ISSN 2039 - 6937  Registrata presso il Tribunale di Catania
Anno XVII - n. 05 - Maggio 2025

  Studi



Il whistleblowing.

A cura di Valeria Zallocco.

 

INDICE: - Premessa; - La normativa in Italia; 1 L’ambito di applicazione dal punto di vista soggettivo; 2 L’ambito di applicazione dal punto di vista soggettivo (segue); 3 L’oggetto della segnalazione; 4 La tutela del whistleblower; 5 La gestione delle segnalazioni nell’ottica della tutela della riservatezza; Il whistleblowing negli USA; Il whistleblowing nel Regno Unito; Riflessioni conclusive: perché in Italia il whistleblowing non è diffuso. Criticità e proposte di modifica

PREMESSA

Il whistleblower (o soffiatore di fischietto, vedetta civica, gola profonda) è il lavoratore che, venuto a conoscenza di una condotta illecita compiuta all’interno dell’organizzazione lavorativa, decide di segnalarla ai responsabili dell’organizzazione stessa o a pubbliche autorità.
Il lavoratore segnalante si espone al notevole rischio di ritorsione da parte del datore di lavoro e/o degli altri lavoratori, ma allo stesso tempo persegue il pubblico interesse di far emergere illeciti consumati o da consumarsi all’interno dell’ente, tra cui, non da ultimi, eventuali fenomeni corruttivi.
Molti Paesi, tra cui l’Italia, hanno adottato una legislazione sulla tutela del whistleblower al fine di incentivare l’attività dei cd. soffiatori di fischietto. Come evidenziato dal Presidente dell’ANAC nella relazione annuale al Parlamento¹, la normativa sul whistleblowing costituisce un importante tassello al fine dell’emersione dei fenomeni di corruzione e mala gestio. E’ facilmente intuibile, infatti, che spesso i primi in grado di ravvisare eventuali anomalie all’interno di una società o un ente pubblico sono proprio coloro i quali lavorano all’interno degli stessi.

LA NORMATIVA IN ITALIA

Nel nostro Paese la prima disciplina, tutt’altro che esaustiva, sul whistleblowing è stata introdotta con l. 6 novembre 2012 n. 190 che ha aggiunto l’art. 54-bis² al d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165³.
Il 21 gennaio 2016, tuttavia, è stato approvato alla Camera dei deputati un disegno di legge di riforma dell’istituto (n. 2208), ora trasmesso al Senato.

1 L’ambito di applicazione dal punto di vista soggettivo: In Italia il segnalante tutelato è solamente il dipendente delle pubbliche amministrazioni (come intese dall’art. 1, co. 2 d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165).
È noto, tuttavia, che nelle pubbliche amministrazioni operano non solo dipendenti pubblici, ma anche soggetti che, a vario titolo, prestano la loro attività professionale all’interno dei pubblici uffici. Si tratta, a mero titolo esemplificativo, di collaboratori e consulenti, di collaboratori di imprese fornitrici di beni e servizi in favore delle p.A. o di titolari di incarichi in uffici di diretta collaborazione con autorità politiche.
L’art. 54-bis su richiamato non estende a tali soggetti le tutele previste in favore del pubblico dipendente. Ciò posto, preme evidenziare che tale disparità non si giustifica in ragione dello scopo che il legislatore vuole perseguire: se l’obiettivo è l’emersione di illeciti all’interno di realtà complesse, allora anche soggetti che occasionalmente prestano la loro attività lavorativa all’interno dell’amministrazione dovrebbero poter ricevere la medesima tutela. È auspicabile, dunque, una modifica della normativa vigente.
Il disegno di legge 2208 approvato alla Camera dei deputati il 21 gennaio 2016 specifica che per dipendente pubblico si intende (i) il dipendente delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, co. 2 e all’art. 3 d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, (ii) il dipendente di un ente pubblico economico, (iii) il dipendente di un ente di diritto privato sottoposto a controllo pubblico ai sensi dell’art. 2359 c.c..
Nello stesso testo, inoltre, si prevede che le tutele previste per il dipendente pubblico valgono anche per collaboratori o consulenti con qualsiasi tipo di contratto o incarico, nonché per lavoratori o collaboratori a qualsiasi titolo di imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore della p.A.
Le disposizioni in materia di tutela del whistleblower non si applicano nei casi in cui i pubblici ufficiali o gli incaricati di pubblico servizio hanno l’obbligo di denuncia del fatto di reato all’autorità giudiziaria (artt. 361 e 362 c.p. e 331 c.p.p.).

A normativa vigente, il whistleblower è solo un soggetto pubblico. Le tutele in favore del segnalante non sono estese al dipendente di un ente privato che non riceve, pertanto, nessun incentivo a far emergere le situazioni di illecito consumate all’interno dell’ambito lavorativo.
Fanno eccezione i dipendenti di istituti bancari e mediatori finanziari: in attuazione della direttiva 2013/36/UE il legislatore italiano ha inserito la normativa sul whistleblowing agli artt. 52- bis 52-ter del TUB e agli artt. 8-bis e 8-ter del TUF.
Il legislatore prevede che le banche e le relative capogruppo adottino procedure specifiche per le segnalazioni ad organi interni da parte del personale, per garantire la riservatezza e tutelare il segnalante. L’ambito oggettivo della segnalazione, tuttavia, è circoscritto ad illeciti relativi all’attività bancaria.
Molto simili alla predetta normativa sono le previsioni del TUF: in questo caso, però, le segnalazioni possono essere inoltrate non solo alla Banca d’Italia, ma anche alla Consob.
L’ambito di applicazione del whistleblowing sarebbe ampliato all’intero settore privato ove fosse approvato anche al Senato il disegno di legge n. 2208 che, all’art. 2, dispone che i modelli di organizzazione e gestione prevedono che i soggetti in posizione apicale, le persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza altrui, nonché coloro che a qualsiasi titolo collaborano con l’ente hanno l’obbligo di presentare, a tutela dell’integrità dell’ente, segnalazioni circostanziate di condotte illecite, rilevanti ai sensi del d.lgs. 231/2001, che, in ragione delle funzioni svolte, in buona fede e sulla base della ragionevole convinzione fondata su elementi di fatto, ritengano essersi verificate.

