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Anno XVI - n. 07 - Luglio 2024

  Studi



I principi di concorrenza e di immodificabilità del RTI nel codice dei contratti pubblici. Lettura alla luce del PNRR e delle sentenze dell’Adunanza Plenaria del 2021 e del 2022.

Di Federica Maggio
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I principi di concorrenza e di immodificabilità del RTI nel codice dei contratti pubblici.

Lettura alla luce del PNRR e delle sentenze dell’Adunanza Plenaria del 2021 e del 2022.

 

Di Federica Maggio

 

Abstract

L’attuazione del PNRR spinge le amministrazioni ad obiettivi di speditezza e funzionalità della gara, con il rischio che sull’altare della rapidità delle procedure si sacrifichino il principio di concorrenza e di trasparenza. Le stazioni appaltanti, infatti, all’indomani della pubblicazione del PNRR hanno compresso l’applicazione degli istituti pro concorrenziali in ragione di esigenze di celerità. In questo quadro, in cui si inserisce il disegno del nuovo codice dei contratti pubblici, maggior vigore assume il duplice intervento dell’Adunanza Plenaria n.9 del 2021 e n.10 del 2022, che interviene sul principio di immodificabilità soggettiva del RTI, riaffermando la necessaria centralità della tutela dei principi di concorrenza e trasparenza nell’evidenza pubblica.

 

NRRP implementation pushes governments to achieve quickness and efficiency throughout the tender, gnawing at the core principles of competition and trasparency. The procuring entities have reduced recurrency to pro competitive institutes for the need for speed, after the publication of NRRP. In this framework, which will include the new code of public contracts, a greater role is played by the intervention of Plenary Assembly of the Council of State No. 9 of 2021 and No.10 of 2022 on the principles of unmodifiability of RTI, which reaffirming the need of centrality for the protection of principles of competition and trasparency in the public procurement.

 

Sommario:1. Il principio di concorrenza (di diritto pubblico); 2. La concorrenza e il public procurement; 3. Raggruppamenti Temporanei di Imprese e principio di immodificabilità nel d.lgs n. 50 del 2016: la cornice normativa; 4. La giurisprudenza unionale sul principio di immodificabilità; 5. Il doppio intervento dell’Adunanza Plenaria; 5.1 L’Adunanza Plenaria n. 10 del 2021 esclude la sostituzione per addizione; 5.2 Adunanza Plenaria n.2 del 2022 sulla modifica soggettiva del RTI in corso di gara; 6. Conclusioni.

 

  1. Il principio di concorrenza (di diritto pubblico).

All’incipit di ogni trattazione sarebbe buona norma fornire la definizione dei concetti che si vanno ad esaminare, ma nel caso specifico della concorrenza l’operazione si rivela complessa. È impossibile, infatti, fornire una definizione unica di quello che è, certamente, un valore economico di portata generale, ma al contempo poliforme. Tralasciando la ricostruzione delle elaborazioni della scienza economica sulla concorrenza e sul mercato concorrenziale[1], per quanto qui ci occupa è fondamentale delimitare la cornice di riferimento della presente ricerca, costituita dalla c.d. concorrenza di diritto pubblico. La concorrenza esprime oggi un insieme di istituti, principi, regole che hanno indotto profonde innovazioni nel diritto pubblico e amministrativo in particolare[2], e che sono il risultato della traduzione in termini giuridici delle acquisizioni della scienza economica. La c.d. concorrenza di diritto pubblico trova i propri capisaldi nell’affermazione delle libertà fondamentali, come libertà di circolazione delle merci, dei capitali, libertà di stabilimento in altri Paesi membri diversi da quello di origine per esercitarvi attività economiche e di prestazione dei servizi in tutta l’U.E., libertà di circolazione dei lavoratori, senza discriminazioni basate sulla nazionalità, che sono alla base di un’economia di mercato e che attengono alla mobilità dei fattori della produzione e alle scelte organizzative della propria attività economica delle imprese e di lavoro delle persone[3]. Il principio di concorrenza fra imprese, come dice Mario Libertini[4], è di per sé regola di default del sistema giuridico odierno, ma al contempo esso condiziona, oggi molto più di ieri, gli istituti di diritto amministrativo ed in particolare la materia dell’evidenza pubblica.  È alla luce del principio di concorrenza che si legge la disciplina dei raggruppamenti temporanei di impresa (RTI), ivi compresa la previsione dell’art. 48 comma 9 del d.lgs n.50 del 2016 sull’immodificabilità soggettiva degli stessi. Questi raggruppamenti, infatti, sono ammessi se ed in quanto non ostacolino la concorrenza, e sono strumentali alla partecipazione collettiva delle piccole e medie imprese alle gare, dalle quali resterebbero escluse singolarmente.

Il principio di concorrenza nel diritto pubblico[5], che viene inteso, quindi, come misura del giusto contemperamento della tutela dell’interesse pubblico e dell’interesse privato, trova il suo fondamento costituzionale, almeno secondo la dottrina e giurisprudenza maggioritarie, nel combinato disposto degli articoli 41 e 43 della Costituzione, nonché nell’art. 97 della stessa, essendo l’interesse al buon andamento e all’imparzialità della pubblica amministrazione inscindibile dall’interesse generale alla concorrenza.

