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Anno XVI - n. 10 - Ottobre 2024

  Temi e Dibattiti



Concessioni demaniali marittime: lo stato dell’arte.

Di Giuditta Russo
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Concessioni demaniali marittime: lo stato dell’arte.

Di Giuditta Russo

  

Abstract

Il delicato tema delle concessioni demaniali marittime è indubbiamente all’ordine del giorno e ancora oggi al centro di un costante confronto giurisprudenziale. Il presente articolo si propone quindi di tracciare le principali tappe evolutive in materia, fornendo uno sguardo ai nodi problematici rimasti ancora irrisolti.

 

The delicate topic of the marine state property concessions is undoubtedly to the agenda and still today promoter of a constant jurisprudential comparison. The essay is therefore intended to explain the main evolutionary stages in the field, showing the still unresolved issues.

Sommario: 1. Le concessioni di utilità riservate o scarse e le peculiarità della normativa delle concessioni demaniali marittime – 2. I chiarimenti offerti dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea – 3. Le sentenze nn. 17 e 18/2021 dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato. – 4. Le ultime modifiche normative e il successivo dibattito sul tema.

 

1. Le concessioni di utilità riservate o scarse e le peculiarità della normativa delle concessioni demaniali marittime.

Le concessioni di utilità riservate o scarse sono lo strumento principale utilizzato per trasferire in capo a privati il diritto di uso di un bene pubblico. Trattasi, nello specifico, di provvedimenti (e non tecnicamente contratti) ampliativi della sfera dei singoli con cui l’Amministrazione assegna a determinati soggetti, dietro corrispettivo di un canone, utilità pubbliche per il loro godimento o sfruttamento commerciale. L’oggetto è quindi solitamente un bene pubblico demaniale o la gestione di un servizio pubblico in regime di riserva, e il presupposto economico per il ricorso a tale istituto è l’esistenza di risorse contenute di cui occorre regolare l’accesso e l’uso per assicurarne la fruizione collettiva ed il miglior sfruttamento, evitando inefficienze e discriminazioni. La disciplina concreta del rapporto tra autorità concedente e privato cessionario è regolata mediante convenzione, la quale quindi accede al provvedimento.

L’attribuzione, ad opera di tali concessioni, di risorse pubbliche in grado di accrescere il patrimonio dei destinatari ha condotto all’introduzione, anche per influenza dell’ordinamento europeo, del principio secondo cui il rilascio di queste debba avvenire a seguito di procedure di gara.

Peculiarità ha posto, in materia, la disciplina delle concessioni demaniali marittime, aventi ad oggetto l’utilizzo di beni, quali le spiagge, che, ai sensi dell’art. 822 c.c., appartengono al c.d.demanio necessario.  

Sul punto, l’art. 37 co. 2 ultimo periodo R.D. n. 327/1942, c.d. Codice della navigazione, prevedeva, nella versione originaria, l’esperimento di una procedura comparativa solo in via eventuale, riconoscendo, in presenza di più domande per il rilascio del provvedimento concessorio, la preferenza al concessionario uscente (c.d. diritto di insistenza), con l’effetto di rendere tendenzialmente perpetua e non contendibile l’assegnazione della concessione. A tale regime privilegiato, il legislatore ha poi affiancato – per le sole concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative – una specifica disciplina prevista dall’art. 1 co. 2 d.l. n. 400/1993 (convertito, con modificazioni, dalla l. n. 494/1993), che individuava, oltre che un termine di sei anni per la durata della concessione, un meccanismo di rinnovo automatico di ulteriori sei anni per il caso in cui il medesimo concessionario avanzasse la relativa richiesta, con ciò escludendo a monte l’operatività di qualsiasi procedura comparativa tra il precedente concessionario ed eventuali aspiranti nuovi concessionari.

Un tale quadro normativo ha dunque presto alimentato dubbi in merito alla sua compatibilità con il diritto comunitario, in specie sotto il profilo della libertà di stabilimento di cui all’art. 49 TFUE, oltre che sul versante del diritto derivato, con particolare riferimento all’art. 12 par. 1 e 2 direttiva 2006/123/CE, c.d. Direttiva Bolkestein, ove si dispone che qualora «il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali», gli Stati membri sono tenuti ad applicare «procedure di selezione tra i candidati potenziali» che rispettino «le garanzie di imparzialità e di trasparenza», e le autorizzazioni siano rilasciate per una «durata limitata adeguata» e senza l’utilizzo di sistemi tali da «accordare i vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami».