2 L’ambito di applicazione dal punto di vista soggettivo (segue): Il legislatore all’art. 54- bis individua i diversi soggetti cui può essere inoltrata la segnalazione. Si tratta di soggetti esterni all’organizzazione lavorativa (Autorità giudiziaria, Corte dei conti o ANAC) oppure interni (il superiore gerarchico).
Con specifico riferimento al superiore gerarchico, l’ANAC, con determinazione n. 6 del 28 aprile 2015, ha ritenuto altamente auspicabile che, in attesa di un intervento legislativo in tal senso, le amministrazioni prevedano che le segnalazioni vengano inviate al Responsabile della prevenzione della corruzione. Quest’ultimo, invero, è il soggetto cui è affidato il compito di proporre strumenti per contrastare fenomeni corruttivi, dunque potrebbe considerarsi anche funzionalmente competente a conoscere di eventuali illeciti al fine di predisporre le misure volte a rafforzare il Piano di prevenzione della corruzione.
Nel testo del disegno di legge n. 2208 approvato dalla Camera dei deputati il 21 gennaio 2016, in accoglimento del suggerimento dell’ANAC, si prevede che il soggetto ricevente la denuncia, interno all’ente in cui viene perpetrato l’illecito, sia il responsabile della prevenzione della corruzione di cui all'articolo 1, comma 7, della legge 6 novembre 2012, n. 190.
Qualora le segnalazioni riguardino proprio la persona del Responsabile della prevenzione della corruzione, la determina ANAC n. 6 suggerisce che le segnalazioni siano inviate direttamente all’Autorità.
Riguardo all’individuazione del soggetto cui inoltrare la denuncia, la giurisprudenza sotto la vigenza dell’attuale art. 54-bis, si è pronunciata in maniera a volte discorde: si prenda il caso di unaballerina della Scala di Milano che ha denunciato sui giornali la diffusa violazione dell’obbligo di tutela della salute da parte del datore di lavoro che incentivava le lavoratrici all’anoressia.
In quel caso, per quanto qui interessa, il giudice ha rigettato il ricorso con cui la lavoratrice impugnava il licenziamento dando particolare attenzione (i) alla non veridicità dei fatti riportati alla stampa perché non provati dalla stessa in giudizio; (ii) alla violazione dell'obbligo in capo al whistleblower di denunciare i fatti al datore di lavoro, prima di rivolgersi all'esterno agli organi di stampa. Tale circostanza secondo il Tribunale, aggravando l'inadempimento conseguente alla violazione dei limiti del diritto di critica, renderebbe palese la sussistenza della giusta causa di licenziamento.
In ordine al primo punto va evidenziato che la giurisprudenza grava il lavoratore dell’onere di provare la veridicità dei fatti oggetto di denuncia; in ordine al secondo punto, invece, va sottolineato l’orientamento del giudice che individua un ordine di priorità tra i soggetti riceventi la segnalazione, sebbene nel nostro ordinamento manchi una norma che vieta al whistleblower di effettuare la denuncia all’esterno senza prima averne informato i superiori o il datore di lavoro.
In un diverso caso la Suprema Corte di Cassazione, invece, ha disposto che non costituisce giusta causa o giustificato motivo di licenziamento per il dipendente aver reso noto all'autorità giudiziaria fatti di potenziale rilevanza penale accaduti presso l'azienda nella quale lavora– sempre che non risulti il carattere calunnioso della denuncia o dell'esposto – né averlo fatto senza informare previamente i superiori gerarchici; neanche è motivo di licenziamento avere allegato alla segnalazione documenti aziendali.

3 L’oggetto della segnalazione: La segnalazione ha ad oggetto le condotte illecite di cui il lavoratore è venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro.
Il legislatore non specifica cosa intendere per “condotte illecite”: sicuramente si riferisce ai delitti dei pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio contro la pubblica amministrazione (Titolo II, Capo I del Codice Penale), ma ad avviso dell’ANAC la norma ricomprende anche quei casi in cui, a prescindere dalla rilevanza penale, venga in evidenza un malfunzionamento dell’amministrazione (nepotismo, demansionamenti, ripetuto mancato rispetto dei termini procedimentali ecc.).
Le condotte segnalate devono comunque essere conosciute in ragione del rapporto di lavoro. Sono tutelati sia whistleblowers che hanno avuto conoscenza dell’illecito in virtù dell’ufficio che occupano, sia quelli che ne hanno avuto contezza casualmente in occasione dello svolgimento delle mansioni lavorative.
Le segnalazioni fondate su meri sospetti o voci non sono meritevoli di tutela. Ciò consente, da un lato, di tutelare il terzo nei confronti del quale è stata effettuata la segnalazione, dall’altro lato, di evitare che l’amministrazione svolga attività istruttorie vane.
L’ANAC, nella determina n. 6 su richiamata, considera che non è necessaria la certezza dell’effettivo avvenimento dei fatti, ma è sufficiente che il whistleblower consideri altamente probabile il verificarsi dell’illecito da segnalare.

