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Anno XVI - n. 07 - Luglio 2024

  Giurisprudenza Amministrativa



Il valore ambientale e i suoi ambiti problematici.

Di Matteo De Biase
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NOTA A CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE SECONDA

SENTENZA 10 marzo 2021, n. 2056

 

Il valore ambientale e i suoi ambiti problematici

Di MATTEO DE BIASE

 

SOMMARIO: 1. Introduzione e riferimenti normativi. – 2. Fatto. – 3. La motivazione della sentenza in commento. - 3.1. La rilevanza del valore ambientale. –  4. Conclusioni.

 

  1. Introduzione e riferimenti normativi.

Con la pronuncia in commento, il Consiglio di Stato si è preoccupato di pronunciare principi attinenti alla legittimazione ad impugnare delle associazioni ambientaliste e dei privati cittadini sulle questioni capaci di incidere in campo ambientale, in modo diretto o indiretto.

In particolare, sono richiamati gli artt. 13 e 18 L. n. 349 del 1986, l’art. 310 d.lgs. n. 152 del 2006 e l’art. 139 d.lgs. n. 206 del 2005 al fine di definire la controversia avverso le impugnate delibere comunali e e regionali, rispettivamente, n. 80 del 21.12.2010 e n. 11-2010 del 17.5.2011.

 

Con ricorso volto ad ottenere l’annullamento delle delibere del Consiglio Comunale del comune di C. e della Giunta Regionale della regione Piemonte concernenti il Piano Particolareggiato Edilizio (PPE) incidente sull’ambiente e sulla conformazione urbana del territorio, , il sig. M. e L. xxxxx- Onlus, adivano tempestivamente il  Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte per contestare violazione di legge ed eccesso di potere degli atti adottati.

Infatti, si rilevava innanzitutto come fosse la stessa Regione Piemonte ad aver adottato dei precedenti atti di indirizzo ed autovincolanti poi non concretamente rispettati nel caso di specie, nonché la presenza di criticità idrogeologiche per il territorio oggetto del PPE che impongono di ricorrere ad un rigoroso principio di precauzione, immanente alla disciplina ambientale. Ciò, si argomenta in sede di ricorso, sarebbe dimostrato dagli eventi alluvionali verificatisi nel tempo e che hanno imposto degli interventi di messa in sicurezza immediati[1].

La difesa del Comune e della Regione, invocava invece da una parte la preliminare inammissibilità del ricorso e, nel merito, la legittimità delle delibere contestate.

In esito al procedimento di primo grado, il TAR Piemonte sez. I con sentenza 9 agosto 2017, n. 959 ha accolto il ricorso presentato, annullando i provvedimenti amministrativi indicati[2]. Merita menzione il fatto che i ricorsi originari fossero due, salva la riunione compiuta dal Giudice Amministrativo regionale[3].

I resistenti, pertanto, hanno impugnato la decisione del giudice di prime cure, ed innanzi al Giudice di Appello si costituiva pure la società V.I. S.R.L., per insistere nell’accoglimento delle doglianze degli appellanti.

 

  1. La motivazione della sentenza in commento.

La decisione di appello del Consiglio di Stato si può dire, schematicamente, essere rivolta, in modo conforme all’impugnazione presentata dalle parti appellanti, da una parte a risolvere le doglianze preliminari, e dall’altra ad affrontare le doglianze sostanziali, incidenti sul merito della sentenza gravata.

All’interno del primo gruppo di questioni, peculiare rilievo assume l’eccezione rivolta alla carenza di legittimazione attiva dei ricorrenti, su cui il TAR Piemonte si era pronunciato negativamente.

