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La Corte di Cassazione si pronuncia sulla riattivazione della procedura notificatoria e sulle cause di estinzione del processo tributario.
Di Riccardo Lancia
NOTA A CORTE DI CASSAZIONE – SEZIONE TRIBUTARIA,
ORDINANZA 11 agosto 2020, n. 16908
La Corte di Cassazione si pronuncia sulla riattivazione della procedura notificatoria
e sulle cause di estinzione del processo tributario
Di RICCARDO LANCIA
Sommario: 1. Premessa: introduzione alla pronuncia in rassegna. 2. La decisione della Corte di Cassazione. 3. La riattivazione della procedura notificatoria in caso di esito negativo della notificazione. 4. L’estinzione del giudizio tributario per inattività delle parti. 5. Conclusioni.
- Premessa: introduzione alla pronuncia in rassegna
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza dell’11 agosto 2020, n. 16908, si è pronunciata sulla riattivazione della procedura notificatoria e sulle cause di estinzione del processo tributario ([1]).
La Commissione Tributaria Regionale (CTR) del Lazio ha ritenuto, in relazione all’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, che, in ragione dell’inattività delle parti e della mancata esibizione della documentazione richiesta, fosse intervenuta l’estinzione del giudizio. Pertanto, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c., avverso tale sentenza, proponendo quale unico motivo di ricorso la violazione e falsa applicazione degli artt. 43 e 45 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nonché dell’art. 7 del medesimo Decreto per avere erroneamente dichiarato il giudice di secondo grado l’estinzione del giudizio per inattività delle parti in relazione ad un’ipotesi non riconducibile a quelle tassative previste dalla legge, avendo coniato “ad libitum” un’ipotesi di estinzione derivata dal mancato deposito della documentazione richiesta.
Il contribuente ha resistito con controricorso tramite cui ha eccepito l’inammissibilità del ricorso dell’Amministrazione finanziaria per essere stato lo stesso proposto oltre il termine di impugnazione previsto dalla legge.
- La decisione della Corte di Cassazione
Il Supremo Consesso ha, dapprima, constato, contrariamente a quanto eccepito dalla controricorrente, la tempestività del ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate per essere stato lo stesso proposto nel rispetto del termine lungo, stabilito dall’art. 327 c.p.c., nella versione applicabile ratione temporis anteriore alle modifiche introdotte dalla legge 18 giugno 2009, n. 69.
L’art. 327 c.p.c., richiamato in forza del rinvio compiuto dall’art. 62, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992, prevedeva un termine lungo annuale, il quale, a seguito della modifica apportata con la legge n. 69 del 2009, è stata dimezzato della metà.
A differenza di quanto eccepito dalla controparte, dagli atti risultava che il ricorso per cassazione fosse stato notificato a mezzo di posta elettronica certificata (PEC) ([2]), in data 21 marzo 2018, all’indirizzo del difensore del contribuente nel rispetto della procedura telematica nelle forme previste dall’art. 3-bis della legge 21 gennaio 1994, n. 33.
L’Agenzia delle Entrate ha fornito prova, tramite la produzione delle copie cartacee delle ricevute di accettazione e di consegna del messaggio di posta elettronica, dello svolgimento rituale del procedimento notificatorio telematico nel rispetto delle fasi procedimentali proprie di tale forma di notificazione. Tuttavia, la notifica compiuta al difensore, pur essendo stata regolarmente accettata non era stata consegnata a causa di un errore non imputabile alla ricorrente, per risultare la “casella inibita alla ricezione”.
L’Amministrazione finanziaria, avvedutasi dell’accaduto, si è attivata in maniera diligente notificando nuovamente l’atto all’indirizzo del contribuente, in data 16 aprile 2018, nel rispetto del limite di tempo pari alla metà dei termini stabiliti dall’art. 325 c.p.c..
