Temi e Dibattiti

Il principio di rotazione degli appalti pubblici nel D.lgs. 31 marzo 2023 n. 36. Il difficile rapporto con il nuovo principio del risultato.
Di Gaspare Maria Cammareri
Il principio di rotazione degli appalti pubblici nel D.lgs. 31 marzo 2023 n. 36. Il difficile rapporto con il nuovo principio del risultato.
Di Gaspare Maria Cammareri[1]
ABSTRACT
Con l’entrata in vigore del nuovo Codice, D.lgs. 31 marzo 2023 n. 36, il Legislatore ha introdotto per la prima volta una disciplina organica del principio di rotazione degli appalti pubblici, rimediando in tal modo alla lacuna che con il Dlgs. 50/2016 avevano provveduto a colmare l’ANAC e la giurisprudenza amministrativa. Adesso, l’art. 49, riprendendo quasi pedissequamente le Linee Guida ANAC, indica con chiarezza presupposti di applicazione e casi di deroga del principio di rotazione.
La disciplina così posta, tuttavia, non tiene conto delle altre importanti novità recate dalla riforma del 2023 e, in particolare, l’introduzione nella PARTE I di un decalogo di principi che informano il settore degli appalti pubblici. Tra questi, il principio del risultato rappresenta un’assoluta novità. Tramite esso il Legislatore ha voluto mettere in chiaro qual è il fine che l’azione amministrativa si prefigge con una determinata procedura di affidamento e, quindi, con la conclusione di un contratto, seppur nel rispetto degli altri collaterali principi della legalità, trasparenza e concorrenza: “[…] il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo”.
Nel corso della presente trattazione, pertanto, la prima parte verrà dedicata all’analisi delle novità introdotte con la riforma del 2023, alla luce della disciplina precedente; successivamente, si approfondiranno i possibili punti di frizione che emergono tra la disciplina del principio di rotazione – in particolare delle sue deroghe – ed il principio del risultato.
With the entry into force of the new Public Procurement Code, Legislative Decree no. 36 of 31 March 2023, the Legislator introduced, for the first time, a comprehensive regulation of the principle of rotation of public procurement, thus addressing the gap that with the Legislative Decree. 50/2016 had taken steps to bridge the ANAC and the administrative jurisprudence. Now, the art. 49, close following the ANAC Guidelines, clearly indicates application conditions and cases of derogation from the rotation principle.
The regulation thus posed, however, does not take into account the other important innovations brought about by the 2023 reform and, in particular, the introduction in PART I of a decalogue of principles that inform the public procurement sector. Among these, the principle of the result represents an absolute novelty. Through the latter, the Legislator wanted to make it clear what the purpose of the administrative action is with a specific assignment procedure and, therefore, with the conclusion of a contract, albeit in compliance with the other collateral principles of legality, transparency and competition: “[…] the result of the awarding of the contract and its execution with the maximum timeliness and the best possible relationship between quality and price”.
During this discussion, therefore, the first part will be dedicated to the analysis of the innovations introduced with the 2023 reform, in light of the previous regulations; subsequently, we will delve into the possible points of friction that emerge between the regulation of the rotation principle, and in particular of the exceptions, and the principle of the result.
SOMMARIO: 1. Introduzione - 2. La ratio del principio e i presupposti normativi del principio di rotazione - 2.1 La sostanziale alterità qualitativa e le procedure aperte - 2.2 Le deroghe - 3. Il difficile bilanciamento tra il principio di rotazione e il principio del risultato alla luce della nuova gerarchia di valori del Codice 2023 - 4. Conclusioni.
L’art. 49 del D.lgs. 36/2023 stabilisce che si applica il principio di rotazione agli affidamenti disciplinati dalla Parte I del Libro II del Codice. Si tratta degli affidamenti c.d. sotto soglia, ovvero il cui importo stimato sia inferiore alle soglie indicate dall’art. 14.
Il legislatore con gli artt. 48 e ss. ha voluto dettare per le procedure di affidamento sotto soglia un piccolo corpus di norme, quasi del tutto autonomo, tanto che da alcuni si è parlato di un piccolo codice nel codice.
Ai sensi del comma 4 dell’art. 48, l’affidamento e l’esecuzione dei contratti aventi per oggetto lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea si svolgono nel rispetto dei principi di cui al Libro I, Parti I e II, e delle altre norme del codice, salvo che non siano espressamente derogate dalle disposizioni della Parte I. Un’eccezione è prevista per il caso in cui per procedura sotto soglia venga accertata la sussistenza di un interesse transfrontaliero certo, secondo l’art. 48, comma 2, nel qual caso si dovranno obbligatoriamente applicare le procedure ordinarie.