A livello sovranazionale, le norme dell’UE in materia di concorrenza si prefiggono l’obiettivo di consentire il corretto funzionamento del mercato interno dell’Unione quale fattore chiave per il benessere dei cittadini, delle imprese e della società dell’Unione nel suo complesso. Già nel Trattato di Roma del 1957 si ha una disciplina della concorrenza con impatto diretto nella legislazione degli Stati membri, e, poi, con l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht essa assurge a principio informatore dell’ordinamento comunitario. Tuttavia, è nel TFUE[6] che si introducono norme volte a prevenire restrizioni e distorsioni sulla concorrenza nel mercato interno. In particolare, vengono vietati gli accordi anticoncorrenziali tra imprese e gli abusi di posizione dominante, che possono pregiudicare il commercio tra Stati membri. L'obiettivo principale delle norme dell'Unione in materia di concorrenza è garantire il corretto funzionamento del mercato interno. Una concorrenza effettiva consente alle imprese di competere in condizioni di parità in tutti gli Stati membri, sottoponendole al tempo stesso a forti pressioni affinché si sforzino costantemente di offrire ai consumatori i migliori prodotti al miglior prezzo possibile, il che, a sua volta, guida l'innovazione e la crescita economica nel lungo termine[7].

È su questa scia che viene posta la disciplina del diritto antitrust e la creazione di un’autorità a garanzia della concorrenza, con poteri di regolamentazione e controllo, alcuni specifici poteri sanzionatori, che operi in autonomia e indipendenza di giudizio e valutazione[8]. Ed infatti il quadro normativo interno di rifermento in tema di regolamentazione della concorrenza va completato con la L. n. 287/1990, istitutiva, tra l’altro, dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nella sua funzione paragiurisdizionale in materia; con il D.P.R. n. 217/1998 (regolamento attuativo della disciplina della concorrenza); con il d.lgs  n. 175/2016 sulle società pubbliche; con il D.l. n. 1/2012 sulla concorrenza nelle PA; infine, con il D.l. n. 201/2011 avente ad oggetto la liberalizzazione delle attività economiche e rimozione dei controlli ex ante e nella L. n. 99/2009 (Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia). Disciplina, questa appena citata, convogliata idealmente in un disegno normativo unico, ovvero il Codice della concorrenza. Esso si configura come una raccolta sistematica delle norme primarie e secondarie a tutela e promozione della concorrenza, ideato e curato dall’AGCM, al fine di garantire la massima conoscibilità e trasparenza della materia.

Ai fini della presente ricerca è utile ripercorrere il ruolo che questo principio assume precipuamente nella materia della contrattazione pubblica, onde analizzare se ed in che misura una attenuazione del vincolo di immodificabilità soggettiva del RTI possa favorire o meno la concorrenza per le PMI, se di attenuazione del principio si può effettivamente parlare, anche alla luce del ruolo che tale principio assume nella compagine del disegno di codice dei contratti pubblici in fase di approvazione parlamentare.

  1. La concorrenza e il public procurement.

La materia dei contratti pubblici è diretta alla scelta del miglior contraente attraverso un procedimento che, il linea generale, garantisce la libera concorrenza, la libertà di accesso e la par condicio tra le imprese concorrenti. La concorrenza, in questo comparto, viene intesa come «la ricaduta pratica dell’applicazione dei principi di imparzialità e di parità di trattamento, di pubblicità e di trasparenza al singolo atto di scambio»[9] ed è in questo senso che deve essere non limitata ma anzi favorita della lex specialis di gara: le amministrazioni aggiudicatrici devono trattare gli operatori economici in virtù del principio di par condicio, in modo non discriminatorio e devono agire in virtù della trasparenza e della proporzionalità. Si tratta di un campo che rientra pienamente nella c.d. concorrenza per il mercato[10], stante che l’intera materia dell’evidenza pubblica può ricondursi allo schema per cui la PA mette a disposizione dei privati operatori economici una risorsa scarsa (i.e. un contratto da affidare), in un mercato artificiale, in condizioni di concorrenza tra operatori in grado di erogare quegli specifici servizi, quei beni o quelle forniture[11].

La stessa Corte Costituzionale nel 2004, nell’ambito di un giudizio circa la compatibilità della concorrenza con il diritto degli appalti pubblici, ha definito la tutela della concorrenza come una materia il cui oggetto non sia definibile aprioristicamente ma che si atteggia diversamente a seconda del settore di riferimento. In tal senso l’intervento dello Stato a tutela della concorrenza si traduce in una competenza trasversale, che comprende la disciplina antitrust e le misure a sostegno della c.d. concorrenza dinamica, capace di intervenire con le scelte operate nei settori di competenza legislativa concorrente o residuale delle Regioni. La necessità di garantire i principi di parità di trattamento, di non discriminazione, di proporzionalità e di trasparenza è alla base di tale potere di ingerenza dello Stato.

Le direttive UE 2014/24, 2014/23, 2014/25 sulle quali è stata costruita la disciplina dell’evidenza pubblica nostrana, e che fondano la riforma nel settore attualmente in atto, hanno imposto al legislatore interno di perseguire, nella materia de quo, il fine di assicurare l’apertura dei mercati alla concorrenza, in particolare facilitando la partecipazione agli appalti pubblici delle PMI, e non il mero criterio della maggiore efficienza e minore spesa.