La Cassazione, sulla base di un consolidato orientamento relativo alla procedura di notificazione degli atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, ha statuito che il notificante, una volta appreso dell’esito negativo, deve tentare di riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria ([3]). In particolare, è opportuno che non venga superato il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa.
La Suprema Corte ha, altresì, precisato che, nel caso di specie, ai fini del calcolo del termine di impugnazione, si sarebbe dovuto tenere conto del periodo di sospensione dei termini di impugnazione, come definito dall’art. 11 del D.L. 24 aprile 2017, n. 50. Sicché, aggiungendosi a tale scadenza il periodo di sospensione semestrale dei termini di impugnazione, di cui al citato art. 11 del D.L. n. 50 del 2017, il termine finale di impugnazione in cassazione sarebbe scaduto il 21 marzo 2018, ossia il giorno in cui il ricorso dell’Agenzia delle Entrate è stato effettivamente notificato al contribuente ([4]).
Peraltro, a giudizio della Cassazione, dalla lettura della stringata motivazione della sentenza impugnata emerge che la CTR del Lazio ha dichiarato estinto il giudizio di appello, introdotto dall’Agenzia delle Entrate, per inattività delle parti e mancata esibizione della documentazione in atti richiesta. Sicché, non avendo la CTR del Lazio indicato in base a quale ipotesi l’inattività delle parti avrebbe determinato l’estinzione del giudizio, sembrerebbe ignorare che la dichiarazione di estinzione del processo per inattività delle parti possa derivare soltanto dal verificarsi di una delle ipotesi tassativamente previste dall’art. 45 del D.Lgs. n. 546 del 1992 ([5]). Del resto, pare essere indubbio che l’estinzione del processo per inattività delle parti avvenga, in base a quanto stabilito dall’art. 45, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992, nel caso in cui le parti alle quali spetti di proseguire, riassumere, integrare il giudizio non vi abbiano provveduto nel termine perentorio stabilito dalla legge o dal giudice che dalla legge sia autorizzato a fissarlo.
L’effetto estintivo non ricorrerebbe a seguito di una generica inattività delle parti, ma soltanto nel caso di omesso compimento, entro il termine perentorio previsto dalla legge, degli atti necessari alla prosecuzione del processo nelle ipotesi tassative previste dalla legge stessa. A differenza di quanto avviene nel processo civile, ove si ravvisa un’ipotesi di estinzione del processo anche nel caso di mancata costituzione delle parti, l’art. 22 del D.Lgs. n. 546 del 1992 dispone che, nel processo tributario, il mancato deposito degli atti, da parte del ricorrente, nella segretaria della Commissione, nel termine ivi stabilito, determina soltanto l’inammissibilità del ricorso, rilevabile in ogni stato e grado del giudizio e non sanabile neanche con la costituzione della parte resistente.
Di conseguenza, il Supremo Consesso ha, per un verso, ritenuto erroneo il ragionamento del giudice di secondo grado e, per l’altro, ravvisato la nullità della sentenza che ha dichiarato l’estinzione del giudizio senza che ricorresse alcuna delle ipotesi previste dalla legge, ma soltanto per una «non meglio specificata inerzia delle parti alla produzione di documenti della cui rilevanza (sostanziale e processuale), peraltro, nulla è dato comprendere dalla scheletrica motivazione della sentenza qui impugnata». Pertanto, sulla base di tali considerazioni, la Cassazione, dopo aver accolto il ricorso, ha annullato la sentenza impugnata e rinviato la causa alla CTR del Lazio in diversa composizione.
- La riattivazione della procedura notificatoria in caso di esito negativo della notificazione
La riattivazione della procedura notificatoria per esito negativo della notificazione è una tematica che è stata, a più riprese, oggetto di attenta analisi da parte delle Sezioni Unite della Cassazione, dapprima, nel 2009 e, in seguito, nel 2016.