Invero, il principio di rotazione non costituisce una assoluta novità del nuovo Codice degli Appalti Pubblici. L’art. 36, comma 1 del D.lgs. 50/2016 già prevedeva infatti che gli affidamenti e l'esecuzione dei lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di rilievo comunitario avvenissero nel rispetto - oltre che dei principi di cui agli articoli 30, comma 1, 34 e 42 - del principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti e in modo da assicurare l'effettiva possibilità di partecipazione delle micro, piccole e medie imprese. Rappresenta, viceversa, un’assoluta novità del Codice del 2023, non solo l’introduzione al primo articolo del principio del risultato, ma altresì un rinnovato bilanciamento tra i valori che tipicamente connotano il settore degli appalti: basti pensare, come si approfondirà nel corso della trattazione, ai rapporti tra il perseguimento dell’interesse pubblico preso di mira dall’amministrazione con una determinata procedura di affidamento ed il principio di concorrenza.
L’art. 49 riprende le direttive delle Linee Guida ANAC[2], innovando alcuni aspetti che nella pratica si sono rivelati maggiormente critici. Nonostante, però, le disposizioni fissate dal legislatore, permangono ancora dubbi circa l’individuazione del preciso ambito di operatività del principio.
- La ratio e i presupposti normativi del principio di rotazione.
Ratio fondamentale del principio in parola consiste nell’evitare, alla luce dei principi di buon andamento e anticorruzione, il consolidarsi di rapporti esclusivi tra Pubblica amministrazione appaltante ed operatori economici in occasione dell’affidamento di un contratto pubblico. La norma, in altri termini, mira ad impedire la situazione per cui la stazione appaltante di volta in volta affidando contratti aventi il medesimo o analogo oggetto allo stesso operatore economico (OE), non consenta ad altri soggetti del mercato di poter prestare la propria attività – offrendo eventualmente servizi più soddisfacenti e/o prezzi più bassi – nei confronti della P.A..
Sotto altro profilo, il principio di rotazione rappresenta un espediente per consentire un minimo di concorrenza anche nell’ambito di procedure di affidamento in cui questa è del tutto pregiudicata: negli affidamenti diretti in cui la Staziona Appaltante (SA) gode di un ampio margine di discrezionalità nella individuazione dei soggetti cui affidare l’esecuzione di una determinata commessa, ma altresì nelle procedure negoziate senza pubblicazione di un bando, ove invece la SA decide a quali aziende, da porre in concorrenza, indirizzare gli inviti. In tutti questi casi, il principio di rotazione funge da contrappeso rispetto alla facoltà attribuita all’amministrazione appaltante di individuare gli operatori economici con cui contrattare.
L’importanza del principio si apprezza ancor di più se si pensa che con il nuovo Codice degli Appalti sono state aumentate le soglie al di sotto delle quali la SA può procedere ad affidare direttamente un contratto.
Per la giurisprudenza, il principio, attuazione altresì del principio di concorrenza, rappresenta “un riferimento normativo inviolabile del procedimento amministrativo”[3] ed “ha la finalità di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente, la cui posizione di vantaggio nello svolgimento della procedura deriva soprattutto dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento, che potrebbe consentirgli di formulare una migliore offerta rispetto ai concorrenti”[4]. In altri termini, lo svolgimento pregresso della medesima commessa consente al contraente uscente di formarsi un bagaglio di conoscenze ed esperienza relativo a specifici aspetti di erogazione del servizio che siano stati apprezzati e graditi dalla stazione appaltante, che può essere speso nella formulazione sia dell’offerta tecnica sia di quella economica al momento del rinnovo del contratto. Il principio rimedia all’asimmetria informativa creatasi tra il nuovo offerente e il contraente uscente, vietando che quest’ultimo possa essere nuovamente affidatario del contratto[5].
Posto che la ratio del principio sia effettivamente quella di rimediare alla c.d. asimmetria informativa, appare allora difficilmente spiegabile l’esclusione delle procedure sopra soglia dal suo ambito di applicazione. Difatti, anche nelle procedure aperte, quelle cioè in cui tutti gli operatori del mercato è consentito presentare un’offerta, è ipotizzabile che il contraente uscente si avvalga dell’esperienza maturata nello svolgimento precedente della medesima commessa. Ciò può senz’altro attribuirgli un vantaggio non indifferente su tutti gli altri partecipanti alla gara al momento di presentazione delle offerte. Ciononostante, di questa eventualità il Codice si disinteressa, confermando che, nonostante il principio possa, come accade per tanti altri istituti, incidentalmente operare in favore di altri scopi, il fine per cui è pensato non è rimediare ad una asimmetria informativa nelle gare di affidamento di appalti, ma evitare che si costituiscano rapporti esclusivi con talune aziende. Come si vedrà in seguito, non tutte le rendite di posizione dovrebbero essere interessate dall’applicazione del principio, dovendo quest’ultimo essere preordinato a colpire solamente per quei rapporti esclusivi che siano frutto di rapporti di vicinanza, corruttivi o paracorrutivi[6].