Il whistleblower potrebbe aver timore di segnalare l’illecito per la difficoltà di capire quando è stato raggiunto il livello di elevata probabilità richiesto per godere della tutela di riservatezza offerta dall’art. 54-bis.
Il nuovo disegno di legge subordina la tutela del segnalante a due fattori che devono contestualmente sussistere: a) la segnalazione deve essere effettuata nell’interesse dell’integrità dell’amministrazione; b) il segnalante deve agire in buona fede.
Riguardo al punto sub a) andrebbe chiarito se l’interesse è da intendersi in senso oggettivo o soggettivo. Se si tratta dello stato psicologico che spinge il segnalante a far emergere l’illecito potrebbe essere ragionevole inserire un “anche” nell’interesse dell’integrità dell’amministrazione, altrimenti non sarebbero tutelati i soggetti che, segnalando nel proprio interesse, perseguono anche quello all’integrità della p.A. (si pensi al dipendente che da tempo è conscio di fenomeni corruttivi nell’ente di appartenenza ed ha sempre taciuto, ma quando viene corrotto il suo antagonista decide di effettuare la segnalazione contro quest’ultimo)¹⁰.
Riguardo al punto sub b) il testo del disegno di legge specifica (i) che si considera in buona fede il dipendente pubblico che effettua una segnalazione circostanziata nella ragionevole convinzione, fondata su elementi di fatto, che la condotta illecita segnalata si sia verificata e (ii) che la buona fede è comunque esclusa qualora il segnalante abbia agito con colpa grave.
Se a normativa vigente il segnalante potrebbe porre il problema di capire quando è stato raggiunto il livello di elevata probabilità richiesto per godere della tutela, a seguito della riforma questi potrebbe trovare difficoltà nel capire quando sia raggiunta la ragionevolezza della convinzione.
L’utilizzo di clausole generali, intrinsecamente generiche, crea inevitabili zone grigie che si riverberano sul timore di effettuare la segnalazione. D’altra parte, però, non può non essere considerata la necessità di salvaguardare i terzi oggetto della segnalazione nell’eventualità non abbiano compiuto alcun tipo di illecito.

4 La tutela del whistleblower: Il lavoratore che denuncia l’illecito non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto a misure discriminatorie, dirette o indirette, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia, salvo nei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell’art. 2043 c.c.
Nell’ipotesi in cui siano adottate misure discriminatorie l’interessato o le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell’amministrazione in cui sono state poste in essere lo comunicano al Dipartimento della funzione pubblica per i provvedimenti di competenza.
Nel disegno di legge approvato alla Camera è previsto che l’adozione di misure ritorsive sia comunicata dall’interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative all’ANAC e, poi, da quest’ultima al Dipartimento della funzione pubblica o agli altri organismi di garanzia o di disciplina. Si prevede, inoltre, che, qualora venga accertata, in seguito ad un’istruttoria condotta dall’ANAC, l’adozione di misure discriminatorie da parte dell’ente, l’ANAC può irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 30.000 euro.
Riguardo al diritto alla riservatezza durante il procedimento disciplinare, l’identità del segnalante non può essere rivelata senza il suo consenso se la contestazione dell’addebito è fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione (si consideri che nel nuovo disegno di legge viene specificato che il segnalante ha diritto al segreto anche nel caso in cui gli accertamenti distinti e ulteriori siano conseguenti alla segnalazione stessa).
Al contrario, se la contestazione è fondata, in tutto o in parte sulla segnalazione, l’identità può essere rivelata, anche senza il consenso del segnalante, ove la sua conoscenza sia assolutamenteindispensabile per la difesa dell’incolpato. Nel nuovo disegno di legge, in quest’ultimo caso la segnalazione sarà utilizzabile ai fini disciplinari se indispensabile (si noti, non più “assolutamente indispensabile”) per la difesa dell’incolpato, ma solo previo consenso del segnalante alla rivelazione della sua identità.
L’ANAC nella determinazione n. 6/2015, consapevole che l’individuazione dei presupposti che fanno venir meno la riservatezza dell’identità del segnalante è cruciale, auspica un intervento chiarificatore. In ogni caso, l’Autorità ritiene spetti al responsabile dell’Ufficio procedimenti disciplinari valutare, su richiesta dell’interessato, se ricorra la condizione di assoluta indisponibilità della conoscenza del nominativo del segnalante, ai fini della difesa. Il responsabile deve motivare la scelta sia in caso di accoglimento dell’istanza sia in caso di diniego.
L’art. 54-bis, co. 4, dispone, inoltre, che in ogni caso la denuncia è sottratta alla normativa sull’accesso agli atti di cui agli artt. 22 e ss. della l. 7 agosto 1990, n. 241.
Il nuovo disegno di legge fa riferimento anche al segreto nel corso dei procedimenti diversi da quello disciplinare: durante il procedimento penale l’identità del segnalante è coperta dal segreto nei modi di cui all’art. 329 c.p.p.¹¹. Anche nel nuovo testo, dunque, non è totale la tutela della riservatezza del whistleblower: in nome del garantismo che connota il nostro sistema giuridico e del principio del contraddittorio, che contraddistingue il processo penale, la sua identità non solo potrebbe non essere più segreta durante le indagini preliminari, ma di certo non lo sarà nella fase dibattimentale.
Nell’ambito del procedimento innanzi alla Corte dei Conti, inoltre, l’identità del segnalante non può essere rivelata fino alla chiusura della fase istruttoria. Anche in questo caso, dunque, il segnalante, dopo la chiusura dell’istruttoria, non godrà più del diritto alla riservatezza.
In ordine ai casi in cui il segnalante non è tutelato, mentre il primo comma dell’art. 54-bis esclude dalla tutela le ipotesi in cui il pubblico dipendente sia responsabile a titolo di calunnia o diffamazione o, per lo stesso titolo, ai sensi del 2043 c.c., il nuovo disegno di legge specifica che il segnalante non ha diritto ad alcuna tutela né in merito a misure di ritorsione, né in ordine al diritto alla riservatezza, se la responsabilità penale o civile per calunnia o diffamazione sono accertate anche solo con sentenza di primo grado.
Oltretutto, nel disegno di legge in corso di approvazione si dispone che qualora al termine del procedimento penale, civile o contabile o all’esito dell’attività di accertamento dell’ANAC risulti (i) l’infondatezza della segnalazione (b) che non è stata eseguita in buona fede, il segnalante è sottoposto a procedimento disciplinare al termine del quale può anche essere irrogata la misura sanzionatoria del licenziamento senza preavviso.
Nell’eventualità in cui tale disegno diventi legge, previsioni come quelle su richiamate porterebbero conseguenze di non poco conto giacché da un lato disincentiverebbero il pubblico dipendente alla denuncia, da un altro lato si porrebbero in contrasto con il principio di non colpevolezza dell’imputato sino ad un provvedimento definitivo di condanna.
La Suprema Corte di Cassazione¹² è orientata in maniera diversa rispetto a quanto il disegno di legge vorrebbe prevedere. Essa ha affermato, infatti, che se i fatti illeciti denunciati dal whistleblower non risultano essere stati oggetto di definitivo accertamento giurisdizionale, è illegittima l’adozione di qualsivoglia provvedimento datoriale punitivo nei confronti del denunciante, altrimenti “si correrebbe il rischio di scivolare verso – non voluti ma impliciti – riconoscimenti di una sorta di „dovere di omertà‟ (ben diverso da quello di fedeltà di cui all‟art. 2105 c.c.) che, ovviamente, non può trovare la benché minima cittadinanza nel nostro ordinamento”.