La direttiva 2014/24/UE, infatti, al considerando n. 2, espressamente afferma che gli appalti pubblici svolgono un ruolo fondamentale nella strategia Europa 2020[12] per la realizzazione di una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva. La direttiva di cui sopra si prefigge l’obiettivo di rimodulare la disciplina degli appalti al fine di garantire l'efficienza della spesa pubblica, favorire la partecipazione alle gare anche delle PMI, di conseguire obiettivi a valenza sociale e di assicurare la certezza del diritto. Già in tali obiettivi è ravvisabile un’aura di tutela della concorrenza che viene, poi, esplicitamente menzionata dalla direttiva n. 2014/25/UE sui settori speciali che, nei primi due considerando dichiara la necessità di assicurare un’apertura alla concorrenza dei mercati di tali settori. Anche nella direttiva n. 2014/23/UE sulle concessioni si fa esplicito riferimento alla concorrenza, ad esempio, per evidenziare che l’affidamento senza previa pubblicazione del bando dovrebbe essere consentita in casi eccezionali e per una durata predeterminata, al fine di evitare la preclusione all’accesso al mercato e le restrizioni della concorrenza.

La misura del peso specifico del principio in parola nella materia dei contratti pubblici si coglie nell’art. 18 della direttiva 2014/24/UE, rubricato “Principi per l’aggiudicazione degli appalti”, laddove si prescrive alle amministrazioni aggiudicatrici di trattare gli operatori economici “su un piano di parità e in modo non discriminatorio” e di agire “in maniera trasparente e proporzionata”. Il paragrafo aggiunge poi che la procedura di appalto non deve avere l’intento “di limitare artificialmente la concorrenza”. Chiarisce nell’ultimo periodo che quest’ultima evenienza si verifica laddove “la concezione della procedura sia effettuata con l’intento di favorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici[13].

Di particolare incidenza sulla concorrenza negli appalti pubblici nell’ambito della disciplina nazionale sono la centralizzazione, da una parte, ed il decentramento, dall’altra, dei centri di spesa. Nella specie, si fa riferimento, a titolo esemplificativo, alla figura introdotta nel codice appalti del 2016, oggetto del recepimento delle direttive sopra indicate, delle centrali uniche di committenza e delle stazioni appaltanti qualificate, nonché alla frammentazione del mercato per garantire la massima partecipazione alla procedure ad evidenza pubblica anche alle piccole e medie imprese, come obiettivo fissato dalle direttive europee[14]. In conformità alle direttive di cui sopra, l’art. 30 del d.lgs n. 50/2016, al comma 7, prescrive i criteri di partecipazione alle gare, i quali devono essere tali da non escludere le microimprese, le piccole e medie imprese, in applicazione anche del disposto comunitario in materia.

Le riflessioni sulla concorrenza e sulla materia degli appalti pubblici, non possono oggi che essere inquadrate della cornice del PNRR con cui si tenta di far fronte alla crisi post pandemica che attanaglia le economie europee, a cui si è andata a sommare la crisi bellica. Più in particolare, non può prescindersi dal contenuto dello schema di codice dei contratti pubblici, oggi in fase di approvazione da parte del Parlamento, in attuazione dell’art. 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78. Tra gli impegni assunti dal Governo italiano per l’attuazione del PNRR, nel quadro delle c.d. “riforme abilitanti”, figura proprio la revisione dell’attuale Codice dei contratti pubblici, il quale, come si rileva nello stesso PNRR “ha causato diverse difficoltà attuative”. Da quanto emerso dalla lettura del testo oggi al vaglio del Parlamento e dalla lettura della relazione di accompagnamento predisposta dal Consiglio di Stato, il nuovo codice aderisce ad un nuovo e più maturo concetto di concorrenza, in linea con l’evoluzione della giurisprudenza interna ed euro-unitaria. Innanzitutto il principio di concorrenza, in combinazione con il nuovo principio del risultato, viene posto in apertura del codice allo scopo di fornire una puntuale base normativa anche ad una serie di principi precettivi, dotati di immediata valenza operativa[15]. Il comma 2 dell’art. 1 dello schema di codice dispone, infatti, che la concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti. La trasparenza è funzionale alla massima semplicità e celerità nella corretta applicazione delle regole del codice e ne assicura la piena verificabilità. Tale nuova collocazione riflette una interpretazione del principio di concorrenza come strumento per realizzare al meglio l’obiettivo di un appalto aggiudicato ed eseguito in funzione del preliminare interesse della committenza e della collettività. Come meglio esplicitato nella relazione in parola, la concorrenza è non più il fine, o il risultato da perseguire, bensì lo strumento di metodo attraverso cui tendere al “risultato”.

A tale principio si lega l’art. 3 del disegno di legge, che introduce l’inedito principio dell’accesso al mercato che le stazioni appaltati e gli enti concedenti devono garantire agli operatori economici. Tale principio risponde all’esigenza di garantire la conservazione e l’implementazione di un mercato concorrenziale.

Vedremo come tale approccio, che si pone in linea con il diritto UE e con la Costituzione, inciderà sulla disciplina dell’istituto del raggruppamento temporaneo di impresa.

  1. Raggruppamenti Temporanei di Imprese e principio di immodificabilità nel d.lgs n. 50 del 2016: la cornice normativa.

La disciplina dei raggruppamenti di impresa è finalizzata a consentire, mediante il criterio del cumulo dei requisiti, la partecipazione congiunta di una pluralità di operatori economici anche di ridotte dimensioni a gare di appalti di notevole entità e, al contempo, a consentire la realizzazione dell’appalto nell’interesse della stazione appaltante con la valorizzazione dell’unione delle risorse e delle capacità tecnico - organizzative ed economico finanziarie di più imprese, con ampliamento delle garanzie per la stessa stazione appaltante[16].

