Giurisprudenza Amministrativa
Imposta la sostituzione di cui all’art. 89, comma 3, D. Lgs. n. 50/2016 della consorziata non esecutrice del contratto di appalto di lavori, aggiudicato al consorzio stabile, la quale ha perso l’attestazione di qualificazione SOA.
Di Daniela D'Amico
NOTA A CONSIGLIO DI STATO - ADUNANZA PLENARIA,
SENTENZA 18 marzo 2021, n. 5
Imposta la sostituzione di cui all’art. 89, comma 3, D. Lgs. n. 50/2016 della consorziata non esecutrice del contratto di appalto di lavori, aggiudicato al consorzio stabile, la quale ha perso l’attestazione di qualificazione SOA.
Di DANIELA D'AMICO
SOMMARIO: 1. Iter processuale della vicenda in primo e secondo grado; 2. Pronuncia dell’Adunanza Plenaria, 3. Conclusioni e prospettive de iure condendo.
- Iter processuale della vicenda in primo e secondo grado.
La vicenda processuale, approdata sino all’Adunanza Plenaria in commento, prende le mosse dall’aggiudicazione a un consorzio stabile di un contratto di appalto di lavori per la realizzazione di un collettamento del sistema fognario delle acque nere al servizio di alcune zone del Comune di Mazara Del Vallo (TP), poi annullata in autotutela dall’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa - Invitalia s.p.a. (quale centrale di committenza per il commissario straordinario unico acque reflue), in quanto dagli accertamenti finalizzati alla verifica dei requisiti è risultato che v’è stata una parentesi temporale in cui il consorzio ha perso l’attestazione di qualificazione SOA richiesta dalla specifica gara d’appalto.
È opportuno ripercorrere brevemente l’iter processuale della detta vicenda al fine di meglio comprendere il principio di diritto enunciato dal Supremo Consesso adito.
Ebbene, il TAR Sicilia con sentenza n. 640/2020 ha affermato di condividere l’orientamento giurisprudenziale, formatosi sulla disciplina in materia di avvalimento, secondo il quale la sostituzione dell’impresa ausiliaria durante la gara, ora consentita o, meglio, imposta dall’art. 89, comma 3, d.lgs. n. 50/2016, è istituto derogatorio rispetto al principio generale dell’immodificabilità soggettiva del concorrente nel corso della procedura e risponde all’esigenza di evitare l’esclusione dell’operatore per ragioni a lui non direttamente riconducibili e così, seppur di riflesso, di stimolare il ricorso all’avvalimento; il concorrente, infatti, può contare sul fatto che, nel caso in cui l’ausiliaria non presenti i requisiti richiesti, potrà procedere alla sua sostituzione e non sarà, per ciò solo, escluso (Cons. St., V, 21 febbraio 2018, n. 1101 e giurisprudenza ivi richiamata).
Il giudice di prime cure ha ritenuto, dunque, che il detto strumento della sostituzione trovi il suo fondamento logico e la sua spiegazione nell’esigenza di non far gravare sul soggetto incolpevole la responsabilità di condotte addebitabili a terzi.
Totalmente diversa sarebbe la situazione nel caso dei consorzi stabili, che non hanno alla loro base un’intesa temporanea finalizzata all’aggiudicazione della singola commessa (come si verifica nel caso dell’avvalimento), ma un’aggregazione stabile tra più soggetti che danno vita a un’impresa autonoma, a un soggetto giuridico autonomo.
In tali fattispecie, il TAR adito ha sostenuto che l’impresa consorziata non può essere considerata terza rispetto al consorzio stabile, il quale, pertanto, risponde della sua condotta, senza che possa porsi un problema di affidamento incolpevole.
Il medesimo consorzio stabile non può, quindi, a seguito della perdita della qualificazione SOA, per fatto della consorziata, invocare l’applicazione del principio della sostituibilità dell’ausiliaria, operante nel differente caso dell’avvalimento.
Il ricorrente consorzio stabile, risultato soccombente in primo grado, propone appello dinanzi al CGARS, sostenendo da un lato il superamento nell’attuale contesto normativo del principio di continuità del possesso dei requisiti e dall’altro che il rapporto consorzio-consorziata non esecutrice dei lavori sia analogo all’avvalimento.