Con la pronuncia del 24 luglio 2009, n. 17352, le Sezioni Unite della Cassazione hanno statuito che, nel caso in cui la notificazione di un atto processuale da compiere entro un termine perentorio non si concluda con esito positivo per circostanze non imputabili al richiedente, questo ultimo, laddove se ne presenti la possibilità, avrebbe la facoltà e l’onere di richiedere la ripresa del procedimento notificatorio. Sicché, la conseguente notificazione, ai fini del rispetto del termine, avrebbe «effetto fin dalla data della iniziale attivazione del procedimento, sempreché la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un tempo ragionevolmente contenuto, tenuti anche presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per venire a conoscenza dell’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie» ([6]).
Il principio di diritto che se ne ricava è il seguente: se la mancata notifica non è imputabile alla parte richiedente, la procedura notificatoria continua a ritenersi iniziata nel momento in cui è stata richiesta la notifica, purché il richiedente assuma l’iniziativa e in autonomia si attivi affinché dia luogo alla notificazione dell’atto, tenuto anche conto dei tempi necessari a venire a conoscenza dell’esito negativo della notificazione.
Come precisato dalle Sezioni Unite, è necessario che l’attivazione sia assunta dalla parte richiedente senza alcun passaggio per il giudice al fine di evitare l’instaurazione di una sub-procedura avente soltanto l’effetto di allungare le tempistiche ([7]). Ciò, invero, sarebbe, in un certo senso, implicito nei caratteri stessi della procedura delineata che deve essere (ri)attivata con “immediatezza”, una volta appreso l’esito negativo della notificazione, e svolgersi con “tempestività” ([8]).
Le Sezioni Unite sono tornate sulla questione con la sentenza del 15 luglio 2016, n. 14594, ove, in linea di principio, non si ravvisa alcuno scostamento rispetto all’orientamento espresso nel 2009. Tuttavia, questo successivo intervento è stato dettato dalla precipua necessità di definire il concetto di “tempo ragionevolmente contenuto” rilevante ai fini della riattivazione della procedura notificatoria, dopo aver appreso dell’esito negativo della notificazione.
Le Sezioni Unite, richiamate le parti essenziali della pronuncia resa nel 2009, hanno specificato che il termine può essere fissato in misura pari alla metà del tempo indicato per ciascun tipo di atto di impugnazione dall’art. 325 c.p.c.. Difatti, «se questi termini sono ritenuti congrui dal legislatore per svolgere un ben più complesso e impegnativo insieme di attività necessario per concepire, redigere e notificare un atto di impugnazione a decorrere dal momento in cui si è stato pubblicato il provvedimento da impugnare può ragionevolmente desumersi che lo spazio temporale relativo alla soluzione dei soli problemi derivanti da difficoltà nella notifica, non possa andare oltre la metà degli stessi, salvo una rigorosa prova in senso contrario» ([9]).
Il termine breve di proposizione del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 325, comma 2, c.p.c., è di sessanta giorni; applicando il principio di diritto sancito dalle Sezioni Unite del 2016, il termine per riattivare la procedura notificatoria è di trenta giorni dal momento di conoscenza dell’esito negativo della notificazione.
- L’estinzione del giudizio tributario per inattività delle parti
In diritto tributario, la disciplina generale sull’estinzione del processo è data dagli artt. 44, 45 e 46 del D.Lgs. n. 546 del 1992: la prima norma regola l’ipotesi di estinzione del processo per rinunzia al ricorso, la seconda l’estinzione del giudizio per inattività delle parti e la terza l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere ([10]). Dall’estinzione del giudizio in base alle norme richiamate discendono effetti differenti, infatti, mentre nel caso di estinzione per cessazione della materia del contendere l’evento attiene alla situazione sostanziale oggetto di causa e solo di riflesso incide sul processo, negli altri due casi l’evento considerato ha incidenza diretta sul processo ([11]).