In applicazione del principio di rotazione è vietato l’affidamento o l’aggiudicazione di un appalto al contraente uscente nel caso di due consecutivi affidamenti. La norma conferma l’orientamento secondo il quale per l’applicazione del principio bisogna prendere a riferimento l’affidamento immediatamente precedente e quello attuale, ossia quello in cui si pone il problema della rotazione, sostanzialmente ricalcando quanto affermato dall’ANAC nelle Linee Guida n. 4[7]. L’opposta interpretazione ormai abbandonata riteneva, invece, che i contratti affidati al medesimo operatore avrebbero dovuto essere due e nel terzo affidamento si sarebbe posto il problema della rotazione.
Tuttavia, la norma così costruita potrebbe presentare talune criticità. Può infatti ipotizzarsi che la SA scelga di ruotare l’affidamento dei medesimi contratti tra solamente due operatori economici. Il principio nella forma sarebbe rispettato, ma si verrebbero a creare allo stesso modo situazioni di rendite di posizione con due operatori anziché con uno, che, è lecito pensare, possano fare cartello e proporre caratteristiche e prezzi delle prestazioni rese più o meno sovrapponibili.
Risulterebbe una rotazione meramente di facciata, che non consente di realizzare il fine che effettivamente si è prefissata, ossia quello di evitare che affidamenti al medesimo o ai medesimi operatori economici possano eliminare qualsiasi chance per altri soggetti dello stesso settore di svolgere le proprie prestazioni nei confronti della P.A. Del problema ne era consapevole anche l’ANAC la quale, nelle Linee Guida n. 4, afferma, con una direttiva che concretamente può rilevarsi troppo restrittiva, che “in ogni caso, l’applicazione del principio di rotazione non può essere aggirata con riferimento agli affidamenti operati negli ultimi tre anni solari mediante ricorso a: […] alternanza sequenziale di affidamenti diretti o di inviti agli stessi operatori economici”.
Orbene, un espediente per rimediare a tale inconveniente potrebbe essere rintracciato nelle liste che ogni SA può costituire ai sensi dell’art. 50 comma 2 e dell’allegato II.1, art. 3. In alternativa all’indagine di mercato, la stazione appaltante può individuare gli operatori economici da invitare, selezionandoli da elenchi appositamente costituiti a seguito di avviso pubblico. L’avviso indica i requisiti di carattere generale e gli altri requisiti minimi che gli operatori economici devono possedere per poter richiedere l’iscrizione, la modalità di selezione degli operatori economici da invitare ed eventualmente le categorie e fasce di importo in cui l’amministrazione intende suddividere l’elenco.
La rotazione allora dovrebbe essere effettuata prendendo a riferimento quelli che hanno richiesto l’iscrizione nelle liste, non potendo pretendersi che la SA ricomprenda tutti gli operatori di un determinato settore ed al fine di evitare parallelamente che pigramente ruoti tra pochissime ditte. Una volta iscritta, ogni società acquisterebbe il diritto ad essere chiamata prioritariamente rispetto agli altri iscritti che hanno già contrattato con la SA. In altri termini, ogni società iscritta dovrebbe essere chiamata almeno una volta nell’arco di un ciclo completo di rotazione di tutte le iscritte.
È poi nella discrezionalità della SA, ai sensi dell’art. 49 comma 3 ripartire gli affidamenti in fasce in base al valore economico. In tale caso il divieto di affidamento o di aggiudicazione si applica con riferimento a ciascuna fascia, fatto salvo quanto previsto dai commi 4, 5 e 6.
La richiesta di iscrizione alle liste avanzata dalla società limita quindi l’amplissima discrezionalità della SA nel settore degli appalti sotto soglia, nell’individuazione degli operatori economici abilitati a contrattare con essa.
- La sostanziale alterità qualitativa e le procedure aperte.
Passando all’esame degli altri requisiti di applicabilità del principio di rotazione, il comma 2 dell’art. 49 stabilisce che i due affidamenti consecutivi presi in considerazione ai fini dell’operatività del principio debbono rientrare nello stesso settore merceologico, nella stessa categoria di opere, oppure nello stesso settore di servizi, ricalcando in tal modo la terminologia utilizzata dalle Linee Guida ANAC.
La giurisprudenza si è più volte pronunciata, sotto la vigenza del vecchio codice, al fine di fornire criteri univoci per individuare quando due appalti possano dirsi ricadenti nello stesso settore o categoria.
Il discrimen è stato individuato nella “sostanziale alterità qualitativa” dell’appalto da affidare rispetto al precedente. Nel caso in cui l’oggetto dell’appalto da affidare è sostanzialmente diverso dal punto di vista qualitativo rispetto al precedente, allora non si applica il principio di rotazione e la SA può affidare al contraente uscente.
Per la stessa giurisprudenza, inoltre, non rileva ai fini del principio di rotazione l’aspetto quantitativo, ovvero gli importi e la durata dell’appalto precedente e di quello da affidare[8].