In particolare, l’appellante rileva che la consorziata non designata per l’esecuzione del contratto aggiudicato è da considerare terza ed estranea rispetto al consorzio stabile, al pari dell’impresa ausiliaria nei confronti dell’impresa ausiliata in caso di avvalimento; pertanto, ritiene che la stazione appaltante avrebbe dovuto applicare l’art. 89, comma 3, d.lgs. n. 50/2016, il quale stabilisce che “La stazione appaltante verifica, conformemente agli articoli 85, 86 e 88, se i soggetti della cui capacità l’operatore economico intende avvalersi, soddisfano i pertinenti criteri di selezione o se sussistono motivi di esclusione ai sensi dell’articolo 80. Essa impone all’operatore economico di sostituire i soggetti che non soddisfano un pertinente criterio di selezione o per i quali sussistono motivi obbligatori di esclusione. Nel bando di gara possono essere altresì indicati i casi in cui l’operatore economico deve sostituire un soggetto per il quale sussistono motivi non obbligatori di esclusione, purché si tratti di requisiti tecnici”.
Ovvero, sempre secondo la tesi dell’appellante, dovrebbe trovare applicazione diretta l’art. 63 della direttiva 2014/24/UE, rubricato “affidamento sulle capacità di altri soggetti”, il quale prevede da un lato che “un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi” e dall’altro impone che “l’operatore economico sostituisca un soggetto che non soddisfa un pertinente criterio di selezione o per il quale sussistono motivi obbligatori di esclusione”.
Il concetto di estraneità sul quale fa leva l’appellante condurrebbe ad affermare che il modulo consortile comporta una qualificabilità intesa come risultante delle qualificazioni conseguite da ciascuna delle imprese consorziate, delle quali, quelle non designate per l’esecuzione dei lavori andrebbero considerate ausiliarie: da qui l’applicabilità dell’art. 89, comma 3, d.lgs. n. 50/2016 o comunque della direttiva, che in maniera abbastanza generica si riferisce a soggetti terzi quale che sia la natura giuridica del rapporto che li lega al concorrente.
Dal suo canto, il CGARS, giudice dell’appello, affermava che, al riguardo, dovrebbe ritenersi che la consorziata non designata per l’esecuzione dei lavori vada considerata soggetto terzo rispetto al consorzio.
Tuttavia, anche a ritenere diversamente, tale andrebbe considerata la società ausiliaria della società consorziata, la quale è certamente terza rispetto al consorzio stabile, e, poiché la perdita del requisito è avvenuta perché un soggetto terzo (impresa ausiliaria della consorziata) ha volutamente operato il recesso dal rapporto di avvalimento intercorrente tra le due, si ricadrebbe nell’ambito di applicazione della citata direttiva UE, la quale, si ribadisce all’art 63, dopo aver stabilito (relativamente ai criteri relativi alla capacità economica e finanziaria ed ai criteri relativi alle capacità tecniche e professionali) che “un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi”, precisa che “l’amministrazione aggiudicatrice verifica, …….., se i soggetti sulla cui capacità l’operatore economico intende fare affidamento soddisfano i pertinenti criteri di selezione o se sussistono motivi di esclusione ………. L’amministrazione aggiudicatrice impone che l’operatore economico sostituisca un soggetto che non soddisfa un pertinente criterio di selezione o per il quale sussistono motivi obbligatori di esclusione. L’amministrazione aggiudicatrice può imporre o essere obbligata dallo Stato membro a imporre che l’operatore economico sostituisca un soggetto per il quale sussistono motivi non obbligatori di esclusione”.
Pertanto, il CGARS riteneva che dovrebbe tenersi conto della peculiarità della fattispecie, nella quale, non solo si discute di una delle consorziate non esecutrici, per la quale può già argomentarsi di terzietà rispetto al consorzio, ma anche a ritenere diversamente, comunque andrebbe valorizzata la circostanza che la consorziata ha perduto il requisito di qualificazione SOA (facendolo perdere al consorzio) per fatto/colpa di un’impresa terza dalla quale la consorziata attingeva il requisito di qualificazione in virtù del contratto atipico di avvalimento, sicché non potrebbe dubitarsi dell’estraneità (rispetto alla consorziata e a maggior ragione al consorzio) del soggetto che, per propria scelta, ha causato la perdita del requisito.
Il giudice dell’appello aggiungeva, altresì, che nell’ipotesi in cui si ritenga fondata in parte qua la critica dell’appellante alla sentenza di primo grado impugnata, ne discenderebbe la necessità di rivedere il noto orientamento circa l’obbligo del possesso continuativo dei requisiti, la cui applicazione potrebbe condurre - in un caso quale quello in esame, in cui il consorzio stabile ha perduto la qualificazione posseduta tramite una propria consorziata (non designata per l’esecuzione dei lavori), la quale, a sua volta, la derivava da un rapporto di avvalimento, venuto meno per fatto dell’impresa avvalsa - alla violazione dei principi posti dal citato art. 63 direttiva 2014/24/UE, il quale, come visto, impone la sostituzione del soggetto sulle cui capacità ha fatto affidamento l’operatore economico partecipante alla gara.