L’art. 45, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992, che, in larga parte, ricalca la disciplina data dall’art. 307 c.p.c. ([12]), dispone che il processo si estingue nei casi in cui le parti alle quali spetta di proseguire, riassumere o integrare il giudizio non vi abbiano provveduto entro il termine perentorio stabilito dalla legge o dal giudice che dalla legge sia autorizzato a fissarlo ([13]). L’estinzione del giudizio per inattività delle parti si configura quale reazione dell’ordinamento giuridico al protrarsi del comportamento inerte delle parti al fine di dare concreta attuazione al principio della ragionevole durata del processo ([14]).
Ai sensi dell’art. 45, comma 3, del D.Lgs. n. 546 del 1992 ([15]), l’estinzione del processo per inattività delle parti può essere rilevata anche d’ufficio limitatamente al solo nel grado di giudizio in cui si verifica e rende inefficaci gli atti compiuti ([16]). Sotto tale ultimo profilo, è opportuno fare chiarezza: da un lato, gli atti compiuti fino al momento di perfezionamento della fattispecie estintiva del giudizio sono inefficaci e, dall’altro, gli atti compiuti fino alla declaratoria di estinzione del giudizio sono affetti da nullità ([17]).
A ben vedere, l’estinzione, cui fa riferimento l’art. 45 del D.Lgs. n. 546 del 1992, non deriva da una mera inattività delle parti, bensì da una delle ipotesi tassativamente individuate dalla norma de qua come, ad esempio, nei casi di mancata riassunzione del processo innanzi alla Commissione dichiarata competente, le ipotesi di mancata integrazione del contraddittorio laddove ricorra il litisconsorzio necessario, i casi di mancata riassunzione del processo sospeso o interrotto nonché l’ipotesi di mancata riassunzione del giudizio in seguito al rinvio operato dalla Cassazione.
- Conclusioni
La Corte di Cassazione, in tale pronuncia, ha trattato due questioni processuali di peculiare rilievo: (i) la riattivazione della procedura notificatoria in caso di esito negativo della notificazione e (ii) l’estinzione del giudizio tributario per inattività delle parti.
Con riguardo al profilo (i), la decisione in rassegna rappresenta un chiaro esempio di diretta applicazione, tra l’altro pienamente rispettosa e conforme, dell’orientamento delle Sezioni Unite del 2016, tenuto anche conto del periodo di sospensione dei termini di impugnazione da considerare nel computo dei termini ai fini del valido compimento della procedura di notificazione ([18]).
Giova segnalare come, in ogni caso, l’errore relativo alla ricevuta di mancata consegna dell’atto da notificare via PEC per “casella inibita alla ricezione” sia pacifico che, in base a costante giurisprudenza di legittimità ([19]), configuri esito negativo della notifica imputabile al destinatario dell’atto per non essersi adoperato al fine di rendere possibile la notificazione stessa. In casi del genere, la Cassazione ha confermato, come effettivamente avvenuto in tale circostanza, l’applicabilità dell’indirizzo delle Sezioni Unite del 2016 (e, quindi, implicitamente anche del 2009) che opera ogniqualvolta in cui la mancata conclusione positiva della notifica non derivi da circostanze imputabili al notificante ([20]).
Rispetto, invece, al profilo (ii), la Suprema Corte ha, condivisibilmente, ritenuto che la mancata costituzione delle parti sia fonte, in concreto, di effetti differenti nel processo civile e nel processo tributario: mentre nel primo determina l’estinzione del processo, nel secondo tale effetto non si produce. Questa soluzione è dettata dall’art. 22 del D.Lgs. n. 546 del 1992 che si limita a stabilire, nel caso di mancato deposito degli atti, da parte del ricorrente, nella segretaria della Commissione entro il termine ivi stabilito, la sola inammissibilità del ricorso, rilevabile in ogni stato e grado del giudizio e non sanabile neanche con la costituzione della parte resistente.
Pertanto, non potendo da ciò seguirne l’estinzione del giudizio, la Cassazione ha correttamente – almeno a parere di chi scrive – ritenuto erroneo il ragionamento del giudice di secondo grado, ravvisando la nullità della sentenza che ha dichiarato l’estinzione del giudizio senza che ricorresse alcuna delle ipotesi previste in maniera tassativa dalla legge.