La legittimazione dell’ente L.XXXXX, infatti, è giustificata con riguardo alle questioni ambientali in forza della disciplina derivante dal combinato disposto dell’art. 310 d.lgs. n. 152 del 2006[4] e dell’art. 139 d.lgs. n. 206 del 2005[5]. Il Legislatore, ricorda tra le righe il Consiglio di Stato, mira a offrire una tutela rafforzata del valore ambientale[6], il quale si presta a declinazioni molteplici e ad una attenzione massima che giustifica, senza onere di completezza, una maggior ampiezza delle prerogative di accesso alle informazioni ambientali, una deroga al principio di semplificazione del procedimento amministrativo, nonché una estesa legittimazione ad agire in favore si di soggetti rappresentanti del bene ambientale medesimo come interesse diffuso. A tale ratio, si aggiunge il richiamo legislativo citato che non lascia alcun dubbio sulla piena possibilità di adire il Giudice da parte dell’organismo rappresentante diritti superindividuali. Semmai, potrebbe porsi il problema di qualificare la controversia de qua come ricadente su diritti ambientali ma, anche sotto questo profilo, la volontà di estendere la tutela del danno ambientale e la necessità di perseguire ogni azione illecita, finisce per fornire una nozione ampia di ambiente, in cui senza ombra di dubbio si potrà inglobare un atto in materia edilizia e urbanistica, come dimostrato dal fatto che gli atti di causa fanno riferimento alla mancata sottoposizione del progetto alla valutazione ambientale strategica o alla mancata allegazione della relazione geologica al progetto preliminare[7].

In merito alla posizione del sig. M., il Consiglio di Stato, dà spazio alla teoria generale che supporta i ricorsi amministrativi in forza di interesse legittimo leso, ove sia qualificato e differenziato. E tali peculiarità sono incontestabili nel caso di specie perché è pacifico il rapporto di vicinanza abitativa tra il luogo in cui risiede il M. e quello oggetto dell’intervento regolatore, nonché le asserite limitazioni e disagi che il medesimo deduce di subire in caso di attuazione dei provvedimenti amministrativi comunale e regionale. Ciò è sufficiente ad ammettere la sussistenza, anche nei sui confronti del presupposto processuale tanto della legittimazione, quanto dell’interesse a ricorrere.

Secondo motivo di gravame, sempre nel senso delle eccezioni preliminari, è quella della tardività del ricorso presentato, parimenti da rigettarsi a parere del Supremo Consesso Amministrativo. Ritenere che si sarebbe dovuto procedere ad impugnare degli atti preliminari con cui Comune e Regione comunicavano e contro-deducevano reciprocamente sulla materia edilizia e urbanistica, infatti, è del tutto fuorviante, poiché si sarebbe trattato di procedere a contestare atti di natura meramente endo-procedimentale non ancora perfetti e, soprattutto, non ancora incidenti sulle situazioni giuridiche soggettive dei ricorrenti. In caso di impugnazione di tali atti, allora sì, il Giudice Amministrativo avrebbe dovuto ben rilevare una inammissibilità per assenza di interesse al ricorso, ma non nella condizione attuale, ove la tardività non è eccezione accoglibile. Con maggior dovere esplicativo, gli atti di confronto tra le Pubbliche Amministrazioni non sono altro, perlomeno in ipotesi di specie, che meri atti interlocutori non capaci di incidere o ledere posizioni di soggetti terzi.

Ultimo rilievo presentato preliminarmente attiene, poi, al principio del ne bis in idem, poiché si dovrebbe rilevare la inammissibilità di alcune parti del ricorso presentato per secondo e poi riunito dal TAR Piemonte. Invero non è questione su cui si spende il Consiglio di Stato poiché, pur volendo accogliere la doglianza limitatamente al primo motivo di ricorso, effettivamente identico, la questione finisce per essere assorbita stante la piena accoglibilità del ricorso quanto al secondo motivo di impugnazione. Ancora una volta il principio di assorbimento delle questioni, in senso logico, consente al Giudice di Appello di superare l’eccezione sollevata.

I Giudici di Palazzo Spada passano così alla parte relativa al merito del ricorso.

