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Anno XVI - n. 07 - Luglio 2024

  Giurisprudenza Amministrativa



La Corte Costituzionale annulla Piano Territoriale Paesaggistico Regionale del Lazio.

Di Angelo Ascani
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NOTA A CORTE COSTITUZIONALE,

SENTENZA 17 novembre 2020, n. 240

La Corte Costituzionale annulla Piano Territoriale Paesaggistico Regionale del Lazio

Di ANGELO ASCANI

 

  1. Premesse e motivi di censura.

Con la sentenza del 22.10.2020 n. 240, la Corte Costituzionale ha annullato il Piano Territoriale Paesaggistico Regionale del Lazio (di seguito anche solo PTPR o il Piano), approvato con Delibera del Consiglio Regionale del 2.8.2019 n. 5 e pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione Lazio del 13.02.2020 n. 13.

L’annullamento consegue all’approvazione unilaterale del Piano da parte della Regione.

Infatti, risulterebbe violato il principio di co-pianificazione, variamente declinato, sotteso alla formazione di uno strumento di governo del territorio particolarmente rilevante.

Infatti, la formazione del PTPR, strumento urbanistico finalizzato alla tutela dei beni culturali e paesaggistici, non può prescindere dal coinvolgimento delle amministrazioni statali a tal uopo preposte.

Pertanto, mediante ricorso per conflitto di attribuzione, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha censurato la predetta approvazione per violazione: i) di una serie di norme costituzionali (Artt. 9, 117 e 118) e, come identificate dalla stessa Consulta, “interposte” contenute nel d.lgs. 22.01.2004 n. 42 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio); ii) del cd. principio di leale collaborazione tra istituzioni.

Sotto tale ultimo profilo, la violazione del principio di leale collaborazione nel procedimento di pianificazione si riverbererebbe in una sostanziale diminuzione del livello di tutela del bene paesaggistico in generale.

  1. La normativa statale e regionale in materia di tutela del paesaggio.

Preliminarmente a ogni esegesi nel merito dei motivi di censura, si rende necessaria una ricostruzione della normativa statale e regionale in materia di formazione del PTPR, sì da evidenziare con maggiore chiarezza la necessità di dialogo tra i diversi livelli di governo del territorio.

L’art. 9 della Costituzione costituisce il cardine della tutela paesaggistica laddove afferma che la Repubblica “tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.

Inoltre, proprio la collocazione della norma ne testimonia l’assoluta rilevanza atteso che i primi dodici articoli della Carta Costituzionale rappresentano i principi fondamentali dell’ordinamento repubblicano.

Il Titolo V della Costituzione, invece, specifica la portata delle competenze inerenti alla tutela e alla valorizzazione dei beni paesaggistici e culturali.

Sotto tale profilo, l’art. 117 co. 2 let. s) dispone che la tutela dell’ambiente, e quindi del paesaggio, costituisce competenza esclusiva dello Stato.

Detto principio è comunque temperato. Infatti, l’art. 118 co. 3 precisa che la legge statale “disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento [tra Stato e Regioni, ndr] nella materia della tutela dei beni culturali”.

Tuttavia, a monte di ogni accordo tra livelli di governo, l’attuazione dei principi costituzionali viene garantita da un corpus di norme cd. “interposte” condensate nel citato d.lgs. n. 42/2004.

Nel solco di quanto previsto ex art. 118 della Costituzione, l’esegesi delle norme del Codice dei Beni Culturali permette di evincere che, in materia di pianificazione paesaggistica, sia stata particolarmente avvertita la necessità di una integrazione tra i differenti livelli di governo, statale e regionale.

L’obiettivo di una pianificazione coordinata persegue il fine di garantire uno sfruttamento del territorio capace di bilanciare lo sviluppo dell’attività antropica ed economica con le esigenze di tutela del paesaggio.

Per quanto precede, l’art. 135 del d.lgs. 42/2004 prevede che: i) l’intero territorio nazionale deve essere adeguatamente disciplinato con finalità di salvaguardia del paesaggio; ii) la pianificazione paesaggistica sia attuata mediante coinvolgimento del Ministero dei Beni Culturali (di seguito anche solo MIBAC) e delle Regioni.

Le cennate esigenze vengono garantite mediante la disciplina del territorio attuata attraverso la formazione del PTPR; di cui, l’art. 143 del Codice dei Beni Culturali fornisce le linee fondamentali.

Non solo; infatti, la norma definisce le regole procedimentali che sottendono alla cooperazione tra Ministero e Regione nella formazione dello strumento.