La vaghezza del criterio, tuttavia, non consente di fugare i dubbi nei casi frequenti di incertezza. Valutare come qualitativamente analoghi o meno due diversi appalti ha però delle importanti conseguenze, determinando l’esclusione o la partecipazione di un operatore ad una determinata procedura di affidamento.
Quanto alla individuazione del medesimo settore merceologico può farsi riferimento ai CPV (Common Procurement Vocabulary), ossia il sistema di classificazione europeo per categorizzare l'oggetto dei contratti d'acquisto pubblici. Ad ogni categoria di beni acquistati dalle PP.AA. (durevoli e di facile consumo) è associato un codice identificativo di 9 cifre. È fatto obbligo per le SA di indicare in ogni ipotesi di acquisto attraverso i canali telematici (ad esempio MEPA), il CPV cui si riferisce il bene da acquistare. I primi quattro numeri dei CPV identificano un settore merceologico che si differenzia poi con i successivi numeri che valgono ad identificare ulteriori specificazioni di genere o tipo di un bene nell’ambito di un settore. Per gli appalti il cui oggetto è catalogato con il medesimo CPV, può senz’altro affermarsi la analogia qualitativa che impone l’applicazione del principio.
Il sistema di categorizzazione dei CPV non è, viceversa, previsto per gli appalti di lavori e di servizi.
Per i lavori, il TAR Sicilia, sezione staccata di Catania, ha affermato come ai fini della individuazione delle categorie di opere, che se medesime impongono l’applicazione della rotazione, non debba farsi riferimento alle categorie di cui all’allegato II.12 – ovvero quelle indicate nell’ambito della disciplina per il sistema di qualificazione per gli esecutori di lavori – ne alle sottostanti classifiche di importi, dovendosi viceversa verificare se i due lavori di cui si tratta siano oggettivamente diversi, ovvero se tra gli stessi non vi sia un sostanziale alterità qualitativa. La ricorrente lamentava la non applicabilità del principio di rotazione sulla base della considerazione che i due appalti di lavori in questione non rientrassero nella stessa categoria di opere perché, uno appartenente alla categoria OG8 classifica I e l’altro OG8 classifica III. Il TAR rigettando il ricorso ha affermato che, tralasciando l’argomento per cui entrambe le prestazioni rientrino nella categoria OG8, il che potrebbe già di per sé far propendere per la identità delle stesse, nel caso di specie non si rinviene quella sostanziale alterità qualitativa, sufficiente per far ritenere non applicabile la rotazione, trattandosi infatti di lavori che attengono ad argini dei fiumi, non rilevando il diverso importo stimato degli appalti considerati[9].
Il quinto comma dell’art. 49, infine, stabilisce che per gli appalti sotto soglia svolti secondo “[…] le procedure negoziate di cui all’articolo 50, comma 1, lettere c), d) ed e), le stazioni appaltanti non applicano il principio di rotazione quando l’indagine di mercato sia stata effettuata senza porre limiti al numero di operatori economici in possesso dei requisiti richiesti da invitare alla successiva procedura negoziata”.
Le lettere c), d) ed e) fanno riferimento alle procedure negoziate senza bando, precedute da un’indagine di mercato volta ad individuare gli operatori economici che, in quanto in possesso dei requisiti, sono abilitati a presentare la propria offerta. Tra gli operatori individuati, oppure, che hanno manifestato il proprio interesse a partecipare alla gara rispondendo ad un avviso pubblico, la SA procederà alla scelta di alcuni – 5 o 10 in base all’oggetto e all’importo del contratto – invitandoli a presentare un’offerta.
Nell’ambito delle procedure negoziate, specifica il comma 5, qualora la SA non ponga limiti al numero di operatori economici da invitare alla successiva procedura negoziata, allora non si applica il principio di rotazione.
Ciò significa che, a prescindere dalla procedura utilizzata per la scelta del contraente negli appalti sotto soglia, il dato rilevante è costituito dal fatto che la procedura sia aperta o meno. Se ogni operatore che ha presentato una propria manifestazione di interesse è abilitato a presentare un’offerta, allora non si pone un problema di tutela della concorrenza: le offerte di tutti gli operatori saranno poi valutati nella successiva fase di scelta secondo il criterio prescelto.
Se viceversa la SA ha discrezionalmente scelto gli operatori cui è consentito presentare la propria offerta, allora si porrà il divieto di affidamento e invito al contraente uscente.
Si badi che il divieto opera solo nei confronti del precedente affidatario, e non anche nei confronti dei soggetti invitati e non affidatari del precedente affidamento. L’estensione del divieto nei confronti anche dell’invitato non aggiudicatario era già prevista dalle precedenti Linee Guida ANAC[10], ma non è stata riportata nell’attuale codice in quanto ritenuta eccessivamente restrittiva della concorrenza.