Sotto questo aspetto, va ricordato che la materia urbanistica è connotata da un ampio margine di discrezionalità amministrativa, con la conseguenza che sussiste concretamente il rischio di compiere un accertamento sconfinante nel merito amministrativo, dunque al di fuori da una delle ipotesi expressis verbis ammessi dal legislatore ex art. 134 d. lgs. 104 del 2010[8]. Fatta tale necessaria premessa, il Consiglio di Stato, conferma la sentenza del TAR Piemonte poiché le verifiche compiute attengono esclusivamente al carattere di legittimità dei vizi, ambito pienamente sindacabile dal Giudice speciale.

Nello specifico sono richiamate le seguenti censure: carenze e contraddittorietà dell'attività istruttoria nel suo complesso, indice che notoriamente si presenta come figura sintomatica dell’eccesso di potere; mancato adeguamento dello strumento urbanistico del PPE alle prescrizioni e indicazioni fornite dalle autorità intervenute nel corso dell'istruttoria amministrativa, tra cui l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Piemonte; l’inadeguatezza dell’area oggetto di PPE di essere destinataria di un indice di edificabilità elevato a causa delle problematiche idrogeologiche mai definitivamente superate. A sostegno delle argomentazioni svolte, si ricorre alle numerose missive di scambio a carattere interno tra le Amministrazioni coinvolte, dalle quali si deduce che sono rimaste del tutto inascoltati i rilievi e le deduzioni mosse con lo scopo di modificare gli aspetti più critici del Piano Edilizio Particolareggiato, individuato con le delibere impugnate del Comune e della Regione.

Tutto ciò considerato, il Consiglio di Stato conclude nel senso del rigetto dell’Appello e di ogni avversa domanda e questione ritualmente proposta, a tutela non solo del corretto esercizio del potere amministrativo e nel rispetto delle procedure predisposte, ma pure al fine di garantire efficacemente il diritto ambientale della zona interessata e, indirettamente, la salute della popolazione, essendo assente ogni cautela e misura di sicurezza[9].

Al rigetto del mezzo di impugnazione consegue la conferma della decisione del Giudice di primo grado, l’assorbimento dei motivi delle parti appellate per ragioni di economia processuale e la compensazione delle spese di lite poiché ne ricorrono giusti motivi.

 

  • La rilevanza del valore ambientale.

Il valore ambientale nelle riflessioni giuridiche ed amministrative ha acquisito una notevole centralità, tanto da rendere necessarie delle deroghe alla disciplina comune: tali deroghe non sono espressamente richiamate nella sentenza del Consiglio di Stato sopra commentata, ma ciononostante sono implicitamente valutate dal Collegio e meritano, pertanto, un approfondimento.

Primo focus è quello, trattato nel provvedimento del Consiglio di Stato del 9 marzo 2021 n. 2056, relativo al ricorso e alla sua proponibilità.

Al fine di ampliare il novero dei soggetti legittimati ad impugnare le decisioni della Pubblica Amministrazione lesive dell’interesse ambientale, l’art. 309 d. lgs. 152 del 2006 ha previsto e disciplinato la facoltà di agire in giudizio alle persone giuridiche, nonché la possibilità di presentare osservazioni e denunce direttamente al Ministero dell’Ambiente. Invero, per non dubitare di chi gode di tale diritto e per compiere una corretta classificazione dei soggetti astrattamente legittimati, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) emana annualmente la pubblicazione di apposito Decreto Ministeriale, volto ad individuare i soggetti che possono ex se ricorrere all’impugnazione di atti a tutela dell’ambiente, in forza dei caratteri statutari di democraticità organizzativa dell’organismo, di diffusione sul territorio e vicinanza, di stabile organizzazione e di espresso obiettivo di tutela ambientale.

