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Anno XVI - n. 03 - Marzo 2024

  Giurisprudenza Amministrativa



Economia circolare e “best practice” normative: analisi di un caso pratico

Di Luca Di Procolo
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NOTA A CORTE COSTITUZIONALE,

SENTENZA 1 aprile 2022, n. 85

 

Economia circolare e “best practice” normative: analisi di un caso pratico

 

Di LUCA DI PROCOLO

 

 

  1. Premessa

Il sempre più crescente consumo di risorse naturali ha marcato l’interdipendenza tra il sistema economico e quello ambientale. “La mancata considerazione del valore delle risorse naturali e ambientali nella formazione dei prezzi e, quindi, nella determinazione delle scelte e dei comportamenti, configura una delle principali imperfezioni del mercato, con rilevanti conseguenze allocative, anche e soprattutto a svantaggio delle generazioni future[1]”.

Attraverso il “nuovo” sistema delineato dall’Economia Circolare si intende promuovere l’aumento della resilienza delle risorse naturali e favorire la riduzione ed il riutilizzo dei rifiuti generati dalle attività produttive e di consumo che vengono intesi e impiegati come risorsa per ulteriori cicli produttivi e di consumo, coniugando così crescita economica e tutela ambientale.

Per raggiungere tali scopi, se da un lato vi è un proliferare di vastissima letteratura economica e manageriale per individuare idee, proposte e soluzioni orientate verso l’utilizzo corretto dei principi dell’Economia Circolare[2], sul versante legislativo non sempre è semplice districarsi dalla normativa di settore e – conseguentemente – attuare politiche che favoriscano il riutilizzo di materie prime seconde.

È il caso della Regione Abruzzo, che sarà analizzato prendendo spunto dalla sentenza n. 85 del 2022 della Corte Costituzionale.

 

 

 

 

  1. I fatti posti a fondamento della pronuncia della Corte Costituzionale

Nell’ambito della propria legge di stabilità per le annualità 2021-2023, la Regione Abruzzo ha introdotto una disposizione[3] che, al fine di favorire l’implementazione dell’economia circolare, prevede quanto segue:

“nell'ambito del demanio marittimo regionale con finalità turistico-ricreative e nei lidi e spiagge destinati alla balneazione è consentita, esclusivamente per uso domestico o personale e senza scopo di lucro, la raccolta di tronchi e masse legnose spiaggiati e ivi depositati dalle mareggiate invernali. La raccolta può essere effettuata dal 15 ottobre al 31 marzo, nei giorni feriali, dalle ore 8.00 alle ore 17.00. La raccolta del materiale legnoso è vietata nelle aree del demanio marittimo tutelate o vincolate ai sensi della disciplina nazionale e regionale in materia ambientale e paesaggistica, quali parchi, riserve marine, SIC, biotopi, foce dei fiumi e zone di dimora di fauna e flora protetta. Con Ordinanza da emanarsi entro il 15 ottobre, i comuni costieri possono individuare aree vietate alla raccolta del materiale legnoso. Resta ferma a carico di chi effettua le operazioni di prelievo la responsabilità, anche verso terzi, della raccolta e trasporto del materiale legnoso”.

In buona sostanza, ai soli fini domestici e senza scopo di lucro, è consentita la raccolta di tronchi e materiale legnoso spiaggiati o depositati lì dalle mareggiate invernali. Tale raccolta può avvenire in un arco temporale ristretto (15 ottobre – 31 marzo) in orari e giorni prestabiliti ed è vietata nelle zone vincolate o tutelate (ad esempio: Parchi, riserve marine, SIC ecc.). La finalità di tale disposizione è rinvenibile, da una prima lettura, nella volontà di regolamentare l’utilizzo di materia depositata sulle rive abruzzesi come materia prima seconda. Così facendo, si da l’opportunità di poter utilizzare un “prodotto” della natura, che sarebbe destinato ai centri di raccolta, come nuova materia prima, sebbene ai soli fini domestici o per uso personale (con quest’espressione il legislatore regionale ha voluto evitare che tali prodotti potessero essere immessi nel mercato).