5 La gestione delle segnalazioni nell’ottica della tutela della riservatezza: Il legislatore non dice nulla sulle modalità di gestione delle segnalazioni. Nel disegno di legge n. 2208 si prevede che l’ANAC, sentito il garante per la protezione dei dati personali, adotti apposite linee guida sulle procedure per la presentazione e la gestione delle segnalazioni nelle quali promuova l’utilizzo di modalità informatiche e della crittografia. Si conferisce, inoltre, all’ANAC un potere sanzionatorio nei casi in cui le procedure per l’inoltro e la gestione delle segnalazioni siano assenti.
Nel sistema vigente al vuoto legislativo sopperisce la determina ANAC n. 6/2015 nella quale si individua l’opportunità che le amministrazioni si dotino di un sistema al fine di gestire le segnalazioni in modo trasparente e attraverso un iter procedurale definito che tuteli la riservatezza dell’identità del segnalante e la segretezza del contenuto della segnalazione e che consenta al segnalante, attraverso strumenti informatici, di verificare lo stato di avanzamento dell’istruttoria.
L’ANAC, poi, individua il modello gestionale informatizzato per le segnalazioni dei suoi dipendenti e di soggetti esterni (accessibilità ad una piattaforma informatica per soli utenti interni, dotazione di un codice identificativo per i futuri accessi, istruttoria del Responsabile della prevenzione e corruzione, eventuale trasmissione della comunicazione, previa delibera del Consiglio, all’Autorità giudiziaria e alla Corte dei Conti).