NOTE:
([1]) Sulla notificazione degli atti in ambito civile, si rinvia, senza alcuna pretesa di completezza, a G. BALENA, Notificazione e comunicazione, in Dig. civ., XII, Torino, 1995, pp. 261 ss.; E. MINOLI, Le notificazioni nel processo civile, Milano, 1938, pp. 1 ss., M. LUPANO, Atti processuali, in S. CHIARLONI (a cura di), Commentario al Codice di Procedura Civile, Bologna, 2016, pp. 222. In ambito tributario, si veda per tutti, C. GLENDI, Modifiche alla disciplina delle notifiche degli atti tributari (sostanziali e processuali), in Corr. trib., 2006, pp. 2992 ss.; F. GRAZIANO, La notificazione degli atti impositivi, in Corr. trib., 2010, XXVII, pp. 2167 ss..; I. PUGLISI, Le notificazioni nel diritto tributario, in Dir. prat. trib., 2003, I, pp. 173 ss. Sulla notificazione con riguardo ai soggetti non residenti, C. GLENDI, Illegittima l’applicabilità dell’art. 142 c.p.c. agli atti tributari notificati all’estero, in Corr. trib., 2008, II, pp. 121 ss.; S. MULEO, La notificazione di atti tributari a soggetti non residenti secondo il decreto «incentivi», in Corr. trib., 2010, XVI, pp. 1257 ss.; M. BRUZZONE, Garanzie di “conoscenza effettiva” nella notificazione di atti tributari a contribuenti residenza all’estero ed iscritti all’A.I.R.E., in GT - Riv. giur. trib., 2013, VII, pp. 634 ss.; S. ZAGÀ, Sull’inammissibilità del ricorso per cassazione per mancata integrazione del contraddittorio a causa dell’irrituale notifica all’estero del relativo atto, in GT - Riv. giur. trib., 2010, V, pp. 409 ss.; M. CANCEDDA, Notificazione di atti tributari a contribuenti residenti all’estero, in Il fisco, 2008, p. 8417.
([2]) Per i rilievi critici rispetto alle notificazioni degli atti del processo tributario a mezzo PEC, M. BRUZZONE, Ancora limiti all'utilizzo dell'e-mail nel processo tributario, in Corr. trib., 2009, XXXI, p. 2491; ID., Le notificazioni degli atti tributari tra domicilio fiscale, domicilio eletto ed indirizzo, in Corr. trib., XXXIII, 2010, pp. 2676 ss.
([3]) Sul punto, Cass., S.U., 15 luglio 2016, n. 14594.
([4]) Atteso che la sentenza impugnata con ricorso per cassazione, non notificata, è stata depositata nella segreteria della CTR del Lazio in data 21 luglio 2016, il termine di un anno per ricorrere in cassazione scadeva in data 21 luglio 2017, cui si sarebbero dovuti aggiungere trentuno giorni di sospensione dei termini processuali nel periodo feriale con scadenza del termine annuale al 21 settembre 2017. Aggiungendosi a tale scadenza il periodo di sospensione semestrale dei termini di impugnazione, di cui all’art. 11 del D.L. n. 50 del 2017, il termine finale di impugnazione in cassazione è scaduto il 21 marzo 2018, ovvero proprio il giorno in cui il ricorso dell’Agenzia delle Entrate risulta essere stato notificato al contribuente (cfr. Cass., Sez. V, 11 agosto 2020, n. 16908).