Sotto tale profilo, il co. 2 prevede che “le regioni, il Ministero ed il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare possono stipulare intese per la definizione delle modalità di elaborazione congiunta dei piani paesaggistici, salvo quanto previsto dall'articolo 135, comma 1, terzo periodo. Nell'intesa è stabilito il termine entro il quale deve essere completata l'elaborazione del piano. Il piano è oggetto di apposito accordo fra pubbliche amministrazioni, ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241. L'accordo stabilisce altresì i presupposti, le modalità ed i tempi per la revisione del piano, con particolare riferimento all'eventuale sopravvenienza di dichiarazioni emanate ai sensi degli articoli 140 e 141 o di integrazioni disposte ai sensi dell'articolo 141-bis. Il piano è approvato con provvedimento regionale entro il termine fissato nell'accordo. Decorso inutilmente tale termine, il piano, limitatamente ai beni paesaggistici di cui alle lettere b), c) e d) del comma 1, è approvato in via sostitutiva con decreto del Ministro, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare”.

Pertanto, è possibile riassumere che gli atti propedeutici al soddisfacimento della pianificazione congiunta sono:

  1. la sottoscrizione di una intesa tra amministrazione statale e regionale che definisce i tempi di approvazione del piano;
  2. nella stipula di un accordo sui contenuti dello stesso piano.

La Regione Lazio si è dotata un proprio procedimento di formazione del PTPR disciplinato con l. reg. 6.7.1998 n. 24 (Pianificazione paesistica e tutela dei beni e delle aree sottoposti a vincolo paesistico); le cui fasi sono regolate, ex art. 23 l. reg. n. 24/1998, come segue:

  1. con una propria struttura tecnica, la Regione procede alla redazione dello strumento urbanistico, “sulla base delle consultazioni con gli enti locali e gli altri enti pubblici interessati”;
  2. adozione del PTPR da parte della Giunta regionale disponendone (i) la pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione, (ii) l’affissione presso l’albo pretorio dei Comuni e delle Province (iii) la pubblicazione sui principali quotidiani;
  3. nel periodo di affissione, i soggetti interessati possono presentare delle proprie osservazioni che, entro i successivi 30 giorni, vengono complessivamente inviate alla struttura regionale procedente;
  4. nei successivi 60 giorni, la struttura regionale redige una propria relazione tecnica nelle more della quale fornisce anche le controdeduzioni alle osservazioni;
  5. il Consiglio Regionale approva il PTPR con propria deliberazione affissa per tre mesi presso l’albo pretorio dei Comuni e delle Province.
  6. Il principio di co-pianificazione in materia paesaggistica con riferimento al caso di specie.

Alla luce del quadro normativo delineato, la formazione del Piano è subordinata a una stretta collaborazione tra i livelli di governo del territorio, statale e regionale, volta alla salvaguardia della fondamentale, e costituzionalmente garantita, esigenza di tutela del paesaggio.

Detta collaborazione tra detti livelli di governo si declina, sotto il profilo operativo, mediante accordi tesi a garantire una pianificazione armonica che sintetizzi i punti di vista e gli obiettivi dei vari attori istituzionali coinvolti.

L’importanza dell’approvazione dello strumento urbanistico oggetto del presente contributo risiede, oltre che nella propria finalità di tutela paesaggistica, nella concreta capacità di incidere in maniera consistente sulla potenzialità di utilizzo del territorio regionale.

In merito al caso di specie, l’iter per l’approvazione del PTPR della Regione Lazio è risalente e trova la propria genesi nell’accordo siglato il 9.2.1999 tra MIBAC, Regione Lazio e Università di Roma Tre.

Nonostante il quadro normativo imponesse il coinvolgimento del MIBAC, la Regione ha provveduto alla adozione di una propria versione del Piano in assenza di qualsivoglia collaborazione con lo stesso Ministero. Il Piano adottato è stato pubblicato nel Bollettino Ufficiale regionale del 14.02.2008 n. 6.

Successivamente, la stessa Regione ha tentato un coinvolgimento dell’amministrazione statale al fine di trovare un’intesa prima dell’approvazione finale del PTPR in modo tale da salvaguardare il principio di co-pianificazione e, pertanto, garantire la legittimità del procedimento di formazione dello strumento urbanistico.

In tal senso, tra le due istituzioni, è stato sottoscritto un Protocollo d’Intesa; seguito dalla stipula di “un verbale di condivisione dei contenuti del Piano” del 16.12.2015.

Tuttavia, il verbale di condivisione non è mai stato approvato dal Consiglio Regionale del Lazio che, al contrario, ha provveduto all’approvazione, in via unilaterale, del PTPR successivamente pubblicato.

Detta condotta costituisce una innegabile forzatura delle procedure previste ex lege che va a ledere il principio di co-pianificazione nonché di leale collaborazione tra istituzioni. Tale lesione si riverbera in molteplici violazioni costituzionali, di legge (Codice dei Beni Culturali) oltre che degli accordi sottoscritti.

In tal senso, a nulla rileva quanto sostenuto dalla difesa regionale laddove sostiene che non vi sia stata una pianificazione ex novo stante la preesistenza di Piani Territoriali Paesaggistici (di seguito anche solo PTP) con conseguente applicazione del art. 156, in luogo della procedura prevista ex art. 143 d.lgs. 42/2004.