In definitiva, il Collegio con l’ordinanza n. 1211 del 29.12.2020 sottoponeva all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato le seguenti questioni:
“1. se, nell’ipotesi di partecipazione ad una gara d’appalto di un consorzio stabile, che ripeta la propria qualificazione, necessaria ai sensi del bando, da una consorziata non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori, quest’ultima vada considerata come soggetto terzo rispetto al consorzio, equiparabile all’impresa ausiliaria nell’avvalimento, sicché la perdita da parte della stessa del requisito durante la gara imponga alla stazione appaltante di ordinarne la sostituzione, in applicazione dell’art. 89, comma 3, d.lgs. n. 50/2016 e/o dell’art. 63 direttiva 2014/24/UE, derogandosi, pertanto, al principio dell’obbligo del possesso continuativo dei requisiti nel corso della gara e fino all’affidamento dei lavori;
- in caso di risposta negativa al quesito sub “1”, se comunque, qualora la consorziata - non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori - derivi la qualificazione da un rapporto di avvalimento con altra impresa, trovino applicazione le disposizioni normative sopra citate e la conseguente deroga al richiamato principio dell’obbligo del possesso continuativo dei requisiti”.
- Pronuncia dell’Adunanza Plenaria.
Il giudice rimettente chiedeva, dunque, di accertare se, nel caso di consorzio stabile, la consorziata non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori, da cui il consorzio ritrae la propria qualificazione in applicazione del meccanismo del “cumulo alla rinfusa”, ex art. 47, comma 2, d.lgs. n. 50/2016 (ratione temporis vigente), debba essere considerata soggetto terzo rispetto all’organismo consortile.
Se così fosse, infatti, data l’equiparazione che verrebbe a determinarsi con l’impresa ausiliaria nell’avvalimento, ne deriverebbe che anche al caso in cui la consorziata perda il requisito di qualificazione in corso di gara, potrebbe e dovrebbe applicarsi l’art. 89, comma 3, d.lgs. n. 50/2016, con conseguente possibilità per il consorzio stabile di procedere alla sostituzione della stessa, in deroga al principio dell’obbligo del possesso continuativo dei requisiti nel corso della gara e fino all’affidamento dei lavori.
L’Adunanza Plenaria in commento afferma in via immediata che al quesito posto dall’ordinanza di rimessione debba darsi risposta affermativa, in forza di una interpretazione dell’art. 89, comma 3, del codice dei contratti pubblici, orientata alla corretta applicazione dell’art. 63 della citata direttiva 2014/24/UE.
In via preliminare, il Supremo Consesso ritiene che occorre partire dalla peculiare configurazione del consorzio stabile, prevista dall’ art. 45, comma 2, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016, rispetto al consorzio ordinario di cui agli artt. 45, comma 2, lett. b), d.lgs. n. 50/2016 e 2602 e ss. del codice civile.
L’art. 2602, comma 1, c.c. prevede che “con il contratto di consorzio più imprenditori istituiscono un’organizzazione comune per la disciplina o lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese” e, pertanto, pur essendo un autonomo centro di rapporti giuridici, non comporta l’assorbimento delle aziende consorziate in un organismo unitario costituente un’impresa collettiva, né esercita autonomamente e direttamente attività imprenditoriale, ma si limita a disciplinare e coordinare, attraverso un’organizzazione comune, le azioni degli imprenditori riuniti (cfr., ex multis, Cass. civ., sez. trib., 9 marzo 2020, n. 6569; Cass. civ., sez. I, 27 gennaio 2014, n. 1636).
Ne discende che, ai fini della disciplina in materia di contratti pubblici, il consorzio ordinario è considerato un soggetto con identità plurisoggettiva, che opera in qualità di mandatario delle imprese della compagine: esso prende necessariamente parte alla gara per tutte le consorziate e si qualifica attraverso di esse, in quanto le stesse, nell’ipotesi di aggiudicazione, eseguiranno il servizio, rimanendo esclusa la possibilità di partecipare solo per conto di alcune associate (cfr., ex multis, Cons. St., sez. V, 6 ottobre 2015, n. 4652, il quale ha statuito l’illegittimità della partecipazione di un consorzio ordinario che, pur riunendo due società, aveva dichiarato di gareggiare per conto di una sola di esse).