Di qui l’avvio di una procedura di infrazione (n. 4909/08) da parte della Commissione europea nel corso della quale si è sollecitato lo Stato italiano ad adeguare, entro un breve lasso temporale, la disciplina nazionale alle citate norme comunitarie.

Il legislatore italiano, pur eliminando dall’ordinamento il diritto di insistenza di cui all’art. 37 co. 2 R.D. n. 327/1942 ed abrogando l’art. 1 co. 2 d.l. n. 400/1993, è intervenuto a più riprese prorogando ex lege le concessioni demaniali in essere; nello specifico, con l’art. 1, co. 18, d.l. n. 194/2009 (convertito, con modificazioni, dalla l. n. 25/2010) ha dapprima disposto la proroga normativa delle concessioni demaniali marittime in essere al momento dell’entrata in vigore del decreto sino al 31 dicembre 2015, termine poi prorogato sino al 31 dicembre 2020 dall’art. 34-duodecies d.l. n. 179/2012 (convertito, con modificazioni, dalla l. n. 221/2012).

 

2. I chiarimenti offerti dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

Le novità normative introdotte nel 2009 e nel 2012, non solo hanno spinto la Commissione europea, all’esito della procedura di infrazione, ad imporre all’Italia in via definitiva di non concedere più il rinnovo automatico delle concessioni demaniali, e di assegnarle, dal gennaio 2016, tramite una procedura ad evidenza pubblica, ma hanno inoltre condotto i giudici nazionali a sottoporre alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea il quesito pregiudiziale sulla compatibilità di siffatte proroghe con il diritto unionale.

Al riguardo, la Corte di Lussemburgo, con decisione del 14 luglio 2016 (caso “Promoimpresa”), pronunciata nelle cause riunite C-458/14 e C-67/15, ha ritenuto che gli artt. 49 TFUE e 12 della direttiva 2006/123/CE ostano a una misura nazionale che preveda la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico-ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati, nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo.

Il ragionamento seguito dalla Corte muove anzitutto dalla qualificazione dei rapporti tra amministrazione e concessionari come «autorizzazioni» all’esercizio di servizi ai sensi della direttiva 2006/123/CE, in linea con la definizione offerta dal combinato disposto dell’art. 4 n. 6) della stessa e del Considerando n. 39 ad essa relativo. Il Giudice comunitario chiarisce inoltre che, riguardando le concessioni in discorso un diritto di stabilimento finalizzato ad uno sfruttamento economico per fini turistico-ricreativi dell’area demaniale in questione, le situazioni considerate, per loro stessa natura, rientrano nell’ambito dell’art. 49 TFUE, presentando un interesse transfrontaliero certo.

Spetta tuttavia – prosegue il Collegio – al giudice nazionale verificare, ai fini dell’applicazione della suddetta normativa comunitaria, se le concessioni italiane debbano essere oggetto di un numero limitato di autorizzazioni per via della scarsità delle risorse naturali.

Tirando quindi le fila del discorso, la Corte conclude affermando che, nel caso in cui la direttiva n. 123/2006/CE si ritenga applicabile, il rilascio di autorizzazioni relative allo sfruttamento economico del demanio marittimo e lacustre, in base al citato art. 12, deve essere soggetto a una procedura di selezione tra i potenziali candidati che presenti tutte le garanzie di imparzialità e trasparenza (e, in particolare, un’adeguata pubblicità), e la proroga automatica ex lege della durata delle concessioni già rilasciate prevista a livello nazionale non solo non consente di rispettare siffatta procedura, ma non trova neppure giustificazione in motivi imperativi di interesse generale (come il rispetto del principio della certezza del diritto in relazione alla necessità di armonizzare gli investimenti fatti dal concessionario), essendo chiaramente statuito a livello europeo che i contratti con interesse transfrontaliero devono essere soggetti ad obblighi di trasparenza in attuazione dell’art. 49 TFUE.

