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Anno XVI - n. 03 - Marzo 2024

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La negotiorum gestio nella evoluzione del diritto civile ed amministrativo.

Di Gianluca Giorgio
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La negotiorum gestio nella evoluzione del diritto civile

ed amministrativo

Di GIANLUCA GIORGIO

        

 

SOMMARIO: 1. La nozione e l'evoluzione storica- 2. L'istituto nel diritto amministrativo- 3. Le conclusioni.

 

  1. La nozione e l'evoluzione storica

Il diritto civile comprende lo studio degli atti patrimoniali e non, legati ai diritti soggettivi delle persone. La maggior parte degli istituti, per tale ragione, risponde alle varie e molteplici esigenze della vita dei consociati. Contratti ed atti e negozi giuridici rappresentano le modalità di gestione di tali diritti, tra cui spicca la negotiorum gestio.

L'articolo 2028 c.c dispone che: “chi, senza esservi obbligato, assume scientemente la gestione di un affare altrui, e' tenuto a continuarla e a condurla a  termine finché' l'interessato non sia in grado di provvedervi da se stesso. L'obbligo di continuare la gestione sussiste anche se l'interessato muore prima che l'affare sia terminato, finché' l'erede possa provvedere direttamente”.

La negotiorum gestio rappresenta una modalità di surrogazione dell'attività privata, nel caso in cui il titolare del diritto si trovi nell'impossibilità di provvedervi.

Secondo la dottrina (TORRENTE/SCHLESSINGER):” si ha gestione di affari altrui nell'ipotesi in cui taluno, senza esservi obbligato, si intromette scientemente negli affari di un altro, che non sia in grado di provvedervi”[1].

La ratio giuridica, sottesa all'istituto, intende perseguire la funzione solidaristica, richiamata nell'articolo 42 del dettato costituzionale, in relazione alle modalità di impiego del diritto di proprietà. Ciò in quanto consente, anche, ad un soggetto esterno di potersi prendere cura di un interesse altrui.

La norma risponde a due presupposti: regolare da possibili influenze altrui la sfera dei singoli; rispondere ad una necessità sociale in cui l'interessato non sia nella possibilità di provvedervi. Esempio tipico è la posizione del vicino che, in assenza del proprietario, effettua una riparazione urgente nell'altrui dimora.

Gli elementi che compongono la gestione sono: la volontà di iniziare e continuare l'attività; la mancanza di un obbligo da parte del gestore; l'impossibilità del titolare di esercitare il proprio diritto; l'assenza di un divieto (prohibitio domini) da parte del proprietario.

Secondo i diversi studi in materia, la natura giuridica dell'istituto appartiene al novero del fatto giuridico, a cui l'ordinamento riconosce degli effetti specifici, anche se per altra parte è evidenziato il carattere negoziale.

Generalmente, il soggetto può compiere solamente gli atti legati all'amministrazione ordinaria, anche se parte della dottrina, sul punto, ha esteso la possibilità anche a quelli di natura straordinaria, purché improcrastinabili ed utili.

Già il diritto romano conosceva la negotiorum gestio, come modalità eccezionale nella gestione delle res. Pietro Bonfante, nel manuale istituzionale, osserva che:” l'analogia di questo fatto (la gestione degli affari) è col mandato nel senso della causa o del rapporto obiettivo. Ciò e non altro indicano i Romani, dichiarando che la obbligazione nasce quasi ex contractu[2]”.

Esempi classici erano dati:”dalla cura del minore, del furioso e del prodigo che generava nel diritto classico l'actio negotiorum gestorum, ma come si vide, Giustiniano, proseguendo l'assimilazione della tutela e della cura, ha preferito i termini actio utilis o curationis actio[3]”.

I Giuristi romani focalizzano gli elementi in comune e le diversità con il contratto di mandato, che rappresenta la modalità tipica nella conduzione di un affare di natura privata.

Nella compilazione dell'Ottocento ed in particolare nel codice civile Pisanelli (1865), precedente al vigente impianto normativo, questa era considerata come un' obbligazione nascente dai quasi contratti, recepiti dalla legislazione  giustinianea.

All'articolo 1141 del Codice civile dell'epoca si legge:” Quegli che volontariamente si assume un affare altrui, contrae l'obbligazione di continuare la gestione cominciata e di condurla a termine, sino a che l'interessato non sia in grado di provvedervi da sé stesso, e deve altresì soggiacere a tutte le le conseguenze del medesimo affare ed a tutte le obbligazioni, che risulterebbero da un mandato avuto dall'interessato”.

Importante sottolineare la continuazione dell'affare. In virtù di ciò, l'articolo 1142 del precedente  sistema normativo dispone che :”E' pur tenuto a continuare la gestione, ancorchè l'interessato muoia prima che l'affare sia terminato, sino a che l'erede possa assumerne la direzione”

Sostrato ontologico nella formazione della norma è l'assunzione di un obbligo, in mancanza di un atto che conferisca valore all'azione, e la spontaneità intrapresa dal terzo estraneo alla gestione. 