Discorso diverso è a farsi per i consorzi stabili: questi, ai sensi dell’art. 45, comma 2, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016, sono costituiti “anche in forma di società consortili ai sensi dell’art. 2615-ter c.c., tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro. I consorzi stabili sono formati da non meno di tre consorziati che, con decisione assunta dai rispettivi organi deliberativi, abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa”.
La pronuncia in commento pone particolare attenzione sul riferimento aggiuntivo e qualificante della “comune struttura di impresa”, che induce l’Adunanza ad approdare verso lidi ermeneutici differenti ed opposti rispetto a quanto sostenuto per i consorzi ordinari.
Nel dettaglio, i partecipanti del consorzio stabile costituiscono una struttura di impresa collettiva, la quale, oltre a presentare una propria soggettività giuridica con autonomia anche patrimoniale, è distinta e autonoma rispetto alle aziende dei singoli imprenditori ed è strutturata, quale azienda consortile, per eseguire, anche in proprio (ossia senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate), le prestazioni affidate a mezzo del contratto (da ultimo, in tal senso Cons. St., sez. VI, 13 ottobre 2020, n. 6165).
Proprio sulla base di questa impostazione, la Corte di Giustizia UE (C-376/08, 23 dicembre 2009) è giunta ad ammettere la contemporanea partecipazione alla medesima gara del consorzio stabile e della consorziata, ove quest’ultima non sia stata designata per l’esecuzione del contratto e non abbia, pertanto, concordato la presentazione dell’offerta (ex multis, Cons. St., sez. III, 4 febbraio 2019, n. 865).
Tanto chiarito sul versante della natura giuridica del consorzio stabile, l’Adunanza Plenaria in esame procede ad effettuare un ulteriore cenno esplicativo al cd. meccanismo di qualificazione alla “rinfusa” che ha segnatamente caratterizzato la vicenda di cui in oggetto.
Il cd. cumulo alla rinfusa è previsto dall’art. 47, comma 2, d.lgs. n. 50/2016, così come modificato dall’art. 31, comma 1, d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56, vigente all’epoca dei fatti di causa e, dunque, ratione temporis applicabile al caso concreto di cui trattasi, il quale stabilisce che “I consorzi di cui agli articoli 45, comma 2, lettera c) e 46, comma 1, lettera f), al fine della qualificazione, possono utilizzare sia i requisiti di qualificazione maturati in proprio, sia quelli posseduti dalle singole imprese consorziate designate per l’esecuzione delle prestazioni, sia, mediante avvalimento, quelli delle singole imprese consorziate non designate per l’esecuzione del contratto. Con le linee guida dell’ANAC di cui all’articolo 84, comma 2, sono stabiliti, ai fini della qualificazione, i criteri per l’imputazione delle prestazioni eseguite al consorzio o ai singoli consorziati che eseguono le prestazioni”.
La disposizione ha avuto vigore sino al 2019: infatti, l’art. 1, comma 20, lett. l), n. 1), del d.l. 18 aprile 2019, n. 32 (decreto cd. sblocca cantieri) convertito, con modificazioni, dalla l. 14 giugno 2019, n. 55, ha eliminato tale regola, ripristinando l’originaria e limitata perimetrazione del cd. cumulo alla rinfusa ai soli aspetti relativi alla “disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo”, i quali sono “computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate”, di cui al comma 1 del richiamato art. 47 codice dei contratti pubblici.
La pronuncia in commento chiarisce che siffatto peculiare meccanismo (esteso all’epoca dei fatti di causa anche ai requisiti di qualificazione, ma oggi limitato ad attrezzature, mezzi d’opera e organico medio annuo) ha radici nella natura del consorzio stabile e si giustifica in ragione: a) del patto consortile, comunque caratterizzato dalla causa mutualistica; b) del rapporto duraturo ed improntato a stretta collaborazione tra le consorziate avente come fine “una comune struttura di impresa”.
Il citato comma 2 dell’art. 47 d.lgs. n. 50/2026, così come sostituito dal menzionato d.l. 32/2019 e oggi vigente, effettua un distinguo tra le consorziate esecutrici e non esecutrici del contratto, in relazione alla responsabilità delle stesse nei confronti della stazione appaltante.
In particolare, solo le consorziate designate per l’esecuzione dei lavori partecipano alla gara e concordano l’offerta, assumendo una responsabilità in solido con il consorzio stabile nei confronti della stazione appaltante, mentre per le consorziate non esecutrici del contratto il consorzio si limita a mutuare, ex lege, i requisiti oggettivi, senza che da ciò discenda alcun vincolo di responsabilità solidale per l’eventuale mancata o erronea esecuzione dell’appalto.
