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Anno XVI - n. 04 - Aprile 2024

  Giurisprudenza Amministrativa



Considerazioni varie sull’agere amministrativo.

Dì Andrea Pittoni.
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NOTA A TAR VENETO – SEZIONE PRIMA,

SENTENZA 6 maggio 2020, n. 562

 

Considerazioni varie sull’agere amministrativo

 

ANDREA PITTONI

 

***

All’esame del T.A.R. per il Veneto veniva sottoposta la seguente questione relativa all’aggiudicazione di una gara per l’affidamento dei servizi di pulizia, sanificazione, disinfestazione e derattizzazione di una serie di immobili appartenenti ad Amministrazioni ed Enti non sanitari del territorio della Regione Veneto.

In fase procedimentale, la gara veniva aggiudicata dalla Provincia di Vicenza alla “R.T.I. Coopservice” mentre la ricorrente “R.T.I. L’Operosa” si classificava undicesima.

Quest’ultima, ritenendosi lesa dall’agere amministrativo, impugnava la determinazione dirigenziale della Provincia di aggiudicazione della gara ed il verbale di gara di apertura delle offerte economiche sostenendo che la P.A. avrebbe invertito l’applicazione della formula prevista dal bando circa i punteggi da attribuire per i criteri in esame: sostanzialmente, questi avrebbero dovuto essere calcolati secondo la formula “R(min)/R(ies)” (dove Rmin è la resa più bassa tra quelle ricevute e Ries è quella del concorrente iesimo), andando così a privilegiare la “resa minore”, cioè la restituzione, il rendimento minore, per garantire una migliore qualità nella pulizia.

La tesi della ricorrente era la seguente: la P.A. avrebbe introdotto un criterio nuovo espresso dal rapporto tempo unitario/mq, cioè il “tempo minore di pulizia”, in luogo di quello previsto dalla legge di gara relativo alla “resa minore”.

La ricorrente, oltre alla domanda caducatoria di annullamento, ha spiegato anche una domanda di condanna alla reintegrazione in forma specifica, tramite affidamento del servizio, previa dichiarazione di inefficacia del contratto nelle more stipulato, e una domanda di risarcimento dei danni per equivalente monetario.

Preso atto della costituzione della Provincia e della “R.T.I. Coopservice” (quest’ultima controinteressata), il Tribunale accoglieva l’istanza cautelare presentata contestualmente al ricorso.

Successivamente, “R.T.I. Coopservice” presentava anche ricorso incidentale contestando che “R.T.I. L’Operosa” andava esclusa dalla gara.

Orbene, la prima questione giuridica rilevante che viene sottoposta all’esame del T.A.R. riguarda il principio della priorità dell’esame del ricorso incidentale rispetto a quello principale, in virtù di quanto previsto dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 9/2014, che, come noto, ha portato ad una radicale revisione del portato della precedente pronuncia n. 4/2011 superando l’effetto “paralizzante” prodotto dal ricorso incidentale sul ricorso principale nell’ipotesi in cui i vizi fatti valere siano identici (rectius, appartengano alla medesima categoria).

Nel caso de quo, infatti, tale principio non può trovare applicazione in quanto sia il ricorso principale che quello incidentale vertono sulla medesima questione: ed, infatti, lo stesso Consiglio di Stato ammette l’operatività del diverso criterio dell’esame congiunto a fronte della contestazione dei “medesimi vizi” da parte delle parti del processo, andando così a confermare quanto previsto anche dal Giudice comunitario (CGUE, sentenza 4 luglio 2013, in causa C-100/12 Fastweb) e dalle numerose sentenze citate nella pronuncia qui commentata.

Sul punto, infatti, già la sentenza resa dall’Adunanza Plenaria del 2014 aveva delineato la possibilità dell’esame congiunto del ricorso incidentale e principale alle stringenti condizioni che si versi all’interno del medesimo procedimento e che il vizio dedotto dalle parti sia identico.

Superate le preliminari eccezioni di rito della controinteressata (in particolare, quella relativa alla mancata notificazione a tutti i partecipanti del ricorso), il T.A.R. ha ritenuto fondate le censure contenute nel ricorso principale, pur rilevando l’impossibilità del Giudice di risolvere i dubbi interpretativi derivanti dall’art. 7.2, lett. N) del disciplinare di gara circa il significato da attribuirsi al criterio della “resa degli uffici”.

Al di là della questione di merito, ben rappresentata nella sentenza, quel che interessa sotto il profilo giuridico è l’approccio utilizzato dal T.A.R. dinanzi all’impossibilità dello stesso di ricavare il reale significato derivante da una clausola prevista dalla lex specialis.

Accogliendo il ricorso, il T.A.R. ha ritenuto che l’ambiguità e la cattiva formulazione del disciplinare di gara abbiano viziato l’intera procedura ledendo l’affidamento e comportando così la violazione del principio di par condicio competitorum.

Il rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale, quindi, è particolare in questo caso in quanto entrambi vedono il loro accoglimento, stante l’ambiguità ed equivocità della clausola contenuta nel bando.