Il punto di riflessione, anzi, si sposta già nel panorama giurisprudenziale odierno, nel riconoscere una legittimazione in tal senso anche a quegli organismi rappresentativi non menzionati nel Decreto Ministeriale ma, comunque dotati di caratteri che a lungo lo stesso Consiglio di Stato[10] ha ritenuto essenziali, e contemporaneamente sufficienti, per agire in tutela dei cd. interessi collettivi. Trattasi di elementi quali la rilevanza del bene in favore del quale si agisce che deve essere menzionato nello Statuto dell’ente e l’interesse comune degli associati o dei rappresentati tutti e non l’imputabilità stessa ad un singolo soggetto. Neppure la personalità giuridica è ormai elemento che se mancante osta alla azione giurisdizionale, poiché colmabile dai suddetti caratteri e da quelli ulteriori volti a valorizzare sia un rapporto di vicinitas con luogo fisico oggetto di interesse, sia una organizzazione stabile e democratica dell’ente o dell’organismo.

Ed allora, sulla base di ciò, la dottrina e la giurisprudenza sono orientate nel senso di ammettere la legittimazione ad agire anche ai ricorrenti non indicati nel Decreto Ministeriale se dotati di dette caratteristiche, anche per favorire una interpretazione costituzionalmente orientata delle norme di tutela ambientale in rapporto all’art. 24 Cost. A maggior ragione, allora, pare assolutamente inoppugnabile la tesi confermata dal Giudice Amministrativo di Appello, il quale rimane nel solco tracciato dalla legge e dalla giurisprudenza in merito alla piena legittimazione ad agire delle associazioni, come L.XXXXX, citate dal Decreto ministeriale.

Sebbene minoritaria, per dovere di completezza, non può che citarsi quella opposta linea interpretativa che esclude la facoltà di ricorrere in giudizio per le associazioni ambientaliste non espressamente individuate dal Decreto del MATTM, argomentando nel senso di un superamento ingiustificato delle prerogative legislative[11].

Altro aspetto, sempre importante per l’analisi della disciplina del settore speciale dell’ambiente, è quello che concerne l’accesso alle informazioni ambientali.

Nello specifico, in deroga alla disciplina generale sull’accesso classico consentito per gli atti amministrativi, in campo ambientale, l’art. 3, comma 1, d. lgs. n. 195 del 19 agosto 2005, in attuazione della direttiva euro-unitaria 2003/4/CE, prevede che la pubblica autorità renda disponibile l’informazione ambientale a chiunque ne faccia richiesta, senza che ricada sul richiedente onere alcuno[12].

La doppia deroga normativa rispetto all’accesso classico è immediatamente percepibile, sia sul piano soggettivo che oggettivo. Infatti, colui il quale accede, non dovrà dimostrare alcuna posizione giuridica soggettiva attuale, concreta, diretta e collegata al dato di cui si chiede nozione, con la conseguente ratio di estendere il più possibile il ricorso allo strumento dell’accesso. Per ciò che riguarda l’informazione, invece, la differenza terminologica rispetto all’atto, è fondamentale, poiché suggerisce, anche sotto tale profilo, la netta preferenza per una concezione estensiva, confermata anche dal dato testuale di cui all’art. 2 d. lgs. 195 del 2005, il quale definisce l’informazione come «qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica od in qualunque altra forma materiale concernente: 1) lo stato degli elementi dell'ambiente, […]; 2) fattori quali le sostanze, l'energia, il rumore, le radiazioni od i rifiuti, […]; 3) le misure, anche amministrative, quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali […]; 4) le relazioni sull'attuazione della legislazione ambientale; 5) le analisi costi-benefici […]; 6) lo stato della salute e della sicurezza umana». Di contro, la giurisprudenza[13] ha elaborato talune figure sottratte al novero citato, tra cui quelle riguardanti un procedimento di gara o l’esecuzione di un’opera pubblica che possa incidere sull’ambiente[14].

Infine, è utile sottolineare la crescente rilevanza della materia ambientale anche in campo contrattualistico con i cd. appalti verdi, ove la stessa Corte di Giustizia dell’Unione Europea[15], ha ricordato come possa realizzarsi una procedura di evidenza pubblica basata esclusivamente sulla qualità ambientale come criterio di aggiudicazione e con deroga al principio di economicità.