L’Adunanza Plenaria giunge, dunque, ad affermare che, in quest’ultimo caso, si è dinanzi ad un rapporto molto simile a quello dell’avvalimento (non a caso espressamente richiamato dalla vecchia versione dell’art. 47, comma 2, d.lgs. n. 50/2016 in riferimento alle consorziate non esecutrici del contratto, ratione temporis applicabile ai fatti di causa), anche se, per certi versi, meno intenso: da una parte, infatti, la consorziata non esecutrice del contratto aggiudicato al consorzio stabile presta i requisiti senza partecipare all’offerta, similmente all’impresa avvalsa e senza bisogno di dichiarazioni, soccorrendo la “comune struttura di impresa” e il disposto di legge; dall’altra, pur prestando i propri requisiti, la consorziata non esecutrice rimane esente da responsabilità (diversamente dall’impresa avvalsa).
Pertanto, l’Adunanza Plenaria in esame qualifica tale peculiare ipotesi come una forma di avvalimento attenuata proprio per l’assenza di responsabilità nei confronti della stazione appaltante dell’impresa consorziata non esecutrice, la quale si limita, quindi, a prestare solo i suoi requisiti al consorzio stabile aggiudicatario.
Questa constatazione, se intermediata attraverso l’elaborazione logica, è di per sé sufficiente a giustificare l’applicazione alla fattispecie in esame dell’art. 89, comma 3, del codice dei contratti pubblici.
Secondo la disposizione citata, infatti, la stazione appaltante (in luogo di disporre l’esclusione in cui inesorabilmente incorrerebbe un concorrente nell’ambito di un raggruppamento o di un consorzio ordinario o stabile) impone all’operatore economico di “sostituire” i soggetti di cui si avvale “che non soddisfano un pertinente criterio di selezione o per i quali sussistono motivi obbligatori di esclusione”.
Ergo, se è possibile, in via eccezionale, sostituire il soggetto legato da un rapporto di avvalimento, a fortiori dev’essere possibile sostituire il consorziato nei confronti del quale sussiste un vincolo che rispetto all’avvalimento è meno intenso.
D’altronde, che questa sia la soluzione per colmare la lacuna normativa esistente, ed evidenziata dall’ordinanza di rimessione, per il caso del consorziato non designato per l’esecuzione, trova piena conferma nell’ampia formulazione dell’art. 63 della direttiva 2014/24/UE, il quale, nel disciplinare l’avvalimento, vi ricomprende tutti i casi in cui un operatore economico, per un determinato appalto, fa “affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi”, senza dare rilevanza qualificante alla responsabilità solidale dei soggetti avvalsi. Circostanza, quest’ultima, rimessa piuttosto dalla direttiva all’eventuale decisione discrezionale dell’amministrazione aggiudicatrice (l’amministrazione aggiudicatrice “può esigere” che l’operatore economico e i soggetti di cui sopra siano solidalmente responsabili dell’esecuzione del contratto, recita l’art. 63 cit.), anche se poi tradottasi in un precetto di legge in sede di recepimento nell’ordinamento italiano della medesima direttiva attraverso l’art. 89, comma 5, d.lgs. n. 50/2016.
La pronuncia in esame sostiene, dunque, che non v’è ragione per riservare al consorzio, che si avvale dei requisiti di un consorziato non designato per l’esecuzione del contratto, un trattamento diverso da quello riservato ad un qualunque partecipante, singolo o associato, che ricorre all’avvalimento.
Nell’uno, come nell’altro caso, in virtù dell’art. 89, comma 3, del codice dei contratti pubblici, ove il requisito prestato venga meno, l’impresa avvalsa potrà, rectius, dovrà essere sostituita.
In risposta alle preoccupazioni manifestate dal Collegio rimettente, e al fine di garantire chiarezza e certezza al quadro esegetico complessivo, l’Adunanza Plenaria aggiunge che la chiave interpretativa delineata non tocca la perdurante validità del principio di necessaria continuità nel possesso dei requisiti, affermato dalla stessa Adunanza Plenaria con la sentenza n. 8/2015, né il più generale principio di immodificabilità soggettiva del concorrente (salvi i casi previsti della legge, come nell’ipotesi di raggruppamento temporaneo di imprese ex art. 48, commi 17, 18 e 19, d. lgs. n. 50/2016).