 

3. Le sentenze nn. 17 e 18/2021 dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato.

Sul tema, successivamente alla pronuncia della Corte di Giustizia del 2016, è intervenuta la l. n. 145/2018 che, nel fissare termini e modalità per una generale revisione del sistema, ha altresì previsto, all’art. 1 co. 682-683, una proroga ex lege, fino al 2033, della durata delle concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreativa vigenti alla data di entrata in vigore della medesima legge. Successivamente, l’art. 182 co. 2 D. lgs. n. 34/2020, c.d. “Decreto rilancio”, convertito dalla l. n. 77/2020, ha disposto, in materia, una moratoria generalizzata, precludendo alle amministrazioni competenti di avviare o proseguire gare per il rilascio o l’assegnazione delle nuove concessioni.

Le novelle normative hanno condotto, in data 3 dicembre 2020, all’invio da parte della Commissione europea di una nuova lettera di costituzione in mora nei confronti dellItalia, ove si contestava l’inottemperanza agli obblighi imposti dagli artt. 12 direttiva 2006/123/CE e 49 TFUE.

Allo stesso tempo sono emerse numerose difficoltà pratiche in relazione alla coesistenza della pronuncia della Corte di Giustizia del 2016 e delle menzionate disposizioni nazionali che, nonostante il dictum europeo, avevano continuato a disporre la proroga delle concessioni in essere.

Con decreto n. 160/2021 del Presidente del Consiglio di Stato exart. 99 co. 2 c.p.a. è stato quindi deferito all’Adunanza Plenaria il compito di valutare tale possibile contrasto.

Il Plenum, nelle sentenze nn. 17 e 18 del 2021, ha autorevolmente ribadito il carattere self-executing della direttiva 2006/123/CE. Chiarito quindi che essa trovi applicazione anche alle concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreativa in quanto qualificate quali “autorizzazioni” di servizi riguardanti una risorsa naturale attualmente caratterizzata da notevole scarsità, stante la contenuta estensione delle aree sfruttabili ai fini dello svolgimento della prestazione, il Collegio ha evidenziato come la norma comunitaria presenti un livello di dettaglio sufficiente a determinare la non applicazione della disciplina nazionale che prevede la proroga ex lege fino al 2033, e ad imporre, di conseguenza, una gara rispettosa dei principi di trasparenza, pubblicità, imparzialità, non discriminazione, mutuo riconoscimento e proporzionalità.

Di qui, la conseguente incompatibilità, per contrasto con gli artt. 49 TFUE e 12 direttiva 2006/123/CE, della disciplina nazionale (art. 1 l. n. 145/2018 e 182 co. 2 d.l. n. 34/2020) che deve pertanto – chiarisce il Collegio – essere disapplicata tanto dai giudici quanto dall’amministrazione.  

La Plenaria, tuttavia – nella consapevolezza delle conseguenze anche sociali ed economiche che avrebbe avuto l’immediata disapplicazione della normativa interna – ha ritenuto di rimodulare gli effetti temporali della propria decisione, individuando la data del 31 dicembre 2023 quale termine congruo per consentire alle amministrazioni di intraprendere le operazioni funzionali all’indizione di procedure di gara, e al legislatore di approvare una normativa atta a riordinare la materia e disciplinare in conformità con l’ordinamento comunitario il sistema del rilascio delle concessioni demaniali.

A tal fine, è intervenuta la l. n. 118/2022, c.d. “Legge annuale sulla concorrenza”, con la quale il Governo italiano è stato delegato ad adottare, entro sei mesi dall’entrata in vigore, uno o più decreti legislativi, volti a riordinare e semplificare la disciplina in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative. Il legislatore, con tale normativa, ha inoltre prorogato al 31 dicembre 2023, ovvero fino alla conclusione della procedura selettiva e comunque non oltre il 31 dicembre 2024, l’efficacia delle concessioni demaniali e dei rapporti di gestione per finalità turistico-ricreative e, conseguentemente, ha riconosciuto il carattere di non abusività dell’occupazione dello spazio demaniale ad essi connessa sino a tale data.