Sulla disposizione in argomento il Governo ha ritenuto, tuttavia, che la norma regionale, consentendo, per uso domestico o personale e senza scopo di lucro, la raccolta di tronchi e masse legnose depositati dalle mareggiate invernali sulle spiagge, abbia ecceduto dalla competenza della Regione Abruzzo, contrastando con la legislazione emanata dallo Stato nell'esercizio della propria competenza esclusiva in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

Per supportare l’anzidetto orientamento, l’Avvocatura dello Stato ha sostenuto che la disposizione impugnata, consentendo la raccolta di tronchi e masse legnose depositate dalle mareggiate sulle spiagge, in particolare, si porrebbe in contrasto: con l'art. 183, comma 1, lettera b-ter), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), che, al numero 4), stabilisce che nella classificazione dei rifiuti urbani rientrano “i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua”; con l'art. 183, comma 1, lettera n), cod. ambiente, ai sensi del quale “non costituiscono attività di gestione dei rifiuti le operazioni di prelievo, raggruppamento, selezione e deposito preliminari alla raccolta di materiali o sostanze naturali derivanti da eventi atmosferici o meteorici, ivi incluse mareggiate e piene, anche ove frammisti ad altri materiali di origine antropica effettuate, nel tempo tecnico strettamente necessario, presso il medesimo sito nel quale detti eventi li hanno depositati”; e con l'art. 185, comma 1, lettera f), cod. ambiente, ai sensi del quale non rientrano nel campo di applicazione della Parte quarta del codice dell'ambiente solo “le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera b), del presente articolo, la paglia e altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, gli sfalci e le potature effettuati nell'ambito delle buone pratiche colturali, utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione ovvero con cessione a terzi, mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana, nonché la posidonia spiaggiata, laddove reimmessa nel medesimo ambiente marino o riutilizzata a fini agronomici o in sostituzione di materie prime all'interno di cicli produttivi, mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana”.

In altri termini, secondo il Governo, l'attività disciplinata dalla norma impugnata non rientrerebbe tra quelle escluse dall'ambito di applicazione della Parte IV cod. ambiente, per cui la disposizione regionale si porrebbe in contrasto con la detta normativa sulla gestione dei rifiuti, che non consente eccezioni riguardo all'origine o alla provenienza del materiale che si rinviene sulle spiagge marine, lacuali o sulle rive dei corsi d'acqua.

La Regione Abruzzo, in sede di costituzione in giudizio ha, tuttavia, rigettato in toto la ricostruzione dello Stato centrale adducendo diverse ed articolate motivazioni. La Regione ha evidenziato, in primo luogo, che nella nota del 9 gennaio 2014, prot. 1128, in risposta alla richiesta di un parere formulata dalla Regione Liguria in relazione alla situazione determinatasi sulle spiagge liguri a seguito di una forte mareggiata, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) aveva sostenuto che il materiale legnoso naturale depositato sui litorali a seguito di eventi meteorologici intensi e mareggiate avrebbe potuto essere messo a disposizione dei cittadini per il suo successivo riutilizzo per uso privato. In particolare, la difesa regionale fa leva sulle innovazioni legislative dell'art. 14, comma 8, lettera b-bis), del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 (Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale …), convertito, con modificazioni, nella legge 11 agosto 2014, n. 116, che ha fatto definitiva chiarezza in materia, modificando l'art. 183, comma 1, lettera n), cod. ambiente con l'introduzione di un nuovo periodo, ai sensi del quale “non costituiscono attività di gestione dei rifiuti le operazioni di prelievo, raggruppamento, cernita e deposito preliminari alla raccolta di materiali o sostanze naturali derivanti da eventi atmosferici o meteorici, ivi incluse mareggiate e piene, anche ove frammisti ad altri materiali di origine antropica effettuate, nel tempo tecnico strettamente necessario, presso il medesimo sito nel quale detti eventi li hanno depositati”.

La ricostruzione normativa poc’anzi descritta consentirebbe di ritenere, ad avviso della difesa regionale, che la raccolta del legno spiaggiato non si configura come attività di gestione dei rifiuti, “il che sarebbe attestato anche dalle numerose ordinanze dei sindaci dei Comuni costieri italiani che, richiamando la menzionata norma statale, hanno sovente autorizzato i privati al prelievo di detto materiale”.

