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Anno XVI - n. 03 - Marzo 2024

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La concessione del servizio di sopravvitto negli istituti penitenziari nella giurisprudenza del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti.

Di Luigi Spetrillo
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La concessione del servizio di sopravvitto negli istituti penitenziari nella giurisprudenza del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti.

 

Di Luigi Spetrillo

 

 

Abstract

L’ordinamento penitenziario nazionale (l. n. 354/1975 ed il suo regolamento di esecuzione, il dpr n. 230/2000) tutela il diritto del detenuto ad una alimentazione sana e sufficiente, adeguata all’età, allo stato di salute, alla stagione, al clima e, ove sia possibile, nel rispetto del credo religioso.

I pasti sono erogati dall’amministrazione mediante il servizio di vitto, gestito direttamente dall’amministrazione oppure è affidato ad un soggetto appaltatore).

I detenuti inoltre hanno la possibilità di acquistare alimenti ed altri generi di conforto mediante il servizio di sopravvitto, anch’esso gestito direttamente dall’amministrazione o affidato ad un altro soggetto mediante gara di evidenza pubblica.

Per molti anni l’amministrazione ha affidato la gestione del servizio di sopravvitto agli operatori economici i quali, nella quasi totalità dei casi, erano anche gli stessi soggetti che gestiscono il servizio di vitto, anche alla luce di una consolidata prassi amministrativa.

Tuttavia, nel 2021 il Consiglio di Stato e la Corte dei Conti con delle decisioni a dir poco “rivoluzionarie” hanno evidenziato la sostanziale differenza tra il servizio di vitto e quello di sopravvitto, sancendo che quest’ultimo dovrà essere affidato ad un operatore economico mediante il contratto di concessione e non più mediante quello di appalto.

 

The national penitentiary system (Law No. 354/1975 and its implementing regulation, Presidential Decree No. 230/2000) protects the prisoner's right to a healthy and sufficient diet, suitable for age, state of health, season, climate and, where possible, with respect for religious beliefs.

Meals are provided by the administration through the food service, managed directly by the administration or entrusted to a contractor).

Inmates also have the opportunity to purchase food and other comfort items through the survival service, which is also managed directly by the administration or entrusted to another subject through a public tender.

For many years the administration has entrusted the management of the survival service to economic operators who, in almost all cases, were also the same subjects who manage the food service, also in the light of consolidated administrative practice.

However, in 2021 the Council of State and the Court of Auditors with nothing short of "revolutionary" decisions highlighted the substantial difference between the food service and the survival service, stipulating that the latter must be entrusted to an economic operator through the concession contract and no longer through the tender contract.

 

Sommario: 1. Premessa. – 2. Il servizio di vitto e di sopravvitto negli istituti penitenziari. - 3. L’affidamento in appalto dei servizi di vitto e di sopravvitto. – 4. La posizione del Consiglio di Stato. – 5. La posizione della Corte dei Conti. – 6. Conclusioni.

 

<<A spese del re è solo un modo di dire, perché in quella, come nelle altre prigioni dell’epoca, gli unici lussi – e per lussi si intendevano anche i pasti – erano quelli che ciascuno poteva pagare di tasca sua>>. (Arturo Pérez-Reverte – Il capitano Alatriste).

 

  1. La reclusione di un individuo in istituto penitenziario non priva lo stesso dei suoi diritti fondamentali, i quali però devono essere contemperati con le necessarie e puntuali limitazioni richieste dalla vita detentiva.

Tra i diritti fondamentali del detenuto figura anche quello all’alimentazione[i], che è assicurato dall’amministrazione penitenziaria mediante i servizi di vitto e di sopravvitto gestiti direttamente dall’amministrazione o in alternativa affidati a soggetti terzi mediante le procedure di evidenza pubblica.

Il servizio di vitto attiene alla somministrazione regolare di pasti ai detenuti mentre il sopravvitto consente ai ristretti di poter acquistare alimenti o altri generi di conforto presenti in appositi in elenchi approvati dall’amministrazione penitenziaria.

L’organizzazione e la gestione del vitto e del sopravvitto intercetta una serie di tematiche, tra cui quelle della comparazione e dell’equilibrio tra diritti fondamentali ed interessi pubblici nonché, come poi si vedrà, quello della contrattualistica pubblica, con particolare riferimento alle modalità di affidamento di questi servizi agli operatori economici.

 

  1. La norma di riferimento in materia di alimentazione penitenziaria è l’art. 9 l. n. 354/1975 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà personale), il quale stabilisce che ai detenuti è assicurata un’alimentazione sana e sufficiente, adeguata all’età, allo stato di salute, alla stagione, al clima e, ove sia possibile, nel rispetto del credo religioso.

La qualità e la quantità degli alimenti somministrati ai detenuti sono stabilite in apposite tabelle (definite dall’ordinamento penitenziario come tabelle vittuarie), approvate con decreto ministeriale, previo parere dell’Istituto Superiore della Nutrizione, secondo il disposto dell’art. 11 co 4 dpr n. 230/2000 (Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà personale).