L’obbligo della rotazione opera altresì nel caso in cui gli invitati siano stati individuati sulla base di un sorteggio. Il codice stabilisce in via generale che le stazioni appaltanti non possono utilizzare il sorteggio o altro metodo di estrazione casuale dei nominativi, per la selezione degli operatori da invitare alle procedure negoziate, se non in presenza di situazioni particolari e specificamente motivate, nei casi in cui non risulti praticabile nessun altro metodo di selezione degli operatori. Anche nei casi in cui la SA decida di far ricorso al sorteggio, ai fini dell’applicazione del principio di rotazione, non è importante la modalità con cui vengono scelti gli invitati, ma solamente il fatto se a tutti gli operatori che hanno manifestato il proprio interesse è stato consentito o meno presentare un’offerta[11].
La circostanza per la quale la procedura di affidamento sia aperta, inoltre, deve essere valutata con riferimento al secondo dei due affidamenti presi in considerazione ai fini dell’applicazione della rotazione.
In altri termini, non importano le modalità con cui il contraente uscente abbia ottenuto il precedente affidamento, se a seguito di procedura aperta, di affidamento diretto o procedura negoziata. Quello che conta è la natura aperta o chiusa della procedura in cui si discute dell’operatività della rotazione[12].
- Le deroghe.
Fissato il principio di rotazione nei termini poc’anzi accennati, il legislatore ha previsto, al comma 4, una serie di ipotesi al ricorrere delle quali è consentito, eccezionalmente, alla staziona appaltante derogarvi, affidando il contratto oppure invitando ad offrire il contraente uscente.
Invero, più che a casi di deroga, la norma fa riferimento a delle situazioni in cui il principio non potrebbe in ogni caso operare, o a causa della “effettiva assenza di alternative”, poiché in ipotesi quei servizi o quella fornitura possono essere resi solamente da un operatore che quindi agisca in situazione di sostanziale monopolio, o alla luce della “struttura del mercato”.
L’ultimo presupposto attiene all’“accurata esecuzione del precedente contratto”, escludendo dunque che possa derogarsi al principio di rotazione qualora l’affidatario non abbia svolto la prestazione con diligenza, secondo le regole dell’arte, ovvero nel rispetto dei tempi e dei costi pattuiti.
Non è stato, viceversa, ripreso dal nuovo Codice il criterio della “competitività del prezzo offerto”, confrontato con la media dei prezzi praticati nel settore di mercato di riferimento. Ciò fa sorgere pertanto il dubbio se la SA possa valutare anche tale aspetto al momento di motivare la deroga al principio. Non sembrerebbe infatti possibile ricomprendere la competitività del prezzo all’interno della dizione di accurata esecuzione del contratto, che si riferisce più propriamente all’aspetto tecnico/qualitativo e non anche economico della prestazione. Eventualità che sarebbe stata agevolmente sostenibile nel caso in cui il legislatore avesse usato, come fatto dalle Linee Guida ANAC, la locuzione “grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale”.
Oramai consolidata in giurisprudenza la natura cumulativa dei requisiti in parola. Conseguenza pratica dell’orientamento è la possibilità di derogare alla rotazione solo nel caso di contemporanea sussistenza di tutti i requisiti indicati, rispetto ai quali la SA dovrà motivare nella determina a contrarre o in altro atto equivalente. Abbandonato l’opposto orientamento dell’alternatività: accettarlo significherebbe infatti giungere alla conclusione che all’operatore uscente può affidarsi il nuovo contratto sulla base del solo grado di soddisfazione del servizio espletato, interpretazione che evidentemente porterebbe alla creazione di rendite di posizione in contrasto con la ratio del principio.
La stessa Relazione Illustrativa al Codice suggerisce che “ai fini della deroga al principio di rotazione, i requisiti previsti dal comma 4 dell’art. 49 debbano essere concorrenti e non alternativi tra loro”[13]. Dello stesso avviso, infine, un Parere del servizio di supporto giuridico del MIMS, il quale senza discostarsi dalla chiara lettera della norma, conferma che la PA può, in ragione della discrezionalità amministrativa riconosciutale, affidare il contratto al contraente uscente, ma deve motivare in ordine a tutti i requisiti previsti dall’art. 49, comma 4, che sono pertanto da considerarsi cumulativi e non alternativi[14].
Tuttavia, a ben guardare i requisiti che se presenti consentono di derogare all’obbligo di rotazione, non appaiano tutti cumulativi. Appare invece più ragionevole che i primi due requisiti siano alternativi, e che soltanto quello dell’accurata esecuzione sia cumulativo rispetto ai primi due. Difatti, nel caso di assenza di alternative sul mercato circa l’operatore economico da invitare, non si vede quale altra indagine possa essere richiesta alla SA in relazione alla struttura del mercato, per non applicare il principio di rotazione.