In altri termini, ad avviso della Regione Abruzzo, la disposizione regionale censurata, nel consentire la raccolta del materiale legnoso spiaggiato per un determinato e limitato periodo di tempo, per uso esclusivamente personale o domestico e senza fine di lucro, intenderebbe solo dare applicazione al nuovo testo dell'art. 183, comma 1, lettera n), cod. ambiente, senza con ciò escludere, né, tantomeno, vietare ai Comuni di trattare come rifiuto il materiale legnoso che residui al termine del periodo della raccolta consentita ai privati. Tale previsione consentirebbe, tra l’altro, di riutilizzare un materiale naturale di buona qualità, con evidenti vantaggi per l’ambiente (e delle cui esternalità, talvolta, il legislatore pare non tenere conto), orientando il “consumatore finale” al riutilizzo, al riciclo ed al recupero.

  1. La pronuncia della Corte Costituzionale

Preliminarmente, è interessante analizzare ciò che il Giudice delle Leggi, nell’esaminare la questione oggetto del presente commento, ha statuito:

Anche se la norma impugnata, regolamentando la raccolta di tronchi e masse legnose depositati dalle mareggiate invernali sulle spiagge, deve, comunque, essere ricondotta alla competenza esclusiva del legislatore statale in materia di «tutela dell’ambiente» e «dell’ecosistema» ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., va comunque considerato, come questa Corte ha più volte affermato, che le Regioni possono esercitare competenze legislative proprie per la cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali, purché l’incidenza nella materia di competenza esclusiva statale sia solo in termini di maggiore e più rigorosa tutela dell’ambiente (ex multis, sentenze n. 227, n. 214, n. 88 del 2020, e n. 289 del 2019)”.

Secondo la Corte Costituzionale, dunque, la “materia” deve essere ricondotta alla tutela dell’ambiente e, pertanto, riservata alla competenza esclusiva dello Stato Centrale. Tuttavia, per la cura di interessi funzionalmente collegati, le Regioni possono prevedere, come nel caso di specie, una disciplina di maggiore tutela dell’ambiente.

Ciò che maggiormente rileva ai fini che qui interessano, è il dispositivo di cui al punto 4.2 per il quale “l’art. 14, comma 8, lettera b-bis), del d.l. n. 91 del 2014, come convertito, ha modificato l’art. 183, comma 1, lettera n), cod. ambiente, in riferimento alla definizione delle attività non costituenti «gestione dei rifiuti» ai fini della applicazione della Parte IV del medesimo codice. La nuova disposizione ha aggiunto, infatti, nella lettera n) dell’art. 183, comma 1, cod. ambiente, un ulteriore periodo, ai sensi del quale «non costituiscono attività di gestione dei rifiuti le operazioni di prelievo, raggruppamento, cernita e deposito preliminari alla raccolta di materiali o sostanze naturali derivanti da eventi atmosferici o meteorici o vulcanici, ivi incluse mareggiate e piene, anche ove frammisti ad altri materiali di origine antropica effettuate, nel tempo tecnico strettamente necessario, presso il medesimo sito nel quale detti eventi li hanno depositati»”.

In altri termini, alla luce del combinato disposto di tali norme, i materiali presenti sulle spiagge, indipendentemente dalla loro qualificazione, al fine della disciplina della relativa raccolta, possono dividersi, pertanto, in due categorie: quella dei rifiuti urbani giacenti sulla spiaggia (ad esempio plastiche, lattine, rottami e carta) e quella dei materiali o sostanze di origine naturale, come il legname spiaggiato, trasportati sulle spiagge dalle mareggiate, per i quali il legislatore statale si è preoccupato, al fine di consentirne una più spedita rimozione, di prevedere una specifica disciplina delle operazioni di prelievo, raggruppamento, cernita e deposito, escludendoli dall’ambito delle attività di gestione dei rifiuti (per le cui attività di raccolta e di trasporto l’art. 212 cod. ambiente impone, tra l’altro, l’iscrizione dei soggetti operanti in uno specifico Albo nazionale gestori ambientali).

