurazioni per i medici. In Italia, la Gelli-Bianco ha scelto di non limitare i danni non patrimoniali. Tuttavia, ha reso obbligatoria un’assicurazione per tutti i medici e ha introdotto la responsabilità contrattuale per la struttura sanitaria, portando a una responsabilità meno diretta per il singolo medico.

La responsabilità medica in Francia invece, prevede che le cause siano spesso gestite da commissioni di mediazione, con il fine di ridurre il ricorso al sistema giudiziario. La Francia così mira a promuovere la conciliazione, mentre la Gelli-Bianco ha previsto un risarcimento diretto attraverso il sistema assicurativo e introduce l’obbligo di aderire alle linee guida cliniche, ma non ha un sistema di mediazione obbligatoria.

In conclusione la riforma Gelli-Bianco, rispetto alla Balduzzi e ad altre riforme internazionali, ha introdotto una maggiore chiarezza su aspetti assicurativi e normativi, oltre che sul rapporto tra paziente, medico e struttura. Tuttavia, la complessità del sistema italiano e le difficoltà nell’applicazione uniforme delle linee guida rimangono sfide importanti.

 

 

[1] Andreani, R.(2020).La responsabilità medica e sanitaria alla luce della riforma Gelli-Bianco. Milano Giuffrè Editore

[2] Alpa, G., & Zeno-Zencovich, V.(2018). La responsabilità civile. Bologna: Il Mulino

[3] Fusaro, M.(2021).Medicina legale e delle assicurazioni: responsabilità professionale e risarcimento del danno. Milano: Giuffrè Editore

[4] Galiano, F.,66& Conforti, A.(2017).La responsabilità sanitaria. Guida pratica alla legge Gelli. Padova: CEDAM