Le tabelle vittuarie hanno lo scopo di individuare, per ciascuna categoria di detenuti, le quantità di generi alimentari settimanali rapportate alle necessità calorico – nutritive medie[ii].

L’art. 11 co 4 dpr n. 230/2000 prevede altresì l’obbligatorio aggiornamento, almeno ogni cinque anni, delle tabelle vittuarie,

Il servizio di vitto (altresì detto servizio di vettovagliamento) attiene alla somministrazione regolare di pasti ai soggetti ristretti in istituto penitenziario, secondo quanto previsto dall’art. 9 l..n. 354/1975 e dall’art. 14 dpr n. 230/2000.

Più specificamente il vitto attiene all’insieme dei pasti somministrati quotidianamente ai ristretti negli istituti penitenziari sulla base di un menù settimanale, cui oneri sono posti a carico dell’amministrazione, ai sensi dell’art. 9 dell’ordinamento penitenziario.

L’art. 9 co 5 l. n. 354/1975 prevede che il vitto sia gestito direttamente dall’amministrazione penitenziaria oppure sia affidato ad un operatore economico mediante gara di appalto, secondo le regole generali di contabilità dello Stato e del codice dei contratti pubblici. 

Nel caso di affidamento in appalto la scelta del contraente <<dev’essere specificatamente ed adeguatamente motivata dalle singole direzioni>> ai sensi dell’art. 13 co 6 dpr n. 230/2000. [iii]Le imprese incaricate del servizio di vitto sono denominate “imprese di mantenimento”.

La qualità e quantità del vitto somministrato devono corrispondere a quanto prescritto dalle tabelle vittuarie adottate dal Ministero della Giustizia; le stesse sono altresì oggetto di controllo sia da parte del personale dell’amministrazione penitenziarie e delle rappresentanze dei detenuti, secondo quanto previsto dagli artt. 9 co 6 e 31 l. n. 354/1975 e dell’art. 67 dpr n. 230/2000.

Oltre ai pasti somministrati, il detenuto può soddisfare le proprie esigenze alimentari facendo ricorso al sistema di sopravvitto, disciplinato dagli artt. 9 l. 354/1975 e dall’art. 14 dpr n. 230/2000.

Con il termine sopravvitto ci si riferisce all’insieme dei generi alimentari e di conforto acquistabili dai ristretti con fondi personali (c.d. peculio), previa autorizzazione della Direzione dell’Istituto penitenziario e nei limiti di genere e di spesa (settimanali e mensili) fissati dall’Amministrazione penitenziaria.

Il servizio di sopravvitto attiene quindi alla gestione dello spaccio interno per la vendita – previo approvvigionamento – di generi alimentari e di conforto dei quali è consentito l’acquisto con propri fondi (peculio), previa autorizzazione della direzione dell’istituto penitenziario, entro i limiti stabiliti dal regolamento, ai sensi dell’art. 9 ult. co l. 354/1975.

La vendita dei generi alimentari o di conforto è affidata di regola a spacci gestiti direttamente dall’amministrazione penitenziaria o da imprese selezionate mediante procedura di gara pubblica che esercitano la vendita a prezzi controllati dall'autorità comunale.

I beni acquistabili sono contenuti in appositi elenchi (nominato modello 72) affissi nelle sezioni degli istituti penitenziari o comunque distribuiti ai detenuti in diversa maniera,

Gli elenchi del modello 72 individuano i generi e gli oggetti di cui è consentito il possesso, l’acquisto e la ricezione e sono finalizzati alla cura della persona nonché all’espletamento di tutte le attività trattamentali, culturali, ricreative e sportive[iv].

L’elenco dei beni acquistabili dal sopravvitto può essere modificato dalla direzione, in base ad una sua scelta discrezionale, sulla base di una comparazione fra opposti interessi: quello del ristretto ad acquistare generi che possano rendere più dignitosa la detenzione e quello dell’amministrazione a mantenere l’ordine e la sicurezza all’interno dell’istituto.

Pertanto la direzione, qualora valuti un determinato oggetto come pericoloso per la sicurezza dell’istituto o per l’incolumità sia del personale penitenziario che degli stessi detenuti, potrà vietarne l’acquisto mediante il sopravvitto.

Si pensi per esempio a contenitori di cibi in metallo o in vetro che potrebbero essere utilizzati per condotte auto o eteroaggressive nei confronti degli operatori penitenziari o della restante popolazione detenuta.

La direzione, qualora sia necessario, potrà decidere una variazione del numero e della tipologia di generi inseriti nella lista e autorizzati come generi di Sopravvitto, fino, anche, all’ipotesi estrema di sospensione del Servizio.