Di questo avviso appaiono alcune sentenze dei TAR pronunciate sotto la vigenza del Codice abrogato le quali, dovendo applicare i criteri previsti per la deroga al principio, così come indicati dall’ANAC, sembrano ricomprendere insieme in un solo criterio la particolare struttura del mercato e la dimostrata assenza di alternative, presupponendone l’alternatività nell’ambito dello stesso[15].
Ancor più complesso appare il requisito della “struttura del mercato”. Alcuni autori vi ricomprendono l’ipotesi in cui questo sia particolarmente ristretto, oppure, il caso in cui la prestazione debba necessariamente essere svolta da un operatore che si trovi vicino al luogo di esecuzione, perché l’adempimento da parte di un operatore più lontano porterebbe un eccessivo aumento dei costi. Nel caso di ristrettezza del mercato, sarebbe sufficiente la soddisfazione circa la qualità dell’appalto svolto a impedire l’applicazione del criterio della rotazione? Se infatti nessun problema si pone con riferimento ad un mercato in monopolio, in cui risulta sovrabbondante anche il requisito dell’accurata esecuzione, non esistendo altri operatori cui affidare l’appalto, nel caso di un mercato sì ristretto, ma composto da alcuni operatori, la stazione appaltante è obbligata a ruotare quei pochi, oppure, è abilitata ad affidare sempre allo stesso contraente? Medesime considerazioni per il caso di particolarità della prestazione che impone l’esecuzione da parte di un operatore vicino al luogo di esecuzione: avrebbe poco senso richiedere alla SA di motivare anche rispetto all’insussistenza di alternative.
L’art. 49 si chiude infine con un’ultima deroga al principio di rotazione, prevendo la possibilità per la SA di non applicarlo per gli affidamenti di importo inferiore ai 5.000 euro.
Invero, il limite appare piuttosto blando, non solo per l’importo di 5.000 euro per niente ridotto, ma altresì in considerazione del fatto che non si fa nessun riferimento all’obbligo per la P.A. di motivare anche sinteticamente le ragioni della propria scelta di affidare al contraente uscente.
Forse sarebbe stato meglio optare, in linea con le linee guida ANAC, per il limite di 1.000 euro, che veramente avrebbe ricompreso soltanto affidamenti di scarso valore, richiedendo pur sempre alla SA una sommaria motivazione della propria scelta nella determina a contrarre o in un atto equivalente.
- Il difficile bilanciamento tra il principio di rotazione e il principio del risultato alla luce della nuova gerarchia di valori del Codice 2023.
Dalla normativa appena descritta si evince come il principio di cui all’art. 49 – ed in particolare la disciplina delle deroghe – rappresenti un nodo cruciale di contrasto tra due principi ugualmente importanti: il principio del risultato e il principio di concorrenza.
Inoltre, come più volte affermato dalla giurisprudenza, altri due principi storicamente operanti nel settore degli appalti pubblici si confrontano sul terreno dell’art 49: il principio del favor partecipationis e il principio della par condicio competitorum. Il primo è posto a presidio della posizione del concorrente, anche qualora sia contraente uscente; il secondo, impone viceversa di tutelare la parità di armi nel confronto concorrenziale, evitando che taluno dei partecipanti si faccia forte della posizione di vantaggio data dalla esperienza maturata nella precedente commessa.
Se da una parte, il principio di concorrenza è stato da sempre posto al centro della disciplina dei contratti (v. i testi unici 163/2006 e 50/2016), il principio del risultato, viceversa, rappresenta una novità assoluta del nuovo Codice del 2023. Senza la pretesa di illustrare per intero le varie implicazioni derivanti dalla codificazione del principio del risultato, in questa parte si vuole mettere in luce come, nonostante le intenzioni espresse nell’art. 1, il legislatore abbia perso la bussola nel momento di bilanciare il principio del risultato con il principio di rotazione.
Il risultato costituisce oramai il criterio direttivo fondamentale, la stella polare dell’amministrazione, nell’affidamento di un contratto pubblico. È inteso, sia nella fase dell’affidamento che in quella dell’esecuzione “come esecuzione tempestiva del contratto nel rispetto del miglior rapporto qualità/prezzo”. Risulta altresì ribaltato il rapporto tra il principio in parola e il principio della concorrenza. Mentre in passato, infatti, la concorrenza figurava tra gli obiettivi che la P.A. era obbligata a perseguire, insieme con l’interesse pubblico primario che quel determinato appalto è finalizzato a realizzare; adesso, con la codificazione del risultato, e con esso degli ulteriori corollari della economicità, efficacia ed efficienza (a loro volta discenti dall’art 97 Cost.), la concorrenza diventa uno “strumento il cui fine è realizzare meglio l’obiettivo di un appalto aggiudicato ed eseguito in funzione del preminente interesse delle committenza (e della collettività)”[16], ovvero l’acquisizione del bene o del servizio più idonei a realizzare l’interesse pubblico primario.