([5]) Sull’estinzione del processo tributario, P. RUSSO, L’estinzione del processo tributario, in M. MISCALI (a cura di), Il nuovo processo tributario, Milano, 1996, pp. 267 ss.; M. BUSICO, L' estinzione del processo tributario, Milano, 2019, pp. 1 ss.; M. COLONNA, Gli effetti dell’estinzione del giudizio tributario sui termini di prescrizione e decadenza, in Il fisco, 2007, XXXVIII, pp. 5610 ss.; F. GRAZIANO, Estinzione del giudizio per rinuncia dell'ufficio e liquidazione delle spese, in GT - Riv. giur. trib., 2010, IV, pp. 319.
([6]) Così, Cass., S.U., 24 luglio 2009, n. 17352.
([7]) Cfr. Cass., S.U., 24 luglio 2009, n. 17352, cit., ove le Sezioni Unite hanno specificato che ciò non sarebbe «neanche utile al fine di avere una previa valutazione certa circa la sussistenza delle condizioni per la ripresa del procedimento di notificazione, in quanto si tratterebbe solo di una valutazione preliminare effettuata non in sede decisoria e per di più in assenza del contraddittorio con la controparte interessata».
([8]) Una procedura che, nel complesso, è caratterizzata da “più formalità”; in questo senso, M. BRUZZONE, Riforma della disciplina sulla notifica degli atti esattivi: necessario l’intervento di agenti notificatori abilitati, in Corr. trib., 2018, IX, p. 662; M. MORELLI, E’ inammissibile l’appello non notificato al domiciliatario ed affisso in segreteria - Processo tributario - La notifica presso la Segreteria della Commissione vale solo per gli atti endoprocessuali, in GT - Riv. giur. trib., 2018, XXII, pp. 1002 ss.
([9]) In questi termini, Cass., S.U., 15 luglio 2016, n. 14594, cit. Parte della dottrina non ha letto in termini positivi la precisazione sul termine compiuta dalle Sezioni Unite del 2016; fra i molti, E. BERTILLO, Notifica di atti processuali Le Sezioni unite e la riattivazione della notificazione non andata a buon fine, in Giur. It., 2017, IV, pp. 860 ss., ove l’Autrice ha affermato che: «La fissazione di un termine rigido, di creazione giurisprudenziale e che non trova alcun solido riferimento nel diritto positivo, potrebbe rendere eccessivamente “formalista” la decisione circa la tardività o meno dell’impugnazione, escludendo qualsiasi possibilità di sindacato giudiziale sulla condotta del notificante di fronte all’esito negativo del primo tentativo di notificazione».
([10]) Rispetto all’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere, si veda A. CARINCI, La Cassazione torna sulla cessazione della materia del contendere con qualche conferma e “confusione”, in Corr. trib., 2015, XV, p. 1147, il quale sostiene che trattasi di un’ipotesi non precisata nei suoi esatti confini, in quanto la norma si limita ad individuare una peculiare vicenda di cessazione della materia del contendere, integrata dalla “definizione delle pendenze tributarie previste dalla legge”. In questo senso, la «cessazione della materia del contendere finisce per rappresentare una clausola aperta, dai confini indefiniti». Pertanto, l’assenza di una specifica definizione ha indotto la giurisprudenza a ricercarne una coniata in seno al processo civile. L’Autore ha anche richiamato l’indirizzo di Cass.,
Sez. VI, 10 dicembre 2013, n. 27598, la quale ha espressamente affermato che: «la dichiarazione di cessazione della materia del contendere può pronunciarsi, anche d’ufficio, quando sia sopravvenuta una situazione - la valutazione della cui idoneità ad eliminare ogni contrasto sull’intero oggetto della lite è riservata al giudice del merito, l’apprezzamento del quale non è censurabile in sede di legittimità se correttamente motivato -, riconosciuta ed ammessa da entrambe le parti, che ne abbia eliminato la posizione di contrasto anche circa la rilevanza delle vicende sopraggiunte ed abbia, perciò, fatto venir meno oggettivamente la necessità di una pronuncia del giudice su quanto costituiva l’oggetto della controversi». In argomento anche F. TESAURO, Giusto processo e processo tributario, in Rass. trib., 2006, I, pp. 11 ss.; L. MARRAZZO, L’estinzione dei giudizi definiti nei vari tipi di condono: orientamenti giurisprudenziali, in Rass. trib., 2020, IV, pp. 985 ss.; A. GORGONI, S. GORGONI, Gli effetti dell’estinzione del giudizio di appello per inattività delle parti, in Corr. trib., 5/2015, pp. 385 ss.