IL WHISTLEBLOWER NEGLI USA

Negli Stati Uniti il sistema di incentivi e tutela del whistleblower funziona molto bene stando al numero di denunce e alle statistiche sul denaro recuperato dallo Stato federale grazie ai c.d. soffiatori di fischietto. Si pensi che dal 1986 il governo americano ha recuperato circa 60 miliardi di dollari grazie a tale meccanismo el’85% di tutto il denaro recuperato deriva da processi avviati su segnalazione dei whistleblowers¹³.
Le leggi che tutelano il soggetto che ha rivelato la condotta illecita sono molteplici, sia federali che statali, e differenti a seconda dell’ambito specifico: societario, finanziario, appalti, salute e sicurezza sul lavoro ecc.
I primi sviluppi del whistleblowing risalgono al 1863 quando venne approvato il False Claim Act, legge che autorizzava tutti i privati cittadini, ma soprattutto i dipendenti del governo federale, ad esercitare un’azione popolare in caso di attività fraudolenta in danno del governo federale. Emendata nel 1986, tale legge, oltre a responsabilizzare il soffiatore di fischietto come promotore dell’azione giudiziale, lo rende strumento di inizio della successiva procedura di accertamento dell’illecito, proteggendolo da licenziamenti ingiusti, molestie e declassamento professionale e incoraggiandolo a denunciare tramite la corresponsione una percentuale sul denaro recuperato.
Nella legislazione seguente si amplia la tutela del soggetto che denuncia l’illecito al superiore gerarchico, alla pubblica amministrazione o ad un’Autorità garante: con il Whistleblower Protection Act si prevede, infatti, il divieto, in capo all’Office of the Special Counsel, di rivelare l’identità del whistleblower e la possibilità per quest’ultimo di conoscere tempi e risultati degli eventuali procedimenti avviati dopo la segnalazione.
Il lavoratore gode, dunque, di totale anonimato e può segnalare l’illecito facilmente in via informatica, via posta o fax (si veda il sito del SEC, ente analogo alla nostra CONSOB: https://www.sec.gov/about/offices/owb/owb-tips.shtml).
Inoltre, la legge protegge da provvedimenti disciplinari o sanzionatori eventualmente adottati nei confronti del dipendente denunciante a seguito della segnalazione, ad esempio la risoluzione del rapporto di lavoro in ragione della denuncia configura un’ipotesi di wrongful discharge con conseguente obbligo di reintegrazione del lavoratore. Addirittura si prevedono sanzioni penali nei confronti del datore di lavoro che ponga in essere comportamenti ritorsivi nei confronti del whistleblower.
Dal 2002 le tutele per il whistleblower pubblico dipendente vengono estese al settore privato, si prevedono misure interne di controllo dedicate alla denuncia di illecito e procedure per garantire la segnalazione anonima al fine di proteggere il denunciante (Sarbanes - Oxley Act o “SOX”).
Negli Stati Uniti, inoltre, da sempre sono previste misure d’incentivazione economica: si tratta di una percentuale - sino al 30% - del totale del denaro che il Governo recupera grazie alle informazioni denunciate. Dall’esistenza di questa forma di incentivo si desume una diversa visione dell’istituto rispetto a quella dell’Italia (e degli altri Paesi dell’UE): il lavoratore a conoscenza di illeciti segnala per perseguire il suo interesse e non per fare l’interesse pubblico. È evidente che ciò costituisce un grande incentivo, ma sarebbe ripetibile in Italia un modello simile?

IL WHISTLEBLOWER NEL REGNO UNITO

Anche nel Regno Unito il sistema di whistleblowing funziona bene, tant’è che Trasparency International nel report “Whistleblowing in Europe. Legal protections for whistleblowers in EU” lo classifica come “Advanced”, insieme a quello di altri soli tre Stati (Lussemburgo, Romania e Slovenia).
La normativa, tuttavia, è profondamente diversa rispetto a quella statunitense.
La legge di riferimento è il Public Interest Disclosure Act (PIDA) del 1998. Il sistema si basa sulla qualità della segnalazione e solo le qualifying disclosure possono ottenere protezione. Sono qualificate le segnalazioni che denunciano i relevant failure: a) violazioni di leggi penali o obblighi legali; b) comportamenti volti ad intralciare il corso della giustizia; c) comportamenti volti a ledere la salute o la sicurezza di terzi; d) comportamenti volti a mettere a rischio la tutela dell’ambiente; e) comportamenti volti a diffondere informazioni false in merito a condotte illecite.
Oltre che agli impiegati pubblici e privati, la protezione si applica a collaboratori, appaltatori, stagisti, ufficiali di polizia, lavoratori domestici e ogni professionista del Sistema Sanitario Nazionale.
La denuncia può essere ricevuta da diversi soggetti, interni all’ente come il datore di lavoro o il soggetto dallo stesso indicato, o esterni, come un’Authority di vigilanza, un Ministro del Governo, la polizia, i membri del Parlamento, i media.
A seconda del soggetto cui viene fatta la denuncia, il denunciante gode di una diversa tutela: a) se la segnalazione è fatta al datore di lavoro allo scopo di ottenere una consulenza legale, il segnalante è protetto sia esso in buona fede o meno; b) se la segnalazione è effettuata ad un’Authority di vigilanza o a un Ministro del Governo, il whistleblower è protetto quando agisce in buona fede, cioè nel caso in cui ragionevolmente creda che l`informazione sia sostanzialmente vera; c) se la segnalazione è fatta alla polizia, ai Membri del Parlamento o ai media, essa è protetta se sussiste il ragionevole convincimento che alla segnalazione al datore di lavoro seguirà un atto di ritorsione o un occultamento di prove e che la “rilevante irregolarità” è di natura eccezionalmente seria.
In aggiunta ai requisiti suddetti la segnalazione non deve essere mai fatta per un guadagno personale, ma, al contrario, per perseguire l’interesse pubblico e deve essere ragionevole in tutte le circostanze.
Nel Regno Unito, al fine di tutelare – quindi incentivare – i soffiatori di fischietto, è stata prevista (i) la nullità di clausole che inserite nel contratto di lavoro precludano la possibilità di effettuare segnalazioni, (ii) l’illegittimità del licenziamento in ragione della denuncia effettuata, (iii) l’onere della prova in merito alla legittimità del licenziamento dopo la denuncia in capo al datore di lavoro, (iv) la mancanza di limiti al risarcimento dei danni cagionati al whistleblower, basato sulle perdite finanziarie subite e sui danni morali.
È stata, inoltre, introdotta un’apposita commissione per verificare che i soffiatori di fischietto ricevano un’adeguata protezione.
Sebbene il PIDA incentivi le segnalazioni aperte o confidenziali (nelle quali cioè l’identità è conosciuta solo al soggetto preposto alla ricezione delle segnalazioni), esso protegge anche chi segnala in forma anonima.
Appare necessario sottolineare che il PIDA è stato approvato in un momento in cui erano molto diffuse le segnalazioni e le conseguenti ritorsioni da parte dei datori di lavoro: su circa 230 casi di denuncia di frodi o irregolarità da parte dei lavoratori, circa l’80% dei denuncianti era licenziato¹⁴.
Ciò sta a significare che la legislazione si inserisce in un contesto sociale propenso a far emergere illeciti perpetrati nelle amministrazioni e nelle aziende.