Ad esempio di quanto indicato si richiama una recente circolare del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del 24 agosto 2022, n. 0316037, con cui le direzioni degli istituti sono state invitate ad adottare ogni razionale ed utile accorgimento affinché dagli elenchi del sopravvitto siano inseriti esclusivamente detersivi ed altri prodotti per le pulizie che non presentino sull’etichetta alcuno dei simboli di pericolo indicati dal Regolamento CE 1272/2008[v].

La circolare vuole infatti evitare che i detenuti possano rifornirsi di prodotti che presentino le seguenti caratteristiche di pericolo: esplosivo, infiammabile, comburente, contenente gas compresso, corrosivo, tossico, irritante, nocivo e pericoloso per l’ambiente.

Dal divieto di acquistare determinati beni al sopravvitto discende anche il divieto di possesso ed il traffico di tali oggetti con conseguente possibilità per il detenuto di essere sanzionato in via  disciplinare dall’amministrazione penitenziaria ai sensi degli artt. 38 e 39 l. n. 354/1975 e dell’art. 77 dpr n. 230/2000.

Tuttavia la modifica dell’elenco dei generi al sopravvitto può anche essere l’effetto di una sopravvenienza normativa.

A conferma di ciò si evidenzia che partire dal primo gennaio 2020, i prodotti accessori ai tabacchi da fumo, quali <<cartine, cartine arrotolate senza tabacco e i filtri funzionali ad arrotolare le sigarette>>, non possono essere più inseriti nella lista dei generi di sopravvitto (mod. 72), in quanto, ai sensi dell’art. 1, comma 660, della Legge 27 dicembre 2019, n 160 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e Bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022) tali prodotti sono venduti ai ristretti esclusivamente per il tramite della Direzione dell’Istituto, nella sua ulteriore qualità di “rivendita di cui alla Legge 22 dicembre 1957, n. 1293”.

Per l’acquisto dei beni il detenuto utilizza il denaro depositato presso il proprio fondo disponibile.

Le cifre utilizzabili dal detenuto sono sottoposte a dei limiti stabiliti con circolare del Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria, nella misura di massimo 150,00 € a settimana e di 500,00 € al mese[vi].

La medesima circolare prevede l’obbligo per la Direzione di controllare i prezzi dei beni indicati nel sopravvitto nonché la presenza di almeno tre o quattro tipi per ogni prodotto, in modo da assicurare al detenuto una varietà della scelta[vii].

I generi del Sopravvitto devono essere consegnati, in tempi congrui, in locali adiacenti al magazzino o, comunque, il più possibile vicini allo stesso e, qualora necessario, vengono porzionati, per la successiva distribuzione, anche attraverso detenuti lavoranti all’interno dell’istituto, ai sensi dell’art. 20 l. 354/1975[viii].

Per la richiesta dei generi non elencati dal modello 72, il detenuto dovrà rivolgere apposita domanda al direttore dell’istituto – utilizzando il modulo di richiesta di cui al modello 393 -  il quale dovrà autorizzarlo solo in presenza di giustificati motivi (si pensi al detenuto che deve acquistare un determinato tipo di cibo per ragioni sanitaria).

Nel caso di autorizzazione, l’impresa che gestisce il sopravvitto dovrà garantire in tempi brevi l’acquisto del bene.

 

  1. La legge sull’ordinamento penitenziario ed il suo regolamento di esecuzione stabiliscono quindi che l’amministrazione ha l’obbligo di somministrare il vitto ai detenuto e la discrezionalità di attivare il servizio di sopravvitto.

In particolare, come anche si legge in diversi capitolati delle gare di appalto indette dall’amministrazione penitenziaria, il sopravvitto costituisce un servizio la cui attivazione è opzionale e non obbligatoria per l’amministrazione che può, per quanto previsto dalla normativa, riservarne la gestione in via diretta alle singole direzioni degli istituti.

Da ciò ne consegue che l’amministrazione, qualora non dovesse avvalersi della gestione diretta, oltre al servizio (obbligatorio) per il vitto, attiverà, altresì, il servizio (opzionale) per il sopravvitto anche, eventualmente, solo per alcune delle sedi del singolo lotto. In ogni caso, il fornitore è tenuto ad assicurare tale servizio quando ne è richiesta l’attivazione.

In entrambi i casi l’amministrazione può decidere di internalizzare i servizi di vitto o di sopravvitto oppure di esternalizzarli con affidamento ad imprese private, utilizzando lo schema del contratto pubblico.

Pertanto, la tematica del vitto e del sopravvitto non afferisce il solo diritto all’alimentazione del detenuto ma intercetta anche tematiche inerenti l’evidenza pubblica e le regole di contabilità dello Stato.

Negli anni è invalsa una prassi secondo cui l’amministrazione penitenziaria, nei casi in cui abbia optato per l’esternalizzazione di entrambi i servizi, ha affidato il servizio di sopravvitto alla medesima impresa che si occupava della somministrazione del vitto.

Tuttavia questa pratica è stata censurata dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti, a mente del quale l’affidamento del servizio di sopravvitto, in considerazione della sua differenza con il servizio di vitto, dovrà essere affidata mediante il contratto di concessione ex art. 164 e ss d.lg n. 50/2016 e non con il contratto di appalto.