Di fatto si ammette il frazionamento dei requisiti di partecipazione e ai fini della qualificazione alla gara assume rilevanza la sommatoria dei requisiti tecnici ed economici delle imprese raggruppate, secondo i parametri specificati dalla legge e dai regolamenti attuativi.

Attraverso la costituzione del RTI si consente alle PMI, che da sole non avrebbero la capacità economica ed organizzativa di partecipare alla procedura di gara, di prendervi parte. È, quindi, uno strumento proconcorrenziale che, però, può esporsi anche a storture.

In chiave di garanzia del funzionamento pro concorrenziale dell’istituto si pone la previsione del comma 9 dell’art. 48, il principio di immodificabilità.

Il principio di immodificabilità, infatti,  trova il proprio ancoraggio normativo nell’art. 48 del d.lgs n. 50 del 2016. Il comma 9 di questo articolo vieta qualsiasi modificazione alla composizione dei raggruppamenti temporanei di impresa rispetto a quella risultante dall’impegno presentato in sede di offerta. La ratio sottesa alla norma, come meglio si vedrà nel prosieguo, si rinviene nella tutela dell’imparzialità e della trasparenza dell’agire della stazione appaltante, nonché nella necessaria tutela dei principi di concorrenza e di parità di trattamento tra gli operatori economici che prendono parte alla procedura concorsuale[17].

Il principio in parola, però, già nella sua formulazione originaria, era oggetto di temperamenti.

Invero, già le disposizioni dei commi 17 e 18 dell’art. 48, così come redatto dal legislatore del 2016, legittimavano rispettivamente la sostituzione del mandatario o del mandante, incorsi in cause ostative alla prosecuzione del rapporto contrattuale con la P.A. per ragioni economico finanziarie anche diverse dal fallimento (liquidazione coatta amministrativa, amministrazione controllata, amministrazione straordinaria, concordato preventivo, procedura d’insolvenza concorsuale o di liquidazione) o nelle ipotesi previste dalla disciplina antimafia. Il comma 19, poi, già in origine consentiva il recesso di una delle imprese raggruppate, se dipendente da esigenze organizzative e non dalla necessità di eludere la carenza d’un requisito di partecipazione alla gara, altrimenti sanzionato con l’esclusione[18].

Con il c.d. correttivo, d.lgs n. 56 del 2017, sulla scorta dalla giurisprudenza eurounitaria[19], il legislatore ha in parte ritoccato la disciplina originaria, estendendo quelle eccezioni previste ai commi 17 e 18, anche alla fase di gara e permettendo, inoltre, la modifica soggettiva del raggruppamento, nella sola fase dell’esecuzione, anche per la perdita di uno dei requisiti dell’art. 80 in capo ad uno dei componenti.

Con l’estensione – pur alle condizioni indicate – della sostituzione del mandatario, del mandante o il recesso di un’impresa parte del concorrente plurimo, si ha una prima significativa breccia nel monolitico orientamento d’immodificabilità, anche in conformità alle Direttive ed alla giurisprudenza eurounitaria.

Il quadro normativo va completato tenendo conto degli altri commi posti a chiusura dell’art. 48. Secondo il comma 19 bis le previsioni di cui ai commi 17 e 18 si applicano anche con riferimento ai soggetti di cui all’art. 45, comma 2, lettere b), c) ed e), ossia ai consorzi stabili, ai consorzi ordinari di concorrenti di cui all’art. 2602 c.c.

Di fondamentale rilievo, per le ragioni che svilupperemo in seguito, è il comma 19-ter, che estende l’applicabilità delle previsioni dei commi 17, 18 e 19 anche alle ipotesi in cui le modificazioni soggettive si verifichino in fase di gara.

Tale impostazione sembra essere stata mantenuta nello schema di codice predisposto dal Consiglio di Stato. Nell’art. 68, infatti, configura l’istituto in parola conformandosi alla disciplina previgente, senza però mantenere la distinzione tra raggruppamento orizzontale e verticale, consentendo la presentazione di un’offerta sulla base del solo mandato collettivo, senza richiedere ulteriori requisiti e comportando la responsabilità solidale dei partecipanti.

  1. La giurisprudenza unionale sul principio di immodificabilità.

Sotto il profilo giurisprudenziale, il principio di immodificabilità viene ancorato alla necessità del rispetto del principio di parità di trattamento tra gli offerenti, in ragione della rilevanza dell’intutitus personae nei contratti pubblici. La ratio del principio, infatti, viene ravvisata nell’esigenza di assicurare alle amministrazioni aggiudicatrici una conoscenza piena dei soggetti che intendono trattare con esse, al fine di consentire un controllo preliminare e compiuto dei requisiti di idoneità morale, tecnico organizzativa ed economico-finanziari, e all’ulteriore scopo di impedire che tale verifica venga vanificata o elusa con modificazioni soggettive adattabili agli sviluppo della procedura di gara, in quanto tali lesive della par condicio[20].

Preliminarmente è utile dare conto della giurisprudenza comunitaria. La Corte di Giustizia, infatti, si è più volte espressa sul tema delle modificazioni soggettive dei partecipanti ad una procedura di gara in raggruppamento temporaneo di imprese. In primo luogo viene ritenuta conforme alla disciplina comunitaria in materia la disposizione di un legislatore nazionale che vieta il mutamento della composizione di un raggruppamento di imprese partecipante ad una procedura di aggiudicazione di appalti o di concessioni di lavori pubblici quando ciò avvenga successivamente alla presentazione delle offerte.