 

4. Le ultime modifiche normative e il successivo dibattito sul tema.

Nonostante i chiarimenti forniti dalla Plenaria nel 2021 e le direttive tracciate dal legislatore con la l. n. 118/2022, il dibattito sulla tematica in analisi risulta ad oggi tutt’altro che sopito.

Anzitutto, a riaccenderlo è per primo il Tar Puglia Lecce Sez. I, con ordinanza n. 743/2022. Il citato provvedimento sottopone nuovamente alla Corte di Giustizia la questione della conformità, rispetto al diritto comunitario, della proroga ex lege delle concessioni demaniali marittime, riproponendo la tesi della impossibilità, in materia, di riconoscere effetti diretti alla direttiva 2006/123/CE (in particolare, al citato art. 12).

È intervenuto poi, sul punto, il legislatore con l’art. 10-quater co. 3 d.l. n. 198/2022 (convertito dalla l. n. 14/2023) con cui si èdisposta – onde consentire l’espletamento dei lavori del tavolo tecnico, istituto ai sensi dei commi precedenti della medesima disposizione normativa e preposto all’individuazione dei criteri tecnici per la determinazione della sussistenza della scarsità della risorsa naturale disponibile e della rilevanza economica transfrontaliera la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime in essere fino al dicembre 2025 e, in ogni caso, la loro efficacia sino alla data di rilascio dei nuovi provvedimenti concessori.

Ha contribuito, da ultimo, al dibattito anche la recentissima sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI n. 2192/2023, con cui, ribaditi i principi espressi in sede nomofilattica dall’Adunanza Plenaria con le sentenze nn. 17 e 18/2021, si è affermato che anche la nuova e da ultimo citata normativa si pone, al pari dell’art. 1 l. n. 145/2018, in frontale contrasto con l’art. 12 direttiva n. 2006/123/CE e va, conseguentemente, disapplicata da qualunque organo dello Stato.

Perplessità, sempre in termini di possibile conflitto della normativa nazionale al diritto comunitario, sono state inoltre evidenziate, con ordinanza n. 8010/2022, dai Giudici di Palazzo Spada che hanno sollevato questione pregiudiziale rispetto ad un’ulteriore previsione interna; nello specifico, da un lato, l’art. 49 R.D. n. 327/1942 che dispone la cessione – a titolo non oneroso e senza indennizzo da parte del concessionario alla scadenza della concessione quando questa venga rinnovata, senza soluzione di continuità, pure in forza di un nuovo provvedimento – delle opere edilizie realizzate sull’area demaniale facenti parte del complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa balneare; dall’altro lato, il principio di proporzionalità delle restrizioni delle libertà fondamentali e la libertà di stabilimento (artt. 49 e 56 TFUE), intesa quest’ultima, in tal caso, non tanto come libertà dell’operatore economico di accedere al mercato transfrontaliero del turismo marittimo, quanto piuttosto come diritto a non subire, una volta entrato, alcuna forma occulta di espropriazione gratuita.

È stato dunque richiesto alla Corte di Giustizia di esprimersi circa la compatibilità ai su enunciati principi di matrice euronitaria della citata disposizione interna nella parte in cui, richiamando l’istituto dell’accessione invertita di cui all’art. 934 c.c., prevede l’incameramento da parte dello Stato, senza indennizzo per il privato, delle opere difficilmente amovibili realizzate sull’area demaniale in corso di concessione, quando questa, pure in forza di un nuovo provvedimento, venga rinnovata senza soluzione di continuità.

Il Giudice comunitario è quindi chiamato a pronunciarsi nuovamente sul tema delle concessioni demaniali marittime che, specie sotto il versante della proroga legislativa delle concessioni vigenti, nonostante l’intervento chiarificatore della Plenaria e i ripetuti arresti giurisprudenziali, continua ad essere oggetto di acceso dibattito tra gli interpreti e foriera di dubbi applicativi, tutt’altro che mitigati.

In attesa delle pronunce del giudice europeo, si auspica, quindi, un intervento del legislatore risolutivo degli evidenziati profili problematici e che fissi criteri certi ed inequivoci da seguire per le autorità concedenti e gli operatori del settore.