Con la richiamata decisione, l’Adunanza del 2015, ribadendo il portato della costante giurisprudenza antecedente, ha affermato il principio generale, secondo cui “il possesso dei requisiti di ammissione si impone a partire dall’atto di presentazione della domanda di partecipazione e per tutta la durata della procedura di evidenza pubblica”; chiarendo che “per esigenze di trasparenza e di certezza del diritto, che non collidono col pur rilevante principio del favor partecipationis, la verifica del possesso, da parte del soggetto concorrente (ancor prima che aggiudicatario), dei requisiti di partecipazione alla gara deve ritenersi immanente all’intero procedimento di evidenza pubblica, a prescindere dalla indicazione, da parte del Legislatore, di specifiche fasi espressamente dedicate alla verifica stessa, quali quelle di cui all’art. 11, comma 8, ed all’art. 48 del D. Lgs. n. 163/2006”.
La pronuncia in commento chiarisce che trattasi di un principio del quale, a valle dell’Adunanza Plenaria citata, nessuno più dubita, e che merita piena adesione anche nella vicenda de qua.
E’ pur vero che, nel caso allora deciso, l’Adunanza si spinse a precisare che sussiste “sul piano dell’accertamento dei requisiti di ordine generale e tecnico-professionali ed economici, una totale equiparazione tra gli operatori economici offerenti in via diretta e gli operatori economici in rapporto di avvalimento e dunque, in definitiva, fra i primi e l’imprenditore, che preferisca seguire la via del possesso mediato ed indiretto dei requisiti di partecipazione ad una gara”, con ciò lasciando chiaramente intendere che l’affermato principio di continuità dovesse valere anche per l’impresa avvalsa.
Tuttavia, la sentenza in analisi chiarisce che detta ultima affermazione dev’essere letta nel quadro normativo, ratione temporis vigente, anche comunitario, il quale pacificamente escludeva la possibilità di una sostituzione dell’impresa rimasta priva dei requisiti, a prescindere se essa fosse legata da un vincolo di associazione temporanea con l’aggiudicatario o da un più tenue rapporto di avvalimento (art. 44 della Dir. 31/03/2004, n. 2004/18/CE).
L’Adunanza Plenaria in esame rileva, però, che quel quadro normativo è nel tempo mutato, e per il tramite del più volte citato art. 63 della direttiva 2014/24/UE, esso oggi addirittura impone (quindi obbliga e non semplicemente invita) che il soggetto avvalso, il quale nelle more del procedimento di gara o durante l’esecuzione del contratto perda i requisiti, venga sostituito.
Pertanto, non v’è più ragione di discorrere, in relazione a tale peculiare fattispecie, di necessaria continuità nel possesso dei requisiti del concorrente, che si avvale dell’apporto claudicante di terzi, a pena di esclusione.
La sostituzione è, infatti, da considerare come quello strumento nuovo e alternativo che, alla luce del principio di proporzionalità, consente, anzi, costituisce attuazione di quella continuità predicata dall’Adunanza Plenaria n. 8/2015, in tutti i casi in cui il concorrente si avvalga dell’ausilio di operatori terzi.
Trattasi di un “istituto del tutto innovativo”, secondo la definizione datane dal Consiglio Stato (sez. III, n. 5359/2015) e dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea (C-223/16 del 14 settembre 2017, Casertana costruzioni s.r.l.).
Esso restituisce al soggetto avvalso la sua vera natura di soggetto che presta i requisiti al concorrente, senza partecipare alla compagine e all’offerta da questa formulata e risponde all’esigenza, stimata superiore, di evitare l’esclusione del concorrente, singolo o associato, per ragioni a lui non direttamente riconducibili o imputabili.
Esigenza quest’ultima evidentemente strumentale a stimolare il ricorso all’avvalimento: il concorrente, infatti, come già rilevato dal giudice di primo grado, può contare sul fatto che, nel caso in cui l’ausiliaria non presenti o perda i requisiti prescritti, potrà procedere alla sua sostituzione senza il rischio di essere, solo per questa circostanza, estromesso automaticamente dalla procedura selettiva (Cons. Stato, sez. V, nn. 69/2019; 2527/2018; 1101/2018).
Di tale mutato quadro normativo e giurisprudenziale ha dato di recente atto l’ordinanza 20 marzo 2020, n. 2005, con la quale la terza sezione del Consiglio di Stato ha adito in via pregiudiziale la Corte di Giustizia dell’Unione europea proprio in relazione al meccanismo sostitutivo contemplato dall’art. 89, comma 3, del d.lgs. n. 50/2016, sostenendone la necessaria estensione a tutte le fattispecie di esclusione, a prescindere dai motivi (attualmente, infatti, la giurisprudenza esclude che la sostituzione possa avvenire nel caso di dichiarazioni mendaci dell’ausiliario).
