Giurisprudenza Amministrativa

Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Regione Emilia Romagna, Deliberazione n. 18/2024, sulla copertura regionale del disavanzo delle aziende sanitarie.
Di Giuseppe Lonero
Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Regione Emilia Romagna, Deliberazione n. 18/2024, sulla copertura regionale del disavanzo delle aziende sanitarie.
Di Giuseppe Lonero
La Sezione regionale di controllo per l’Emilia-Romagna, nell’esame sulla documentazione inerente al bilancio di esercizio 2022 dell’AUSL della Romagna, ha rilevato, quali criticità, un significativo scostamento del risultato di esercizio rispetto al bilancio preventivo tale da incidere sull’attendibilità del processo di programmazione, la mancata integrale copertura dei costi Covid solo in parte compensati con le minori risorse statali ricevute per l’emergenza sanitaria, l’aumento della spesa per acquisti, in particolare di dispositivi medici, in ragione dell’addotta revisione generali dei prezzi di diversi prodotti, la mancata riconciliazione di parte dei rapporti di debito-credito con i fornitori. La Sezione ha quindi disposto che l’Azienda si conformi alle indicazioni contenute nella pronuncia e l’Amministrazione regionale ne assicuri l’osservanza in virtù dei poteri di vigilanza su di essa esercitati.
La Corte dei conti, in particolare, con la deliberazione indicata, ha affermato che il conseguimento dell’equilibrio di bilancio, così come il suo mantenimento in corso di esercizio, rappresenta il parametro fondamentale cui conformare i controlli sulla gestione finanziaria degli enti del Servizio sanitario nazionale intestati dalla Corte dei conti. La relazione-questionario redatta dal Collegio sindacale sul bilancio di esercizio deve essere innanzitutto strumentale alla verifica da parte delle Sezioni regionali di controllo dell’equilibrio economico-finanziario dell’ente sanitario. L’oggetto del controllo è, infatti, il bilancio di esercizio che, per le Aziende sanitarie e la Gestione sanitaria accentrata, deve rappresentare in modo chiaro, veritiero e corretto la situazione economica, patrimoniale e finanziaria del periodo di riferimento, così come previsto dalla Regione Emilia-Romagna, all’art. 9, c. 1, della L.R. 16 luglio 2018, n. 9, recante “Norme in materia di finanziamento, programmazione, controllo delle aziende sanitarie e gestione sanitaria accentrata. Abrogazione della legge regionale 20 dicembre 1994, n. 50, e del regolamento regionale 27 dicembre 1995, n. 61. Altre disposizioni in materia di organizzazione del servizio sanitario regionale”.
La Corte, ancora, afferma che, come ricordato, tra l’altro, dalla Sezione delle Autonomie nella deliberazione 6/SEZAUT/2020/INPR, “il mantenimento degli equilibri di bilancio costituisce una garanzia per la continuità dell’erogazione di un servizio costituzionalmente tutelato come quello della salute”. Inoltre, il Legislatore ha imposto agli enti del SSR, in ossequio ai principi di economicità ed efficienza, il rispetto del vincolo di bilancio, attraverso l’equilibrio di costi e ricavi. A tale riguardo, l’art. 4, c. 8, del D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, prevede che le aziende ospedaliere, inclusi i policlinici universitari, devono chiudere il proprio bilancio in pareggio.
L’art. 10 della L. 23 dicembre 1994, n. 724, nell’estendere alle unità sanitarie locali l’applicazione delle disposizioni di cui all'art. 4, c. 8, D.Lgs. n. 502/1992, e successive modificazioni e integrazioni, stabilisce che “agli eventuali disavanzi di gestione, ferma restando la responsabilità diretta delle predette unità sanitarie locali, provvedono le regioni con risorse proprie, con conseguente esonero di interventi finanziari da parte dello Stato”. La Corte Costituzionale, con sentenza 21-28 luglio 1995, n. 416, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 10, c. 1, della citata L. n. 724/1994 nella parte in cui impone alle regioni di provvedere con risorse proprie al ripiano degli eventuali disavanzi di gestione anche in relazione a scelte esclusive o determinanti dello Stato.