Nell’ambito di questo complessivo quadro normativo, la disposizione impugnata prevede, in totale conformità alla disciplina statale dettata dall’art. 183, comma 1, lettera n), del Testo Unico Ambiente, che le possibili operazioni di raccolta del legname vengano poste in essere nel medesimo sito nel quale questo si è depositato e secondo una precisa scansione temporale. Pertanto, la norma de quo, nel consentire la raccolta del materiale legnoso spiaggiato per un determinato e limitato periodo di tempo, per uso esclusivamente personale o domestico e senza fine di lucro, intende consentire una forma di gestione di tali materiali sul presupposto, stabilito proprio dal codice dell’ambiente, che a questi non si applichino le disposizioni relative alla raccolta dei rifiuti urbani.

In altri termini, la norma della Regione Abruzzo, intervenendo nella prospettiva dell’economia circolare, in modo da favorire il riutilizzo del legname spiaggiato e di limitare la quantità finale di rifiuti da smaltire, deve essere considerata, secondo il Giudice delle Leggi, “non solo conforme alla disciplina statale, ma anche tale da realizzare una forma di maggiore tutela dell’ambiente”.

  1. Conclusioni

La vicenda sopra analizzata costituisce un’interessante argomentazione per ribadire la necessità di una governance in materia di gestione dei rifiuti orientata all’attuazione dei principi di economia circolare.

La gestione dei rifiuti è un elemento fondamentale dell’economia circolare perché il recupero dei materiali o dell’energia è necessario per chiudere i cicli e fornire un flusso continuo di risorse. Secondo uno studio della Banca Mondiale nel 2018 sono stati prodotti 2 Gt di rifiuti urbani, in termini assoluti soprattutto da parte dei Paesi ad alto reddito che – pur rappresentando solo il 16% della popolazione mondiale – generano il 34% dei rifiuti mondiali[4]”.

Le amministrazioni regionali e locali gestiscono una serie di settori chiave per promuovere l’economia circolare; quello dei rifiuti è sicuramente uno di quelli. In tale contesto, nonostante un quadro legislativo non sempre lineare, le regioni italiane hanno già sviluppato ed attuato politiche e strumenti normativi in materia.

Tra queste, alla luce della sentenza oggetto del presente commento, quella che ha avuto un positivo impatto per i principi di economia circolare è sicuramente la Regione Abruzzo. La Regione nell’applicare i principi propri dell’Economia Circolare (ed applicando ante litteram l’orientamento della Commissione Europea secondo cui “l’economia circolare mira a mantenere per un tempo ottimale il valore dei materiali e dell’energia utilizzati nei prodotti nella catena del valore, riducendo così al minimo i rifiuti e l’uso delle risorse. Impedendo che si verifichino perdite di valore nei flussi delle materie, questo tipo di economia crea opportunità economiche e vantaggi competitivi su base sostenibile”) ha inteso proprio dare l’opportunità ai propri cittadini di poter “ri-utilizzare” prodotti naturali portati naturalmente a riva a seguito di mareggiate.

L’approccio disegnato dal legislatore regionale intende ridurre l’impatto sull’ambiente (il che, a fronte di un aumento generale della domanda di materie prime e ad una scarsità delle risorse, non è affatto questione banale) ed è sicuramente un esempio da seguire, anche alla luce della intervenuta “approvazione” da parte della Corte Costituzionale. L’orientamento del Giudice delle Leggi potrebbe aprire, chissà, un solco tra le regioni italiane e rendere l’economia circolare non solo un’ipotesi, ma una reale certezza.

In conclusione, il raggiungimento di un funzionale sistema economico che tenga conto della “circolarità” dei beni, rappresenterebbe una svolta storica, un punto di non ritorno verso una nuova concezione dei prodotti stessi in chiave “ambientalista”.

 

 

[1] MARCELO ENRIQUE CONTE (A cura di), economia circolare e sviluppo, SNA.GOV.IT 

[2] Ex multis: Circular Economy Network (CEN), Rapporto sull'economia circolare in Italia, 2021; Ellen MacArthur Foundation, Towards the Circular Economy, 2013).

[3] Articolo 19, comma 36, della legge Regione Abruzzo n. 1 del 2021 “Disposizioni finanziarie per la redazione del Bilancio di previsione finanziario 2021-2023 della Regione Abruzzo”.

[4] 3° Rapporto sull’Economia Circolare in Italia.