In definitiva, l’Adunanza Plenaria, in risposta al quesito posto dall’ordinanza di rimessione, enuncia il seguente principio di diritto: “La consorziata di un consorzio stabile, non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori, è equiparabile, ai fini dell’applicazione dell’art. 63 della direttiva 2014/24/UE e dell’art. 89, comma 3, del d.lgs. n. 50/2016, all’impresa ausiliaria nell’avvalimento, sicché la perdita da parte della stessa del requisito impone alla stazione appaltante di ordinarne la sostituzione”.
- Conclusioni e prospettive de iure condendo.
Dalla motivazione della sentenza del Supremo Consesso adito, si evince come i giudici abbiano considerato l’ipotesi dell’avvalimento e l’ipotesi della consorziata non esecutrice del contratto aggiudicato al consorzio stabile come due ipotesi analoghe, estendendo l’applicazione della sostituzione dell’impresa ausiliaria prevista dal comma 3 dell’art. 89 codice dei contratti pubblici anche alla consorziata non esecutrice del contratto.
Tale analogia legis è stata basata sia sull’argomento logico-giuridico della differente natura giuridica del consorzio stabile rispetto a quello ordinario, sia sull’argomento letterale della precedente formulazione dell’art. 47, comma 2, d. lgs.n.50/2016, il quale, nel disciplinare il suddetto cumulo alla rinfusa, espressamente richiamava l’avvalimento in riferimento alle consorziate non esecutrici, lasciando dedurre che queste ultime fossero da considerare esterne rispetto alla compagine consortile, richiedendo, perciò, specificamente lo strumento dell’avvalimento per utilizzare i requisiti di qualificazione posseduti dalle singole imprese consorziate non designate per l’esecuzione del contratto.
Al contrario, l’utilizzo dei requisiti di qualificazione posseduti dalle imprese consorziate designate per l’esecuzione delle prestazioni non era subordinato al ricorso all’avvalimento.
L’attuale formulazione dell’art. 47, comma 2, d. lgs. n. 50/2016, si ribadisce, prevede la responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante delle sole consorziate esecutrici del contratto.
Pertanto, sia la precedente formulazione dell’art. 47, comma 2, d.lgs. n. 50/2016 che quella attuale (all’indomani delle modifiche apportate dal suddetto decreto sblocca cantieri) riservano un trattamento legislativo differente alle due tipologie di consorziate, dal quale si può evincere che la caratteristica dell’estraneità e terzietà rispetto all’autonomo soggetto giuridico del consorzio stabile sia più intrinseca nelle consorziate non esecutrici del contratto.
In particolare, la nuova formulazione del comma secondo dell’art. 47 codice dei contratti pubblici, prevedendo la responsabilità solidale delle consorziate esecutrici nei confronti della stazione appaltante, e non anche la medesima responsabilità solidale delle consorziate non esecutrici, ha corroborato la tesi della estraneità di queste ultime rispetto al consorzio stabile e la loro assimilazione all’impresa avvalsa in forma mitigata, non prevedendo la responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante che, invece, è stabilita per l’impresa ausiliaria in sede di rapporto di avvalimento.
Pertanto, se la legge comunitaria prima e interna poi impongono la sostituzione di un soggetto terzo che mette a disposizione di un operatore economico i propri requisiti tecnico- operativi o finanziari (rispettivamente avvalimento tecnico-operativo e avvalimento di garanzia) e che, per scelta del Legislatore italiano effettuata in tema di avvalimento, il citato soggetto terzo è responsabile solidalmente per l’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto, viene da sé che tale sostituzione debba essere applicata anche alla consorziata non esecutrice delle prestazioni del contratto aggiudicato che non è neppure solidalmente responsabile nei confronti della stazione appaltante.
In altri termini, l’ipotesi della consorziata non esecutrice dei lavori costituisce un minus rispetto all’ipotesi dell’impresa avvalsa nella logica delle norme richiamate e, per tale ragione, la pronuncia in commento non è neanche dovuta ricorrere alla prospettazione effettuata dal CGARS in ordine al caso concreto oggetto di causa (il quale, si ricorda, si riferisce ad un soggetto terzo non appartenente al consorzio stabile aggiudicatario del contratto che, in virtù di un rapporto di avvalimento con la consorziata non esecutrice, ha prestato il requisito di attestazione SOA specificamente richiesto dalla gara e, quindi, comunque da considerare soggetto terzo ai fini dell’operatività della sostituzione di cui all’art. 89, comma 3, d. lgs. n. 50/2016), in quanto è la medesima consorziata non esecutrice ad essere qualificata terza rispetto al consorzio stabile, cosicché la questione è stata risolta in radice dai giudici dell’Adunanza Plenaria.