Successivamente è stata considerata l’ammissibilità dopo l’aggiudicazione ma prima della stipulazione del contratto di una modificazione del RTI sotto forma di recesso di una delle imprese. A tal proposito la Corte ha osservato come la modifica della composizione del RTI possa essere ritenuta sostanziale e vietata laddove, alla luce della specifica procedura di appalto, essa riguardi uno degli elementi essenziali che hanno determinato l’aggiudicazione.

Ancora, la Corte ha esaminato l’ipotesi in cui un operatore economico, parte di un raggruppamento di due imprese preselezionate e che avevano presentato la prima offerta in una procedura negoziata di aggiudicazione di un appalto pubblico, continui a partecipare in nome proprio a seguito dello scioglimento del raggruppamento. Sul punto la Corte ha osservato, dando rilevanza al principio di parità di trattamento che implica che gli operatori economici siano soggetti alle medesime condizioni di tutti i concorrenti, che il principio di identità tra gli operatori economici preselezionati e quelli che presentano le offerte, possa essere attenuato, cedendo il passo all’esigenza concorrenziale, se sia dimostrato che l’operatore economico rimasto in gara dopo lo scioglimento del RTI soddisfi da solo i requisiti definiti dall’ente di cui trattasi e dall’altro che la continuazione della sua partecipazione alla suddetta procedura non comporti un deterioramento della situazione degli altri offerenti sotto il profilo della concorrenza[21]

Rileva ulteriormente la posizione della Corte rispetto al considerando 110 della direttiva appalti 2014/24/UE che ammette l’ipotesi della sostituzione di un operatore economico raggruppato nella fase esecutiva, prevedendo che in linea con i principi di parità di trattamento e di trasparenza, l’aggiudicatario non dovrebbe essere sostituito da un altro operatore economico - ad esempio in caso di cessazione dell’appalto a motivo di carenze nell’esecuzione - senza riaprire l’appalto alla concorrenza. Tuttavia in corso di esecuzione del contratto, in particolare qualora sia stato aggiudicato a più di un’impresa, l’aggiudicatario dell’appalto dovrebbe poter subire talune modifiche strutturali dovute, ad esempio, a riorganizzazioni puramente interne, incorporazioni, fusioni e acquisizioni oppure insolvenza”. La Corte di Giustizia[22] ha affermato che gli stati membri hanno la facoltà di non applicare le cause di esclusione previste dalla direttiva appalti o di inserirle nella normativa nazionale con un grado di rigore che potrebbe variare a seconda dei casi in funzione di considerazioni di ordine giuridico, economico e sociale prevalenti a livello nazionale.

  1. Il doppio intervento dell’Adunanza Plenaria.

Il comma 9 dell’art. 48 da un lato introduce il principio generale di immodificabilità della composizione del raggruppamento, mentre dall’altro i commi 17,18 e 19 introducono una pluralità di esclusioni a tale principio, tali da renderne sempre meno concreta l’applicazione.

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha affrontato, tra fine 2021 e inizio 2022, due diverse questioni, entrambe incidenti sulla portata del principio di immodificabilità: dapprima, con la sentenza n. 10 del 2021 si è pronunciata sulla sostituibilità in corso di gara dell’impresa mandataria fallita o comunque assoggettata ad altra procedura concorsuale con un’altra impresa, esterna all’originario raggruppamento d’imprese (c.d. sostituzione per addizione); successivamente, con la sentenza n. 2 del 2022 è intervenuta a comporre il severo contrasto formatosi in seno al Consiglio di Stato sull’interpretazione del comma 19-ter dell’art. 48 del codice dei contratti pubblici e ha risposto, in senso affermativo, al quesito se sia consentito escludere dal RTI l’impresa che, in fase di gara, abbia perso uno dei requisiti di ordini generale di cui all’art. 80, e consentire ai restanti associati di “riorganizzarsi”, senza essere pretermessi dalla selezione.

5.1 L’Adunanza Plenaria n. 10 del 2021 esclude la sostituzione per addizione.

Con la prima delle due sentenze in parola, come anticipato, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato[23] ha affrontato la questione relativa all’estensione, introdotta dal comma 19-ter, delle modifiche soggettive in origine consentite dai commi 17 e 18 solo in fase di esecuzione, anche alla fase della gara, con l’invocata possibilità di effettuare la sostituzione della mandataria (o della mandante) anche con un soggetto esterno al raggruppamento. Le questioni attenevano all’interpretazione dei commi 17 e 19 ter dell’art. 48 del d.lgs 50/2016, e all’ammissibilità, in fase di gara, della sostituzione della mandataria dichiarata fallita successivamente alla presentazione dell’offerta con un altro operatore economico subentrante, ovvero alla possibilità di evitare l’estromissione ed esclusione dalla gara solo nel caso in cui gli altri partecipanti al raggruppamento soddisfino in proprio i requisiti di partecipazione. Detto altrimenti, ciò che viene posto in discussione è l’ammissibilità della c.d. sostituzione per addizione del raggruppamento di imprese in corso di gara. 