Un tanto, a ben vedere, rappresenta una diretta conseguenza dei principi generali di correttezza dell’azione amministrativa, comportante – se vogliamo, secondo un orientamento diffuso in dottrina – una responsabilità della P.A. da “contatto qualificato” sulla corretta conduzione della procedura.

Ne deriva l’accoglimento parziale sia del ricorso principale che di quello incidentale in ragione del principio di autoresponsabilità secondo il quale le conseguenze derivanti dalla presenza di clausole contraddittorie nella lex specialis di gara non possono ricadere sui concorrenti che, in maniera incolpevole, abbiano fatto affidamento su di esse (vedasi, sul punto, C.d.S., Sez. III, 10 giugno 2016, n. 2497).

Il T.A.R. ha poi preso posizione sull’intervento ad opponendum nel frattempo proposto dalla Unilabor Società Consortile, la quale, classificatasi al quarto posto della graduatoria finale, ha affermato di avere un interesse assimilabile a quello delle ricorrenti principali circa la domanda di annullamento dell’aggiudicazione, tanto da aver proposto un separato ricorso autonomo, riunito poi al procedimento de quo.

Tale ricorso, tuttavia, risultava palesemente tardivo in quanto notificato ben oltre il termine di 30 giorni previsto dall’art. 120, comma 5, c.p.a.

Sul punto, il T.A.R. per il Veneto, richiamando sia la sentenza n. 802/2017 sempre del medesimo T.A.R., precisava che il ricorso avverso il provvedimento di aggiudicazione definitiva nell’appalto pubblico deve essere proposto entro il termine di 30 giorni che decorre dalla ricezione della comunicazione di cui all’art. 76, d.lgs. 50/2016.

Del resto, a ben vedere, la piena conoscenza del provvedimento di cui all’art. 41 c.p.a., è integrata – per giurisprudenza pacifica – dalla cognizione dei suoi elementi essenziali, del suo contenuto dispositivo e della sua lesività rispetto agli interessi del ricorrente.

Per integrare la c.d. “piena” conoscenza, infatti, non è necessario possedere la completezza di tutti gli atti del procedimento né del contenuto integrale della determinazione conclusiva ma l’onere di impugnativa sorge immediatamente con la cognizione dei suoi elementi essenziali, salva poi la facoltà di integrare le proprie domande con l’istituto dei c.d. motivi aggiunti di cui all’art. 43 c.p.a.

Ragionare diversamente (e, quindi, far decorrere il termine di 30 giorni dal momento in cui viene accolta l’istanza di accesso agli atti), comporterebbe una lesione dei principi di certezza della procedura di appalto che, necessariamente, deve concludersi nella massima celerità.

Anche il Consiglio di Stato, infatti, ha rilevato che una diversa interpretazione che porti a fissare la decorrenza al momento in cui è conosciuto il vizio che potrebbe pregiudicare l’aggiudicazione renderebbe incerto e mutevole il momento in cui gli atti di gara possono essere ritenuti definitivi (Consiglio di Stato n. 1953/2017); un tanto, da ultimo, anche tenuto conto dell’art. 32, comma 9, d.lgs. 50/2016 che prevede il termine c.d. di stand still di 35 giorni per la stipula del contratto a seguito dell’aggiudicazione.

Come noto, infatti, il Legislatore già con la precedente versione del Codice degli Appalti, ha previsto tale termine dilatorio a tutela dei controinteressati il quale tende ad evitare che venga avviata l’immediata esecuzione dell’appalto, in pendenza del termine per ricorrere contro il provvedimento di aggiudicazione.

Conclusivamente, il ricorso principale e quello incidentale venivano entrambi accolti entro i limiti di cui in motivazione, ossia limitatamente all’annullamento dell’intera gara, ai fini della riedizione, stante l’impossibilità per il Giudice amministrativo di sostituirsi alla Provincia in ragione della sopradescritta ambiguità del disciplinare di gara che richiede un intervento diretto della P.A. nella riedizione del potere.

Le domande di risarcimento in forma specifica e per equivalente venivano invece rigettate e le spese integralmente compensate.

Dalla lettura della sentenza commentata, emergono numerosi spunti giurisprudenziali e dottrinali quali il rapporto tra il ricorso incidentale e quello principale ed il relativo ordine di priorità nel loro esame, il principio di affidamento nella Pubblica Amministrazione che si estrinseca nell’onere di chiarezza nei relativi provvedimenti, l’onere di immediata impugnazione del provvedimento di aggiudicazione, il concetto di “piena conoscenza” del provvedimento, la ratio sottostante la previsione del termine c.d. stand still ed, infine, il tema della c.d. riedizione del potere amministrativo nell’ipotesi in cui, a seguito dell’annullamento, il Giudice Amministrativo non possa sostituirsi alla P.A. stante il dovuto esercizio da parte di quest’ultima del potere esclusivamente attribuitole dalla legge.