La rilevata terzietà ed estraneità dell’impresa consorziata non designata per l’esecuzione del contratto non intacca neppure il citato principio di immodificabilità soggettiva dell’operatore economico, e, pertanto, il problema non si pone ab origine.
La citata analogia applicata alle ipotesi dell’impresa avvalsa e della consorziata non esecutrice, rende, tuttavia, necessario effettuare un brevissimo richiamo alla ratio legis dell’istituto dell’avvalimento, il quale è un istituto di derivazione comunitaria introdotto al preciso fine di garantire il cd. favor partecipationis: tale principio risponde all’esigenza di consentire alle piccole e medie imprese di partecipare alle gare pubbliche e all’esigenza di tutelare la libertà di concorrenza, nonché la trasparenza e buon andamento della pubblica amministrazione.
La logica del favor partecipationis permea anche gli istituti dei raggruppamenti temporanei di imprese (Rti) o dei consorzi sia ordinari che stabili (oggetto della presente pronuncia).
Lo strumento della più volte richiamata sostituzione si inserisce nel quadro di quelle scelte normative europee e interne volte ad assicurare il perseguimento del detto favor partecipationis, tanto più che viene attivato nell’ipotesi in cui la perdita dei requisiti richiesti dalla gara è per fatto non imputabile all’operatore economico concorrente, bensì ad un soggetto terzo allo stesso.
La detta sostituzione, in relazione al menzionato principio di continuità del possesso dei requisiti, non ne costituisce una deroga, ma, a ben vedere, deve essere letta quale mezzo attraverso il quale si realizza una vera e piena attuazione di tale principio.
Il caso deciso dalla Plenaria in commento ha riguardato una consorziata non esecutrice delle prestazioni del contratto, ma a quali conclusioni sarebbe arrivata se si fosse trattato di una consorziata esecutrice delle prestazioni del contratto?
Dal quadro normativo in essere e dalla linea interpretativa seguita dalla sentenza in esame, gli approdi ermeneutici potrebbero essere due: considerarle esterne, valorizzando la natura giuridica del consorzio stabile quale “comune struttura di impresa” ai sensi dell’art. 45, comma 2, lett. c), d. lgs. n. 50/2016 e, dunque, quale soggetto autonomo rispetto alle consorziate, che fa sì che tutte le consorziate risultino essere terze rispetto allo stesso; considerarle interne al consorzio stabile, valorizzando da un lato il dato normativo della precedente formulazione del comma 2 dell’art. 47 codice dei contratti pubblici, che per l’utilizzo dei requisiti di qualificazione non richiedeva lo strumento dell’avvalimento per le consorziate esecutrici, e dall’altro lato la circostanza per la quale le consorziate esecutrici concordano l’offerta da presentare per partecipare alla gara.
Inoltre, l’odierna formulazione del citato art. 47, comma 2, d.lgs. n. 50/2016 prevede la responsabilità solidale delle sole consorziate esecutrici nei confronti della stazione appaltante.
Tuttavia, in ordine a quest’ultimo argomento, da utilizzare a favore della tesi dell’intraneità della consorziata esecutrice rispetto al consorzio stabile, si potrebbe obiettare che, come visto, un’altra ipotesi di responsabilità solidale è prevista dall’art. 89, comma 5, d. lgs. n. 50/2016 per l’impresa ausiliaria in caso di avvalimento, la quale è pacificamente considerata esterna e terza rispetto all’operatore economico concorrente.
Pertanto, tirando le fila del discorso, a parere di chi scrive anche le consorziate esecutrici delle prestazioni dedotte nel contratto potrebbero essere considerate esterne rispetto a quest’ultimo e dovrebbero essere sostituite ex art. 89, comma 3, d.lgs. n. 50/2016 sia per la peculiare ricostruita natura giuridica del consorzio stabile, sia per la responsabilità solidale delle medesime consorziate esecutrici al pari dell’impresa avvalsa, sia per la corretta applicazione del più volte richiamato art. 63 direttiva 2014/24/UE, il quale, si ribadisce, utilizza una formulazione ampia in tema di affidamento sulle capacità di altri soggetti da parte dell’operatore economico concorrente, a prescindere dalla natura giuridica dei legami sussistenti tra i soggetti interessati e imponendo la sostituzione dei soggetti che prestano i loro requisiti ai partecipanti alla gara (il verbo imporre lascia poco spazio a dubbi o incertezze sulla soluzione da adottare nell’ipotesi di non soddisfazione di un pertinente criterio di selezione da parte del soggetto sulle cui capacità fa affidamento l’operatore economico o per il quale sussistono motivi obbligatori di esclusione).