RIFLESSIONI CONCLUSIVE: PERCHÉ IN ITALIA IL WHISTLEBLOWING NON È DIFFUSO. CRITICITÀ E PROPOSTE DI MODIFICA

È stato evidenziato che la normativa vigente in materia di whistleblowing non è assolutamente esaustiva.
Già con l’approvazione del disegno di legge n. 2208, ora all’esame del Senato, il nostro Paese farebbe un grande passo in avanti grazie all’espansione dell’ambito di applicazione dell’istituto anche (i) a collaboratori o consulenti con qualsiasi tipo di contratto o incarico; (ii) a lavoratori o collaboratori a qualsiasi titolo di imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore della p.A.; (iii) al settore privato.
Grande rilievo, inoltre, avrebbero incentivi a segnalare come: la spiegazione di quando il whistleblower si considera in buona fede e, dunque, può godere della tutela; il conferimento ad ANAC di poteri sanzionatori in caso di misure discriminatorie seguenti alla denuncia; la previsione che la segnalazione sarà utilizzabile ai fini disciplinari se indispensabile per la difesa dell’incolpato solo previo consenso del segnalante alla rivelazione della sua identità; ed infine, il miglioramento delle procedure per la presentazione e la gestione delle segnalazioni attraverso linee guida dell’ANAC.
Anche con l’approvazione del disegno di legge su richiamato, tuttavia, rimarrebbero non pochi profili problematici: la segnalazione dovrebbe essere sempre effettuata nell’interesse pubblico; il segnalante non godrebbe di totale anonimato; sarebbe sufficiente una sentenza di primo grado che accerti la responsabilità penale o civile per calunnia o diffamazione per far venir meno le condizioni di tutela; se l’ANAC accertasse che la segnalazione è infondata e che non è stata eseguita in buona fede, il segnalante sarebbe sottoposto a procedimento disciplinare al termine del quale potrebbe essere anche licenziato senza preavviso; non sarebbero previsti vantaggi economici per il segnalante.
A differenza del Regno Unito, dove già prima del PIDA il sistema di segnalazioni era diffuso, nel nostro Stato regna la propensione a tacere. Si pensi che, secondo il dato rilevato dal Global corruption barometer 2013 (Trasparency International), il 44% degli italiani non sarebbe disposto a fare “soffiate”, soprattutto per l’assenza di tutele giuridiche adeguate.
In ragione di tale differenza tra società italiana e inglese, una legge simile al PIDA potrebbe non essere sufficiente per far funzionare concretamente le segnalazioni e raggiungere il fine dell’emersione di illeciti.

Di seguito si prenderanno in considerazione alcune possibili modifiche da apportare al disegno di legge approvato alla Camera:
SUI PRESUPPOSTI DELLA TUTELA: INTERESSE PUBBLICO E BUONA FEDE: Si potrebbe prevedere che il whistleblower sia tutelato anche nel caso in cui non persegua il pubblico interesse. Per lo meno il legislatore potrebbe disporre che gode della protezione il soggetto che faccia la segnalazione anche nel pubblico interesse.
In alternativa, se per interesse si intende non uno stato soggettivo, ma l’oggettiva idoneità della condotta ad arrecare un vantaggio all’imparzialità e al buon andamento dell’amministrazione, bisognerebbe specificarlo altrimenti la disposizione sarebbe in balia di diverse possibili interpretazioni.
In merito alla buona fede del segnalante è certamente positivo che il disegno di legge chiarisca quando sussiste la buona fede, ma forse si potrebbe fare un passo più avanti nell’ottica di incentivare il lavoratore a far emergere situazioni illecite.
Va considerato che la necessità della buona fede, da una parte, e le conseguenze per il whistleblower che agisce in mala fede (il venir meno di ogni tutela e l’attivazione del procedimento disciplinare del segnalante), dall’altra, si spiegano in ragione della necessità di tutelare il terzo nei cui confronti viene effettuata la segnalazione. Data la necessità di bilanciare le due esigenze – l’incentivo alla segnalazione e la tutela del terzo – si potrebbe prevedere che la buona fede si presume¹⁵.

SULLA TUTELA: Si potrebbe affermare espressamente, inoltre, che la tutela è riconosciuta alle segnalazioni di reati o illeciti anche nel caso in cui la segnalazione è adeguatamente circostanziata, ma tali reati o illeciti risultino successivamente inesistenti¹⁶.
Si potrebbe prevedere, poi, che il diritto di effettuare segnalazioni di reati o illeciti non può essere, in nessun caso, limitato mediante clausole contrattuali e che eventualmente tali clausole volte a limitare o condizionare il diritto sono nulle.
In merito al licenziamento ritorsivo o discriminatorio il legislatore potrebbe cogliere l’opportunità di disporre che esso sia nullo e che sia onere del datore di lavoro, per tutte le controversie legate a licenziamenti, demansionamenti e sanzioni disciplinari, dimostrare che tali misure sono fondate su ragioni estranee alla segnalazione stessa. Così si è previsto infatti nel PIDA nel Regno Unito e nel nuovo disegno di legge (ma solo all’art. 2 sul settore privato).