Le due procedure appaiono del tutto differenti poiché chiamate a disciplinare, nel primo caso (Art. 156), un mero adeguamento della pianificazione esistente, mentre nel secondo (Art. 143), una nuova pianificazione.

Infatti, nel caso di specie, non è sostenibile che vi sia stata un mero adeguamento della pianificazione per i motivi che seguono:

  1. l’adeguamento previsto dall’art. 156 citato ha carattere transitorio ed era attuabile entro e non oltre il 31.12.2009;
  2. compare un evidente riferimento al procedimento di pianificazione previsto ex art. 143 d.lgs. 42/2004;
  3. il contestuale riferimento all’art. 156 del Codice dei Beni Culturali evidenzia come il Piano approvato non si limitasse solo all’adeguamento dei PTP esistenti ma costituisse un quid novi.

In ogni caso, secondo la Consulta, la funzione delle summenzionate disposizioni del Codice dei Beni Culturali sarebbe quella di garantire l’unitarietà della pianificazione territoriale operata congiuntamente tra gli organi statali e regionali.

  1. La prospettiva regionale.

La Regione Lazio ha sostenuto nella propria difesa che la caducazione dell’intero PTPR avrebbe comportato una eccessiva compressione delle potenzialità di sfruttamento del territorio assolutamente non auspicabili in un momento di particolare crisi economica.

Detta interpretazione deve essere necessariamente letta in correlazione con il rilevante peso che l’attività edilizia svolge nell’ambito del PIL regionale.

In tal senso, in base all’art. 21 della l.reg. n. 24/1998, nelle aree sottoposte a vincolo dalla Amministrazione competente, sarebbero consentiti unicamente “interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione, risanamento, recupero statico ed igienico e restauro conservativo”.

In effetti, il territorio regionale è sottoposto alla disciplina dei Piani Territoriali Paesistici; pertanto, la portata altamente limitativa dell’attività edilizia causata dall’applicazione della cennata norma appare evidente.

Quindi, sostiene ancora la difesa regionale che il ricorso formulato dalla Presidenza del Consiglio sarebbe finalizzato alla censura di alcune disposizioni specifiche e non del Piano nella sua interezza.

Detta eccezione, secondo la Consulta, appare del tutto infondata laddove una lettura unitaria dei motivi di ricorso permette di evincere che la finalità del gravame fosse proprio quella di caducare il PTPR in radice.

  1. Conclusioni.

Nel caso che occupa appare innegabile come la Consulta abbia rilevato una lesione del principio secondo cui, in materia di pianificazione paesaggistica, sussiste “la necessità di un confronto costante, paritario, e leale tra le parti, che deve caratterizzare ogni fase del procedimento e non seguire la sua conclusione”.

A nulla rilevano le eccezioni svolte dalla difesa regionale; infatti, nella pronuncia in commento viene costantemente ribadita la imprescindibile necessità di un indirizzo unitario che presupponga la compartecipazione dello Stato e delle Regioni in modo tale da assicurare la tutela del paesaggio.

In ultima istanza, la formazione del PTPR, nel caso che occupa, non ha comportato un mero adeguamento dei PTP, o almeno non solo, esistenti bensì una nuova pianificazione dell’intero territorio regionale.

Pertanto, tutte le considerazioni che precedono inducono a ritenere che la particolare sensibilità della materia, nonché un apprezzamento complessivo della intera normativa di settore, indirizzino inequivocabilmente i livelli di governo coinvolti verso una pianificazione armonica tale da garantire la salvaguardia del valore primario costituito dal paesaggio.

In tal senso, la stessa Consulta ha sostenuto che “la disciplina statale volta a proteggere l’ambiente e il paesaggio viene a funzionare come un limite” alla potestà delle autonomie regionali.

Ragione per cui, una pianificazione armonica e unitaria presuppone una leale collaborazione tra gli enti procedenti che appare evidentemente violata nel caso di specie.

In tal senso, la collaborazione del MIBAC avrebbe dovuto essere sollecitata nella fase di formazione del Piano; mentre, sotto altro profilo, la Regione avrebbe dovuto quanto meno recepire gli accordi sottoscritti nelle more del verbale di condivisione congiunto.

Al contrario, la Regione Lazio ha dapprima adottato il PTPR senza coinvolgere il MIBAC e, successivamente, lo ha approvato senza recepirne gli apporti collaborativi, peraltro condivisi dalla Regione stessa.

In conclusione, la violazione del principio di leale collaborazione, che assorbe tutte le censure svolte, risulta, a giudizio della Corte, palese e tale da determinare anche una sensibile diminuzione della tutela del territorio; ragion per cui, la Corte Costituzionale ha annullato la delibera con cui il Consiglio Regionale ha approvato unilateralmente il PTPR senza il necessario coinvolgimento delle strutture statali.