([11]) In termini analoghi, F. RANDAZZO, Estinzione del processo tributario, ma con effetti differenti a seconda dei casi (con due esempi), in Dir. prat. trib., 2020, I, p. 2.
([12]) Per analogie e differenze tra l’art. 45 del D.Lgs. n. 546 del 1992 e l’art. 307 c.p.c., si veda, senza alcuna pretesa di completezza, C. GLENDI, Nuova disciplina del processo civile di cognizione e processo tributario, in Corr. trib., 2010, p. 2954 ss.; M. DI FIORE, Prime riflessioni sull’applicazione al processo tributario delle modifiche al codice di procedura, in Il fisco, 2009, 6773 ss.
([13]) L’art. 45, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992 stabilisce che le spese del processo estinto, in base al comma 1, restano a carico delle parti che le hanno anticipate.
([14]) In argomento anche A. RONCO, L’estinzione del processo rilevabile d’ufficio, in Giur. It., 2013, I, p. 225, il quale ha precisato che l’estinzione del processo per inattività delle parti è correlata alla dimensione cronologica della giustizia, allo stesso modo di come lo era la perenzione disciplinata nel codice del 1865 e di come lo è tutt’ora la perenzione del processo amministrativo. Tuttavia, mentre la «perenzione considera il processo nel suo insieme e sanziona l’inattività assoluta delle parti, protrattasi per un certo periodo di tempo, l’estinzione ha riguardo ad atti specifici ed alla loro specifica collocazione temporale».
([15]) A titolo di completezza, si precisa che, in base all’art. 45, comma 4, del D.Lgs. n. 546 del 1992, il Presidente della Sezione con decreto o della Commissione con sentenza ha competenza nel dichiarare l’estinzione del giudizio. Avverso il decreto del Presidente è ammesso reclamo alla Commissione che provvede a norma dell’art. 28 del D.Lgs. n. 546 del 1992.
([16]) Con riferimento alla rilevabilità d’ufficio dell’estinzione del processo per inattività delle parti, C. GLENDI, L’estinzione del giudizio di appello determina il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, in Corr. trib., 2014, XXXIV, p. 2615, il quale ha affermato che se l’estinzione si è avuta in primo grado, il rilievo della stessa può avvenire solo nel primo grado (e non già in appello); al contrario, se l’estinzione si è verificata in appello, il rilievo dell’estinzione può essere compiuto solo dal giudice di secondo grado e non può aversi rilievo o gravame nel grado successivo.
([17]) Come, efficacemente, specificato da E. DELLA VALLE, Le c.d. vicende anomale nel processo tributario, in Rass. trib., 2020, I, pp. 155 ss. Sul punto specifico anche F. RANDAZZO, Effetti sostanziali dell’estinzione del processo tributario per inattività delle parti, in Dir. prat. trib., 2020, IV, pp. 1542 ss.
([18]) In analogia si veda, senza alcuna pretesa di completezza, M. BUSICO, Tassative le cause di estinzione del processo per inattività delle parti - Processo tributario - Legittime riattivazioni notificatorie ed estinzioni misteriose anomale, in GT - Riv. giur. trib., 2020, XII, p. 959.
([19]) Oltre alla pronuncia in rassegna, si rinvia a Cass., Sez. V, 20 luglio 2018, n. 19397; Cass., Sez. VI, 18 febbraio 2020, n. 3965.
([20]) Sul punto anche Cass., Sez. V, 20 luglio 2018, n. 19397, cit.; Cass., sez. V, 11 agosto 2020, n. 16908.