 

La rilevanza del bene pubblico attinente al diritto ambientale, continua ad essere al centro del dibattito giuridico e amministrativo attuale. La giurisprudenza, anche grazie alla sentenza commentata, continua in una posizione consolidata nell’affermazione di principi che tendono a favorire una diffusa partecipazione e controllo in tale ambito[16].

D’altra parte, e pare facile anticiparlo anche alla luce del recente piano europeo noto come Next Generation EU, sarà sempre maggiore l’interesse legislativo per la tematica de qua, aprendo nuovi dubbi e questioni ermeneutiche.

Esse, però, potranno ad oggi partire da alcuni punti fermi ribaditi dalla sentenza n. 2056 del 9 marzo 2021 del Consiglio di Stato: legittimazione ad agire delle associazioni ambientaliste e dei privati avverso atti lesivi per ambiente o salute e potere del Giudice Amministrativo di spingersi ad una analisi ai confini del merito amministrativo nei provvedimenti in materia di organizzazione del territorio.

 

 

[1] Cfr. Cons. di Stato Sez. II, 9 marzo 2021, n. 2056.

[2] Cfr. TAR Piemonte Sez. I, 9 agosto 2017, n. 959.

[3] Ex art. 70 d.lgs 104 del 2010: «Il collegio può, su istanza di parte o d'ufficio, disporre la riunione di ricorsi connessi».

[4] Cfr. Art. 310 d. lgs 152 del 2006: «1. I soggetti di cui all'articolo 309, comma 1, sono legittimati ad agire, secondo i principi generali, per l'annullamento degli atti e dei provvedimenti adottati in violazione delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto nonché avverso il silenzio inadempimento del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e per il risarcimento del danno subito a causa del ritardo nell'attivazione, da parte del medesimo Ministro, delle misure di precauzione, di prevenzione o di contenimento del danno ambientale […]».

[5] Cfr. Art.139 d. lgs. 205 del 2006: «1. Le associazioni dei consumatori e degli utenti inserite nell'elenco di cui all'articolo 137 sono legittimate ad agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti. Oltre a quanto disposto dall'articolo 2, le dette associazioni sono legittimate ad agire nelle ipotesi di violazione degli interessi collettivi dei consumatori contemplati nelle materie disciplinate dal presente codice  […]».

[6] Cfr. Corte Cost. 27 giugno 1986, n. 151; id. 28 maggio 1987, n. 210.

[7] Cfr. Punto 2 Sent. in commento.

[8] Cfr. Punto 5 Sent. in commento.

[9] Cfr. Punto 7 Sent. in commento.

[10] Cfr. Cons. di Stato Sez. V, 4 novembre 2016, n. 4628, id. Sez. IV, 16 novembre 2011, n. 6050.

[11] FERRARI G. - GAROFOLI R., Manuale di diritto amministrativo. Parte generale e speciale, Roma-Molfetta, 2019, pp. 1809 e ss.

[12] Ex art. 3, comma 1, d. lgs. 195 del 2005: «1. L’autorità pubblica rende disponibile, secondo le disposizioni del presente decreto, l'informazione ambientale detenuta a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dichiarare il proprio interesse […]»

[13] Cfr. Cons. di Stato Sez. IV, 20 maggio 2014, n. 2557.

[14] GALLI R., Nuovo corso di diritto amministrativo, Tomo I, Padova, 2019, pp.  441 e ss.

[15] Cfr. Corte di Giustizia dell’Un. Eurpea, Sent. Concordia Bus Finland, 17 settembre 2002, C-513/99.

[16] CROSETTI A.- FERRARA R. – FRACCHIA F. – OLIVETTI RASON N, Introduzione al diritto dell’ambiente, Bari, 2018, pp. 22 e ss.