Alla luce delle vigente normativa, questa rappresenta una forma di obbligazione ex lege.

 

 

 

  1. L'istituto nel diritto amministrativo

Se nei rapporti di diritto privato, la gestione degli affari, per i citati principi, assume un rilievo specifico, nel diritto pubblico, tali ipotesi possono essere ammesse, ma in presenza di ulteriori requisiti.

La questione della configurabilità o meno dell'istituto nei rapporti di diritto amministrativo, nel corso dell'evoluzione della dottrina e della giurisprudenza amministrativa ha dato luogo, alle volte, ad impostazioni differenti. 

La scelta dello strumento privatistico, anche in tale settore, può dimostrarsi utile alla funzione amministrativa. Ciò è previsto dalla legge in talune ipotesi (art.1 bis L.241/1990).

Massimo Severo Giannini, a metà degli anni Sessanta, parlò di un diritto privato della Pubblica Amministrazione, osservando la piena configurabilità degli istituti di diritto civile con  i rapporti di diritto pubblico.

Già la Suprema Corte di Cassazione, con la pronuncia del 8 ottobre 1973 n.2512, osservò che:” La gestione degli affari è caratterizzata, oltre che dall'alienità del negozio e dall'utiliter coeptum, anche dall'intenzionalità di amministrare uno o più affari altrui, absente et inscia domino”.

Di conseguenza, anche, la gestione degli affari è configurabile nei rapporti con la Pubblica Amministrazione, però, con specifici e ben determinati elementi atti a giustificarne la vigenza.

Gli articoli 95 e 97 della Carta costituzionale dispongono i principi di buon andamento, legalità, trasparenza ed economicità dell'azione amministrativa e questi devono essere presenti anche nell'utilizzo degli istituti di diritto privato. Dunque, anche per l'istituto di cui si discute, troveranno applicazione i richiamati principi, insieme al vantaggio dell'Amministrazione nel governo dell'affare ed all'eccezionalità dell'applicazione.

Ciò è confermato dagli studi in materia e dalla giurisprudenza[4] che, con differenti pronunce, si è interessata, più volte, alla questione.

Sul punto, la Corte di Appello di Catania, con la pronuncia 2473 del 2018, ha disposto che :”Per consolidato principio del S.C. (v. di recente Cass. 2944/2017) “Non è ammissibile un'applicazione indiscriminata dell'istituto giuridico della negotiorum gestio (artt. 2028 2032 c.c.) nella attività amministrativa, in quanto ciò si tradurrebbe nell'affidamento, alla libera iniziativa del privato (dell'an, del quando e del quomodo), dell'esercizio di qualsivoglia attività della Pubblica Amministrazione, in palese contrasto con gli artt. 95 e 97 Cost..

L'istituto della gestione degli affari altrui trova spazio nel diritto pubblico solo ove sussista un incontrovertibile impedimento all'esercizio delle competenze assegnate agli uffici pubblici e vi sia un esplicito riconoscimento dell'effettivo vantaggio conseguito.

L’applicazione della negotiorum gestio nei confronti della P.A. pur non essendo, quindi, in assoluto esclusa può trovare applicazione solo in ipotesi del tutto eccezionali “tali da configurare un cogente impedimento all’esercizio delle competenze assegnate agli uffici pubblici” e richiede “comunque un esplicito riconoscimento dell’effettivo vantaggio conseguito..” non potendosi considerare inerzia, né impedimento a provvedere (cosiddetto “absentia domini”) il particolare modo di deliberare e operare delle persone giuridiche pubbliche, pur se suscettibile di causare ritardi contrastanti con le aspettative del beneficiario”.

Il decisum è particolarmente significativo, identificando i presupposti necessari all'applicazione dell'istituto ai rapporti inerenti il diritto delle Pubbliche amministrazioni.

 

  1. Le conclusioni

Alla luce di quanto esposto, la gestione degli affari, seppur in ipotesi del tutto particolari e con i  citati presupposti, si presenta come un istituto di particolare interesse sia nella prassi civilistica che nei settori del diritto pubblico. Ciò in quanto la funzione, richiamata dalla norma, può essere talvolta indispensabile, anche nei rapporti in cui risulta coinvolto l'interesse pubblico, per rispondere alle multiformi esigenze della collettività.

 

[1]TORRENTE/SCHLESSINGER, Manuale di diritto privato, Giuffrè, Milano, 1994, pg.623

[2]PIETRO BONFANTE, Istituzioni di diritto romano, Giappichelli, Torino, 1956, pg.515.

[3]Ibidem, pg.516

[4]Cass. Civ., Sez. I, 23 febbraio 1950, n. 416.