 

  1. La prassi amministrativa di procedere ad un affidamento congiunto dei servizi di vitto e di sopravvitto alla medesima impresa, mediante lo schema dell’appalto o del contratto quadro, ha ricevuta una censura dal Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5785 del 6 agosto 2021.

La sentenza prende le mosse da un ricorso proposto dall’amministrazione avverso una decisione del Tar Sardegna, che aveva annullato gli atti di una gara di appalto bandita dal Provveditorato Regionale della Sardegna per l’affidamento del servizio per il vitto dei detenuti ed internati ristretti negli Istituti penitenziari per adulti della Regione, da svolgersi mediante l’approvvigionamento e fornitura di derrate alimentari necessarie al confezionamento di pasti giornalieri completi (colazione, pranzo e cena), con assicurazione, se non gestito direttamente dalla Direzione dell’Istituto, del servizio di vendita di generi extra-vitto (c.d. sopravvitto), da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (suddiviso in tre lotti).

In primo grado l’impresa ricorrente aveva evidenziato come lex specialis di gara non consentisse la formulazione di un’offerta ponderata e competitiva in ragione di una pluralità di profili di illegittimità che avrebbero impresso carattere escludente alle previsioni del bando impugnate.

Il bando di gara (in particolare il capitolato di appalto) avrebbe lasciato indeterminata l’eventualità che si potesse o meno fornire il sopravvitto in conseguenza dell’aggiudicazione dell’affidamento del servizio di vitto, privando in tal modo l’operatore economico degli elementi essenziali per tarare l’offerta da praticare sul vitto.

Nello specifico, la ricorrente deduceva che la disciplina di gara sarebbe stata carente di un piano economico-finanziario che tenesse unitariamente conto di vitto e sopravvitto, non essendo stato considerato quest’ultimo nella strutturazione della base d’asta, né ai fini della presentazione dell’offerta tecnica ed economica, nonostante l’obbligo per l’aggiudicatario di assicurare il sopravvitto, a fronte della successiva discrezionale facoltà di scelta delle singole Direzioni carcerarie di attivarlo ovvero sospenderlo.

Il Tar ha accolto le argomentazioni del ricorrente, ritenendo altresì che l’amministrazione Penitenziaria avrebbe dovuto utilizzare lo schema della concessione di servizi per l’affidamento del sopravvitto, viste le differenze con il vitto.

Avverso tale decisione proponeva ricorso l’amministrazione, il quale però è stato rigettato dal Consiglio di Stato su una serie di molteplici rilievi.

In primo luogo i giudici amministrativi rilevavano che l’oggetto della gara, benché formalmente composito (affidamento dei servizi di vitto e di sopravvitto), aveva un carattere sostanzialmente unitario, vista anche l’implicita volontà dell’amministrazione di affidare i due servizi ad un solo operatore economico mediante un’unica procedura di evidenza pubblica.

Ed invero, l’eventuale aggiudicatario del servizio di vitto, sarebbe risultato affidatario anche del sopravvitto, qualora l’amministrazione avesse deciso di attivarlo.

Quanto alla rilevanza (sia operativa che economica) della componente del servizio di sopravvitto, nell’ambito del contratto di appalto, il Consiglio di Stato evidenziava non solo l’importanza stessa del sopravvitto (viste le esigenze da soddisfare nonché la complessità della sua organizzazione) ma anche il suo valore economico.

Il Consiglio di Stato inoltre non ha condiviso le argomentazioni della difesa pubblica che riteneva di poter inquadrare l’affidamento del sopravvitto nell’ambito di un accordo quadro da stipulare con gli operatori economici[ix].

Nel caso di specie non vi sono infatti elementi per ritenere che il sopravvitto potesse inquadrarsi nell’ambito di un mero contratto esecutivo di un precedente quadro, stante la genericità delle indicazioni e dell’oggetto del servizio messo a gara.

Il punto dirimente è stato però individuato nelle differenze operative e remunerative del servizio di vitto e sopravvitto.

Il vitto attiene ad una somministrazione quotidiana di pasti e la remunerazione è corrisposta dall’amministrazione appaltante mediante il pagamento di un prezzo basato su una diaria giornaliera.

Viceversa il sopravvitto consiste nella vendita alla popolazione detenuta di alimenti o di altri generi conforti, acquistati dai ristretti mediante proprie risorse economiche.

Pertanto l’impresa è direttamente remunerata dall’utenza, non rilevando che il denaro provenga dall’amministrazione penitenziaria, poiché la stessa assume il ruolo di mero depositario del denaro dei detenuti, non assumendone la titolarità.

Da ciò ne consegue che l’affidamento del di sopravvitto comporta anche il trasferimento del rischio

economico-operativo correlato alla gestione del servizio dall’amministrazione all’operatore economico, il quale potrà avvantaggiarsi dei possibili ricavi o subire le eventuali perdite.