Le disposizioni in oggetto, nel consentire nella fase dell’esecuzione del contratto - ed a seguito dell’introduzione del comma 19-ter anche nella fase di gara - la modificabilità soggettiva del raggruppamento solo in ipotesi tassative, rispondono alla duplice esigenza di tutela della par condicio dei partecipanti alla gara e tutela dell’affidamento della stazione appaltante. Vuole evitarsi che la stazione appaltante si trovi ad aggiudicare la gara e stipulare il contratto con un soggetto, del quale non abbia potuto verificare i requisiti generali o speciali di partecipazione perché subentrato nel corso della procedura ad evidenza pubblica o nel corso dell’esecuzione.

La questione sottoposta alla plenaria è radicata nella lettera del comma 18, che utilizzando la formula altro operatore economico subentrante induce prima face a ritenere che il legislatore abbia voluto privilegiare la continuità del rapporto contrattuale e la partecipazione alla gara ammettendo anche la modifica del raggruppamento per addizione.

Con la sentenza del 27 maggio 2021, n. 10, l’Adunanza Plenaria ha risolto le questioni sollevate dal C.G.A.R.S., ritenendo legittima la sostituzione, purché sia meramente interna, del mandatario o del mandante del RTI in possesso dei requisiti, nella fase di gara, solo nelle ipotesi di procedure concorsuali (o, per l’imprenditore individuale, anche nel caso di morte, interdizione, inabilitazione) e, in generale, anche per esigenze riorganizzative del RTI stesso. Possibilità che sussiste, ferma la previsione del comma 19, salvo che queste esigenze mirino ad eludere la mancanza di un requisito originario di partecipazione alla gara, in tal caso violandosi il canone di par condicio. L’evento che sta alla fonte della sostituzione – meramente interna – ammessa nei limiti anzidetti, deve essere portato dal RTI a conoscenza della stazione appaltante (laddove questa non ne abbia già avuto o acquisito notizia) per consentirle, secondo un principio di c.d. “sostituibilità procedimentalizzata” teso a tutelare la trasparenza e la concorrenza, di assegnare al raggruppamento un congruo termine per la riorganizzazione del proprio assetto interno, tale da poter riprendere correttamente, e rapidamente, la propria partecipazione alla gara o la prosecuzione del rapporto contrattuale.

La conclusione della Plenaria, in senso contrario alla possibilità di modifica per addizione, si pone in linea con l’esigenza di garantire il rispetto del principio di concorrenza. Diversamente opinando, si ammetterebbe ad eseguire la prestazione un soggetto che non ha preso parte alla gara secondo le regole di correttezza e trasparenza positivamente poste. Il perseguimento e lo sviluppo di una sana concorrenza tra imprese che partecipano ad un appalto pubblico, infatti, passa dal rispetto del principio di parità di trattamento tra gli offerenti che a sua volta impone che tutti gli offerenti dispongano delle stesse opportunità nella formulazione dei termini delle loro offerte.

5.2 Adunanza Plenaria n.2 del 2022 sulla modifica soggettiva del RTI in corso di gara.

Con la seconda delle sentenze in commento, l’Adunanza Plenaria ha risolto un’innegabile antinomia normativa relativa alla possibilità di ricorrere ai “meccanismi riparativi” di cui ai commi 17 e 18, che consentono la sostituzione del soggetto colpito dalla causa escludente, solo se la sopravvenuta perdita occorre “in corso di esecuzione”, o se tale possibilità si estende anche all’ipotesi in cui la mancanza dei requisiti interviene “in fase di gara”, per effetto di quanto disposto dal comma 19-ter.

Il correttivo del 2017[24] ha introdotto nel testo dell’art. 48 due modifiche: da una parte ha aggiunto alle sopravvenienze già contemplate dai commi 17 e 18 anche il caso di perdita in corso di esecuzione dei requisiti di cui all’art. 80; e dall’altro, ha introdotto il comma 19 ter che prevede che le previsioni di cui ai commi 17 e 18 trovano applicazione anche laddove le modifiche soggettive ivi contemplate si verifichino in fase di gara.

La questione è, quindi, la seguente: «il riferimento espresso al corso dell’esecuzione, contenuto negli art 17 e 18, farebbe propendere per l’ipotesi di perdita dei requisiti di cui all’art. 80 come limitata ad una sopravvenienza che si verifichi in quella fase; per altro verso, l’ampia dizione del comma 19-ter rende applicabili tutte le modifiche soggettive contemplate dai commi 17 e 18 (quindi anche la perdita dei requisiti di cui all’art. 80) anche alla fase di gara»[25].

Tale antinomia assoluta[26], che non era risolvibile attraverso il ricorso al criterio cronologico data la contestualità temporale delle disposizioni che le prevedono, né con il criterio gerarchico, data l’identità della fonte, ha necessitato il ricorso ad argomentazioni altre.

Ed infatti, il Supremo Consesso ha fatto ricorso all’interpretazione secondo ragionevolezza o costituzionalmente orientata: ha evidenziato come un’interpretazione che escluda la sopravvenienza della perdita dei requisiti ex art. 80 in fase di gara, per un verso introdurrebbe una  disparità di trattamento tra varie ipotesi di sopravvenienza non ragionevolmente supportata; per altro verso, perverrebbe ad un risultato irragionevole nella comparazione in concreto tra le diverse ipotesi poiché sarebbe consentita la modificazione del raggruppamento in casi che ben possono essere considerati più gravi rispetto a quelli della perdita dei requisiti di cui all’art. 80.