L’art. 3, c. 2, del D.L. 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla L. 16 novembre 2001, n. 405, prevede, a tale proposito, che le Regioni adottino le disposizioni necessarie per stabilire l'obbligo delle aziende sanitarie ed ospedaliere e delle aziende ospedaliere autonome di garantire l'equilibrio economico nonché per individuare le tipologie degli eventuali provvedimenti di riequilibrio e per determinare le misure a carico dei direttori generali nell'ipotesi di mancato raggiungimento dell'equilibrio economico.
Infine, afferma la Corte, la Regione deve garantire l’equilibro economico-finanziario del servizio sanitario regionale nel suo complesso e con riferimento ai singoli enti del Servizio sanitario regionale. Nel dettaglio, l’art. 1, c. 274, della L. n. 266/2005 dispone che, al fine di garantire il rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, restano fermi gli obblighi posti a carico delle regioni, con l’intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, regioni e province autonome di Trento e Bolzano del 23 marzo 2005, finalizzati a garantire l'equilibrio economico-finanziario nel settore sanitario nonché a prevedere, ove si prospettino situazioni di squilibrio nelle singole aziende sanitarie, la contestuale presentazione di piani di rientro pena la dichiarazione di decadenza dei rispettivi direttori generali. In particolare, ai sensi dell’art. 6 della citata Intesa, le Regioni si impegnano a garantire, in sede di programmazione regionale, coerentemente con gli obiettivi sull'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche, l'equilibrio economico-finanziario del servizio sanitario regionale nel suo complesso in sede sia di preventivo annuale sia di conto consuntivo, realizzando forme di verifica trimestrale della coerenza degli andamenti con gli obiettivi dell'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche, nonché ad adottare misure per la riconduzione in equilibrio della gestione ove si prospettino situazioni di squilibrio.
La Corte, ancora, rileva che gli obblighi di conseguimento dell’equilibrio economico-patrimoniale posti in capo agli enti del Servizio sanitario regionale risultano maggiormente verificabili in concreto a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, che, in particolare all’art. 29, c. 1, lett. d), stabilisce che i contributi regionali per il ripiano delle perdite registrate dagli enti del settore sanitario sono rilevati in un'apposita voce del patrimonio netto sulla base del provvedimento regionale di assegnazione, con contestuale iscrizione di un credito verso la regione. Al momento dell'incasso del credito, il contributo viene stornato dall'apposita voce del patrimonio netto e portato a diretta riduzione della perdita all'interno della voce «utili e perdite portati a nuovo». Tale modalità di contabilizzazione consente di evitare che i contributi regionali erogati in anni successivi rispetto a quello di emersione della perdita, inquinino il risultato economico dell’esercizio di assegnazione all’ente dei contributi medesimi. Ed infatti, afferma la Corte, le Regioni devono fornire adeguata copertura ai disavanzi del proprio sistema sanitario con le risorse derivanti dalle manovre fiscali dell’esercizio successivo. In tal senso si esprime l’art. 20, c. 2-bis, del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, secondo il quale i gettiti derivanti dalle manovre fiscali regionali e destinati al finanziamento del Servizio sanitario regionale sono iscritti nel bilancio regionale nell'esercizio di competenza dei tributi.
La Regione Emilia-Romagna, con la citata L.R. n. 9/2018, ha richiamato, all’art. 9, c. 7, le disposizioni contenute nell’art. 30 del d.lgs. 118/2011 in merito alla destinazione del risultato economico positivo eventualmente conseguito dagli enti del Servizio sanitario regionale a fine esercizio che deve essere portato a ripiano delle eventuali perdite di esercizi precedenti. La destinazione dell’eventuale eccedenza è diversamente disciplinata a seconda degli enti interessati. In particolare, per gli enti di cui all’art. 19, c. 2, lett. b), punto i) (gestione sanitaria accentrata), e lett. c) (aziende sanitarie locali, aziende ospedaliere, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici anche se trasformati in fondazioni, aziende ospedaliere universitarie integrate con il Servizio sanitario nazionale) essa è accantonata a riserva ovvero è resa disponibile per il ripiano delle perdite del servizio sanitario regionale.
Dalle considerazioni che precedono, per la Corte appare quindi chiaro che il conseguimento dell’equilibrio di bilancio e il suo mantenimento, devono caratterizzare l’intera gestione finanziaria dell’ente.