Questa traslazione del rischio operativo costituisce l’aspetto essenziale del contratto di concessione di servizio e cioè la possibilità che, in condizioni operative normali, le variazioni relative ai costi e ai ricavi oggetto della concessione incidano sull'equilibrio del piano economico finanziario, così come definito dall’art. 3 lett. vv d.lg n. 50/2016.

Detto rischio, peraltro, non può subire artificiose modifiche ad opera della stazione appaltante, dovendosi considerare solo il “rischio legato alla gestione dei lavori o dei servizi sul lato della domanda o sul lato dell'offerta o di entrambi, trasferito all'operatore economico.

Inoltre la parte del rischio trasferita all'operatore economico deve comportare una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dall'operatore economico non sia puramente nominale o trascurabile.

A sostegno di tali motivazioni, il giudicante ha richiamato altresì il consolidato indirizzo del Consiglio di Stato, a mente del quale il rapporto di concessione di pubblico servizio si distingue dall'appalto di servizi proprio per l'assunzione da parte del concessionario del rischio di domanda.

L'appalto, infatti, ha struttura bifasica tra appaltante ed appaltatore ed il compenso di quest'ultimo grava interamente sull'appaltante, nella concessione, connotata da una dimensione triadica, il concessionario ha rapporti negoziali diretti con l'utenza finale, dalla cui richiesta di servizi trae la propria remunerazione

Sulla base di tali argomentazioni il Consiglio di Stato ha ravvisato due profili di illegittimità.

In primo luogo l’aver subordinato l’effettivo svolgimento del servizio di sopravvitto ad una scelta discrezionale della stazione appaltante del tutto imponderabile al momento della presentazione delle offerte, determinava un’alea contrattuale strutturalmente diversa ed eccedente rispetto a quella ordinaria considerata dal richiamato art. 3, comma 1, lettera zz) del d.lgs. n. 50 del 2016.

L’operatore economico eventualmente affidatario del servizio di sopravvitto non sarebbe stato esposto alle normali e mutevoli condizioni di mercato, a cui far fronte con le proprie risorse professionali, organizzative e finanziarie, bensì alla decisione discrezionale dell’amministrazione di attivare o meno il sopravvitto.

Inoltre la pretesa dell’amministrazione – mediante il bando di gara – di imporre all’operatore economico la presentazione di un’offerta che in via di fatto tenga conto della mera eventualità di dover in un secondo momento altresì fornire il diverso servizio di sopravvitto, il cui valore peraltro non è neppure considerato nella base d’asta alla quale il prezzo offerto deve essere parametrato, determina la stessa incertezza dell’oggetto dell’affidamento.

In altre parole, la condotta dell’amministrazione rendeva l’oggetto del bando di gara relativamente al sopravvitto come sostanzialmente indeterminato, con conseguente impossibilità per le imprese di approntare un’offerta congrua e tecnicamente calibrata alle caratteristiche del servizio.

Infine, conclude il Consiglio di Stato: <<Non può meritare favorevole apprezzamento, sul punto, la difesa dell’amministrazione appaltante, secondo cui una simile impostazione della lex specialis corrisponderebbe ad una legittima ed innovativa (rispetto al precedente bando di gara, annullato in sede giurisdizionale) scelta di separare il vitto dal sopravvitto, in ragione della peculiare natura di quest’ultimo, che “si presenta generico, indeterminato e indeterminabile, dunque, non può sostenersi la congruità della base d’asta in un gioco di compensazioni tra utilità derivanti dal Sopravvitto e costi derivanti dal Vitto>>.

Pertanto, alla luce di quanto esposto, il Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso dell’Amministrazione, confermando la sentenza di annullamento del Tar Sardegna.

  1. Sulla scia della pronuncia del Consiglio di Stato si pone la delibera della Sezione Regionale di Controllo della Corte dei Conti del Lazio, n. 101 del 7 settembre 2021, con cui il giudice contabile ha ricusato il visto e la registrazione del decreto del Provveditorato regionale del Lazio, Abruzzo e Molise di approvazione di un contratto di appalto per il servizio di vitto ed assicurazione del servizio di sopravvitto per alcuni istituti penitenziari[x].

La decisione della Corte prende le mosse da alcuni rilievi contabili formulati dall’Ufficio di controllo in ordine a diversi aspetti, con particolare riferimento all’oggetto del servizio.

La Corte dei Conti ha evidenziato che l’accordo quadro stipulato dal Provveditorato e le imprese realizzava un collegamento negoziale tra il contratto specifico di vitto (avente la tipica struttura dell’appalto) e l’atto aggiuntivo di sopravvitto, che assume le forme della concessione di servizi in ragione dell’assunzione del rischio operativo legato alla gestione dell’attività.

Per quanto riguarda il servizio di vitto, il prezzo era corrisposto dall’amministrazione, mentre con riferimento al servizio di sopravvitto l’attività dell’appaltatore sarebbe stata interamente remunerata dal prezzo corrisposto dai detenuti per gli acquisti effettuati con i fondi del proprio peculio.