Escludere la possibilità di modifica soggettiva per sopravvenienza della perdita dei requisiti, significherebbe incidere negativamente sulla capacità di contrarre con le PA da parte di imprese in sé incolpevoli, posto che il fatto impeditivo riguarderebbe non l’intero RTI ma una sola delle imprese che lo compongono. Come evidenzia il collegio, si finirebbe per costituire una forma di responsabilità oggettiva, nella forma della culpa in eligendo. Questo con inevitabili ricadute sul profilo della partecipazione delle imprese alla contrattazione, in condizione di parità con le altre, nonché sul principio di libertà economica e di par condicio delle imprese nei confronti delle pubbliche amministrazioni. Un’interpretazione eccessivamente restrittiva, tale da escludere una modifica soggettiva del raggruppamento anche in fase di gara in ipotesi di sopravvenuta perdita dei requisiti ex art. 80, rischierebbe di porsi in contrasto sia con il principio di eguaglianza, che con il principio di libertà economica e di par condicio delle imprese nei confronti delle pubbliche amministrazioni. 

Il principio di immodificabilità non viene così compromesso o ulteriormente appiattito, poiché i principi di concorrenza e par condicio, che governano la materia, lungi dall’essere violati, vengono ulteriormente tutelati da un’interpretazioni che ammette la modificabilità anche in fase di gara del RTI per sopravvenienze relative anche alla perdita dei requisiti.

  1. Conclusioni

In un momento socio - economico in cui il settore dei contratti pubblici rappresenta ben l’11 % del PIL e del 20% della spesa pubblica, ed in cui gli appalti pubblici hanno un ruolo importantissimo nel rilancio dell’economia e nella ripresa degli investimenti, il principio di concorrenza ha assunto sempre maggiore centralità nella materia del public procurement. Ed il principio di immodificabilità, come abbiamo visto, ne costituisce al contempo baluardo e limite.

È sottile, infatti, la linea che separa la flessibilità del principio così che garantisca il funzionamento del sistema e favorisca l’accesso delle PMI al public procurement, dalla sua eccessiva attenuazione che rischia di rompere gli argini e scadere in una violazione del principio di par condicio prima e di concorrenza, poi. Ed infatti, proprio per la miglior garanzia del principio di concorrenza le deroghe al principio di immodificabilità soggettiva possono essere solo quelle tassativamente previste a livello europeo e nazionale e devono rispondere ad un precipuo interesse pubblico che giustifichi la deroga alla regola della riapertura dell’appalto alla concorrenza per il venir meno dell’identità giuridica tra il soggetto che ha formulato la proposta, il soggetto che si aggiudica la gara e quello che esegue il contratto.

Alla luce della formulazione dell’articolo dedicato al raggruppamento temporaneo di impresa nello schema di nuovo codice dei contratti, possono ritenersi del tutto valide le considerazioni svolte. Il nuovo art. 68 ripropone la struttura dell’istituto di cui si è detto, al netto delle differenze sopra illustrate, senza interventi netti in materia di modificabilità del RTI. Viene riproposta, infatti, la disposizione sul recesso del partecipante al consorzio o al raggruppamento già contenuta nel comma 19 dell’art. 48 del d.lgs. n. 50 del 2016, consentendo il recesso ad nutum anche nel caso di riduzione del raggruppamento ad unico soggetto, purché le imprese rimanenti abbiano i requisiti di qualificazione richiesti.

Sarebbe stato forse auspicabile un intervento più netto in tema di immodificabilità? Probabile. Di fatto però le risultanze giurisprudenziali fin qui raggiunte non andranno perdute.

 

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[1] Vedi tra gli altri, Adam Smith, An Inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of Nations, London, 1776; Irti, N., L’ordine giuridico del mercato, Roma-Bari, 1998; Samuelson, P.A.-Nordhaus, W.D, Economia, 1996, Milano, 285-290; Stiglitz, J.E., Economia del settore pubblico, Milano, 1989.

[2] Lalli A., Disciplina della concorrenza e diritto amministrativo, Napoli, 2008

[3] A. Lalli, Concorrenza. Disciplina pubblicistica, diritto on line, 2015.

[4] M. Libertini, La tutela della concorrenza nell’ordinamento italiano: dal codice civile del 1942 alla riforma costituzionale del 2001, in Moneta e Credito, vol 68 n. 272, dicembre 2015, 365-385.

[5] La concorrenza come valore economico e latu senso privatistico trova, invece, il suo fondamento nella Costituzione, in primis nell’art. 41 (vedasi la lettura che di esso da M.S. Giannini in Il pubblico potere. Stati e amministrazioni pubbliche, 1986, che distingue tra previsione del primo comma come garanzia costituzionale del diritto di impresa come diritto privato, e previsione del secondo e terzo comma come garanzie del pubblico potere a tutela degli interessi pubblici); e poi nell’art. 117, comma 2, lett.e) Costituzione, che attribuisce allo Stato la tutela della concorrenza in tutte le sue declinazioni (secondo alcuni come tutela della moneta e dei mercati finanziari, tutela del mercato e nel mercato; secondo altri solo come concorrenza economica e a tutela degli interessi dei privati concorrenti).