Il legislatore ha, dunque, con i primi articoli del Codice, inteso dettare una serie di principi immediatamente precettivi, utili per orientare l’interprete nell’applicazione della norma al caso concreto, nella considerazione che la Legge non può prevedere la regola per ogni sfaccettatura della realtà, ma può dettare obiettivi che indirizzino nella enucleazione della norma del caso concreto. Ed in questo senso, anche la decisione di trattare il risultato al primo articolo non è neutra, in quanto così facendo si dà un ulteriore indicazione all’interprete costruendo una scala gerarchica tra i vari principi. Lo stesso comma 4 dell’art. 1 stabilisce che “Il principio del risultato costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto”.
Orbene, la scala di valori così come stabilita nei primi articoli del Codice, non è stata rispettata al momento della individuazione delle deroghe al principio di rotazione. Il punto dolens della disciplina si ha nel caso in cui il contraente uscente sia in grado di offrire dei prezzi più bassi o una qualità del servizio più alta della concorrenza. In tali casi, all’amministrazione sarebbe comunque impedita la possibilità di affidargli nuovamente il contratto. L’applicazione della rotazione, così come costruita, porta ad una completa obliterazione del principio del risultato, dovendo la P.A. escludere l’OE migliore sul mercato e preferire il concorrente che pratica prezzi più alti o una qualità del servizio inferiore.
L’art. 49 pertanto si pone in contrasto con le dichiarazioni di principio dello stesso codice e ciò si evince altresì dalla chiara dizione dell’art. 1 comma 2, in base al quale “la concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti”.
Il nuovo Codice ha determinato un cambiamento di paradigma nei rapporti tra interesse pubblico primario, preso di mira dall’amministrazione con l’affidamento di un determinato contratto e tutela della concorrenza. Quest’ultima, prima garantita al pari dell’interesse pubblico, è prevista adesso, seppur sempre tra i principi fondamentali della materia, in via subalterna e strumentale rispetto al raggiungimento del risultato. Non consentire all’amministrazione di poter derogare alla rotazione nei casi in cui un’applicazione integrale del criterio non permetta di realizzare al massimo l’interesse pubblico si pone in contrasto con l’art. 1 del D.lgs. 36/2023.
Tra le deroghe avrebbe allora dovuto essere ricompresa l’offerta di prezzi o di servizi di qualità concorrenziali, prevedendo nell’ambito dell’onere motivazionale aggravato, l’aver interrogato il mercato e non aver trovato altro OE in grado di proporre la medesima offerta.
Concludendo, le rendite di posizione vietate dal principio sono quelle che derivano da rapporti ambigui di vicinanza, se non anche corruttivi, tra SA e OE. Viceversa, se il rapporto stabile con un operatore trova giustificazione nell’offerta di prezzi concorrenziali o in una qualità del servizio elevata, non c’è nessun motivo per impedire la costituzione di un simile rapporto duraturo. Ben inteso, permane sempre il dovere della SA di non adagiarsi sulla semplificazione data da un rapporto di lungo corso, e interrogare costantemente il mercato al fine di verificare se quegli stessi prezzi o condizioni non vengano, con il passare del tempo, proposti anche da altri operatori.
La giurisprudenza[17], anche quella precedente al Codice del 2023, è tuttavia ferma nel ritenere insufficiente il solo grado di soddisfazione e/o la competitività del prezzo praticato, senza effettuare alcuna indagine circa il grado di diligenza tenuto dalla SA al momento della ricerca di altri operatori economici che potessero svolgere il servizio alle medesime condizioni vantaggiose.
Concludendo questa breve disamina, appaiono necessarie alcune considerazioni finali.
È senz’altro meritoria l’intenzione del Legislatore di fornire una disciplina organica del principio di rotazione, colmando alcune delle lacune che si erano venute a creare con la precedente normativa, in cui una generica affermazione di principio, quella dell’art 36, aveva poi chiamato ANAC e giurisprudenza a dettare una regolamentazione di dettaglio.
L’opera di trasposizione delle Linee Guida ANAC in un testo di legge sembra però non aver tenuto a mente le importanti novità recate dalla riforma del 2023 con riferimento ai principi direttivi della materia degli appalti pubblici e, segnatamente, l’introduzione del principio di risultato.
L’inserimento di un principio di tal fatta, come spiegato dallo stesso Legislatore, non deve essere considerato in chiave meramente programmatica, ma deve guidare sia l’interprete, nella enucleazione della regola per il caso concreto, che il legislatore al momento di dettare la regolare generale.
Ciò non sembra essere avvenuto, almeno per quanto riguarda la disciplina della rotazione, sostanzialmente ritagliata sulle Linee Guida ANAC, le quali tuttavia erano state pensate per un Codice che non conosceva – o non conosceva almeno in questi termini – il principio del risultato.