Tuttavia il bando di gara prevedeva che i partecipanti alla gara dovessero formulare le loro offerte solo in relazione al vitto

Rimaneva invece in capo ai singoli istituti penitenziari la discrezionalità di attivare ex post il servizio di sopravvitto, formulando una richiesta alle imprese che fornivano il vitto, con un servizio di almeno venti giorni.

Questa previsione del bando di gara è stata fortemente criticata dalla Corte dei Conti, dal momento che questo potere discrezionale delle direzioni di attivare l’opzione del servizio di sopravvitto rendeva l’oggetto dell’appalto sostanzialmente indeterminato.

In particolare si è evidenziato che la clausola del bando, così come formulata, rendeva  pregiudizievole sul piano della conoscenza dei possibili ricavi della gestione, elemento indispensabile al fine di formulare un’offerta ponderata nonché dell’esigenza di pianificare i costi necessari all’eventuale approntamento del servizio, stante l’incertezza sul volume potenziale dei ricavi conseguibili da tale ulteriore attività.

Ad essere violato risultava l’art. 95 co 1 d.lgs. n. 50/2016, secondo cui i criteri sull’aggiudicazione “non conferiscono alla stazione appaltante un potere di scelta illimitata dell’offerta” e “garantiscono la possibilità di una concorrenza effettiva”.

Da ciò ne conseguiva l’impossibilità, per le imprese, di prevedere anticipatamente gli effetti economici del contratto all’atto della presentazione della domanda di partecipazione, in violazione delle regole che, anche sotto il profilo della tutela degli operatori del mercato, impongono con rigore la determinazione del valore del contratto.

In tal senso infatti depone l’art 35 co 4 d.lgs. n. 50/2016: <<il calcolo del valore stimato di un appalto pubblico di lavori, servizi e forniture è basato sull’importo totale pagabile, al netto dell’Iva, valutato dall’amministrazione>> e <<tiene conto dell’importo massimo stimato, compresa qualsiasi forma di eventuali opzioni o rinnovi del contratto esplicitamente stabiliti nei documenti di gara. Quando l’amministrazione aggiudicatrice prevede premi o pagamenti per i candidati o gli offerenti, ne tiene conto nel calcolo del valore stimato dell’appalto>>.

Tale rigore nell’individuazione dell’offerta è imposto anche in caso di accordo quadro di cui al comma 16 dello stesso art. 35: <<per gli accordi quadro e per i sistemi dinamici di acquisizione, il valore da prendere in considerazione è il valore massimo stimato al netto dell’Iva del complesso dei contratti previsti durante l’intera durata degli accordi quadro o del sistema dinamico di acquisizione>>.

Nel caso concreto l’indeterminatezza dell’oggetto contrattuale è apparsa esorbitante rispetto ai limiti di flessibilità riconosciuti dalla normativa con riguardo, ad esempio, alle opzioni di proroga tecnica del contratto in scadenza art. 106, comma 11 d.lg n. 50/2016 o all’art. 63 co 5 d.lg n. 50/2016, dello stesso, che regolamenta l’affidamento di nuovi lavori o servizi consistenti, pur sempre, nella “ripetizione di lavori o servizi analoghi”, già affidati all’aggiudicatario dell’appalto iniziale.

Tali modalità di affidamento sono state fortemente criticate dalla Corte dei Conti, la quale, al di là di quanto già evidenziato dal Consiglio di Stato in ordine alla distinzione fra appalto e concessione, si è soffermata su altri due rilievi problematici.  

In primo luogo, ferma restando la discrezionalità della PA nel decidere se attivare anche il servizio di sopravvitto e decidere come erogare il servizio (se in autonomia o esternalizzarlo) è obbligo dell’Amministrazione prevedere nei bandi una predeterminazione a monte dell’importo monetario del servizio e più in generale delle sue caratteristiche.

Nel caso di specie il bando di gara prevedeva che gli operatori economici erano tenuti a formulare le proprie offerte solo in relazione al servizio principale e obbligatorio di vitto, rimettendo ex post, in sede di esecuzione contrattuale, alla discrezionale valutazione di ciascun istituto di pena, la richiesta di fornitura del sopravvitto, opzionale e attivabile ad nutum e con un ridotto termine di preavviso.

<<Tale scelta>> scrive la Corte dei Conti << ha determinato un profilo di aleatorietà e indeterminatezza, all’atto della stipula del contratto, in ordine all’esternalizzazione del servizio di sopravvitto e alla durata dello stesso, condizionando, ex ante, la presentazione delle offerte, stante l’incertezza, per i concorrenti, sui possibili ricavi della gestione, elemento indispensabile per formulare offerte ponderate, e sui costi per l’eventuale approntamento, a domanda, di un servizio aggiuntivo, stante l’indeterminatezza sul volume potenziale dei ricavi conseguibili da tale ulteriore attività>>.