[6] Gli articoli da 101 a 109 TFUE e il protocollo n. 27 sul mercato interno e sulla concorrenza, dove si precisa che un sistema propizio ad un'equa concorrenza costituisce parte integrante del mercato interno, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 3, del trattato sull'Unione europea; il regolamento sulle concentrazioni (regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio) e le relative norme di attuazione (regolamento (CE) n. 802/2004 della Commissione); gli articoli 37, 106 e 345 TFUE per le imprese pubbliche e gli articoli 14, 59, 93, 106, 107, 108 e 114 TFUE per i servizi pubblici, i servizi di interesse generale e i servizi di interesse economico generale; il protocollo n. 26 sui servizi di interesse generale; articolo 36 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

[7] Per una lettura completa degli obiettivi e degli strumenti della politica di concorrenza UE, si veda www.europarl.europa.eu e https://ec.europa.eu/competition-policy/green-gazette/competition-policy_it. Overview of the planned timeline for merger and antitrust policy reviews (2020-2024) Overview of the planned timeline for State aid policy reviews (2020-2024).

[8]Sul ruolo e la funzione dell’autorità Garante della Concorrenza e del Mercato vedasi L. G. Vacchiano, La concorrenza negli appalti pubblici tra disciplina ordinaria e disciplina derogatoria della fase emergenziale da Covid-19. La tutela degli interessi dei privati., amministrativ@mente, n.4/2021.

[9] M. Clarich, Considerazioni sui rapporti tra appalti pubblici e concorrenza nel diritto europeo e nazionale, in Diritto Amministrativo, fasc.01-02, 2016, 71.

[10] Si parla di concorrenza nel mercato e concorrenza per il mercato, configurando nella prima definizione l’insieme delle misure che mirano all’apertura dei mercati e all’eliminazione delle restrizioni di accesso agli stessi; nella seconda definizione, invece, si ricomprendono tutte quelle azioni volte al perseguimento del fine di assicurare procedure competitive che realizzino la più ampia apertura di mercato a tutti gli operatori economici.

[11] L. Cassetti, Appalti e concorrenza: quante sono le “anime” della competenza esclusiva statale in materia di “tutela della concorrenza”?, in Giur. cost., fas. 6, 2007, pag. 4559; M. D’Alberti, Interesse pubblico e concorrenza nel codice dei contratti pubblici, in Dir. ammin., fasc. 2, 2008, pag. 297;

[12] Per approfondimenti sulla strategia Europa 2020, si veda ec.europa.eu.

[13] Come spiega M. Clarich in  Contratti pubblici e concorrenza, Astrid Rassegna – N. 19/2015,  le tre proposizioni contenute nell’articolo danno vita a una sequenza logica di tipo circolare che muove dal principio della parità di trattamento e di non discriminazione, si sviluppa attraverso il riferimento alla concorrenza e si conclude ancorando l’intento di alterare quest’ultima a una presunzione che richiama indirettamente proprio i principi della parità di trattamento e di non discriminazione enunciati nella prima parte della disposizione

[14] Tale frammentazione, tuttavia, ha un altro risvolto della medaglia: la esiguità degli importi messi a base d’asta dissuadono le imprese alla partecipazione, con la conseguenza che, di fatto, si va a creare un mercato per le sole imprese locali, restringendo quindi la concorrenza.

[15] Schema definitivo di Codice dei Contratti pubblici, allegato III – Relazione agli articoli e agli allegati, 7 dicembre 2022, www.giustizia-amministrativa.it.

[16] Per un’analisi completa dell’istituto, Garofoli Ferrari, Manuale di diritto amministrativo, nel diritto editore, 2020/2021.

[17] Consiglio di Stato, sez V, 11 gennaio 2018, n. 113, in www.giustizia-amministrativa.it.

[18] E’ ammesso il recesso di una o più imprese raggruppate, anche qualora il raggruppamento si riduca ad un unico soggetto, esclusivamente per esigenze organizzative del raggruppamento e sempre che le imprese rimanenti abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire. In ogni caso la modifica soggettiva di cui al primo periodo non è ammessa se finalizzata ad eludere la mancanza di un requisito di partecipazione alla gara.

[19] Già il previgente d.lgs n. 163/2006, ai commi 18° e 19° dell’art. 37 – che seguiva il modello normativo dell’art. 13, comma 5°-bis, L. 11 febbraio 1994, n. 109 (c.d. Merloni) – derogava in via eccezionale al principio di immanenza dei requisiti laddove, in corso di gara, fosse rispettivamente sopraggiunto, in capo al mandatario o al mandante, un elemento ostativo alla prosecuzione del rapporto per effetto di fallimento, morte, interdizione o inabilitazione dell’aggiudicatario: nel primo caso, facoltizzando la P.A. a proseguire il rapporto con la costituzione di un altro mandatario dotato dei requisiti per le lavorazioni residue; nel secondo, disponendo che la mandataria, da sé o in uno con le imprese superstiti, fosse tenuta a completare le opere rimaste, se in possesso dei requisiti (per gli appalti di lavori, categoria e classifica S.O.A.) secondo la legge speciale di gara.

[20] Ex multis Consiglio di Stato, sez V, 19 febbraio 2018, n. 1031, in www.giustizia-amministrativa.it.

[21] Corte giust. UE, Grande Sezione, 24 maggio 2016, C-396/14.

[22] Corte di Giustizia Sez X, sentenza 28 marzo 2019, C-101/18.

[23]L’Adunanza Plenaria viene adita dal CGA con sentenza n. 37 del 20 gennaio 2021.

[24] Art. 32 comma 1, lett h) del d.lgs 19 aprile 2017, n. 56.

[25] Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria n.2 del 2022.

[26] Antinomia assoluta o c.d. totale è quella che si ha quando nessuna delle due norme può essere applicata senza entrare in conflitto con l’altra