SUL DIRITTO ALLA RISERVATEZZA: per quanto riguarda le norma sulla segretezza dell’identità del segnalante, il sistema di incentivazione del whistleblowing va bilanciato con l’esigenza di salvaguardare il diritto di difesa del terzo soggetto accusato. Si immagini che il fatto abbia rilevanza penale: si potrebbe ipotizzare un segreto assoluto nella fase delle indagini preliminari, in deroga a quanto disposto dall’art. 329 c.p.p., ma rimane ferma la necessità di rendere noto il nome del segnalante durante la fase dibattimentale, in virtù del nostro sistema penale propenso a garantire all’imputato ogni tutela, in primis la sollecitazione del contraddittorio¹⁷. È proprio per garantire tale esigenza che non è consentita nel nostro sistema, a differenza di quello statunitense e inglese, la segnalazione anonima.
Per quanto riguarda il procedimento disciplinare, tuttavia, potrebbe essere emendato il disegno di legge con la previsione della necessità dell’”assoluta indispensabilità” e non dell’”indispensabilità” mera della rivelazione del nome del segnalante per la difesa del terzo.

SULLE CONDIZIONI IN CUI VIENE MENO LA TUTELA: Va salutata con sfavore la disposizione del nuovo disegno di legge in merito al venir meno delle tutele nell’ipotesi in cui il segnalante sia condannato in primo grado per calunnia o diffamazione. Tale norma, oltre a porsi in contrasto con il principio di non colpevolezza, costituirebbe un grande disincentivo a segnalare. Potrebbe, pertanto, ipotizzarsi che la condanna che faccia cadere ogni tutela sia contenuta in un provvedimento definitivo, passato in giudicato.

SULL’INCENTIVO ECONOMICO: In merito all’incentivo economico è necessaria qualche riflessione maggiore. Prevedere una qualsiasi forma di ricompensa economica sarebbe sicuramente lo strumento più appetibile per i lavoratori pubblici e privati, ma potrebbe portare a spiacevoli conseguenze.
Dal punto di vista etico, innanzi tutto, potrebbe essere più corretto offrire al whistleblower un’adeguata tutela piuttosto che una ricompensa economica per aver adempiuto un “dovere civico”. Ma il vero problema dell’incentivo economico è la sua quantificazione e il rischio che il soggetto venuto a conoscenza dell’illecito ricatti il terzo da denunciare chiedendogli, come “prezzo del silenzio”, una cifra superiore a quella che lo Stato gli offrirebbe.

SULL’APPROPRIATEZZA DEI SISTEMI DI GESTIONE DI SEGNALAZIONE E SULLA SENSIBILIZZAZIONE SOCIALE: Potrebbe essere di grande incentivo la consapevolezza di poter contare su procedure informatiche sicure e facilmente utilizzabili da chiunque per effettuare la segnalazione. Sul punto l’ANAC potrebbe giocare un ruolo chiave ove venisse approvato il disegno di legge all’attenzione del Senato, dato che si affida all’Autorità il compito di emanare linee guida su procedure di presentazione e gestione delle segnalazioni.
Riguardo all’attuale gestione delle procedure di segnalazione, sono state sollevate alcune critiche¹⁸ in ordine al sistema di segnalazione gestito da ANAC. In particolar modo, si auspica che l’accesso al modulo scaricabile dal sito per la segnalazione di illecito da parte del dipendente pubblico sia protetto in qualche modo, per lo meno attraverso una connessione “https” che impedirebbe al datore di lavoro di vedere ciò che il dipendente segnala all’Autorità. Si consiglia, inoltre, di evitare che la segnalazione venga effettuata proprio dal sito dell’ANAC, preferendo a tale sistema un software di navigazione anonima “Tor”.
Si consideri che sui siti statunitensi c’è una grande pubblicità del whistleblowing: si veda ad esempio http://www.whistleblowers.gov/: l’utente ha a disposizione tre finestre (i) conosci i tuoi diritti; (ii) protezione dei lavoratori; (iii) compila una denuncia. In alternativa, si veda https://www.sec.gov/whistleblower nel quale l’utente può informarsi leggendo le domande più frequenti e compilare la denuncia.
La facilità di accesso al sistema di segnalazione e la pubblicità della possibilità di denunciare non devono essere sottovalutate perché, data la scarsa propensione alla segnalazione in Italia, appare opportuno agire a livello sociale e sensibilizzare i lavoratori affinché segnalare diventi una prassi.