Pertanto risultavano violati l’art. 1346 cc per indeterminatezza dell’oggetto del contratto, con sua conseguente nullità, nonché l’art. 95 d.lg 50/2016 dal momento che era stata impedito agli operatori economici di poter quantificare la loro offerta in ordine al servizio di sopravvitto.

Sotto altro ma complementare profilo la Corte dei Conti ha censurato le modalità di affidamento di entrambi i servizi mediante un’unica procedura di appalto per l’affidamento di due diversi servizi che presentano delle così evidenti differenze. 

I servizi di vitto e sopravvitto, sia da un punto di vista tecnico che giuridico, presentano delle caratteristiche profondamente diverse, rendendo pertanto opportuno procedere con gare ad evidenza pubblica che garantiscano la partecipazione di un maggior numero di operatori economici, con evidente beneficio della qualità e della economicità del servizio.

L’invocata necessità della diversificazione delle procedure ha una finalità specifica e cioè quella di evitare una pericolosa concentrazione di due servizi così importanti e così remunerativi in un unico soggetto imprenditoriale.

Da qui nasce l’esigenza per l’amministrazione di procedere secondo un duplice schema alternativo: indire due diverse produzione, una per l’appalto del servizio di vitto e l’altra per la concessione del sopravvitto, oppure indire un’unica procedura finalizzate all’esternalizzazione di entrambe le commesse, sempre tenendo ferma la distinzione tra appalto e concessione.

 

  1. Le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti impongono all’Amministrazione di penitenziaria di rivedere l’organizzazione dei servizi di vitto e di sopravvitto, con particolare riferimento alla materia dell’affidamento.

È certamente indiscusso l’obbligatorietà per la PA di ricorrere all’istituto giuridico della concessione di servizi per l’affidamento del servizio di sopravvitto, secondo le regole dettate dalla contrattualistica pubblica, anche alla luce delle recentissime riforme.

In ogni caso,  l’amministrazione penitenziaria si è adeguata sin da subito al dictum delle suddette sentenze, così come evincibile dal bando per concessione di servizio del Servizio Sopravvitto detenuti, del  Provveditorato CAMPANIA per il periodo dal  1° settembre 2022 al 31 agosto 2027, pubblicato in G.U.U.E. il 21 maggio 2022.

 

 

 

[i] <<Lo Stato è portatore di un vero e proprio “obbligo alimentare” nei confronti dei detenuti e degli internati: il diritto che essi vantano ad un’alimentazione sana, sufficiente, rispondente alle loro esigenze personali è un diritto primario, in quanto direttamente riconducibile al diritto alla salute>>. C. RENOLDI, “Ordinamento penitenziario commentato” a cura di F. DELLA CASA E G. GIOSTRA, p. 114,  CEDAM, ed 2020.

[ii] F. FIORENTIN, C. FLORIO “Manuale di diritto penitenziario”, p. 216  Giuffrè, ed 2021.

[iii] Art. 14 co 3 dpr n. 230/2000: <<Non è ammessa la ricezione dall’esterno di bevande alcoliche. È consentito l’acquisto presso lo spaccio interno e il consumo giornaliero di vino in misura non superiore a mezzo litro e di gradazione non superiore a dodici gradi o di birra in misura non superiore ad un litro. La distribuzione e il consumo di tali bevande avviene nei locali in cui si consumano i pasti. In ogni caso è vietato l’accumulo di bevande alcoliche.>>

[iv] Ibidem.

[v] Circolare del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del 24 agosto 2022, n. 0316037.

[vi] Circolare Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria n. 3650/6100 Prot. n. 0277389-2013.

[vii] Per un’illustrazione dettagliata delle disposizioni in materia di sopravvitto impartite dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria con le proprie circolari, si richiama un passaggio del “Manuale dell’operatore penitenziario” di Gerardo Canoro: <<L’amministrazione centrale ha diramato, al riguardo, precise disposizioni che di seguito si riassumono.