Sarà allora la giurisprudenza a dover limare gli angoli della disciplina, per addivenire ad un risultato più aderente all’art. 1 del Dlgs. 36/2023.
Sul punto si segnala, infine, un imminente intervento del Legislatore, rappresentato dallo schema di decreto legislativo recante “Disposizioni integrative e correttive al codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36”. La bozza di decreto rinviene la sua base legale nell’articolo 1, comma 4, della legge 21 giugno 2022, n. 78, il quale – contestualmente al conferimento della delega ad adottare, nel rispetto dei principi e criteri direttivi individuati, “uno o più decreti legislativi recanti la disciplina dei contratti pubblici” – ha abilitato il Governo ad apportarvi, entro il biennio successivo dalla entrata in vigore della normativa delegata, “con la stessa procedura” e nel rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi, “le correzioni e le integrazioni che la pratica [avesse reso] necessarie ed opportune”.
Lo schema di decreto, all’art. 11, prevede la modifica dell’art. 49 nei seguenti termini: “in casi motivati, con riferimento alla struttura del mercato e alla effettiva assenza di alternative, previa verifica dell’accurata esecuzione del precedente contratto nonché della qualità della prestazione resa, il contraente uscente può essere reinvitato o essere individuato quale affidatario diretto”.
Il Consiglio di Stato chiamato a rendere il previsto parere sullo schema di decreto[18] ha spiegato come il nuovo testo mira nella sostanza a meglio specificare la “meritevolezza” del contraente uscente.
Ad una prima lettura non appare, invero, che la riforma apporti delle importanti novità, considerato che il requisito della qualità della prestazione resa avrebbe potuto ritenersi ricompreso in quello dell’accurata esecuzione del precedente contratto.
Come accennato precedentemente, forse sarebbe stato utile, più che un riferimento all’aspetto qualitativo/tecnico della prestazione resa, il richiamo alla competitività del prezzo offerto. Ciò avrebbe posto la norma senz’altro più in linea con l’art. 1 e con il risultato cui deve tendere ogni affidamento, ossia il “migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo”.
[1] Funzionario giudiziario, Responsabile Ufficio Acquisti della Procura della Repubblica di Marsala
[2] Linee Guida ANAC n. 4 del 26 ottobre 2016, aggiornate con delibera 1 marzo 2018, n. 206
[3] V. Cons. St. sez. V, 17 marzo 2021, n. 2292
[4] V. Cons. St., sez. V, 22 febbraio 2021, n. 1515
[5] V. T.A.R. Campania, Sez. II, sent. 02/03/2022 n. 1425
[6] L’asimmetria informativa è un rischio che può correre anche la stessa SA: le Linee Guida Anac n. 8 del 2017 parlano del fenomeno del cd Lock-In che è il fenomeno per il quale “l’amministrazione non può cambiare facilmente fornitore alla scadenza del periodo contrattuale perché non sono disponibili le informazioni essenziali sul sistema che consentirebbero a un nuovo fornitore di subentrare al precedente in modo efficiente”.
[7] V. T.A.R. Regionale per la Sicilia, Catania, sez. I, 19/03/2024 n. 1099/2024
[8] V. T.A.R. Liguria sent. n. 1052/2021
[9] V. T.A.R. Sicilia, sezione staccata di Catania, sez. I, sent. del 19/3/2024 n. 1099
[10] V. Linee Guida ANAC n. 4, p. 6
[11] V. Consiglio di Stato, Sez V, sent. 12/02/2024 n. 1385
[12] V. T.A.R. Campania, Sez. 5, sent. 01/04/2019 n. 1805
[13] Relazione Illustrativa al Codice, p. 73
[14] Quesito del servizio supporto giuridico n. 2084 del MIMS del 29/06/2023
[15] V. T.A.R. Sardegna, sent. del 15/02/2021 n. 94: “Principio suscettibile di un (limitato) margine di derogabilità (cfr. ANAC 1.3.2018 delibera n. 2016 che ha modificato le Linee Guida del 10.7.2019 n. 4) , in ordine al quale, in caso di disapplicazione, deve esser data una rigorosa motivazione di “coesistenza” di tre distinte condizioni: a) elemento oggettivo: per la particolare struttura del mercato e (dimostrata) assenza di alternative; b)elemento soggettivo: per il grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale (esecuzione a regola d’arte e qualità della prestazione, nel rispetto dei tempi e dei costi pattuiti); c) ulteriore elemento soggettivo: certificata competitività del prezzo offerto rispetto alla media dei prezzi praticati nel settore di mercato di riferimento. Trattasi di tre condizioni necessariamente “concorrenti” e non alternative.
[16] V. Cons. St., sez. V, 12 gennaio 2023, n. 431
[17] V. T.A.R. Sardegna, sez. II, sent. 15 febbraio 2021 n. 94
[18] Parere del Consiglio di Stato n. 1463 del 2 dicembre 2024