SULL’ESTENSIONE DELL’AMBITO SOGGETTIVO DEL WHISTLEBLOWER: È sicuramente positivo che il legislatore voglia ampliare il raggio di applicazione dell’istituto anche al settore privato dato che eventuali illeciti all’interno dell’impresa (ad esempio la corruzione o la turbata libertà degli incanti) non incidono solamente sul patrimonio della singola azienda, ma anche sul sistema economico nel suo complesso.
Nel disegno di legge approvato alla Camera, tuttavia, ci sono almeno due criticità da sottolineare: la disciplina delle segnalazioni viene demandata al modello di organizzazione e gestione, ma non si considera che l’adozione di tale modello non è obbligatorio per le imprese. Se l’impresa non ha adottato il modello, dunque, a quale atto interno si farà riferimento? Altro profilo problematico attiene all’obbligo di segnalazione che i modelli dovrebbero prevedere, giacché si configurerebbe una disparità di trattamento ingiustificata tra il lavoratore privato per il quale la segnalazione sarebbe un obbligo e il dipendente pubblico per il quale sarebbe, invece, una mera facoltà.
In generale, invece, il legislatore potrebbe estendere ancora di più il novero dei segnalanti comprendendo anche gli ex dipendenti pubblici e privati, i quali, oltretutto, non sarebbero più timorosi di subire ritorsioni data l’estinzione del rapporto di lavoro¹⁹.

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¹Si veda amplius pag. 90 e ss. della Relazione annuale 2015, presentata al Parlamento il 14 luglio 2016 reperibile nel sito www.anticorruzione.it

²Art. 54-bis. (Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti). 1. Fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, il pubblico dipendente che denuncia all'autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, o all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia. 2. Nell'ambito del procedimento disciplinare, l'identità del segnalante non può essere rivelata, senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l'identità può essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell'incolpato. 3. L'adozione di misure discriminatorie è segnalata al Dipartimento della funzione pubblica, per i provvedimenti di competenza, dall'interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell'amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere. 4. La denuncia è sottratta all'accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

³Raffaele Cantone, nel Rapporto sul whistleblower del 22 giugno 2016 (pag. 1), pubblicato sul sito www.anticorruzione.it, ha affermato: «Certamente l‟istituto è nuovo ed estraneo alla nostra cultura: talmente estraneo che nel vocabolario della lingua italiana non vi è al momento nemmeno una parola per dare un nome a questa persona. A tal proposito – proprio per aiutare la “nazionalizzazione” dell‟istituto e farlo conoscere ai nostri giovani, classe dirigente del futuro – oggi in accordo con il MIUR (nell‟ambito dell‟intesa che vede anche la partecipazione della DNA e della SNA) lanciamo un “concorso di idee” per la ricerca del nome da dare al whistleblower nostrano, aperto a tutti gli studenti delle scuole superiori».

Art. 2359. (Società controllate e società collegate). Sono considerate società controllate: 1) le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria; 2) le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria; 3) le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa. Ai fini dell'applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi. Sono considerate collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole. L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati.

Il dl 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla l. 11 agosto 2014, n. 114, ha disposto la modifica dell’art. 53-bis inserendo, tra i destinatari della segnalazione, anche l’Autorità Nazionale Anticorruzione.

Nella Relazione annuale al Parlamento 2015 (p. 90), il Presidente dell’ANAC afferma che «il documento costituisce, in generale, un punto di riferimento per le amministrazioni e suggerisce indicazioni in ordine a vari aspetti, quali l‟ambito soggettivo di applicazione della normativa e le misure che le PA devono approntare per tutelare la riservatezza dell‟identità dei dipendenti che segnalano illeciti nell‟interesse pubblico».

Tribunale Milano, sez. lav., 06 febbraio 2014, n.419.

Cassazione civile, sez. lav., 14 marzo 2013, n. 6501.

Nel report di A. CORRADO (a cura di), Il whistleblowing in Italia, in www.anticorruzione.it si legge che nel 2016 le principali tipologie di illecito segnalate sono: nomina illegittima di un comandante di polizia municipale; affidamenti di appalti senza gara; procedure illegittime di rilascio di carte di identità; assunzioni irregolari.

¹⁰Sul punto si veda il paragrafo V.

¹¹Art. 329 c.p.p. 1.Gli atti d'indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria sono coperti dal segreto fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari. 2. Quando è necessario per la prosecuzione delle indagini, il pubblico ministero può, in deroga a quanto previsto dall'articolo 114, consentire, con decreto motivato, la pubblicazione di singoli atti o di parti di essi. In tal caso, gli atti pubblicati sono depositati presso la segreteria del pubblico ministero. 3. Anche quando gli atti non sono più coperti dal segreto a norma del comma 1, il pubblico ministero, in caso di necessità per la prosecuzione delle indagini, può disporre con decreto motivato: a) l'obbligo del segreto per singoli atti, quando l'imputato lo consente o quando la conoscenza dell'atto può ostacolare le indagini riguardanti altre persone; b) il divieto di pubblicare il contenuto di singoli atti o notizie specifiche relative a determinate operazioni.

¹²Cassazione civile, sez. lav., 14 marzo 2013, n. 6501.

¹³La fonte dei dati è J. PHILLIPS, Incentivare chi denuncia. In America si fa così, reperibile in http://www.whistleblowing.it/john%20phillips.pdf

¹⁴Il dato è riportato su The Independent, del 28 gennaio 1999.

¹⁵Così suggerisce il disegno di legge di Trasparency International Italia.

¹⁶In questi termini il disegno di legge di Trasparency International Italia.

¹⁷Art. 111 Cost., co.2 “Nel processo penale la legge assicura che la persona accusata di un reato (…) abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico”.

¹⁸http://espresso.repubblica.it/attualita/2016/01/25/news/luci-e-ombre-della-legge-italiana-sul-whistleblowing- 1.247656

¹⁹Il riferimento anche ad ex dipendenti è contenuto nel disegno di legge presentato alla Camera da Trasparency International Italia.