  • I generi in vendita al sopravvitto vengono indicati in una apposita tabella, la quale, firmata dall’impresa e dal Direttore, va inviata al Comune per la congruità. Successivamente va inviata al competente Provveditorato regionale.
  • Il prezzo di vendita è stabilito in contraddittorio tra il Direttore dell’istituto e l’appaltatore e, in ogni caso, i prezzi di vendita non possono eccedere quelli comunemente praticati dagli esercizi locali della grande distribuzione insistenti nelle vicinanze dell’istituto e viene periodicamente, almeno una volta al mese, aggiornato secondo le normative vigenti.
  • Al fine di consentire l’accesso anche a prodotti non di marca e di basso costo, il rilevamento dei prezzi, per tali specifici prodotti, verrà effettuato presso esercizi hard discount più vicini al singolo istituto e che ne permettano la verifica in termini puntuali.
  • Nel caso di disaccordo tra la Direzione dell’istituto e l'appaltatore nella fissazione dei prezzi, decide definitivamente il Provveditore Regionale
  • L’appaltatore dovrà assicurare per alcuni giorni al mese una gamma di prodotti, scelti in accordo con l’autorità dirigente, non inferiore all’1% del numero dei prodotti inseriti nel modello 72, sui quali dovrà essere praticato uno sconto non inferiore al 30% circa.
  • Nel caso in cui l'impresa voglia porre in vendita una marca di un genere non in vendita negli esercizi commerciali del luogo, il prezzo di esso non dovrà essere maggiore di quello di una marca similare in vendita all'esterno nei supermercati.
  • Per quanto concerne i prezzi imposti, le offerte speciali, i prezzi civetta, i prezzi delle confezioni multiple, nonché i prezzi dei listini, va precisato che essi non vanno applicati.
  • La Direzione deve sorvegliare affinché il servizio venga svolto regolarmente. A tal fine viene nominata una rappresentanza dei detenuti, integrata di un delegato del Direttore, scelto tra il personale civile. La rappresentanza predetta, la quale è prevista dall'art. 9 dell'ordinamento penitenziario e dall’art.12 del relativo regolamento, controlla se i generi in vendita presso la dispensa corrispondano, sia per qualità che per prezzo, con quelli indicati nella tabella. Ai detenuti facenti parte della rappresentanza sono concessi permessi di assenza dal lavoro o dalla scuola.
  • Durante il mese l'impresa può chiedere la corresponsione di un acconto in misura non superiore ai 4/5 dell'importo delle vendite effettuate nel mese, ai sensi dell'art.589 del regolamento di contabilità carceraria.
  • Alla dispensa del sopravvitto viene addetto un agente, il quale ai sensi degli art.137 e 138 del regolamento del Corpo AA.CC., è responsabile del servizio che viene svolto nel locale>>.

 

[viii] Il soggetto che si occupa della distribuzione dei beni acquistati al sopravvitto è denominato “Addetto alla spesa detenuti”, così come stabilito dalla circolare del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del 31 marzo 2017 n. 112426.

[ix] Sulla base di una lettura congiunta degli artt. 3 e 54 d.lgs n. 50/2016 l’accordo quadro è un modulo amministrativo che consiste in una convenzione conclusa tra una o più stazioni appaltanti e uno o più operatori economici, il cui scopo è quello di stabilire le clausole relative agli appalti da aggiudicare durante un dato periodo ed in particolare del prezzo e delle quantità di beni oggetto del contratto.

una procedura di selezione del contraente (che non postula alcuna deroga ai principi di trasparenza e completezza dell’offerta) allo scopo di semplificare, sotto il profilo amministrativo, il processo d’aggiudicazione dei contratti fra una o più stazioni appaltanti ed uno o più operatori economici, individuando futuri contraenti, prefissando condizioni e clausole relative agli appalti in un dato arco temporale massimo, con l’indicazione dei prezzi e, se del caso, delle quantità previste. Così facendo l’amministrazione accorpa la maggior parte degli adempimenti amministrativi ed ottiene un risparmio di attività procedimentale, nonché di oneri connessi alle procedure di affidamento; in particolare, questa fattispecie contrattuale è particolarmente utile per le pubbliche amministrazioni quando non sono in grado di predeterminare, in maniera precisa e circostanziata, i quantitativi dei beni da acquistare oppure nelle ipotesi in cui questi siano caratterizzati da rapida obsolescenza tecnica e/o da forti oscillazioni dei valori di mercato., così che tra accordo quadro e contratto esecutivo deve esservi necessariamente identità di oggetto (prestazioni e remunerazione delle stesse già prefissate), di cui non vi è traccia nella fattispecie in esame.

[ix] Si tratta in particolare del decreto di approvazione del contratto specifico n. 115

[x] Si tratta in particolare del decreto di approvazione del contratto specifico n. 115 del 16 giugno 2021, a seguito dell’accordo quadro n. 114 del 16 giugno 2021, ai sensi dell’art. 54, comma 3, del d.lgs. n. 50/2016, - per la durata di due anni, con opzione di prosecuzione per un ulteriore anno, dal 1° luglio 2021 - per l’affidamento del Servizio per il vitto dei detenuti e internati attraverso l’approvvigionamento e la consegna delle derrate alimentari necessarie al confezionamento dei pasti giornalieri (colazione, pranzo e cena), ai sensi dell’art. 9 della l. 26 luglio 1975, n. 354, nel rispetto dei criteri ambientali minimi (Cam) di cui al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 10 marzo 2020, con assicurazione del servizio per il sopravvitto, di cui all’art. 9, comma 7, della legge citata. Si tratta del lotto di gara n. 3 45-Lazio 3 per la Casa di reclusione di Civitavecchia e le Case circondariali di Viterbo e di Civitavecchia per una spesa presunta di 2.231.994 euro, con assunzione di impegni per il 2021 (934.074 euro), 2022 (781.198 euro) e 2023 (516.722 euro).